Aspetti clinico terapeutici delle patologie vitreoretiniche

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Stanislao Rizzo Fabrizio Giansanti Alberto Chiarugi

ASPETTI CLINICO TERAPEUTICI

DELLE

PATOLOGIE VITREORETINICHE CONTRIBUTORS F. Barca, L. Beni, D. Bacherini, T. Caporossi, L. De Angelis, L. Di Leo, D. Giorgio, D.P. Mucciolo, V. Murro, C. Nicolosi, R. Vignapiano

Fabiano Editore



Stanislao Rizzo Fabrizio Giansanti Alberto Chiarugi

ASPETTI CLINICO-TERAPEUTICI DELLE PATOLOGIE VITREORETINICHE

Fabiano Editore


© Copyright 2021 ISBN 978-88-31256-25-4

Editore FGE srl - Fabiano Gruppo Editoriale Redazione: Via Petitti 16, Milano Regione Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 - Fax 0141 856013 info@fgeditore.it - www.fgeditore.it

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AUTORI

Prof. Stanislao Rizzo Direttore Unità Operativa Complessa Oculistica - Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma. Consiglio Nazionale Ricerche, Pisa. Prof. Fabrizio Giansanti Direttore Facente Funzione Struttura Organizzativa Dipartimentale Oculistica AOUC Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi - Università degli Studi di Firenze, Dipartimento NEUROFARBA Prof. Alberto Chiarugi Dipartimento di Scienze della Salute, Sezione di Farmacologia Clinica e Oncologia, Università degli Studi di Firenze Dr. Francesco Barca SOC Oculistica Ospedale Piero Palagi Firenze Dr. Lorenzo Beni SOD Oculistica AOUC Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Dr.ssa Daniela Bacherini SOD Oculistica AOUC Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Dr. Tomaso Caporossi Unità Operativa Complessa Oculistica - Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Dr. Lorenzo De Angelis Università degli Studi di Firenze, Dipartimento NEUROFARBA Dr.ssa Laura Di Leo Università degli Studi di Firenze, Dipartimento NEUROFARBA Dr. Dario Giorgio SOC Oculistica Ospedali Riuniti di Livorno Dr. Dario Pasquale Mucciolo SOC Oculistica, Ospedale San Jacopo, Pistoia Dr.ssa Vittoria Murro Università degli Studi di Firenze, Dipartimento NEUROFARBA


Dr.ssa Cristina Nicolosi UO Oculistica, Ospedale Giovanni Paolo II, Sciacca Dr. Roberto Vignapiano Università degli Studi di Firenze, Dipartimento NEUROFARBA


INDICE

Prefazione ...................................................................................................... 7 Introduzione ................................................................................................... 9 Presentazione ................................................................................................. 11 Capitolo 1

Anatomia e fisiologia del vitreo e dell’interfaccia vitreo-retinica ................ 13

Capitolo 2

Vitreopatie primitive: una prospettiva evoluzionistica per gettare le basi di interventi farmacoterapeutici innovative ................................................... 31

Capitolo 3

Le patologie dell’interfaccia vitreo-retinica maculare ................................... 43

Capitolo 4

Maculopatia trazionale miopica ..................................................................... 61

Capitolo 5

Le degenerazioni vitreo-retiniche periferiche ................................................ 69

Capitolo 6

Il distacco di retina regmatogeno e retinoschisi ............................................ 83

Capitolo 7

Imaging dell’intercaccia vitreo retinica ......................................................... 95

Capitolo 8

Terapie non chirurgiche delle maculopatie .................................................... 131

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PREFAZIONE

Cari Colleghi, in questo volume abbiamo raccolto le conoscenze più recenti nell’ambito della patologia del corpo vitreo, delle maculopatie trazionali e degenerazioni retiniche periferiche. Gli argomenti sono stati trattati con un taglio prevalentemente clinico con l’intento di fornirVi uno strumento utile nella pratica quotidiana. Buona lettura Fabrizio Giansanti

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INTRODUZIONE

Quando mi hanno chiesto di fare un’introduzione a questo libro, ho pensato che fino a non molti anni fa parlando del Corpo Vitreo e delle sue alterazioni in molti casi si faceva quasi esclusivamente riferimento al suo impatto sulla funzione visiva legato alla comparsa delle miodesopsie, non comprendendo ancora a fondo il ruolo fisiologico fondamentale che esso svolge per la salute dell’intero occhio. L’avanzare della conoscenza della struttura anatomica e biochimica del corpo vitreo e delle sue strette interrelazioni con i tessuti oculari che lo circondano è stata fondamentale. In particolare oggi è noto che la specifica composizione delle fibre proteiche strutturali ed il loro rapporto con lo ialuronato di sodio, svolge un ruolo fondamentale nella stabilizzazione del corpo vitreo e nel mantenimento della sua integrità morfologica e che l’alterazione di questo complesso, modificando la corretta distribuzione di vitamine, ioni e nutrienti, può partecipare in maniera determinante alla patogenesi di alcune malattie oculari. Le conseguenze più note della alterazione della struttura del corpo vitreo sono naturalmente il distacco di vitreo, il ben più grave distacco retinico, e le ormai ben conosciute sindromi dell’interfacie vitreoretinica, quali le membrane epiretiniche e i fori maculari. Non va dimenticato inoltre che tali alterazioni possono favorire o esacerbare altre patologie oculari soprattutto legate a strutture con cui il vitreo ha stretti rapporti di tipo metabolico, come ad esempio il cristallino. Affrontare l’argomento Vitreo è quindi molto complesso come sono complesse le interrelazioni fisiologiche di questa struttura con i tessuti che lo circondano, in ragione di ciò il pregio di questo testo è quello di affrontare, forse per la prima volta, tale capitolo con una prospettiva nuova ed organica. Buona lettura a tutti Stanislao Rizzo

