LUXURY PRÊT À PORTER - Numero sei

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M A R C O G L AV I A N O G I O R G I O LO CAT E L L I ENRICO RUGGERI

PERSONE

N E PAL O R I E N TA L EXP R E S S S I C I L IA

LU O G H I

G R E E N FA S H I O N M IXO LO GY LG BT Q +

TEMI

SEI

FOTO: MARCO GLAVIANO

Euro 10 | A.2022 | ISSN 2704-7695



Editoriale A Natale del 2019 nasceva l'edizione cartacea di Luxury Prêt à Porter Magazine; grandi pagine e una copertina piacevole al tatto erano i suoi elementi estetici più rappresentativi. L'obiettivo del progetto era quello di avere un “luogo fisico” che uscisse dalle dinamiche convulse e sbrigative del mondo digitale e che ci permettesse di raccogliere articoli, storie, spunti, testimonianze che meritassero una narrazione lenta e meditata. Per fare questo la carta, a nostro parere, continua ad essere il contesto più adeguato, perché permette di incrociare lo slow journalism con una vera e propria fabbricazione fisica del prodotto: l'impaginato, la scelta della carta, persino del suo profumo, la stampa, la rilegatura, le rifiniture, la meticolosa selezione dei luoghi dove distribuire il magazine. Tutto con un approccio sartoriale, quasi artigianale, come nelle migliori tradizioni del made in Italy. In fin dei conti Luxury Prêt à Porter, anche nella sua versione digitale quotidiana, è nato per raccontare il lusso accessibile, certi piccoli e grandi piaceri che rendono la vita più colorata, creativa, emozionante. Il fascino del design, le proposte più iconiche del fashion, viaggi che cambiano la vita, oggetti che in una casa non passano inosservati, cibi da provare e persone che con il loro impegno professionale e personale vale davvero la pena conoscere e ascoltare in un racconto senza filtri. Già, i filtri. Luxury Prêt à Porter Magazine è quello che può essere definito un vivido esempio di editoria indipendente pura, nessun gruppo industriale o imprenditoriale lo detiene, ma vive semplicemente grazie all'apprezzamento, anche economico, che pubblico e aziende riservano alle professionalità del nostro team e della nostra redazione e alla forte passione e dedizione di chi lo scrive e lo impagina. Abbiamo affrontato l'epoca del Covid, non certo il momento giusto per una rivista cartacea distribuita in resort, showroom, eventi e contesti di qualità. La rivista si è fatta “pocket” per poter essere spedita e veicolata anche in un momento così difficile come la pandemia ed è riuscita ad arrivare fino a qui. Siamo al sesto numero e ora ci vogliamo regalare un necessario e meritato ritorno alle origini, recuperando il formato che avevamo pensato per Luxury Prêt à Porter Magazine. Lo facciamo, però, con una maturità diversa che ci ha portato a ridisegnare la grafica delle pagine e a dedicare molto più spazio alla narrazione visiva, con fotografie che ci fanno sognare e che ci aiutano sempre di più a immergerci nei racconti, tutti personali ed esperienziali, dei nostri redattori e collaboratori. La carta, a nostro parere, rimane “il vinile” del racconto editoriale di qualità, come è accaduto con i dischi in un mondo dominato dalle piattaforme di streaming musicale. E se camminando per le strade di Soho a Londra o di Chelsea a New York ci si può imbattere anche oggi in librerie ed edicole che propongono primi numeri di nuove riviste sperimentali e concettuali, a volte molto ambiziose a livello narrativo e provocatorie per lo stile grafico, possiamo dire che non tutto è perduto. C'è ancora spazio per fermarsi qualche minuto e tenere in mano un giornale di carta, assaporarlo, conservarlo e, chissà, aprirlo di nuovo tra qualche anno e ricordarsi ciò che eravamo. Filippo Piervittori


Contenuti Sette

Marco Glaviano Trenta

Nepal Cinquantotto

Giorgio Locatelli Sessantasette

Oriental Express Ottantasei

Oltre Bowie Novantadue

Enrico Ruggeri Novantotto

Altrimenti Centoquattro

Emma Pavanelli Centonove

Sicilia Centoventi

Damaride Arzà


Masthead Publisher & Editor-in-chief

Printed by

Filippo Piervittori

Press Up S.r.l. Roma (RM)

Design & Art Direction

Registration

Luca Lemma

N.1/2008 R.P. Trib.PG 12/01/2008

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© 2022 Luxury prêt à porter All rights reserved

Editorial Team Andrea Lehotska

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Supplemento alla testata Rumors.it


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BEATRICE ANFOSSI E LUCA LEMMA

PERSONE | MARCO GLAVIANO

MAR C O G L AV IAN O Uno sguardo disincantato sul mondo, attraverso l'obiettivo

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Credit: ©Marco Glaviano www.deodato.com


PERSONE | MARCO GLAVIANO

C

he cos'è il bello? È un parametro oggettivo o soggettivo? Marco

Glaviano non ha dubbi, proprio lui che con la sua estrema sensibilità artistica ha immortalato alcune tra le più importanti supermodelle del XX secolo, per oltre 40 anni. Esteta della prima specie, "addestrato" fin dalla giovane età a riconoscere l'armonia, è stato capace di coniugare la perfezione dei canoni di bellezza classici all'innovazione della macchina fotografica digitale; un amante del bello in tutte le sue forme. Cindy Crawford, Paulina Porizkova, Anneliese Seubert sono solo alcune della lunghissima lista di bellezze che hanno posato davanti al suo l'obiettivo e che hanno gravitato intorno al suo mondo. Un mondo, quello della moda, che lui stesso ha aiutato a costruire negli anni della sperimentazione e del fervore creativo di una Milano sempre più centrale nel panorama internazionale.

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La sua passione per la fotografia, ha raccontato, è nata quando era molto piccolo, a 6-7 anni. Quando ha capito che sarebbe diventato il suo lavoro? Mi piaceva la macchina fotografica perché era un oggetto bellissimo, avevo una Leica tutta luccicante e mi affascinava che riuscisse a produrre immagini. Ho iniziato a ricevere complimenti dalla gente per le foto che scattavo, così ho continuato. In seguito, il mio sogno di diventare architetto mi ha portato a trascurare un po’ la fotografia in favore degli studi di architettura. In realtà, anche allora quella passione mi ha seguito, perché una delle mie tesi intermedie l’ho dedicata al rilievo fotografico della città siciliana di Cefalù, che è stato apprezzato e mi ha dato fiducia. Poi, fotografavo i miei amici musicisti: loro volevano le foto per metterle sulle copertine dei dischi e si offrivano di pagarmi per i miei scatti. Dopo quelle prime esperienze ho capito che la fotografia era la mia strada, con grande dispiacere del mio maestro di architettura. Lui mi disse: “Le foto sono effimere, i palazzi restano”, io gli risposi a tono, col mio solito carattere: “Purtroppo sì, come quello orrendo delle Poste a Roma che hai fatto tu”.

Quanto ha influito l’esser cresciuto in una famiglia come la sua nello sviluppo della sua sensibilità artistica e nella voglia di innovazione? Moltissimo. Provengo da una famiglia della borghesia palermitana molto libera, aperta all’arte e al progresso. A casa mia entravano e uscivano artisti come Gino Severini, Leonardo Sciascia e Guttuso, avevo i muri di casa pieni di sue opere. I suoi nudi hanno fatto parte della mia vita fin da bambino, tant’è che quando qualcuno mi ha detto di non poter comprare una mia fotografia perché aveva dei bambini piccoli, ho risposto: “Devi comprarla proprio perché hai dei bambini in casa!”.


Credit: ©Marco Glaviano www.deodato.com



PERSONE | MARCO GLAVIANO

“La modella fa la metà del lavoro del fotografo”, ha detto: che cosa ha significato per lei lavorare con alcune Secondo lei, esiste ancora il concetto di

delle più grandi top model di tutti i tempi?

supermodella, considerando i tempi in

E se scegliere una modella è impossibile,

cui viviamo (social, piattaforme etc.)? E la

c’è uno scatto – o i suoi retroscena – che

figura del talent scout ha ancora spazio?

ricorda con particolare affetto?

No, quell’era è finita. Non è finita per la

Dipende dal fotografo ovviamente. C’è

fotografia, ma dal punto di vista sociale,

da fare una piccola precisazione: è il

con tutte queste ragazze che si fanno i

soggetto a fare la metà della foto, non la

selfie. I talent scout ci provano, ma sembra

modella. E il soggetto può anche essere

che manchino di qualcosa. Se oggi le

un paesaggio. La fotografia è un modo di

mie top model entrassero in una agenzia

vedere le cose che altri non hanno: non

di moda le butterebbero fuori tutte,

è il risultato o la tecnica, ma la capacità

compresa Cindy Crawford. Sono le agenzie

di passare davanti a qualcosa e capire

a non esistere più, non ci sono più quelle

che vale la pena fotografarla. Alcune

personalità che riuscivano a distinguere

delle mie foto preferite sono quelle che

una bella donna da una top model. Chi

ho scattato ai jazzisti: hanno tutti uno

lavora in questo campo, oggi, preferisce

sguardo e un carattere penetrante, glielo si

gli uomini alle donne: nelle pubblicità di

legge in faccia ed è impossibile fargli una

Armani, ad esempio, gli uomini sono tutti

brutta foto. Sono cresciuto fin da piccolo

muscolosi, oliati ed esposti a una luce

suonando e ascoltando jazz, col terrore

stupenda, mentre di fianco le modelle

di mio padre che diceva fosse musica

sono magre scheletriche, producendo uno

tremenda: un giorno mi ha chiuso il

squilibrio evidente.

pianoforte a chiave perché mi ha trovato a suonare jazz piuttosto che musica classica, non ho suonato per sei mesi.

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PERSONE | MARCO GLAVIANO

Crede che oggi esista ancora un effettivo ideale di bellezza? Le nuove generazioni hanno il senso del bello? Ho paura che sia stato distrutto da questo oggetto infernale che è il telefono. Mi sembra strano che i giovani lo possano avere (il senso del bello ndr). Prima di tutto perché sono ignoranti al bello: magari non sono mai stati in un museo, non hanno mai comprato un libro d’arte… il senso del bello è un gusto che si coltiva negli anni, conoscendo e studiando il passato. A questo si aggiunge la dilagante ipocrisia che ci vorrebbe tutti uguali, ma non è vero: questo non giustifica assolutamente il disprezzo, ma quello della modella è un lavoro particolare e non è per tutte. È come se io avessi la pretesa di andare alle Olimpiadi a correre i 100 metri reclamando il mio diritto di farlo, anche se non sono assolutamente in grado. Ma io non sono ancora del tutto disilluso: sono convinto che la gente possa apprezzare le cose belle, basta che qualcuno gliele mostri.



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PERSONE | MARCO GLAVIANO

Secondo lei, i giornali di moda hanno

La tecnologia di una macchina fotografica

ancora lo stesso peso nel lanciare o

moderna semplifica il lavoro rispetto a 20

consacrare la carriera di una modella o di

o 30 anni fa? Ci vuole meno, adesso, per

un fotografo?

fare il fotografo?

I giornali hanno completamente perso

Non c’è più la macchina fotografica.

tutto il loro peso, ad oggi è a zero. Da

Oggi ci vuole molto di più per essere un

quando Anna Wintour ha deciso di vendere

fotografo, proprio perché la macchina

Vogue nei supermarket americani, dove

si è così evoluta da occuparsi di tutti gli

una rivista dal nome così importante non

aspetti tecnici. Se uno è davvero bravo,

era mai stata, ha messo fine a tutto. Poi

si può concentrare sul significato della

quelli che lavoravano da Vogue in quegli

fotografia, però in quanti lo fanno? Forse

anni erano dei geni: prendevano una giacca

meno di zero… La presenza, poi, di tutte

di Chanel, dei jeans strappati (per davvero)

queste signorine che non fanno altro che

e delle scarpe che non c’entravano nulla,

fotografarsi il lato B e postarlo sui social

creando un’immagine che chiamavano

aumenta la controversia sul tema del nudo,

moda. Oggi invece c’è l’ufficio stampa che

soprattutto nel contesto socioculturale di

comanda tutto: dalla spilla alla scarpa,

questi ultimi anni.

perfino il profumo (perché lo scrivono sempre!). Dov’è finita, allora, la creatività del direttore di una rivista di moda? Io ero amico della grande Anna Piaggi, che era un vero genio: una come lei non potrebbe lavorare oggi, una persona che da due stracci tirava fuori dei capolavori. Adesso invece arriva un pacchetto preconfezionato, dalla scarpa al cappello, con l’indicazione di vestirsi così, ma dov’è allora la moda?

