Materiali didattici mod. I-II-II-
Lean Thinking e Problem Solving
Muda è una delle parole Giapponesi che bisogna realmente conoscere. E' terribile il suono quando viene pronunciata perchè Muda significa rifiuto. Ogni attività umana che assorbe risorse, ma non crea valore." James P. Womack e Daniel T. Jones “Lean Thinking”
I.I Il Toyota Production System
N
egli anni successivi alla fine della seconda Guerra Mondiale un vento di novità cominciò a soffiare dalle parti dei complessi industriali giapponesi ed
in particolare nei capannoni un poco dimessi di una piccola fabbrica di automobili praticamente sconosciuta nel mondo: TOYOTA. Quel vento di novità riuscì in poco tempo a fornire a quella allora modesta casa automobilistica la spinta necessaria a divenire nel giro di poco più di un trentennio il numero uno del mercato automobilistico mondiale e un modello di ispirazione per quanti si occupano di organizzazione aziendale. In effetti quello che un altrettanto sconosciuto ingegnere meccanico Taiichi Ōno1 – riuscì, insieme al figlio del fondatore della Toyota Motor Corporation2 e a Shigeo Shingo 3 a creare fu un
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Taiichi Ono (Dalian, 29 febbraio 1912 – Toyota, 28 maggio 1990) è considerato il padre del sistema di produzione attuato nell'azienda automobilistica Toyota: noto anche come Lean Production (produzione snella) 2 Stiamo parlando di Kiichirō Toyoda figlio di Sakichi Toyoda, fondatore nel 1933 della Toyota Motor Corporation . 3 Il dott. Shigeo Shingo, è generalemnte considerato, insieme a Taiichi Ohno il coautore dell’approccio giapponese di management, conosciuto con il nome di “Just in time” (JIT). È inoltre il teorizzatore dei Poka-
1
1
nuovo modello di organizzazione della produzione il Toyota Production System (TPS), un modello talmente innovativo ed efficiente4 da aver in pratica sostituito quello taylorista di produzione di massa5. Il TPS anche definito come the Toyota Way6 si incardinava su alcuni principi base che andremo sinteticamente a descrivere:
Miglioramento continuo
Sfida: accettare le sfide e adotta soluzioni creative.
Kaizen:
avere
come
obiettivo
il
miglioramento costante.
Genchi Genbutsu: raccogliere i dati dalla fonte.
Rispetto
per le persone Rispetto:
rispettare
collaboratori
di
sempre
qualunque
i
gradino
gerarchico e contribuire a costruire ambiente caratterizzato dalla fiducia reciproca.
Lavoro di squadra: condividere le possibilità e le sfide per creare un autentico spirito di squadra.
Filosofia
a lungo termine Le
decisioni
manageriali
devono
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yoke, dello Zero Quality Control e dello SMED "Single Minute Exchange of Die, per ridurre i cambi lavorazione da ore a minuti. 4 Ohno Taiichi – 2004 5 Con il termine produzione di massa si intende il processo industriale che consente la realizzazione di grandi quantità di prodotti standardizzati, compiuta con catene di montaggio. Sul piano logistico-operativo, la produzione di massa si caratterizza per il ricorso a “catene di distribuzione” dove particolari semilavorati raggiungono di volta in volta le postazioni in cui lavoratori specializzati eseguono la rispettiva, ripetitiva e meccanica operazione di assemblaggio (sempre la medesima per ciascun binomio lavoratore/postazione). Questo modello produttivo si dimostra particolarmente efficace dal punto di vista delle frequenze produttive. 6 Vedi: Ohno Taiichi – 2004, e . Higeo Shingo -1989-
2
sempre guardare al lungo termine anche
a costo di affrontare iniziali sacrifici economici. Il
giusto processo produrrà i giusti risultati
Un processo continuo consentirà di individuare
in
maniera
corretta
i
problemi.
Abbandonare i sistemi di produzione push in favore di modelli pull.
Concentrati al fine di assicurare carichi di lavoro adeguati (heijunka).
La qualità deve essere il tuo primo obiettivo anche se ciò comporta dover fermare il processo produttivo per correggere gli errori.
Suddividi il carico di lavoro in maniera equa e standardizzata.
Adotta un sistema di controllo visuale.
Impiega solo tecnologie disponibili testate ed affidabili che contribuiscano davvero al miglioramento dei processi produttivi
e
assicurino
un
elevato
standard di benessere psico fisico per i dipendenti. Aggiungi
valore alla società migliorando
persone e partner.
Favorisci e seleziona un management che conosca davvero il ciclo produttivo e il lavoro umano ad esso collegato e che siano in grado di motivare e formare i loro collaboratori.
Coltiva e favorisci lo sviluppo della partecipazione.
un rapporto di fiducia.
3
Crea con fornitori e partner commerciali Pag.
Risolvere
i problemi alla radice migliora
l'apprendimento organizzativo
Verifica sempre in prima persona.
Prima di decidere rifletti e ascolta il parere degli altri, ma dopo aver deciso avanza rapidamente.
Fai in modo che uno degli obiettivi della
azienda
organizzativo
sia
l’apprendimento
tramite
l’Hansei
(riflessione) e il Kaizen (miglioramento continuo).
I.II. Just in time e Kaban Il TPS fu (e continua ad essere) prima di tutto uno strumento di controllo gestionale dell'efficienza del sistema d'impresa che rivoluzionò il modo di intendere il concetto stesso di produzione, abbandonando l’obiettivo del produrre tanto al fine di abbassare i costi, per concentrarsi sulle reali esigenze del mercato facendo sì che i volumi di produzione siano costantemente (just in time 7) legati alle variazioni della domanda. Per giungere a questo obiettivo il TPS prevede oltre a quello dei cicli produttivi il continuo miglioramento del prodotto, una costante ottimizzazione delle risorse impiegate, e una maggiore responsabilizzazione del “fattore umano” che torna ad avere un ruolo centrale nella catena produttiva. Non più automa legato alla macchina bensì garante della qualità in ogni momento
just in time, ovvero l’idea di legare la produrre al momento della ricezione della domanda al fine di evitare le scorte eccessive, sottrarre spazi “inerti” -quali i magazzini- al ciclo produttivo vero e proprio, ridurre i costi logistici e tecnici nonché creare un rapporto diretto tra il cliente e la catena produttiva consentendo di aumentare considerevolmente la personalizzazione del prodotto stesso. Centrale nella filosofia del just in time è l’abbinamento tra elementi quali affidabilità, riduzione delle scorte e del lead time, ad un aumento della qualità e del servizio al cliente
Pag.