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PRESENTAZIONE

Forse mai quanto in questa drammatica pandemia COVID, proiettato verso le più futuristiche tecnologie di vaccinazione, testimone di percorsi autorizzativi che hanno ridisegnato le tempistiche per l’approvazione di nuovi trattamenti, al medico è richiesto di fermarsi a valutare efficienza e razionalità degli intricati percorsi assistenziali. Tra questi, viene da più fonti confermato che i processi di cura, nonostante l’enorme bagaglio di nuove informazioni che provengono dalle ricerche genetiche e molecolari, soffrono di un rallentamento dell’introduzione di nuovi presidi terapeutici. E’ possibile allora, anziché polarizzarsi verso le più moderne biotecnologie, identificare approcci terapeutici innovativi ripercorrendo gli eventi molecolari e cellulari messi in atto dall’evoluzione per contrastare la forza primigenia della selezione naturale? In questa trattazione dedicata alle vitreopatie primitive si cercherà di richiamare l’attenzione del medico al binomio patologia-evoluzione come base per comprendere gli eventi degenerativi vitreali. Lo scopo è quello di inserire le vitreopatie in un’ottica evoluzionistica al fine, da un lato, di comprendere meglio ciò che sottende alla degenerazione senile del vitreo, e dall’altro, più ampio, di rinnovare nel terapeuta la concezione, spinta ahimè oltre il limite dell’oblio dalla frenesia dello sviluppo tecnologico, che molto spesso la patologia è dettata dal contrasto tra la resilienza tissutale, che, per mantenere l’accezione evoluzionistica, potremmo definire “filogenetica”, e il prolungamento della spettanza di vita dell’era moderna. Per quanto attiene alle vitreopatie, il lettore verrà condotto attraverso una rivisitazione del ruolo svolto dalla fisiologica ipossia vitreale, sviluppatasi negli animali al passaggio dall’ambiente acquatico a quello terrestre, quale difesa dal danno foto-ossidativo. Si ripercorreranno poi le dinamiche che hanno portato il corpo ciliare a esprimere (guarda caso solo degli animali diurni!) i più alti livelli, rispetto a ogni altro tessuto dell’organismo, del trasportatore di membrana dell’acido ascorbico e, grazie a questo, far sì che il vitreo possa essere rifornito di ascorbato per proteggere le strutture proteiche e mucopolisaccaridiche dal danno foto-ossidativo. Verranno infine gettate le basi per definire la legittimità di una terapia suppletiva di ascorbato per contrastare l’evolversi progressivo della degenerazione vitreale, una strategia che, in ultima sintesi, non fa altro che ripercorre le strategie evoluzionistiche attuatesi per rendere l’occhio resiliente agli ancestrali processi di selezione naturale. Alberto Chiarugi

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Capitolo 1

ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL VITREO E DELL’INTERFACCIA VITREO- RETINICA Fabrizio Giansanti, Cristina Nicolosi

COMPOSIZIONE MOLECOLARE E STRUTTURA DEL VITREO

Il gel vitreale è costituito principalmente da acqua, proteine solubili, collagene ed acido ialuronico. Ha un volume di circa 4 ml (80% del volume dell’occhio umano). Le poche cellule normalmente presenti nel vitreo si trovano prevalentemente nella corteccia vitreale e comprendono ialociti, fibroblasti e cellule gliali. La concentrazione totale delle proteine nel vitreo umano è compresa tra 0.5 e 1 mg/ml. È stato identificato un gran numero di proteine diverse, un’elevata quota delle quali deriva dal plasma, come l’albumina e le immunoglobuline, che rappresentano più dell’80% delle proteine vitreali 1, 2. La principale proteina strutturale del gel vitreale è rappresentata dal collagene, la cui concentrazione nel vitreo umano è di circa 300 µg/ml, costituendo solo lo 0.5% delle proteine totali 3. In particolare, lo stato di gel vitreale è mantenuto da un network di fibrille di collagene eterotopico, costituito per il 60-70% da collagene di tipo II, per il 20-25 % da collagene di tipo IX e per il 10-15% da collagene di tipo V/XI 3, 4, 5. Il collagene di tipo II e il tipo V/XI si giustappongono in maniera sfalsata e si legano per formare fibrille molto lunghe, non ramificate e sottili, di diametro uniforme, compreso tra 10 e 20 nm. Il collagene di tipo IX è un proteoglicano regolarmente distribuito e legato lungo la superficie delle fibrille di collagene di tipo II e V/XI e contribuisce a mantenerle distanziate, grazie alle sue catene di condroitin solfato 5 (Fig. 1). Le fibre collagene si formano durante il periodo prenatale e il loro numero rimane costante nel corso della vita. Non c’è evidenza che tali fibre vengano metabolizzate nel vitreo adulto e che rigenerino dopo vitrectomia. Tra gli spazi della rete di fibre collagene è contenuta una grande quantità di acido ialuronico, un polisaccaride puro ad alto peso molecolare, altamente idrofilico, fondamentale nel mantenere le fibrille collagene distanziate, grazie alla sua capacità di legare acqua e respingere ioni, minimizzando così lo scattering della luce 6. Nel vitreo sono presenti quantità minori di altri tipi di collagene, come il collagene XVIII, e altre proteine vitreali non collageniche come le fibrilline, le fibuline, il versicano e l’agrina. Vi sono poi proteine con funzione regolatorie, come la proteina opticina 6. Mutazioni nel collagene II e V/XI possono determinare la vitreoretinopatia di Stickler, in cui il vitreo presenta un aspetto liquefatto, con aumentato rischio di distacco di retina a causa della predisposizione alla formazione di grandi rotture posteriori 7. Dal punto di vista macroscopico il corpo vitreo umano ha la forma di una sfera, con una depressione nella porzione anteriore, posteriormente al cristallino. Nella sua struttura è importante distinguere topograficamente la corteccia vitreale, che è lo strato più esterno, un core vitreale centrale e la base del vitreo, che rappresenta la principale zona di ancoraggio del vitreo alle strutture circostanti, a cavallo dell’ora serrata. Nel core centrale del corpo vitreo le fibrille collagene hanno la loro minima concentrazione, mentre la loro massima concentrazione si ha nella base vitreale, che ne rappresenta altresì la sede di 13


