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l’Editoriale del Direttore È rinascita?
l’Editoriale del Direttore
È rinascita?
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Aldo AVALLONE
Da qualche giorno i dati sull’epidemia da coronavirus nel nostro Paese sembrano dare segnali promettenti. I contagi calano grazie soprattutto alla campagna vaccinale che, seppure non in linea con le previsioni del commissario Figliuolo, sta dando risultati incoraggianti in termini di minore diffusione del virus e di pressione sulle strutture ospedaliere. Il governo, sia pure con la dovuta prudenza, ha già dato il via alla ripresa di alcune attività economiche e, se nei prossimi giorni il trend continuerà a essere positivo, presto ne riapriranno altre. La Commissione europea recentemente ha rivisto al rialzo la crescita del PIL nell’anno in corso stimandola al 4,2% rispetto alla precedente previsione che la dava al 3,8. Comunque, meno della crescita di Spagna e Francia, previste rispettivamente al 5,9 e al 5,7 per cento mentre quella della Germania è data al 3,4, ma va tenuto conto che in quel Paese il
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Pil l’anno scorso era calato molto meno rispetto alle altre nazioni europee. Insomma, finalmente si respira un’aria maggiormente ottimistica e la ripresa appare dietro l’angolo.
Ma è veramente così?
Il debito pubblico italiano si attesterà quest’anno intorno al 160% del PIL, un dato preoccupante che graverà sulle future generazioni. Tra febbraio 2020 e febbraio 2021 si è perso quasi un milione di posti di lavoro, come certifica l’Istat. E sono cresciuti di 700mila unità gli inattivi, coloro che non hanno lavoro e non lo cercano nemmeno. Inoltre, il 30 giugno prossimo scadrà il blocco dei licenziamenti. Il governo è al lavoro per approvare misure che ne mitighino l’impatto sociale: non c’è ancora nulla di sicuro ma si parla di allargamento della base dei fruitori degli ammortizzatori sociali e di contratti di reinserimento per chi perderà il lavoro, con sgravi fiscali che potranno raggiungere il 100%, alle imprese che assumeranno. Staremo a vedere cosa accadrà ma non dovrà essere assolutamente consentito alle imprese di sfruttare questa fase come un’occasione di ristrutturazione aziendale sulla pelle dei lavoratori. Appare ancora più urgente, perciò, la riscrittura di un nuovo Statuto dei Lavoratori che rimetta al centro del dibattito politico i diritti del lavoro e che, in particolare, tuteli le nuove categorie di “lavoratori poveri”, quelli cioè che pur avendo un’occupazione vivono al limite o addirittura al di sotto della soglia di povertà. Troppi anni di politiche improntate a scelte liberiste ci hanno condotto in questa situazione e ora occorre un cambio di rotta totale. Il governo in carica, nel quale la Lega di Salvini occupa ministeri chiave, nel mentre si riempie la bocca di parolone come “competenza” e “concorrenza” continua a fare il gioco di questo capitalismo nostrano, incapace e ingordo. Le risorse del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, tra quelle a fondo perduto, prestiti a tasso agevolatissimo e fondo complementare, ammontano complessivamente a 235 miliardi di euro. Una massa ingente di denaro che, se usato bene, potrebbe davvero cambiare il Paese. Eppure, nella stesura definitiva, che di fatto mantiene le linee guida indicate da Conte, è stata cancellata la misura del salario minimo e alle imprese, nella buona e vecchia tradizione italiana, andranno sotto forma di incentivi circa cinquanta miliardi di euro. Nel complotto renziano per far cadere il precedente governo una delle accuse principali è stata quella della mancata condivisione delle scelte con il Parlamento. Critica ingiusta che rivela in maniera
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chiara lo scopo strumentale in quanto il governo attuale ha dato solo poche ore alle Camere per esaminare il testo prima della trasmissione alla Commissione europea, in pratica un voto favorevole a scatola chiusa.
