M A R C O G L AV I A N O G I O R G I O LO CAT E L L I ENRICO RUGGERI
PERSONE
N E PAL O R I E N TA L EXP R E S S S I C I L IA
LU O G H I
G R E E N FA S H I O N M IXO LO GY LG BT Q +
TEMI
SEI
FOTO: MARCO GLAVIANO
Euro 10 | A.2022 | ISSN 2704-7695
Editoriale A Natale del 2019 nasceva l'edizione cartacea di Luxury Prêt à Porter Magazine; grandi pagine e una copertina piacevole al tatto erano i suoi elementi estetici più rappresentativi. L'obiettivo del progetto era quello di avere un “luogo fisico” che uscisse dalle dinamiche convulse e sbrigative del mondo digitale e che ci permettesse di raccogliere articoli, storie, spunti, testimonianze che meritassero una narrazione lenta e meditata. Per fare questo la carta, a nostro parere, continua ad essere il contesto più adeguato, perché permette di incrociare lo slow journalism con una vera e propria fabbricazione fisica del prodotto: l'impaginato, la scelta della carta, persino del suo profumo, la stampa, la rilegatura, le rifiniture, la meticolosa selezione dei luoghi dove distribuire il magazine. Tutto con un approccio sartoriale, quasi artigianale, come nelle migliori tradizioni del made in Italy. In fin dei conti Luxury Prêt à Porter, anche nella sua versione digitale quotidiana, è nato per raccontare il lusso accessibile, certi piccoli e grandi piaceri che rendono la vita più colorata, creativa, emozionante. Il fascino del design, le proposte più iconiche del fashion, viaggi che cambiano la vita, oggetti che in una casa non passano inosservati, cibi da provare e persone che con il loro impegno professionale e personale vale davvero la pena conoscere e ascoltare in un racconto senza filtri. Già, i filtri. Luxury Prêt à Porter Magazine è quello che può essere definito un vivido esempio di editoria indipendente pura, nessun gruppo industriale o imprenditoriale lo detiene, ma vive semplicemente grazie all'apprezzamento, anche economico, che pubblico e aziende riservano alle professionalità del nostro team e della nostra redazione e alla forte passione e dedizione di chi lo scrive e lo impagina. Abbiamo affrontato l'epoca del Covid, non certo il momento giusto per una rivista cartacea distribuita in resort, showroom, eventi e contesti di qualità. La rivista si è fatta “pocket” per poter essere spedita e veicolata anche in un momento così difficile come la pandemia ed è riuscita ad arrivare fino a qui. Siamo al sesto numero e ora ci vogliamo regalare un necessario e meritato ritorno alle origini, recuperando il formato che avevamo pensato per Luxury Prêt à Porter Magazine. Lo facciamo, però, con una maturità diversa che ci ha portato a ridisegnare la grafica delle pagine e a dedicare molto più spazio alla narrazione visiva, con fotografie che ci fanno sognare e che ci aiutano sempre di più a immergerci nei racconti, tutti personali ed esperienziali, dei nostri redattori e collaboratori. La carta, a nostro parere, rimane “il vinile” del racconto editoriale di qualità, come è accaduto con i dischi in un mondo dominato dalle piattaforme di streaming musicale. E se camminando per le strade di Soho a Londra o di Chelsea a New York ci si può imbattere anche oggi in librerie ed edicole che propongono primi numeri di nuove riviste sperimentali e concettuali, a volte molto ambiziose a livello narrativo e provocatorie per lo stile grafico, possiamo dire che non tutto è perduto. C'è ancora spazio per fermarsi qualche minuto e tenere in mano un giornale di carta, assaporarlo, conservarlo e, chissà, aprirlo di nuovo tra qualche anno e ricordarsi ciò che eravamo. Filippo Piervittori
Contenuti Sette
Marco Glaviano Trenta
Nepal Cinquantotto
Giorgio Locatelli Sessantasette
Oriental Express Ottantasei
Oltre Bowie Novantadue
Enrico Ruggeri Novantotto
Altrimenti Centoquattro
Emma Pavanelli Centonove
Sicilia Centoventi
Damaride Arzà
Masthead Publisher & Editor-in-chief
Printed by
Filippo Piervittori
Press Up S.r.l. Roma (RM)
Design & Art Direction
Registration
Luca Lemma
N.1/2008 R.P. Trib.PG 12/01/2008
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BEATRICE ANFOSSI E LUCA LEMMA
PERSONE | MARCO GLAVIANO
MAR C O G L AV IAN O Uno sguardo disincantato sul mondo, attraverso l'obiettivo
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Credit: ©Marco Glaviano www.deodato.com
PERSONE | MARCO GLAVIANO
C
he cos'è il bello? È un parametro oggettivo o soggettivo? Marco
Glaviano non ha dubbi, proprio lui che con la sua estrema sensibilità artistica ha immortalato alcune tra le più importanti supermodelle del XX secolo, per oltre 40 anni. Esteta della prima specie, "addestrato" fin dalla giovane età a riconoscere l'armonia, è stato capace di coniugare la perfezione dei canoni di bellezza classici all'innovazione della macchina fotografica digitale; un amante del bello in tutte le sue forme. Cindy Crawford, Paulina Porizkova, Anneliese Seubert sono solo alcune della lunghissima lista di bellezze che hanno posato davanti al suo l'obiettivo e che hanno gravitato intorno al suo mondo. Un mondo, quello della moda, che lui stesso ha aiutato a costruire negli anni della sperimentazione e del fervore creativo di una Milano sempre più centrale nel panorama internazionale.
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La sua passione per la fotografia, ha raccontato, è nata quando era molto piccolo, a 6-7 anni. Quando ha capito che sarebbe diventato il suo lavoro? Mi piaceva la macchina fotografica perché era un oggetto bellissimo, avevo una Leica tutta luccicante e mi affascinava che riuscisse a produrre immagini. Ho iniziato a ricevere complimenti dalla gente per le foto che scattavo, così ho continuato. In seguito, il mio sogno di diventare architetto mi ha portato a trascurare un po’ la fotografia in favore degli studi di architettura. In realtà, anche allora quella passione mi ha seguito, perché una delle mie tesi intermedie l’ho dedicata al rilievo fotografico della città siciliana di Cefalù, che è stato apprezzato e mi ha dato fiducia. Poi, fotografavo i miei amici musicisti: loro volevano le foto per metterle sulle copertine dei dischi e si offrivano di pagarmi per i miei scatti. Dopo quelle prime esperienze ho capito che la fotografia era la mia strada, con grande dispiacere del mio maestro di architettura. Lui mi disse: “Le foto sono effimere, i palazzi restano”, io gli risposi a tono, col mio solito carattere: “Purtroppo sì, come quello orrendo delle Poste a Roma che hai fatto tu”.
Quanto ha influito l’esser cresciuto in una famiglia come la sua nello sviluppo della sua sensibilità artistica e nella voglia di innovazione? Moltissimo. Provengo da una famiglia della borghesia palermitana molto libera, aperta all’arte e al progresso. A casa mia entravano e uscivano artisti come Gino Severini, Leonardo Sciascia e Guttuso, avevo i muri di casa pieni di sue opere. I suoi nudi hanno fatto parte della mia vita fin da bambino, tant’è che quando qualcuno mi ha detto di non poter comprare una mia fotografia perché aveva dei bambini piccoli, ho risposto: “Devi comprarla proprio perché hai dei bambini in casa!”.
Credit: ©Marco Glaviano www.deodato.com
PERSONE | MARCO GLAVIANO
“La modella fa la metà del lavoro del fotografo”, ha detto: che cosa ha significato per lei lavorare con alcune Secondo lei, esiste ancora il concetto di
delle più grandi top model di tutti i tempi?
supermodella, considerando i tempi in
E se scegliere una modella è impossibile,
cui viviamo (social, piattaforme etc.)? E la
c’è uno scatto – o i suoi retroscena – che
figura del talent scout ha ancora spazio?
ricorda con particolare affetto?
No, quell’era è finita. Non è finita per la
Dipende dal fotografo ovviamente. C’è
fotografia, ma dal punto di vista sociale,
da fare una piccola precisazione: è il
con tutte queste ragazze che si fanno i
soggetto a fare la metà della foto, non la
selfie. I talent scout ci provano, ma sembra
modella. E il soggetto può anche essere
che manchino di qualcosa. Se oggi le
un paesaggio. La fotografia è un modo di
mie top model entrassero in una agenzia
vedere le cose che altri non hanno: non
di moda le butterebbero fuori tutte,
è il risultato o la tecnica, ma la capacità
compresa Cindy Crawford. Sono le agenzie
di passare davanti a qualcosa e capire
a non esistere più, non ci sono più quelle
che vale la pena fotografarla. Alcune
personalità che riuscivano a distinguere
delle mie foto preferite sono quelle che
una bella donna da una top model. Chi
ho scattato ai jazzisti: hanno tutti uno
lavora in questo campo, oggi, preferisce
sguardo e un carattere penetrante, glielo si
gli uomini alle donne: nelle pubblicità di
legge in faccia ed è impossibile fargli una
Armani, ad esempio, gli uomini sono tutti
brutta foto. Sono cresciuto fin da piccolo
muscolosi, oliati ed esposti a una luce
suonando e ascoltando jazz, col terrore
stupenda, mentre di fianco le modelle
di mio padre che diceva fosse musica
sono magre scheletriche, producendo uno
tremenda: un giorno mi ha chiuso il
squilibrio evidente.
pianoforte a chiave perché mi ha trovato a suonare jazz piuttosto che musica classica, non ho suonato per sei mesi.
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Crede che oggi esista ancora un effettivo ideale di bellezza? Le nuove generazioni hanno il senso del bello? Ho paura che sia stato distrutto da questo oggetto infernale che è il telefono. Mi sembra strano che i giovani lo possano avere (il senso del bello ndr). Prima di tutto perché sono ignoranti al bello: magari non sono mai stati in un museo, non hanno mai comprato un libro d’arte… il senso del bello è un gusto che si coltiva negli anni, conoscendo e studiando il passato. A questo si aggiunge la dilagante ipocrisia che ci vorrebbe tutti uguali, ma non è vero: questo non giustifica assolutamente il disprezzo, ma quello della modella è un lavoro particolare e non è per tutte. È come se io avessi la pretesa di andare alle Olimpiadi a correre i 100 metri reclamando il mio diritto di farlo, anche se non sono assolutamente in grado. Ma io non sono ancora del tutto disilluso: sono convinto che la gente possa apprezzare le cose belle, basta che qualcuno gliele mostri.
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Secondo lei, i giornali di moda hanno
La tecnologia di una macchina fotografica
ancora lo stesso peso nel lanciare o
moderna semplifica il lavoro rispetto a 20
consacrare la carriera di una modella o di
o 30 anni fa? Ci vuole meno, adesso, per
un fotografo?
fare il fotografo?
I giornali hanno completamente perso
Non c’è più la macchina fotografica.
tutto il loro peso, ad oggi è a zero. Da
Oggi ci vuole molto di più per essere un
quando Anna Wintour ha deciso di vendere
fotografo, proprio perché la macchina
Vogue nei supermarket americani, dove
si è così evoluta da occuparsi di tutti gli
una rivista dal nome così importante non
aspetti tecnici. Se uno è davvero bravo,
era mai stata, ha messo fine a tutto. Poi
si può concentrare sul significato della
quelli che lavoravano da Vogue in quegli
fotografia, però in quanti lo fanno? Forse
anni erano dei geni: prendevano una giacca
meno di zero… La presenza, poi, di tutte
di Chanel, dei jeans strappati (per davvero)
queste signorine che non fanno altro che
e delle scarpe che non c’entravano nulla,
fotografarsi il lato B e postarlo sui social
creando un’immagine che chiamavano
aumenta la controversia sul tema del nudo,
moda. Oggi invece c’è l’ufficio stampa che
soprattutto nel contesto socioculturale di
comanda tutto: dalla spilla alla scarpa,
questi ultimi anni.
perfino il profumo (perché lo scrivono sempre!). Dov’è finita, allora, la creatività del direttore di una rivista di moda? Io ero amico della grande Anna Piaggi, che era un vero genio: una come lei non potrebbe lavorare oggi, una persona che da due stracci tirava fuori dei capolavori. Adesso invece arriva un pacchetto preconfezionato, dalla scarpa al cappello, con l’indicazione di vestirsi così, ma dov’è allora la moda?