Aspetti clinico-terapeutici delle patologie vitreoretiniche

Figura 1. Rappresentazione schematica della struttura delle fibre di collagene eterotopico vitreale (tratto da: Bishop P. The biochemical structure of mammalian vitreous. Eye (Lond). 1996;10 ( Pt 6):664670)

maggiore sintesi 6. Centralmente al core vitreale decorre il canale di Cloquet, uno spazio che si estende dal cristallino al nervo ottico, probabilmente residuo del vitreo primitivo embrionale (sede dell’arteria ialoidea durante lo sviluppo fetale). La corteccia vitreale, chiamata anche ialoide, rappresenta il rivestimento esterno del corpo vitreo. Si estende dalla base del vitreo in senso posteriore (aderendo alla superficie retinica) e anteriore (aderendo alla superficie posteriore del cristallino). Le fibre collagene nella corteccia posteriore decorrono parallelamente alla retina senza un’inserzione diretta nella stessa e si distribuiscono secondo un’organizzazione lamellare 6. La corteccia vitreale posteriore è una delle tre componenti dell’interfaccia vitreo-retinica, che verrà discussa nel paragrafo successivo. La base del vitreo è una struttura anulare che avvolge l’ora serrata, in cui le fibrille collagene si inseriscono nella retina periferica e nel corpo ciliare, ancorando il corpo vitreo. Il suo bordo anteriore si trova circa 2 mm anteriormente all’ora serrata, quello posteriore si trova tra 1 e 3 mm posteriormente all’ora serrata e tende ad un progressivo spostamento posteriore con l’avanzare degli anni 8. Dalla base del vitreo le fibre collagene decorrono perpendicolarmente alla superficie retinica, con un’inserzione diretta nella retina, formando una marcata adesione vitreo-retinica 6.

COMPOSIZIONE MOLECOLARE E STRUTTURA DELL’INTERFACCIA VITREO-RETINICA

L’interfaccia vitreo-retinica è costituita da tre componenti distinte: la corteccia vitreale posteriore, la membrana limitante interna della retina ed una matrice extracellulare interposta 6. Cambiamenti correlati all’invecchiamento si verificano in ciascuno dei tre componenti e possono 14


Capitolo 1 - Anatomia e fisiologia del vitreo e dell’interfaccia vitreo-retinica

innescare numerosi eventi patologici con l’innesco di fenomeni proliferativi e trazionali alla base di molteplici patologie vitreo-retiniche. La membrana limitante interna della retina (Internal Limiting Membrane, ILM) è costituita dalla membrana basale delle cellule di Muller ed è funzionalmente analoga alla membrana basale dell’epitelio ciliare. La ILM foveale ha uno spessore di circa 100 nm, mentre la ILM parafoveale può raggiungere uno spessore di 3 μm. Il versante vitreale ha un aspetto liscio, quello retinico in periferia è liscio, mentre al polo posteriore presenta una configurazione irregolare che riempie le fessure tra la glia retinica sottostante e le fibre nervose. Inoltre, la rigidità è maggiore nella porzione retinica rispetto a quella vitreale 9. È stato ipotizzato che l’interfaccia vitreo-retinica possa agire come una sorta di “setaccio molecolare”, impedendo il passaggio di cellule e di qualsiasi molecola con diametro superiore a 15-20 nm 10, 11. In corrispondenza della papilla ottica la ILM è interrotta dalla presenza della membrana limitante di Elschnig, che presenta uno spessore di 50 nm e si ritiene sia formata dalla lamina basale dell’astroglia nella testa del nervo ottico; nella parte più centrale del disco ottico, tale membrana si assottiglia a 20 nm, si compone solo di glicosaminoglicani e prende il nome di menisco centrale di Kuhnt 11-13. La ILM ha una composizione simile a quella di altre membrane basali, caratterizzate da proteine ad alto peso molecolare. La proteina predominante nella ILM umana è il collagene di tipo IV. La laminina predominante è la 521, il proteoglicano più importante è il perlecano, seguito dall’agrina e dal collagene XVIII 14. È interessante notare che la ILM tenda ad arrotolarsi con il lato retinico costantemente rivolto verso l’esterno e la superficie vitreale verso l’interno. Questo fenomeno di arrotolamento con il lato epiteliale all’esterno e il lato connettivale all’interno viene osservato anche per la capsula del cristallino e la membrana corneale di Descemet, suggerendo così una proprietà intrinseca di tali membrane basali 15, 16. È stato ipotizzato che le proteine della ILM siano secrete dal cristallino e dal corpo ciliare nel vitreo e che possano diffondere alla retina, dove sono localizzati i recettori cellulari di superficie necessari al corretto assemblaggio di tale membrana 17. La ILM è principalmente prodotta durante le fasi di sviluppo embrionale, fetale e neonatale e questa attività risulta notevolmente ridotta nella vita adulta. Non è chiaro se la ILM si rigeneri: il fatto che l’espressione delle proteine umane del vitreo e della ILM sia soggetta a una downregulation età correlata e che il gel vitreale non si rigeneri dopo la vitrectomia suggerisce che non si verifichi una completa rigenerazione della ILM dopo peeling. D’altra parte, è stato recentemente dimostrato che le cellule di Muller in vitro possono sintetizzare il collagene della ILM e studi sulla scimmia hanno dimostrato che il peeling della ILM è seguito da una sintesi ex-novo in alcuni mesi 18, 19. La matrice extracellulare interposta tra la corteccia vitreale posteriore e la ILM contiene elementi peculiari di entrambe le strutture, ed è stata descritta da Heegaard come “regione di confine vitreo-retinica” 12. Agisce come una sorta di colla biochimica tra i due strati, in assenza di adesioni meccaniche. È costituita da fibronectina, laminina, opticina e condroitin solfato 20. La corteccia vitreale posteriore ha uno spessore di 100–110 μm, inferiore a livello della fovea e con aumento progressivo verso la periferia 11, 21. È costituita da fibre collagene fittamente stipate (Fig. 2), che decorrono parallelamente alla superficie retinica senza un’inserzione diretta nella retina e si dispongono secondo un’organizzazione stratificata lamellare 11, 22. Tali strati costituiscono dei potenziali piani di clivaggio, che possono dare luogo a vitreoschisi, fenomeno alla base di molteplici patologie vitreo-retiniche. Non vi è corteccia vitreale posteriore al di sopra del disco 15


