REM #2 Philippe Rahm

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Philippe Rahm




PHILIPPE RAHM France


REM asks to Philippe Rahm Interview via Skype Tuesday, 11 March 2014 54’18’’ 13 questions

PHILIPPE RAHM - […] Non sono molto interessato al cinema, molto probabilmente perché non sono interessato alla narrazione. Per me l’architettura è una sorta di sfondo climatico per un’azione che non progetto io. Fare architettura, quindi, significa progettare lo sfondo in cui la narrazione può avvenire. Il cinema era molto importante negli anni ‘80 e molti architetti come Jean Nouvel o Bernard Tschumi avevano riferimenti cinematografici. In quegli anni si parlava di sequenze cinematografiche, forse perché non c’era ancora accesso ad internet e l’uniche fonti di conoscenza forse erano veramente il cinema, i libri o i fumetti. [...] Il cinema è diventato solo una delle fonti di conoscenza che abbiamo a disposizione, al contrario di quanto accadeva negli anni Ottanta. Ritornando alla domanda, non penso all’architettura da un punto di vista di una cinepresa. Ci sono alcuni filosofi contemporanei come Peter Sloterdijk1 o Bruno Latour2 che sostengono che oggi siamo dentro l’oggetto, non siamo di fronte ad esso. E’ il motivo per cui penso che il punto di vista non sia la cosa più interessante di oggi. E’ più interessante il corpo e l’oggetto all’interno dello spazio, come sostiene il filosofo tedesco Peter Sloterdijk. [...] 1. Peter Sloterdijk è un filosofo tedesco, professore di filosofia ed estetica alla Hochschule für Gestaltung di Karlsruhe, di cui è pure rettore dal 2001. 2. Bruno Latour è un sociologo e antropologo francese, è noto soprattutto per il sui studi scientifici e tecnologici.

REM - The cinema was able to foresee architectural sceneries or to use existing architectures to stage some histories. To you, how about relationship with the cinema, do you ever think about architecture seen by the point of view of a camera? PHILIPPE RAHM - [...] I’m not really interested in the cinema because I’m not interested in the narrative. For example to do architecture is more to build a kind of background, a climatic background for an forthcoming action but you are not designing the narrative. It’s just to design the background where the narrative can grow. I’m not interested to do narrative with the buildings. The cinema was very important in the ‘80s, for example a lot of architects like Bernard Tschumi or Jean Nouvel referred to the cinema. They spoke about cinema in sequences or images and I was wondering why they were interested in cinema: maybe at that time it was quite difficult to get information because you had no access to internet and the only source of knowledge was cinema, comic books or books. [...] The cinema is only a very small part of the knowledge we can use. I don’t think that architecture is a point of view. There are some philosophers like Peter Sloterdijk1 or Bruno Latour2 in France who say that today we are not in front of the object, we are inside the object. That’s why I think that the point of view is not the most interesting thing today but It’s more the body inside the object, inside the space and this is a little the idea of German philosopher, Peter Sloterdijk. [...] 1. Peter Sloterdijk is a German philosopher, professor of philosophy and aesthetics at the Hochschule für Gestaltung in Karlsruhe, where he is also rector. 2. Bruno Latour is a French sociologist and anthropologist, he is best known for his studies on science and technology.

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REM - Spesso il cinema è riuscito a prefigurare scenari di architetture possibili o utilizzare architetture esistenti per inscenare delle storie. Qual è il suo rapporto con il cinema, pensa mai alle sue architetture viste dal punto di vista di una cinepresa o di una storia che può accadere?