7
4
della produzione.
Se il Just in Time è la filosofia il Kanban è lo strumento che ne ha permesso la concretizzazione realizzando il capovolgimento dell’intero processo produttivo legato – ora – alle indicazioni contenute nel singolo ordine e non più ad un obiettivo di volumi
prodotti
a
“prescindere”Nel concreto il kanban è il dispositivo che rende possibile il Pull Flow (Flusso Tirato) dei materiali. Il termine è costituito
I 4 PILASTRI DEL TPS a) Just in time JIT : zero scorte
da due parole giapponesi Kan
b) Jidoka : zero difetti
che significa “visuale” e Ban
c) TPM : zero fermi
Il
d) WO : zero
kanban si basa infatti su dei
ineffcienze
che
significa
cartellini
“segnale”.
fisici
che
acconsentono la produzione, l’acquisto o la movimentazione dei materiali il cui obiettivo è di evitare la sovrapproduzione che è lo spreco più impattante sulle performance di un sistema produttivo. Il kanban può dunque essere descritto come un metodo operativo finalizzato a far circolare le informazioni in modo sistematizzato all’interno dell’azienda ed eventualmente tra azienda e fornitori. Pur trattandosi di un dispositivo “leggero” è in grado di eliminare o comunque ridurre sensibilmente il ricorso a di sistemi complessi di programmazione della produzione. Il kanban si configura come un cartellino quadrato che contiene le informazioni necessarie per produrre, acquistare o movimentare componenti e materiali nel sistema produttivo. Di conseguenza il kanban rappresenta il motore dell’attività dell’azienda gestendo in modo automatico la quotidianità degli ordini di lavoro, consentendo ai responsabili di occuparsi di risolvere le criticità e di sviluppare i
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I kanban si possono distinguere in due grandi tipologie:
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miglioramenti del sistema.
I kanban di movimentazione o di trasporto che servono per spostare componenti e materiali verso un processo produttivo
I kanban di produzione che rappresentano veri e propri ordini di produzione mediante i quali si autorizza il processo a monte a produrre un certo componente per un processo a valle.
Le informazioni che generalmente si trovano su un cartellino kanban sono:
Il codice del componente interessato
Il fornitore di quel componente
Il cliente che lo richiede
Il tempo a disposizione per il ripristino
La quantità da ripristinare
Il contenitore da utilizzare
Altre informazioni personalizzate
Dal punto di vista operativo i cartellini kanban vengono posizionati su un contenitore che contiene una quantità prefissata di un componente. Solo dopo che questo materiale viene consumato il cartellino viene passato al fornitore che può ripristinare i componenti consumati. Il flusso dei materiali in una produzione a kanban è perciò definito “tirato” in quanto la produzione di un componente è autorizzata solo da un effettivo consumo. I flussi produttivi tirati non necessitano di risorse dedicate alla programmazione della produzione e hanno il vantaggio di
Per effetto Forrester, (o effetto frusta o Bullwhip), si intende l’aumento della variabilità della domanda man mano che ci si allontana dal mercato finale e si risale la catena di fornitura.
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8
6
eliminare l’effetto Forrester8
I
l successo e il conseguente studio delle innovazioni introdotte dal “sistema Toyota” ha portato allo sviluppo del “Lean Thinking” ovvero di una strategia operativa
che, se correttamente applicata, consente di aumentare l’efficienza e ridurre in maniera considerevole gli sprechi con l’obiettivo di
eliminarli e produrre di più con un minor
consumo di risorse ovvero alla ottimizzazione del processo produttivo, appare pertanto chiaro che un approccio Lean non è tutt’altra cosa da una tecnica operativa rigida ed univoca ma è prima di tutto un atteggiamento diverso degli individui che vivono l'azienda. Un comportamento che porta a dover ripensare la ripsota alla classica domanda che su chi sia realmente il "vero" cliente? A seconda dei casi infatti, la risposta può indicare un cliente esterno oppure un cliente interno, un nostro collega o un team operativo cui siamo chiamati a offrire un prodotto/servizio fondamentale al funzionamento dell’intera struttura operativa. Il termine Lean trova un efficace equivalente nella parola italiana “snello” ed il “Lean Thinking” nelle sue diverse declinazioni è a tutti gli effetti un sistema snello, orientato al progressivo ma inesorabile abbattimento degli sprechi insiti nelle attività tipiche della logica a “lotti e code”. Un approccio operativo rivoluzionario se applicato ai sistemi
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nell’azienda l’intero flusso di creazione del valore fornendo
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produttivi tradizionali; talmente rivoluzionario da ridisegnare
risultati davvero eccezionali in termini di cost reduction a fronte di investimenti limitati. Il rischio è che la decisione di adottare un simile approccio si limiti agli aspetti superficiali ovvero non venga utilizzato anche per ripensare il modo di fare e di essere impresa, accontentandosi ridurre
i
costi
di nel
breve periodo ma non riuscendo a gettare le basi per un effettivo miglioramento gestionale
di
lunga
durata. L’introduzione azienda strategia
di
in
questa
operativa
non è priva di rischi; infatti l’adozione di una operatività Lean richiede e determina importanti cambiamenti sia dal punto
di
strutturale
vista che
sul
piano organizzativo. Si tratta di ripensare l’intera aziendale e processo attraverso
struttura il
suo
operativo
COSA SI INTENTE PER “SPRECO” NEL LEAN THINKING Nelle strutture produttive di massa basate su logica push sono presenti alcune tipologie di sprechi che, secondo quando sopra esposto, vanno immediatamente rilevati ed eliminati con le metodologie Lean:
Sovrapproduzione Scorte non necessarie Superfici occupate Ritardi/attese Difetti e rilavorazioni Movimentazioni di materiali Movimenti di persone
Al fine di ottenere risultati tangibili e duraturi, investire anche sul capitale umano in quanto l’applicazione del metodo implica un profondo cambiamento culturale delle persone rispetto alle logiche su cui è stata costruita tutta la cultura produttiva delle nostre aziende manifatturiere.