Aspetti clinico-terapeutici delle patologie vitreoretiniche

ottico e la stessa si presenta molto sottile a livello della macula, a causa della rarefazione delle fibre collagene, dando l’impressione di due fori 23 (Fig. 3). E’ stato descritto, inoltre, anche uno spazio premaculare contenente vitreo liquido, chiamato borsa premaculare posteriore, in cui la corteccia vitreale appare come un foglio di collagene separato dal gel, apparentemente risparmiata dalle trazioni direttamente esercitate dal vitreo 24, 25 (Fig. 4). All’interno della corteccia vitreale posteriore sono inglobati gli ialociti, cellule con funzione di immunomodulazione e fagocitaria, che garantiscono la trasparenza vitreale. Gli ialociti sono disposti in un singolo strato ad una distanza di circa 50 µm dalla retina. Sembrano essere responsabili della sintesi di ialuronato nel vitreo, anche se ciò non è stato dimostrato direttamente; inoltre hanno la capacità di sintetizzare collagene. Balazs ha proposto che in stato di riposo gli ialociti sintetizzino glicosaminoglicani e glicoproteine della matrice e che in risposta a stimoli infiammatori possano assumere un fenotipo fagocitico e reclutare monociti dalla circolazione 26. È stata anche dimostrata la presenza di fibroblasti (10% della popolazione cellulare vitreale totale) a livello della base del vitreo, in prossimità dei processi ciliari e nel vitreo posteriore a livello del disco ottico. Si pensa che queste cellule siano coinvolte nella sintesi del collagene vitreale, specialmente in situazioni patologiche 26. La risposta degli ialociti e dei fibroblasti della corteccia vitreale posteriore deve essere presa in considerazione nel definire la fisiopatologia di tutti i disturbi proli-

Figura 2. Microscopia elettronica a scansione dell’aspetto posteriore della corteccia vitreale posteriore. Le fibrille collagene appaiono densamente stipate, nonostante quest’aspetto possa essere stato anche esacerbato dalla disidratazione. (tratto da: Sebag J. The vitreous–structure, function and pathobiology. New York: Springer; 1989) 16


Capitolo 1 - Anatomia e fisiologia del vitreo e dell’interfaccia vitreo-retinica

ferativi nell’interfaccia vitreo-retinica, ad esempio nella formazione di membrane epiretiniche 11. La corticale vitreale è debolmente legata alla ILM, ma esistono delle variazioni topografiche nell’interfaccia vitreo-retinica tali per cui l’adesione vitreo-retinica risulti fisiologicamente maggiore a livello del disco ottico, della fovea e dei vasi sanguigni 11. L’adesione vitreo-retinica peripapillare è molto forte nonostante a livello del disco ottico non vi siano corteccia vitreale posteriore o la ILM, ma solo le sottili membrane di Elschnig e Khunt 12. Questa adesione peripapillare è spesso l’ultima a separarsi durante un distacco posteriore di vitreo (DPV) e quando ciò avviene spesso si forma una rima di tessuto neurogliale che si distacca dalla retina insieme al vitreo, definita clinicamente come anello di Weiss 27 (Fig. 5). Ciò suggerisce una forte adesione tra le fibre della corteccia vitreale e il tessuto gliale della testa del nervo ottico. In effetti, è stato dimostrato che le fibre vitreali corticali si intrecciano meccanicamente con la lamina basale e le membrane epipapillari astrogliali presenti in tale zona 28. Esiste un’adesione vitreo-retinica relativamente forte a livello foveale, nonostante sia la ILM che la corticale vitreale siano più sottili; in particolare è stata documentata un’area di forte adesione vitreo-retinica entro un diametro di 500 μm a livello della foveola 29. Tra il vitreo e i vasi sanguigni retinici esiste un’interfaccia particolare. Sono state descritte bande vitreo- retiniche-vascolari caratterizzate da filamenti vitreali che si estendono attraverso la ILM per poi ramificarsi e circondare i vasi 30.