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REM - REM guarda anche dell’arte contemporanea: cosa ne pensa del rapporto tra arte e architettura? P.R. - Penso che il legame tra arte e architettura ridefinisca il linguaggio di quest’ultima. Quando si pensa all’arte, si pensa a qualcosa che ti fa cambiare il punto di vista. Quando si vedono, per esempio, i quadri di Claude Monet, poi non si vede più il mondo con gli stessi occhi di prima, perché si pensa alla luce e alle sue qualità. L’arte pop ci ha insegnato a non pensare che gli edifici comuni siano banali, secondo Ed Ruscha3 essi potrebbero essere monumenti. Quindi l’arte ha la capacità di cambiare il punto di vista di qualsiasi cosa. A volte penso che alcuni architetti riescano a cambiare l’approccio con l’architettura cambiando il linguaggio di essa. Ma l’architettura non è sempre arte; è tale solo quando riesce a cambiare o reinventare il proprio linguaggio. Alcuni architetti si possono definire artisti, molti altri no, forse non vogliono nemmeno esserlo, magari vogliono solo applicare alcuni metodi già esistenti. REM - La prossima Biennale di Architettura dal tema “Fundamentals”, si concentrerà sugli elementi dell’architettura utilizzati da qualsiasi architetto, sempre e ovunque. Koolhaas ne ha anticipati alcuni: porta, pavimento, soffitto. Ci potrebbe parlare dei fondamentali della sua ricerca architettonica? P.R. - Io sono più attento alla sottrazione, agli elementi di ventilazione e a tutti i sistemi di riscaldamento. Gli elementi fisici dell’architettura, come colonne, scale o pareti, non mi appassionano. Io sono interessato agli elementi invisibili, come il calore, la ventilazione e l’illuminazione, perché credo che definiscano con maggiore precisione la qualità dell’aria e la 3. Ed Ruscha è un artista americano associata con il movimento pop art. Ha indagato i linguaggi della pittura, incisione, disegno, fotografia e cinema.

REM - REM also looks at contemporary art: what do you think about the relationship between art and architecture? P.R. - I think the link between art and architecture is to redefine the language of architecture. When you think about what is good art, you think about something that changes your point of view. When you see Claude Monet’s paintings, for example, you don’t see the world with the same eyes as before because you think about the light or the quality of the light in a different way. Or, if you think about Ed Ruscha3 in the pop art or late pop art period, you don’t think about the banality of the common buildings, you think they could be monuments. So it’s all to change the point of view about something. Sometimes I think also some architects change the approach of architecture and it can be define as art because they change the language of architecture. So, sometimes it could be related but architecture is not always art, it’s only when you change or reinvent the language or change the elements of architecture that architecture become art. Because you are doing like an artist who reinvent his language. Some architects can so be defined like artists but the others no. Maybe they don’t want to be artists, just want to apply some methods that already exist. REM - This year, the Biennale exhibition of Architecture “Fundamentals”, will focus on the elements of the architecture used from any architect, always and anywhere. Koolhaas, has ancitipated some of them: door, floor, ceiling. Could you tell us something about the fundamentals of your architectural research? P.R. - Of course I’m more interested in ducts and ventilation elements or in all the heating systems. I’m more interested in the invisible elements of 3. Ed Ruscha is an American artist associated with the pop art movement. He has worked in the media of painting, printmaking, drawing, photography, and film.



Standard Station, Ed Ruscha, 1966


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REM - Dopo diverse Biennali che celebrano il contemporaneo, “Fundamentals” si concentrerà sulla storia, per un architetto è importante comprendere la storia per vivere con estrema partecipazione la contemporaneità, storia o contemporaneità? Perché questa scelta? P.R. - E’ importante conoscere la storia dell’architettura. Se non la si padroneggia è facile fraintendere alcuni atteggiamenti, è facile guardare solo al risultato e dimenticarsi la causa della forma. Per esempio, è importante capire quello che fu l’inizio legato alla ricchezza, conoscere le fonti dell’acqua limpida e il luogo da dove proviene. Oppure, è molto importante conoscere la storia delle città per capire che l’inizio di tutto fu collegato alla ricchezza, alle fonti di acqua chiara e ai luoghi dove era possibile trovare quest’ultima. La piazza non è stata solo una forma morfologica, essa fu collegata all’uso del bere e alle necessità fisiologiche, che ne hanno creato una motivazione sociale. Oggi ci dimentichiamo dell’importanza dell’acqua perché essa viene direttamente nelle nostre case. [...]