M A R C O


ipocriti nei loro lavori? Non li conosco, anche perché è impossibile conoscerli dopo l’estinzione dei giornali. Anche in quell’ambito, ormai tutti possono fare un giornale, basta un computer e un tavolino. Ai tempi lavoravano 80 persone nella redazione di Harper’s Bazaar e ad ogni numero tutti si fiondavano in edicola per scoprire chi fosse la donna del momento, era una finestra su Hollywood. Adesso questo mondo non esiste più.

G L AVIAN O

Crede che anche i fotografi di oggi siano


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PERSONE | MARCO GLAVIANO

Lei è stato il pioniere delle foto digitali ma ha sempre amato l’utilizzo della polaroid perché autentica. Possiamo dire che la prima l’ha creata per necessità mentre la seconda è passione? Mi ha sempre affascinato la tecnologia, mi divertivo a scoprire le innovazioni, forse a causa dei miei studi di architettura e di fisica. La polaroid, però, è l’unica che non mente mai ed è rimasta nel tempo, proprio perché non è manipolabile. Eppure, quando mostro una foto di una bella donna, mi dicono: “Ma questo è Photoshop”…ma dove? Secondo me Photoshop ha danneggiato la fotografia: è un mezzo molto potente e molto utile, ma usato male è una disgrazia. Il 90% delle mie foto non è mai stato ritoccato.

Paradossalmente, i nudi dei grandi fotografi sulle riviste di spicco sono diventati dei tabù, ma allo stesso tempo tutti si spogliano… Insieme al gruppo di fotografi con cui siamo diventati grandi - che sono tutti amici - abbiamo pubblicato foto che oggi sarebbero impensabili. Se dovessi postare le mie foto su Instagram verrebbero censurate, eppure le ragazze possono farlo: non capisco come funzioni questa dinamica. Secondo me esiste un’ipocrisia galoppante, è ciò che mi disturba di più di questo mondo: forse perché io amo dire le cose come sono, ma siamo rimasti in pochi in mezzo a tutti gli altri che raccontano balle.


PERSONE | MARCO GLAVIANO

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PERSONE | MARCO GLAVIANO


PERSONE | MARCO GLAVIANO

Lei ha lavorato con le più celebri top model di sempre: cosa ci può dire di queste modelle, anche dal punto di vista umano? Per la maggior parte erano davvero ragazze fantastiche, anche perché quello della moda era un mondo molto competitivo, in cui non bastava essere belle, bisognava anche difendersi dagli sgambetti delle altre in passerella. Io le ho sempre trovate delle donne eccezionali, alcune molto sfortunate, tra manager o fidanzati sbagliati. Anche se ci vuole tanta intelligenza e tanta personalità, quando fondi la tua vita sull’essere bella basta svegliarsi un giorno con un brufolino e sei rovinata. Quando finisce tutto, a cinquant’anni, ci si trova di fronte a un bel problema.

Credit: ©Marco Glaviano www.deodato.com

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Prima ha parlato delle foto che ha scattato ai jazzisti all’inizio della sua carriera. Che cosa cercava invece nelle foto che scattava alle modelle? La mia è una formazione classica; quindi cercavo prima di tutto lo sguardo, poi le forme. C’è una fontana a Palermo davanti alla quale passavo tutte le mattine per andare a scuola, c’erano un centinaio di statue di nudi bellissime. Quelle immagini mi sono rimaste impresse nella mente da subito, non avrei mai potuto fare una foto sgraziata, mi dà fastidio. Oggi sembra che sia giusto così, ma io non riesco, ho in testa l’armonia delle forme, la matematica della proporzione aurea. In tutte le arti la bellezza ha radici matematiche: la Ferrari è così bella perché è una scultura con le ruote. La bellezza non è soggettiva, esiste di per sé. La frase che odio più di qualsiasi altra cosa è “Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace”: non è vero, se una cosa è bella lo è in assoluto, come ci sono le cose brutte. All’assunto che “è una questione di gusti” rispondo che è una questione di cattivo gusto. Non è una questione di canoni di bellezza, perché ci sono delle donne, ad esempio, che pesano il doppio di quanto dovrebbero pesare, ma sono bellissime così.



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PERSONE | MARCO GLAVIANO

È suo il più famoso e forse iconico ritratto

Lei crede che esista ancora quella genuina

di Giorgio Armani, re della moda italiana.

passione nella moda di oggi?

Come si è costruito ed evoluto il vostro rapporto lavorativo ed umano?

Secondo me, stranamente, la moda è una delle poche discipline che si sta salvando

Ho fatto tanti ritratti di Giorgio, forse

dal casino del mondo contemporaneo:

uno è diventato particolarmente famoso,

quando assisto alle sfilate di oggi, vedo

anche se nessuno mi ha mai detto che

delle cose molto interessanti. Sarebbe

quel ritratto fosse iconico. Del resto, lui

bello vedere questa vitalità anche nella

è talmente bello, ancora oggi. Alla fine

musica, nella pittura o nella fotografia. Del

degli anni Sessanta abbiamo iniziato tutti

resto la fotografia commerciale è sempre

insieme: io venivo da Palermo, Giorgio

stata legata a doppio filo con la moda.

da Milano, Versace dalla Calabria e così via, tutti abbiamo iniziato a lavorare per costruire qualcosa a Milano, perché

Se potesse dare un consiglio ai giovani

prima il centro di tutto era solo Parigi.

fotografi di oggi, quale sarebbe?

Ognuno faceva il suo lavoro, si collaborava e crescendo insieme abbiamo stretto dei legami forti, anche se non tutti sono rimasti nel tempo: non è mai bastato essere soltanto bravi, nemmeno per i migliori. Infatti, le carriere più longeve le hanno avute le coppie di lavoro stabili, formate da un creativo e da un businessman.

È difficile, non saprei davvero da dove cominciare, perché la fotografia come la conosco io non esiste più. Mi sembra che manchino i mezzi e le destinazioni della fotografia, anche le modelle sembrano essersi trasformate in segretarie, si comportano come tali. Non hanno più lo spirito giusto.



Viaggio in una terra antica

N E PA L MARIANNA STEFANI



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LUOGHI | NEPAL

S

ono qui per raggiungere il campo base dell’Everest attraverso i tre più rinomati passi in Himalaya, per conquistare la vetta dell’Island Peak. Ho trascorso il primo giorno

a cercare di dormire un po’, fino a quando ho incontrato il resto del gruppo e l’organizzatore del viaggio. Lui ci ha presentati a vicenda e ci ha spiegato alcuni dettagli relativi al viaggio di una vita che stavamo per iniziare. Ho scoperto

D I A R I O D I V I A G G I O

presto che le altre sette persone nel gruppo non sarebbero venute con me: loro avevano prenotato soltanto un percorso di due settimane fino al campo base dell’Everest. Ero l'unica folle abbastanza da passare più di tre settimane sulla catena dell’Himalaya, d’inverno.

Credit: Marianna Stefani



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Guardando documentari sull’Himalaya,

e altri siti storici e culturali come la

ho imparato alcuni fatti davvero

piazza Durbar, il tempio di Dattatreya

pazzeschi. Si ritiene che il monte

e la piazza Pottery, per citarne alcuni.

Everest stia ancora crescendo: la vetta

La sua storia risale all’XVIII secolo e

Sagarmata – che significa “dea del

Bhaktapur è stata annessa nel World

cielo” in lingua nepalese – si alza di un

Heritage Sites. Purtroppo, la bellezza

paio di centimetri ogni anno. Quello

di questa città è stata distrutta dal

che non sapevo è che questo processo

terremoto che nel 2015 ha danneggiato

ha origine dalla collisione della

gran parte del Nepal, causando anche la

gigantesca placca tettonica indiana con

morte di 17 persone sull’Everest. Dopo

quella asiatica. Passiamo al viaggio:

Bhaktapur, abbiamo guidato dall’altra

il primo giorno è andato liscio, ma ho

parte della città per visitare Pshupati,

dovuto sviluppare delle capacità di

il tempio di Siva, la più grande delle

sopravvivenza molto specifiche. Le

divinità. Sia gli indù, sia i buddisti,

persone a Kathmandu guidano come

pregano in questo tempio rendendolo

pazzi, ci sono auto e moto ovunque e

un esempio di unità religiosa. Gli

tutto è permesso. Sembra di essere a

stranieri potrebbero non riuscire ad

Bangkok. Durante il secondo giorno ho

entrarvici, visto che l’entrata è riservata

visitato le tre più rinomate attrazioni a

ai soli fedeli. L’area circostante può

Kathmandu: Bhaktapur, Pashupati e la

essere tuttavia esplorata ed è lì che

stupa del Grande Buddha.

ho assistito per la prima volta a un funerale indù. Il tempio sorge sulle

Conosciamo la città di Bhaktapur

sponde del fiume sacro Bagmati, dove

come la capitale culturale del Nepal,

gli indù vengono cremati: il defunto

15 chilometri ad est di Kathmandu.

giace su un letto di calcestruzzo,

Si racconta che la città sia un museo

coperto di legno e da un cumulo di

vivente, che ospita tantissimi templi

paglia, la sua testa deve puntare a nord.


Il cerimoniere, solitamente il primo figlio del defunto, accende il fuoco: una volta che non è rimasto più nulla, vengono gettate le ceneri nel fiume. È stato un momento triste e affascinante allo stesso tempo. Nel primo pomeriggio, sono poi andata a visitare la stupa del Grande Buddha, uno dei più celebri templi buddisti al mondo. Dalla prospettiva aerea, le stupe hanno delle somiglianze con i disegni dei mandala di sabbia, ogni parte dell’edificio ha un potente significato. Dal basso, si trova il mandala (la base quadrata) che rappresenta la casa di Buddha, la cupola rappresenta l’universo, i due occhi la saggezza e il simbolo che assomiglia a un naso rappresenta il nirvana. Sono tredici gli stati d’animo per completare il percorso: il loto è simbolo di compassione, l’ombrello rappresenta la protezione, mentre il pinnacolo simboleggia il monte Sumeru, la sacra montagna a cinque cime considerata il centro dell’universo. Proseguo il viaggio all’aeroporto per prendere il volo delle 6:00 per Lukla, famosa per avere gli aeroporti più pericolosi del mondo: un inizio non molto rassicurante! Devo dire che i trenta minuti di viaggio sono stati abbastanza piacevoli, ma ho capito la paura e il panico dei turisti che prendono questo volo per la prima volta: eravamo così vicini alle montagne che pensavo di poterle toccare. Si è verificata una lieve turbolenza verso la fine, quando abbiamo raggiunto una vallata aperta, ma è durata soltanto un minuto, prima di atterrare nella cittadella di Lukla a 2800


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metri di altitudine, nell’aeroporto più

Quattro ore dopo abbiamo raggiunto

in quota del mondo. Una volta arrivata,

Namche Bazar: dopo una doccia fatta

abbiamo iniziato il tragitto scendendo

con le salviette e una cena squisita,

verso il fiume Dudh Kosi, raggiungendo

ero davvero esausta. Il quinto giorno è

il piccolo villaggio di Phankding in

pensato per acclimatarsi, così Pemba,

meno di quattro ore. Il primo giorno

la mia guida, mi ha portato fuori per

è stato abbastanza agevole: un inizio

una camminata di quattro ore sulle

leggero è ottimale per permettere alle

colline di Namche, per visitare un

gambe di abituarsi alla camminata,

museo sull’Himalaya che celebrava

anche se l’alta quota può comunque

soprattutto gli sherpa. Fuori dal

nascondere terribili insidie. Ho

museo c’è un’impressionante statua di

attraversato ponti sospesi e calpestato

Tenzing Norgay, lo sherpa che nel 1953

escrementi di animali un sacco di volte.

ha accompagnato Sir Edward Hillary

Stavo congelando: non sentivo il freddo

nella prima spedizione di successo per

mentre camminavo, ma una volta ferma

raggiungere la cima del monte Everest.

l’ho sentito eccome. Il giorno dopo avrei affrontato la prima vera escursione

Il giorno successivo faceva caldo,

verso Namche Bazar, a 3500 metri. Il

maledettamente caldo, ed è l’ultima

villaggio è considerato l’ingresso al

cosa che ci si aspetterebbe di sentire

monte Everest.

da qualcuno che è stato sull'Himalaya.