(ad
esempio) la semplificazione dei livelli gerarchici, il diverso sviluppo dei processi produttivi, un maggior coinvolgimento
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competenze e della responsabilità individuale all’interno
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delle risorse umane e lo sviluppo della partecipazione, delle
dell’intera catena produttiva. Ripensare interamente le procedure operative
dalla richiesta del cliente, attraverso il processo di gestione delle informazioni e la gestione degli ordini, con l’obiettivo di consentire una sempre più raffinata personalizzazione del prodotto/servizio,
dai fornitori, attraverso il processo di trasformazione della produzione, si arriva al prodotto finito imballato
dall’idea di marketing, dalla fase di semplice progettazione di nuove soluzioni di servizio/prodotto fino alla realizzazione di un modello validato, dal magazzino e dai prodotti finiti, attraverso il processo di distribuzione/installazione e consegna, si
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da al cliente la disponibilità del prodotto finito.
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II.I I Principi “Lean” Detto ciò dobbiamo ricordare che quella del “Lean Thinking” è a tutti gli effetti una strategia operativa in quanto integra un robusto inquadramento teorico ad un altrettanto robusto quanto immediato approccio pratico ovvero il lavoro umano necessario per realizzare gli obiettivi del “Lean Thinking”, al punto che un “Manager Lean” deve avere una consolidata familiarità con l’ambiente lavorativo, familiarità acquisita attraverso l’analisi e la conoscenza diretta delle condizioni di lavoro piuttosto che attraverso la lettura di report redatti da capireparto o responsabili di produzione. In una ottica Lean il posto di lavoro è il luogo in cui non astratte “risorse umane” ma persone reali fanno valore reale e andare a vedere è considerato un imprescindibile segno di rispetto oltre che una opportunità per sostenere i dipendenti a creare valore aggiunto attraverso le loro idee e iniziative, più che semplicemente fare valore attraverso il lavoro prescritto. La rivoluzione del management portata dal Lean Thinking può essere riassunta descrivendo i lavori in termini di: Lavoro = Lavoro + Kaizen. I principi su cui si basa il Lean Thinking sono apparentemente semplici e possono essere riassunti in cinque punti:
Value Identificare ciò che vale individuare cioè il prodotto/servizio per cui i clienti sono disposti a pagare un prezzo
Value Stream Identificare il flusso del valore allineare le attività che creano valore nella giusta sequenza
Flow Far scorrere il flusso del valore mettere in atto le
Pull fare scorrere il flusso in base alle effettive richieste
Kaizen ovvero attuare un piano di continui miglioramenti
10
(ovvero fare kaizen, parola composta che significa KAI =
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attività a valore evitando le interruzioni
cambiamento, miglioramento e ZEN= buono, migliore) nella consapevolezza che: l'obiettivo del continuo miglioramento è il miglioramento continuo. E’ evidente che decidere di abbracciare una simile strategia operativa costituisce una scelta coraggiosa, che richiede un management
altrettanto
coraggioso
con
una
naturale
predisposizione alla sfida e con un forte orientamento alla innovazione. Ma
analizziamo
sinteticamente
i
sei
principi: 1 – Value Identificare e definire il valore
significa
comprendere che cosa, all’interno del nostro processo produttivo ha realmente valore. Tale identificazione
è
fondamentale in quanto l’uso
di
giustificato
risorse
è
solo
se
effettivamente utile alla produzione di valore altrimenti è solo spreco (in
giapponese
MUDA). Il Valore si raggiunge attraverso la qualità integrata ed è necessario comprendere
I 10 KAIZEN
PRINCIPI
La parola giapponese Kaizen significa letteralmente “miglioramento”. I 10 principi chiave del Kaizen sono: 1. Sbarazzati dei concetti tradizionali (anche sui metodi di produzione) 2. Pensa a come il nuovo metodo funzionerà e non a come non funzionerà 3. Non accettare le scuse. Dì di no allo status quo 4. Non ricercare qui e ora la perfezione. Un tasso di implementazione del 60% va bene ma va fatto subito 5. Correggi gli errori nel momento in cui li trovi 6. Non spendere molti soldi per migliorare. Pensa con creatività prima dell’investimento 7. I problemi ti danno l’opportunità di utilizzare il tuo cervello 8. Chiediti sempre perché almeno 5 volte per trovare la vera causa dei problemi (root cause) 9. Le idee di 10 persone sono migliori di quelle di una persona. 10. I miglioramenti non hanno limiti. Non smettere di fare Kaizen
deve essere orientata verso questo obiettivo: dalla creazione di
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cliente è fondamentale e che ogni fase del processo aziendale
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che la soddisfazione del
caratteristiche soddisfacenti
alla necessità di garantire
standard di qualità del prodotto in ogni fase della produzione. La qualità intrinseca significa fermare ogni parte dubbia e addestrare se stessi e gli altri a non trasmettere lavori difettosi, a non fare lavori difettosi e a non accettare lavori difettosi fermando il processo e reagendo immediatamente ogni volta che venga rilevata una difformità.