Figura 3. Corteccia vitreale posteriore umana di una donna di 59 anni. Contiene ialociti, nella parte centrale è visibile il foro premaculare, attraverso cui il vitreo può penetrare nello spazio retro-corticale. Il foro prepapillare è sulla sinistra (tratto da: Sebag J, Balazs EA. Human vitreous fibres and vitreoretinal disease. Trans Ophthalmol Soc U K. 1985;104:123) 17


Aspetti clinico-terapeutici delle patologie vitreoretiniche

Figura 4. Rappresentazione schematica e scansioni Swept Source Optical Coherence Tomography (OCT) di una borsa premaculare (occhio sinistro di una donna di 28 anni con lunghezza assiale di 24.8 mm). All’OCT la borsa premaculare appare come uno spazio iporeflettente (asterisco). Le fibre vitreali sono rappresentate nello schema con linee bianche curve e corrispondono nell’immagine OCT a segnali lineari iperreflettenti. Fibre vitreali parallele alla retina emergono al di sotto della borsa premaculare, si dividono e creano delle lamelle corticali distinte. Altre fibre seguono la forma curva della borsa e alla fine si intersecano con le fibre orizzontali a diverse angolazioni (frecce). I punti iperreflettenti tra le lamelle presumibilmente corrispondono a fibre in sezione o a ialociti. (tratto da: Gal-Or O, Ghadiali Q, Dolz-Marco R, Engelbert M. In vivo imaging of the fibrillar architecture of the posterior vitreous and its relationship to the premacular bursa, Cloquet’s canal, prevascular vitreous fissures, and cisterns. Graefes Arch Clin Exp Ophthalmol. 2019;257(4):709-714)

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Capitolo 1 - Anatomia e fisiologia del vitreo e dell’interfaccia vitreo-retinica

Figura 5.Immagine acquisita con Scanning Laser Ophthalmoscopy di distacco posteriore di vitreo con anello di Weiss

INVECCHIAMENTO DEL CORPO VITREO E DELL’INTERFACCIA VITREO-RETINICA Liquefazione del gel vitreale Il processo di liquefazione del gel vitreale legato all’invecchiamento è chiamato “sinchisi senile”, anche se la prima comparsa di vitreo liquido avviene già durante l’infanzia ed è stata documentata a tutte le età 6, 31. Nell’adolescenza il 20% del vitreo totale è andato incontro a sinchisi e intorno ai 70 anni questa percentuale aumenta fino al 50% 31, 32. Dopo i 40 anni si ha una significativa riduzione del volume del gel vitreale ed un aumento simultaneo del volume del vitreo liquido, con formazione di sacche liquide a minima dispersione luminosa, chiamate lacune. Lo stato di gel vitreale, come precedentemente menzionato, deriva da un network di fibre collagene distanziate da acido ialuronico. Il collagene costituisce la matrice, lo ialuronato attrae l’acqua che la idrata. La liquefazione potrebbe essere causata da un’alterazione dell’associazione tra collagene e ialuronato, che può verificarsi per cambiamenti nella struttura del collagene, nella concentrazione e/o conformazione dello ialuronato o di altri componenti come il condroitin solfato e i glicosaminoglicani minori 6. La dissociazione dell’acido ialuronico dal collagene ne causerebbe un’aggregazione in fasci, visibili con la biomicro19


Aspetti clinico-terapeutici delle patologie vitreoretiniche

scopia, e porterebbe alla formazione di lacune liquide 6, 33. Un meccanismo proposto per la liquefazione del gel vitreale legata all’età è la perdita di collagene di tipo IX dalla superficie delle fibrille di collage eterotopico, importante nel distanziamento delle fibre collagene di tipo II, che hanno una propensione naturale ad aggregarsi tra loro; il collagene IX ha infatti un’emivita più breve rispetto ad altre forme di collagene 34. È anche stata dimostrata una degradazione enzimatica del collagene, età correlata, da parte di metalloproteinasi della matrice o di altri enzimi 35. Un altro importante meccanismo descritto è rappresentato dall’ipotesi che un danno da radicali liberi possa modificare il peso molecolare medio dello ialuronato, conducendo a cambiamenti strutturali implicati nella liquefazione vitreale 36. Le prime lacune si formano nel vitreo premaculare 37. Il vitreo premaculare potrebbe degradarsi prima delle altre parti del corpo vitreo a causa di una maggiore produzione di radicali liberi in quest’area, sia perché metabolicamente molto attiva, sia perché in essa viene focalizzata la maggior parte della radiazione luminosa 38, 39. La sua alterazione non sembra essere legata alla liquefazione età correlata, ma si pensa che si sviluppi precocemente durante l’infanzia. Deiscenza dell’interfaccia vitreo-retinica La liquefazione del gel vitreale associata al collasso del corpo vitreo può provocare un DPV innocuo solo se si verifica simultaneamente un indebolimento dell’interfaccia vitreo-retinica. Nonostante una parte sostanziale del vitreo si sia liquefatto in precedenza, il DPV raramente si verifica prima dei 60 anni e ciò è stato attribuito alla persistente adesione vitreo-retinica 6, 32. In età giovanile vi è una forte adesione tra la corteccia vitreale posteriore e la ILM, principalmente a livello della base vitreale e al polo posteriore. Le aderenze sono focali a livello del disco ottico, della fovea e lungo i vasi sanguigni della retina, ma il vitreo aderisce come una fascia a tutto il polo posteriore 11, 40, 41. La ILM subisce dei cambiamenti nella sua composizione e struttura molecolare con l’avanzare dell’età: diventa progressivamente più spessa, aumenta la sua rigidità e tende a perdere la sua tipica struttura trilaminare, divenendo amorfa 42. Il continuo incremento dello spessore della ILM correlato all’età indica che la sintesi proteica della ILM possa avvenire nell’occhio umano adulto per tutta la durata della vita, anche se ad una velocità molto ridotta. Dal punto di vista biochimico la concentrazione di laminina sembra essere più alta nelle prime fasi dell’assemblaggio della ILM rispetto a quelle successive, mentre la concentrazione di collagene IV tende ad aumentare con l’età 14, 15 . L’ispessimento progressivo della ILM si associa temporalmente all’indebolimento dell’interfaccia vitreo-retinica. L’ispessimento della ILM potrebbe impedire alle cellule di Muller (che si pensa sintetizzino alcune componenti della matrice extracellulare dell’interfaccia vitreo-retinica) il trasporto di proteine della matrice extracellulare nell’interfaccia vitreo-retinica 40. Un’altra teoria si basa sulla riduzione del contenuto di collagene, in particolare il tipo XVIII, nella matrice extracellulare 43. Esso è cruciale nella catena di interazioni che mediano l’adesione vitreo-retinica, perché forma un proteoglicano come l’eparan-solfato che si lega all’opticina 44. Anche la base vitreale subisce variazioni nel tempo, in particolare il suo bordo posteriore tende a migrare posteriormente 8. Forse ciò è dovuto alla sintesi retinica di nuove fibre collagene, che penetrano nella ILM e vengono incorporate nella base del vitreo, intrecciandosi con il collagene esistente 45. Distacco posteriore di vitreo Il DPV è la fase finale del processo di invecchiamento del vitreo e può essere definito come la completa separazione del vitreo dalla retina in tutte le aree posteriori alla base del vitreo. Anche nel contesto di un DPV completo a livello della base vitrale non avviene una separazione vitreo-retini20


