bm Editore - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, NE/UD editore ISSN 2283-7973
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MANGIAVINO
MANGIAVINO Rivista Unica dell'Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia
Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo
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Editoriale E sono undici! A grandi passi ci stiamo avviando all’ingresso del quarto anno di MangiaVino. Ne siamo orgogliosi e ringraziamo di cuore gli amici che hanno creduto e credono in questa rivista che vuole comunicare le innumerevoli Eccellenze del Friuli Venezia Giulia. Lo fa con l’umiltà e la competenza di chi, ogni giorno, vive e respira l’aria di questa bella piccola parte d’Italia. E ci lavora anche, ne conosce bene i meriti e le virtù. E li vuole trasmettere. Lo fa secondo la sensibilità e la cultura della scuola dell’Associazione Italiana Sommelier. Sono oltre duemila i ristoranti di qualità che, con le più belle enoteche italiane, sono puntualmente raggiunti dal nostro magazine. È arrivato quindi il momento di spingerci oltre: a Londra, a New York, a Tokio e in altre mete di quella ristorazione internazionale che merita essere messa a conoscenza di quanto il Friuli Venezia Giulia sia bello, virtuoso e ricco di inimmaginabili “giacimenti enogastronomici”. Così li chiamava Gino Veronelli, grande conoscitore della nostra regione. È a lui e a Isi Benini, figure irripetibili del giornalismo, che pensiamo ogni volta che mandiamo in stampa un numero di MangiaVino. A loro piacerebbe? Quali sarebbero i suggerimenti? Il rispetto e la gratitudine che proviamo per loro ci induce a cercare di fare sempre meglio, a curare ogni dettaglio, a interpretare il Friuli Venezia Giulia non solo con le parole più appropriate ma anche con le immagini più belle.
Renzo Zorzi Direttore Responsabile Presidente Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia
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c o n t e n u Friulano Autoctono d’Oltralpe di Renzo Zorzi /p. 12 I Ultins
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Cjargne di Marco Calzavara /p. 18
Terroirist di Federico Magni /p. 22 Il Mondo
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Folletto
Il Bianco Nato
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Boschi di Enrico Bertossi /p. 28
dall ’A micizia e dal
Caso di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano /p. 30
Gli Extravergini Nostrani X Tappa di Alessandro Pareschi /p.36 Il Pinot Grigio Cittadino Nel Cortile
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del
Mondo
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Friuli di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano /p. 40
Stefano di Raffaella Nardini /p. 48
La Mela Antica di Marco Sciaratta /p. 52 Viticoltori Eroici di Daniele Cernilli /p. 60 Santòn Vermouth Agricolo Friulano di Renato Paglia /p. 68
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t i In Copertina “strumento meccanico per la comunicazione 1930” Archivio immagine redazione
La Ricetta di MangiaVino /p. 70 La Grotta
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Dario di Bruno Cataletto /p. 74
L’Osteria Campiello di Giorgio C. Riva /p. 78 Il Mais Riscoperto Da Francisco La Rubrica
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Socchieve di Flavia Virilli /p. 82
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Era l’estate del 1983. Il Friuli, provato dall’evento tellurico del 1976, cercava, anche tramite lo sport, di risollevarsi. L’Udinese, dopo anni di oblio, finalmente aveva raggiunto la stabilità da “centro classifica” e la notizia che il brasiliano Zico, asso mondiale del pallone, potesse giocare in Friuli e portare i colori bianconeri aveva elettrizzato tutti i friulani. Accadde l’imprevedibile e per qualche strano “arcano burocratico” la cosa fu messa seriamente in dubbio dai vertici nazionali del calcio. Dopo qualche giorno di sconcerto, i tifosi, e non solo loro, decisero di scendere in piazza. Nella protesta così clamorosa, evento raro per il carattere mite e schivo dei friulani, spuntò un cartello che, immortalato da un cronista, fece il giro dei quotidiani del mondo. Su, c’era scritto: “o Zico o Austria!”. In quella frase c’era tutto il disappunto di un popolo che si sentiva profondamente mortificato nella sua identità.
I Friulani, quando “Bruxelles” decise (per altro coerentemente), qualche anno dopo, su sollecito dell’Ungheria, di togliere il nome Tocai al loro vino più rappresentativo si sentirono ugualmente traditi. Non scesero in piazza e non brandirono cartelli ma la delusione e la rabbia furono enormi e più grandi di quelli provati precedentemente. Zico, infatti, poté stupire con i suoi gesti atletici migliaia di tifosi bianconeri per molte stagioni ma il nome Tocai se ne andò via per sempre. Forse non c’è una vera e propria ragione perché i friulani risultino così attaccati al “Tocai” ma certamente rappresenta più di un semplice vino. È il “tajut” per eccellenza! Forse è il simbolo di quella convivialità operosa che contraddistingue le genti di questa terra. Gesti semplici, che chiudono la mattinata con una fettina di San Daniele, che certificano accordi minuti o affari importanti. Saldano amicizie e ne suggellano altre. Si parla del quotidiano o di politica. Nelle osterie o nei ristoranti di lusso. Negli afosi mezzodì d’agosto o nelle umide giornate di novembre. Oggi, questo vino si chiama Friulano e seppur, ironia della sorte, il nome sia fortemente identitario, non c’è avventore locale che avvicinandosi al banco di mescita non chieda all’oste: “per favore, un Tocai!”. Diffuso in tutte le zone Doc del Friuli Venezia Giulia escluso il Carso. Presente nella Docg Rosazzo. I risultati sono eccellenti nelle produzioni di pianura che di collina. Complessivamente 1.631 sono gli ettari vitati. Il vitigno è a bacca bianca e mostra una grande vigoria, produttività costante e abbondante. Buona la resistenza alle malattie anche se il grappolo è soggetto a marciume e all’oidio. Le foglie sono piccole, tondeggianti, trilobate, glabre, verdi. Il grappolo è medio, conico piramidale o conico, piuttosto compatto, a volte è alato. L’acino è medio, sferico. La buccia è pruinosa, giallo dorata, con riflessi verdi e leggermente puntinata, piuttosto spessa e opaca. La polpa è consistente, dolce, dai profumi neutri o leggermente aromatici. Il vino è giallo paglierino di varie intensità. Profumi delicati, gradevoli, caratteristici. Il gusto è asciutto, armonico, finale piacevolmente amarognolo.
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Le origini del vitigno appaiono ancora relativamente misteriose. Tuttavia qualche elemento certo esiste, eccome. Durante il tentativo estremo di trattenere il nome “Tocai”, si sono avvicendate molte supposizioni sulla genesi del vitigno. Alcune credibili o verosimili, altre originali e fantasiose, tutte però prive di dati oggettivi e documentati. Il Tokaij ungherese era noto in tutta Europa già nel 1300 e quindi è difficile sostenere la teoria delle viti portate in terra magiara dalla nobildonna friulana Aurora Formentini che “contaminarono” il Tokaij. Impossibile inoltre sostenere l’equazione Furmint - Formentini poiché il vitigno ungherese e il vitigno friulano sono proprio diversi. Anche il grande ampelografo Guido Poggi escluse analogie tra i due vitigni. Paul Truel, studioso francese e direttore dell’Istituto nazionale per la ricerca agronomica di Monpellier, nel 1959 pubblicò alcuni studi sulle analogie tra il Tocai Friulano e il Sauvignonasse, un vecchio vitigno bordolese chiamato anche Sauvignon de la Correze e con altri sinonimi ancora. Era un vitigno, rispetto al Sauvignon, piuttosto neutro e incostante e quindi lentamente nella Gironda si dismise completamente la sua coltivazione perché non ideale per la produzione dei vini locali. Qualche anno dopo anche il prof. Galet e il prof. Antonio Calò confermarono che si trattava di Sauvignonasse. Le analogie riscontrate tra i due vitigni erano evidenti e certe. Il periodo preciso in cui il Tocai fa il suo ingresso in Friuli Venezia Giulia non è comunque certo. Alcuni testi citano il Tocai in Friuli a partire dalla metà del Seicento ma non è specificato di quale vitigno si tratti. Nei secoli successivi le certezze mancano anche perché regna la confusione nel nome. Era piuttosto diffuso all’epoca rinominare i vini, per aumentarne il prestigio, con il nome di qualche vino famoso come: Bordeaux, Borgogna, Champagne, Sauternes, Chablis, Malvasia, Malaga e altri ancora. Vini che non coincidevano con vini o vitigni realmente presenti in Friuli ma che accrescevano le aspettative dell’avventore. Anche il Tocai Friulano probabilmente subì questa sorte. Questa tesi è alimentata anche dal fatto che molti vini in tutto il mondo portano o portavano il nome Tocai. Sono decine, diversi tra loro, a varietà bianca e rossa. Il Friulano è un vitigno di origine transalpina capitato forse per caso in Friuli. Tutti guardavano a oriente mentre le sue origini erano altrove. La presenza di uve bianche francesi, tra cui il Sauvignon, è sicura fin dalla seconda metà dell’Ottocento ma solo nella prima decade del secolo successivo si parla di Tocai come di uva bianca che origina un vino secco e di ottima qualità. Difficile sostenere però se si tratti veramente del moderno Friulano. Solo molto tempo dopo alcuni studiosi come Italo Cosmo e Guido Poggi faranno un po’ di chiarezza. Il Prof. Dalmasso propose di aggiungere l’aggettivo “friulano” per distinguere questo Tocai dagli altri. Siamo nella seconda metà degli anni trenta del secolo scorso. Nel 1939 il Poggi scrive: “il Tocai è coltivato con grandi risultati da almeno una decina d’anni in tutto il Friuli”. Dagli ultimi anni dell’800 quindi il vitigno si espanse velocemente in tutto il Friuli dando vini pronti, di facile beva, di ottimo corpo e predisposti ad invecchiare. Allora, come oggi. 15
TENUTA STELLA Collio Friulano 2014 Alc. 13,5% - € 14 Pregevole colore giallo dorato fitto e fulgido. Inebrianti folate di fiori gialli, timo secco e fienagione estiva invadono piacevolmente il naso seguite da dolci note di gianduia e wafer alla nocciola. In bocca è schietto, avvolgente, deciso, ma al tempo stesso scorrevole e nel finale si impreziosisce con chiare note ammandorlate. In acciaio per 9 mesi. Orata alla brace.
KEBER RENATO Collio Friulano Zio Romi Riserva 2013 Alc. 14,5% - € 18 Splendido colore giallo dorato vivace e lucente. L’impatto al naso, potente e raffinato, evoca una complessità olfattiva articolata che inizia con dolci note di miele d’acacia e pan brioche rinfrescate da sentori di agrumi canditi e mentuccia. L’assaggio è dirompente, ricco e coinvolgente. Ha sostato per 24 mesi in acciaio sui propri lieviti. Bavette alla busera d’astice.
GRILLO IOLE Friuli Colli Orientali Friulano 2015 Alc. 13% - € 12 Giallo paglierino luminoso. Gratifica l’olfatto con eleganti note floreali di rara piacevolezza cui si sovrappongono sentori fruttati di albicocca, pera ruggine e susina accompagnati da miele, timo secco e salsedine. Il sorso è ricco, succoso, con freschezza e morbidezza che si equivalgono in perfetta armonia. Vinificati in acciaio. Tagliatelle con capesante.
LA RAJADE Collio Friulano 2015 Alc. 13% - € 20 Giallo paglierino impreziosito da eleganti riflessi cromatici. Apre con suadenti sentori floreali di ginestra e poi sprigiona variegate note fruttate di pesca bianca, mela golden, prugna gialla e mandorla. Fieno secco ed agrumi completano l’olfatto mentre in bocca si esalta per avvolgenza, tipicità e gradevolezza. Solo acciaio. Branzino in crosta.
ZOF Friuli Colli Orientali Friulano 2015 Alc. 12,5% - € 11 Veste colore giallo paglierino di bella tonalità e invidiabile lucentezza. Il bagaglio olfattivo si distende su note floreali di mughetto e gelsomino in bella fusione con sentori fruttati di pesca bianca e pera ruggine sotto un velo di erbe aromatiche. In bocca mantiene le promesse e chiude piacevolmente amarognolo. Acciaio. Tortelli alle erbe spontanee. 16
MAGNÁS Friuli Isonzo Friulano 2015 Alc. 13% - € 14 Giallo paglierino, nitido e luminoso. All’olfatto rievoca i profumi delle fienagioni estive dei prati di montagna ricchi di fiori e di erbe spontanee. Si colgono poi sentori fruttati di pera ruggine, pesca noce e mela golden. All’assaggio è morbido, fresco ed equilibrato, perfettamente corrispondente e piacevolmente ammandorlato. Acciaio. Spiedino di gamberoni.
PIZZULIN DENIS Friuli Colli Orientali Friulano 2015 Alc. 13% - € 11 Bella tonalità di giallo paglierino con riflessi verdolini ambasciatori di freschezza. Fragranti sentori di agrumi e sbuffi di salsedine aprono l’olfatto seguiti da note di erbe aromatiche, soprattutto timo secco e rosmarino, con qualche accenno vegetale di peperone verde. In bocca è snello, scattante, energico, ma anche morbido e saporito. Acciaio. Frittata alle erbe.
PICÉCH Collio Friulano 2015 Alc. 14% - € 15 Una pregevole lucentezza esalta il già bel colore giallo paglierino. L’intensità, la gradevolezza e la complessità dei profumi gratificano l’olfatto. Si susseguono note di ginestra, scorza di agrumi, frutta candita, erbe aromatiche essiccate, miele d’acacia e mandorla fresca. In bocca è ricco di sapore e perfettamente equilibrato. Solo acciaio. Rombo al forno. SKOK Collio Friulano Zabura 2015 Alc. 14% - € 20 Giallo paglierino compatto e lucente. Al naso si presenta con delicate note floreali di gelsomino, mughetto e ginestra seguite da sentori fruttati più decisi di mela gialla, pesca bianca e fico nero accompagnati da una leggera aromaticità. In bocca è succoso, ricco di sapore, con morbidezza e freschezza che si equivalgono. Acciaio. Suprême di pollo, fichi e Montasio.
RONCO DEI TASSI Collio Friulano 2015 Alc. 13,5% - € 15 La vivacità del giallo paglierino introduce alla freschezza dei profumi, nitidi e ben sincronizzati, che in rapida sequenza gratificano l’olfatto. Un sottofondo di fiori di campo fa da contorno a sentori di mela golden, fico bianco, pesca noce, camomilla e caprifoglio. Un ottimo equilibrio gustativo gratifica l’assaggio. In acciaio per 7 mesi. Trenette al nero di seppia. 17
TERCIC Friuli Isonzo Friulano 2014 Alc. 13% - € 18 Classico giallo paglierino cristallino e luminoso. Il profumo è invitante, intenso e complesso. Si susseguono sentori di frutta tropicale accompagnati da fresche note di scorza d’agrumi e da una leggera, intrigante speziatura che ricorda la vaniglia e la cannella. L’assaggio è gustoso, ha stoffa, buona freschezza e sapidità. In acciaio per 7 mesi. Tartare di tonno. VISTORTA Friuli Grave Friulano 2015 Alc. 12,5% - € 10
TOMADONI Collio Friulano 2015 Alc. 13,5% - € 13
Vino di bell’aspetto giallo paglierino con eleganti riverberi dorati. Naso intrigante e variegato con note floreali di caprifoglio e tuberosa seguite da un cocktail di agrumi, erbe aromatiche e miele biondo. Non manca la nota ammandorlata che accentua la tipicità e la gradevolezza del sorso. Vinificato in cemento per 5 mesi. Tagliolini al San Daniele.
Riflessi dorati impreziosiscono il già bel giallo paglierino compatto e luminoso. Il ventaglio olfattivo si apre con note di frutta candita, sia esotica che nostrana. Si percepisce poi la resina di pino, il biscotto di malto, l’anacardo e la mandorla tostata. Il sorso è cremoso, saporito ed equilibrato. In cemento sui lieviti per 12 mesi. Moscardini in guazzetto.
RUSSIZ SUPERIORE Collio Friulano 2015 Alc. 13,5% - € 19 Giallo paglierino acceso di bella tonalità e pregevole lucentezza. Sontuoso al naso sia per l’intensità che per la complessità dei profumi che spaziano da note esotiche di ananas e passion fruit alla fragranza di erbe alpine, mentolo e scorza di agrumi. Il sorso è morbido e fieramente sapido. Chiude piacevolmente balsamico. Acciaio e legno. Involtini di pesce spada.