2 Value Stream Il flusso di valore per un dato prodotto è determinato dal complesso delle attività necessarie per trasformare le materie prime in prodotto finito. L’analisi del flusso di valore procede attraverso la classificazione delle attività in tre categorie:
Attività che creano valore (tutte quelle il cui costo può essere trasferito al cliente
Attività che non creano valore ma necessarie
Attività che non creano valore e non necessarie
I tre flussi principali sono:
Progettazione/Sviluppo Prodotto
Gestione Ordini
Produzione dei Beni/Erogazione dei Servizi
3 Flow Una volta che si sia definito con precisione il valore (primo principio), descritto il flusso di valore per un dato prodotto o famiglia di prodotti e, attraverso la mappatura dei flussi, averlo ottimizzato eliminando le attività inutili è necessario fare sì che le restanti attività creatrici di valore formino un “flow”. Il flusso del valore è costituito dall’insieme delle attività richieste
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i tre processi fondamentali di qualsiasi settore:
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per far si che un dato prodotto attraversi nel modo più efficace
la definizione del prodotto dall’ideazione, attraverso una
dettagliata
progettazione
e
conseguente
“ingegnerizzazione”, fino alla realizzazione effettiva;
la
gestione
dell’ordine
delle alla
informazioni consegna
dal
ricevimento
attraverso
una
programmazione di dettaglio;
la realizzazione pratica del prodotto o del servizio reso disponibile, cioè “consegnato” al Cliente finale.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che l’approccio Lean rovescia il tradizionale modo di pensare la produzione come un processo finalizzato alla fabbricazione della maggiore quantità possibile di prodotto in modo tale da poter diminuire il costo unitario. L’intero flusso deve, al contrario, essere ottimizzato al fine di soddisfare al meglio la domanda reale ora, e non la domanda immaginaria di domani, nella convinzione che una organizzazione fluida del processo produttivo, dalla materia prima sino al prodotto finito, è in grado di assicurare una maggiore efficienza all’intero sistema Il flusso continuo in produzione si raggiunge soprattutto attraverso interventi radicali, che permettono di trasformare in breve tempo le attività. Applicando costantemente i principi Lean è possibile avvicinarsi all'ideale del flusso a pezzo singolo riducendo drasticamente il costo generale dell attività, eliminando la necessità di magazzini, trasporti, sistemi, subappaltatori.
4 Pull Pull è la tecnica di base per "snellire" l’azienda. Far procedere le lavorazioni regolandone le fasi attraverso dispositivi visivi come le carte Kanban è essenziale al fine di poter visualizzare e misurare la distanza tra l' ideale e il reale sul posto di lavoro
singolo pezzo, evidenziando i problemi man mano che si
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sul posto di lavoro avvicinando la teoria alla “fisicità” del
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in qualsiasi momento. Pull è ciò che crea una tensione creativa
presentano, cosicché problemi complessi possono essere risolti in modo frammentario Con Pull si introduce il principio secondo cui è necessario per l’impresa acquisire la capacità di progettare, programmare e realizzare solo quello che il cliente vuole nel momento in cui lo vuole.
5 Kaizen Si tratta, forse, del principio più conosciuto, in base al quale l’impresa
deve
costantemente
tendere
alla
perfezione
attraverso un inesorabile processo di miglioramento che trae origine proprio dalla applicazione corretta dei primi quattro principi che porta all’avvio di processo continuo di riduzione dei tempi, degli spazi, dei costi. Ma il ciruito organizzativo richiede, a questo punto, di un momento dedicato alla riflessione, all’analisi di quanto fatto e di quanto ancora è possibile fare e in che modo migliorare. Il termine giapponese per indicare questa fase è Hansei ovvero “auto riflessione” e lo Hansei è alla base del più ampio processo del Kaizen9. Con questo quinto principio si evidenzia al necessità di compiere un costante processo di analisi della attività svolta e di valutazione dei risultati raggiungi, con umiltà nel caso di successo, oppure con razionale lucidità in caso di errore. Le valutazioni che scaturiranno da questo processo consentiranno di correggere gli eventuali difetti, migliorare l’organizzazione e il ciclo produttivo, rafforzare la consapevolezza del proprio ruolo all’interno
dell’azienda
e,
non
da
ultimo,
migliorare
l’autostima. Si dovrà sempre ricordare che l’obiettivo principale da perseguire è proprio quello di sviluppare lo spirito kaizen in
9
Kaizen è una parola giapponese composta dal termine Kai che significa cambiamento e Zen “migliore”
Pag.
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ogni dipendente.
Seguendo l’insegnamento di Ohno Taiichi si dovrà allora non limitare la ricerca della perfezione alla individuazione e adozione dei migliori sistemi organizzativi,dei software più “intelligenti o di eroi “stakanovisti”, ma attraverso l'impegno collettivo a migliorare le cose insieme, passo dopo passo, con la convinzione che, attraverso la condivisione della pratica kaizen, si costruisce fiducia in se stessi, si rafforza lo spirito di squadra e la condivisione degli obiettivi “aziendali”. Perché l’azienda si identifica non solo con il prodotto ma anche con il benessere e la consapevole partecipazione al percorso produttivo di ogni singolo lavoratore. Di riflesso tale impostazione ci porta a condividere il principio secondo cui l’azione di conoscenza, verifica, correzione e controllo non deve mai arrestarsi ma proseguire in un percorso pressoché infinito alla ricerca, appunto, della “qualità totale”. Il successo di questo processo è in buona parte determinato dal ruolo e dall’incisività del management al quale è demandato il compito di guidare in prima persona il processo definendone in maniera
chiara
e
comprensibile
politiche,
obiettivi,
organizzazione, adeguate risorse e efficaci strumenti di verifica e controllo. Allo stesso modo dovrà impegnarsi al fine di favorire
il
coinvolgimento
dell’intera
organizzazione,
coinvolgere nel miglioramento l’intera organizzazione e
Pag.
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promuovere il lavoro di gruppo ed il rispetto per la persona.
Q
uanto fin qui detto a proposito dell’esperienza del TPS e dell’approccio Lean ci può essere utile a comprendere l’origine delle tecniche, dei metodi
operativi, della moderna filosofia che guida le strategie di Problem Solving. Possiamo definire il problem solving come: “l’insieme di tecniche e di strumenti che, utilizzati in maniera sistematica nelle varie fasi del processo di miglioramento, permettono l’efficace raggiungimento degli obiettivi, con un efficiente impiego delle risorse10”. E così se un problema non risolto alla radice è, è destinato a prolungare i suoi effetti (costi) infinitamente e costituisce un elemento di instabilità complessiva nella catena produttiva, il problem solving è una metodologia basata su un coerente processo logico e costituita da fasi caratterizzate dall’utilizzo di risorse come la creatività, l’intuito e l’esperienza finalizzate alla definizione, valutazione e validazione di precorsi alternativi utili alla soluzione di un determinato problema. Seguire un metodo nella risoluzione dei problemi permette di non cadere nelle trappole psicologiche o “attitudinali” che spesso costituiscono il vero ostacolo nell’individuazione della strategia più efficace nella soluzione di problema. A questo punto sarà utile chiarire che spesso la nostra conoscenza di un problema si limita all’effetto che questo
10
Cfrwww.docenti.ing.unipi.it/~a009156/Didattica/Problem_Solving_01
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dell’effetto piuttosto che alla ricerca della causa del problema.