Sono partita dal villaggio di Phakding

Dopo un paio d’ore su un tracciato

di mattina presto, mentre una leggera

relativamente piano, ho arrancato per

pioggia accompagnava me e Pemba,

raggiungere i 4000 metri e dopo pranzo

la guida, per un paio d’ore durante

abbiamo raggiunto un posto che non

la camminata. Insieme abbiamo

posso nemmeno chiamare villaggio:

attraversato il fiume Dudh Kosi su un

c’era soltanto una pensione singola, in

instabile ponte sospeso e dopo pranzo

mezzo al nulla.

siamo entrati nel Parco Nazionale

I giorni passano, ho dovuto affrontare

del Sagarmatha. Era la mia prima

due salite molto ripide che mi hanno

escursione in alta quota: la salita ripida

portata fino a 4600 metri. Ero stanca,

e la vista mozzafiato mi hanno lasciato

esausta, avevo uno sfogo sul naso a

a bocca aperta.

causa di tutte le volte in cui l’ho soffiato.


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Il clima era fantastico, abbastanza

soltanto ad altitudini superiori ai 4000

caldo per indossare soltanto il primo

metri, nelle regioni dell’Himalaya, in

strato di abbigliamento per un paio

Mongolia e in Russia: questi vigorosi

d’ore. Abbiamo camminato lungo la

animali addomesticati sono essenziali

cresta e seguito il fiume finché non

per far avere cibo e vivande alle

abbiamo raggiunto un piccolo paese.

comunità che vivono sulle montagne.

Là non c’era nessuno, quindi ci siamo

Il giorno dopo ci abbiamo messo

incamminati per un’altra ora finché

soltanto quattro ore per arrivare a

non abbiamo raggiunto il villaggio

Gokyo, il villaggio ai piedi del monte

successivo: eravamo a 4600 metri,

Gokyo, o Goyko Ri. Il tragitto è stato per

faceva davvero freddissimo.

lo più pianeggiante e la vista grandiosa. Abbiamo camminato lungo il fiume

Durante l’escursione, ho avuto

Dudh Koshi, attraversando tre dei

l’occasione di attraversare una

quattro laghi nell’area di Goyko: il più

meravigliosa cascata ghiacciata e di

piccolo Lang Pomba, il secondo Taujan

percorrere dei sentieri in compagnia

Pokhari e il terzo Dudh Pokhari. In alta

di alcuni yak che stavano portando

stagione, quando il clima è più mite,

vivande ai villaggi a valle. Ho visto

il panorama è strabiliante, ma io ho

anche degli yak selvaggi che vagavano

dovuto affrontare temperature davvero

nei pressi di un’insenatura nel ghiaccio,

rigide.

e persino dei moschi. Gli yak si trovano


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Per non parlare del rumore: era davvero

Dopo una notte insonne, mi sono

magico! Ho iniziato a sentirlo come un

preparata un paio di uova strapazzate

sottile boato mentre camminavamo di

per colazione e pensavo che le avrei

fianco al secondo lago, ma proseguendo

vomitate direttamente. Sentivo molta

è diventato man mano più forte e

nausea, il freddo non aiutava il mio

definito. Era il ghiaccio che si assestava

stomaco debole. Alle 7:30 siamo usciti

a causare quel rumore incredibilmente

in direzione Gokyo Ri, la montagna

affascinante e spaventoso allo stesso

che dà il nome a questa parte di terra.

tempo. La musica del lago ghiacciato

Questo è stato il giorno in cui qualcosa

era incantevole. Giunti alla pensione,

è cambiato.

dopo pranzo ho iniziato la mia routine di lavaggio con salviette umide e

Per la prima volta ho provato dentro

shampoo secco: faceva così freddo che

di me un sentimento insolito e triste

era impossibile anche pensare all’acqua

a cui non sono abituata: la noia. Amo

che tocca il tuo corpo. Dopodiché, i

passare del tempo da sola, di solito

panni: ho strofinato i miei vestiti con

sono la migliore amica di me stessa.

un asciugamano umido e insaponato,

Ma in quel momento, per la prima

poi li ho lasciati fuori a rinfrescare

volta in vita mia, riuscivo a malapena

un po’, senza sapere che il giorno

a sopportarmi. Ho camminato per ore

successivo sarebbe stato il più arduo di

guardandomi intorno e mi è sembrato

tutti, fino a questo punto.

di non essermi mossa per nulla.

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Ho continuato a camminare e camminare, con il naso all’insù verso la cima, che sembrava lontanissima. Rocce, polvere, ghiaccio: ogni cosa era identica a se stessa. Il tragitto era senza fine, pensavo fosse un viaggio senza meta. Ho dovuto smettere di guardare in alto perché sentivo le lacrime scorrere sulle mie guance. A 5000 metri ho combattuto per ogni singolo passo, ogni minimo movimento richiedeva grande impegno: ho fatto forza su me stessa per proseguire. Ma gli ultimi 100 metri di dislivello sono stati un vero inferno, ci ho messo un’ora a coprire quella distanza, roccia dopo roccia, un passo alla volta. Alla fine ho raggiunto i 5458 metri, la cima del Gokyo Ri. Non riuscivo a credere di essere finalmente lì. La ricompensa è stata una vista spettacolare di quattro cime da 8000 metri: il Monte Everest, Lhotse, Makalu e Cho Oyu. Dopo ormai più di una settimana lì, ho iniziato a riflettere sulla mia esperienza. Ogni giorno comprendeva alzarsi dal letto, fare colazione e camminare in media per sette ore. Il resto delle giornate lo trascorrevo nelle sale comuni delle pensioni: tutti si riuniscono intorno alla stufa, dove escrementi di yak essiccati vengono bruciati per mantenere la temperatura della stanza qualche grado a queste altitudini, specialmente in questo periodo dell’anno in cui è tutto ghiacciato. Il giorno dopo ci siamo diretti a Est e in tre ore abbiamo raggiunto il piccolo villaggio di Thagnak. Abbiamo attraversato il ghiacciaio Ngozumpa, il più lungo dell’Himalaya con i suoi 36 chilometri di lunghezza. Questa incredibile caratteristica naturale è in diminuzione a causa del cambiamento climatico e dallo scioglimento si sta formando un lago in superficie: viene chiamato Spillway. Il tragitto era molto scivoloso e in alcuni tratti ho dovuto mettere un piede di fronte all’altro perché non c’era abbastanza spazio per entrambi uno di fianco all’altro. Da giorni il freddo mi impediva di dormire e la mancanza di sonno stava scombussolando il mio corpo, oltre che la mia mente: quello che non sapevo era che ne avrei pagato le conseguenze presto.

D I A R I O D I V I A G G I O

sopra lo zero. Il legno è difficile da trovare


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Raggiungere la vetta del Gokyo Ri è stata una passeggiata a confronto di quello che ho fatto il giorno dopo. Siamo partiti all’alba dal villaggio di Thagnak in direzione Dzongla, un’altra cittadina a pochi chilometri di distanza, separata dal passo Cho La, uno dei più conosciuti della regione dell’Himalaya per la sua reputazione di essere difficile e pericoloso. Il percorso era davvero ripido e ho dovuto arrampicarmi tra massi e rocce scivolose. Raggiunta l’altitudine di 5300 metri, mi sono sentita male, non ho bevuto abbastanza acqua e un terribile mal di testa mi stava rovinando la giornata. Mi sono ritrovata al limite di un attacco di panico: non riuscivo a respirare e mantenere le mie gambe in movimento era una fatica tale che dovevo fermarmi ogni due passi.

Credit: Marianna Stefani

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LUOGHI | NEPAL

Ma poi mi sono davvero divertita a

si riposano al campo 1. Pemba mi ha

valicare il passo: piano piano (“bistarai

spiegato che purtroppo si vedono

bistarai”, come dicono da queste parti)

ancora i corpi ghiacciati lungo la via:

ho camminato sul ghiaccio e sulla neve

nel 2014 sono morti 16 sherpa in una

per raggiungere il lato est del passo

valanga sulla colata di ghiaccio. Mi

Cho La, facendo estrema attenzione. Un

sarebbe piaciuto avventurarmi oltre in

singolo passo sbagliato e sarei scivolata

quella direzione, ma serve un permesso

giù dal ghiacciaio.

che costa 11mila dollari per superare

Due giorni dopo ho raggiunto il campo

il campo base: una spedizione in vetta

base Everest, a un’altitudine di 5363

costa in media 70mila dollari.

metri. Abbiamo raggiunto Gorakshep,

Il ritorno a Gorakshep mi è sembrato

che è l’ultimo insediamento prima del

ancora più lungo e freddo: iniziavo a

campo base, e dopo un pranzo siamo

preoccuparmi per le temperature che

ritornati sul tragitto per camminare

avrei incontrato durante la scalata in

qualche ora in più lungo il crinale del

vetta all’Island Peak.

ghiacciaio Khumbu, ma non è stata un’escursione particolarmente ardua.

Non posso in alcun modo descrivere

Nonostante sia l’inizio della scalata

quanto facesse freddo: era come

all’Everest, tanti scalatori sono morti

l’inferno, ma ghiacciato.

sulla colata di ghiaccio, l’ostacolo

Alle 7:00 del giorno dopo ero già in

maggiore verso la vetta. La colata

strada verso Kala Patthar, un fantastico

giace in prossimità del campo base e

punto panoramico sul Monte Everest e

finisce a 6065 metri, dove gli scalatori

sul ghiacciaio Khumbu.

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LUOGHI | NEPAL

Abbiamo camminato lungo il versante

momento, in preda a una crisi emotiva,

orientale e anche se il sole stava

sono scoppiata a piangere: non mi

sorgendo siamo rimasti all’ombra

interessava, non me ne fregava nulla,

dell’Everest fino alle 9:30, quando il sole

volevo soltanto una tazza di camomilla,

era alto abbastanza per fare capolino

una doccia calda e una bella dormita.

tra le cime. L’escursione in sé non è

Dopo pochi minuti, mi sono calmata

stata troppo dura, ma la mancanza

e ho apprezzato la vista: riuscivo a

di sonno è stata un vero problema.

vedere il Monte Everest e il ghiacciaio, il

Ricordo di aver camminato per ore con

panorama era mozzafiato.

la sensazione di non essermi mossa

Il giorno seguente, dal rifugio Pemba

per nulla: sembrava che il tempo si

ha indicato una montagna dicendo

fosse fermato, tutto era uguale. Mi

che dovevamo attraversare quel

sembrava di imbattermi a ripetizione

passo. Stava guardando qualcosa

nella stessa roccia, ero così stanca che

che assomigliava a Mordor e io ero

mi lacrimavano gli occhi. In qualche

spaventata, ma curiosa. Le prime

modo ce l’ho fatta e una volta arrivati a

quattro ore sono trascorse tranquille,

un cumulo di pietre celebrativo, Pemba

ma appena ho guardato in su ho visto

mi ha mostrato l’altitudine dal suo

un versante molto scosceso, “Mordor”:

orologio: eravamo a 5565 metri. In quel

lo avevo appena raggiunto.



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Pensavo fosse quasi finita, ma

La giornata successiva era invece

continuando a camminare ho notato

destinata all’allenamento. Al mattino

che dietro alla collina ce n’era un

siamo andati su un’altura vicina per

altro, e un altro, e un altro ancora. Un

testare l’attrezzatura, sono salita e

percorso asciutto e ripido davanti ai

scesa un paio di volte per assicurarmi

miei occhi, mentre soffiava una brezza

che tutto funzionasse a dovere.

gelida e il cielo azzurro scompariva.

Dopodiché ci siamo diretti al campo

In un punto, il sentiero è sparito e

base, dove abbiamo allestito la nostra

mi sono dovuta arrampicare sulle

tenda. Il gran giorno si avvicinava e

rocce scivolose per raggiungere la

con esso l’impresa per la quale ero

cima. In qualche modo ho valicato

venuta fin lì, il viaggio al campo base

il passo, ma quello che non sapevo

dell’Everest era soltanto una tappa.

era che avrei dovuto camminare

Ma i giorni seguenti mi sono scontrata

altre 4 ore per raggiungere il rifugio

con la realtà delle cose: l’insonnia e il

più vicino. Nevicava e la discesa

mio malessere di stomaco mi hanno

era incredibilmente ripida. Le mie

impedito per ben due volte consecutive

ginocchia tremavano e non ero molto

di intraprendere la scalata. Pemba

stabile, le gambe erano deboli ed ero

mi disse che potrebbe essere mal di

molto sbilanciata. Ero circondata da

montagna, malessere da altitudine, ma

una fitta nebbia e non riuscivo a vedere

io sapevo che si trattava di qualcosa di

dove stavo andando.

diverso. Provavo odio per ogni singola

Il giorno seguente era, finalmente,

cosa di quel luogo e volevo soltanto

destinato al riposo. Nel pomeriggio,

andarmene da quell’inferno.

insieme a Pemba abbiamo provato

Dopo queste difficoltà, due giorni

l’attrezzatura per la scalata sul ghiaccio

dopo, il fatidico momento è arrivato.

dell’Island Peak: scarponi da alpinista,

Al mio risveglio, nel cuore della notte,

ramponi di acciaio, briglie… ma la mia

mi sentivo abbastanza bene e di buon

principale preoccupazione rimaneva

umore, una rarità in quelle giornate,

il freddo gelido che avrei incontrato

quindi all’una di notte ci siamo

durante l’impresa.

preparati alla scalata.