TERRE DEL FAET Collio Friulano 2015 Alc. 13% - € 13 Il bel colore giallo paglierino è un invito all’assaggio e l’olfatto viene subito gratificato da un’infinità di intriganti sfumature. Al chiaro sentore di mallo di noce fanno seguito note di mela matura, fieno secco, ortica e rosmarino. Il sorso è di grande impatto, strutturato e avvolgente. Prima cemento, poi tonneau e acciaio per 8 mesi. Scampi al forno.
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I may not be perfect
But it scares me how close to it I am
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I ULTINS DI C JARGNE "I ULTINS" SONO "GLI ULTIMI" TESTIMONI DI UN MONDO CHE NON C'È PIÙ Testi e foto di Marco Calzavara
Più che un mestiere, quella di Valentino è una missione: preservare la Pustertaler Sprintzen, una razza bovina oggi in via di estinzione, soppiantata dalle più “redditizie” Bruna Alpina e Pezzata Rossa. Entriamo nella piccola stalla impeccabile in ogni particolare; dalle lettiere di fieno agli animali, che Valentino pulisce uno a uno ogni giorno, per finire agli stipiti delle piccole finestre, che lui stesso ha decorato. È Valentino che ci presenta, con orgoglio e una vena di emozione, le “Sue Mucche”. Blizzard la renna di Babbo Natale, Kate, Fiona, Sissi la principessa d’Austria e Banderas, il toro. Il fil rouge fra Valentino e i suoi animali è così forte e indissolubile, che anche la mungitura può essere un problema se non è lui a farla. Tutto questo è Valentino, uno degli ultimi veri allevatori della Carnia.
VALENTINO E LA PUSTERTALER SPRINTZEN
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TERROIRISTS di Federico Magni
Foto di Silvia Pajani
A una ventina di chilometri a nord di Tolosa, tra gli altipiani lungo il corso del Tarn, vero paradiso per gli amanti della natura e della buona e tradizionale tavola francese, c’è una piccola grande zona vinicola, forse ancora poco nota al pubblico, anche a quello più appassionato, dove la vigna è coltivata fin dal periodo di dominazione gallo-romana. Anche qui, come nella maggior parte delle zone francesi del vino, sono stati i monaci benedettini che per primi, agli inizi del IX secolo, hanno organizzato, attorno all’Abbazia di Saint Michel, i vigneti, selezionando i vitigni che meglio si adattano a questa terra. È intorno proprio all’Abbazia che si sviluppa il pittoresco centro abitato di Gaillac da cui prende il nome l’AOC Gaillac, riconosciuta, tra le prime in Francia, fin dal 1938. Si tratta di vitigni principalmente autoctoni, quali i bianchi Mauzac, Loin de l’Œil e Ondenc e i rossi Duras, Braucol e Prunelart, per citare i principali, anche se in realtà si contano almeno una trentina di vitigni differenti, che costituiscono un vero e proprio unicum nel panorama enologico francese. L’appellazione Gaillac si estende su una superficie di circa 2.500 ettari e coinvolge un centinaio di produttori oltre a tre cooperative. Una “zona” relativamente piccola, dunque, ma estremamente diversificata per tipologia e geologia del terreno. In particolare, sono almeno tre i “versanti” dalla specifica e differente natura geologica. Les Terrasses de la Rive Gauche, lungo il fiume Tarn, nei villaggi di Técou, Cadalen e Lagrave, con suoli ricchi di ghiaia e sabbia estremamente fine e compatta; Les Coteaux de la Rive Droite, esposti verso sud, dominano tutta la valle del Tarn e si caratterizzano per terreni argillo-calcarei. Le Plateau Cordais, tra i villaggi di Chauzac-sur-Vère e la cittadina medievale di Cordes-sur-Ciel, lungo la valle de la Vère, con suoli bianchi di sassi e calcare. Un panorama estremamente variegato, quindi, in cui è facile perdersi e anche incappare in prodotti non sempre all’altezza delle potenzialità. Per andare sul sicuro, tra le migliori espressioni, ormai unanimemente riconosciute in Francia e all’estero, la famiglia Plageoles, proprietaria del domaine Très Cantous e del domaine RoucouCantemerle per un totale di 27 ettari di vigneto di cui 20 piantati in bianco, fa parte dell’alta nobiltà della viticoltura di Gaillac. Robert, e prima di lui il padre Marcel, grandissimo “greffeur”, che gli ha insegnato la strada dell’amore e del rispetto per il vitigno, e ora il figlio Bernard, tre uomini estremamente differenti, accomunati da una personalità forte che sono stati in grado di indirizzare verso una comune idea che hanno perseguito senza piegarsi ad alcun compromesso, da tutti considerati come “i padrini” dell’appellazione e di tutti i vignerons che fanno della qualità in queste terre, sono stati i primi a difendere e valorizzare i valori locali producendo, al di fuori delle mode e delle strade già sperimentate, grazie anche all’utilizzo di un’enologia ancestrale nell’idea, ma estremamente puntuale nella realizzazione, dei vini dalla forte personalità. Si deve a loro, ad esempio, a seguito di una rigorosa selezione massale, il recupero e la valorizzazione di un vitigno come l’Ondenc, da cui si ricava un vino dalla finezza insospettabile o il Mauzac nature, espressione effervescente, ormai imitatissima ma mai eguagliata, di un vitigno dal raro equilibrio, declinato anche nella versione secca (Mauzac vert) e dolce (Mauzac roux). Per non parlare dell’ormai mitico Vin de Voile, fulgido esempio di vino “ossidativo” che non ha rivali negli abbinamenti con alcuni piatti della tradizione gastronomica locale. Il futuro della famiglia Plageoles è assicurato dai figli di Bernard e Myriam, Florent e Robert, che hanno creato una loro etichetta, Terroirists, capace di racchiudere, nell’idea e nell’immagine, tutto il pensiero delle generazioni che li hanno preceduti e che, sicuramente, li seguiranno.
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2014 Pruneralt
Uve: prunelart 100% - Alc. 14% - € 25 Vitigno autoctono, su terre ricche di argilla e silicio, che dà un vino dal colore rosso intenso e dai caratteristici sentori di prugna fresca, radice di liquirizia e spezie scure, pepe verde su tutte. Si sentono poi il chicco di caffè e leggeri profumi di macchia mediterranea. La beva impressiona per facilità e immediatezza. Il sorso è fluido pur non mancando di concentrazione e volume che si ritrovano in un finale di ottima corrispondenza. Il 2014 darà sicuramente il meglio di sé tra qualche tempo, ma le premesse sono assolutamente incoraggianti. Cassoulet alla tolosana.
2012 Pruneralt
Uve: prunelart 100% - Alc. 14% - € 25 Sorprendente ciò che soli due anni di “invecchiamento” hanno apportato in complessità ed eleganza. Il colore rimane intenso con qualche riflesso lievemente granato. I profumi virano nettamente su sentori di frutta matura, anche sotto spirito, che si accompagna a viole essiccate. Il pepe è nero e cominciano a sentirsi la china e la grafite. L’assaggio non delude rivelando da subito una fitta trama tannica che ingentilisce un corpo robusto. La lunghezza non fa altro che confermare quanto ci si aspettava fin dal primo assaggio. Boudin alle castagne.
2015 Mauac Natur
Uve: mauzac rose 100% - Alc. 12,5% - € 18 Raro esempio di spumantizzazione detta “rurale” o “gaillacoise”, la più tradizionale e antica di queste terre. Il risultato è un’effervescenza delicata, fine, sottile. Tenuemente dorato, sprigiona note di lievitazione intervallate da fioriture primaverili e sentori lievemente lattici. Solo apparentemente semplice, all’assaggio si conferma in tutta la sua eleganza e stupisce per l’assoluta capacità sgrassante che lo rende ideale sia bevuto da solo che accompagnato alla cucina regionale che certo non è parca nei condimenti. Prosciutto di Bayonne.
2015 Verdanel
Uve: verdanel 100% - Alc. 14% - € 25 Vitigno che, scomparso da diversi secoli, è stato “riportato in vita” dai Plageoles che lo definiscono come un vitigno misterioso, difficilmente classificabile. Manto paglierino delicato che ben si intona con le note di mela granny e di buccia di mandarino che per prime si fanno strada tra fitti sentori di sapidità iodata. La vinificazione il meno invasiva possibile conserva inalterate le caratteristiche di grande acidità proprie del verdanel. Acidità che va di pari passo con una sapidità raramente riscontrabile in altri vini della zona. Per pulizia e precisione lo si potrebbe quasi paragonare al Mauzac nature. Salade du Sud-Ouest
2000 Vin De Voile
Uve: mauzac 100% - Alc. 15% - € 45
Vinificato come i vins jaunes dello Jura, imbottigliato sette anni dopo la vendemmia, è forse il vino che più rappresenta l’opera di Robert e Bernard Plageoles. L’elevage avviene in legno grande e vecchio. Il colore è quello caratteristico della tipologia. Le note ossidative, ben presenti, non sono mai sfacciate, ma perfettamente integrate in un insieme di sensazioni che spaziano dal legno di cedro allo yogurt al malto, agli agrumi canditi. Appena assaggiato sembra quasi sottile e minuto. Bastano però pochi attimi perché si manifesti in tutta la sua potenza che ne esalta le doti di grande, lunghissimo equilibrio. Pecorino dei Pirenei di almeno 36 mesi.
2015 Muscadelle
Uve: muscadelle 100% - Alc. 11% - € 23 Uno dei “dolci” di casa Plageoles, vendemmiato tardivamente e poi vinificato in barrique da 500/600 ettolitri. Giallo paglierino dai riflessi dorati. Esplosione floreale di fiori bianchi in rapida successione. Poi pesca bianca, polpa di susina e albicocca matura. In ultimo miele, sia di tiglio che di acacia. Bocca di un equilibrio magistrale tra le sensazioni avvolgenti, calde, e la freschezza del fine sorso che lascia il palato netto e asciutto. Il finale, lungo e intenso senza mai essere stucchevole, torna su delicate note di miele. Foie gras nelle sue varie declinazioni.
DOMAINE PLAGEOLES Route des Très Cantous 81140 CAHUZAC SUR VERE T. +33 563339040 www.vins-plageoles.com
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IL MONDO DEL FOLLET TO DEI BOSCHI di Enrico Bertossi
Foto di Umberto Pellizon
"Andai nei boschi perchĂŠ desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto" Dice Neil nel film "L'attimo fuggente" citando Henry David Thoreau.
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Non posso affermare che Bepi Salon si sia ispirato a questo aforisma consapevolmente ma so per certo che il suo andar per boschi è stato parte essenziale della sua vita come uomo e come ristoratore. Stare da lui a tavola non voleva solamente dire mangiare piatti deliziosi con materie prime strepitose ma assistere a una vera e propria lezione di botanica su erbe e funghi commestibili frutto di decenni passati a raccoglierli con una competenza di livello assoluto. Fu così che nella lontana estate del 2002, forte del sostegno della Camera di Commercio di Udine che presiedevo, proposi che le sue conoscenze su quanto offrono boschi e campi della Carnia andassero messe nero su bianco in un libro. Due erano i problemi da risolvere: in primis era inimmaginabile che Bepi si mettesse a scrivere e secondariamente bisognava trovare una persona che fisicamente gli si mettesse alle costole nelle sue scorribande durante tutte e quattro le stagioni per carpirne i segreti custoditi gelosamente e mai trascritti. Affidammo questo compito a una botanica appassionata di cucina friulana, Sonia Comin di San Daniele, che insieme a Bepi Pucciarelli ha dato vita nel 2005 al libro "Il mondo di Bepi Salon Ricordi, ricette, erbe e funghi nella storia di un grande ristoratore di Carnia". Bepi Salon da qualche anno non c'è più e confesso che mi manca molto la possibilità di incontrarlo. Il suo viso particolare e il modo di fare mi ricordavano sempre Gilberto Govi, grande attore genovese, ispirandomi una naturale e ammirata simpatia. Il suo rispetto per la natura, l'amore per l'ambiente incontaminato, la fedeltà alla propria terra, la signorilità innata erano contagiose. È sempre stato un mondo particolare quello di Bepi Salon, che in oltre sessant'anni di professione come albergatore e ristoratore ad Arta Terme è diventato ben presto una delle figure storiche e più prestigiose della tradizione carnica, soprannominato folletto o furetto per la sua vivace curiosità che ricorda quella degli sbilfs, i folletti tanto cari agli abitanti delle nostre montagne. Il nostro folletto non è stato solo un colto e profondo conoscitore del territorio e delle sue risorse naturali, come le erbe e i funghi che poi venivano trasformati in cucina dalle abili mani della moglie Fides, ma anche un instancabile promotore della sua terra, del turismo, dei prodotti e della cucina carnica, cultore dell'arte dell'ospitalità. Personaggio Bepi Salon lo era davvero: la sua esperienza e la sua simpatia erano contagiose e si poteva rimanere incantati ad ascoltarlo per parecchio tempo, come poté sperimentare di persona Bruno Vespa al teatro Giovanni da Udine a cui affidammo nel 2003 il compito di intervistarlo. Un personaggio vero, genuino, che andava di persona nei boschi, nei prati, dai fornitori e conosceva il mestiere certosino di curare la propria clientela. Suggestioni d'altri tempi, ancora riferimento della sua casa, l'omonimo albergo e ristorante di Arta Terme, dove Antonella Salon, terza generazione, “proprietaria e cuoca” -sì, si definisce cuoca!- fa dell'ottima pasticceria e grande cucina rielaborando la tradizione. Un mondo di accoglienza antica, nel segno del folletto, che da lassù, magari col suo cestino sotto braccio, scuoterà forse la testa osservando quello attuale, un mondo mediatico che vede gli chef più in televisione che nelle loro cucine.
ALBERGO RISTORANTE SALON Via Peresson, 70 33020 ARTA TERME (UD) Tel: 0433-92003 mail: info@albergosalon.com
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IL BIANCO NATO DALL'AMICIZIA E DAL CASO di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano
Foto di Fabrice Gallina
SCUBLA Via Rocca Bernarda, 22 33040 Ipplis – Premariacco (UD) T 0432 716258 www.scubla.com 32
La vendemmia è ormai completata e i giochi sono fatti! Spetta ora al tempo e alla cantina stabilire se davvero sarà, come tutto e tutti affermano, un’annata eccellente per i vini del Friuli Venezia Giulia. Si, lo sarà! Il vecchio gelso, posto al centro del cortile dell’azienda domina, da almeno un secolo, i vigneti della collina di Rocca Bernarda, “cru” di Ipplis e del Friuli enologico collinare. Si tratta di un tratto di collina orientale posta alla mercé dei venti di Bora ma anche, grazie all’ottima esposizione, ai benefici influssi caldi del mezzodì adriatico. Qui, dopo un breve tratto in salita di strada interpoderale, tra boschi e vigne, c’è l’azienda di Roberto che, assieme a Gianni, ci attende puntuale. La conoscenza, anzi l’amicizia, con i protagonisti della verticale descritta in queste pagine è consolidata e incontrarsi con loro è sempre un arricchimento personale, umano prima che professionale. È quindi un piacere, e un onore per noi, anche solo accennare brevemente alla storia dell’azienda. Roberto Scubla e Gianni Menotti si conoscono da sempre e quando il primo, con il pallino della terra e stanco della vita un po’ anonima da bancario, decise di acquistare il vecchio podere quasi abbandonato, il secondo non poté che seguirlo, in qualità di amico e consulente, in questa avventura. Gianni all’epoca era il direttore di Villa Russiz. Era l’inizio degli anni ’90 e il Friuli vantava, allora come oggi, una fama indiscussa nella produzione dei vini bianchi. “Soprattutto quelli realizzati dai blend di uve -inizia Roberto- erano un vero e proprio must e quindi anche noi eravamo attirati da questa sfida ma in realtà da qualche anno ci giravamo intorno senza trovare un’idea che ci sembrasse giusta per quello che volevamo realizzare: un vino che guardasse al mondo ma che possedesse le radici friulane”. Chiedo subito a Roberto notizie sul nome che questo vino bianco porta e che, meritamente, risiede costantemente nell’Olimpo dei grandi bianchi internazionali. “Eravamo, io e Gianni, a sciare nelle Tofane di Cortina d’Ampezzo –racconta Roberto con grande semplicità- e presi da una tormenta di neve trovammo riparo nel rifugio Pomèdes e lì rimanemmo in attesa di miglioramenti climatici. Le ore passavano e naturalmente finimmo per parlare di vino. Seduti ad un tavolino, su un tovagliolo di carta, cominciammo a tracciare un progetto di vino bianco, bello, semplice e che poi funzionò subito. Era il nostro grande progetto –prosegue Roberto sottolineando ancora una volta l’empatia che esiste tra i due- e non ebbe bisogno di modifiche o rimaneggiamenti. Si dimostrò immediatamente vincente. Un successo che non potevamo che dedicare a quel luogo, rivelatosi magico, e che isolandoci dal mondo per qualche ora ci aveva permesso di trovare l’idea perfetta. Nessuno di noi due aveva esperienza di uvaggi e per il nostro vino ci sembrava giusto rimanere all’interno della nostra filosofia che guardava al territorio e alle sue espressioni migliori in fatto di uve. Pinot bianco, tocai friulano e un pizzico di riesling renano. I risultati aromatici dati da questi tre vitigni messi insieme ha fin da subito rappresentato il valore aggiunto del vino. Noi crediamo che concorrano a questa fisionomia aromatica proprio le caratteristiche climatiche e dei terreni di Rocca Bernarda”. “Solo da questi antichi vigneti del podere –interviene Gianni– salvati quasi per miracolo si ricavano le uve per il Pomèdes. Vecchie piante, dalle rese bassissime e che valorizzano il vino grazie alla loro grande costanza qualitativa data proprio dalla loro longevità. È il segreto di questo vino, poiché non risente per nulla o poco delle variabili stagionali e, di fatto, non ha mai cambiato le percentuali delle uve nel blend. La perfetta maturità del frutto inoltre dona eleganza e complessità al prodotto. Un altro aspetto fondamentale è dato dal fatto che il nostro intervento in cantina è limitato al massimo. Vinificazione delle migliori uve, fermentazione nei legni francesi di vari passaggi, con frequenti batonage e poi lunghi mesi, già in blend, nell’acciaio. Segue un breve affinamento in bottiglia”. I bicchieri sono sul tavolo, le bottiglie stappate. Davanti a noi c’è la storia di questo vino e una lunga teoria di annate che segnano il suo percorso costante e longevo. Non possiamo che ritornare con la mente al quel giorno, pessimo per i due amici sciatori, ma fortunatissimo per la loro professione di vignaioli ed enologi. Pomèdes: un vino fatto a quattro mani, nato dall’amicizia e dal caso.