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produce e spesso le soluzioni sono orientate alla correzione
Il perché di questo orientamento è presto detto: si cade nell’illusione che risalire alle cause che creano un problema sia più complesso, faticoso e- in ultima analisi- costoso che rimediare agli effetti creati dal problema stesso. Si tratta naturalmente di un approccio sbagliato che già nel breve periodo rivelerà del tutto fallace.
III.I definizione di problema La prima domanda cui spesso – colpevolmente – non ci poniamo è, in realtà, quella cruciale: che cosa è un problema,? La prima definizione che possiamo dare è che un problema è una difficoltà che richiede un adattamento o l’adozione di un comportamento particolare o di cui si impone il superamento. Un problema è dunque una domanda alla quale siamo chiamati a dare una risposta partendo da una premessa e seguendo un percorso logico. Una volta trovata una adeguata definizione occorre però porsi un secondo quesito: come si risolvono i problemi? La risposta la troviamo nelle parole di un matematico ungherese, Gyorgy Polya che ha dedicato buona parte della sua attività scientifica alla euristica applicata al tentativo di analizzare i metodi generali utili alla soluzione dei problemi e descrivendo come le loro soluzioni dovrebbero essere recepite e insegnate: “ Risolvere problemi significa trovare una strada per uscire da una difficoltà, una strada per aggirare un ostacolo, per raggiungere uno scopo che non sia immediatamente raggiungibile. Risolvere problemi `e un’impresa specifica dell’intelligenza e l’intelligenza `e dono specifico del genere umano: si può considerare il risolvere problemi come l’attività più caratteristica del genere umano. Risolvere un
11
György Polya 1971 "La scoperta matematica", Feltrinelli 1971.
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distintamente concepito” 11.
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problema `è trovare mezzi non noti per raggiungere un fine
Detto questo dovremo tener presente che la soluzione di un problema richiede la determinazione o la costruzione di una o più soluzioni che soddisfino a date condizioni fissate in precedenza e che esistono tre tipi di problemi:
Problemi determinati, che ammettono un numero finito di soluzioni.
Problemi
indeterminati,
che
ammettono
infinite
soluzioni.
Problemi impossibili, che non ammettono alcuna soluzione
A fronte di questa suddivisione possiamo affermare che la soluzione di un problema può realizzarsi per due diversi fattori:
fattore casuale - ossia grazie alla scoperta,
fattore volontario ovvero mediante una attenta analisi del problema e una specifica ricerca di soluzione.
Per concludere dobbiamo ricordare che un problema:
é una situazione, non un modulo con un quesito
che la presenza dei dati e della domanda di partenza non rappresentano le caratteristiche distintive di un problema,
che la strategia risolutiva ottimale è da inventare e che nessun solutore la conosce a priori che il solutore vive in prima persona la situazione e ha
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interesse a risolverla
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III.II. Gli strumenti di gestione del problem solving Gli strumenti di gestione per il problem solving sono costituiti da un complesso di procedimenti tecnico/mentali finalizzati a produrre
possibili
soluzioni
al
problema
inizialmente
identificato Tra le più diffuse “metodologie” di problem solving (la cui lista non si esaurisce certo qui) varrà la pena analizzare le più significative ovvero.
III.II.I 8D Problem Solving 8D ovvero otto “Discipline” Problem Solving. Si tratta di un metodo originariamente sviluppato e adeguatamente descritto in un manuale operativo del 1987 dalla Ford Motor Company. Le 8D includevano diversi concetti di problem solving, tra cui l' adozione di azioni correttive e il contenimento di elementi non conformi. Basato sulla logica del ciclo PDCA e usato per affrontare e risolvere i problemi utilizzando una sequenza logica di compiti, questo metodo fornisce inoltre regole definite per prevenire il ricorrere dei problemi e favorire lo sviluppo di sinergie all’interno del gruppo di lavoro. Proprio per la sua natura si tratta di un metodo appropriato solo in presenza di problemi con "cause sconosciute", mentre non si rivela efficace laddove sia utilizzato in presenza di problemi preventivi o di trovare efficaci soluzioni nei confronti di problemi definiti. Un corretto utilizzo delle 8D produce effetti che non si limitano al processo di problem solving in quanto possono arrivare a fornire uno standard operativo e una
“tappe”, in realtà a questo primo nucleo se ne aggiunta una
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Sebbene nella definizione si faccia riferimento alle otto
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articolata risorsa in termini di report delle attività monitorate.
nona (divenuta la D0) ovvero la fase di pianificazione iniziale. Le discipline sono le seguenti: 0. Pianificazione 1. Individuazione del gruppo di analisi 2. Definizione e descrizione del problema 3. Attuazione delle azioni di contenimento 4. Identificazione e verifica delle cause primarie 5. Identificazione ed attuazione delle AC permanenti 6. Attuazione e verifica di efficacia della AC 7. Prevenzione del ripetersi del problema 8. Riconoscimento dello sforzo del gruppo di analisi Veniamo ora ad analizzare le singole “discipline”: 0 – Pianificazione Come abbiamo accennato poco più avanti questa prima “disciplina” non era prevista all’interno del metodo originale il quale ne dava per “scontato” l’esecuzione nella fase iniziale delle procedure. Viceversa, visto l’importanza che una corretta pianificazione ha ai fini del successo del metodo, è oramai consuetudine operativa considerarla in maniera “distinta” in modo tale da assicurarle una attenzione più specifica. In questa fase il team è chiamato a documentare i sintomi che hanno rivelato il problema e le eventuali azioni di risposta d' emergenza intraprese prima dell' avvio formale del processo 8D. Il D0 comprende anche le domande di valutazione standard volte a determinare se è necessario un 8D completo. Le domande di valutazione mirano a garantire che, in un mondo di risorse limitate per la risoluzione dei problemi, gli sforzi necessari per un lavoro completo di gruppo si limitino ai problemi che giustificano tali risorse. Pianificare significa inoltre determinare il piano operativo che si intende seguire e
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affrontato con questo metodo.