4. Architettura ‘Beaux Arts’ si fa riferimento allo stile architettonico neoclassico insegnato all’École des Beaux-Arts a Parigi.

architecture like heat, ventilation, lightning, because I think they define more precisely the quality of the air and the quality of the space than the visible ones. I think these invisible elements could be integrated in the Biennale because some parts of them will be the duck and pipe. I don’t know how the Biennale will be but I think the fundamentals of architecture are not the visible elements. I think it’s more the climate. I believe that the approach of this Biennale is a more traditional approach based on elements of architecture that were codified in 19th century Beaux-Arts architecture4 by Durand or Guadet. REM - After different architectural exhibition that celebrate the contemporary, “Fundamentals” will focus on the history. For an architect, between history and contemporaneity, which is important to understand the history to live with extreme attention the contemporaneity? And why? P.R. - It’s really interesting and important to know the history of architecture because you can understand why the current situation is like this and what was the reason for this. Sometimes you misunderstand some reasons if you don’t know the history because you only see the result but you forget the cause of the form, of the shape. For example, in the history of the cities it is quite important to understand that the beginning was linked to the well, to the sources of clear water and cities took place where there was clear water. The public plaza was not only a morphological shape, it was linked to the use of drinking and it was linked to physiological needs and these needs created a social reason for the public plaza. Today we forget these aspects because water comes direct into your apartment. [...]

4. Beaux-Arts architecture expresses the academic neoclassical architectural style taught at the École des Beaux-Arts in Paris.

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qualità della spazio. Penso che questi elementi invisibili potrebbero essere introdotti nella prossima Biennale. Non so come sarà la Mostra, ma credo che i fondamentali dell’architettura non sono solo gli elementi visibili, bensì penso che il clima, il calore, l’umidità e la luce siano i veri fondamentali dell’architettura, e non gli elementi individuati da Rem Koolhaas. Quello di questa Biennale in realtà, è un approccio tradizionale, basato su elementi architettonici postmoderni, codificati nel 19° secolo dall’architettura Beaux-Arts4, in particolare da Durand e Guadet.


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REM - All’inizio del 1900 , aveva senso parlare di un’architettura nazionale, quindi di architettura “cinese”, architettura “svizzera“, architettura “indiana”. Cento anni più tardi, dopo due guerre mondiali, diverse velocità di sviluppo e di talenti individuali, le architetture che una volta erano specifiche e locali oggi sono diventate intercambiabili e globali. L’identità nazionale è stata sacrificata alla modernità? Oggi, 2014, ha ancora senso parlare di architettura nazionale? P.R. - Non credo nella cultura nazionale. Penso sia un approccio postmoderno, basato troppo sulle immagini e sulla narrazione. Personalmente credo che l’architettura non abbia niente a che fare con questo. A Taiwan, per esempio, nel progetto che stiamo realizzando5, non è stata assolutamente importante la cultura nazionale. Quando si parla di cultura si parla di una sovrastruttura che prima era fisiologica. Per esempio nessuno sa che la forma del tetto cinese, in realtà non è legato alla cultura, ma è dettato dalle condizioni climatiche, per gestire le acque piovane. Non credo sia interessante utilizzare un’approccio culturale sovrastrutturale, penso che sia meglio cercare di capire le ragioni fisiche e le motivazioni scientifiche di quello che accade. Nei Paesi arabi, ad esempio, ci sono grandi muri in terra: è interessante guardarli e capire il loro comportamento termico. Il loro ritardo della trasmissione del calore di 12 ore, crea un ambiente fresco durante il giorno e caldo durante la notte. In Marocco, a Marrakech, ci sono alcuni contenitori, in cui è presente l’acqua che evaporando crea un ambiente molto fresco. Ciò che è interessante per me è l’approccio climatico di un paese e non la sua immagine culturale.