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2014
Denominazione: Friuli Colli Orientali Bianco Pomèdes. Zona di produzione: terreni di marna eocenica situati, in esposizione Sud Ovest a 170 metri slm, in area soleggiata nella collina di Rocca Bernarda a Ipplis di Premariacco(UD). Vigneti: allevati a doppio capovolto con viti di età media di 50 anni. Resa per ettaro: 5,5 t di uva con densità di 3.500/6.000 ceppi /ettaro. Uve: pinot bianco 50%, friulano 35%, riesling renano 5%. Epoca raccolta delle uve: fine settembre. Vendemmia manuale, in cassetta. Vinificazione: uve intere in pressetura soffice; dopo la decantazione a bassa temperatura il mosto fermenta in barrique e tonneau di rovere francese nuovi al 50% e il resto di secondo passaggio. La maturazione dura 8 mesi praticando frequente batonage; segue un assemblaggio di 10 mesi in vasche inox mantenendo il contatto con le fecce nobili, quindi affinamento in bottiglia per 3 mesi. Prima annata prodotta: 1995. Bottiglie prodotte: circa 4.000 anno/media. Temperatura ottimale di servizio: 12°C in calici ampi (Riedel Vinum Extreme Chardonnay). Prezzo medio al pubblico in enoteca: € 24.
Pomedes Alc. 14% - Punteggio 89/100 Andamento climatico: annata umida. Paglierino lucente attraversato da riflessi verdolini. Intensità olfattiva che svela note di melissa, lime, cedro, menta e coriandolo fresco. Tocchi di pepe bianco. Fioriture che si spingono fino alla robinia e alla macedonia di frutta. I profumi si mescolano al fondo minerale intensamente marino. Inizio teso per la vitale freschezza che mantiene il sorso equilibrato. Più che allo spessore della materia evidenzia un'affilata sapidità che porta il vino a distendersi in "souplesse" su precisi richiami d’agrumi. Capesante con asparagi e frutto della passione.
2009
Paglierino fitto con eleganti sfumature acquamarina. Compresso e complesso, sfoggia un ricco défilé di fiori e frutta: tiglio, magnolia, mele di montagna, polpa di cedro, e muschio bianco, oltre le quali emerge il biscotto al malto, affiancato da una sottile nota di pepe in grani. Ingresso al palato autorevole ove mostra, oltre a una struttura di peso e sostanza, una spina dorsale sapida davvero importante. Progressione sempre in equilibrio verso un lunghissimo finale sorprendente, quasi piccante. Zuppa di mare alla menta anice stellato e pastis.
2013
Pomedes Alc. 14% - Punteggio 93/100 Andamento climatico: annata calda, nel complesso regolare.
Pomedes Alc. 14% - Punteggio 92/100 Andamento climatico: annata tendenzialmente calda. La splendida veste oro-verde anticipa un impianto olfattivo sofisticato, che si scopre con pazienza. Mostra una bella espressione vigorosa e complessa, articolata su note di lemon curd, cedro candito, malto d’orzo, caffè in polvere, erbe aromatiche secche ed elegantissime tostature di pistacchio e nocciole. Sorso ammirevole che inizialmente sembra muscolare per la ricca materia di prim’ordine ma è invece in straordinario equilibrio. Progressione al palato fruttata e salmastra, di indiscutibile eleganza. Gallo ruspante in tecia e patate di Ovoledo.
Giallo dorato impreziosito da nuance verdi. Olfatto importante e coinvolgente che evidenzia tutta la nobiltà del pinot bianco. S’impone all’inizio un intenso profumo di mela cotogna, limone candito, fiori d'acacia e miele di tiglio. Seguono fini e sottili spaziature di coriandolo e anice stellato. L'assaggio si muove in una dimensione di grazia e regale eleganza e rende la beva levigata e setosa. L'acidità, perfettamente integrata, indica la strada verso il lento finale sapido e agrumato. Trancio di ricciola su crema di topinambur e zenzero marinato.
2007
Pomedes Alc. 14% - Punteggio 93/100 Andamento climatico: annata mediamente calda.
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2006
Pomedes Alc. 14,5% - Punteggio 96/100 Andamento climatico: annata calda. Oro luminoso che pare brillare di luce propria. Naso semplicemente splendido per eleganza e ricchezza. Subito compaiono gelatina di agrumi, noccioline caramellate, pere candite, balsami mentolati e miele millefiori. Continua a emozionare grazie alle note evolutive che si manifestano sotto forma di torba e trementina. La bocca è rotonda, tanto di materia, quanto di energia, animata da un perfetto incastro di freschezze e sapidità, a suggellare una dinamica gustativa esaltante. Risotto mantecato con burrata e tartufo bianco.
2002
Calda tonalità dorata. Corredo olfattivo sorprendente per eleganza.In primo piano una certa maturità di fondo rappresentata da noccioline tostate, miele di montagna, biscotti integrali e incisiva speziatura. Ben presente la freschezza, equamente divisa tra sbuffi mentolati ed essenze d’agrumi. L’assaggio inizia cremoso, per farsi poi nettamente fresco e sapido. Si fa notare per la sua integrità. Nessuna sbavatura. Allungo di grande persistenza, dai richiami di frutta secca. Blecs di grano saraceno con finferli e montasio mezzano.
Pomedes Alc. 14% - Punteggio 89/100 Andamento climatico: annata fresca. Oro pastello intarsiato da una fitta trama verdolina. L'olfatto immediatamente richiama i sentori del bosco dove si susseguono e rincorrono profumi di funghi, erbe secche, gemme di pino e corteccia. L’annata non manifesta i sentori della polpa del frutto e previlegia note di biscotto ai cereali, polvere di caffè, frutta secca e mele al calvados. L'assaggio evidenzia una freschezza vivace ma lieve e che accompagna il sorso. La struttura proporzionata e la vena amaricante ben composta segnano la piacevole chiusura. Agnolotti alla piemontese.
1997
Splendido abito giallo dorato. Evidenzia una successione di profumi che sembrano nascere uno dall'altro, come in una bizzarra matrioska aromatica. Iniziali note imponenti di miele di castagno e mela cotogna, effluvi di gelatina di agrumi, crema di mandorle, ananas maturo, tarassaco e fino a incontrare torba e spezie. In bocca è una saetta di agrumi e sentori rocciosi, subito domati dalle componenti gliceriche che formano un'ideale coesione gustativa. Buona persistenza che impreziosisce il sorso. Carbonara "fusione a freddo" di Paolo Parisi.
2000
Pomedes Alc. 14% - Punteggio 90/100 Andamento climatico: annata equilibrata.
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2004
Pomedes Alc. 14% - Punteggio 93/100 Andamento climatico: annata regolare.
Pomedes Alc. 13,5% - Punteggio 95/100 Andamento climatico: annata di ottimo equilibrio. Bel dorato, con lievi screzi verdolini. Inaugura la sfilata odorosa una decisa ed elegante impronta evolutiva che spazia dalla naftalina agli idrocarburi. Ampliano il corredo convincenti aromi di frutta sciroppata, mostarda d'agrumi, senape e torba bionda. Al palato regala armoniosa rotondità. Ottima struttura e calore, stemperati da una acidità integra e grintosa. Timbro sapido a reggere l'architettura gustativa, e a completare di emozioni di un vino ancora di grandi potenzialità. Stagionature di Parmigiano in diverse consistenze e temperature di Massimo Bottura.
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NELL’ORTO DI AONEDIS di Alessandro Pareschi
Foto di Angela Moroso
L’Orto sul Fiume è una piccola azienda agricola a conduzione familiare situata a Aonedis, una deliziosa località alle porte di San Daniele del Friuli, patria nel nobile crudo. Nasce dal desiderio di vivere a stretto contatto con i ritmi della natura che i giovani e intraprendenti Paolo e Angela hanno portato con loro per diversi anni e in diversi luoghi. Poi, finalmente la decisione di realizzare questo sogno nel cuore del Friuli, sulle sponde del fiume Tagliamento. Fin dall’inizio hanno deciso di produrre un olio extravergine di oliva di qualità capace di valorizzare il territorio, rispettare le tradizioni e l’ambiente incontaminato che circonda la zona circostante. Gli ulivi sono dislocati nelle dolci colline di Aonedis e hanno un’età media di 20 anni. Il valore aggiunto che marca in modo incisivo l’olio è dato dal clima mite di questa amena località. L’ambiente quindi caratterizza fortemente il prodotto finale grazie al particolare microclima poiché il fiume Tagliamento mitiga la temperatura attenuando la rigidità dell’inverno e assicura una maturazione perfetta degli ulivi evitando così lo sviluppo di malattie e parassiti. Anche il terreno apporta il suo contributo; ghiaie miste a rocce e argille garantiscono un buon drenaggio delle acque senza pericolosi ristagni. L’annata 2016 è stata caratterizzata da una primavera umida e piovosa che ha causato problemi di allegagione (la fase iniziale dello sviluppo dei frutti e successiva alla fioritura) e quindi una scarsa presenza di olive sugli alberi. La qualità delle stesse era però eccellente e la raccolta è iniziata quando il 50% delle olive erano invaiate e ciò per assicurare eleganza e finezza all’olio assieme a note fragranti, erbacee e agrumate. Le cultivar utilizzate per il blend sono bianchera, leccino, pendolino e maurino. Ogni operazione colturale, compresa la raccolta, si è svolta a mano garantendo così l’integrità delle olive. Il frantoio che le trasforma è un impianto continuo a estrazione a freddo. La produzione media annua è di circa 800 bottiglie da 0,50 reperibili direttamente in azienda o nei mercati locali. Angela Moroso sottolinea che spesso si confonde acidità con piccantezza. La prima si misura in laboratorio e viene espressa in percentuale di acido oleico libero, quindi non si percepisce in bocca. Deve essere molto bassa ed è molto importante perché in relazione ad essa viene stabilita la qualità dell’olio nonché la classificazione commerciale. La piccantezza o pungenza è una sensazione tattile che si percepisce soprattutto in fondo alla bocca assieme all’amaro ed entrambe sono sensazioni positive; si generano nell’olio di oliva come conseguenza della presenza di sostanze polifenoliche. Maggiore è la presenza di tali sostanze, maggiore sarà l’intensità dell’amaro e del piccante. Paolo evidenzia anche un altro aspetto fondamentale per determinare la qualità dell’olio: la scorrevolezza in bocca. L’olio deve avere una piacevole fluidità, non deve impastare la bocca, ungerla e ingrassarla, ma disporsi sul palato in maniera avvolgente senza sensazioni di ruvidità. 38
(X TAPPA) Oltre all'ulivo, l’azienda coltiva anche una varietà di frumento per alta panificazione e una vera rarità: il mais viola, una vecchia varietà della quale ogni anno si selezionano le sementi, per conservare il più possibile l'originalità e il sapore unico della vera polenta. In azienda si coltivano con metodo biologico anche ortaggi e piccoli frutti in un ambiente incontaminato e alcuni di essi diventano delle vere eccellenze sott’olio. Il lavoro di questa piccola azienda esprime quindi un concetto molto chiaro: utilizzare solo i migliori ingredienti che la terra generosamente produce e che la genuinità debba essere sempre accompagnata dalla qualità. La filosofia che sostiene questo progetto è quella di creare un sistema produttivo sostenibile, in cui i punti di forza sono il rispetto per l'ambiente e per l'uomo.
DEGUSTAZIONE Un verde acceso intenso e brillante anticipa un fruttato medio caratterizzato da profumi che ricordano l’erba di prato, la foglia del limone, il carciofo e la mandorla verde, con sottili note di fiori bianchi a sigillo. In bocca è dotato di pasta fine e si apre su note gradevolmente dolci che presto lasciano spazio ad un amaro – piccante deciso ma ben integrato nella massa; nel finale, lunghissimo e elegante, ritroviamo note di mandorla sgusciata e foglia di olivo. Un olio decisamente duttile, perfetto con un tipico piatto stagionale: il gran bollito misto con verdure e purea di patate. Olio Extra Vergine d’oliva Bottiglia in vetro lt. 0,5 prezzo al pubblico € 13 L’ORTO SUL FIUME Loc. Aonedis, 93 33038 San Daniele del Friuli (UD) T. 3477037797 www.ortosulfiume.com 39
IL COLLIO DI EDI E KRISTIAN Ecco l’ultimo piccolo dosso, la breve discesa di Zegla e poi, subito a destra, la ripida salita che conduce da Edi e Kristian Keber. Il complesso delle caratteristiche case che ospita l’azienda offre anche un delizioso agriturismo immerso nel verde dei vigneti, curato da Silvana, moglie di Edi, e dalla figlia Veronika. Qui la vista spazia lontano. Dietro c’è Cormòns, a lato Capriva e San Floriano, in Italia. Davanti c’è il Brda con Medana, Kosana, Castel Dobra e Vedrignano, in Slovenia. Una mano incapace e insensibile ha tracciato un confine e diviso case, stalle, orti, campi e vigneti separando così quello che la natura da secoli aveva reso comune. “La mia famiglia – racconta Edi – è sempre stata fermamente ancorata al territorio, siamo qui dal 1700. Quello che è cambiato sono le bandiere per volontà del destino e degli uomini. Mio nonno è nato sotto l’Austria, mio padre è nato a Medana che allora era in Italia ma oggi è in Slovenia. Io sono nato a Cormons, in Italia, così i miei figli che sono cittadini europei!”.
Edi ha sempre creduto nella potenzialità del Collio tanto da essere costantemente in prima linea quale promotore di iniziative a favore dello stesso. Ha puntato tutto su un’unica produzione: il Collio bianco che lui chiama semplicemente Collio. “Un progetto - ci dice con grande convinzione – che guarda fortemente al territorio e alla tradizione. Da qui è partita anche l’idea di una veste nuova per una bottiglia e, a partire dal 2009, io e molti altri colleghi produttori abbiamo presentato il vino prodotto in Collio con quella novità”. Edi è coadiuvato dal figlio Kristian; assieme portano avanti l’azienda familiare fondata nel 1700 e che oggi conta su 12 ettari vitati splendidamente esposti nelle soleggiate colline di Zegla a Cormòns. I vigneti sono condotti in regime di viticoltura biologica certificata.