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soprattutto stabilire se il problema merita o meno di essere
1 – Individuazione del gruppo di analisi: formare il team Questo primo passo del sistema 8D si rivela spesso fondamentale ai fini dell’efficacia dell’intero processo. Un gruppo di analisi è
solitamente composto da 4 a 10 membri tra i quali dovrà essere individuato un responsabile, un sollecitatore ed un segretario. Pur essendo auspicabile una differenza di background culturale fra le persone – in grado di offrire maggiori possibilità di trovare una soluzione-, un buon team deve essere caratterizzato da compatibilità di livello tecnico e culturale, e condividere “linguaggio” e procedure operative. Deve inoltre essere rappresentativo delle aree e funzioni connesse al problema
affrontato. 2 – Definizione e descrizione del problema La seconda “disciplina” è strumentale alla identificazione della origine del problema e delle sue ragioni. In questa fase ci si occupa di trovare una efficace descrizione del problema al fine di definire e quantificare: “i chi, cosa, i dove, i quando, i perché, i come e i quanti”12 (5W2H) del problema.
3 Sviluppare un piano di contenimento provvisorio In questa fase del ciclo si dovranno definire e rendere operative specifiche azioni di contenimento per isolare il problema da qualsiasi cliente e, possibilmente, far sì che questi sia protetto dagli effetti del problema. Si dovranno inoltre predisporre adeguati strumenti di verifica e controllo della efficacia delle azioni di contenimento messe in atto
Si tratta dell’adattamento in italiano delle 5W – Who, What, Where, When e delle 2H How e How many del metodo conosciuto, appunto, come 5W2H. Tale metodo si dimostra particolarmente utile nella fase dell’individuazione di alcune delle principali cause del problema. La tecnica si dimostra efficace anche nella definizione dei reclami e molte altre problematiche che possono insorgere nella filiera di produzione. Infatti è solo attraverso una corretta definizione che si può concretamente avviare una efficace procedura di risoluzione del problema.
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21
4 – Identificazione e verifica delle cause primarie
Questa azione mira a Identificare tutte le cause applicabili che potrebbero spiegare perché il problema si è verificato nonché il motivo per cui il problema non è stato eventualmente notato nel momento in cui si è verificato. Tutte le cause devono essere verificate o provate. In questa fase può essere utile il ricorso al metodo delle 5whys13 o della cd lisca di Ishikawa14 per tracciare le cause dell' effetto o del problema identificato. Il team dovrà essere in grado di determinare quali siano le più probabili cause all’origine del problema e, una volta ristretto il campo ed individuata/e, procedere alla verifica e alla validazione dell’ipotesi formulata. 5 – Identificazione delle Correzioni Permanenti (CP) L’identificazione e la verificare delle correzioni permanenti (CP) consentirà di risolvere il problema. E’ chiaro che si tratta di una tra le fasi più critiche dell’intero processo e che coinvolge l’intero team di lavoro. L’efficacia delle azioni correttive permanenti adottate dovrà essere adeguatamente verificata utilizzando i programmi di pre-produzione al fine di confermare quantitativamente che la correzione selezionata
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5 Whys è una tecnica di interrogatorio iterativa utilizzata – ovvero che presenta reciprocità di azione - per esplorare le relazioni causa-effetto che sono alla base di un particolare problema. L' obiettivo primario della tecnica è quello di determinare la causa alla radice di un difetto o di un problema ripetendo la domanda "Perché"? Ogni risposta costituisce la base della domanda successiva. Il "5" nel nome deriva da un' osservazione aneddotica sul numero di iterazioni necessarie per risolvere il problema. La tecnica è stata sviluppata formalmente da Sakichi Toyoda e utilizzata all interno della Toyota Motor Corporation. In presenza di problemi con più cause scatenanti, il metodo deve essere ripetuto ripetendo ogni volta una sequenza diversa di domande. Il metodo non stabilisce regole definite su quali linee di domande esplorare, o quanto tempo per continuare la ricerca di ulteriori cause alla radice. Così, anche quando il metodo è seguito da vicino, il risultato dipende ancora dalla conoscenza e dalla persistenza delle persone coinvolte. 14 I diagrammi o: lisca di Ishikawa (anche detti diagrammi a lisca di pesce, a spina di pesce, a causa ed effetto o Fishikawa) sono diagrammi causali creati da Kaoru Ishikawa che mostrano le cause di un evento specifico. Gli usi comuni del diagramma Ishikawa sono la prevenzione dei difetti di progettazione e di qualità del prodotto per identificare i fattori potenziali che causano un effetto globale. Ogni causa o motivo di imperfezione è fonte di variazione. Le cause sono solitamente raggruppate in categorie principali per identificare e classificare queste fonti di variazione.