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Ma ho presto capito che, quando Pemba

girare la testa per guardarmi intorno.

diceva che il campo base era vicino

Indossavo quattro paia di calze, tre

ai ghiacci perenni, mentiva. Forse è

strati di intimo termico, tre maglie

stato un errore linguistico, perché in

termiche a maniche lunghe, due

questo caso “vicino” significava a ben

giacche di pile, due giacche normali e

7 ore di escursione fino a 5800 metri,

una antivento.

arrampicandosi di notte su un sentiero

Odiavo ogni singola cosa e ogni singolo

ripido, asciutto e scivoloso.

secondo trascorso sulla montagna.

Dopo un paio d’ore, alle tre circa,

Disprezzavo ogni singola roccia con

abbiamo raggiunto i 5400 metri,

tutta me stessa e poi, con il sole sorto,

dove tirava un vento terribile. Io

sono riuscita a vedere la desolazione e

ero completamente scioccata e non

la tristezza che mi circondava. Rocce,

riuscivo né a pensare né a camminare

polvere, ghiaccio: tutto qui. Ero venuta

bene. A causa delle rocce instabili sono

in Himalaya per stabilire un contatto

caduta mille volte scivolando indietro

con la natura. Avevo bisogno di passare

di qualche metro, e ci ho messo una vita

un po’ di tempo con me stessa, per

a recuperarli. A un certo punto, mi sono

ritrovare me stessa. Ma quel posto era

sentita così al limite che mi sono messa

tutto tranne che natura: non c’era alcun

a camminare carponi, aggrappandomi

segno di vita, non ricordo di aver visto

alle rocce per spingermi in sù. La mia

nemmeno un albero in quei giorni.

guida era davanti a me di almeno

Ho dovuto fare i conti con questa

20 metri, quindi non avevo alcuna

terribile desolazione e con questo clima

indicazione. Ho dovuto arrangiarmi a

invivibile, così sono tornata indietro,

camminare nell’oscurità, sperando di

triste e delusa. Non avevo intrapreso

non fare un passo falso su una roccia

quel viaggio per dimostrare qualcosa a

scivolosa. Mi sono fatta male tante

qualcuno: l’ho fatto solo per me stessa.

volte e i miei piedi erano due blocchi

Il fallimento di non essere in grado di

di ghiaccio, insensibili. Ogni passo

raggiungere la vetta Island Peak mi ha

sembrava una pugnalata nella schiena:

fatto sentire debole e vulnerabile: non

sette ore di inferno per raggiungere

mi ero mai sentita così delusa da me

l’altitudine di 5800 metri, che era in

stessa in tutta la vita.

realtà l’inizio della scalata. A causa

La discesa era ripida, ci ho messo

del vento e del freddo, non riuscivo

quattro ore a tornare al campo base, più

a respirare bene, non riuscivo a

altre tre ore per arrivare a Chunkung, il

muovermi e avevo così tanti strati di

paesino dove stavo prima di andare ad

vestiti da non riuscire nemmeno a

Island Peak.


LUOGHI | NEPAL

Laggiù ho scoperto da un alpinista

mangiato una mela, una mela vera: la

cinese che non sarei riuscita a

frutta non era mai stata così buona.

compiere l’impresa in ogni caso, perché

Ho mangiato quella fantastica mela

le intemperie avevano distrutto le

mentre camminavo per le strade del

scalette, indispensabili per attraversare

villaggio.

i crepacci. Il giorno dopo mi sono

L’ultima camminata è durata dieci ore

rifiutata di camminare, volevo solo

che mi sono sembrate infinite, su e

vomitare. Ho mandato qualcuno al

giù dalle montagne per 20 chilometri

villaggio più vicino per prendermi

da Namche Bazar a Lukla. Finalmente

un cavallo: non riuscivo nemmeno

mi ero lasciata alle spalle il paesaggio

pensare di fare un solo passo. C’era

desolato e lunare ed ero circondata

qualcosa che non andava in me e non

dalla foresta: mi sembrava di tornare

capivo di cosa si trattasse. Di una cosa

nel mondo da qualche altro pianeta.

soltanto ero certa: volevo andarmene

Ho finalmente visto dei pini e il fiume

da quel posto il prima possibile.

Dudh Kosi non era più una lingua

Sentivo il bisogno di lavarmi, ma non

ghiacciata, ma l’acqua scorreva. Man

potevo nemmeno lavarmi i denti o

mano che proseguivo, i crinali scoscesi

cambiarmi i vestiti perché era tutto

e impervi lasciavano spazio al muschio

completamente ghiacciato: se provavo

e alle foglie umide, e potevo finalmente

a indossare una maglia lasciata fuori

sentire il profumo delle montagne.

con un asciugamano insaponato, non

Dopo dieci lunghe ore, ero tornata al

riuscivo nemmeno a piegarla perché

punto di partenza.

era completamente ghiacciata. Non

L’ultimo giorno mi sono svegliata

volevo mai più vedere una montagna in

di soprassalto: dovevamo correre

vita mia: dovevo uscire da quell’incubo.

all’aeroporto per prendere il primo

Il cavallo è arrivato e per le nove

volo per Kathmandu. Il viaggio, anche

ore successive sono rimasta in

quello, è stato davvero turbolento:

sella, durante un viaggio scomodo e

l’aereo continuava a tremare come una

accidentato. Per fortuna i cavalli che si

foglia e verso la fine si è perfino girato

impiegano in montagna hanno gambe

in orizzontale. Alla fine ce l’abbiamo

forti e sono robusti, ma ammetto

fatta e, una volta arrivati a Thamel,

di essermi trovata col cuore in gola

mi sono chiusa in un piccolo café per

a volte: a ogni passo si rischiava di

scappare dal traffico dei suoi quartieri

scivolare giù da un pendio. Alla fine,

suburbani. Sarebbe dovuto trascorrere

per fortuna, sono tornata sana e salva

un po’ di tempo prima che riuscissi

a Namche Bazar. Bramavo fortemente

a processare davvero l’incredibile

cibo fresco e il giorno dopo ho

esperienza che avevo appena vissuto.

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BEATRICE ANFOSSI

GIORGIO

LO CAT E L L I

F

uggito a Londra nei primi anni Ottanta per perfezionare l’arte culinaria che già gli scorreva nelle vene, Giorgio Locatelli è stato il primo chef italiano a ottenere

una stella Michelin all’estero. Dal 2002 il suo ristorante Locanda Locatelli è un punto di riferimento per tutti coloro che, a Londra stabilmente o di passaggio, desiderino fare un viaggio nella cucina italiana più autentica. Poi, nel 2018, l’inizio dell’avventura come giudice di Masterchef Italia, ruolo che lo ha reso una vera e propria star della tv. Il segreto? Il sodalizio vincente con Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri, stimati colleghi. Del primo, ammette lui, ruberebbe l’impareggiabile capacità di impiattamento; del secondo, la precisione assoluta. Abbiamo incontrato Chef Locatelli in occasione del lancio del suo nuovo programma in solitaria, Home Restaurant. Ci ha raccontato la sua esperienza come chef, come personaggio televisivo e come imprenditore; senza timore di affrontare tematiche calde nel mondo della ristorazione, come quella sul rapporto tra i giovani e il lavoro, che ha generato non poche polemiche nel recente periodo.




PERSONE | GIORGIO LOCATELLI

Sei andato a Londra giovanissimo e poi hai deciso di esportare là la cucina italiana, creando con Locanda Locatelli una sorta di antologia dei nostri sapori più tradizionali. Come hanno accolto gli inglesi la tua cucina? È stata pensata più

Hai dovuto adattare qualcuno dei nostri

per loro o per gli italiani espatriati?

sapori al palato inglese?

Un ristoratore che decide chi sono i suoi

No, mai. Ho sempre solo cercato di basare

clienti prima di aprire, nel 90% dei casi

quello che cucinavo sulla qualità del

dopo due mesi ha chiuso il ristorante.

prodotto che avevo e non ho mai cercato

Bisogna aprire al pubblico, per tutti.

di diluire. Però chiaramente se qualcuno

Certo, quando ho cominciato a fare

vuole la pasta un po’ più cotta gliela

cucina italiana verso la fine degli anni

dobbiamo fare.

Ottanta, con Olivo, era molto più difficile. Soprattutto era difficile reperire prodotti italiani di qualità e prodotti freschi. Piano piano poi le cose sono cambiate. Quindi c'è stata una rivoluzione da parte mia nell’offrire, ma anche da parte del cliente nel recepire. Ad oggi la maggior parte dei miei clienti è inglese, anche se dopo Masterchef vengono spesso anche molti turisti italiani.

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PERSONE | GIORGIO LOCATELLI

Qual è il piatto che funziona di più nel tuo menù? Il menù cambia in totale circa 32 volte all’anno. C'è un turn over continuo, quindi la cosa che vende di più nel totale della cassa è il tiramisù, perché c’è sempre. Per esempio, però, gli spaghetti con l’aragosta scozzese quando ci sono sono un super seller. Il 35/40% delle persone mangia quello. In generale devo dire che solitamente vende tutto. Abbiamo un sistema che controlla le vendite giorno per giorno, quindi cerchiamo anche di seguire il trend. Considera che facciamo una cucina stagionale, quindi uno dei grossi "problemi" è riuscire ad accontentare la gente: quando qualcuno arriva e dice: "Ah ma io sono venuto per mangiare il coniglio", e io rispondo che il coniglio lo usiamo solo quattro mesi all’anno.



Alcuni chef nel recente periodo hanno fatto delle affermazioni polemiche sul tema giovani e impegno nel lavoro e in cucina. Tu che cosa ne pensi? Io vorrei che parlassero quelli che ci hanno messo tanto impegno e che la gavetta l'hanno fatta davvero. Perché i giovani italiani del nostro settore si stanno distinguendo nel mondo. Ovunque tu vada trovi giovani italiani preparatissimi che stanno facendo carriere incredibili: dal food and beverage al management di hotel a 5 stelle. La realtà è che stiamo sfornando dei cuochi intelligenti. Perché quando andavo a scuola io, all’alberghiero, c’eravamo io e un altro ragazzo che facevamo quella scuola perché i nostri genitori avevano un ristorante. Mentre tutti gli altri o non avevano gli occhi dritti oppure facevano l’alberghiero come ripiego. Se eri bello venivi scelto per fare il cameriere, altrimenti ti mandavano in cucina. Così funzionava. Adesso invece abbiamo gente che sceglie di fare questo lavoro. Il nostro lavoro è diventato una professione, finalmente. È un posto dove si sta creando qualcosa che è importante per l’Italia, per il Made in Italy, e mi sembra proprio inopportuno dire che i giovani non vogliono lavorare la domenica.

A proposito di cucina e cultura gastronomica, grazie a programmi come Masterchef sembra che negli ultimi anni la cultura della cucina di livello sia diventata molto più mainstream. È così? No, non sono d’accordo con te su questo. Sicuramente la televisione ha cambiato un po’ il rapporto che la gente ha con il mangiare, ma lo ha cambiato per i giovani. La tradizione non è stata toccata, per la gente di una certa età non ha fatto alcuna differenza. La tv, poi, aiuta senza dubbio l'immagine e la conoscenza del nostro settore, perché stando seduto a casa tua puoi osservare e sperimentare cose che magari un tempo erano destinate solo a una certa categoria di persone.


PERSONE | GIORGIO LOCATELLI

A te invece, la tv ha cambiato? Non a livello di notorietà, ma in termini di esperienze e rapporti umani. Sì, sei in un tunnel. Sto riscoprendo l’Italia adesso, negli ultimi anni, perché prima il tempo che vi trascorrevo era pochissimo. Facevo qualche viaggio in alcune città, ma faticavo a sentirmi italiano. Adesso invece mi sento molto più italiano. Anzi ora, sono davvero italiano.

C'è una cosa che ruberesti a Barbieri e una che ruberesti a Cannavacciuolo? A Barbieri sicuramente la sua idea di precisione. Lui è una cosa incredibile quando lavora: prima di iniziare, la sua mise en place è sempre pronta e preparata. Io e Antonino, invece, ci dimentichiamo sempre qualcosa. Lui è davvero molto preciso, ma ha anche tanta creatività. Era già uno chef negli anni Ottanta, nel 1990 ha preso la prima stella; siamo nel 2022, sono più 30 anni e sono tanti in una carriera e lui è ancora al top facendo quello che fa. Da Antonino, invece, la sua capacità nell’impiattamento, che è incredibile. Io, te e chiunque potremmo avere gli stessi sei ingredienti da preparare e tagliare, ma sicuramente il suo piatto sarebbe più bello del mio e del tuo. Che cosa loro potrebbero prendere invece da me?! Schiaffi [ride.]