Tratto da “il Collio di Zegla” - MangiaVino n°9
EDI KEBER Zelga, 17 - 34071, Cormòns (GO) T. 0481 61184 www.edikeber.it
IL PINOT GRIGIO CIT TADINO DEL MONDO E SIGNORE DEL FRIULI di Renzo Zorzi e Gianluca Castellano 42
Foto di Fabrice Gallina
Da tempo aspiravamo a questo incontro per un motivo semplice, anzi due. Perché una verticale completa di Gris non è mai stata fatta e poi perché questo vino rappresenta, assieme a pochi altri, il meglio che Friuli Venezia Giulia possa mostrare al mondo in fatto di Pinot Grigio.
La mattinata di fine autunno, calda e asciutta, ben rappresenta il finale di una stagione viticola da incorniciare. Ora ci si può rilassare. “È andato tutto benissimo -dice Alvaro- e, a mia memoria, ricordo rarissime annate così perfette”. Siamo comodamente seduti nel porticato dell’azienda di San Lorenzo e le chiacchiere scorrono veloci. È sempre una grande opportunità incontrare, oltre che un piacere, Alvaro Pecorari. Possiede una capacità di leggere il territorio come pochi altri e forse è in questa virtù che risiede la genesi dei suoi grandi vini. “Gris è il nome di un sito –spiega Alvaro- come Neris, Picol, Sant Jurosa ed altri, che appaino nel Catasto Teresiano. Gris è un luogo dove i sassi sono in superfice e spesso di notte si sentivano cantare i grilli (gris in friulano) e poi apparteneva ad una famiglia che si chiamava Gri. Il fatto, casuale, che noi ci abbiamo piantato il pinot grigio, ci ha permesso di giocare con il nome del toponimo”. “Capimmo la forza di questo sito –prosegue Alvaro mentre iniziamo a versare i vini nei caliciquando, era il 1989, vinificammo separatamente i vari vigneti e ci accorgemmo che questo Pinot Grigio possedeva una marcia in più. Fu anche il momento in cui, non era così scontato in Friuli allora, decidemmo di vinificare separatamente anche le uve di altri vigneti e che possedevano un grande valore aggiunto. Nacquero quindi gli altri cru come Picol e Jurosa. A dire il vero, già con la vinificazione del 1985, grande annata in Italia, mi ero accorto che questo Pinot Grigio era superiore agli altri che producevo. In una degustazione fatta in quegli anni a Padova con l’Associazione Italiana Sommelier portai il Pinot Grigio e fu un successo strepitoso”. La degustazione inizia e non possiamo che notare come i colori nei calici possiedono tutti la stessa tonalità oro-verde. La degustazione delle varie annate conferma questa vitalità anche in quelle più vecchie e soltanto se assaggi queste ultime ti accorgi di quanto siano ancora giovani i Gris che hanno già 5 anni e più di invecchiamento! Non solo la tenuta è perfetta ma in ogni annata si legge la grande vitalità e freschezza che permette a questi Pinot Grigio di sfidare il tempo. Sembrano eterni. “La nostra è una terra che produce per il futuro -scherza Alvaro ma aggiunge subito una cosa importantissima che a noi sembra fondamentale per capire il Gris e questa terra- I vini delle annate più calde hanno degli scompensi nella fase giovanile poiché possiedono un gran massa di costituenti mentre nelle annate equilibrate i vini sono più armonici fin da subito. Ma se a distanza di tanti anni il vino dell’annata calda regge e si mostra omogeno con le altre annate, pur con qualche distinguo naturalmente, vuol dire che è il vigneto che da il valore. Spesso ci si scervella nella gestione agronomica ed enologica ma qui esistono dei valori naturali, spontanei nel vigneto e questi permettono grandi risultati al vino. I nostri vigneti sono speciali. Ci sono fattori nel terreno, nel microclima che permettono alle piante di reagire a dare un vino di grande qualità anche in annate difficili e questo è un motivo in più per dar valore alla zona e al vigneto. Quanto vai a Singapore o a New York il confronto è con la Borgogna e questa ha fatto dei singoli vigneti la sua ragion d’essere. Quello è il modello nel mondo”. Il “modello friulano” di Pinot Grigio dunque si confronta con il resto del mondo più di ogni altro vino prodotto in questa regione e risulta competitivo proprio perché dietro di esso non c’è solo una esperienza agronomica o enologica ma soprattutto c’è questa regione vocata con le sue zone, i suoi microclimi e i suoi vigneti. L’azienda Lis Neris recentemente ha ricevuto dei riconoscimenti prestigiosi anche per un altro vino “must” che è il Tal Luc. È un verduzzo friulano con un pizzico di riesling. Il nome in friulano, di questo superbo vino passito, significa “nel luogo”. Si può riferire alla casa, alle proprie radici, alla propria anima. È dunque un concetto che riporta alla terra, alla conoscenza perfetta di essa poiché familiare e dei valori che sa esprimere. Alvaro possiede questo magico potere di cogliere, attraverso i suoi vini, questi pregi.
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2013
Denominazione: Friuli Isonzo Pinot Grigio Gris. Zona di produzione: altopiano ghiaioso calcareo a 60 metri slm vigneto Gris situato nell’area di San Lorenzo Isontino (GO Vigneto: allevamento a sistema guyot unilaterale con viti d’età di oltre 25 anni. Resa per ettaro: 5 t di uva con densità di 5.200 ceppi /ettaro. Uve: pinot grigio 100%. Epoca raccolta delle uve: metà/fine settembre. Vendemmia manuale, in cassetta. Vinificazione: Fermentazione in botti di rovere francese da 500 lt (22/24 °C), maturazione negli stessi contenitori di fermentazione sul deposito fine per 11 mesi con bâtonnage frequenti. Imbottigliamento e affinamento in bottiglia per 12 mesi. Prima annata prodotta: 1989. Bottiglie prodotte: circa 45.000 anno/media. Temperatura ottimale di servizio: 14°C in calici ampi (Riedel Vinum Extreme Chardonnay). Prezzo medio al pubblico in enoteca: € 20. Gris Alc.13,5% - Punteggio 92/100 Andamento climatico: annata di grande equilibrio. Paglierino carico, illuminato da suadenti riverberi verdolini. Profumi inebrianti di erbe mentolate e resine, sono affiancati da ricche sensazioni di fioriture estive, pesca gialla, pera ruggine e marmellata di limoni, fino a spingersi verso un sottile ma penetrante aroma di cardamomo in polvere. Il sorso mostra subito personalità. Splendide le proporzioni della beva. All’iniziale avvolgenza fruttata ben si contrappone la vena sapida e la tensione acida che indirizzano l’assaggio sempre più in profondità. Paccheri limone branzino e bottarga.
2010
Splendida veste paglierina dorata ricamata di verde. Sviluppo olfattivo che evidenzia tutta l’energia del sole. Un tessuto ricco di gelèe d’agrumi, frutta tropicale da cui emergono il litchi e il mango, spezie dolci e miele di tiglio. Bouquet di fiori gialli che spaziano dalla mimosa fino alla zagara. Fa il suo ingresso al palato con una sontuosa cremosità che si espande lentamente avvolgendolo completamente. Frustate acido-sapide vitalizzano il finale che si esaurisce in una chiusura raffinata che appaga i sensi. Zuppa di funghi zenzero e agrumi. Gris Alc.13,5% - Punteggio 94/100 Andamento climatico: annata piovosa.
Le tonalità oro e verde si compenetrano in una unica massa ricca di luce. Cattura l’olfatto con un défilé di erbe aromatiche, resine, note balsamiche di eucalipto e incenso. Un intrigante aroma di rosa bianca si infila tra le dolci pieghe formate da amaretto e uvetta malaga. L’assaggio si distingue per il percorso gustativo e tattile esaltante. Soffice e leggero inizialmente poi incisivo e possente, ricco di continue sfumature aromatiche che con grande lentezza lasciano spazio alla materia sapida di rara eleganza. Tortelli alle erbe di montagna di Fabrizia Meroi.
2008
Oro lucente, intenso e compatto. Il possente registro olfattivo evidenzia l’annata decisamente calda. L’aroma iniziale di pere kaiser mature e mele gialle si fonde con effluvi di fiori secchi, fieno e sbuffi di salsedine. Preziosi sentori di legni aromatici, polvere di caffè, accenni di frutta secca e agrumi disidratati completano il quadro. Al gusto svela la struttura calda e potente, con una materia spessa ben affiancata da mineralità iodata. Prosegue deciso il suo affondo verso una lunga persistenza dal sapore fruttato e minerale. Jota triestina.
2009
Gris Alc.14% - Punteggio 90/100 Andamento climatico: annata calda con vendemmia anticipata.
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2011
Gris Alc.14% - Punteggio 93/100 Andamento climatico: annata calda.
Gris Alc.14,5% - Punteggio 95/100 Andamento climatico: annata fresca dai forti sbalzi termici. Didascalico giallo dorato. Svela complessità e personalità fuori dal comune. Il sipario olfattivo, diretto e preciso, è disposto su note di lavanda kumquat, fiori di genziana e miele d’agrumi. Delicatissimi toni tropicali si mescolano a stuzzicanti effluvi di amaretto e legno di sandalo. Al palato continua a esaltare i sensi grazie alla perfetta interazione tra acidi, sali e glicerine. Aristocratica progressione al palato grazie anche all’uso perfetto del legno. Lunghissimo il finale dai richiami d’agrumi. Pasta di Gragnano allo zafferano e astice.
2006
Sfavillante nuance dorata. L’elegante spettro olfattivo è notevole. Spiccano profumi di mango disidratato, scorze d’agrumi, frutta candita e fiori secchi. Un sontuoso aroma di miele di montagna evidenzia una lieve quanto piacevole surmaturazione punteggiata da inebrianti spezie tra l’anice stellato e la liquirizia. Sorso che mostra peso e sostanza che unito alla freschezza rende la beva ben equilibrata. Una delicata rugosità tannica rallenta il sorso liberando sul finale una sorprendente sapidità. Avgolémono, zuppa di pollo greca. Gris Alc.14% - Punteggio 95/100 Andamento climatico: annata perfetta in tutte le sue fasi.
Veste luminosa oro e verde. Protagonisti dell’elegante successione olfattiva sono: mela disidratata e pera candita, gelèe di agrumi, rosa gialla appassita e miele in favo. Continua la sua propulsione aromatica con intriganti sentori evolutivi di rosmarino bruciato, china e torba. Al gusto emerge la grande personalità data dal perfetto bilanciamento tra freschezza e sapidità. La proporzionata struttura evidenzia l’eccellenza della beva. La persistenza pare infinita con rimandi continui e precisi ai fitti sentori del naso. Capesante, gazpacho di pesca e vongole.
Manto dorato e compatto. Affascinante il carosello di sensazioni che, al balsamo delle foglie di eucalipto, artemisia ed erbe alpine, intreccia fragranze di camomilla setacciata, fiori di zagara, agrumi canditi e noccioline caramellate. Al gusto impressiona per l’insospettabile freschezza che, assieme alla materia ben proporzionata, rende la beva leggera, soffice ma incisiva. Riprende una miriade di sfumature aromatiche che accompagnano un epilogo lunghissimo quanto raffinato. Emozionante. Formaggio di pecora zafferano e pepe.
2003
Gris Alc.14% - Punteggio 95/100 Andamento climatico: estate molto calda e vendemmia anticipata.
2001
2007
Gris Alc.14,5% - Punteggio 92/100 Andamento climatico: annata calda e precoce.
Gris Alc.14% - Punteggio 97/100 Andamento climatico: Annata di grande equilibrio. Giallo oro dal verde pastello. Fantastiche sensazioni dal timbro quasi alsaziano di naftalina, zafferano, cedro candito, menta e latte di mandorla, inondano contemporaneamente il naso, Un impressionante mix di erbe alpine e altri riconoscimenti si mostrano solo dopo lunga sosta nel calice. L’emozione continua al palato. La raffinata componente minerale si fonde perfettamente con la freschezza degli agrumi. Millimetrica corrispondenza. Infinita la persistenza. A pieno titolo nell’Olimpo del Pinot Grigio mondiale. Omaggio alla Normandia di Massimo Bottura.
Affascinante il vestito oro verde. Inaugura la superba sfilata aromatica la decisa impronta evolutiva di naftalina, canfora e tabacco Burley, accompagnata da chiare note di fiori secchi, leggere tostature, miele e mostarda di pere. Sentori di acqua conferiscono un timbro olfattivo quasi aristocratico. Grande simmetria e classe assoluta all’assaggio. Si mettono in mostra la perfetta integrità strutturale e la sorprendente freschezza. Incredibile il finale che mantiene saldo a lungo il suo impressionante caleidoscopio aromatico. Aringhe al curry.
1999
Gris Alc. 13,5% - Punteggio 96/100 Andamento climatico: Annata piuttosto calda.
LIS NERIS Via Gavinana, 5 34070 San Lorenzo Isontino (GO) T. 0481 80105 www.lisneris.it 45
www.canus.it
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I nostri vini tutti DOC Friuli Colli Orientali
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NEL CORTILE DI STEFANO di Raffella Nardini 50
Pare che i concetti “Km Zero” e “qualità” vadano spesso a braccetto e questo principio si riassume da Stefano, in quel di Sottoselva, località rurale alle porte della città stellata di Palmanova. La Salumeria Agricola Friulana “In Cortile”, il nome dice tutto, è situata infatti nella corte della tipica casa contadina del Friuli che si ritrova, con la rimessa per il trattore, il coccodè delle galline e il laboratorio per la lavorazione delle carni.
La tradizione agricola è di famiglia. Inizia con il nonno Sebastiano che è tra i primi in regione a dedicarsi ai frutteti, poi, verso la fine degli anni ’50, è il papà Franco che si dedica invece all’attività di incubazione delle uova di anatre, oche e galline per l’allevamento rurale. Ma come in tutte le case contadine che si rispettino, non manca mai il maiale che da tempo imprecisato è a buona ragione considerato il miglior amico dell’uomo. Un po' perché i tempi sono cambiati e pochi comprano le galline da tenere nel cortile, un po' perché la passione per il maiale ed i suoi prodotti è grande, l’allevamento di volatili da cortile va riducendosi e, nel 2004, Stefano inizia a macellare sia il pollame che i maiali in maniera professionale. La svolta avviene nel 2008, quando, dopo il cambiamento della normativa che regola la macellazione dei suini, l’attività si ingrandisce ulteriormente, dotandosi di laboratorio e macello a bollo CE, in cui Stefano, con l’aiuto di due collaboratori, lavora circa 200 maiali/anno, più i suini per conto terzi. Per quanto riguarda gli avicoli, invece, la macellazione interessa solo oche, anatre, polli e capponi allevati a terra in azienda. Quella che Stefano ha fatto, è una scelta che va controcorrente, perché lo scopo del suo lavoro non è solo quello di guadagnare, ma anche quello di fare le cose per bene. Infatti, macellare nella propria azienda non è sempre vantaggioso da un punto di vista economico, ma gli permette di seguire in prima persona i suoi animali, sino alla fine, evitando loro lo stress causato dal trasporto e dalle necessità operative che caratterizzano invece un macello industriale. L’aspetto etico di questa scelta è di assoluta importanza, tanto quanto quello economico legato alla qualità, dato che un animale spaventato rilascia nel corpo una grande quantità di adrenalina che causa una contrazione della muscolatura; le carni perdono troppo rapidamente i loro liquidi e non risultano essere adatte alla stagionatura. I maiali, che godono di ampi spazi all’aperto, si nutrono con cereali, controllati ed eventualmente riequilibrati da un punto di vista nutrizionale, che si producono in azienda. Nati in allevamenti siti in Friuli Venezia Giulia, arrivano a Sottoselva quando pesano circa 25-30 Kg, e raggiungono il peso di 240 Kg all’età di 14 mesi circa. Appartengono al cosiddetto maiale pesante della tradizione friulana, un animale maturo che ha grassi e carni ideali per la salumeria e le lunghe stagionature, ma non adatte alle cotture veloci. Il rispetto e la cura per gli animali è quindi una prerogativa di questa azienda, molto attenta anche all’ambiente e alle fonti di energia rinnovabili; infatti nel 2011 viene installato un impianto fotovoltaico che risulta soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda. La cura per il prodotto finale è significativa del piacere di lavorare bene, nel rispetto dell’animale e nel rispetto del consumatore finale che ha diritto di mangiare qualcosa di buono, di genuino e che non faccia male alla salute. Per questo c’è una grande attenzione nell’uso dei conservanti, utilizzati in quantità limitatissime, meno della metà della quantità permessa, solo al fine di stabilizzare il prodotto da un punto di vista microbico. E parlando di prodotto finale quello che conta è che non bisogna avere fretta, ma è necessario lasciare che il tempo faccia il suo lavoro e quindi per un buon salame della tradizione friulana in punta di coltello è giusto aspettare 90 giorni, e ancora di più per una soppressa, salumi questi che vengono fatti con tutte le parti del maiale, 4 mesi per un ossocollo o quasi un anno una pancetta, arrotolata o stesa. Non mancano la lonza con una bella parte di lardo che la ammorbidisce, lo speck, il fiocchetto e il fior di prosciutto dalla coscia del suino. Ma si dovrà attendere almeno ancora un anno e mezzo perché le cosce portate a stagionare a Ragogna raggiungano i 36 mesi di stagionatura, per assaggiare quello che sarà un prosciutto crudo davvero speciale. Per finire, l’azienda produce anche salumi cotti, una mortadella, un prosciutto cotto e una coppa di testa cotta a vapore per renderla più leggera.