M A R C O
ipocriti nei loro lavori? Non li conosco, anche perché è impossibile conoscerli dopo l’estinzione dei giornali. Anche in quell’ambito, ormai tutti possono fare un giornale, basta un computer e un tavolino. Ai tempi lavoravano 80 persone nella redazione di Harper’s Bazaar e ad ogni numero tutti si fiondavano in edicola per scoprire chi fosse la donna del momento, era una finestra su Hollywood. Adesso questo mondo non esiste più.
G L AVIAN O
Crede che anche i fotografi di oggi siano
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Lei è stato il pioniere delle foto digitali ma ha sempre amato l’utilizzo della polaroid perché autentica. Possiamo dire che la prima l’ha creata per necessità mentre la seconda è passione? Mi ha sempre affascinato la tecnologia, mi divertivo a scoprire le innovazioni, forse a causa dei miei studi di architettura e di fisica. La polaroid, però, è l’unica che non mente mai ed è rimasta nel tempo, proprio perché non è manipolabile. Eppure, quando mostro una foto di una bella donna, mi dicono: “Ma questo è Photoshop”…ma dove? Secondo me Photoshop ha danneggiato la fotografia: è un mezzo molto potente e molto utile, ma usato male è una disgrazia. Il 90% delle mie foto non è mai stato ritoccato.
Paradossalmente, i nudi dei grandi fotografi sulle riviste di spicco sono diventati dei tabù, ma allo stesso tempo tutti si spogliano… Insieme al gruppo di fotografi con cui siamo diventati grandi - che sono tutti amici - abbiamo pubblicato foto che oggi sarebbero impensabili. Se dovessi postare le mie foto su Instagram verrebbero censurate, eppure le ragazze possono farlo: non capisco come funzioni questa dinamica. Secondo me esiste un’ipocrisia galoppante, è ciò che mi disturba di più di questo mondo: forse perché io amo dire le cose come sono, ma siamo rimasti in pochi in mezzo a tutti gli altri che raccontano balle.
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Lei ha lavorato con le più celebri top model di sempre: cosa ci può dire di queste modelle, anche dal punto di vista umano? Per la maggior parte erano davvero ragazze fantastiche, anche perché quello della moda era un mondo molto competitivo, in cui non bastava essere belle, bisognava anche difendersi dagli sgambetti delle altre in passerella. Io le ho sempre trovate delle donne eccezionali, alcune molto sfortunate, tra manager o fidanzati sbagliati. Anche se ci vuole tanta intelligenza e tanta personalità, quando fondi la tua vita sull’essere bella basta svegliarsi un giorno con un brufolino e sei rovinata. Quando finisce tutto, a cinquant’anni, ci si trova di fronte a un bel problema.
Credit: ©Marco Glaviano www.deodato.com
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Prima ha parlato delle foto che ha scattato ai jazzisti all’inizio della sua carriera. Che cosa cercava invece nelle foto che scattava alle modelle? La mia è una formazione classica; quindi cercavo prima di tutto lo sguardo, poi le forme. C’è una fontana a Palermo davanti alla quale passavo tutte le mattine per andare a scuola, c’erano un centinaio di statue di nudi bellissime. Quelle immagini mi sono rimaste impresse nella mente da subito, non avrei mai potuto fare una foto sgraziata, mi dà fastidio. Oggi sembra che sia giusto così, ma io non riesco, ho in testa l’armonia delle forme, la matematica della proporzione aurea. In tutte le arti la bellezza ha radici matematiche: la Ferrari è così bella perché è una scultura con le ruote. La bellezza non è soggettiva, esiste di per sé. La frase che odio più di qualsiasi altra cosa è “Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace”: non è vero, se una cosa è bella lo è in assoluto, come ci sono le cose brutte. All’assunto che “è una questione di gusti” rispondo che è una questione di cattivo gusto. Non è una questione di canoni di bellezza, perché ci sono delle donne, ad esempio, che pesano il doppio di quanto dovrebbero pesare, ma sono bellissime così.
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È suo il più famoso e forse iconico ritratto
Lei crede che esista ancora quella genuina
di Giorgio Armani, re della moda italiana.
passione nella moda di oggi?
Come si è costruito ed evoluto il vostro rapporto lavorativo ed umano?
Secondo me, stranamente, la moda è una delle poche discipline che si sta salvando
Ho fatto tanti ritratti di Giorgio, forse
dal casino del mondo contemporaneo:
uno è diventato particolarmente famoso,
quando assisto alle sfilate di oggi, vedo
anche se nessuno mi ha mai detto che
delle cose molto interessanti. Sarebbe
quel ritratto fosse iconico. Del resto, lui
bello vedere questa vitalità anche nella
è talmente bello, ancora oggi. Alla fine
musica, nella pittura o nella fotografia. Del
degli anni Sessanta abbiamo iniziato tutti
resto la fotografia commerciale è sempre
insieme: io venivo da Palermo, Giorgio
stata legata a doppio filo con la moda.
da Milano, Versace dalla Calabria e così via, tutti abbiamo iniziato a lavorare per costruire qualcosa a Milano, perché
Se potesse dare un consiglio ai giovani
prima il centro di tutto era solo Parigi.
fotografi di oggi, quale sarebbe?
Ognuno faceva il suo lavoro, si collaborava e crescendo insieme abbiamo stretto dei legami forti, anche se non tutti sono rimasti nel tempo: non è mai bastato essere soltanto bravi, nemmeno per i migliori. Infatti, le carriere più longeve le hanno avute le coppie di lavoro stabili, formate da un creativo e da un businessman.
È difficile, non saprei davvero da dove cominciare, perché la fotografia come la conosco io non esiste più. Mi sembra che manchino i mezzi e le destinazioni della fotografia, anche le modelle sembrano essersi trasformate in segretarie, si comportano come tali. Non hanno più lo spirito giusto.
Viaggio in una terra antica
N E PA L MARIANNA STEFANI
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S
ono qui per raggiungere il campo base dell’Everest attraverso i tre più rinomati passi in Himalaya, per conquistare la vetta dell’Island Peak. Ho trascorso il primo giorno
a cercare di dormire un po’, fino a quando ho incontrato il resto del gruppo e l’organizzatore del viaggio. Lui ci ha presentati a vicenda e ci ha spiegato alcuni dettagli relativi al viaggio di una vita che stavamo per iniziare. Ho scoperto
D I A R I O D I V I A G G I O
presto che le altre sette persone nel gruppo non sarebbero venute con me: loro avevano prenotato soltanto un percorso di due settimane fino al campo base dell’Everest. Ero l'unica folle abbastanza da passare più di tre settimane sulla catena dell’Himalaya, d’inverno.
Credit: Marianna Stefani
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LUOGHI | NEPAL
Guardando documentari sull’Himalaya,
e altri siti storici e culturali come la
ho imparato alcuni fatti davvero
piazza Durbar, il tempio di Dattatreya
pazzeschi. Si ritiene che il monte
e la piazza Pottery, per citarne alcuni.
Everest stia ancora crescendo: la vetta
La sua storia risale all’XVIII secolo e
Sagarmata – che significa “dea del
Bhaktapur è stata annessa nel World
cielo” in lingua nepalese – si alza di un
Heritage Sites. Purtroppo, la bellezza
paio di centimetri ogni anno. Quello
di questa città è stata distrutta dal
che non sapevo è che questo processo
terremoto che nel 2015 ha danneggiato
ha origine dalla collisione della
gran parte del Nepal, causando anche la
gigantesca placca tettonica indiana con
morte di 17 persone sull’Everest. Dopo
quella asiatica. Passiamo al viaggio:
Bhaktapur, abbiamo guidato dall’altra
il primo giorno è andato liscio, ma ho
parte della città per visitare Pshupati,
dovuto sviluppare delle capacità di
il tempio di Siva, la più grande delle
sopravvivenza molto specifiche. Le
divinità. Sia gli indù, sia i buddisti,
persone a Kathmandu guidano come
pregano in questo tempio rendendolo
pazzi, ci sono auto e moto ovunque e
un esempio di unità religiosa. Gli
tutto è permesso. Sembra di essere a
stranieri potrebbero non riuscire ad
Bangkok. Durante il secondo giorno ho
entrarvici, visto che l’entrata è riservata
visitato le tre più rinomate attrazioni a
ai soli fedeli. L’area circostante può
Kathmandu: Bhaktapur, Pashupati e la
essere tuttavia esplorata ed è lì che
stupa del Grande Buddha.
ho assistito per la prima volta a un funerale indù. Il tempio sorge sulle
Conosciamo la città di Bhaktapur
sponde del fiume sacro Bagmati, dove
come la capitale culturale del Nepal,
gli indù vengono cremati: il defunto
15 chilometri ad est di Kathmandu.
giace su un letto di calcestruzzo,
Si racconta che la città sia un museo
coperto di legno e da un cumulo di
vivente, che ospita tantissimi templi
paglia, la sua testa deve puntare a nord.
Il cerimoniere, solitamente il primo figlio del defunto, accende il fuoco: una volta che non è rimasto più nulla, vengono gettate le ceneri nel fiume. È stato un momento triste e affascinante allo stesso tempo. Nel primo pomeriggio, sono poi andata a visitare la stupa del Grande Buddha, uno dei più celebri templi buddisti al mondo. Dalla prospettiva aerea, le stupe hanno delle somiglianze con i disegni dei mandala di sabbia, ogni parte dell’edificio ha un potente significato. Dal basso, si trova il mandala (la base quadrata) che rappresenta la casa di Buddha, la cupola rappresenta l’universo, i due occhi la saggezza e il simbolo che assomiglia a un naso rappresenta il nirvana. Sono tredici gli stati d’animo per completare il percorso: il loto è simbolo di compassione, l’ombrello rappresenta la protezione, mentre il pinnacolo simboleggia il monte Sumeru, la sacra montagna a cinque cime considerata il centro dell’universo. Proseguo il viaggio all’aeroporto per prendere il volo delle 6:00 per Lukla, famosa per avere gli aeroporti più pericolosi del mondo: un inizio non molto rassicurante! Devo dire che i trenta minuti di viaggio sono stati abbastanza piacevoli, ma ho capito la paura e il panico dei turisti che prendono questo volo per la prima volta: eravamo così vicini alle montagne che pensavo di poterle toccare. Si è verificata una lieve turbolenza verso la fine, quando abbiamo raggiunto una vallata aperta, ma è durata soltanto un minuto, prima di atterrare nella cittadella di Lukla a 2800
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metri di altitudine, nell’aeroporto più
Quattro ore dopo abbiamo raggiunto
in quota del mondo. Una volta arrivata,
Namche Bazar: dopo una doccia fatta
abbiamo iniziato il tragitto scendendo
con le salviette e una cena squisita,
verso il fiume Dudh Kosi, raggiungendo
ero davvero esausta. Il quinto giorno è
il piccolo villaggio di Phankding in
pensato per acclimatarsi, così Pemba,
meno di quattro ore. Il primo giorno
la mia guida, mi ha portato fuori per
è stato abbastanza agevole: un inizio
una camminata di quattro ore sulle
leggero è ottimale per permettere alle
colline di Namche, per visitare un
gambe di abituarsi alla camminata,
museo sull’Himalaya che celebrava
anche se l’alta quota può comunque
soprattutto gli sherpa. Fuori dal
nascondere terribili insidie. Ho
museo c’è un’impressionante statua di
attraversato ponti sospesi e calpestato
Tenzing Norgay, lo sherpa che nel 1953
escrementi di animali un sacco di volte.
ha accompagnato Sir Edward Hillary
Stavo congelando: non sentivo il freddo
nella prima spedizione di successo per
mentre camminavo, ma una volta ferma
raggiungere la cima del monte Everest.
l’ho sentito eccome. Il giorno dopo avrei affrontato la prima vera escursione
Il giorno successivo faceva caldo,
verso Namche Bazar, a 3500 metri. Il
maledettamente caldo, ed è l’ultima
villaggio è considerato l’ingresso al
cosa che ci si aspetterebbe di sentire
monte Everest.
da qualcuno che è stato sull'Himalaya.
Sono partita dal villaggio di Phakding
Dopo un paio d’ore su un tracciato
di mattina presto, mentre una leggera
relativamente piano, ho arrancato per
pioggia accompagnava me e Pemba,
raggiungere i 4000 metri e dopo pranzo
la guida, per un paio d’ore durante
abbiamo raggiunto un posto che non
la camminata. Insieme abbiamo
posso nemmeno chiamare villaggio:
attraversato il fiume Dudh Kosi su un
c’era soltanto una pensione singola, in
instabile ponte sospeso e dopo pranzo
mezzo al nulla.
siamo entrati nel Parco Nazionale
I giorni passano, ho dovuto affrontare
del Sagarmatha. Era la mia prima
due salite molto ripide che mi hanno
escursione in alta quota: la salita ripida
portata fino a 4600 metri. Ero stanca,
e la vista mozzafiato mi hanno lasciato
esausta, avevo uno sfogo sul naso a
a bocca aperta.
causa di tutte le volte in cui l’ho soffiato.