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risolverà il problema. Tali verifiche possono essere attuate anche attraverso analisi di laboratorio o carte di controllo, o quanto la situazione suggerisca ai componenti del team. Il punto fondamentale è che il metodo adottato consenta di identificare in maniera univoca il responsabile, l’azione da compiere, e il quando ovvero il momento in cui l’azione va intrapresa e il quanto ovvero i tempi esatti dell’intervento correttivo. 6 – Definizione e attuazione di azioni correttive: definire e attuare le migliori azioni correttive. È la parte realizzativa del piano d’azione, quella in cui, dopo una attenta definizione15 delle procedure stabilite si passa alla loro effettiva implementazione. 7 – Prevenzione del ripetersi del problema Modificare i sistemi di gestione, i sistemi operativi, le pratiche e le procedure per evitare il ripetersi di questi e simili problemi. Ove necessario, è opportuno sviluppare un diagramma causa/effetto per analizzare e scoprire quale segmenti di processo potrebbero far sì che il problema si ripresenti, magari sotto mutate spoglie16. 8 – Riconoscimento dello sforzo del gruppo di analisi Congratularsi con i principali contributori al team: Riconoscere gli sforzi collettivi della squadra. Il team deve essere
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Durante questa fase si procederà a stabilire chi dovrà fare, che cosa dovrà fare, quando e in che tempi comprendendo anche gli aspetti di pianificazione temporale, responsabilità, modalità e tempi di verifica della validità dell’azione correttiva. 16 Si riscontra a volte la necessità di un cambiamento dello stile di management, oppure l’implementazione di una procedura diversa per evitare le condizioni che hanno generato il problema. Non va scartata a priori la necessità, ove necessario, di fare sessioni di formazione anche per i responsabili dei livelli superiori. Il suggerimento, potrebbe anche essere quello di insediare un altro team, più specifico e competente, per migliorare localmente il sistema e le motivazioni dei leader. La standardizzazione dell’azione comprende la revisione di tutta la documentazione coinvolta: procedure del sistema di gestione per la qualità, istruzioni di lavoro, cicli di lavorazione, piani di controllo etc.
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ringraziato
formalmente
ringraziato
in
quanto
il
riconoscimento del successo gratificherà le persone coinvolte. Oltre all’introduzione della “Disciplina 0” il protocollo 8D è stato implementato con l’introduzione del concetto di “analisi dei punti di fuga” che si applica dal punto 4 al punto 6. Analizzando il “punto di fuga” si intende mettere in evidenza il punto di debolezza nel sistema di controllo che ha determinato, in un preciso momento del processo operativo, l’insorgenza del problema. Con l’introduzione di questi ulteriori step si richiede che la squadra identifichi e verifichi un punto di fuga a D4. Poi, attraverso l’analisi della D5 e della D6, il team è chiamato a scegliere, verificare, implementare e validare le azioni correttive permanenti per affrontare il punto di fuga. L’adozione del concetto di “punto di fuga” è funzionale al miglioramento della capacità del Sistema di Controllo di rilevare il guasto e le sue cause quando e se questi dovesse ripetersi.
III.II.II Brainstorming
Il Brainstorming è una tecnica ideata e formulata dal pubblicitario Alex F. Osborn17 basata su di una discussione di gruppo incrociata, guidata da un moderatore. Lo scopo è quello di far esprimere, in maniera assolutamente non vincolata, il maggior numero possibile di idee su un determinato problema. una tecnica impiegata per facilitare la soluzione di un
la tecnica del brainstorming fu oggetto di una relazione da parte di A. F. Osborn per l’Università del Nebraska nel 1926 anche se la formulazione completa avvenne solo nel 1938. Nell’elaborare tale tecnica Osborne si ispirò ad una procedura simile tradizionalmente usata in India dai maestri indu. Il nome indiano di questa tecnica è Prai-Barshana , dove Prai significa “fuori di te stesso” e Barshana significa “questione”
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problema e stimolare il pensiero creativo e che tende a liberare
l'immaginazione delle persone, il cui cervello, come suggerisce il nome, è effettivamente messo in continua agitazione. Il processo consiste in una riunione, che può coinvolgere da pochi allievi a un gruppo anche di cinquanta persone, in cui la ricerca della soluzione di un dato problema avviene mediante la libera espressione delle idee e delle proposte che il tema stesso avrà stimolato in ognuna delle persone coinvolte. In genere in questi incontri non vi è né discussione né critica. La valutazione delle idee ha luogo nel corso di incontri successivi dello stesso gruppo Il nucleo centrale della tecnica, nella prima fase, è quello di produrre il maggior numero di idee (lista di controllo), che secondo l’autore è più importante della qualità delle stesse, soprattutto perché maggiore sarà il numero delle idee, maggiori saranno le probabilità di trovarne alcune utili. Tali idee servono poi da spunto alla soluzione di problemi e possono essere, successivamente, valutate e ulteriormente elaborate. Il brainstorming è una tecnica che mira a disinibire lo scorrere dei pensieri, impedendo l’insorgere di giudizi critici prematuri, l’efficacia della tecnica è in buona parte basata sul senso di appartenenza al gruppo che contribuisce ad aumentare il livello di sicurezza individuale. In questo contesto, dove è aprioristicamente bandita la critica o la derisione delle idee altrui ogni partecipante si sente a proprio agio nell’esprimere liberamente le proprie idee e associazioni di pensiero. Questa sicurezza funge da elemento disinibitorio e incrementa la possibilità di realizzare un circuito di comunicazione creativa dove ogni individuo accetta di dare libero corso alle proprie associazioni accettando ed integrandole in maniera altrettanto spontanea con quelle espresse dai membri del gruppo. Lo scopo ultimo è quello di far emergere il più alto numero
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tutte le possibili chiavi interpretative
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possibile di interpretazioni di un dato fenomeno accettando
Queste discussioni di gruppo possono durare anche più giorni e sono sinteticamente suddivisibile in fasi: 1.
Analisi
e
preparazione
Questa
fase
prevede
la
presentazione del problema e la indicazione riguardo eventuali limiti dei quali tenere conto per una sua soluzione (limiti economici, tecnici, infrastrutturali etc.); 2.Definizione e Valutazione dei dati caratterizzanti il problema posto Il focus dell’azione è rivolto alla comprensione profonda della natura del problema ed alla individuazione delle sue peculiarità 3.La scoperta delle idee Il vero e proprio momento “storming” durante il quale i membri del gruppo vengono sollecitati dal moderatore a esprimere liberamente le proprie idee e impressioni riguardo la possibile o le possibili soluzioni. In questa fase vige il principio del giudizio differito, tutte le idee godono della stessa autorevolezza e tutte vengono esaminate nella stessa maniera. 4. Riesame e selezione Si analizzano tutte le idee emerse e si attua una selezione condivisa di quelle ritenute più adatte a fornire una soluzione 5.Fase conclusiva Si analizzano le proposte selezionate e se ne valuta la applicabilità e l’efficacia Il processo del brainstorming può essere sintetizzato in quattro
idee libere;
quantità prima della qualità;
nessun diritto d’autore;
la critica è proibita;
Il ruolo del formatore è quello di invitare tutti i partecipanti a proporre più idee possibili sia in libera associazione, sia
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punti:
stimolate da processi quali l’analogia, la sostituzione, la modificazione, ecc. I campi di applicazione sono ovviante i più vari; va segnalato, però, che tale tecnica non consente di risolvere problemi di logica e razionalità, ma permette soltanto di migliorare la capacità di immaginazione..