IN CORTILE Via Marconi, 23 33057 Sottoselva – Palmanova (UD) T. 0432928274 www.incortile.it 51
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LA MELA ANTICA di Marco Sciaratta
Quando, nei secoli scorsi, nelle case contadine si viveva con quello che si produceva, i meli erano gli alberi da frutta maggiormente coltivati nella pedemontana pordenonese. Favoriti dalle condizioni pedoclimatiche e apprezzati per la facilità di conservazione e immagazzinamento, tra il 1800 ed il 1900 le nostre mele venivano commercializzate in diversi paesi tra cui Austria, Germania e il lontano Egitto. Nella zona furono selezionate diverse varietà che presero il nome anche da persone del posto o dalle stesse località. Tra tutte ricordiamo la “Marc Panara”. La storia di questa varietà è piuttosto singolare. Nel primo ‘900 rientrò a Frisanco, dagli Stati Uniti, Marco Roman detto “Panara” portando con sé le marze di un melo. Innestate sui franchi locali, nacque una nuova varietà di melo, più grande, robusto e dalla caratteristica forma ad ombrello. Sorprendentemente bello e con i frutti sorprendentemente buoni! Lontana dalle attuali leggi di mercato, in questi anni la mela antica è riscoperta e sostenuta dall’associazione “Gruppo Amatori Mele Antiche” che ha allestito un campo scuola di Fanna. Luogo magico dove non è difficile percepire la storia della mela antica. Qui si trovano esemplari datati e giovani di diverse varietà, in un piacevole parco avvolto da un autorevole silenzio. In questo contesto crescono e maturano frutti privi di trattamenti chimici. Le varietà censite in questi anni sono più di sessanta. Non sempre perfette nella forma, le mele presentano dei profumi e dei sapori, forti, netti, d’altri tempi. È impossibile, assaggiandole, non rivivere emozioni legate a ricordi antichi. Limoncei, Ruggine, Rossa Invernale, Cotogna, Striato dolce, sono soltanto alcune delle varietà presentate. Alcune da mangiare appena raccolte, altre buone solo se cotte. Ogni varietà presenta caratteristiche uniche. Alcune varietà si conservano per molti mesi e quindi, un tempo, permettevano di affrontare lunghi viaggi e quindi raggiungevano mercati esotici. Oggi la mela antica è promossa da enti e associazioni autorevoli ma le caratteristiche che la grande distribuzione richiede per questo frutto è ben diverso dalle varietà antiche. Peccato che gusto, profumo e qualità di un frutto non si possano misurare dal diametro, dalla forma o dalla lucentezza della buccia! Nonostante i limiti “estetici” delle varietà antiche alcuni imprenditori rurali si sono interessati a esse e hanno deciso d’inserirle nelle loro produzioni. Così la mela antica diventa, di fatto, un prodotto di nicchia. E dove non arriva il frutto, arrivano i suoi derivati: succo di mela, sidro, confetture e mele essiccate sono prodotti di nuove aziende agricole illuminate dalla ricerca di prodotti naturali poiché la filosofia “dell’innovazione nella tradizione” cambia i metodi, non i prodotti e la loro bontà!
A parte i derivati, di cui sopra, come molti frutti, la mela è spesso impiegata nelle preparazioni di dolci, come crostate, strudel, torte, frittelle, gelato, cartocci e soufflé. Va detto però, che nel tempo ha preso piede l'utilizzo della mela anche nelle pietanze salate: insalate miste, ripieni di pasta fresca, risotti, minestre e zuppe. È spesso impiegata anche in ricette con carne a base di curry, come pollo e maiale, ed è accostata al fegato e alla carne di cinghiale. L’associazione “Amatori Mele Antiche” nasce una quindicina d’anni fa nella pedemontana pordenonese ponendosi come obiettivi la riscoperta, il censimento, la conservazione e la rivalutazione delle varietà ancora presenti, garantendone la sopravvivenza della specie e promuovendone il reinserimento in un mercato di nicchia. Le poche decine di volontari hanno intrapreso anche un percorso di divulgazione nelle scuole. I comuni interessati sono sei: Fanna, che ospita il campo scuola, Andreis, Cavasso Nuovo, Frisanco, Maniago e Meduno. I sostenitori sono i comuni stessi, la Provincia di Pordenone, l’Ersa e la Comunità Montana del Friuli Occidentale. Tre sono gli eventi organizzati annualmente da associazione “Amatori Mela Antica” e partner. “La Mostra Itinerante delle Mele Antiche” che si volge generalmente la seconda domenica di ottobre alternando annualmente location tra i comuni associati. A marzo vengono proposti due corsi: “potature del melo” e “innesti”. Durante il secondo evento è possibile prenotare una piantina di melo o ritirare quella prenotata l’anno precedente.
ASSOCIAZIONE AMATORI MELE ANTICHE T. 3492845722 oppure 3478490492 www.meleantiche.blogspot.
RICET TE DOLCI CON LE NOSTRE MELE Maestro pasticcere Luca Diana
Diana La Pasticceria di Pordenone
TORTA ALESSANDRO
(mousse al cioccolato al latte e caramello con composta di mele e biscotto morbido all’amaretto)
BISCOTTO MORBIDO ALL’AMARETTO: INGREDIENTI: mandorle bianche g 310, zucchero a velo g130, cioccolato fondente 60% g40, gherigli di noci g 70, albumi g 250, zucchero semolato g 85. PREPARAZIONE: Macinare nel frullatore tutti gli ingredienti secchi per fare una farina; nel frattempo montare a neve gli albumi con lo zucchero semolato e poi unire assieme al composto macinato. Versare nei cerchi di acciaio per un’altezza di 2 cm e cuocere a 180°C per 20 minuti. MOUSSE AL CIOCCOLATO AL LATTE E CARAMELLO INGREDIENTI: zucchero g 80, acqua g 35, uova intere g 100 (2 uova), panna fresca g 100, tuorli d’uovo g 40, zucchero g 80, gelatina alimentare g 5, cioccolato al latte 40% g 280, panna fresca g 300. PREPARAZIONE: Cuocere a 121°C il primo zucchero con l’acqua e versarlo a filo sulle uova montate fino a raffreddamento. Preparare un caramello a secco con il secondo zucchero e decucinare con la panna e i tuorli riscaldati, aggiungere la gelatina ammorbidita e filtra sopra il cioccolato, mescolando in modo da ottenere una crema fluida. Aggiungere la base montata e per finire la panna. COMPOSTA DI MELE: INGREDIENTI: mele golden g 800, zucchero g 100. PREPARAZIONE: Saltare in padella le mele con lo zucchero e sfumale con un po’ di maraschino. Raffreddare. Su un cerchio di acciaio stendere un biscotto all’amaretto, versa sopra uno strato di mele a cubetti di circa 1,5 cm e poi terminare con la mousse al cioccolato e caramello. Raffreddare bene in freezer. GLASSA AL CARAMELLO: INGREDIENTI: zucchero g 330, panna g 300, gelatina alimentare g 8. PREPARAZIONE: Caramellare a secco lo zucchero e decuocilo con la panna bollente. Aggiungere la gelatina e lasciare raffreddare a 30°C, poi glassare la torta e decorala a piacere.
ANTONUTTI Lindul 2013 Uve: traminer aromatico 100%. Alc. 14% - € 36 Oro lucente. Comparto aromatico di gran classe. Agrumi canditi, sciroppo di mela, incenso, cannella, crema pasticcera, frutta tropicale candida, miele di eucalipto e caramello. Morbidissimo al palato. Freschezze d’agrumi e di salsedine apportano equilibrio e rendono la beva deliziosa. Lentissimo nella chiusura tipicamente aromatica. Acciaio e 15 mesi in barrique.
TORTA MORBIDA MELE E MARASCHINO INGREDIENTI: Burro g 150 , olio extravergine g 80, zucchero g 250, uova g 310 (6 uova), farina debole g 200, fecola g 50, lievito secco g 8, mele a fettine g 250, maraschino g 25, sale g 5, vaniglia. PREPARAZIONE: Emulsionare in planetaria o con frustino il burro morbido con l’olio. Aggiungere lo zucchero, il sale e la vaniglia e montare fino a raggiungere una consistenza spumosa. Emulsionare le uova a parte e poi aggiungerle al composto velocemente. Aggiungere la farina, la fecola e il lievito precedentemente setacciati. Per ultimo aggiungere a pioggia le mele e il maraschino a filo. Stendere il composto su stampi precedentemente imburrati oppure usare dei pirottini di carta tipo cupcake o muffin. Infornare a 175° C. per circa 30 min. in base alla misura della torta.
PAOLO RODARO Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano Pra Zanar 2012 Alc. 12,5% - € 22 Color dell’ambra. Ventaglio olfattivo ampio. Chips di mela, cocktail di frutta tropicale, agrumi candidi, datteri, miele d’acacia, frollini, pain glillé, fioriture gialle estive e tè alla pesca. Inizio vellutato, di grande impatto gustativo. Ben sorretto da adeguata freschezza sapida che induce al perfetto equilibrio. Finale dai lunghi richiami fruttati. Nell’acciaio per 36 mesi.
TORTA MELE E RICOTTA PASTA FROLLA: INGREDIENTI: farina “0” g 850, burro g 500, zucchero g 300, 2 uova intere e 4 tuorli, lievito bicarbonato g 5, sale 10 g,rapatura di 1 limone, vaniglia. PREPARAZIONE: Impastare bene la farina con burro, poi aggiungi lo zucchero con sale, lievito e aromi, infine aggiungere un po’ alla volta le uova. Lasciare riposare in frigo. Per agevolare la preparazione è consigliabile preparare la pasta frolla il giorno prima così sarà più facile tirarla al mattarello.
JACÙSS Colli Orientali del Friuli Picolit 2010 Alc. 12,5% - € 20 Dorato luminoso. Inebriante al naso. Lavanda, rosmarino, rosa gialla, sbuffi di incenso. Poi mela gialla, miele millefiori, pesca disidrata, fiori secchi, confettura di fichi. Dolce ma mai stucchevole. Delicato nella progressione gustativa. Ottima freschezza a garantire il corretto bilanciamento. Infinite e suadenti le continue corrispondenze olfattive. Matura per 3 anni botti di rovere.
RIPIENO: INGREDIENTI: 4 mele, uova g 250 (5 uova), zucchero g 90, ricotta g 200, burro sciolto g 30, rapatura di 1 limone, vaniglia. PREPARAZIONE: Tagliare a pezzetti non troppo piccoli 3 mele; unire la ricotta con lo zucchero e gli aromi, impastare bene e poi aggiungere le uova un po’ alla volta fino ad ottenere un composto omogeneo. Infine aggiungere le mele. Foderare la tortiera con la pasta frolla spessa 4 mm e versare il ripieno. Tagliare a fettine la mela rimanente e decora la torta a piacere. Cuocere a 190°C per 10 minuti poi a 170°C per 50 minuti. Gelatinare una volta raffreddato. Servire a temperatura ambiente.
ASSOCIAZIONE AMATORI MELE ANTICHE T. 3492845722 oppure 3478490492 www.meleantiche.blogspot.
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concept: MumbleDesign.it
Elegance is an attitude. SINCE 1910
Nell’italiano arcaico, “stocco” significava spada. L’emblema di una famiglia e dei suoi valori: forza, tenacia, rispetto e difesa del territorio. È solo così che sono riuscito ad interpretare i profumi di queste terre, le Grave, e fare sì che in ogni mio vino possiate ritrovare i sentori e l’eleganza del mio Friuli. www.vinistocco.it
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MANGIAVINO ®
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ISSN 2283-7973
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Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo
MANGIAVINO Rivista Unica dell'Associazione Italiana Sommelier Friuli Venezia Giulia
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VITICOLTORI EROICI di Daniele Cernilli
Foto di Fabrice Gallina
www.doctorwine.it Il Carso, almeno quello compreso nei confini italiani, inizia a Sagrado, appena dopo il corso dell’Isonzo e subito dopo aver passato il ponte di Gradisca. Siamo ancora in provincia di Gorizia, quella di Trieste si raggiunge dopo Monfalcone, ed è solo l’inizio di una zona che è diventata famosa per le aspre battaglie che si sono svolte durante la Grande Guerra, quella del ’15 – ’18, e purtroppo anche per la triste vicenda delle foibe che ha accompagnato la fase finale della II Guerra Mondiale ed anche i primi anni del dopoguerra. L’altopiano carsico, con i suoi terreni rocciosi, aridi, che sembrano le ossa della terra, solo talvolta ricoperti da poca terra fertile è un luogo che dà emozioni forti. Dalle zone che sovrastano il litorale triestino, verso Duino Aurisina, lo spettacolo è incredibile. Come se si guardasse una carta geografica si può osservare tutta la costa, il Golfo di Panzano, con Monfalcone sullo sfondo, che è anche la zona più settentrionale di tutto il bacino del Mediterraneo. Poi la foce dell’Isonzo e la “bisiaccheria”, la zona compresa fra quel fiume ed il Timavo, quindi “fra due acque”, nota per il carattere “bislacco” dei suoi abitanti, poco avvezzi a discutere troppo. Infine Grado, la sua laguna, e tutte le zone umide che s’intravedono sull’orizzonte fin quasi a Marano ed a Lignano Sabbiadoro, che precede la foce del Tagliamento. Uno spettacolo unico, visibile da piccole colline scoscese punteggiate da frutteti, vigneti e piccoli boschi mediterranei. Si fa vino sul Carso, poco ma si fa. E si intrecciano culture diverse, triestina, friulana e slovena principalmente. Si fa con difficoltà, con vigne piccole, talvolta veri fazzoletti, ed in cantine di strepitosa bellezza, costruite scavando la roccia sottostante, a mano, con i picconi, ma anche con la dinamite. I risultati sono spesso incredibili. Vere cattedrali sotterrenee, con tanto di colonne di pietra a sorreggere la volta. Quella di Benjamin Zidarich potrebbe essere dichiarata monumento nazionale senza suscitare scandali. Le varietà coltivate sono in parte quelle messe a dimora anche in altre parti del Nord Est. Chardonnay e Sauvignon in particolare, ma anche Malvasia Istriana. Il Refosco dal Peduncolo Verde, invece, c’è solo da queste parti, ed è chiamato Terrano. Dà vita ad un rosso possente e scorbutico, molto aspro e spigoloso, oggetto di venerazione da parte di molti triestini che lo considerano ideale per abbinare le tante ricette a base di maiale della loro cucina. Infine c’è la Vitovska, che si coltiva solo lì ed è con tutta probabilità la varietà realmente autoctona della zona. Ne scaturisce un bianco sapido e di buon corpo, dai profumi floreali e composti. Ma tutto questo oggi esiste ancora per opera di un pugno di viticoltori che con grande passione e straordinaria testardaggine hanno continuato a coltivare quei suoli ingrati, aridi, impossibili, traendone fuori vere gemme enologiche. Poche decine di ettari, quasi tutti nella frazione di Prepotto, in comune di Duino Aurisina, con piccole eccezioni a Sgonico e a Sagrado, rappresentate rispettivamente da Paolo Vodopivec, straordinario interprete di Vitovska, e da Castelvecchio, che è però all’inizio del Carso dove i terreni sono più simili a quelli del Collio e dell’Isonzo. Ma il vero “pacchetto di mischia” della squadra è, come dicevo, a Prepotto. Il capitano è Edi Kante, l’antesignano, il pioniere dei vini del Carso. Bravissimo viticoltore, fin dalla fine degli anni Ottanta, è famoso per la sua ottima Malvasia, un vero classico, e per la Vitovska. Ha costruito una cantina di straordinaria bellezza, scavando la roccia e realizzando una struttura cilindrica sotterranea in cemento che varrebbe un servizio sulle maggiori riviste di architettura del mondo. Una curiosità, Edi Kante utilizza normalmente bottiglie da un litro o da mezzo litro. La cantina di Benjamin Zidarich, poco distante, è davvero una cattedrale sotterranea scavata nella pietra, come fosse un tempio pitagorico sotterraneo. Un vero spettacolo. Lì maturano vini di grande personalità, ottenuti con tecniche molto rispettose dell’ambiente, facendo macerare le bucce dell’uva anche nei bianchi. I risultati sono spesso estremamente interessanti. Da segnalare che Benjamin e la sua famiglia possiedono sopra la cantina una fantastica osmiza, tipica trattoria carsolina a gestione familiare, aperta solo in alcuni periodi dell’anno, dove propongono una cucina casalinga, il prosciutto ed i formaggi di loro produzione e i loro vini, ovviamente. Sandi Skerk, invece, è un po’ la mascotte del gruppo. Bravissimo viticoltore, anche lui con una spettacolare cantina scavata nella roccia, ed anche lui, come Zidarich, produce i bianchi facendoli fermentare e macerare per brevi periodi sulle bucce. I risultati sono stupefacenti. La sua Malvasia sta diventando un vino di culto e ha mietuto premi e riconoscimenti. Molto interessante anche l’Ograde, un rosato, di fatto, che ricalca le orme tracciate anni addietro dal Breg del grande Josko Gravner. Per concludere non si può dire altro che invitarvi ad andarli a visitare. Sarà un’esperienza indimenticabile.