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Il clima era fantastico, abbastanza
soltanto ad altitudini superiori ai 4000
caldo per indossare soltanto il primo
metri, nelle regioni dell’Himalaya, in
strato di abbigliamento per un paio
Mongolia e in Russia: questi vigorosi
d’ore. Abbiamo camminato lungo la
animali addomesticati sono essenziali
cresta e seguito il fiume finché non
per far avere cibo e vivande alle
abbiamo raggiunto un piccolo paese.
comunità che vivono sulle montagne.
Là non c’era nessuno, quindi ci siamo
Il giorno dopo ci abbiamo messo
incamminati per un’altra ora finché
soltanto quattro ore per arrivare a
non abbiamo raggiunto il villaggio
Gokyo, il villaggio ai piedi del monte
successivo: eravamo a 4600 metri,
Gokyo, o Goyko Ri. Il tragitto è stato per
faceva davvero freddissimo.
lo più pianeggiante e la vista grandiosa. Abbiamo camminato lungo il fiume
Durante l’escursione, ho avuto
Dudh Koshi, attraversando tre dei
l’occasione di attraversare una
quattro laghi nell’area di Goyko: il più
meravigliosa cascata ghiacciata e di
piccolo Lang Pomba, il secondo Taujan
percorrere dei sentieri in compagnia
Pokhari e il terzo Dudh Pokhari. In alta
di alcuni yak che stavano portando
stagione, quando il clima è più mite,
vivande ai villaggi a valle. Ho visto
il panorama è strabiliante, ma io ho
anche degli yak selvaggi che vagavano
dovuto affrontare temperature davvero
nei pressi di un’insenatura nel ghiaccio,
rigide.
e persino dei moschi. Gli yak si trovano
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Per non parlare del rumore: era davvero
Dopo una notte insonne, mi sono
magico! Ho iniziato a sentirlo come un
preparata un paio di uova strapazzate
sottile boato mentre camminavamo di
per colazione e pensavo che le avrei
fianco al secondo lago, ma proseguendo
vomitate direttamente. Sentivo molta
è diventato man mano più forte e
nausea, il freddo non aiutava il mio
definito. Era il ghiaccio che si assestava
stomaco debole. Alle 7:30 siamo usciti
a causare quel rumore incredibilmente
in direzione Gokyo Ri, la montagna
affascinante e spaventoso allo stesso
che dà il nome a questa parte di terra.
tempo. La musica del lago ghiacciato
Questo è stato il giorno in cui qualcosa
era incantevole. Giunti alla pensione,
è cambiato.
dopo pranzo ho iniziato la mia routine di lavaggio con salviette umide e
Per la prima volta ho provato dentro
shampoo secco: faceva così freddo che
di me un sentimento insolito e triste
era impossibile anche pensare all’acqua
a cui non sono abituata: la noia. Amo
che tocca il tuo corpo. Dopodiché, i
passare del tempo da sola, di solito
panni: ho strofinato i miei vestiti con
sono la migliore amica di me stessa.
un asciugamano umido e insaponato,
Ma in quel momento, per la prima
poi li ho lasciati fuori a rinfrescare
volta in vita mia, riuscivo a malapena
un po’, senza sapere che il giorno
a sopportarmi. Ho camminato per ore
successivo sarebbe stato il più arduo di
guardandomi intorno e mi è sembrato
tutti, fino a questo punto.
di non essermi mossa per nulla.
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Ho continuato a camminare e camminare, con il naso all’insù verso la cima, che sembrava lontanissima. Rocce, polvere, ghiaccio: ogni cosa era identica a se stessa. Il tragitto era senza fine, pensavo fosse un viaggio senza meta. Ho dovuto smettere di guardare in alto perché sentivo le lacrime scorrere sulle mie guance. A 5000 metri ho combattuto per ogni singolo passo, ogni minimo movimento richiedeva grande impegno: ho fatto forza su me stessa per proseguire. Ma gli ultimi 100 metri di dislivello sono stati un vero inferno, ci ho messo un’ora a coprire quella distanza, roccia dopo roccia, un passo alla volta. Alla fine ho raggiunto i 5458 metri, la cima del Gokyo Ri. Non riuscivo a credere di essere finalmente lì. La ricompensa è stata una vista spettacolare di quattro cime da 8000 metri: il Monte Everest, Lhotse, Makalu e Cho Oyu. Dopo ormai più di una settimana lì, ho iniziato a riflettere sulla mia esperienza. Ogni giorno comprendeva alzarsi dal letto, fare colazione e camminare in media per sette ore. Il resto delle giornate lo trascorrevo nelle sale comuni delle pensioni: tutti si riuniscono intorno alla stufa, dove escrementi di yak essiccati vengono bruciati per mantenere la temperatura della stanza qualche grado a queste altitudini, specialmente in questo periodo dell’anno in cui è tutto ghiacciato. Il giorno dopo ci siamo diretti a Est e in tre ore abbiamo raggiunto il piccolo villaggio di Thagnak. Abbiamo attraversato il ghiacciaio Ngozumpa, il più lungo dell’Himalaya con i suoi 36 chilometri di lunghezza. Questa incredibile caratteristica naturale è in diminuzione a causa del cambiamento climatico e dallo scioglimento si sta formando un lago in superficie: viene chiamato Spillway. Il tragitto era molto scivoloso e in alcuni tratti ho dovuto mettere un piede di fronte all’altro perché non c’era abbastanza spazio per entrambi uno di fianco all’altro. Da giorni il freddo mi impediva di dormire e la mancanza di sonno stava scombussolando il mio corpo, oltre che la mia mente: quello che non sapevo era che ne avrei pagato le conseguenze presto.
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sopra lo zero. Il legno è difficile da trovare
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Raggiungere la vetta del Gokyo Ri è stata una passeggiata a confronto di quello che ho fatto il giorno dopo. Siamo partiti all’alba dal villaggio di Thagnak in direzione Dzongla, un’altra cittadina a pochi chilometri di distanza, separata dal passo Cho La, uno dei più conosciuti della regione dell’Himalaya per la sua reputazione di essere difficile e pericoloso. Il percorso era davvero ripido e ho dovuto arrampicarmi tra massi e rocce scivolose. Raggiunta l’altitudine di 5300 metri, mi sono sentita male, non ho bevuto abbastanza acqua e un terribile mal di testa mi stava rovinando la giornata. Mi sono ritrovata al limite di un attacco di panico: non riuscivo a respirare e mantenere le mie gambe in movimento era una fatica tale che dovevo fermarmi ogni due passi.
Credit: Marianna Stefani
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Ma poi mi sono davvero divertita a
si riposano al campo 1. Pemba mi ha
valicare il passo: piano piano (“bistarai
spiegato che purtroppo si vedono
bistarai”, come dicono da queste parti)
ancora i corpi ghiacciati lungo la via:
ho camminato sul ghiaccio e sulla neve
nel 2014 sono morti 16 sherpa in una
per raggiungere il lato est del passo
valanga sulla colata di ghiaccio. Mi
Cho La, facendo estrema attenzione. Un
sarebbe piaciuto avventurarmi oltre in
singolo passo sbagliato e sarei scivolata
quella direzione, ma serve un permesso
giù dal ghiacciaio.
che costa 11mila dollari per superare
Due giorni dopo ho raggiunto il campo
il campo base: una spedizione in vetta
base Everest, a un’altitudine di 5363
costa in media 70mila dollari.
metri. Abbiamo raggiunto Gorakshep,
Il ritorno a Gorakshep mi è sembrato
che è l’ultimo insediamento prima del
ancora più lungo e freddo: iniziavo a
campo base, e dopo un pranzo siamo
preoccuparmi per le temperature che
ritornati sul tragitto per camminare
avrei incontrato durante la scalata in
qualche ora in più lungo il crinale del
vetta all’Island Peak.
ghiacciaio Khumbu, ma non è stata un’escursione particolarmente ardua.
Non posso in alcun modo descrivere
Nonostante sia l’inizio della scalata
quanto facesse freddo: era come
all’Everest, tanti scalatori sono morti
l’inferno, ma ghiacciato.
sulla colata di ghiaccio, l’ostacolo
Alle 7:00 del giorno dopo ero già in
maggiore verso la vetta. La colata
strada verso Kala Patthar, un fantastico
giace in prossimità del campo base e
punto panoramico sul Monte Everest e
finisce a 6065 metri, dove gli scalatori
sul ghiacciaio Khumbu.
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Abbiamo camminato lungo il versante
momento, in preda a una crisi emotiva,
orientale e anche se il sole stava
sono scoppiata a piangere: non mi
sorgendo siamo rimasti all’ombra
interessava, non me ne fregava nulla,
dell’Everest fino alle 9:30, quando il sole
volevo soltanto una tazza di camomilla,
era alto abbastanza per fare capolino
una doccia calda e una bella dormita.
tra le cime. L’escursione in sé non è
Dopo pochi minuti, mi sono calmata
stata troppo dura, ma la mancanza
e ho apprezzato la vista: riuscivo a
di sonno è stata un vero problema.
vedere il Monte Everest e il ghiacciaio, il
Ricordo di aver camminato per ore con
panorama era mozzafiato.
la sensazione di non essermi mossa
Il giorno seguente, dal rifugio Pemba
per nulla: sembrava che il tempo si
ha indicato una montagna dicendo
fosse fermato, tutto era uguale. Mi
che dovevamo attraversare quel
sembrava di imbattermi a ripetizione
passo. Stava guardando qualcosa
nella stessa roccia, ero così stanca che
che assomigliava a Mordor e io ero
mi lacrimavano gli occhi. In qualche
spaventata, ma curiosa. Le prime
modo ce l’ho fatta e una volta arrivati a
quattro ore sono trascorse tranquille,
un cumulo di pietre celebrativo, Pemba
ma appena ho guardato in su ho visto
mi ha mostrato l’altitudine dal suo
un versante molto scosceso, “Mordor”:
orologio: eravamo a 5565 metri. In quel
lo avevo appena raggiunto.
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Pensavo fosse quasi finita, ma
La giornata successiva era invece
continuando a camminare ho notato
destinata all’allenamento. Al mattino
che dietro alla collina ce n’era un
siamo andati su un’altura vicina per
altro, e un altro, e un altro ancora. Un
testare l’attrezzatura, sono salita e
percorso asciutto e ripido davanti ai
scesa un paio di volte per assicurarmi
miei occhi, mentre soffiava una brezza
che tutto funzionasse a dovere.
gelida e il cielo azzurro scompariva.
Dopodiché ci siamo diretti al campo
In un punto, il sentiero è sparito e
base, dove abbiamo allestito la nostra
mi sono dovuta arrampicare sulle
tenda. Il gran giorno si avvicinava e
rocce scivolose per raggiungere la
con esso l’impresa per la quale ero
cima. In qualche modo ho valicato
venuta fin lì, il viaggio al campo base
il passo, ma quello che non sapevo
dell’Everest era soltanto una tappa.
era che avrei dovuto camminare
Ma i giorni seguenti mi sono scontrata
altre 4 ore per raggiungere il rifugio
con la realtà delle cose: l’insonnia e il
più vicino. Nevicava e la discesa
mio malessere di stomaco mi hanno
era incredibilmente ripida. Le mie
impedito per ben due volte consecutive
ginocchia tremavano e non ero molto
di intraprendere la scalata. Pemba
stabile, le gambe erano deboli ed ero
mi disse che potrebbe essere mal di
molto sbilanciata. Ero circondata da
montagna, malessere da altitudine, ma
una fitta nebbia e non riuscivo a vedere
io sapevo che si trattava di qualcosa di
dove stavo andando.
diverso. Provavo odio per ogni singola
Il giorno seguente era, finalmente,
cosa di quel luogo e volevo soltanto
destinato al riposo. Nel pomeriggio,
andarmene da quell’inferno.
insieme a Pemba abbiamo provato
Dopo queste difficoltà, due giorni
l’attrezzatura per la scalata sul ghiaccio
dopo, il fatidico momento è arrivato.
dell’Island Peak: scarponi da alpinista,
Al mio risveglio, nel cuore della notte,
ramponi di acciaio, briglie… ma la mia
mi sentivo abbastanza bene e di buon
principale preoccupazione rimaneva
umore, una rarità in quelle giornate,
il freddo gelido che avrei incontrato
quindi all’una di notte ci siamo
durante l’impresa.
preparati alla scalata.