L O C H E F

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ANDREA LEHOTSKA

O R I E N TAL EXP R E S S Un viaggio da sogno tra lusso ed eleganza retrò



LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS

C

on un sospiro di sollievo e un piacevole brivido simile al “primo viaggio”, la visione della ripartenza verso mondi lontani, acquisisce di giorno in giorno forma più concreta. Se prima

della pandemia molti associavano i viaggi al lusso economico, durante lo stallo forzato hanno realizzato che sono lo spostamento e la libertà di movimento a valere più di ogni moneta. C’è chi ancora teme nell'uscire di casa, chi non ha mai smesso di farlo, chi ricomincia a muovere i primi incerti passi oltre alla propria zona di comfort, chiedendosi quale sia la destinazione più sicura, calda, affascinante, che lo faccia sentire di nuovo libero, lontano dagli ultimi due anni ma vicino al fremito di un’avventura ripresa con tanta impazienza.

Credit: Andrea Lehotska Ufficio stampa Eastern & Oriental Express

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LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS

In questa epoca di nuove misure, nuove

Accomodarsi nel proprio vagone letto

vite e nuove scelte, colgo l’occasione e

con una tazza di tè verde, scendere

decido di sperimentare un’esperienza

per le escursioni a scelta solo nei

nuova anch’io: se fino ad ora ho

luoghi più squisiti e interessanti e

vagabondato attraverso impervie e

sfruttare il sonno per avvicinarsi al

sconosciute terre poco calpestate e

traguardo successivo, ottimizzando

senza meta - il viaggio di per sé era la

il tempo prezioso; mi ha sempre

meta - ora vorrei provare l’oculatezza

affascinato, anche se ho continuato a

di un viaggio di cui conosco le tappe e

posticipare l’esperienza per camminare

lo svolgimento. Magari puntando per

e stancarmi a piedi, finché ne sono in

una volta sul comfort, senza rinunciare

grado. L’Asia, quel continente che 20

alla parte selvaggia e autentica

anni fa mi ha rovinato i piani facendomi

dell’avventura.

innamorare perdutamente di ogni suo

Già dai tempi di Il treno per il

pixel, boccata d’aria e profondità di vita,

Darjeeling, l’idea di una lunga

mi chiama di nuovo dal lontano Oriente

spedizione vissuta a bordo mi ha

e se è vero che il treno passa una volta

suscitato un tale desiderio che persino

sola, sarà meglio non perdersi questa

anni dopo, è letteralmente esploso

fermata. Letteralmente.

leggendo il diario di bordo di un passeggero della Transiberiana.

Con quell’adrenalinica gioia che

Quel viaggio fatto di osservazioni

accompagna ogni mia trasferta,

dal finestrino, delle terre circostanti

ricambio l’inchino del maggiordomo

che si alternano e cambiano colori e

thailandese, impeccabile nella sua

del mondo che scorre indisturbato

uniforme di seta davanti alla maestosa

sotto e intorno al treno, offrendo alla

e splendente carrozza verde-crema

percezione una nuova sfumatura.

dell'Eastern & Oriental Express.




LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS

Il famigerato treno, con i suoi saloni

cabina. La lussuosa doccia con prodotti

e suite confortevoli ed eleganti, le

di prima scelta offre una frizzante

finestre panoramiche e la deliziosa

rinfrescata prima del tè pomeridiano

cucina, uniti all'avventura di un viaggio

e il pianista che suona in un ambiente

nel cuore dell'Asia, sarà un modo

sontuoso evoca un mondo dimenticato.

davvero unico per lasciarsi abbagliare

Il vagone bar fa invidia all’atmosfera

da tutta la meraviglia di questa

di Le mille e una notte e offre

straordinaria regione.

un’alternativa alla carrozza

Non dover pensare a nulla è il

osservazione, colei che diventerà

motto di questo viaggio e sento

la mia postazione preferita per

che la pluriennale esperienza e

l’intera durata del viaggio: in fondo

professionalità dello staff assicura la

al treno, completamente aperta, la

riuscita del mio intento.

carrozza osservazione con morbidi

Con il piede sul primo scalino,

divani mi regalerà quell’emozione

accompagnata da danze tradizionali

chiave che aspetto e ricerco in ogni

di minute e meravigliose creature

viaggio: il turbamento dell’improvvisa

thailandesi assomiglianti a bambole

consapevolezza di esser esattamente lì

in porcellana, entro nel mondo della

dove dovrei essere.

mia casa mobile temporanea. La

L’aria umida e calda che danza tra i

soffice moquette mi accarezza i piedi

pilastri, così asiatica, è satura di odori

mentre attraverso dorati corridoi che

scaturenti sensazioni che spaziano

incorporano motivi e temi orientali,

dalla fame, euforia, serenità, fino

accompagnandomi fino alla mia

all’immortalità.

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LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS

Il sapore della lontananza viene sottolineato dal paesaggio appena attraversato che mi sto lasciando dietro come una scia: il panorama si perde a vista d’occhio nel crepuscolo dai colori caldi e soavi, perfettamente in sintonia con la parte posteriore del vagone che funge da cornice a questo quadro esotico. A mia sorpresa, scopro di non aver mai saputo che un succo di pomodoro sorseggiato su una panchina rivestita di velluto, mentre accarezzo con la pianta dei piedi l’impeccabile pavimento coloniale in legno di teak, inalo i fiori freschi e ammiro l’universo passare, potesse essere appagante quanto la ricompensa di una vista mozzafiato dopo un lungo trekking. È quasi palpabile la fitta atmosfera della giungla intorno al treno che attraversa il sud della Thailandia, così come lo sono stati i minuscoli villaggi e templi in cima a una collina in rotta verso Kanchanaburi o il leggendario ponte sul fiume Kwai. Bangkok, il mio punto di partenza, è la città degli angeli con il nome più lungo del mondo: Krung Thep Maha Nakhon Arun Rattanakosin Mahinthara Ayutthaya Mahidol Pop Noppharat Ratchathani Burirom Udomratchawiwet Makhasathan Amon Phiman Awatan Sathit Sakkathattiya Witsanukam Prasit. Con la sua vivace e vibrante atmosfera, enigmatici templi dorati e mercati debordanti di profumi e colori, è sempre stata per me un concentrato di mille sfaccettature, sorprese, partenze e culture. Raggiungo uno dei vagoni ristorante per fare godere anche l’ultimo dei miei cinque sensi, mentre la cabina viene trasformata dal mio maggiordomo in un’accogliente camera da letto pronta per cullare i miei sogni orizzontali, anche essi a bordo, che attraverso la notte e i suoi grilli correranno verso le piantagioni di palme malesi. Il ristorante, con pannelli in ciliegio e olmo fanno da sfondo a fregi decorativi che esaltano tessuti e tappeti pregiati. La cucina servita a bordo è un punto culminante e il francese Yannis Martineau, l’Executive Chef da nove anni, trae gustose ispirazioni dalla regione, prendendo ricette locali tradizionali e infondendole con tocchi moderni e tendenze europee.





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LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS

Il ricco e vario menù anticipa le

di immense foglie verdi delle palme

intolleranze, gusti e necessità di ogni

che costeggiano i nostri binari mentre

viaggiatore e anche il più esigente

percorriamo la densa foresta.

passeggero alla ricerca dei funghi bao

Si scusa imbarazzato per la sua

saltati o cremosa mousse di platano,

distrazione.

trova a bordo un ulteriore strato di

“Da quanto tempo lavora qui, signore?”,

soddisfazione.

chiedo incuriosita. “Undici anni, Ma’am.”

Garantendo un’esperienza culinaria

“E dopo migliaia di giorni e chilometri,

più unica che rara, perfettamente

centinaia di viaggi uguali a bordo e

omologata alle luci soffuse

decine di scenari spettacolari come

dell’abatjour, boiserie di palissandro

questo, cosa ne pensa?”

e alla maestosità del viaggio nel

Il viso intero gli sorride, mentre cerca le

tempo, il maître sorride delicatamente

parole da usare e son certa che invece

mentre mi regala un fiore. Noto che

di mancargli, gliene passano per la

per un attimo non può fare a meno

mente così tante che fa semplicemente

di rimanere rapito, come me, dal

fatica a sceglierne solo alcune.

tramonto che trafigge i vetri scintillanti

“Il percorso è sempre uguale, Ma’am.

del vagone ristorante, inondandoci di

Ma il viaggio mai; e io ancora non mi

colori pastello e giocando con ombre

sono abituato a tanta bellezza.”




LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS

È il mio turno di rimanere senza parole;

Opto per l’escursione “Fuori dai sentieri

leggera ma appagata avanzo verso

battuti”, una dinamica e stimolante

il bar, e perdendomi nelle sontuose

pedalata attraverso la giungla sullo

note del pianista residente, desidero

sterrato fiancheggiato da maestose

prolungare questo mio improvviso

palme di cocco e risaie cui acque

stato di felice malinconia mista alla

immobili riflettono l’ineccepibile cielo

gratitudine dell’equilibrio ripristinato

sulla loro superficie. Per chi non è mai

grazie all’esperienza che sto vivendo.

stato in contatto con la cultura asiatica

Nulla di più adatto di un doppio whiskey

e specialmente quella thailandese,

invecchiato, assaporato nella carrozza

assistere alla raccolta delle noci di

all’aperto: la notte qui fuori è il luogo

cocco è un’esperienza che lascia a bocca

perfetto per i nostalgici, irrequieti,

aperta: il signore sessantenne scalzo,

liberi, troppo single o troppo sposati,

con il machete nella cintura, sale lungo

indecisi o fumatori.

la palma con estrema facilità, sparisce

Con un altro doppio whiskey

nella verde corona con fluorescenti

elegantemente incluso nel prezzo del

foglie per poi riscendere con floride

soggiorno, raggiungo la mia cabina

noci e con due soli e precisi colpi crea

che di notte, con i suoi legni intarsiati

una perfetta apertura per godersi la

e tessuti soffici crea un perfetto

loro fresca e nutriente acqua.

santuario illuminato dalle lampade.

Qualche chilometro più in avanti,

Mi affido alle fresche lenzuola del

si può ammirare il tradizionale rito

morbido letto, lasciandomi coccolare

delle preghiere buddhiste con tutti

dal ritmo dei binari e del loro perfetto

i suoi aromatici incensi, canti e

parallelismo.

abbaglianti colori delle offerte che

La mattina ha l’oro in bocca e per

la filosofia dedica a Buddha. Questa

godere di ogni suo timido raggio di

consuetudine è molto affascinante e

sole dalla mia cabina inondata di

trasuda devozione mentre trasmette

luce, mi sveglio presto. La colazione

una serenità d’animo senza uguali.

a letto, con caldi cornetti freschi e

Dopo tanti anni in Thailandia, assisto

marmellata al cocco che si scioglie in

alla cerimonia incantata come se fosse

bocca, è irresistibile quanto l’omaggio

la prima.

sul vassoio: affiancato a un ventaglio utile per alleggerirsi dal calore delle

Con qualche pedalata in più si

prossime mete, una lettera mi invita

raggiunge il punto finale della gita in

a prepararmi per l’escursione. I

cui donne locali si esibiscono nella

più comodi o meno giovani optano

preparazione di una particolarità

solitamente per la scoperta della

alimentare del posto: finissima pasta

desolante storia del ponte della morte

di riso viene trattata sul fuoco fino a

sul fiume Kwai e il museo del Centro

diventare un croccante snack da sapore

Ferroviario Thailandia-Birmania,

singolare e delicato.

combinata al tour dei sapori locali:

La giornata con la guida privata è piena

una crociera sulla zattera con corso di

di interessanti racconti, toccante storia,

cucina galleggiante.

vivaci colori e ammaliante sole.

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LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS

Passa quasi troppo in fretta ma al

gomma liquida danno alla movimentata

pensiero di altri deliziosi capolavori

gita anche un tocco di cultura, curiosità

culinari a bordo del mio cinema all’aria

e autenticità.

aperta, è difficile esser dispiaciuti di

Il pomeriggio inoltrato fa ripartire

dover rientrare. Soprattutto sapendo

sia il treno che il pianista con la

che mentre contemplerò nuovi scenari,

sua musica dal vivo e un dissetante

campagne con le sue risaie, villaggi o

cocktail è l’apostrofo rosa tra le parole

bufali d’acqua, l’Oriental Express mi

l’avventura, prima di un’affascinante

porta dolcemente attraverso un’altra

cena finale a bordo.

notte stellata verso la prossima meta: Kuala Kangsar in Malesia.