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KANTE Loc. Prepotto, 1/A 34011 Duino Aurisina (TS) Tel. + 39 040 200255 mail: kante.edi@libero.it
SKERK Loc. Prepotto, 20 34011 Duino Aurisina (TS) Tel. +39 040 200156 www.skerk.com
ZIDARICH Loc. Prepotto, 23 34011 Duino Aurisina (TS) Tel. +39 040 201223 www.zidarich.it
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cantina produt tori
C ORMÒNS Oltre centocinquanta viticoltori Vi danno il benvenuto nel cuore d’Europa, all’estremo lembo nord orientale d’Italia,in quel Friuli Venezia Giulia dalle zone vitivinicole più pregiate del mondo. Vi invitano a conoscere la Cantina Produttori Cormòns, nata alla fine degli anni Sessanta per la lungimiranza di alcuni viticoltori cormonesi, che hanno voluto fare tesoro di tradizioni secolari. Ezio Dalla Pozza, Aldo Moretti, Adriano Drius, Stefano Gregorat: Presidenti appassionati che, sostennero da principio che il futuro della vite e del vino non era legato a effimere mode, ma alla tenace valorizzazione del proprio territorio. Nacque così una Cantina unica al mondo, per la qualità dei vini e per le sue molteplici iniziative.
Il buon vino nasce in campagna: la Cantina Produttori Cormòns ha fatto proprio il vecchio detto contadino ed ha puntato gran parte del suo progetto produttivo sulla cura della vigna, redigendo uno Statuto, supportato da un Quaderno di campagna, un minuzioso codice di comportamento al quale tutti i Soci devono ottemperare. Vi vengono annotati tutti i particolari e le date della potatura invernale, delle pratiche agronomiche e delle operazioni colturali, specificando prodotti e dosi. Ogni Socio riporta le date di inizio e fine delle fasi fenologiche delle varietà coltivate, in modo da ottenere un omogeneo ed elevato standard qualitativo delle uve. Il Quaderno di campagna è mirato a ottenere un prodotto affidabile dal punto di vista organolettico e di altissimo pregio; così, la lotta contro i parassiti prevede un impiego minimo di anticrittogamici, puntando sul monitoraggio costante degli oltre 400 ettari di vigneti. Otto attrezzate centraline meteorologiche, disseminate in vari punti microclimatici del territorio, registrano qualsiasi mutamento climatico, della temperatura, dell’umidità, dell’irraggiamento solare, della quantità di pioggia caduta. I dati raccolti arrivano in tempo reale nella centrale computerizzata della Cantina Produttori Cormòns, dove sono attentamente vagliati per prevenire ogni minima anomalia. Tecnologia nel vero rispetto delle antiche usanze, un perfetto mix di tradizione e di alta tecnologia che permette alla Cantina Produttori Cormòns di tenere sotto controllo la zona, ottenendo uve di qualità eccezionale e quindi ottimi vini.
Lungo il corso del fiume Isonzo, non lungi da Gorizia, protetta a Nord dalle Alpi Giulie e riscaldata dal benefico influsso del mare Adriatico, pochi chilometri più a Sud, si estende una terra fertile e rigogliosa. Ospitò l’uomo e la coltura della vite sin dai tempi delle prime civiltà mediterranee. Produsse e produce vini superbi, nel segno migliore delle culture da cui ebbe origine e di cui visse e vive. Dal loro retaggio, nel 1983 cominciò a mettere le prime tenere radici un simbolo di fratellanza umana: la Vigna del Mondo. Nato nel cuore di tutti i soci della Cantina Produttori Cormòns, giorno dopo giorno e con la collaborazione di uomini altrettanto generosi di tutta la Terra, ha visto mettere a dimora alcune centinaia di vitigni provenienti da ogni Paese ove la vite alligna e rallegra l’uomo con il suo generoso liquore. Altri continuano ad aggiungersi, al punto che già oggi può essere considerato una delle più belle collezioni varietali del mondo intero. Dai loro grappoli non poteva che scaturire un vino altrettanto unico sia per le caratteristiche naturali sia per il messaggio che gli si volle affidare, quello di essere il Vino della Pace. Un vino simbolicamente capace di affratellare gli uomini, proprio come le viti venute da ogni continente si affratellano nella vendemmia, nella spremitura dei loro grappoli, nella fermentazione, nell’unico vino che, appunto, ne nasce. Il 1985 vide la prima vendemmia. Più di 500 donne, uomini e fanciulli, colsero, in grande festa, i grappoli tanto attesi. Il Vino della Pace era così nato. Ornato con il tratto di grandi artisti – Baj, Music e Pomodoro -, il 9 aprile del 1986 prese il suo primo volo per recare a ogni Capo di Stato civile e religioso il suo messaggio di Pace, vettore ufficiale Alitalia. Così cominciò la storia della Vigna del Mondo e del Vino della Pace: un messaggio di fraternità e di pace che, puntualmente, ogni anno si sta rinnovando
Via Vino della Pace, 31 | 34071 Cormòns (GO) Italia | T. + 39 (0) 481 62471 | F. + 39 (0) 481 630031
Foto di Umberto Pelizzon
PANE AMORE E CURIOSITÀ Una storia di panificatori lunga già quattro generazioni. Una tradizione che si evolve nei decenni, lentamente, finché un lievito nuovo fa capolino: la curiosità.
Quando lo incontri, Riccardo Flaborea ti avvolge in un turbinio di discorsi. Parole che danzano accoglienti, rapide pause di riflessione, risate che scoppiano improvvise. Una miriade di profumi e sapori che si affacciano, si mescolano, si fondono. A volte sono solo raccontati, ma in un modo così vivido che l’immaginazione può gustarli incantata, altre volte sono pronti a solleticare davvero naso e palato. Pensare che si tratta di un panificatore recalcitrante! Le sue attitudini e la sua formazione, infatti, lo avevano condotto all’arte della pasticceria, lasciando l’attività principale della famiglia a suo fratello ?nome?, un vero tecnico del pane. Poi i casi della vita: il fratello sviluppa un’allergia alla farina. Una vera disdetta. Sono gli anni Novanta e un Riccardo quasi trentenne decide che è necessario onorare la tradizione iniziata nel 1924 dal bisnonno, ?nome e cognome??. Allo stesso tempo non può tradire se stesso: deve mantenere il piacere della pasticceria che per lui è l’opportunità di sperimentare e inventare sempre qualcosa di nuovo. “Altrimenti mi spegnerei”, confida. Ed è così che nel laboratorio de Il Forno di Concordia Sagittaria (Venezia) da allora pane, grissini, sfogliate e pizze son stati conditi con molta curiosità, utilizzando grani antichi quando ancora nessuno ne parlava, spezie di ogni tipo, frutta messa a fermentare, “erbe ed erbette”, come riferisce scherzosamente Riccardo. In questi giorni, per esempio, è alle prese con un tentativo che coinvolge anche i kiwi, i quali, però, paiono restii a farsi trasformare in ingredienti di un pane leggero e croccante, piacevole per accompagnare i pasti, facile da digerire come tutti i prodotti de Il Forno. Ma lo abbiamo capito, insisterà fino a trovare una soluzione. Il suo piacere per la sperimentazione ha destato l’interesse di molti ristoratori. Alcuni scelgono il suo pane per il proprio locale in modo continuativo, spesso facendosi realizzare grissini e piccoli panini personalizzati, altri lo coinvolgono in menu o eventi una tantum, che richiedono una certa dose di originalità. In realtà, quando racconta il “suo” pane, tutto sembra molto facile. Si capisce che non è una questione di tecnica, bensì di amore. Non sembri una sdolcinatezza! Riccardo Flaborea cerca ingredienti di qualità da sempre (“perché se sono davvero buoni, metà del mio lavoro è fatto”), molti sono biologici, di certo ne conosce i produttori, che va a scovare ovunque. Erano ancora gli Anni Novanta quando a Napoli assaggiò del Pane Nero di Castelvetrano e subito si informò su chi avesse fornito la farina, un grano duro di Tumminia, tipico del trapanese. Il mugnaio usava due macine del ‘700. Partì immediato un ordine per dieci quintali, i primi di un lungo sodalizio tuttora vivo. Il pane, a suo modo di vedere, ha il compito di accompagnare nella valorizzazione del cibo e dei vini, deve avere un’anima e nel suo laboratorio se ne accerta ogni giorno, vegliando il lavoro dei collaboratori. Poi esce per le consegne, svolte in parte personalmente, per incontrare i ristoratori, e sempre in cerca di nuovi stimoli per crescere ancora. Ci tiene a spiegare come il pane, e il cibo in generale, raccontino di tutti noi, definiscano la nostra identità. L’attenzione per la tradizione e per sperimentazioni sollecitate dalla curiosità nel rispetto del nutrimento e della qualità sono un bene, un lascito da salvaguardare per le generazioni a venire. Si augura di saper lasciare onestà e curiosità. È su queste parole che arriva, improvviso, l’arrivederci. Sono le quattro del pomeriggio ed è tardi perché domani la sveglia è all’una, nel cuore della notte, come accade ancora per quei panificatori che offrono un cibo naturale, rispettoso dei tempi della lievitazione, dei gesti lenti ma vigorosi fatti per impastare, del fuoco da seguire con attenzione. Sono tempi lunghi, impossibili da abbreviare, se il risultato desiderato è un pane che sappia dialogare con il palato, suo unico sovrano.
IL FORNO Concordia Sagitaria (VE) - Piazza Matteotti, 31 T. 0421 270262 67
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SANTÃ’N VERMOUTH AGRICOLO FRIULANO di Renato Paglia 70
Foto di Fabrice Gallina
La novità è sorprendente e bellissima. Inusuale per il mondo tradizionale vitivinicolo. Soprattutto spalanca le porte ad un’idea che può portare lontano ed essere veicolo di grandi soddisfazioni. “Perché un’azienda vitivinicola friulana decide di produrre un vermouth?”. La domanda, legittima quanto scontata, che rivolgo a Mauro e Alessandra Mauri, titolari di Borgo San Daniele è spontanea e lascia trasparire tutto il mio stupore. Una sorpresa positiva che si dilata all’assaggio del prodotto, assolutamente magnifico, e rimango, via via che questo nettare invade i miei recettori sensoriali, davvero meravigliato. “Si, lo so, forse non c’è una grande tradizione in Friuli Venezia Giulia nella produzione di questa bevanda –risponde Mauro- tuttavia le nostre radici mitteleuropee parlano anche di queste tipologie di vini. Il motivo scatenante per cui, io e Alessandra, abbiamo deciso di dedicarci al vermouth è dovuto a un viaggio di lavoro di alcuni anni fa presso nostri clienti negli Stati Uniti. Mi ero molto stupito quanto i nostri ristoratori apprezzassero molto quei prodotti italiani che da noi invece non vengono più da tempo proposti alla clientela. Questo fatto rischia di far dimenticare i prodotti della tradizione italiana così fiorente un tempo anche nel settore dei liquori e dei vini speciali. Il vermouth è da sempre considerato l’aperitivo italiano per eccellenza. Nacque a Torino nel 1786 grazie all’idea di Antonio Benedetto Carpano. La base del vermouth allora era data da vino bianco moscato e da un infuso di una cinquantina di erbe e radici. Prese piede velocemente anche in Francia e oggi, assieme al Piemonte, ne è la più grande produttrice. Questo vino aromatizzato quindi parte attorno ai primi dell’800 dalla città regia e invade l’Italia. Diventa subito l’aperitivo nobile, di stile nazionale. In realtà c’è anche una scuola austroungarica molto importante che, a differenza della scuola piemontese che fatto diventare il vermouth l’aperitivo per antonomasia, si rifà invece un po’ alla scuola della farmacopea che lo utilizzava in quanto era un ottimo conservante per infusioni destinate a creare dei prodotti del benessere. “Abbiamo fatto -prosegue Mauro mentre versa nel piccolo calice il liquido delicatamente dorato- anche delle ricerche per capire se un’azienda vitivinicola possa gestirne la realizzazione e la risposta è stata che il vermouth è un prodotto assolutamente agricolo, o almeno dovrebbe essere tale. Infatti questa bevanda deve contenere il 75% di vino bianco. La nostra zona è riconosciuta come una delle più grandi al mondo per la produzione dei vini bianchi e dunque perché non pensare di allungare questa filiera con altre eccellenze? Bisogna ricordare che la produzione dei vermouth, dagli anni ’30 in poi, è ad appannaggio dell’industria dei liquori che ne ha fatto un prodotto standardizzato dimenticandosi di fatto delle antiche ricette artigianali. Con la vendemmia 2013 abbiamo così deciso di fare la base respirata del nostro vermouth! Friulano, malvasia istriana e pinot bianco sono le uve che abbiamo scelto. Sono quindi le migliori e tradizionali uve del territorio che compongono ben il 75% del prodotto! La scoperta di un’antica ricetta austroungarica del 1907 ci ha permesso di mettere insieme le oltre 30 essenze ivi descritte. L’inserimento dell’assenzio è altra condizione essenziale per poter definire la bevanda come vermouth. Quindi si è deciso di usare l’assenzio di mare, previsto nella ricetta, e che localmente, vive nelle vicine Grado e Marano, dove è chiamato Santonego. Da qui la scelta del nome del prodotto anche perché fissa il concetto di prodotto di territorio. Il prodotto è fortificato a 18% alcol poiché mantiene meglio il patrimonio dell’infusione”. “A dire la verità -interviene Alessandra- portarlo a questa gradazione alcolica non è stato molto difficile visto che notoriamente la gradazione dei nostri vini bianchi è piuttosto alta. Abbiamo mantenuto la fedeltà al vermouth bianco non solo perché è la colorazione storica ma anche perché è fatto in una regione famosa per i vini bianchi”. “Per noi -conclude Mauro- questo prodotto rimarrà sempre in una produzione limitata per quantità ma ci piace dire che è pensato con la qualità con cui realizziamo i nostri vini, con l’attenzione all’aspetto biologico con cui da anni li produciamo”. Santòn è dunque un vermouth agricolo e non industriale. Duttile, si presta a mille possibilità nel bere miscelato così nell’accostamento ai piatti e le sue qualità organolettiche, straordinarie quanto raffinate, ne fanno il prìncipe di questo tipo di bevanda. Prodotto da contadini vitivinicoltori del Friuli Venezia Giulia.
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La ricetta di MangiaVino GNOCCHI DI SUSINE Chef: Paolo Zoppolatti
per
Foto di Giovanni Zoppolatti
4 persone
1 kg patate, 200 gr susine, 2 tuorli, 250 gr farina, 3 cucchiai pangrattato, sale, zucchero semolato, cannella in polvere, 100 gr burro.
Pulire le susine e fare un incisione nel senso della lunghezza, togliere il nocciolo. Riempirle con un ripieno fatto con 20 gr di burro sciolto e mescolato ad 2 cucchiai di zucchero e un cucchiaino di cannella in polvere. Lessare le patate con la buccia, quando sono tenere, scolarle e pelarle. Schiacciarle con l’apposito attrezzo su una spianatoia e preparare l’impasto con i tuorli, un pizzico di sale e la farina. Prendere una grossa noce di impasto, appiattirla e porre al centro la susina ripiena, richiudere fino a formare un grosso gnocco. Cucinare in acqua bollente salata fino a quando salgono a galla. Sistemare nel piatto mettendo sopra agli gnocchi una miscela di zucchero semolato e cannella, condire con burro fuso.