Capitolo 1 - Anatomia e fisiologia del vitreo e dell’interfaccia vitreo-retinica

ca per le forti aderenze meccaniche esistenti. Il DPV avviene quando liquefazione del gel e indebolimento dell’interfaccia si siano manifestate in modo sufficiente ed è stimolato da forze statiche e dinamiche associate ai movimenti oculari 6. Ha una prevalenza del 65% dopo i 65 anni e l’età media di insorgenza è di circa 61 anni 46. La probabilità che si verifichi aumenta significativamente quando oltre il 60% del vitreo si è liquefatto 6. Il processo di invecchiamento vitreale con conseguente DPV è generalmente bilaterale e si verifica all’incirca alla stessa velocità in ciascun occhio. Dopo lo sviluppo di un DPV acuto in un occhio, esso tende a verificarsi nell’occhio controlaterale nel 47% dei casi entro 18 mesi e nel 90% entro 36 mesi 47. Nelle donne avviene più precocemente che negli uomini, forse per una riduzione dei livelli di estrogeni dopo la menopausa, che può causare diminuzione della sintesi di ialuronato ed aumento della liquefazione 46, 48. Inoltre, gli estrogeni hanno un ruolo antiossidante e regolano i livelli di glucosio insulino-dipendenti. Un altro fattore di rischio per DPV precoce è la miopia 48. Il DPV si verifica più spesso negli individui con miopia assiale e si verifica prima in pazienti con miopia elevata severa (< -10 diottrie), rispetto a quelli con miopia moderata (tra -6 e -10 diottrie) 49. La miopia può associarsi ad una diminuzione della concentrazione di ialuronato e a un incremento della sintesi di vitreo liquido piuttosto che ad un aumento della liquefazione del gel vitreale 50, 51. Altri fattori predisponenti al DPV sono i traumi, la chirurgia della cataratta con tecnica intracapsulare ed extracapsulare con interruzione della capsula posteriore, l’afachia, l’infiammazione, malattie vascolari della retina ed emorragia vitreale 6, 52. Le procedure di facoemulsificazione della cataratta sembrano invece avere poca influenza sulla corticale vitreale posteriore 53.

MODIFICAZIONI STRUTTURALI NEL DISTACCO POSTERIORE DI VITREO

La liquefazione del gel vitreale e la concomitante deiscenza dell’interfaccia vitreo-retinica causano l’ingresso di vitreo liquido tra la ILM e la corteccia vitreale posteriore. Questo spostamento di volume di vitreo liquido provoca il collasso o “sineresi” del corpo vitreo 6. Il vitreo liquido potrebbe accedere a questo spazio retrocorticale/preretinico attraverso il foro prepapillare nella corteccia vitreale posteriore, la cui presenza è documentata da numerosi studi istologici, o più probabilmente attraverso la corteccia vitreale premaculare 32, 54. Quando il vitreo si liquefà, infatti, la corteccia vitreale premaculare diventa sottile e più incline a difetti microscopici 55. Studi su modelli matematici assimilabili al bulbo oculare, hanno dimostrato che quando la liquefazione vitreale aumenta, i movimenti del vitreo, in particolare vicino ai suoi confini, aumentano notevolmente e sono influenzati dalla frequenza delle saccadi oculari 56. Quando il vitreo liquido entra nello spazio retrocorticale/ preretinico inizia ad idrodissecare un piano che separa il vitreo dalla retina e segue spesso una sequenza ben definita, influenzata dalle aree di maggiore adesione vitreo-retinica. Questa sequenza è stata descritta da Johnson come un processo di 5 stadi (Fig. 6) 6, 55, 57: Stadio 0: vitreo adeso in tutto il fondo oculare. Stadio 1: distacco della corteccia vitreale posteriore perifoveale (la prima area attraverso cui il vitreo liquefatto accede allo spazio preretinico). In questa fase l’adesione vitreo-foveale è molto forte. Stadio 2: distacco vitreale completo a livello maculare. Stadio 3: distacco vitreale posteriore subtotale che coinvolge l’intera retina ad eccezione della zona vitreo-papillare (a parte la base vitreale, essa è l’area di maggiore adesione vitreo-retinica ed è quindi l’ultimo sito di separazione vitreo-retinica posteriore). Stadio 4: rilascio dell’adesione vitreo-papillare e DPV totale. Questa fase è l’evento clinicamente più spesso riconosciuto. 21