La scintillante giacca del pianista,

La discrezione del maggiordomo è

le sue canzoni melodiche ma anche

talmente eccezionale che quando

malinconiche, combinate alla doppia

la mattina apro la porta dopo aver

vodka on the rocks e al venticello del

sentito un garbato toc-toc, trovo solo

vagone aperto che riempie le narici di

un fumante e ricco vassoio colmo di

clorofilla, ricordano con delicatezza

ogni possibile delizia, apparecchiato

l’inizio della fine di un’altra avventura.

per essere comodamente consumato

Per un’ultima volta verrò cullata dai

nel letto mentre il treno si fa strada

binari e mentre Morfeo mi accoglierà

attraverso la folta foresta pluviale

nelle sue braccia, l’infaticabile Oriental

malese. In giornata, un’altra escursione

Express avanzerà senza sosta fino alla

a scelta avrà luogo: con un van

strada rialzata sullo stretto di Johor per

privato si raggiunge Labu Kabong, un

garantirmi che appena il sole sorgente

villaggio incastonato tra le risaie e

mi solleverà le palpebre, non percepirò

sostenuto da montagne lussureggianti.

nulla di meno che l’era coloniale

Da lì, i viaggiatori poco sportivi

passata di Singapore, il nostro punto

hanno la possibilità di imbarcarsi

di arrivo, così elegante e multietnica.

in un’esperienza tradizionale del

Un’ultima colazione a letto, un’ultima

villaggio, un’occasione per immergersi

mezza giornata di questa testimonianza

nella vita rurale malese e assaggiare

attraverso la finestra, un ultimo saluto

tutti i suoi sapori. Gli escursionisti

ai quattro giorni più vissuti che mai,

esperti possono invece seguire il

che mi han fatto girovagare per tre

naturalista locale in un tonificante

paesi lasciandomi sentire immortale

trekking in collina: la ripida salita nella

ogni giorno fino all’indomani.

giungla, alleggerita dai rinfrescanti

Avanzo verso i grattacieli, moschee,

asciugamani bagnati, snack e bibite

botteghe, templi, giardini, cibo hindu

una volta raggiunta la cima, vale

e la infinity pool più alta al mondo,

tutta la fatica. Spettacolari viste

scacciando la nostalgia.

panoramiche, palme di datteri, cocchi

In fin dei conti, esiste solo un posto in

e alberi di caucciù con le loro curiose

cui interrompiamo la storia, non esiste

vaschette per raccogliere la preziosa

la fine.



RICCARDO COLOMBO

O LT R E

B OW I E

I

l 22 gennaio di 50 anni fa, la testata Melody Maker riportò una lunga intervista a David Bowie, nella quale l'artista presentava il nuovo alterego Ziggy Stardust e faceva una rivelazione scioccante per il 1972. "Sono gay e lo sono sempre stato, anche quando ero David Jones" dichiarò Bowie. L'articolo titolava "Oh you pretty thing" e presentava Bowie in termini oggi impensabili, come "una regina alla moda, un ragazzo meravigliosamente effemminato". Ma quanto è cambiata la percezione degli artisti appartenenti alla comunità LGBTQ+ oggi? Bowie era dichiaratamente bisessuale. Lui, uno degli artisti più rivoluzionari della storia della musica, ha rivelato in un'intervista a Mojo un ulteriore dettaglio sulla vicenda. "Sapevo che a un certo punto avrei dovuto dire qualcosa sulla mia vita - ha dichiarato Bowie – E, ancora una volta, Ziggy mi ha aiutato a rendere le cose più rassicuranti per me". L'aspetto più

interessante è come un alter-ego artistico di sua stessa creazione lo abbia aiutato – nella giungla di quella che sempre Bowie che ha definito "l'era dell'esplorazione" – ad essere a proprio agio con la sua natura e con l'esterno, sempre più incuriosito dalla personalità fuori dagli schemi dell’artista. Ma da allora quanto sono cambiate le cose? E soprattutto, che cosa può insegnarci l'esperienza di Bowie e l'impatto della sua persona sulla cultura pop? Senza dubbio, al cantautore britannico si deve riconoscere la grande libertà e l'accettazione di sé, sia sul piano umano sia su quello artistico. Bowie era libero dai giudizi degli altri, ma anche dalle sovrastrutture della mente: era libero di essere l'artista e l'uomo che era, anche al punto di esporsi con un coming out che nel 1972 aveva un significato sociale e culturale diverso rispetto ad oggi. Come ha detto al The Observer l'autore dell'intervista, Michael Watts, trent'anni dopo: "Lui era anche solo onesto. A volte l'onestà paga, anche nel pop”. L’onestà ha sempre ripagato anche un altro artista che negli anni Settanta ha attirato l’attenzione sulla sua identità sessuale, diventando in poco tempo uno degli artisti più iconici per la comunità gay e LGBTQI+.



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TEMI | LGBTQ+

Elton John ha rivelato la sua bisessualità a Rolling Stone nell’edizione del 7 ottobre 1976, poi continuando a definirsi gay. Durante l’intervista il cantante ha toccato il tema della sua solitudine sentimentale e del bisogno di essere amati, affrontando il tema della bisessualità con una franchezza e sincerità che non lo hanno mai lasciato. “Non ne ho mai parlato con nessuno, ma non spegnerò il registratore” disse Elton in quell’occasione. “Penso che non ci sia nulla di male nell’andare a letto con qualcuno del tuo stesso sesso” ha continuato la popstar “Penso che ognuno sia bisessuale in qualche misura, non soltanto io”. Anche allora l’intervista suscitò grande scalpore, ma il carisma e l’onestà di Elton John – che, pur essendo stato sposato con Renate Blauel fino al 1988, oggi vive con suo marito David Furnish e i due figli della coppia – hanno conquistato il pubblico anche attraverso la sua persona artistica particolarmente esplicita dal punto di vista estetico. Anche in questo caso, il palco – come il personaggio di Ziggy Stardust per Bowie – ha reso le cose più semplici, permettendo all’artista un’espressione della propria identità meno filtrata, meno timorosa e più autentica. Ma le cose oggi sono davvero cambiate? Il tema degli artisti LGBTQI+ rimane ancora discusso e delicato per quanti

ancora non riescono ad accogliere la diversità, o per quanti vedono ancora queste persone come “fenomeni da baraccone”, senza riuscire ad accettarli e rispettarli per quello che sono. A livello internazionale sono moltissimi gli artisti a riconoscersi nella comunità gay e LGBTQI+. Da Lady Gaga a Madonna, da Ricky Martin a Mika, negli ultimi decenni diverse personalità del mondo della musica hanno parlato del loro personale orientamento sessuale o hanno semplicemente espresso il loro supporto a queste minoranze troppo spesso dimenticate, o peggio discriminate. In epoca contemporanea, alcuni artisti più di altri hanno avuto il coraggio di esporsi in prima persona, a volte cambiando letteralmente le regole del gioco. È il caso dell’artista americano Frank Ocean, uno dei simboli del moderno hip-hop mescolato al pop che dall’inizio degli anni Dieci ha conquistato le classifiche di tutto il mondo. Con i suoi album Channel Orange (2012) e soprattutto Blonde (2016), Ocean ha davvero cambiato le regole dell’industria musicale, e non solo attraverso le sue canzoni. Nel luglio 2012, l’artista ha pubblicato una lettera aperta su Tumblr in cui raccontava la storia del suo primo amore: un ragazzo, che al tempo aveva come lui 19 anni, con il quale Frank Ocean ha trascorso due estati, salvo poi non essere ricambiato. Il


TEMI | LGBTQ+

fatto ha avuto grande portata, perché l’ambiente dell’hip-hop è sempre stato uno dei territori più accidentati e impervi per la comunità LGBTQI+, sia dal punto di vista lirico-musicale, sia dal punto di vista socio-culturale. A rimarcare la grandissima importanza di questo coming out è stato il fondatore della celebre etichetta discografica Def Jam, Russell Simmons, esponendosi in un articolo sul Global Grind intitolato "Il coraggio di Frank Ocean ha cambiato le regole del gioco!". “Oggi è un gran giorno per l’hip-hop – ha scritto Simmons – È il giorno che stabilirà chi siamo realmente. Quanta compassione avremo? Quanto possiamo essere amorevoli? Quanto siamo inclusivi?”. L’esporsi di una personalità così centrale nel mondo dell’hip-hop ha sottolineato la rilevanza assoluta del gesto di Frank Ocean e il suo supporto per l’artista. “Le sue azioni di questa mattina solleveranno le nostre coscienze e ci permetteranno di diventare persone migliori – ha continuato Russell Simmons - Ognuno di noi è nato con la pace e la tranquillità nel cuore. Frank ha appena trovato le sue”. Ad essere altrettanto innovativo, forte anche del successo planetario delle sue hit discografiche, è stato il giovanissimo rapper statunitense Lil Nas X. La rivelazione del suo orientamento sessuale è stata una rottura ancor più evidente, perché l’artista ha mescolato la sua

identità rap al mondo del country sin dall’iconico singolo Old Town Road. Lil Nas X si è configurato così come un personaggio doppiamente controverso e fuori dagli schemi, nel tentativo di invertire la tendenza, presente nelle culture di entrambi gli ambienti musicali, di omofobia e mascolinità tossica. L’ultimo giorno del “Pride Month” del 2019, l’artista ha twittato portando l’attenzione sul testo del suo brano c7osure, contenuto in 7 EP. “Qualcuno di voi già lo sa, a qualcun altro non interessa, altri non vorranno più avere a che fare con me. Ma prima che questo mese finisca, voglio che ascoltiate con attenzione c7osure” ha twittato il rapper. Da sempre anche Lil Nas X è portatore di un’estetica mascolina alternativa, una sorta di glam cowboy, che ha conquistato i fan ben al di là dei confini dell’hiphop e del country. Ancora una volta, un giovanissimo artista riesce ad abbattere barriere prima intoccabili: la sua personalità artistica e la sua vicenda umana hanno dato coraggio ad altri e mostrato una via alternativa, inclusiva e rispettosa spesso rara nell’ambiente della musica. Un ultimo caso è quello di una giovanissima artista gay che ha conquistato i fan di tutto il mondo con la sua musica, diventando anche un’icona per la comunità LGBTQI+ per la schietta onestà con cui ha sempre parlato della sua

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TEMI | LGBTQ+

sessualità. Si tratta di Girl in red, la cantautrice norvegese Marie Ulven Ringheim (classe ’99), che ha usato le sue canzoni bedroom pop per veicolare messaggi sulla salute mentale e sull’accettazione di sé. Lo stesso nome d’arte nasce da un episodio legato al suo primo amore, provato per la sua migliore amica e alla fine non ricambiato. In un’intervista al Paper, Marie Ulven Ringheim ha parlato del suo coming out e di quanto la sua musica e la sua persona siano diventate un punto di riferimento per la comunità queer. L’aspetto più significativo è l’onestà con cui la cantautrice parla della normalità dei suoi racconti, comunicando un messaggio importante a chi ancora ha paura di esporre la propria natura. “Alla fine, per me è si tratta solo di una normale canzone d’amore e così dovrebbe essere per tutti, secondo me – ha dichiarato Girl in red – […] questa è la mia percezione della vita, il modo in cui vedo le cose e come mi sento, quindi scrivo di questo”. Marie ha parlato anche della calorosa risposta della comunità queer alla sua musica e di quanto questo sia importante, soprattutto per loro. “La reazione è stata davvero grande da parte delle persone della comunità queer – ha detto la cantautrice – dicevano di aver fatto coming out usando le mie canzoni, o che le fanno sentire al sicuro e non da sole, perché ci sono posti che non accettano le persone per quello che sono”. Diventata ormai una icona queer, l’artista norvegese ha parlato dell’importanza di figure come la sua nell’industria musicale. “Sono davvero felice che le persone abbiano qualcuno proprio come loro

e che possano dire ‘Questa ragazza è a posto. È gay. È aperta a riguardo e vive la sua vita'" – ha continuato girl in red – "L’ho giù detto in passato, ma mi sarebbe davvero piaciuto avere qualcuno come me quando ero più giovane, per sentirmi più al sicuro”. Non è mai semplice fornire un quadro completo sulla questione: la realtà è in continua evoluzione, soprattutto su un tema che sta attraversando un momento delicato della sua storia, tra vittorie e conquiste legittime e finalmente riconosciute. Quello che è certo è che la percezione degli artisti LGBTQ+ è cambiata nel tempo: non più lo scandalo di Bowie nel 1972 ma purtroppo, in molti casi, nemmeno una piena accettazione incondizionata. C'è ancora molta strada da fare affinché questi artisti non vengano più visti sotto una luce diversa, che i più bigotti vedono ancora come quella di un circo. Facendo tesoro degli esempi internazionali più in luce, ma anche più rappresentativi per le nuove generazioni, alcuni segnali importanti provengono proprio dall’Italia, che in molti ancora guardano come un paese retrogrado e tradizionalista. Dall’esibizione di una sana mascolinità alternativa da parte delle superstar Måneskin, fino alla introduzione al grande pubblico del termine “queer” del duo La rappresentante di lista, sembra che lo status quo stia lentamente mutando, anche grazie alla presenza di questi artisti sul palcoscenico nazionale più importante: il Festival di Sanremo. Questi sono i primi, incoraggianti indici dell'inizio di una realtà diversa, più inclusiva, meno condizionata da sovrastrutture ormai desuete.