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I VINI IN ABBINAMENTO LA RONCAIA
Docg Ramandolo 2011 Alc. 12,5% - € 33 Color dell’ambra lucente. Impianto olfattivo complesso che ricorda l’albicocca disidratata, i fichi secchi, piccola frutta secca, agrumi canditi e datteri. Intense note di spezie dolci e miele d’acacia. Dolce e avvolgente, bilanciato da freschezza balsamica. La chiusura è sapida e dai continui richiami fruttati. Da uve appassite, fermentazione e maturazione in barrique di Allier. ISODORO POLENCIC
Collio Chardonnay 2015 Alc. 13,5% - € 14 Giallo paglierino brillante. Sensazioni di pesca gialla, mango, banana e polpa di agrumi. Fioriture estive gialle. Cedro e bergamotto. Polvere di erbe aromatiche. Toni salmastri completano l’elegante quadro olfattivo. Beva snella ma ricca. Freschezza e morbidezza si alternano in perfetto equilibrio. L’epilogo gustativo è lento e sapido. Per 6 mesi nel rovere grande di Slavonia. RONCO SEVERO
Friuli Colli Orientali Pinot Grigio 2014 Alc. 13,5% - € 18 Giallo dorato. Complesso panorama odoroso che richiama la cera d’api, il miele di agrumi, frutta candita, mela, albicocca disidratata e melone estivo. Note mentolate e resinose impreziosiscono il naso. Al gusto è pieno e rotondo e percorso da una preziosa vena acida. Lieve presa tannica. Finale balsamico. Lunga macerazione sulle bucce, poi rovere grande di Slavonia. VALCHIARÒ
Friuli Colli Orientali Verduzzo Friulano 2015 Alc. 12,5% - € 18 Belle veste dorata. Impronta olfattiva esotica e di agrumi canditi a cui si aggiungono erbe aromatiche, mela gialla e confettura di albicocche. Piccole spezie dolci, frutta secca, resine e sbuffi marini. Sorso morbido e intarsiato da raffinati tocchi salini e acidi che esaltano la beva. Incessanti richiami al naso. Appassimento delle uve. Per 12 mesi in barrique. SCARBOLO
Friuli Grave Friulano 2015 Alc. 13,5% - € 11 Giallo paglierino intenso e luminoso. Quadro odoroso di buona intensità ed eleganza. Sentori d’agrumi, fioriture primaverili, mela golden, mandorle e pera ruggine. Brezze marine e toni più scuri di pietra spaccata. In bocca ha equilibrio e spessore. Avvolgente all’inizio, si spinge su toni più morbidi che accompagnano il finale sapido. Nell’acciaio per 7 mesi.
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I vignerons della grappa friulana
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LA GROT TA DI DARIO di Bruno Cataletto
foto di Umberto Pelizzon
Un cielo autunnale, fatto di nuvole bianche simili a zucchero filato che si stagliano su uno sfondo azzurro intenso e luminoso, ci accoglie al nostro arrivo a Prepotto, nel cuore del Carso triestino. Dalla strada provinciale un breve e tortuoso sentiero conduce rapidamente a una casa circondata da vasti prati e da vigne. Sulla soglia, ad attenderci con il suo imponente fisico e la sua straordinariamente forte stretta di mano, Dario Zidarič. Dapprima produttore di latte, da sempre un’attività tradizionale nell’altopiano carsico, da circa 15 anni, assieme a Sandra, compagna nella vita e nell’attività lavorativa. 76
Dario si è dedicato anima e corpo alla produzione di formaggi. L’azienda possiede circa ottanta vacche da latte di razza frisona italiana (pezzata nera) che sono nutrite esclusivamente con fieno del Carso, sul cui terreno è presente una flora spontanea con oltre 1600 essenze foraggere. Questo tipo di alimentazione è stata una scelta dettata dalla ferma volontà di creare un formaggio che rappresentasse la pura espressione del territorio. Nutrire gli animali con erbe spontanee, rinunciando a mangimi selezionati, si traduce nell’ottenimento di una minore quantità di latte, circa 20 litri per capo contro i 50 o 60 prodotti dagli allevamenti industriali, ma di qualità superiore, ricco di aromi e sostanze preziose. È stata posta particolare cura anche alla mungitura che avviene attraverso l’ausilio di una stazione automatica, attiva giorno e notte, dove l’animale si reca in totale autonomia per la mungitura nel momento in cui ne sente l’esigenza. Tutti i formaggi dell’azienda sono prodotti partendo dal latte crudo, escludendo quindi il processo di pastorizzazione che eliminerebbe i batteri naturali, e con l’impiego di fermenti fatti direttamente in casa, assicurando in tal modo la tipicità del prodotto. Affascinati dalle parole e dall’amore con cui Dario Zidarič descrive le diverse fasi della preparazione delle sue creazioni, non ci siamo accorti che sulla tavola sono comparse diverse tipologie di formaggio riempiendo l’aria di profumi intriganti. Iniziamo dallo Zafran, che è una specie di robiola, per poi passare alla ricotta, fresca e affumicata. A questo punto ci troviamo ad assaggiare tre diversi tipi di caciotte, tutte con una stagionatura di circa un mese: quella bianca fatta con solo latte, una chiamata Koromac e aromatizzata con il finocchio selvatico e una chiamata Zepek, aromatizzata con la santoreggia, una pianta spontanea e tipica del Carso. Tipico della zona è anche il Tabor, una specie di latteria che sprigiona un notevole aroma: si tratta di un formaggio semicotto con vari gradi di stagionatura, a temperatura e umidità controllata, che va dai tre ai dodici mesi. Le sorprese, però, non sono finite e su un caratteristico tagliere di legno ci viene servito un formaggio dal profumo intenso e dal nome misterioso, Mlet, che in lingua slovena significa macinato. Il nome deriva dal procedimento con cui viene creato questo prodotto che consiste nell’utilizzo del latteria Tabor di varie stagionature che viene triturato e impastato con il pepe prima di venir pressato nelle forme. Per ultimo fa il suo ingresso sulla tavola il prodotto più noto dell’azienda Zidarič, lo Jamar. La parola slovena jama significa grotta e lo jamar è colui che la esplora. In questo caso la grotta è reale, raggiunge una profondità di ottanta metri e si trova proprio dietro la casa di Dario. Le caratteristiche climatiche di questa “cantina naturale”, una temperatura di circa 12°C e un’umidità intorno al 90%, rappresentano le condizioni ideali per la stagionatura di questo particolare formaggio, che viene divisa in due parti. La prima parte comprende un soggiorno del prodotto in cantina per circa tre mesi mentre la seconda, della durata di circa cinque mesi, viene portata a termine nella grotta, dove le forme, avvolte in maglie di rete, vengono appese a pali di legno sospesi nell’aria, evitando così di doverle girare nel corso della stagionatura. Quando riemerge alla luce del sole, lo Jamar ha una buccia granulosa color bruno ed emana un intenso profumo di muffa e di terra che avvolge completamente i sensi. È un formaggio prodotto da una doppia rottura della cagliata, dalla pasta friabile e dal gusto molto intenso, quasi piccante, che interpreta in maniera perfetta il suo territorio di origine, il Carso. La complessità dei profumi e aromi rende questo prodotto ideale per diverse occasioni: dalla mantecatura di un risotto fino al consumo a fine pasto accompagnato da un vino passito. Solo adesso ci accorgiamo che accanto alla porta di ingresso sono appesi imbraghi e caschi che vengono utilizzati per scendere nella grotta di stagionatura, come veri speleologi! Prima di lasciare Dario e Sandra ci concediamo un ultimo piacere: il loro freschissimo e saporito yogurt bianco che ci ricorda come la natura deve essere sempre rispettata e mai forzata per poter godere dei suoi frutti migliori!
DARIO ZIDARIČ Loc. Prepotto 36 - 34011 Aurisina (TS) T. 392 5594992 - zidaric@tiscali.it
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la tradizione per noi è credere in ciò che facciamo
SEDE
Via Mangiarotti, 16 | 33033 Codroipo (UD) T. +39 0432 900731 | Fax +39 0432 912927 info@goversrl.com
SHOWROOM
UDINE CODROIPO TRIESTE BOLOGNA PORTOGRUARO VERONA
Fedeli interpreti del territorio isontino
Tradizione in evoluzione
Via Isonzo, 117 | 34071 Cormòns (GO) Italy | T. 0481 61310 www.roncodelgelso.com
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L’OSTERIA DEL CAMPIELLO di Giorgio C. Riva
Foto di Umberto Pellizon
Ovvero, a completare l'offerta di Casa Macorig, un angolo, caldo e d'atmosfera, dove degustare, in serenità, anche con un'ampia scelta di vini di qui e di bollicine al bicchiere, la cucina semplice e saporita della vecchia trattoria dei genitori di Dario, i fondatori, nel lontano '66. I piatti son quelli, tradizionali, friulani, di una volta, realizzati ora dai cuochi di un grande ristorante, con la miglior materia prima e un "tocco" in più. Radicchio col poc o rosa di Gorizia con le cicciole, salame fresco con l'aceto, orzo e fagioli, frico, funghi porcini spadellati, minestra di porcini e finferli, gnocchi di zucca burro e ricotta, pollo di cortile in umido, testina di vitello cren e balsamico, ad esempio. Formaggi soprattutto locali, con predilezione degli osti per i prodotti della latteria di Montefosca, di difficile reperibilità. Provare lo "stravecchio". Gusto, calore, anche nel locale, informale e accogliente, seguito, amorevolmente, di persona, da Dario, dalla moglie, Marisa, e da ultimo, dopo un paio d'anni, non proseguiti, di enologia, anche dal loro figliolo, Filippo, quotidianamente presenti. In mostra distillati di assoluto pregio e diverse selezioni di acciughe del Cantabrico, di tonno, sott'oli e sott'aceti, dolcetti, cioccolato, esemplari tutti, anche per asporto. Grandi prosciutti, San Daniele e non, sempre “pronti” in "macchina" e "al coltello". Selezioni di Coradazzi, Camarin, D'Osvaldo. E pata negra 5 yotas di Sanchez Romero. E salame artigianale, di Walter Quaino, di Lovaria, ad accompagnare i calici delle bolle e dei friulani proposti. Ma la cantina del Campiello, curata da patron Dario, è risaputamente esemplare per vastità e per eccellenze. Champagne in testa. Ad essa può attingere anche il cliente dell'osteria, aiutato nella scelta, piacevolmente, da Filippo. Spesso si va oltre la carta dell'osteria (che offre quasi sempre anche una favolosa tartara, cacio e pepe e spaghi vari, ordinare quelli alla bottarga) ed ecco in tavola il tartufo d’Aqualagna o d’Alba, e il pescato del giorno di quella del ristorante. L'ultima mia volta, un fritto imperiale, dopo un prosciutto crudo da bis. Avanti il fuoco. Con un paio di bottiglie "giuste" del territorio. Rientro rigorosamente non alla guida. Felice. Una bella sosta, per tutti, senza svenarsi, lungo l'ex statale 56, di Gorizia, che tra Udine e San Giovanni, non si può proprio dire turistica. Annotazione finale: Filippo ama il gin & tonic; le composizioni di 60 gin e 10 toniche Vi attendono. In bei bicchieri, colmi (finalmente!) di ghiaccio. Chiusa, sabato a pranzo e domenica. Ferie, la prima settimana di gennaio. Tre settimane in agosto, a partire dalla seconda.
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L’OSTERIA del CAMPIELLO Via Nazionale, 40 33048 San Giovanni al Natisone (UD) T 0432.757910 www.ristorantecampiello.it 81
I vini in abbinamento con la cucina dell’Osteria del Campiello
BORGO DEL TIGLIO Collio Bianco Ronco della Chiesa 2013 Uve: tocai friulano 100% Alc. 14% - € 42 Paglierino intenso e brillante. Olfatto raffinato e netto. Cocktail di agrumi, fiori estivi, polvere di caffè, pepe bianco, scorza di lime, sbuffi mentolati e mineralità che richiama la battigia. Morbido e saporoso. Bilanciamento perfetto e dinamico per la fresca salinità. La chiusura è lentissima e la corrispondenza al naso è sorprendente. Matura a lungo nelle botti di rovere. ALESSIO DORIGO Blanc de blancs pas dosé Alc. 12,5% - € 25 Giallo paglierino carico e scintillante dl fine perlage. Note dolci di vaniglia, crema pasticcera, frutta secca, delicate tostature, frutta esotica, lime candito, caffè, fiori secchi e salsedine. Il sorso è vellutato ma ben sostenuto da corrispondente freschezza e sapidità. Richiami tostati e fruttati lungo la beva. Finale lento e saporito. Acciaio e barrique francesi. Per 48 mesi sui lieviti.
DRIUS Friuli Isonzo Malvasia 2015 Alc. 13% - € 14 Giallo paglierino lucente dai riflessi dorati. Intriganti sentori di salsedine dominano l’olfatto di fiori primaverili e sfalci d’erba. Mela verde e cocktail di agrumi. Leggere eleganti toni varietali. Al gusto è sapido e piacevole. Il Sorso è bilanciato dall’ottima morbidezza che regola l’iniziale freschezza. La persistenza è sapida e dai rintocchi fruttati. Vinificato nell’acciaio ove matura per 6 mesi.
PETRUCCO Friuli Colli Orientali Refosco dal peduncolo rosso Rondo del Balbo 2013 Alc. 14,5% - € 18 Rosso rubino cupo. Olfatto scuro e denso. China, inchiostro, liquirizia, boero, confettura di more, cioccolato, erbe officinali secche, spezie dolci. Effluvi balsamici completano il quadro. Ingresso morbido. La beva sorprende per freschezza ed equilibrio. Tannini attivi ma ben dosati. Chiude con spezie e sapidità intensa. Matura in barrique e tonneau per 24 mesi.
SCHIOPPETTO Collio Friulano 2015 Alc. 14% - € 19 Paglierino luminoso. Trama odorosa di grande eleganza e complessità. Sentori di fioriture estive, erbe aromatiche, fienagioni di montagna, chips di mela e pera, delicate note di capperi e salsedine. Beva dei rapporti glicerico-salini perfetti. Suadente e fresco. Continui richiami olfattivi, variegati e decisi che conducono al finale lungo e indimenticabile. Per 9 mesi nell’acciaio. 82
I giovani Michele e Cristian Specogna, oltre a lavorare nella azienda di famiglia (l’ azienda agricola Specogna Leonardo situata sulle colline di Rocca Bernarda a Corno di Rosazzo), dal 2000 si sono cimentati in un’iniziativa indipendente dando la luce all’ azienda vinicola Toblar srl lavorando uve per lo più acquistate da piccoli e selezionatissimi vignaioli delle zone a denominazione di origine controllata dei Colli Orientali del Friuli e del Collio.