Aspetti clinico-terapeutici delle patologie vitreoretiniche

Figura 6. Rappresentazione schematica degli stadi del distacco posteriore di vitreo da 1 a 4. (tratto da: Johnson MW. Posterior vitreous detachment: evolution and complications of its early stages. Am J Ophthalmol. 2010;149(3):371-82.e1)

Itakura et al hanno classificato gli stadi del DPV sulla base dello stato della parete posteriore della tasca premaculare (Fig.7). La parete posteriore della borsa si distacca inizialmente nell’area paramaculare e il distacco si estende all’area perifoveale, inducendo un DPV perifoveale. Un distacco vitreofoveale può svilupparsi con o senza un difetto nella borsa premaculare. Quando il vitreo si stacca dal disco ottico, si sviluppa un DPV completo. Le caratteristiche anatomiche della borsa premaculare possono svolgere un ruolo nello sviluppo di un DPV perifoveale 58. Il DPV è di solito asintomatico fino allo stadio finale della deiscenza vitreo-papillare. Il sintomo più comune derivante dal DPV sono le miodesopsie, che possono derivare dalle ombre proiettate dall’anello di Weiss, da sangue intravitreale o da fibre vitreali aggregate. Il loro movimento durante le saccadi oculari è caratterizzato da un’ammortizzazione che crea i fenomeni visivi. Le miodesopsie possono ridurre la sensibilità al contrasto e la qualità della vita ed è stato dimostrato che questi parametri correlano quantitativamente con l’ecodensità del vitreo 59, 60. Un altro sintomo clinico comune nel DPV sono le fotopsie o i lampi di luce di Moore (fosfeni). Lampi di luce sintomatici si verificano tra il 27 e il 42% dei casi di DPV. Si ritiene che questi provengano dalla trazione o dall’impatto esercitato dal vitreo sulla retina e potrebbero indicare un rischio maggiore di rotture retiniche 61. La liquefazione e il risultante DPV influenzano la biomeccanica intraoculare e le forze di trazione esercitate dalla corteccia vitreale posteriore sulla retina. Negli occhi con una maggiore 22


Capitolo 1 - Anatomia e fisiologia del vitreo e dell’interfaccia vitreo-retinica

Figura 7. Spectral domain OCT dei diversi stadi del distacco posteriore di vitreo (DPV): A Stadio 0, assente DPV; B Stadio 1, DPV paramaculare; C Stadio 2, DPV perifoveale; D Stadio 3a, separazione vitreo foveale con persistente adesione al disco ottico e borsa premaculare intatta; E Stadio 3b, separazione vitreo foveale con parete posteriore della borsa interrotta; F stadio 4, DPV Completo. P premaculare; C Canale di Cloquet; le frecce sottili indicano la parete anteriore della borsa premaculare, quelle spesse indicano la parete posteriore (tratto da: Itakura H, Kishi S. Evolution of vitreomacular detachment in healthy subjects. JAMA Ophthalmol. 2013;131:1348–52)

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Aspetti clinico-terapeutici delle patologie vitreoretiniche

lunghezza assiale forze più grandi sono esercitate sulla retina dal movimento del vitreo durante le saccadi, fornendo un’altra possibile spiegazione per l’aumentata incidenza di rotture retiniche e distacchi della retina negli individui miopi 62.

DISTACCO POSTERIORE ANOMALO DEL VITREO E VITREOSCHISI

L’insorgenza di anomalie nel complesso processo del DPV, come una deiscenza insufficiente all’interfaccia vitreo-retinica e/o un’eccessiva liquefazione del gel possono causare un DPV anomalo (DPVA), che può essere implicato nella patogenesi di molte patologie vitreo-retiniche. Un DPVA si manifesta quando la liquefazione del gel avviene ad un ritmo maggiore rispetto alla deiscenza vitreo-retinica e il vitreo sinchitico non può allontanarsi in modo completo dalla retina, esercitando così delle trazioni sull’interfaccia. Può avvenire un DPVA a tutto spessore, se l’intera corteccia vitreale posteriore rimane adesa ad un’area della retina, o a spessore parziale, se c’è una separazione nella corteccia vitreale posteriore, chiamata vitreoschisi. In questo caso lo strato esterno della corteccia vitreale posteriore persiste attaccato alla retina 63. Un DPVA può manifestarsi in condizioni patologiche che predispongono allo squilibrio tra il grado di liquefazione del gel e l’indebolimento dell’interfaccia vitreo-retinica ma anche in assenza di esse. Condizioni che possono associarsi a DPVA sono errori congeniti del metabolismo del collagene e di altre proteine vitreali come le sindromi di Marfan, Ehlers-Danlos e Stickler, che provocano un’estrema liquefazione del gel in età precoce con aderenza vitreo-retinica persistente 64. Condizioni sistemiche come il diabete inducono alterazioni biochimiche e strutturali nel vitreo, causando una vitreopatia diabetica con DPVA 65. Anche la miopia può associarsi a DPVA, in quanto avviene una precoce liquefazione vitreale, eccessiva per il grado di adesione vitreo-retinica 63. Come conseguenza del DPVA possono essere innescate diverse patologie dell’interfaccia vitreo-retinica, a seconda della posizione in cui sono localizzate le trazioni del vitreo sulla retina. Ad esempio, un’adesione persistente a livello della macula può provocare la sindrome da trazione vitreo-maculare, un’adesione a livello della papilla può causare una trazione vitreo-papillare, una trazione sui vasi può causare emovitreo, una trazione sulla retina periferica può causare rotture retiniche 66. Sebag in particolare ha sottolineato il ruolo della vitreoschisi per quanto riguarda la patogenesi del pucker e del foro maculare. La vitreoschisi può avere effetti variabili sull’interfaccia vitreo-retinica, a seconda del livello della scissione all’interno della corteccia vitreale, poiché questo tessuto è composto da più strati o lamelle. La corteccia vitreale posteriore contiene gli ialociti, incorporati in un monostrato circa 50 μm anteriormente alla ILM della retina. Se la scissione della corteccia vitreale si verifica anteriormente al livello degli ialociti, una membrana cellulare relativamente spessa rimane attaccata alla macula. L’autore ha descritto anche l’esistenza di diversi possibili meccanismi di trazione tangenziale sul vitreo: movimenti del vitreo fluido, rimodellamento cellulare della corticale vitreale e contrazione di una membrana cellulare sul vitreo corticale assottigliato dopo vitreoschisi 67, 68. L’attrazione centripeta alla fovea della membrana cellulare maculare può indurre la formazione di una membrana premaculare, che contraendosi può dare una significativa compromissione della vista con metamorfopsie (pucker maculare). Gli ialociti incorporati nella corteccia vitreale posteriore esterna restano infatti attaccati alla retina e possono proliferare e provocare la migrazione di monociti dai vasi retinici e delle cellule gliali dalla retina per formare membrane premaculari. Tali cellule possono differenziarsi in miofibroblasti, assumendo funzione contrattile, con contrazione della membrana (pucker maculare). Se la scissione della vitreoschisi avviene posteriormente allo strato degli ialociti lascia una membrana premaculare relativamente sottile e ipocellulare. La trazione tangenziale centrifuga dalla fovea può indurre un foro maculare, 24