Come si è detto l’impianto complessivo del Piano è quello del governo Conte ma con qualche significativa modifica: si riducono gli investimenti sull’ambiente, sulle infrastrutture e sulla salute. A quest’ultima, rispetto alla versione precedente, vengono sottratti circa tre miliardi e con una pandemia ancora in atto sembra una scelta quanto meno inopportuna. Come appaiono scarsi i fondi previsti per gli asili nido: 4,6 miliardi sono certamente insufficienti a raggiungere l’obiettivo europeo del 60% di copertura. Il potenziamento degli asili nido sarebbe una delle misure necessarie ad agevolare l’ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro.
Alle riforme già previste dal PNRR, come quelle della giustizia e della pubblica amministrazione (sulle quali non mancano le polemiche), si aggiunge la riforma fiscale che viene definita tra “le riforme di accompagnamento al Piano”. È ovvio che si tratterà di un passaggio fondamentale per comprendere gli indirizzi di politica fiscale che Draghi intenderà perseguire. Al momento nel testo vi sono solo generiche affermazioni sulla riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro e l’impegno di una possibile riduzione dell’Irpef qualora i conti lo consentissero. Intanto c’è Salvini che preme sulla flat tax. Proprio in questi giorni ha affermato che non sarà Draghi ad attuare la riforma del fisco, spingendo per elezioni anticipate dopo l’elezione del Presidente della Repubblica, trasferendo l’attuale premier da Palazzo Chigi al Quirinale.
Di fronte a scenari simili viene da chiedersi: e la sinistra? Il processo di costruzione dell’alleanza tra PD, M5S e LEU va avanti in maniera molto altalenante. A livello locale le possibili convergenze su candidati condivisi da proporre alle prossime amministrative sono saltate ovunque. Non è un buon segnale nonostante le dichiarazioni ottimiste dei vertici dei partiti. Conte si sta scontrando con grandi difficoltà nel suo processo di rifondazione del Movimento. Il Partito Democratico si è appiattito totalmente sulle posizioni di Draghi, scontando divisioni interne e una mancanza di progettualità devastante. Qualche segnale positivo è venuto dall’Assemblea di Articolo 1 il cui progetto di
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riconfigurare l’area progressista per dare finalmente una casa a una sinistra plurale è pienamente condivisibile ma in questa fase politica rappresenta soltanto un manifesto delle buone intenzioni. Ma l’analisi del contesto, evidentemente difficile, deve rappresentare solo il punto di partenza per una effettiva e possibile rinascita del campo progressista. Per una ragione fondamentale: è necessario. Le stesse criticità evidenziate in precedenza possono diventare i punti di ripartenza: Giuseppe Conte può rifondare il Movimento 5 Stelle posizionandolo definitivamente nell’area del centrosinistra, abbandonando quel populismo tanto deleterio che lo ha caratterizzato finora. La fluidità nel PD può essere un vantaggio se il partito avrà il coraggio di liberarsi di tutte le zavorre renziane che ancora pesano in maniera rilevante nei gruppi parlamentari, di abbandonare definitivamente ogni scelta centrista e di aderire con convinzione al progetto di un’alleanza strategica con il Neo Movimento di Conte, con Leu e con tutte le forze progressiste che vorranno partecipare. Occorre uno scatto in avanti, un salto di qualità per il quale è ovvio che saranno importanti i contenuti programmatici: diritti del lavoro, welfare, riforma fiscale improntata a una vera progressività, ambiente, possono essere i punti fermi da cui ripartire. L’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarà il banco di prova per verificare se Pd, M5S e Leu, forze determinanti dell’attuale maggioranza, saranno capaci di dare un impulso preciso verso una spesa dei fondi a disposizione indirizzata verso il sociale. Solo in questo caso si potrà guardare con vero ottimismo ai prossimi mesi in attesa di arrivare al redde rationem con la destra alla scadenza della legislatura.
Vorrei concludere con un doveroso saluto ai compagni de IL MANIFESTO che il 28 aprile scorso hanno festeggiato i primi cinquant’anni di pubblicazione.
Credo che nessuno tra i nostri lettori ignori cosa sia e cosa abbia rappresentato per l’informazione, la cultura, l’approfondimento politico, l’ultimo quotidiano comunista ancora in edicola.
Cinquant’anni di storia del nostro Paese sono stati raccontati con uno sguardo volto a sinistra in maniera sempre critica e originale.
Avanti compagni, continueremo a leggervi con affetto e partecipazione.Ad maiora.
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