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Ma ho presto capito che, quando Pemba
girare la testa per guardarmi intorno.
diceva che il campo base era vicino
Indossavo quattro paia di calze, tre
ai ghiacci perenni, mentiva. Forse è
strati di intimo termico, tre maglie
stato un errore linguistico, perché in
termiche a maniche lunghe, due
questo caso “vicino” significava a ben
giacche di pile, due giacche normali e
7 ore di escursione fino a 5800 metri,
una antivento.
arrampicandosi di notte su un sentiero
Odiavo ogni singola cosa e ogni singolo
ripido, asciutto e scivoloso.
secondo trascorso sulla montagna.
Dopo un paio d’ore, alle tre circa,
Disprezzavo ogni singola roccia con
abbiamo raggiunto i 5400 metri,
tutta me stessa e poi, con il sole sorto,
dove tirava un vento terribile. Io
sono riuscita a vedere la desolazione e
ero completamente scioccata e non
la tristezza che mi circondava. Rocce,
riuscivo né a pensare né a camminare
polvere, ghiaccio: tutto qui. Ero venuta
bene. A causa delle rocce instabili sono
in Himalaya per stabilire un contatto
caduta mille volte scivolando indietro
con la natura. Avevo bisogno di passare
di qualche metro, e ci ho messo una vita
un po’ di tempo con me stessa, per
a recuperarli. A un certo punto, mi sono
ritrovare me stessa. Ma quel posto era
sentita così al limite che mi sono messa
tutto tranne che natura: non c’era alcun
a camminare carponi, aggrappandomi
segno di vita, non ricordo di aver visto
alle rocce per spingermi in sù. La mia
nemmeno un albero in quei giorni.
guida era davanti a me di almeno
Ho dovuto fare i conti con questa
20 metri, quindi non avevo alcuna
terribile desolazione e con questo clima
indicazione. Ho dovuto arrangiarmi a
invivibile, così sono tornata indietro,
camminare nell’oscurità, sperando di
triste e delusa. Non avevo intrapreso
non fare un passo falso su una roccia
quel viaggio per dimostrare qualcosa a
scivolosa. Mi sono fatta male tante
qualcuno: l’ho fatto solo per me stessa.
volte e i miei piedi erano due blocchi
Il fallimento di non essere in grado di
di ghiaccio, insensibili. Ogni passo
raggiungere la vetta Island Peak mi ha
sembrava una pugnalata nella schiena:
fatto sentire debole e vulnerabile: non
sette ore di inferno per raggiungere
mi ero mai sentita così delusa da me
l’altitudine di 5800 metri, che era in
stessa in tutta la vita.
realtà l’inizio della scalata. A causa
La discesa era ripida, ci ho messo
del vento e del freddo, non riuscivo
quattro ore a tornare al campo base, più
a respirare bene, non riuscivo a
altre tre ore per arrivare a Chunkung, il
muovermi e avevo così tanti strati di
paesino dove stavo prima di andare ad
vestiti da non riuscire nemmeno a
Island Peak.
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Laggiù ho scoperto da un alpinista
mangiato una mela, una mela vera: la
cinese che non sarei riuscita a
frutta non era mai stata così buona.
compiere l’impresa in ogni caso, perché
Ho mangiato quella fantastica mela
le intemperie avevano distrutto le
mentre camminavo per le strade del
scalette, indispensabili per attraversare
villaggio.
i crepacci. Il giorno dopo mi sono
L’ultima camminata è durata dieci ore
rifiutata di camminare, volevo solo
che mi sono sembrate infinite, su e
vomitare. Ho mandato qualcuno al
giù dalle montagne per 20 chilometri
villaggio più vicino per prendermi
da Namche Bazar a Lukla. Finalmente
un cavallo: non riuscivo nemmeno
mi ero lasciata alle spalle il paesaggio
pensare di fare un solo passo. C’era
desolato e lunare ed ero circondata
qualcosa che non andava in me e non
dalla foresta: mi sembrava di tornare
capivo di cosa si trattasse. Di una cosa
nel mondo da qualche altro pianeta.
soltanto ero certa: volevo andarmene
Ho finalmente visto dei pini e il fiume
da quel posto il prima possibile.
Dudh Kosi non era più una lingua
Sentivo il bisogno di lavarmi, ma non
ghiacciata, ma l’acqua scorreva. Man
potevo nemmeno lavarmi i denti o
mano che proseguivo, i crinali scoscesi
cambiarmi i vestiti perché era tutto
e impervi lasciavano spazio al muschio
completamente ghiacciato: se provavo
e alle foglie umide, e potevo finalmente
a indossare una maglia lasciata fuori
sentire il profumo delle montagne.
con un asciugamano insaponato, non
Dopo dieci lunghe ore, ero tornata al
riuscivo nemmeno a piegarla perché
punto di partenza.
era completamente ghiacciata. Non
L’ultimo giorno mi sono svegliata
volevo mai più vedere una montagna in
di soprassalto: dovevamo correre
vita mia: dovevo uscire da quell’incubo.
all’aeroporto per prendere il primo
Il cavallo è arrivato e per le nove
volo per Kathmandu. Il viaggio, anche
ore successive sono rimasta in
quello, è stato davvero turbolento:
sella, durante un viaggio scomodo e
l’aereo continuava a tremare come una
accidentato. Per fortuna i cavalli che si
foglia e verso la fine si è perfino girato
impiegano in montagna hanno gambe
in orizzontale. Alla fine ce l’abbiamo
forti e sono robusti, ma ammetto
fatta e, una volta arrivati a Thamel,
di essermi trovata col cuore in gola
mi sono chiusa in un piccolo café per
a volte: a ogni passo si rischiava di
scappare dal traffico dei suoi quartieri
scivolare giù da un pendio. Alla fine,
suburbani. Sarebbe dovuto trascorrere
per fortuna, sono tornata sana e salva
un po’ di tempo prima che riuscissi
a Namche Bazar. Bramavo fortemente
a processare davvero l’incredibile
cibo fresco e il giorno dopo ho
esperienza che avevo appena vissuto.
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BEATRICE ANFOSSI
GIORGIO
LO CAT E L L I
F
uggito a Londra nei primi anni Ottanta per perfezionare l’arte culinaria che già gli scorreva nelle vene, Giorgio Locatelli è stato il primo chef italiano a ottenere
una stella Michelin all’estero. Dal 2002 il suo ristorante Locanda Locatelli è un punto di riferimento per tutti coloro che, a Londra stabilmente o di passaggio, desiderino fare un viaggio nella cucina italiana più autentica. Poi, nel 2018, l’inizio dell’avventura come giudice di Masterchef Italia, ruolo che lo ha reso una vera e propria star della tv. Il segreto? Il sodalizio vincente con Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri, stimati colleghi. Del primo, ammette lui, ruberebbe l’impareggiabile capacità di impiattamento; del secondo, la precisione assoluta. Abbiamo incontrato Chef Locatelli in occasione del lancio del suo nuovo programma in solitaria, Home Restaurant. Ci ha raccontato la sua esperienza come chef, come personaggio televisivo e come imprenditore; senza timore di affrontare tematiche calde nel mondo della ristorazione, come quella sul rapporto tra i giovani e il lavoro, che ha generato non poche polemiche nel recente periodo.
PERSONE | GIORGIO LOCATELLI
Sei andato a Londra giovanissimo e poi hai deciso di esportare là la cucina italiana, creando con Locanda Locatelli una sorta di antologia dei nostri sapori più tradizionali. Come hanno accolto gli inglesi la tua cucina? È stata pensata più
Hai dovuto adattare qualcuno dei nostri
per loro o per gli italiani espatriati?
sapori al palato inglese?
Un ristoratore che decide chi sono i suoi
No, mai. Ho sempre solo cercato di basare
clienti prima di aprire, nel 90% dei casi
quello che cucinavo sulla qualità del
dopo due mesi ha chiuso il ristorante.
prodotto che avevo e non ho mai cercato
Bisogna aprire al pubblico, per tutti.
di diluire. Però chiaramente se qualcuno
Certo, quando ho cominciato a fare
vuole la pasta un po’ più cotta gliela
cucina italiana verso la fine degli anni
dobbiamo fare.
Ottanta, con Olivo, era molto più difficile. Soprattutto era difficile reperire prodotti italiani di qualità e prodotti freschi. Piano piano poi le cose sono cambiate. Quindi c'è stata una rivoluzione da parte mia nell’offrire, ma anche da parte del cliente nel recepire. Ad oggi la maggior parte dei miei clienti è inglese, anche se dopo Masterchef vengono spesso anche molti turisti italiani.
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PERSONE | GIORGIO LOCATELLI
Qual è il piatto che funziona di più nel tuo menù? Il menù cambia in totale circa 32 volte all’anno. C'è un turn over continuo, quindi la cosa che vende di più nel totale della cassa è il tiramisù, perché c’è sempre. Per esempio, però, gli spaghetti con l’aragosta scozzese quando ci sono sono un super seller. Il 35/40% delle persone mangia quello. In generale devo dire che solitamente vende tutto. Abbiamo un sistema che controlla le vendite giorno per giorno, quindi cerchiamo anche di seguire il trend. Considera che facciamo una cucina stagionale, quindi uno dei grossi "problemi" è riuscire ad accontentare la gente: quando qualcuno arriva e dice: "Ah ma io sono venuto per mangiare il coniglio", e io rispondo che il coniglio lo usiamo solo quattro mesi all’anno.
Alcuni chef nel recente periodo hanno fatto delle affermazioni polemiche sul tema giovani e impegno nel lavoro e in cucina. Tu che cosa ne pensi? Io vorrei che parlassero quelli che ci hanno messo tanto impegno e che la gavetta l'hanno fatta davvero. Perché i giovani italiani del nostro settore si stanno distinguendo nel mondo. Ovunque tu vada trovi giovani italiani preparatissimi che stanno facendo carriere incredibili: dal food and beverage al management di hotel a 5 stelle. La realtà è che stiamo sfornando dei cuochi intelligenti. Perché quando andavo a scuola io, all’alberghiero, c’eravamo io e un altro ragazzo che facevamo quella scuola perché i nostri genitori avevano un ristorante. Mentre tutti gli altri o non avevano gli occhi dritti oppure facevano l’alberghiero come ripiego. Se eri bello venivi scelto per fare il cameriere, altrimenti ti mandavano in cucina. Così funzionava. Adesso invece abbiamo gente che sceglie di fare questo lavoro. Il nostro lavoro è diventato una professione, finalmente. È un posto dove si sta creando qualcosa che è importante per l’Italia, per il Made in Italy, e mi sembra proprio inopportuno dire che i giovani non vogliono lavorare la domenica.
A proposito di cucina e cultura gastronomica, grazie a programmi come Masterchef sembra che negli ultimi anni la cultura della cucina di livello sia diventata molto più mainstream. È così? No, non sono d’accordo con te su questo. Sicuramente la televisione ha cambiato un po’ il rapporto che la gente ha con il mangiare, ma lo ha cambiato per i giovani. La tradizione non è stata toccata, per la gente di una certa età non ha fatto alcuna differenza. La tv, poi, aiuta senza dubbio l'immagine e la conoscenza del nostro settore, perché stando seduto a casa tua puoi osservare e sperimentare cose che magari un tempo erano destinate solo a una certa categoria di persone.
PERSONE | GIORGIO LOCATELLI
A te invece, la tv ha cambiato? Non a livello di notorietà, ma in termini di esperienze e rapporti umani. Sì, sei in un tunnel. Sto riscoprendo l’Italia adesso, negli ultimi anni, perché prima il tempo che vi trascorrevo era pochissimo. Facevo qualche viaggio in alcune città, ma faticavo a sentirmi italiano. Adesso invece mi sento molto più italiano. Anzi ora, sono davvero italiano.
C'è una cosa che ruberesti a Barbieri e una che ruberesti a Cannavacciuolo? A Barbieri sicuramente la sua idea di precisione. Lui è una cosa incredibile quando lavora: prima di iniziare, la sua mise en place è sempre pronta e preparata. Io e Antonino, invece, ci dimentichiamo sempre qualcosa. Lui è davvero molto preciso, ma ha anche tanta creatività. Era già uno chef negli anni Ottanta, nel 1990 ha preso la prima stella; siamo nel 2022, sono più 30 anni e sono tanti in una carriera e lui è ancora al top facendo quello che fa. Da Antonino, invece, la sua capacità nell’impiattamento, che è incredibile. Io, te e chiunque potremmo avere gli stessi sei ingredienti da preparare e tagliare, ma sicuramente il suo piatto sarebbe più bello del mio e del tuo. Che cosa loro potrebbero prendere invece da me?! Schiaffi [ride.]