5. Jade Meteo Park, 2012 - 2015. Taichung, Taiwan, Philippe Rahm architectes, Mosbach paysaigstes, Ricky Liu & Associates

REM - At the beginning of 1900, it had sense speak of a national architecture, like “Chinese” architecture, “Swiss” architecture, “Indian” architecture. One hundred years later, after two world wars, different speeds of development and individual talents, once the architectures were specific and local have become interchangeable and global. Has the national identity been sacrificed to the modernity? And today, at 2014 does it have sense speak of national architecture? P.R. - I don’t believe in national cultures because I think it’s a postmodern approach, to much based on images, narrative. Personally I think that the architecture has nothing to do with this. In Taiwan, for example, in the project we won5, the national culture wasn’t absolutely important, we didn’t integrate it. When you speak about cultural it’s a kind of superstructure of something that was more physiological before. For example, everybody think that the Chinese roof is linked to the culture but nobody knows why the shape of the roof is like this. Maybe, in reality, it is linked to a certain part to manage the water, to deal with the rain and the rain has created the shape of the roof. I think it’s not interesting to use the superstructural cultural approach, I think it’s better to come back and to understand the physical reasons, the scientific reasons. For example, in the Arabian countries there are big walls made of earth. It’s really interesting to look at them to understand their thermal immersion, the migration of heat inside the wall during 12 hours, the creation of coolness during the day and warm during the night. In Morocco, in Marrakech, there are some fountains with water and the it evaporates and creates coolness by a physical change from liquid to gas. What is more interesting is the climatic approach of the country, not the cultural image. 5. Jade Meteo Park, 2012 - 2015. Taichung, Taiwan, Philippe Rahm architectes, Mosbach paysaigstes, Ricky Liu & Associates



Jade Meteo Park, Taiwan, 2012-2015 Philippe Rahm


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P.R. - Si, L’Hormonorium6 presentato alla Biennale di Venezia nel 2002 è stato uno dei primi progetti in cui il disegno dello spazio non è legato al suo confine solido. Normalmente, quando si pensa a come definire lo spazio, secondo l’architettura tradizionale si pensa al confine, al muro, al soffitto, al pavimento. Essi creano certamente un ambiente interno, ma ci fanno perdere di vista l’obiettivo che non è il solido ma lo spazio. È interessante pensare che possiamo progettare qualcosa di diverso dalla materia reale dell’architettura, cioè lo spazio, che è l’elemento più importante in architettura. Nell’Hormonorium c’è una pressione speciale nell’area e quindi lo spazio non è vuoto. [...] Questo significa che lo spazio, oltre ad avere qualità materiche e fisiche, ha anche qualità chimiche, elettromagnetiche e biologiche. Tutte caratteristiche che cercavamo per l’Hormonorium. Abbiamo iniziato a progettarlo dando determinate qualità chimiche ed elettromagnetiche allo spazio. [...] Nell’Hormonorium c’era una carenza di ossigeno tipica di un ambiente montano a 3.000 metri di altitudine, In questa situazione nel corpo si sviluppa una strana reazione ormonale. La seconda caratteristica dello spazio è la luce (qualità elettromagnetica): abbiamo aumentato la quantità proveniente dal terreno, fino a 10.000 lux di intensità, ricreando la stessa situazione che accade sulla neve. Nell’Hormonorium si cambia la percezione dell’architettura perché aumenta lo scambio tra il corpo e lo spazio. [...] 6. L’ Hormonorium è uno spazio dove le reazioni fisiche sono simili a quelle provate in cima a una montagna di circa 3000 metri di altitudine .

REM - In the Hormonorium you have represented the mountain not by images, signs, or narratives form, but through its weather conditions. Can you create a space through the atmospheric conditions? P.R. - Yes, the Hormonorium6 is one of the first project we made in 2002, where the design of the space is not linked to its solid border. Because when you think about how to define the space, in the traditional architecture you normally think about the border, the wall, the ceiling, and the floor. These aspects create for sure an internal environment but they make you loose the goal which is not the solid, but the space. It’s interesting to think that we can design something different with the real matter of the architecture, the space as emptiness, that is the most important element of the architecture itself. [...] So this means that the space has some material, physical, chemical, biological and electromagnetic qualities. These are all features that we were searching for in the Hormonorium. We started to design it giving certain chemical and electromagnetic qualities to the space. [...] Which means that in the Hormonorium there was a lack of oxygen typical of the mountain environment at 3,000 m high. In a situation like this, the reaction of the body is an hormonal reaction. The second quality of the space is the light (electromagnetic quality): We worked increasing the light coming from the ground to 10,000 lux of intensity. We chose to add the light in the ground because it’s like what happens on the snow. In the Hormonium, the perception of architecture is changed because the exchange between the body and the space increases. [...]