BEATRICE ANFOSSI

ENRICO R FOTO: ANGELO TRANI


PERSONE | ENRICO RUGGERI

D

opo due anni difficili per tutti, ma in modo particolare per il mondo della musica e dello spettacolo, Enrico Ruggeri è tornato a teatro con un

tour dedicato al suo nuovo album “La rivoluzione”. Lo abbiamo intervistato e ci ha raccontato il viaggio – a tratti inconscio – che ha portato alla nascita di questo progetto. Ci ha parlato del suo punto di vista sull’idea di rivoluzione, sui giovani di oggi e di ieri. Infine ci ha svelato qual è il complimento che più ama ricevere, e che cosa ne pensa del fenomeno Maneskin.

RUGGERI

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Iniziamo parlando del tuo ritorno al live nei teatri, in compagnia di grandi musicisti. Cosa significa per te tornare sul palco dopo questi due anni? È davvero liberatorio, un punto d’arrivo. Sono stato due anni in studio e non è mai passato un giorno nel quale, mentre lavoravamo a un pezzo, non pensassimo a quando sarebbe stato suonato dal vivo. È un bel momento per

E qual è in particolare, secondo te, una canzone che non può mancare? Eh, ce n’è un bel gruppetto. C’è Contessa, Mare d’Inverno, Polvere, Mistero, Ti avrò, Peter Pan, Quello che le donne non dicono. Poi anche qualcuna più recente come Primo amore, Primavera a Sarajevo. Ce ne sono una decina che sono quasi obbligatorie.

noi e anche per la gente. Nei miei concerti c’è un clima particolare, emozionante: ho conosciuto un sacco di persone che non hanno mai visto un mio concerto, ma non ho mai conosciuto una persona che avesse visto un solo mio concerto. Quindi quelli che sono venuti sono diventati degli habitué.

Parliamo invece del nuovo album “La rivoluzione”. Che cosa ci puoi raccontare del percorso di scrittura che ha generato questo progetto? I percorsi di scrittura in realtà non vengono programmati prima. A suo modo la canzone

Immagino si crei un bel mix tra il nuovo e il vecchio, inteso come qualcosa a cui le persone sono affezionate. Alcune canzoni diventano parte della vita delle persone, quindi è sempre bello poterle riascoltare. Sì, esatto. È un po’ complicato perché gli album sono tanti, e quindi ci sarà sempre qualcuno che poi dice “però quella non l’hai fatta”. E io dico: “Sì lo so, 37 album… si presuppone che un concerto sia di una venticinquina di canzoni, quindi non riesci a fare neanche il singolo di ogni album”. Però naturalmente ci sono delle canzoni chiave che vanno fatte.

è un po’ un viaggio nell’inconscio: tu usi un aggettivo invece che un altro perché ti sembra che stia meglio, ma in realtà probabilmente è il tuo inconscio a spingerti da una parte o dall’altra. E poi abbiamo attraversato un periodo nel quale era abbastanza fisiologico guardarsi dentro ed inevitabile riflettere un po’ più del solito. C’era meno tempo da dedicare alla corsa della vita e più tempo all’introspezione. Credo che questo abbia giovato alle canzoni.


Nel brano “La rivoluzione”, in particolare, ripeti più volte “Siamo quello che siamo”. Stai parlando solo di te o di tutta la tua generazione? No, sto parlando di tutti. Spesso io parlo di me, ma per raccontare le storie di tanti. Il più bel complimento che mi hanno fatto è quando mi hanno detto: “Tu hai raccontato la mia vita senza conoscerla”. In realtà accade perché ci sono punti in comune nelle vite delle

E la rivoluzione che cos’è per te in particolare? È un atteggiamento mentale. Per me la rivoluzione è prendere delle posizioni senza aver paura delle conseguenze. Su questo cito i grandi padri del cantautorato italiano, che sono Pier Paolo Pasolini, Fabrizio De André, Leonardo Sciascia. Loro dicevano cose antipatiche anche ai danni di quelli che avevano più vicino e non avevano paura di farlo.

persone.

È evidente che parli di un’intera generazione anche a partire dalla copertina dell’album, che è uno spaccato della tua adolescenza, perché ritrae la tua classe del liceo. Che ricordi hai di quegli anni? Cosa è rimasto nell’Enrico che è oggi di quel periodo? Un certo spirito ribelle. Provo un po’ di disagio quando mi capita di essere all’interno di una maggioranza. Poi sicuramente quell’adolescente, come tutti i ragazzi di quella foto e come tutti i ragazzi di tutte le foto che sono state scattate, stava pensando al suo futuro. Il quale naturalmente è stato diverso rispetto a come se lo immagina, nel bene e nel male.


E invece traslando il discorso sulle nuove generazioni, a cui è passato il testimone di compiere questa rivoluzione, credi che effettivamente oggi si possa ancora fare la differenza nelle aule, nelle scuole, nelle piazze?

Però hai detto di aver apprezzato la vittoria dei Maneskin al Festival di Sanremo, insieme a te sono gli unici che sono riusciti a far trionfare il rock. Beh quello è un dato oggettivo, gli unici

Forse nelle aule e nelle piazze no, perché

pezzi rock a vincere Sanremo sono stati

ormai anche le piazze sono un flash-mob da

Mistero nel 1993 e quello dei Maneskin

Instagram più che un momento di coesione.

nel 2021. Loro hanno successo globale,

Oggi si ha una selezione naturale terribile

mica devono piacere a me. La cosa molto

sui giovanissimi, perché forse il 5% dei

positiva è che sono dei ragazzi che hanno

giovanissimi legge libri – dico una cifra a caso

iniziato esattamente come me, andando a

ma non credo di sbagliare di molto – e perché

suonare assieme in una cantina o chissà

c’è una bassa percentuale di giovanissimi che

dove. E siccome oggi mi sembra che molti

ha una vita interiore. Quelli che ce l’hanno

siano più propensi a fare un po’ di musica

hanno una marcia in più, e sono quelli che

sul tablet e più bravi a fare le storie su

vinceranno nella vita.

Instagram che a lanciare dei pezzi, vedo con piacere che i Maneskin sono una band, e questo già mi conforta. Poi francamente

E del panorama musicale attuale dei più giovani cosa pensi?

se quando sono all’estero, in quanto italiano, mi associano a loro la cosa non mi dispiace: mi sembra un bel passo avanti rispetto al passato.

Francamente non lo conosco molto, perché ho vissuto da adolescente una musica talmente intensa e bella, che qualsiasi genere ti piacesse c’era il meglio che potessi trovare, dal rock alla canzone politica. Per cui se sono a casa e ho voglia di ascoltare musica difficilmente vado a cercare le cose nuove. Sono disinformato.

Tornando invece all’album, c’è una canzone in particolare a cui sei affezionato? È un po’ troppo presto per dirlo, perché è troppo fresco. Come sempre però ci saranno canzoni che non verranno trasmesse in radio, ma che saranno probabilmente le più intense. Credo che La mia libertà, quella che chiude l’album, appartenga a questa categoria.



ALTR I M


LUCA LEMMA E SARA RADEGONDA

D

egustare con consapevolezza cocktail che esaltino al meglio

la qualità dei singoli ingredienti, scelti e misurati accuratamente. La mixology art è l’incontro perfetto tra una scienza esatta – come la chimica – e una scienza del cuore come l’arte. Uno studio approfondito di ogni singola componente che contente ai bartender/artisti la creazione di un'opera d'arte tutta da sorseggiare. E come ogni opera d’arte che si rispetti c’è chi con l’esperienza e la ricerca si è aggiudicato il titolo di maestro. Come nel caso di Altrimenti Mixology Art, un cocktail Lounge nel cuore di Brera, uno dei quartieri più esclusivi della movida milanese. Una caratteristica atmosfera da salotto incontra la raffinatezza di un club, riproducendo quello che sarebbe “un gentlemen club all’inglese, ma senza il vincolo limitante dell’associazione” come spiega Edoardo Casarotto, business owner di Altrimenti Mixology Art.

ENTI





TEMI | MIXOLOGY

Una figura professionale che si affianca

L’idea della proposta food vuole essere

a quella di Paolo Urso, co-proprietario

da accompagnamento alla componente

insieme a Edoardo del locale. I due

drink, senza metterla in secondo piano,

manager hanno alle spalle importanti

ma procedendo verso la ricerca di

esperienze internazionali – tra Londra

un equilibrio tra le parti. “Vogliamo

e Dubai - nel campo dell’apertura e

puntare su una clientela più adulta.

gestione di members club, tanto che,

Europea con palati più consapevoli

alla fine, hanno voluto coronare il loro

e raffinati. In Italia ci sono posti di

sogno imprenditoriale aprendo un

qualità, ma sono pochi. L'italiano non è

locale anche nel capoluogo lombardo.

abituato a bere bene, ma è sulla strada

Un luogo che riproduce esattamente

giusta. L'idea del barman con cucina a

il mood e lo stile British inspired

vista. Era proprio la nostra idea, averli

donando alla clientela un’offerta di

vicini” hanno confessato Edoardo

cocktail all’avanguardia che si affianca

e Paolo. Si potrà, quindi, abbinare

anche ad una proposta gastronomica

dell'ottimo sushi rivisitato e sashimi

caratterizzata da influenze italo-

[connubio tanto di moda in questo

orientali. Per chi decide di immergersi

periodo ndr.] a un Old Fashioned

in questa affascinante atmosfera,

o un The Japanese Punch (uno dei

troverà un listino di cocktail che

cocktail più richiesti dalla clientela). Da

prevede otto grandi classici rivisitati

Altrimenti Mixology Art tutto è creato

in chiave inedita. Oltre al tasting,

su misura per fornire un’esperienza

una particolare attenzione è rivolta

unica nel suo genere con quel tocco

alla presentazione dei cocktail:

british che mancava.

composizioni essential ma con alcuni

E il sogno di questi due giovani è

dettagli ricercati che si addicono

proprio quello di "allenare" il palato

perfettamente allo spirito della scelta,

della propria clientela a qualcosa di

perché anche l’occhio vuole la sua

superiore, un members club a tutti gli

parte.

effetti nel cuore di Milano.

103


L A S E NAT R I C E

CRISTIANA MAPELLI

E M M A PA


TEMI | GREEN FASHION

L

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a moda del fast fashion: economica per tutti, ma non per l'ambiente. La proliferazione di catene di abbigliamento che producono capi “usa e getta”, composti cioè

da materiali di scarsa qualità la cui produzione non rispetta i termini di sostenibilità né ambientale né sociale, il tema è sempre più affrontato. «Tuttavia i problemi che ne conseguono non sono ancora stati compresi nella loro complessità. Ma è arrivato il momento di aprire gli occhi». Parole di Emma Pavanelli, senatrice umbra del Movimento 5 Stelle, membro della commissione Ambiente e di quella contro l’hate speech istituita da Liliana Segre, è da tempo impegnata nella lotta per sensibilizzare e promuovere una moda più sostenibile.

AVA N E L L I


Senatrice, qual è il costo ambientale del fast fashion?

Il concetto di sostenibilità ha molte sfaccettature.

I giovani come si approcciano a questa problematica?