Capitolo 1 - Anatomia e fisiologia del vitreo e dell’interfaccia vitreo-retinica

soprattutto in presenza di adesione vitreo-papillare, riscontrata nell’88,2% dei casi di fori maculari. L’adesione vitreo-papillare induce infatti una trazione centrifuga, aprendo una deiscenza centrale. Nel pucker maculare, di solito non c’è adesione vitreo-papillare 63, 69. All’esame clinico, la parete interna della cavità della vitreoschisi può essere confusa con un DPV quando lo strato posteriore della corteccia vitreale divisa rimane attaccato alla ILM. L’ecografia può, a volte, rilevare gli strati della vitreoschisi in base al loro spessore. La vitreoschisi è stata rilevata con gli ultrasuoni nel 20% degli occhi con retinopatia diabetica proliferativa e con l’OCT in circa la metà dei pazienti con pucker e fori maculari, ma essa è presente anche in altre vitreomaculopatie. Nella restante metà dei casi è plausibile che vi sia un DPV periferico, con adesione persistente vitreo-papillare o trazione vitreo-maculare. La presenza di spazi cistoidi trazionali può essere associata a trazione vitreo-maculare, e a fori e pucker maculari con adesione vitreo-papillare 70-73. I fori maculari a tutto spessore (lesioni foveali con interruzione di tutti gli strati retinici dalla ILM all’epitelio pigmentato retinico) vengono classificati in base alle dimensioni (piccolo ≤250 μm; medio >250 e ≤400 μm; grande >400 μm), allo stato del vitreo (con o senza trazione vitreo-maculare) e alle condizioni associate (primaria o secondario) 74. Questa classificazione è importante, poiché la dimensione del foro e la presenza o l’assenza di trazione vitreo-maculare sono predittive del successo anatomico e funzionale dopo trattamento farmacologico o chirurgico 75. L’adesione vitreo-maculare è definita come un distacco della corteccia vitreale dalla superficie retinica a livello perifoveale, con aderenza persistente entro un raggio di 3 mm dalla fovea, senza alterazioni della fovea stessa. L’adesione vitreo-maculare può essere classificata in focale (≤1500 μm) e ampia (>1500 μm ). La trazione vitreo-maculare è invece definita come un’adesione vitreo-maculare con associata alterazione strutturale della neuroretina sottostante (Fig. 8). Può essere classificata in base alle dimen-

Figura 8. Trazione vitreo-retinica con vitreoschisi in una donna di 41 anni, immagine acquisita con Swept Source OCT. Le frecce indicano presumibilmente la corteccia vitreale posteriore, le punte delle frecce indicano vitreoschisi lamellare. A livello temporale gli asterischi indicano retinoschisi, forse dovuta a trazione centripeta da parte del vitreo aderente (tratto da: Yang J, Chen Y. Vitreoretinal Traction with Vitreoschisis Using OCT. Ophthalmol Retina. 2019;3(11):961) 25


Aspetti clinico-terapeutici delle patologie vitreoretiniche

sioni dell’adesione vitreale in focale (≤ 1.500 μm) e ampia (>1.500 μm), e può essere associata a cambiamenti strutturali intraretinici e/o elevazione della fovea sopra l’epitelio pigmentato retinico, ma non ad interruzione a tutto spessore degli strati retinici 74. Sia Johnson che Sebag hanno suggerito inoltre che la maggior parte delle complicazioni tardive del DPV, tra cui rotture, distacco di retina ed emovitreo si verificano solo dopo la separazione vitreo-papillare, che consente grandi movimenti saccadici del corpo vitreo e un aumento delle forze di trazione dinamica 57. Per quanto riguarda le alterazioni della retina periferica conseguenti a DPV, studi autoptici hanno riscontrato che il DPV è associato a rotture della retina nel 14,3% dei casi. Un certo grado di emorragia vitreale si verifica nel 13-19% dei casi con DPV e quando i pazienti vanno incontro ad una grave emorragia vitreale che oscura la vista del fondo all’oftalmoscopia vi è un’alta incidenza di rotture retiniche (67%) e distacchi di retina (39%). Quando il vitreo rimane attaccato al margine posteriore di un lembo retinico questo può essere avulso formando un opercolo e lasciando sulla retina un foro rotondo o ovale 76.

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