L O C H E F
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ANDREA LEHOTSKA
O R I E N TAL EXP R E S S Un viaggio da sogno tra lusso ed eleganza retrò
LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS
C
on un sospiro di sollievo e un piacevole brivido simile al “primo viaggio”, la visione della ripartenza verso mondi lontani, acquisisce di giorno in giorno forma più concreta. Se prima
della pandemia molti associavano i viaggi al lusso economico, durante lo stallo forzato hanno realizzato che sono lo spostamento e la libertà di movimento a valere più di ogni moneta. C’è chi ancora teme nell'uscire di casa, chi non ha mai smesso di farlo, chi ricomincia a muovere i primi incerti passi oltre alla propria zona di comfort, chiedendosi quale sia la destinazione più sicura, calda, affascinante, che lo faccia sentire di nuovo libero, lontano dagli ultimi due anni ma vicino al fremito di un’avventura ripresa con tanta impazienza.
Credit: Andrea Lehotska Ufficio stampa Eastern & Oriental Express
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LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS
In questa epoca di nuove misure, nuove
Accomodarsi nel proprio vagone letto
vite e nuove scelte, colgo l’occasione e
con una tazza di tè verde, scendere
decido di sperimentare un’esperienza
per le escursioni a scelta solo nei
nuova anch’io: se fino ad ora ho
luoghi più squisiti e interessanti e
vagabondato attraverso impervie e
sfruttare il sonno per avvicinarsi al
sconosciute terre poco calpestate e
traguardo successivo, ottimizzando
senza meta - il viaggio di per sé era la
il tempo prezioso; mi ha sempre
meta - ora vorrei provare l’oculatezza
affascinato, anche se ho continuato a
di un viaggio di cui conosco le tappe e
posticipare l’esperienza per camminare
lo svolgimento. Magari puntando per
e stancarmi a piedi, finché ne sono in
una volta sul comfort, senza rinunciare
grado. L’Asia, quel continente che 20
alla parte selvaggia e autentica
anni fa mi ha rovinato i piani facendomi
dell’avventura.
innamorare perdutamente di ogni suo
Già dai tempi di Il treno per il
pixel, boccata d’aria e profondità di vita,
Darjeeling, l’idea di una lunga
mi chiama di nuovo dal lontano Oriente
spedizione vissuta a bordo mi ha
e se è vero che il treno passa una volta
suscitato un tale desiderio che persino
sola, sarà meglio non perdersi questa
anni dopo, è letteralmente esploso
fermata. Letteralmente.
leggendo il diario di bordo di un passeggero della Transiberiana.
Con quell’adrenalinica gioia che
Quel viaggio fatto di osservazioni
accompagna ogni mia trasferta,
dal finestrino, delle terre circostanti
ricambio l’inchino del maggiordomo
che si alternano e cambiano colori e
thailandese, impeccabile nella sua
del mondo che scorre indisturbato
uniforme di seta davanti alla maestosa
sotto e intorno al treno, offrendo alla
e splendente carrozza verde-crema
percezione una nuova sfumatura.
dell'Eastern & Oriental Express.
LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS
Il famigerato treno, con i suoi saloni
cabina. La lussuosa doccia con prodotti
e suite confortevoli ed eleganti, le
di prima scelta offre una frizzante
finestre panoramiche e la deliziosa
rinfrescata prima del tè pomeridiano
cucina, uniti all'avventura di un viaggio
e il pianista che suona in un ambiente
nel cuore dell'Asia, sarà un modo
sontuoso evoca un mondo dimenticato.
davvero unico per lasciarsi abbagliare
Il vagone bar fa invidia all’atmosfera
da tutta la meraviglia di questa
di Le mille e una notte e offre
straordinaria regione.
un’alternativa alla carrozza
Non dover pensare a nulla è il
osservazione, colei che diventerà
motto di questo viaggio e sento
la mia postazione preferita per
che la pluriennale esperienza e
l’intera durata del viaggio: in fondo
professionalità dello staff assicura la
al treno, completamente aperta, la
riuscita del mio intento.
carrozza osservazione con morbidi
Con il piede sul primo scalino,
divani mi regalerà quell’emozione
accompagnata da danze tradizionali
chiave che aspetto e ricerco in ogni
di minute e meravigliose creature
viaggio: il turbamento dell’improvvisa
thailandesi assomiglianti a bambole
consapevolezza di esser esattamente lì
in porcellana, entro nel mondo della
dove dovrei essere.
mia casa mobile temporanea. La
L’aria umida e calda che danza tra i
soffice moquette mi accarezza i piedi
pilastri, così asiatica, è satura di odori
mentre attraverso dorati corridoi che
scaturenti sensazioni che spaziano
incorporano motivi e temi orientali,
dalla fame, euforia, serenità, fino
accompagnandomi fino alla mia
all’immortalità.
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LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS
Il sapore della lontananza viene sottolineato dal paesaggio appena attraversato che mi sto lasciando dietro come una scia: il panorama si perde a vista d’occhio nel crepuscolo dai colori caldi e soavi, perfettamente in sintonia con la parte posteriore del vagone che funge da cornice a questo quadro esotico. A mia sorpresa, scopro di non aver mai saputo che un succo di pomodoro sorseggiato su una panchina rivestita di velluto, mentre accarezzo con la pianta dei piedi l’impeccabile pavimento coloniale in legno di teak, inalo i fiori freschi e ammiro l’universo passare, potesse essere appagante quanto la ricompensa di una vista mozzafiato dopo un lungo trekking. È quasi palpabile la fitta atmosfera della giungla intorno al treno che attraversa il sud della Thailandia, così come lo sono stati i minuscoli villaggi e templi in cima a una collina in rotta verso Kanchanaburi o il leggendario ponte sul fiume Kwai. Bangkok, il mio punto di partenza, è la città degli angeli con il nome più lungo del mondo: Krung Thep Maha Nakhon Arun Rattanakosin Mahinthara Ayutthaya Mahidol Pop Noppharat Ratchathani Burirom Udomratchawiwet Makhasathan Amon Phiman Awatan Sathit Sakkathattiya Witsanukam Prasit. Con la sua vivace e vibrante atmosfera, enigmatici templi dorati e mercati debordanti di profumi e colori, è sempre stata per me un concentrato di mille sfaccettature, sorprese, partenze e culture. Raggiungo uno dei vagoni ristorante per fare godere anche l’ultimo dei miei cinque sensi, mentre la cabina viene trasformata dal mio maggiordomo in un’accogliente camera da letto pronta per cullare i miei sogni orizzontali, anche essi a bordo, che attraverso la notte e i suoi grilli correranno verso le piantagioni di palme malesi. Il ristorante, con pannelli in ciliegio e olmo fanno da sfondo a fregi decorativi che esaltano tessuti e tappeti pregiati. La cucina servita a bordo è un punto culminante e il francese Yannis Martineau, l’Executive Chef da nove anni, trae gustose ispirazioni dalla regione, prendendo ricette locali tradizionali e infondendole con tocchi moderni e tendenze europee.
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LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS
Il ricco e vario menù anticipa le
di immense foglie verdi delle palme
intolleranze, gusti e necessità di ogni
che costeggiano i nostri binari mentre
viaggiatore e anche il più esigente
percorriamo la densa foresta.
passeggero alla ricerca dei funghi bao
Si scusa imbarazzato per la sua
saltati o cremosa mousse di platano,
distrazione.
trova a bordo un ulteriore strato di
“Da quanto tempo lavora qui, signore?”,
soddisfazione.
chiedo incuriosita. “Undici anni, Ma’am.”
Garantendo un’esperienza culinaria
“E dopo migliaia di giorni e chilometri,
più unica che rara, perfettamente
centinaia di viaggi uguali a bordo e
omologata alle luci soffuse
decine di scenari spettacolari come
dell’abatjour, boiserie di palissandro
questo, cosa ne pensa?”
e alla maestosità del viaggio nel
Il viso intero gli sorride, mentre cerca le
tempo, il maître sorride delicatamente
parole da usare e son certa che invece
mentre mi regala un fiore. Noto che
di mancargli, gliene passano per la
per un attimo non può fare a meno
mente così tante che fa semplicemente
di rimanere rapito, come me, dal
fatica a sceglierne solo alcune.
tramonto che trafigge i vetri scintillanti
“Il percorso è sempre uguale, Ma’am.
del vagone ristorante, inondandoci di
Ma il viaggio mai; e io ancora non mi
colori pastello e giocando con ombre
sono abituato a tanta bellezza.”
LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS
È il mio turno di rimanere senza parole;
Opto per l’escursione “Fuori dai sentieri
leggera ma appagata avanzo verso
battuti”, una dinamica e stimolante
il bar, e perdendomi nelle sontuose
pedalata attraverso la giungla sullo
note del pianista residente, desidero
sterrato fiancheggiato da maestose
prolungare questo mio improvviso
palme di cocco e risaie cui acque
stato di felice malinconia mista alla
immobili riflettono l’ineccepibile cielo
gratitudine dell’equilibrio ripristinato
sulla loro superficie. Per chi non è mai
grazie all’esperienza che sto vivendo.
stato in contatto con la cultura asiatica
Nulla di più adatto di un doppio whiskey
e specialmente quella thailandese,
invecchiato, assaporato nella carrozza
assistere alla raccolta delle noci di
all’aperto: la notte qui fuori è il luogo
cocco è un’esperienza che lascia a bocca
perfetto per i nostalgici, irrequieti,
aperta: il signore sessantenne scalzo,
liberi, troppo single o troppo sposati,
con il machete nella cintura, sale lungo
indecisi o fumatori.
la palma con estrema facilità, sparisce
Con un altro doppio whiskey
nella verde corona con fluorescenti
elegantemente incluso nel prezzo del
foglie per poi riscendere con floride
soggiorno, raggiungo la mia cabina
noci e con due soli e precisi colpi crea
che di notte, con i suoi legni intarsiati
una perfetta apertura per godersi la
e tessuti soffici crea un perfetto
loro fresca e nutriente acqua.
santuario illuminato dalle lampade.
Qualche chilometro più in avanti,
Mi affido alle fresche lenzuola del
si può ammirare il tradizionale rito
morbido letto, lasciandomi coccolare
delle preghiere buddhiste con tutti
dal ritmo dei binari e del loro perfetto
i suoi aromatici incensi, canti e
parallelismo.
abbaglianti colori delle offerte che
La mattina ha l’oro in bocca e per
la filosofia dedica a Buddha. Questa
godere di ogni suo timido raggio di
consuetudine è molto affascinante e
sole dalla mia cabina inondata di
trasuda devozione mentre trasmette
luce, mi sveglio presto. La colazione
una serenità d’animo senza uguali.
a letto, con caldi cornetti freschi e
Dopo tanti anni in Thailandia, assisto
marmellata al cocco che si scioglie in
alla cerimonia incantata come se fosse
bocca, è irresistibile quanto l’omaggio
la prima.
sul vassoio: affiancato a un ventaglio utile per alleggerirsi dal calore delle
Con qualche pedalata in più si
prossime mete, una lettera mi invita
raggiunge il punto finale della gita in
a prepararmi per l’escursione. I
cui donne locali si esibiscono nella
più comodi o meno giovani optano
preparazione di una particolarità
solitamente per la scoperta della
alimentare del posto: finissima pasta
desolante storia del ponte della morte
di riso viene trattata sul fuoco fino a
sul fiume Kwai e il museo del Centro
diventare un croccante snack da sapore
Ferroviario Thailandia-Birmania,
singolare e delicato.
combinata al tour dei sapori locali:
La giornata con la guida privata è piena
una crociera sulla zattera con corso di
di interessanti racconti, toccante storia,
cucina galleggiante.
vivaci colori e ammaliante sole.
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LUOGHI | ORIENTAL EXPRESS
Passa quasi troppo in fretta ma al
gomma liquida danno alla movimentata
pensiero di altri deliziosi capolavori
gita anche un tocco di cultura, curiosità
culinari a bordo del mio cinema all’aria
e autenticità.
aperta, è difficile esser dispiaciuti di
Il pomeriggio inoltrato fa ripartire
dover rientrare. Soprattutto sapendo
sia il treno che il pianista con la
che mentre contemplerò nuovi scenari,
sua musica dal vivo e un dissetante
campagne con le sue risaie, villaggi o
cocktail è l’apostrofo rosa tra le parole
bufali d’acqua, l’Oriental Express mi
l’avventura, prima di un’affascinante
porta dolcemente attraverso un’altra
cena finale a bordo.
notte stellata verso la prossima meta: Kuala Kangsar in Malesia.
