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La rinascita nel mito
Cultura
La rinascita nel mito
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Chiara TORTORELLI
Siamo abituati a un tempo lineare e nel tempo lineare c’è vita e poi morte, uno strappo insanabile che non promette ricomposizione.
Nel tempo circolare invece non esiste morte che non contenga in se stessa il germe della vita e della rinascita.
Il tempo circolare è ben rappresentato in natura dalle stagioni e dalla fioritura, ogni albero fiorisce, matura, ingiallisce le sue foglie e poi nel freddo della stagione invernale le perde per poter a primavera rifiorire.
Il tempo circolare conosce oltre la nascita e la morte la rinascita, ed è ben rappresentato dai miti antichi.
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Uno dei più significativi nel mondo greco è quello di Demetra e di Kore.
Demetra, dea delle messi e grande Madre, aveva una figlia che amava moltissimo, Kore, bellissima, dalle lunghe chiome e dall’animo innocente.
Demetra, gelosa di questa figlia così bella, la proteggeva da tutto e Kore, che in greco significa “fanciulla”, viveva ignara.
Un giorno la vede Ade, signore degli Inferi e se ne innamora, la vuole per sé e decide di rapirla tramutandosi in fiore di narciso. La giovane Kore attratta dal fiore si avvicina e viene risucchiata da Ade che la rapisce e la porta nel buio dell’Oltretomba.
Kore è costretta così a confrontarsi con le ombre e dopo il primo devastante dolore per essere stata separata dalla madre amatissima, mangia i semi di melograno che rappresentano nel mito i semi del “risveglio” e da fanciulla ignara diviene donna consapevole.
Frattanto la madre non si rassegna, piange e si rifiuta di far fiorire di nuovo le messi così la terra diventa un luogo inospitale. Mercurio che simboleggia in questa metafora lo psicopompo cioè il ponte di collegamento tra regno dei vivi e Oltretomba, per cercare di trovare una soluzione che soddisfi tutti va da Zeus e lo convince a riportare Kore in vita. Il Padre degli dei decide che Kore per sei mesi vivrà con la madre sulla terra e per i restanti sei mesi nel mondo dei morti con Ade.
Kore, fanciulla risvegliata e “rinata” diventa così Persefone, colei che porta la luce nel buio.
La metafora della rinascita è conservata tra le righe in molti miti anche più antichi come nel mito egizio di Iside e Osiride.
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Anche qui c’è l’eterna lotta tra luce e ombra.
Osiride viene ucciso dal fratello Seth, dio della guerra, ma Iside la compagna che non si rassegna alla sua morte, lo nasconde e cerca di rianimarlo.
Di nuovo Seth che rappresenta il caos primordiale contrapposto a Osiride, l’ordine cosmico, lo trova e fa a pezzi Osiride, disperdendo le parti del suo corpo in modo che non si possano più unificare. Ma Iside neanche ora si arrende e insieme alla sorella Nefti, dea dell’Oltretomba, ricompone il corpo e lo mummifica in modo che possa rinascere. Così Osiride diventa dio dell’Oltretomba e vi regna con Iside per l’eternità.
Il mito di Osiride ritorna nelle varie culture, nel mondo greco viene traslato nel mito di Dioniso Zagreo che nella tradizione orfica è il figlio di Persefone. Zagreo, figlio di Persefone e Zeus, era molto amato dal padre che voleva che regnasse sull’intero universo. Ma i Titani venuti a conoscenza dei progetti di Zeus informarono Era, che come sempre gelosa, ordinò loro di uccidere il bambino. I Titani cercarono di sedurre Zagreo in vari modi, con dei giochi, una trottola, una palla, uno specchio ma Zagreo fiutando il pericolo cercò di fuggire trasformandosi in toro, ma i Titani lo catturarono, facendolo a pezzi e divorandolo. Atena salvò il cuore del ragazzo e lo portò a Zeus, che lo inghiottì e lo rese immortale.
Le ossa di Zagreo furono sepolte a Delfi e frattanto i Titani furono uccisi e dalle loro ceneri nacquero gli uomini. I miti sembrano raccontarci in modo potente non solo l’esperienza del tempo circolare, ma la natura profonda della rinascita. Nel mito di Zagreo, ad esempio, ma anche in quello di Demetra e Persefone e di Iside e Osiride sembra inevitabilmente connessa all’esperienza umana la dicotomia, luce e ombra, giorno e notte, bene e male, vita e morte, mondo dei vivi e Oltretomba.
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Un’alternanza perenne che racchiude un po’ l’equazione della creazione e a cui è vano e limitante opporsi o diventare vittime ignare dell’apparente dicotomia.
Noi uomini siamo sospesi secondo il mito orfico in quella che è definita la colpa umana ereditaria che si tramanda di padre in figlio, divisi tra la natura violenta dei Titani e la natura divina di Zagreo. Il mito vive in ciascuno di noi e rappresenta forze psichiche che albergano nel profondo di noi stessi a cui possiamo dare voce perché ci aiutino a comprendere. Abbiamo bisogno di Mercurio psicopompo che poi è Caronte il traghettatore, perché ci aiuti ad attraversare le nostre ombre psichiche, i luoghi oscuri della paura, dell’insicurezza e della necessità illusoria della prevaricazione, per portare alla luce la verità di Persefone e incontrare il fanciullo divino Dioniso Zagreo, Osiride ricomposto, colui che solo attraverso il cuore (di Zagreo rimane solo il cuore, e Iside riporta in vita Osiride grazie alla potenza del suo amore) può rinascere. La rinascita non è infatti un’esperienza della mente ma del cuore e accade quando c’è fiducia, un processo simile alla resa amorosa. La mente si ferma sul processo dicotomico che cerca di spiegare, si aggrappa a ciò che sembra bene e male e acuisce le separazioni…
Il cuore ricompone, torna bambino alla meraviglia dell’esperienza fondamentale così com’è. In chiave escatologica l’anima si ricongiunge al divino tramite il rituale purificatorio, il Purgatorio dantesco. Dante dopo la discesa negli Inferi, e la salita sulla montagna del Purgatorio arriva al Paradiso, al cuore dell’Empireo. La rinascita è quindi esperienza d’Amore, di “ricomposizione” delle varie parti di sé e di pacificazione con l’altro da sé. Il fiume ritorna al grande oceano e a lui si ricongiunge senza più limiti.
“E quindi uscimmo a riveder le stelle”.
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