L’industria della moda è

Non parliamo di moda, ma

I millennial e la Generazione Z

responsabile del 10% delle

di tutte le sue sfaccettature:

sono più attenti di quello che

emissioni globali, colpevole

persone, ambiente, giustizia e

crediamo. Secondo molti studi,

dell'accumulo negli oceani

inclusività sociale, diritti dei

il principal driver d’acquisto

di oltre un terzo delle

lavoratori. C’è molto interesse

per queste due generazioni è

microplastiche e contribuisce

riguardo a tutte queste

la qualità che si traduce con

per il 20% alla contaminazione

tematiche. Basti pensare che

acquisti di prodotti made in

industriale dell'acqua in tutto

la fashion industry non sarà

Italy, indice di maggior pregio.

il mondo, oltre a produrre più

esonerata dagli obiettivi della

Quindi più qualità e più durata

di 92.000 tonnellate annue di

Cop 26, la Conferenza delle

del capo. C’è poi la tendenza a

rifiuti tessili, ovvero capi non

Nazioni Unite sui cambiamenti

vestirsi vintage e ad avere una

venduti e quelli “usa e getta”.

climatici a Glasgow, a cui ho

propria identità, non andare

Numeri che fanno venire i

partecipato. Bisogna prendere

in giro tutti con gli stessi

brividi. E poi c’è anche l’aspetto

provvedimenti e bisogna farlo

capi. Tutto questo è molto

etico.

ora.

incoraggiante.

Può spiegarci? La pressione dovuta agli alti consumi la manodopera, per la maggior parte donne, vede lesi anche i più basilari diritti. Per non parlare dello sfruttamento di popolazioni appartenenti a paesi del terzo mondo. Non demonizziamo la moda, gli esempi virtuosi sono tanti. Ecco perché parliamo di impatto globale della moda, non solo di impatto ecologico.

Acquistare etico è un privilegio o si può estendere anche a chi ha minori possibilità? Questo non è sempre vero, negli ultimi anni si sono create moltissime esperienze rivolte a tutte le tasche. La moda etica e sostenibile quindi non è troppo costosa e non è un mercato di nicchia.


Qual è il futuro?

Cosa potrebbe rendere la moda più sostenibile?

Il futuro del fashion è la

Il primo passo è un consumatore

diffondere questa nuova

moda circolare, ovvero

attento verso, ad esempio,

tendenza più sostenibile e

abiti e accessori progettati,

la maggiore trasparenza e

acquistati, prodotti e forniti con

tracciabilità della filiera del

Palazzo Madama, in un incontro

l’intenzione di essere utilizzati e

capo di abbigliamento. Ma anche

dedicato alla promozione

circolare in modo responsabile

l’internalizzazione di tutte le fasi

ed efficace il più a lungo

della supply chain che permette

ecosostenibile, a cui sono

possibile e in seguito torneranno

di controllare e certificare

intervenuti nomi importanti del

a far parte della biosfera senza

il reale impegno verso la

settore per raccontare la loro

apportarvi impatti negativi.

sostenibilità. Bisogna cambiare

L’idea alla base è che sia poco

le menti e iniziare la rivoluzione

impattante sull’ambiente e

green.

In che modo? Iniziando a parlarne e a

consapevole. Come ho fatto a

della filiera italiana del tessile

visione e le loro esperienze. Le parole chiave sono “riciclare” e “rigenerare”.

quindi gli indumenti circolari devono essere biodegradabili o riciclabili e a fine vita possono essere rigenerati.

Prossimi step? La rigenerazione del tessile apre un nuovo mercato? Assolutamente sì. Si sta diffondendo la consapevolezza ecologica: innovazione e ricerca hanno permesso di sviluppare e introdurre sul mercato tessuti green: nuovi filati provenienti anche da scarti alimentari. È una grande opportunità per giovani imprenditori.

Il vero futuro sarà un “su misura” online con degli avatar personalizzati con delle misure precise. Si tornerà ad una moda lenta e sostenibile grazie alle nuove tecnologie che si stanno sviluppando. Infine, una vera novità sarà l’introduzione di una etichettatura che utilizza il QR code dove trovare molte informazioni utili per fare scelte ecosostenibili, proprio come sta accadendo nel settore food e della cosmetica.



Alle pendici dell'Etna

S I C I L IA

FRANCA D. SCOTTI


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LUOGHI | SICILIA

S

e c’è una regione italiana inesauribile per definizioni, varietà, eccellenze di ogni genere è la Sicilia. Merito o colpa dei mille popoli che l’hanno conquistata, occupata,

governata? O merito della meravigliosa posizione geografica al centro del Mediterraneo, che le ha regalato sole, mare, vegetazione rigogliosa, agrumi dorati, e quindi una enogastronomia ricchissima? Su tutto questo si innestano un incredibile patrimonio culturale, testimonianze archeologiche, capolavori d’arte. E dunque davvero indovinata la definizione di Sicilia come isola degli dei. Dei o eroi, sembrerebbero questi gli antichi abitanti della Sicilia. E dunque andiamo alla scoperta di una terra mitica, avvolta nelle leggende.




LUOGHI | SICILIA

Prima fra tutte quella dell’enorme Ciclope con un occhio solo che distruggeva navi e marinai. Alla fantasia degli antichi noi sostituiamo conoscenze moderne. Al Ciclope sostituiamo l’Etna, vulcano potente che domina tutto il panorama della Sicilia Orientale. L’Etna con i suoi crateri spesso innevati è il “signore” con cui bisogna convivere. Di grande effetto lo sfondo del vulcano nella via Etnea, la via più importante di Catania, una splendida città che alterna lo stile barocco delle sue chiese, prima fra tutte la cattedrale dedicata alla protettrice Sant’Agata, allo stile elegante di palazzi primi ‘900, abitati da una ricca borghesia. E davvero sorprendente è la salita lungo le pendici dell’Etna, man mano che ci si avvicina ai crateri. La terra è ricca e fertile, coltivata da sempre con sapienza, perché l’Etna, “madre e femmina”, protegge e distrugge, prende e dà anche ricchi doni. Salendo colpisce la distesa di vegetazione folta e brillante, palme, castagneti, fichi d’India, uliveti alle falde della montagna.

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LUOGHI | SICILIA

Oggi la novità più recente sono i

pendici del vulcano, nelle campagne

vini nell’Etna, un vero fenomeno di

tra Misterbianco, Catania, Ragalna,

tendenza che valorizza la mineralità del

Adrano, Maletto, Sant’Alfio, Riposto e

terroir, il lungo irraggiamento, la forte

Santa Maria di Licodia. E l’eccellenza

escursione termica notte/giorno che

dei migliori frutti etnei è anche

consente minore acidità. Ottimi vini

protagonista di un divertente progetto

dunque nascono da vitigni tipici come

editoriale a fumetti, le avventure

il Carricante, il Catarratto. Il Nerello

degli Etnauti, sensali, contadini e

Mascalese, coltivati a 600 metri di

commercianti coraggiosi che hanno

altezza sulle pendici del vulcano.

dato vita alla grande tradizione agricola

Molte le aziende, anche della Sicilia

etnea.

occidentale, che hanno voluto

Un’altra interessante produzione locale

appezzamenti in questa zona per

è quella della pietra lavica, un prodotto

produzioni di nicchia di vini etnei.

assolutamente ecologico, che, una

Ad esempio la famosa Firriato, che,

volta smaltato, è anti-macchia, anti-

oltre ai possedimenti nell’Agro

corrosione e resistentissimo.

trapanese e a Favignana, ne ha anche

A Giarre, Artesole, che fa parte del

sull’Etna nella Tenuta di Cavanera,

Distretto della Pietra Lavica dell’Etna,

tra gli storici comuni di Castiglione di

da oltre 30 anni si occupa di realizzare

Sicilia e di Randazzo.

su progettazione, arredamenti

Proprio qui pare che l’ultima

personalizzati sia per interni che per

vendemmia sia stata la migliore

esterni in pietra lavica decorata.

degli ultimi cinque anni, con rossi

Con la materia che il vulcano Etna

di altissima qualità e bianchi

offre, materia che a tanti appare grigia,

dall’eccezionale profondità.

informe e senza anima, Artesole crea

Dunque una grande promessa da

opere d’arte.

questa terra così particolare, dai forti

E, sulla solidità della pietra lavica

affascinanti contrasti.

ceramizzata, brillano decorazioni

E a Cavanera si può anche soggiornare

fantastiche dai mille colori, ispirate alle

in un wine resort, che all’ombra del

mille leggende siciliane.

vulcano, coniuga modernità di stile

A Giarre un altro luogo da non

e il fascino tipico di un tradizionale

perdere, affascinante di giorno e

paradiso siciliano. Senza dimenticare

di notte, è Radicepura, un parco

che in questa, come in altre tenute

botanico nato dalla lunga esperienza

della zona, si può partecipare a una

nel florovivaismo internazionale

passeggiata tra i profumi e i colori

di Venerando Faro: 5 ettari di

dei vigneti, ascoltando la storia

terreno, 3000 specie di piante, una

dell’azienda, con visita in cantina,

Banca dei Semi e strutture dedicate

degustazione dei vini, accompagnati da

all’accoglienza più tipicamente

un assaggio di prodotti locali.

siciliana.

E prendono nome dal gigante siciliano

In questo spazio suggestivo incastonato

anche i Liquori dell’Etna, dieci

tra l’Etna e il Mar Jonio, è possibile

profumatissimi liquori agricoli infusi

rivivere le tradizioni più autentiche

con sola frutta fresca di stagione.

della Sicilia, stando immersi nella

Fragola di Maletto, Ciliegia

ricchezza e nella varietà della

Mastrantonio e Gelso Nero, Tarocco

natura. E qui, si svolge il Radicepura

Gallo, Limone Primofiore, Mandarino

Garden Festival, un evento biennale

Marzola, Mela Delizia, Pesca

internazionale dedicato al garden

Tabacchiera, Pera Coscia, Fico d’India

design e all’architettura del paesaggio

sono i frutti intriganti prodotti alle

del Mediterraneo.






LUOGHI | SICILIA

L’Etna domina anche il panorama di

Scene memorabili nell’immaginario

Taormina, una delle tappe imperdibili

collettivo dei cinefili, che hanno fatto la

dei viaggiatori del Grand Tour. Dalla via

fortuna di Savoca.

principale, che unisce le due storiche

L’itinerario nella Sicilia Orientale

porte di accesso, Porta Catania e Porta

prosegue a nord verso la costa del

Messina, si arriva al famoso Teatro

messinese affacciata sulle isole Eolie.

Greco, luogo iconico della città. Dalle

Qui può essere interessante visitare,

gradinate vista sulle colonne, sull’Etna

anche per sperimentare quel turismo

in fondo, sul mare, sul golfo, su

nautico che è una delle nicchie di

immense distese di verde. E Taormina

turismo in grande crescita, Marina

è anche sede di eventi prestigiosi come

di capo d’Orlando, una bella porta di

Taormina Gourmet e Sud Top Wine, due

accesso al territorio dei Nebrodi e delle

iniziative firmate Cronache di Gusto e

Madonie.

Associazione Bica, tra i più importanti

La grande struttura, che è anche

eventi del Sud Italia dedicati al meglio

una eccellente sede fieristica dove

del food & beverage. Anche in questo

si è tenuta l’anno scorso la BTE,

caso gli eventi coniugano promozione

Borsa del Turismo Extralberghiero,

dei prodotti e promozione del territorio

organizzata da Confesercenti Sicilia, è

per un turismo lusso. Poco lontano,

fondamentale per la nautica da diporto

nell’interno della costa siciliana, si

italiana. Ha un imponente bacino

sale a Savoca, uno dei Borghi più

completo di tutti i servizi, dotato di un

belli d’Italia, che si è conquistato una

fondale profondo fino a 4 metri, capace

recente notorietà.

di ospitare più di 500 posti barca per imbarcazioni fino a 40 metri di

Nella scenografica Chiesa Madre e nel

lunghezza. La sua posizione strategica a

bar Vitelli, cinquant’anni fa Coppola

sole 14 miglia nautiche dalle isole Eolie,

ha girato le famose scene de Il Padrino

rende agevole il raggiungimento delle

in cui Michael Corleone incontra la

località turistiche costiere più attraenti

famiglia di Apollonia e poi la sposa.

di tutto il Mediterraneo.

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F O T O G R A F I

D A M AR I D E AR Z À

Mi chiamo Damaride. Ligure. Amante della natura e dell'arte in generale. La passione per la fotografia è nata dalla tenera età, per poi trasformarla nella mia professione nel 2016. Nei miei scatti racchiudo tutta la mia esperienza, la musica che ascolto, i viaggi che ho fatto e le persone che ho incontrato. Mi occupo di fotografia di matrimonio, ritratti, branding e naturalistica. Durante il primo lockdown, nel 2020, ho scoperto il mondo degli autoscatti; questo mi aiuta a conoscere lati di me nascosti e ad accettarmi. Cerco di aiutare, attraverso i miei scatti, altre persone che provano i miei stessi sentimenti, a vedersi con occhi diversi e imparare ad avere maggiore consapevolezza di se stessi.

Proponi i tuoi scatti a luxury@rumors.it









NUMERO SEI. FINE.



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