La scintillante giacca del pianista,
La discrezione del maggiordomo è
le sue canzoni melodiche ma anche
talmente eccezionale che quando
malinconiche, combinate alla doppia
la mattina apro la porta dopo aver
vodka on the rocks e al venticello del
sentito un garbato toc-toc, trovo solo
vagone aperto che riempie le narici di
un fumante e ricco vassoio colmo di
clorofilla, ricordano con delicatezza
ogni possibile delizia, apparecchiato
l’inizio della fine di un’altra avventura.
per essere comodamente consumato
Per un’ultima volta verrò cullata dai
nel letto mentre il treno si fa strada
binari e mentre Morfeo mi accoglierà
attraverso la folta foresta pluviale
nelle sue braccia, l’infaticabile Oriental
malese. In giornata, un’altra escursione
Express avanzerà senza sosta fino alla
a scelta avrà luogo: con un van
strada rialzata sullo stretto di Johor per
privato si raggiunge Labu Kabong, un
garantirmi che appena il sole sorgente
villaggio incastonato tra le risaie e
mi solleverà le palpebre, non percepirò
sostenuto da montagne lussureggianti.
nulla di meno che l’era coloniale
Da lì, i viaggiatori poco sportivi
passata di Singapore, il nostro punto
hanno la possibilità di imbarcarsi
di arrivo, così elegante e multietnica.
in un’esperienza tradizionale del
Un’ultima colazione a letto, un’ultima
villaggio, un’occasione per immergersi
mezza giornata di questa testimonianza
nella vita rurale malese e assaggiare
attraverso la finestra, un ultimo saluto
tutti i suoi sapori. Gli escursionisti
ai quattro giorni più vissuti che mai,
esperti possono invece seguire il
che mi han fatto girovagare per tre
naturalista locale in un tonificante
paesi lasciandomi sentire immortale
trekking in collina: la ripida salita nella
ogni giorno fino all’indomani.
giungla, alleggerita dai rinfrescanti
Avanzo verso i grattacieli, moschee,
asciugamani bagnati, snack e bibite
botteghe, templi, giardini, cibo hindu
una volta raggiunta la cima, vale
e la infinity pool più alta al mondo,
tutta la fatica. Spettacolari viste
scacciando la nostalgia.
panoramiche, palme di datteri, cocchi
In fin dei conti, esiste solo un posto in
e alberi di caucciù con le loro curiose
cui interrompiamo la storia, non esiste
vaschette per raccogliere la preziosa
la fine.
RICCARDO COLOMBO
O LT R E
B OW I E
I
l 22 gennaio di 50 anni fa, la testata Melody Maker riportò una lunga intervista a David Bowie, nella quale l'artista presentava il nuovo alterego Ziggy Stardust e faceva una rivelazione scioccante per il 1972. "Sono gay e lo sono sempre stato, anche quando ero David Jones" dichiarò Bowie. L'articolo titolava "Oh you pretty thing" e presentava Bowie in termini oggi impensabili, come "una regina alla moda, un ragazzo meravigliosamente effemminato". Ma quanto è cambiata la percezione degli artisti appartenenti alla comunità LGBTQ+ oggi? Bowie era dichiaratamente bisessuale. Lui, uno degli artisti più rivoluzionari della storia della musica, ha rivelato in un'intervista a Mojo un ulteriore dettaglio sulla vicenda. "Sapevo che a un certo punto avrei dovuto dire qualcosa sulla mia vita - ha dichiarato Bowie – E, ancora una volta, Ziggy mi ha aiutato a rendere le cose più rassicuranti per me". L'aspetto più
interessante è come un alter-ego artistico di sua stessa creazione lo abbia aiutato – nella giungla di quella che sempre Bowie che ha definito "l'era dell'esplorazione" – ad essere a proprio agio con la sua natura e con l'esterno, sempre più incuriosito dalla personalità fuori dagli schemi dell’artista. Ma da allora quanto sono cambiate le cose? E soprattutto, che cosa può insegnarci l'esperienza di Bowie e l'impatto della sua persona sulla cultura pop? Senza dubbio, al cantautore britannico si deve riconoscere la grande libertà e l'accettazione di sé, sia sul piano umano sia su quello artistico. Bowie era libero dai giudizi degli altri, ma anche dalle sovrastrutture della mente: era libero di essere l'artista e l'uomo che era, anche al punto di esporsi con un coming out che nel 1972 aveva un significato sociale e culturale diverso rispetto ad oggi. Come ha detto al The Observer l'autore dell'intervista, Michael Watts, trent'anni dopo: "Lui era anche solo onesto. A volte l'onestà paga, anche nel pop”. L’onestà ha sempre ripagato anche un altro artista che negli anni Settanta ha attirato l’attenzione sulla sua identità sessuale, diventando in poco tempo uno degli artisti più iconici per la comunità gay e LGBTQI+.
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TEMI | LGBTQ+
Elton John ha rivelato la sua bisessualità a Rolling Stone nell’edizione del 7 ottobre 1976, poi continuando a definirsi gay. Durante l’intervista il cantante ha toccato il tema della sua solitudine sentimentale e del bisogno di essere amati, affrontando il tema della bisessualità con una franchezza e sincerità che non lo hanno mai lasciato. “Non ne ho mai parlato con nessuno, ma non spegnerò il registratore” disse Elton in quell’occasione. “Penso che non ci sia nulla di male nell’andare a letto con qualcuno del tuo stesso sesso” ha continuato la popstar “Penso che ognuno sia bisessuale in qualche misura, non soltanto io”. Anche allora l’intervista suscitò grande scalpore, ma il carisma e l’onestà di Elton John – che, pur essendo stato sposato con Renate Blauel fino al 1988, oggi vive con suo marito David Furnish e i due figli della coppia – hanno conquistato il pubblico anche attraverso la sua persona artistica particolarmente esplicita dal punto di vista estetico. Anche in questo caso, il palco – come il personaggio di Ziggy Stardust per Bowie – ha reso le cose più semplici, permettendo all’artista un’espressione della propria identità meno filtrata, meno timorosa e più autentica. Ma le cose oggi sono davvero cambiate? Il tema degli artisti LGBTQI+ rimane ancora discusso e delicato per quanti
ancora non riescono ad accogliere la diversità, o per quanti vedono ancora queste persone come “fenomeni da baraccone”, senza riuscire ad accettarli e rispettarli per quello che sono. A livello internazionale sono moltissimi gli artisti a riconoscersi nella comunità gay e LGBTQI+. Da Lady Gaga a Madonna, da Ricky Martin a Mika, negli ultimi decenni diverse personalità del mondo della musica hanno parlato del loro personale orientamento sessuale o hanno semplicemente espresso il loro supporto a queste minoranze troppo spesso dimenticate, o peggio discriminate. In epoca contemporanea, alcuni artisti più di altri hanno avuto il coraggio di esporsi in prima persona, a volte cambiando letteralmente le regole del gioco. È il caso dell’artista americano Frank Ocean, uno dei simboli del moderno hip-hop mescolato al pop che dall’inizio degli anni Dieci ha conquistato le classifiche di tutto il mondo. Con i suoi album Channel Orange (2012) e soprattutto Blonde (2016), Ocean ha davvero cambiato le regole dell’industria musicale, e non solo attraverso le sue canzoni. Nel luglio 2012, l’artista ha pubblicato una lettera aperta su Tumblr in cui raccontava la storia del suo primo amore: un ragazzo, che al tempo aveva come lui 19 anni, con il quale Frank Ocean ha trascorso due estati, salvo poi non essere ricambiato. Il
TEMI | LGBTQ+
fatto ha avuto grande portata, perché l’ambiente dell’hip-hop è sempre stato uno dei territori più accidentati e impervi per la comunità LGBTQI+, sia dal punto di vista lirico-musicale, sia dal punto di vista socio-culturale. A rimarcare la grandissima importanza di questo coming out è stato il fondatore della celebre etichetta discografica Def Jam, Russell Simmons, esponendosi in un articolo sul Global Grind intitolato "Il coraggio di Frank Ocean ha cambiato le regole del gioco!". “Oggi è un gran giorno per l’hip-hop – ha scritto Simmons – È il giorno che stabilirà chi siamo realmente. Quanta compassione avremo? Quanto possiamo essere amorevoli? Quanto siamo inclusivi?”. L’esporsi di una personalità così centrale nel mondo dell’hip-hop ha sottolineato la rilevanza assoluta del gesto di Frank Ocean e il suo supporto per l’artista. “Le sue azioni di questa mattina solleveranno le nostre coscienze e ci permetteranno di diventare persone migliori – ha continuato Russell Simmons - Ognuno di noi è nato con la pace e la tranquillità nel cuore. Frank ha appena trovato le sue”. Ad essere altrettanto innovativo, forte anche del successo planetario delle sue hit discografiche, è stato il giovanissimo rapper statunitense Lil Nas X. La rivelazione del suo orientamento sessuale è stata una rottura ancor più evidente, perché l’artista ha mescolato la sua
identità rap al mondo del country sin dall’iconico singolo Old Town Road. Lil Nas X si è configurato così come un personaggio doppiamente controverso e fuori dagli schemi, nel tentativo di invertire la tendenza, presente nelle culture di entrambi gli ambienti musicali, di omofobia e mascolinità tossica. L’ultimo giorno del “Pride Month” del 2019, l’artista ha twittato portando l’attenzione sul testo del suo brano c7osure, contenuto in 7 EP. “Qualcuno di voi già lo sa, a qualcun altro non interessa, altri non vorranno più avere a che fare con me. Ma prima che questo mese finisca, voglio che ascoltiate con attenzione c7osure” ha twittato il rapper. Da sempre anche Lil Nas X è portatore di un’estetica mascolina alternativa, una sorta di glam cowboy, che ha conquistato i fan ben al di là dei confini dell’hiphop e del country. Ancora una volta, un giovanissimo artista riesce ad abbattere barriere prima intoccabili: la sua personalità artistica e la sua vicenda umana hanno dato coraggio ad altri e mostrato una via alternativa, inclusiva e rispettosa spesso rara nell’ambiente della musica. Un ultimo caso è quello di una giovanissima artista gay che ha conquistato i fan di tutto il mondo con la sua musica, diventando anche un’icona per la comunità LGBTQI+ per la schietta onestà con cui ha sempre parlato della sua
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TEMI | LGBTQ+
sessualità. Si tratta di Girl in red, la cantautrice norvegese Marie Ulven Ringheim (classe ’99), che ha usato le sue canzoni bedroom pop per veicolare messaggi sulla salute mentale e sull’accettazione di sé. Lo stesso nome d’arte nasce da un episodio legato al suo primo amore, provato per la sua migliore amica e alla fine non ricambiato. In un’intervista al Paper, Marie Ulven Ringheim ha parlato del suo coming out e di quanto la sua musica e la sua persona siano diventate un punto di riferimento per la comunità queer. L’aspetto più significativo è l’onestà con cui la cantautrice parla della normalità dei suoi racconti, comunicando un messaggio importante a chi ancora ha paura di esporre la propria natura. “Alla fine, per me è si tratta solo di una normale canzone d’amore e così dovrebbe essere per tutti, secondo me – ha dichiarato Girl in red – […] questa è la mia percezione della vita, il modo in cui vedo le cose e come mi sento, quindi scrivo di questo”. Marie ha parlato anche della calorosa risposta della comunità queer alla sua musica e di quanto questo sia importante, soprattutto per loro. “La reazione è stata davvero grande da parte delle persone della comunità queer – ha detto la cantautrice – dicevano di aver fatto coming out usando le mie canzoni, o che le fanno sentire al sicuro e non da sole, perché ci sono posti che non accettano le persone per quello che sono”. Diventata ormai una icona queer, l’artista norvegese ha parlato dell’importanza di figure come la sua nell’industria musicale. “Sono davvero felice che le persone abbiano qualcuno proprio come loro
e che possano dire ‘Questa ragazza è a posto. È gay. È aperta a riguardo e vive la sua vita'" – ha continuato girl in red – "L’ho giù detto in passato, ma mi sarebbe davvero piaciuto avere qualcuno come me quando ero più giovane, per sentirmi più al sicuro”. Non è mai semplice fornire un quadro completo sulla questione: la realtà è in continua evoluzione, soprattutto su un tema che sta attraversando un momento delicato della sua storia, tra vittorie e conquiste legittime e finalmente riconosciute. Quello che è certo è che la percezione degli artisti LGBTQ+ è cambiata nel tempo: non più lo scandalo di Bowie nel 1972 ma purtroppo, in molti casi, nemmeno una piena accettazione incondizionata. C'è ancora molta strada da fare affinché questi artisti non vengano più visti sotto una luce diversa, che i più bigotti vedono ancora come quella di un circo. Facendo tesoro degli esempi internazionali più in luce, ma anche più rappresentativi per le nuove generazioni, alcuni segnali importanti provengono proprio dall’Italia, che in molti ancora guardano come un paese retrogrado e tradizionalista. Dall’esibizione di una sana mascolinità alternativa da parte delle superstar Måneskin, fino alla introduzione al grande pubblico del termine “queer” del duo La rappresentante di lista, sembra che lo status quo stia lentamente mutando, anche grazie alla presenza di questi artisti sul palcoscenico nazionale più importante: il Festival di Sanremo. Questi sono i primi, incoraggianti indici dell'inizio di una realtà diversa, più inclusiva, meno condizionata da sovrastrutture ormai desuete.