6. The Hormonorium is a space stimulates physical reactions in humans similar to those experienced on a mountain top of about 3000 meter altitude.

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REM - Nell’Hormonorium lei ha rappresentato la montagna non attraverso immagini, segni o forme narrative ma attraverso le sue caratteristiche meteorologiche. Secondo lei si può quindi creare uno spazio attraverso le condizioni atmosferiche?


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REM - Le andrebbe di parlarci della sua tesi di laurea? P.R. - Il tema della mia tesi riguardava il cimetero di un isola vicino a Parigi, nel “Ile Seguin”7. Una parte della ricerca è stata molto importante per me: avevo fatto una ricerca sul valore ecologico del calcestruzzo, esso può essere analizzato e corretto con il parametro atmosferico dell’inquinamento, dell’erba, del muschio e di molte altre cose che si depositano su di esso. In quel momento però, quello che più mi interessò fu la formidabile scrittura del filosofo tedesco Hegel, che in uno dei suoi più bei libri sosteneva come l’architettura sia il livello più basso di arte, perché caratterizzata dalla fisicità e dalla gravità. Sono stato molto attento a questo livello elementare di architettura, che riguarda il mondo fisico. Quando ho iniziato a fare architettura, ho iniziato da questa posizione molto fisica, molto reale, materiale, legata al mondo atmosferico e geologico. REM - Per caso ha scelto la sua ragazza in base alla temperatura corporea? P.R. - No, ma forse è vero che ho scelto la mia ragazza. Lei ha un carattere opposto al mio, quindi è come una polarità; c’è un conflitto che crea le cose. E’ come la termodinamica, sorgenti calde e sorgenti fredde per creare energia. Ho una moglie molto diversa da me. Per creare il vento, per creare qualsiasi cosa si ha bisogno di due diversi elementi molte volte opposti, come il freddo e il caldo. E’ bello avere qualcuno al proprio fianco molto diverso da sé. E’ più emozionante, più potente. L’intervista completa sul sito magazinerem.tumblr.com

7. Île Seguin è un isola della Sennatra BoulogneBillancourt e Sèvres, nella periferia ovest di Parigi, Francia.

REM - Would you like to tell us something about your thesis for Bachelor’s degree? P.R. - It was about the cemetery on an island near Paris, in the “Ile Seguin”7. In particular, a part of my research was quite important for me at that time: It was about all the ecological value of the concrete I used, because the concrete can be corrected by the atmospherical parameter of pollution, by the grass, the moss and all these things on it. But at that time the writing of the german philosopher Hegel was also very important for me. He said that architecture is at the lower level of art because it deals with the physics of the walls, with gravity, and with rain. I was very interested in this very low level of architecture. When I started to think about architecture, I started from this very physical position of the architecture in the real world, in the real material, in the atmospheric and geological world. REM - Did you choose your girlfriend on the basis of her blood heat? P.R. - No, but maybe it’s correct to say that I chose my girlfriend. She has an opposite character than me, so it’s like a polarity; there is conflict that creates things. It’s like thermodynamic: warm sources and cold sources in order to create things. My wife is very different to me. To create wind, to create anything, you need two different elements, many times one opposed to the other, like cold and heat. It is good to have someone very different from me and my character. It’s more exciting and more powerful. The full interviews on website magazinerem.tumblr.com

7. Île Seguin is an island on the Seine river between Boulogne-Billancourt and Sèvres, in the west suburbs of Paris, France.



Hormonorium, Venice Biennale, 2002 Philippe Rahm and Jean-Gilles DĂŠcosterd


According to Philippe Rahm

floor wall ceiling roof door window facade balcony corridor fireplace toilet stair escalator elevator ramp fundamentals

+ invisible elements

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According to Rem Koolhaas

elements of architecture


REM MinKyung Han Marco Belloni Issue #2 Philippe Rahm / Ugo La Pietra Thanks to Davide Rapp Matteo Poli REM will be printed in Italy and published one time a month Distributed by mail and person

REM

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