Terre ad alta vocazione viticolo-enologica dove la pianta della vite trova condizioni ideali sin dai tempi Romani, in quanto in questo lembo orientale del Friuli il clima presenta delle peculiarità uniche ed eccezionali per la viticoltura di qualità. Nello spazio di alcune decine di chilometri si passa infatti dalla catena delle alpi carniche e giulie che proteggono dai freddi venti del Nord Europa, all’ Adriatico che mitiga notevolmente le temperatura e ciò costituisce un gran pregio per le colline di questo comprensorio che al contempo beneficiano anche di importanti escursioni termiche ( molto importanti per la valorizzazione delle caratteristiche organolettiche dei vini) ampliate inoltre dai venti della Bora che aiutano anche a spazzare le umidità che altrimenti (soprattutto nel periodo vendemmiale) potrebbero essere fonte di avversità crittogamiche. Tutto ciò unito ai particolari terreni costituite dalle cosiddette ponke , cioè flysch formatisi in era eocenica per sedimentazione e succesiva compattazione di depositi clastici, costituiti da un’ alternanza di strati di spessore variabili di marne (argille- calcaree) ed arenarie (sabbie-calcificate), che garantiscono condizioni di tessitura del terreno e ricchezza in minerali ed oligoelementi ottimali per le uve di alta qualità. Il vino bandiera è ovviamente il Ramandolo , ovvero un passito ottenuto da uve “Verduzzo friulano clone giallo” , raccolte tardivamente e poste su graticci in ventilazione . Un DOCG, il Ramandolo, che si esprime solo nella zona di produzione , per quel concetto di terroir che sta per terreno, microclima ed uomo. La proposta della cantina inoltre spazia su vini come Pinot grigio ramato, la Ribolla gialla ( ferma e charmat extra dry ), il Sauvignon, il Cabernet franc, e per la linea Wine Bar gli uvaggi Toblar blanc ( da Friulano e Sauvignon ) e Toblar ros (Merlot e Cabernet franc)
Via Ramandolo, 17 | 33045 Nimis (UD) | T. 0432- 755840 | F. 0432- 752235 | Mail. info@toblar.it
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IL MAIS RISCOPERTO A SOCCHIEVE di Flavia Virilli
Foto di Fabrice Gallina
Socchieve dal latino “sub clivo”, ovvero “sotto il colle”. Parte da questo paesino incastonato ai piedi delle Alpi Carniche un viaggio alla scoperta di uno degli ingredienti base della cucina friulana: il mais. Qui ha trovato la propria zona di elezione una varietà antica, dalla tipica colorazione rossa, che Fiorindo Mazzolini, originario del luogo, ha portato a nuova vita: la Socchievina. La storia del mais in Friuli affonda le radici in un tempo remoto, quando dalle Americhe esso approdò anche in questa terra, portato dai Veneziani, ed ebbe così inizio il suo indissolubile legame con la polenta. Una preparazione che in Friuli è un vero e proprio “culto” e che anche Ippolito Nievo, nel suo “Le confessioni di un Italiano”, non manca di citare. Mazzolini ha recuperato questa varietà di mais rosso tra le sementi di famiglia, un patrimonio tramandato di padre in figlio come la più preziosa delle eredità. Fu nel 2001, dopo la laurea in scienze naturali, che Fiorindo decise che l’agricoltura poteva trasformarsi da un hobby a un vero e proprio lavoro. Ci mise due o tre anni per recuperare la piena germinabilità e la varietà originale, messe in pericolo dal contatto delle sementi con i mais ibridi che progressivamente avevano invaso anche le colture friulane. Ma il suo impegno è stato premiato. Oggi è l’unico depositario del marchio “Socchievina”, che contraddistingue proprio la farina a base di questa varietà autoctona di granturco, che lui coltiva con metodi biologici, senza l’impiego di diserbanti e con il solo utilizzo di concimi naturali. Una filosofia di vita, quella attenta ai ritmi della natura e alla qualità dei prodotti, che è diventata anche il leitmotiv dell’azienda agricola Mazzolini, impegnata a ottenere un mais completamente privo di sostanze nocive. Le pannocchie vengono raccolte rigorosamente a mano e immediatamente selezionate per la semina dell’anno successivo. Di esse, è utilizzata solo la parte centrale, mentre le estremità vengono scartate. Il mais viene poi essiccato a basse temperature, queste permettono ai chicchi di mantenere inalterate le proprietà degli oli in essi contenuti. La macinazione avviene in due mulini a pietra, integrale o semintegrale, cosicché la farina non si riscaldi e mantenga tanto i sali minerali quanto il germe del mais, ricco in acido linoleico e vitamina E. Le pietre dei mulini sono naturali e hanno un peso di circa 300 kg l’una con un diametro di 1 metro. Ogni mulino è stato costruito in legno massiccio da artigiani austriaci ed è in grado di macinare 60 kg di cereale in un’ora. A tutela della massima purezza del prodotto finito, alla farina di mais è riservato un mulino ad hoc, mentre il secondo viene utilizzato per gli altri cereali che Fiorindo coltiva non solo a Socchieve ma anche in alcuni campi in pianura. La sua azienda, da pochi ettari di terra, oggi conta ben 30 di superficie coltivata, con una produzione di 800-1000 quintali di mais l’anno. Gli altri cereali, tra i quali il frumento, il grano saraceno, il farro, l’orzo e il mais Marano di montagna, sono tra le proposte dell’azienda ma i prodotti di punta sono senza dubbio le farine per polenta. In Friuli, la presenza del mais è attestata già dalla metà del XVI secolo ed è stato proprio da questo importante portato storico che Mazzolini ha preso le mosse per creare la sua linea di farine. Un tributo, quello di Fiorindo, anche alle radici romane del Friuli. Infatti, già Apicio, noto gastronomo della Roma antica, parla nel suo ricettario di una “zuppa densa”, detta pultem, generalmente a base di farro, ma che la popolazione soleva preparare anche con altri cereali, quali orzo, frumento, grano saraceno o segale. Da qui la riscoperta dei cereali antichi e dei metodi di coltivazione tradizionali, un modus vivendi imprescindibile per Mazzolini, che non si stanca di puntare sulla qualità e, pur conscio di costituire una nicchia di mercato per cultori e appassionati, continua a sognare un’agricoltura dove a farla da padrone non siano le coltivazioni di tipo intensivo ma l’attenzione all’ambiente e alla salute dei consumatori. Amore per il territorio e per i sapori di un tempo che si esprime anche nella sua partecipazione alla rete regionale e nazionale dei mais antichi, nonché, in qualità di “mugnaio bio”, al progetto “Pan di Sorc”, curato dall’Ecomuseo delle Acque del Gemonese, il quale ha ridato vita a un pane della tradizione contadina di questi luoghi, dal gusto dolce e speziato, prodotto con farine di mais cinquantino, segale e frumento, già presidio Slow Food dal 2011.
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MAZZOLINI FIORINDO Via Giusto Lena, 26 33020 Socchieve (UD) T. 328 4436087 www.fiorindomazzolini.com
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DA FRANCISCO A GRAMOGLIANO di Giorgio C. Riva
Foto di Umberto Pellizon
Ai ronchi di Gramogliano, in quel di Corno di Rosazzo, si associa i Perusini, la nobile famiglia friulana, che vi produce i suoi vini. Un’azienda, quella dei Perusini, come orgogliosamente reca il sito, “tra le 50 happy few iscritte da Veronelli nel Gotha dei vignaioli storici italiani”. Sempre più persone, da qualche tempo, vi associano anche "al Postiglione", la semplice e vivace trattoria di Francisco Edgar Patino, in un bel casale, tipico friulano, dei Perusini, appunto, sul colle di Gramogliano, sul vecchio confine tra Italia e impero fino al 1918, con un sottoportico e una terrazza godibili non appena c'è un raggio di sole, da cui lo sguardo può spaziare sull'incantevole paesaggio circostante di colli e vigneti. Il panorama è unico, in tutte le stagioni. Francisco viene dal mai dimenticato Paraguay, dove fa ritorno ogni anno, in occasione della chiusura -variabile- per ferie della trattoria. La cucina del Postiglione è, quindi, soprattutto e innanzitutto, una cucina di Bife. La carne è qui passione sudamericana, onnipresente, amata, ed è scelta, trattata, cucinata, cotta come in America del Sud, con minimi adattamenti e contaminazioni nostrane, inevitabili. Siamo in Friuli Venezia Giulia e Francisco abita qui fin da giovane, ben "integrato" anche per quanto riguarda la nostra cucina e i nostri vini. Per quanto questi ultimi, d'obbligo la presenza in lista della produzione Perusini, l’intera per quanto i rossi, attesa la cucina, e cioè Refosco, Merlot e Merlot etichetta nera, i “due Cabernet”, il Rosso del Postiglione, per la prima volta prodotta nel ‘62 da Giampaolo Perusini, oltre, ovviamente, il Picolit, che è stato fatto conoscere fuori dal Friuli dai Perusini. Ma a Francisco è concesso di proporre, e lui lo fa con rispetto e moderazione, anche champagne e qualche bottiglia, "extra", di Piemonte e Toscana, da carne, per piatti e occasioni particolari. L'amore di Francisco per la carne traspare da come è proposta, a tutto pasto. Per iniziare, in carpaccio marinato all'arancio (manzo irlandese), battuta a coltello (pezzata rossa friulana) con crostini di pane di casa caldo, in enpanadas -fagottini fritti o al forno di carni miste e uova sode alla sudamericana-. E poi, Bife de Chorizo e Tagliata, e Fiorentina o Costata (di angus irlandese o di pezzata rossa nostrana). Tutte le carni sono accompagnate da verdure, secondo mercato e l'estro del giorno dello chef, Andrea, che fa ogni giorno il pane di casa impiegando le farine che ama ricercare. Anche le paste, gnocchi, pappardelle, stringozzi, sono fatti da Andrea. Anche i dessert, strudel di pere e crostata di ricotta, ad esempio. Tutto è spontaneo, immediato, simpatico, come il travolgente Francisco. Passerete una bella giornata all’aria aperta, i bambini potranno correre liberamente, tornerete. Aperto giovedì e venerdì la sera. Sabato e domenica anche a pranzo.
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Trattoria AL POSTIGLIONE Gramogliano, 19 33040 Corno di Rosazzo (UD) T. 0432.759022 www.perusini.com/ristorante 87
VIGNAIOLI SPECOGNA Era il lontano 1963 quando Leonardo Specogna, originario di MonteFosca nelle Valli del Natisone, dopo alcuni anni da emigrante in Svizzera ( sorte tipica per la povera gente Friulana di quegli anni), una volta tornato in Friuli acquistò un piccolo appezzamento di terra sulle colline della Rocca Bernarda a Corno di Rosazzo, nel cuore del vigneto Friuli. Terre ad alta vocazione viticolo-enologica dove la pianta della vite trova condizioni ideali sin dai tempi Romani, in quanto in questo lembo orientale del Friuli il clima presenta delle peculiarità uniche ed eccezionali per la viticoltura di qualità. Nello spazio di alcune decine di chilometri si passa infatti dalla catena delle alpi carniche e giulie che proteggono dai freddi venti del Nord Europa, all’Adriatico che mitiga notevolmente le temperatura e ciò costituisce un gran pregio per le colline del Comune di Corno di Rosazzo che al contempo beneficiano anche di importanti escursioni termiche ( molto importanti per la valorizzazione delle caratteristiche organolettiche dei vini) ampliate inoltre dai venti della Bora che aiutano anche a spazzare le umidità che altrimenti (soprattutto nel periodo vendemmiale) potrebbero essere fonte di avversità crittogamiche. Tutto ciò unito ai particolari terreni costituite dalle cosiddette ponke , cioè flysch formatisi in era eocenica per sedimentazione e succesiva compattazione di depositi clastici, costituiti da un’alternanza di strati di spessore variabili di marne (argille- calcaree) ed arenarie (sabbie-calcificate), che garantiscono condizioni di tessitura del terreno e ricchezza in minerali ed oligoelementi ottimali per le uve di alta qualità. Inizialmente un’azienda agricola a 360 ° che copriva una produzione casearia, cerealicola e viticola per autoconsumo, con gli anni si spostò sempre più verso una specializzazione nel mondo enologico. Oggi il lavoro in azienda è galvanizzato dalla presenza della terza generazione dei vignaioli Specogna, Cristian e Michele, che ormai da diversi ani hanno preso in mano le redini aziendali. Sono proprio loro che stanno dando all’azienda un importantissimo trand di sviluppo e di allargamento sui più importanti mercati internazionali, oltre ad aver creato nel 2000 un’altra importante realtà della famiglia Specogna, e cioè l’azienda vinicola Toblar ( sita in Ramandolo). Una famiglia, quindi, che punta molto alla sinergia generazionale garantendo così quel binomio di tradizione-innovazione che rappresenta il valore aggiunto in tutte le fasi di produzione.
GUIDA VINIBUONI D'ITALIA 2017 Massimo riconnoscimento della corona per il bianco "IDENTITÀ" Specogna 2013 doc Friuli colli orientali CONCORSO MONDIALE DI BRUXELLES 2016 Medaglia d'oro per il Sauvignon Specogna 2015 ed il Friulano Specogna 2015 DECANTER WORLD WINE AWARDS 2016 Medaglia d'argento (91 punti su 100) per il friulano Specogna 2015 e Medaglia di bronzo per il Pinot Grigio Ramato Specogna 2015
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Via Rocca Bernarda, 4 | 33040 Corno di Rosazzo (UD) | T: 0432 755840 | Mail: info@specogna.it
LA RUBRICA DEI LIBRI
IL RESPIRO DEL VINO
di Luigi Moio “Vi parlerò di quel profumo coinvolgente, di quel suo respiro trattenuto, al quale è impossibile opporre resistenza, che anticipa tutto ciò che si sente in bocca subito dopo aver avvicinato il bicchiere alle labbra. Di quel profumo che può essere un effetto del sole di un’alba radiosa o delle nuvole che precedono la pioggia. Di quel profumo che forse è l’aspetto sensoriale più straordinario del vino, perché è anche il linguaggio della sua composizione, della sua storia, delle sue tradizioni, dei territori in cui nasce e dei microclimi che ne accarezzano i giorni.” Sono frasi dell’autore dell’opera che, a pochi giorni dalla sua uscita è un best seller. Luigi Moio è professore ordinario di Enologia all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Si occupa di aspetti sensoriali, biochimici e tecnologici dell’aroma del vino. È autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali. Esperto scientifico per il MIPAF. Dal 2015 è presidente della commissione di enologia dell’OIV. € 20 – pagine 504 - MONDADORI MANUALE DI POTATURA DELLA VITE. CORDONE SPERONATO di Marco Simonit Dopo il primo libro dedicato al Guyot l’autore rivolge quest’opera alla potatura della vite allevata con il Cordone speronato. Il manuale, con oltre 400 illustrazioni a colori, è rivolto non solo a viticoltori, tecnici, università, istituti ma anche ad appassionati di verde e natura e riporta l’attenzione sull’importanza della potatura riassegnando un ruolo di primo piano ad un’operazione dalle origini antiche, rivisitandola in chiave innovativa e di semplice applicazione. Marco Simonit, friulano, è cofondatore di Simonit&Sirch Preparatori d’Uva, gruppo specializzato nella potatura delle viti nel rispetto delle culture tradizionali, leader del settore a livello internazionale e consulente delle più importanti aziende vinicole del mondo. Ideatore del Metodo di potatura Simonit&Sirch, fondatore della Scuola Italiana di Potatura della Vite, è docente al DUTE – Diplôme Universitaire de Taille e d’Epamprage dell’Università di Bordeaux. €45 - 324 pagine - EDIZIONI L'INFORMATORE AGRARIO VINI DA SCOPRIRE di Armando Castagno, Giampaolo Gravina, Fabio Rizzari Tre “pezzi da novanta” del giornalismo enogastronomico si sono uniti per realizzare quest’opera, perché di opera si tratta, che possiede la leggerezza di un romanzo, di un libro di narrativa. Sono ben 120 le etichette inserite nel tomo. Quasi tutte sono sconosciute ai più e rappresentano il futuro enologico italico poiché vantano qualità tali da meritare il plauso degli autori. Non è una guida. Racconta la storia di vignaioli meritevoli e appassionati. È un bellissimo viaggio nell’Italia sconosciuta, piccole realtà narrate con maestria e pulizia. È uno strumento utile anche per poter fare acquisti interessanti e fuori dai tradizionali schemi. È soprattutto uno strumento per appassionati ma certamente è apprezzato, per un linguaggio semplice ed accattivante, anche dai neofiti o semplicemente da chi, desidera scoprire uno spaccato dell’Italia del vino meno nota e lontana dai riflettori mediatici ma certamente di grande qualità. Grande effetto anche nella parte grafica con i disegni curati da Olivastudio. € 18 - 256 pagine - GIUNTI EDITORE VINO (AL) NATURALE di Alice Feiring Alice Feiring, giornalista e scrittrice newyorchese, collaboratrice di riviste e quotidiani come Time e Wall Street Journal Magazine, documenta in questo libro il suo viaggio alla scoperta del “vino naturale”. Spinto dalla contagiosa curiosità e passione dell’autrice, il lettore verrà trasportato in numerose cantine, dalla Francia alla California, dalla Spagna all’Italia vivendo una serie di avventure divertenti e ricche di fascino in compagnia di scienziati, vigneron, enologi, scrittori e contadini. Ciascuno dei protagonisti, così diversi tra loro, è accomunato dall’amore per la natura e dal desiderio di esprimere il territorio in cui vivono attraverso i propri vini. Il libro è pervaso dallo spirito indipendente di Alice Feiring, che è tutto tranne che neutrale e obiettiva. Ma proprio la scelta provocatoria di questo atteggiamento rende la lettura del testo molto godibile e ricca di spunti di discussione, naturalmente davanti a un buon bicchiere di vino! € 14,50 - 224 pagine - SLOW FOOD EDITORE 89
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Trimestrale di Cultura del Vino e del Cibo Anno III, Numero 10 Direttore Responsabile Renzo Zorzi zorzi@mangiavino.com Direttore Editoriale Renato Paglia paglia@mangiavino.com Vice Direttore Editoriale Giorgio C. Riva riva@mangiavino.com Editore e Concessionario per la Pubblicità
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