BEATRICE ANFOSSI
ENRICO R FOTO: ANGELO TRANI
PERSONE | ENRICO RUGGERI
D
opo due anni difficili per tutti, ma in modo particolare per il mondo della musica e dello spettacolo, Enrico Ruggeri è tornato a teatro con un
tour dedicato al suo nuovo album “La rivoluzione”. Lo abbiamo intervistato e ci ha raccontato il viaggio – a tratti inconscio – che ha portato alla nascita di questo progetto. Ci ha parlato del suo punto di vista sull’idea di rivoluzione, sui giovani di oggi e di ieri. Infine ci ha svelato qual è il complimento che più ama ricevere, e che cosa ne pensa del fenomeno Maneskin.
RUGGERI
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Iniziamo parlando del tuo ritorno al live nei teatri, in compagnia di grandi musicisti. Cosa significa per te tornare sul palco dopo questi due anni? È davvero liberatorio, un punto d’arrivo. Sono stato due anni in studio e non è mai passato un giorno nel quale, mentre lavoravamo a un pezzo, non pensassimo a quando sarebbe stato suonato dal vivo. È un bel momento per
E qual è in particolare, secondo te, una canzone che non può mancare? Eh, ce n’è un bel gruppetto. C’è Contessa, Mare d’Inverno, Polvere, Mistero, Ti avrò, Peter Pan, Quello che le donne non dicono. Poi anche qualcuna più recente come Primo amore, Primavera a Sarajevo. Ce ne sono una decina che sono quasi obbligatorie.
noi e anche per la gente. Nei miei concerti c’è un clima particolare, emozionante: ho conosciuto un sacco di persone che non hanno mai visto un mio concerto, ma non ho mai conosciuto una persona che avesse visto un solo mio concerto. Quindi quelli che sono venuti sono diventati degli habitué.
Parliamo invece del nuovo album “La rivoluzione”. Che cosa ci puoi raccontare del percorso di scrittura che ha generato questo progetto? I percorsi di scrittura in realtà non vengono programmati prima. A suo modo la canzone
Immagino si crei un bel mix tra il nuovo e il vecchio, inteso come qualcosa a cui le persone sono affezionate. Alcune canzoni diventano parte della vita delle persone, quindi è sempre bello poterle riascoltare. Sì, esatto. È un po’ complicato perché gli album sono tanti, e quindi ci sarà sempre qualcuno che poi dice “però quella non l’hai fatta”. E io dico: “Sì lo so, 37 album… si presuppone che un concerto sia di una venticinquina di canzoni, quindi non riesci a fare neanche il singolo di ogni album”. Però naturalmente ci sono delle canzoni chiave che vanno fatte.
è un po’ un viaggio nell’inconscio: tu usi un aggettivo invece che un altro perché ti sembra che stia meglio, ma in realtà probabilmente è il tuo inconscio a spingerti da una parte o dall’altra. E poi abbiamo attraversato un periodo nel quale era abbastanza fisiologico guardarsi dentro ed inevitabile riflettere un po’ più del solito. C’era meno tempo da dedicare alla corsa della vita e più tempo all’introspezione. Credo che questo abbia giovato alle canzoni.
Nel brano “La rivoluzione”, in particolare, ripeti più volte “Siamo quello che siamo”. Stai parlando solo di te o di tutta la tua generazione? No, sto parlando di tutti. Spesso io parlo di me, ma per raccontare le storie di tanti. Il più bel complimento che mi hanno fatto è quando mi hanno detto: “Tu hai raccontato la mia vita senza conoscerla”. In realtà accade perché ci sono punti in comune nelle vite delle
E la rivoluzione che cos’è per te in particolare? È un atteggiamento mentale. Per me la rivoluzione è prendere delle posizioni senza aver paura delle conseguenze. Su questo cito i grandi padri del cantautorato italiano, che sono Pier Paolo Pasolini, Fabrizio De André, Leonardo Sciascia. Loro dicevano cose antipatiche anche ai danni di quelli che avevano più vicino e non avevano paura di farlo.
persone.
È evidente che parli di un’intera generazione anche a partire dalla copertina dell’album, che è uno spaccato della tua adolescenza, perché ritrae la tua classe del liceo. Che ricordi hai di quegli anni? Cosa è rimasto nell’Enrico che è oggi di quel periodo? Un certo spirito ribelle. Provo un po’ di disagio quando mi capita di essere all’interno di una maggioranza. Poi sicuramente quell’adolescente, come tutti i ragazzi di quella foto e come tutti i ragazzi di tutte le foto che sono state scattate, stava pensando al suo futuro. Il quale naturalmente è stato diverso rispetto a come se lo immagina, nel bene e nel male.
E invece traslando il discorso sulle nuove generazioni, a cui è passato il testimone di compiere questa rivoluzione, credi che effettivamente oggi si possa ancora fare la differenza nelle aule, nelle scuole, nelle piazze?
Però hai detto di aver apprezzato la vittoria dei Maneskin al Festival di Sanremo, insieme a te sono gli unici che sono riusciti a far trionfare il rock. Beh quello è un dato oggettivo, gli unici
Forse nelle aule e nelle piazze no, perché
pezzi rock a vincere Sanremo sono stati
ormai anche le piazze sono un flash-mob da
Mistero nel 1993 e quello dei Maneskin
Instagram più che un momento di coesione.
nel 2021. Loro hanno successo globale,
Oggi si ha una selezione naturale terribile
mica devono piacere a me. La cosa molto
sui giovanissimi, perché forse il 5% dei
positiva è che sono dei ragazzi che hanno
giovanissimi legge libri – dico una cifra a caso
iniziato esattamente come me, andando a
ma non credo di sbagliare di molto – e perché
suonare assieme in una cantina o chissà
c’è una bassa percentuale di giovanissimi che
dove. E siccome oggi mi sembra che molti
ha una vita interiore. Quelli che ce l’hanno
siano più propensi a fare un po’ di musica
hanno una marcia in più, e sono quelli che
sul tablet e più bravi a fare le storie su
vinceranno nella vita.
Instagram che a lanciare dei pezzi, vedo con piacere che i Maneskin sono una band, e questo già mi conforta. Poi francamente
E del panorama musicale attuale dei più giovani cosa pensi?
se quando sono all’estero, in quanto italiano, mi associano a loro la cosa non mi dispiace: mi sembra un bel passo avanti rispetto al passato.
Francamente non lo conosco molto, perché ho vissuto da adolescente una musica talmente intensa e bella, che qualsiasi genere ti piacesse c’era il meglio che potessi trovare, dal rock alla canzone politica. Per cui se sono a casa e ho voglia di ascoltare musica difficilmente vado a cercare le cose nuove. Sono disinformato.
Tornando invece all’album, c’è una canzone in particolare a cui sei affezionato? È un po’ troppo presto per dirlo, perché è troppo fresco. Come sempre però ci saranno canzoni che non verranno trasmesse in radio, ma che saranno probabilmente le più intense. Credo che La mia libertà, quella che chiude l’album, appartenga a questa categoria.
ALTR I M
LUCA LEMMA E SARA RADEGONDA
D
egustare con consapevolezza cocktail che esaltino al meglio
la qualità dei singoli ingredienti, scelti e misurati accuratamente. La mixology art è l’incontro perfetto tra una scienza esatta – come la chimica – e una scienza del cuore come l’arte. Uno studio approfondito di ogni singola componente che contente ai bartender/artisti la creazione di un'opera d'arte tutta da sorseggiare. E come ogni opera d’arte che si rispetti c’è chi con l’esperienza e la ricerca si è aggiudicato il titolo di maestro. Come nel caso di Altrimenti Mixology Art, un cocktail Lounge nel cuore di Brera, uno dei quartieri più esclusivi della movida milanese. Una caratteristica atmosfera da salotto incontra la raffinatezza di un club, riproducendo quello che sarebbe “un gentlemen club all’inglese, ma senza il vincolo limitante dell’associazione” come spiega Edoardo Casarotto, business owner di Altrimenti Mixology Art.
ENTI
TEMI | MIXOLOGY
Una figura professionale che si affianca
L’idea della proposta food vuole essere
a quella di Paolo Urso, co-proprietario
da accompagnamento alla componente
insieme a Edoardo del locale. I due
drink, senza metterla in secondo piano,
manager hanno alle spalle importanti
ma procedendo verso la ricerca di
esperienze internazionali – tra Londra
un equilibrio tra le parti. “Vogliamo
e Dubai - nel campo dell’apertura e
puntare su una clientela più adulta.
gestione di members club, tanto che,
Europea con palati più consapevoli
alla fine, hanno voluto coronare il loro
e raffinati. In Italia ci sono posti di
sogno imprenditoriale aprendo un
qualità, ma sono pochi. L'italiano non è
locale anche nel capoluogo lombardo.
abituato a bere bene, ma è sulla strada
Un luogo che riproduce esattamente
giusta. L'idea del barman con cucina a
il mood e lo stile British inspired
vista. Era proprio la nostra idea, averli
donando alla clientela un’offerta di
vicini” hanno confessato Edoardo
cocktail all’avanguardia che si affianca
e Paolo. Si potrà, quindi, abbinare
anche ad una proposta gastronomica
dell'ottimo sushi rivisitato e sashimi
caratterizzata da influenze italo-
[connubio tanto di moda in questo
orientali. Per chi decide di immergersi
periodo ndr.] a un Old Fashioned
in questa affascinante atmosfera,
o un The Japanese Punch (uno dei
troverà un listino di cocktail che
cocktail più richiesti dalla clientela). Da
prevede otto grandi classici rivisitati
Altrimenti Mixology Art tutto è creato
in chiave inedita. Oltre al tasting,
su misura per fornire un’esperienza
una particolare attenzione è rivolta
unica nel suo genere con quel tocco
alla presentazione dei cocktail:
british che mancava.
composizioni essential ma con alcuni
E il sogno di questi due giovani è
dettagli ricercati che si addicono
proprio quello di "allenare" il palato
perfettamente allo spirito della scelta,
della propria clientela a qualcosa di
perché anche l’occhio vuole la sua
superiore, un members club a tutti gli
parte.
effetti nel cuore di Milano.
103
L A S E NAT R I C E
CRISTIANA MAPELLI
E M M A PA
TEMI | GREEN FASHION
L
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a moda del fast fashion: economica per tutti, ma non per l'ambiente. La proliferazione di catene di abbigliamento che producono capi “usa e getta”, composti cioè
da materiali di scarsa qualità la cui produzione non rispetta i termini di sostenibilità né ambientale né sociale, il tema è sempre più affrontato. «Tuttavia i problemi che ne conseguono non sono ancora stati compresi nella loro complessità. Ma è arrivato il momento di aprire gli occhi». Parole di Emma Pavanelli, senatrice umbra del Movimento 5 Stelle, membro della commissione Ambiente e di quella contro l’hate speech istituita da Liliana Segre, è da tempo impegnata nella lotta per sensibilizzare e promuovere una moda più sostenibile.
AVA N E L L I
Senatrice, qual è il costo ambientale del fast fashion?
Il concetto di sostenibilità ha molte sfaccettature.
I giovani come si approcciano a questa problematica?
L’industria della moda è
Non parliamo di moda, ma
I millennial e la Generazione Z
responsabile del 10% delle
di tutte le sue sfaccettature:
sono più attenti di quello che
emissioni globali, colpevole
persone, ambiente, giustizia e
crediamo. Secondo molti studi,
dell'accumulo negli oceani
inclusività sociale, diritti dei
il principal driver d’acquisto
di oltre un terzo delle
lavoratori. C’è molto interesse
per queste due generazioni è
microplastiche e contribuisce
riguardo a tutte queste
la qualità che si traduce con
per il 20% alla contaminazione
tematiche. Basti pensare che
acquisti di prodotti made in
industriale dell'acqua in tutto
la fashion industry non sarà
Italy, indice di maggior pregio.
il mondo, oltre a produrre più
esonerata dagli obiettivi della
Quindi più qualità e più durata
di 92.000 tonnellate annue di
Cop 26, la Conferenza delle
del capo. C’è poi la tendenza a
rifiuti tessili, ovvero capi non
Nazioni Unite sui cambiamenti
vestirsi vintage e ad avere una
venduti e quelli “usa e getta”.
climatici a Glasgow, a cui ho
propria identità, non andare
Numeri che fanno venire i
partecipato. Bisogna prendere
in giro tutti con gli stessi
brividi. E poi c’è anche l’aspetto
provvedimenti e bisogna farlo
capi. Tutto questo è molto
etico.
ora.
incoraggiante.
Può spiegarci? La pressione dovuta agli alti consumi la manodopera, per la maggior parte donne, vede lesi anche i più basilari diritti. Per non parlare dello sfruttamento di popolazioni appartenenti a paesi del terzo mondo. Non demonizziamo la moda, gli esempi virtuosi sono tanti. Ecco perché parliamo di impatto globale della moda, non solo di impatto ecologico.
Acquistare etico è un privilegio o si può estendere anche a chi ha minori possibilità? Questo non è sempre vero, negli ultimi anni si sono create moltissime esperienze rivolte a tutte le tasche. La moda etica e sostenibile quindi non è troppo costosa e non è un mercato di nicchia.
Qual è il futuro?
Cosa potrebbe rendere la moda più sostenibile?
Il futuro del fashion è la
Il primo passo è un consumatore
diffondere questa nuova
moda circolare, ovvero
attento verso, ad esempio,
tendenza più sostenibile e
abiti e accessori progettati,
la maggiore trasparenza e
acquistati, prodotti e forniti con
tracciabilità della filiera del
Palazzo Madama, in un incontro
l’intenzione di essere utilizzati e
capo di abbigliamento. Ma anche
dedicato alla promozione
circolare in modo responsabile
l’internalizzazione di tutte le fasi
ed efficace il più a lungo
della supply chain che permette
ecosostenibile, a cui sono
possibile e in seguito torneranno
di controllare e certificare
intervenuti nomi importanti del
a far parte della biosfera senza
il reale impegno verso la
settore per raccontare la loro
apportarvi impatti negativi.
sostenibilità. Bisogna cambiare
L’idea alla base è che sia poco
le menti e iniziare la rivoluzione
impattante sull’ambiente e
green.
In che modo? Iniziando a parlarne e a
consapevole. Come ho fatto a
della filiera italiana del tessile
visione e le loro esperienze. Le parole chiave sono “riciclare” e “rigenerare”.
quindi gli indumenti circolari devono essere biodegradabili o riciclabili e a fine vita possono essere rigenerati.
Prossimi step? La rigenerazione del tessile apre un nuovo mercato? Assolutamente sì. Si sta diffondendo la consapevolezza ecologica: innovazione e ricerca hanno permesso di sviluppare e introdurre sul mercato tessuti green: nuovi filati provenienti anche da scarti alimentari. È una grande opportunità per giovani imprenditori.
Il vero futuro sarà un “su misura” online con degli avatar personalizzati con delle misure precise. Si tornerà ad una moda lenta e sostenibile grazie alle nuove tecnologie che si stanno sviluppando. Infine, una vera novità sarà l’introduzione di una etichettatura che utilizza il QR code dove trovare molte informazioni utili per fare scelte ecosostenibili, proprio come sta accadendo nel settore food e della cosmetica.
Alle pendici dell'Etna
S I C I L IA
FRANCA D. SCOTTI
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LUOGHI | SICILIA
S
e c’è una regione italiana inesauribile per definizioni, varietà, eccellenze di ogni genere è la Sicilia. Merito o colpa dei mille popoli che l’hanno conquistata, occupata,
governata? O merito della meravigliosa posizione geografica al centro del Mediterraneo, che le ha regalato sole, mare, vegetazione rigogliosa, agrumi dorati, e quindi una enogastronomia ricchissima? Su tutto questo si innestano un incredibile patrimonio culturale, testimonianze archeologiche, capolavori d’arte. E dunque davvero indovinata la definizione di Sicilia come isola degli dei. Dei o eroi, sembrerebbero questi gli antichi abitanti della Sicilia. E dunque andiamo alla scoperta di una terra mitica, avvolta nelle leggende.
LUOGHI | SICILIA
Prima fra tutte quella dell’enorme Ciclope con un occhio solo che distruggeva navi e marinai. Alla fantasia degli antichi noi sostituiamo conoscenze moderne. Al Ciclope sostituiamo l’Etna, vulcano potente che domina tutto il panorama della Sicilia Orientale. L’Etna con i suoi crateri spesso innevati è il “signore” con cui bisogna convivere. Di grande effetto lo sfondo del vulcano nella via Etnea, la via più importante di Catania, una splendida città che alterna lo stile barocco delle sue chiese, prima fra tutte la cattedrale dedicata alla protettrice Sant’Agata, allo stile elegante di palazzi primi ‘900, abitati da una ricca borghesia. E davvero sorprendente è la salita lungo le pendici dell’Etna, man mano che ci si avvicina ai crateri. La terra è ricca e fertile, coltivata da sempre con sapienza, perché l’Etna, “madre e femmina”, protegge e distrugge, prende e dà anche ricchi doni. Salendo colpisce la distesa di vegetazione folta e brillante, palme, castagneti, fichi d’India, uliveti alle falde della montagna.
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LUOGHI | SICILIA
Oggi la novità più recente sono i
pendici del vulcano, nelle campagne
vini nell’Etna, un vero fenomeno di
tra Misterbianco, Catania, Ragalna,
tendenza che valorizza la mineralità del
Adrano, Maletto, Sant’Alfio, Riposto e
terroir, il lungo irraggiamento, la forte
Santa Maria di Licodia. E l’eccellenza
escursione termica notte/giorno che
dei migliori frutti etnei è anche
consente minore acidità. Ottimi vini
protagonista di un divertente progetto
dunque nascono da vitigni tipici come
editoriale a fumetti, le avventure
il Carricante, il Catarratto. Il Nerello
degli Etnauti, sensali, contadini e
Mascalese, coltivati a 600 metri di
commercianti coraggiosi che hanno
altezza sulle pendici del vulcano.
dato vita alla grande tradizione agricola
Molte le aziende, anche della Sicilia
etnea.
occidentale, che hanno voluto
Un’altra interessante produzione locale
appezzamenti in questa zona per
è quella della pietra lavica, un prodotto
produzioni di nicchia di vini etnei.
assolutamente ecologico, che, una
Ad esempio la famosa Firriato, che,
volta smaltato, è anti-macchia, anti-
oltre ai possedimenti nell’Agro
corrosione e resistentissimo.
trapanese e a Favignana, ne ha anche
A Giarre, Artesole, che fa parte del
sull’Etna nella Tenuta di Cavanera,
Distretto della Pietra Lavica dell’Etna,
tra gli storici comuni di Castiglione di
da oltre 30 anni si occupa di realizzare
Sicilia e di Randazzo.
su progettazione, arredamenti
Proprio qui pare che l’ultima
personalizzati sia per interni che per
vendemmia sia stata la migliore
esterni in pietra lavica decorata.
degli ultimi cinque anni, con rossi
Con la materia che il vulcano Etna
di altissima qualità e bianchi
offre, materia che a tanti appare grigia,
dall’eccezionale profondità.
informe e senza anima, Artesole crea
Dunque una grande promessa da
opere d’arte.
questa terra così particolare, dai forti
E, sulla solidità della pietra lavica
affascinanti contrasti.
ceramizzata, brillano decorazioni
E a Cavanera si può anche soggiornare
fantastiche dai mille colori, ispirate alle
in un wine resort, che all’ombra del
mille leggende siciliane.
vulcano, coniuga modernità di stile
A Giarre un altro luogo da non
e il fascino tipico di un tradizionale
perdere, affascinante di giorno e
paradiso siciliano. Senza dimenticare
di notte, è Radicepura, un parco
che in questa, come in altre tenute
botanico nato dalla lunga esperienza
della zona, si può partecipare a una
nel florovivaismo internazionale
passeggiata tra i profumi e i colori
di Venerando Faro: 5 ettari di
dei vigneti, ascoltando la storia
terreno, 3000 specie di piante, una
dell’azienda, con visita in cantina,
Banca dei Semi e strutture dedicate
degustazione dei vini, accompagnati da
all’accoglienza più tipicamente
un assaggio di prodotti locali.
siciliana.
E prendono nome dal gigante siciliano
In questo spazio suggestivo incastonato
anche i Liquori dell’Etna, dieci
tra l’Etna e il Mar Jonio, è possibile
profumatissimi liquori agricoli infusi
rivivere le tradizioni più autentiche
con sola frutta fresca di stagione.
della Sicilia, stando immersi nella
Fragola di Maletto, Ciliegia
ricchezza e nella varietà della
Mastrantonio e Gelso Nero, Tarocco
natura. E qui, si svolge il Radicepura
Gallo, Limone Primofiore, Mandarino
Garden Festival, un evento biennale
Marzola, Mela Delizia, Pesca
internazionale dedicato al garden
Tabacchiera, Pera Coscia, Fico d’India
design e all’architettura del paesaggio
sono i frutti intriganti prodotti alle
del Mediterraneo.
LUOGHI | SICILIA
L’Etna domina anche il panorama di
Scene memorabili nell’immaginario
Taormina, una delle tappe imperdibili
collettivo dei cinefili, che hanno fatto la
dei viaggiatori del Grand Tour. Dalla via
fortuna di Savoca.
principale, che unisce le due storiche
L’itinerario nella Sicilia Orientale
porte di accesso, Porta Catania e Porta
prosegue a nord verso la costa del
Messina, si arriva al famoso Teatro
messinese affacciata sulle isole Eolie.
Greco, luogo iconico della città. Dalle
Qui può essere interessante visitare,
gradinate vista sulle colonne, sull’Etna
anche per sperimentare quel turismo
in fondo, sul mare, sul golfo, su
nautico che è una delle nicchie di
immense distese di verde. E Taormina
turismo in grande crescita, Marina
è anche sede di eventi prestigiosi come
di capo d’Orlando, una bella porta di
Taormina Gourmet e Sud Top Wine, due
accesso al territorio dei Nebrodi e delle
iniziative firmate Cronache di Gusto e
Madonie.
Associazione Bica, tra i più importanti
La grande struttura, che è anche
eventi del Sud Italia dedicati al meglio
una eccellente sede fieristica dove
del food & beverage. Anche in questo
si è tenuta l’anno scorso la BTE,
caso gli eventi coniugano promozione
Borsa del Turismo Extralberghiero,
dei prodotti e promozione del territorio
organizzata da Confesercenti Sicilia, è
per un turismo lusso. Poco lontano,
fondamentale per la nautica da diporto
nell’interno della costa siciliana, si
italiana. Ha un imponente bacino
sale a Savoca, uno dei Borghi più
completo di tutti i servizi, dotato di un
belli d’Italia, che si è conquistato una
fondale profondo fino a 4 metri, capace
recente notorietà.
di ospitare più di 500 posti barca per imbarcazioni fino a 40 metri di
Nella scenografica Chiesa Madre e nel
lunghezza. La sua posizione strategica a
bar Vitelli, cinquant’anni fa Coppola
sole 14 miglia nautiche dalle isole Eolie,
ha girato le famose scene de Il Padrino
rende agevole il raggiungimento delle
in cui Michael Corleone incontra la
località turistiche costiere più attraenti
famiglia di Apollonia e poi la sposa.
di tutto il Mediterraneo.
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F O T O G R A F I
D A M AR I D E AR Z À
Mi chiamo Damaride. Ligure. Amante della natura e dell'arte in generale. La passione per la fotografia è nata dalla tenera età, per poi trasformarla nella mia professione nel 2016. Nei miei scatti racchiudo tutta la mia esperienza, la musica che ascolto, i viaggi che ho fatto e le persone che ho incontrato. Mi occupo di fotografia di matrimonio, ritratti, branding e naturalistica. Durante il primo lockdown, nel 2020, ho scoperto il mondo degli autoscatti; questo mi aiuta a conoscere lati di me nascosti e ad accettarmi. Cerco di aiutare, attraverso i miei scatti, altre persone che provano i miei stessi sentimenti, a vedersi con occhi diversi e imparare ad avere maggiore consapevolezza di se stessi.
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NUMERO SEI. FINE.
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