III.II.III La “lisca” (diagramma) di Ishikawa
Uno dei più grandi contributi ascrivibili a Toru Ishikawa è l’aver guidato verso una sempre più spinta semplificazione e una sempre più ampia condivisione della conoscenza delle tecniche statistiche per il controllo della qualità nell'industria. Dotato di indubbie doti di divulgatore ha saputo far comprendere – tra l’altro - l'uso del diagramma causa-effetto che ha preso, appunto il suo nome. I diagrammi di Ishikawa rappresentano uno dei I sette strumenti classici della Qualità (i “vecchi” strumenti) che, seppur non tutti direttamente ideati da lui debbono tuttavia a lui la loro oramai generale diffusione18. Utilizzare un diagramma di Ishikawa19 significa esemplificare in forma grafica ed al contempo logica e sistematica, le relazioni esistenti tra un problema e le sue possibili cause. Detto in altri termini questo tipo di diagramma (meglio conosciuto come lisca di Ishikawa o fishbone) consente di ricostruire una mappa del processo operativo e delle possibili
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Kaoru Ishikawa Kaoru Ishikawa (tokio 1915-1989). Si è laureato nel 1939 alla Facoltà di ingegneria di Tokio, di cui divenne professore ordinario nel 1960. Oltre ad essere uno dei più conosciuti esperti giapponesi in tema di “qualità” è stato uno dei più significativi pionieri che hanno contribuito a definire il concetto di "Qualità Totale" applicato ai sistemi produttivi. Assieme ad altri tre professori, Tetsuichi Asaka, Shigeru Mizuno, e Masao Kogure, ha contribuito in modo determinante alla affermazione su scala mondiale dell’apparato manifatturiero e industriale giapponese nel dopoguerra, determinando in maniera significativa la migrazione della produzione dal segmento "prodotto scadente a basso costo" a quello del "prodotto di alta qualità a prezzo competitivo". Autore di numerosi libri sul controllo della qualità e della statistica ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali ricordiamo: il premio Deming e il Nihon Keizar Press Prize, e, nel 1971 il il Gant Award. 19 Vedi anche nota 14
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cause che ne hanno determinato la “non conformità” ovvero il problema. La raffigurazione segue una logica di tipo gerarchico, ad albero orizzontale alla testa del quale viene “visualizzato” il difetto, inteso come il prodotto di una serie di fattori che sono o potrebbero esserne responsabili. Questi fattori costituiscono le “spine” della lisca che a loro volta possono articolarsi in successivi elementi di possibile rischio. Alla base di questo metodo vi è la convinzione che ogni evento è il frutto di uno o più eventi precedenti (cause) per comprendere le quali si deve applicare una metodica analisi dell’intero evento che ha portato alla “non conformità”. Ishikawa propose di applicare, quale schema di riferimento iniziale per la costruzione della lisca un preciso modello conosciuto come il “Principio delle 4M”dove le quattro M sono: Men: il fattore umano inteso come preparazione, adeguatezza numerica, livello di stress, distrazione etc. Methods: è la “sezione” dedicata all’analisi delle procedure operative
ed
alla
valutazione
circa
il
loro
effettivo
funzionamento Machines: ovvero le macchine compresi i software operativi, le attrezzature, gli accessori ed i processi operativi così come i cicli di manutenzione. Materials: nell’analisi di questa “lisca” si prendono in esame i materiali impiegati nel ciclo operativo, la loro qualità e la loro
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idoneità.
Figura 1 - la "lisca" di Ishikawa
È evidente che le quattro M rappresentano solo un suggerimento metodologico e che queste “etichette” possono essere sostituite con altre più adatte e/o di numero diverso a seconda delle specifiche circostanze nelle quali si decide di adottare il diagramma. Uno dei principali vantaggi che ci vengono offerti con l’uso del diagramma di Ishikawa è costituito dal fatto che questo strumento metodologico ci porta a prendere in esame un problema alla volta, e nel farlo costringe (e qui sta forse il suo maggior pregio) ad una sistematica analisi delle possibili cause e del loro effettivo rapporto con “l’effetto”. Nel suo “Guida al controllo di qualità”, Ishikawa descrive in modo semplice e pratico quelli altri 6 “strumenti della Qualità” che ancora oggi trovano ampio utilizzo nelle procedure di problem solving.
III.II.IV Il foglio raccolta dati Lo scopo di questo strumento è di semplificare le procedure di raccolta
dati
e
consentirne
l’immediata
aggregazione,
di
conseguenza possiamo definire un foglio per la raccolta dei dati come un modulo strutturato progettato appositamente per inserire i dati raccolti e poterli analizzare agevolmente. Pur nella sua una raccolta organica e finalizzata dei dati non c’è informazione ma
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solo sensazione e quanto più i dati risulteranno obiettivi e corretti
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“semplicità” si tratta di uno strumento fondamentale in quanto senza
tanto più vi sarà buona informazione. A dispetto della sua semplicità, anche in questa epoca di sistemi digitalizzati per la raccolta dati un buon foglio di raccolta dati (laddove per buono intendiamo progettato bene in funzione della tipologia dei dati da raccogliere e della sua facilità d’uso da parte dell’operatore addetto alla raccolta) deve ancora essere considerato come uno strumento estremamente efficace che Al fine di minimizzare i fattori di rischio il foglio di raccolta dati deve consentire una facile lettura e una economica elaborazione nelle fasi successive. L’utilità di questo strumento è evidente soprattutto nel caso in cui un operatore è chiamato al controllo continuativo di un determinato processo ed alla raccolta sistematica di dati specifici relativi al processo stesso e relativi a singole problematiche quali:
non conformità agli standard
cause
localizzazione delle non conformità
analisi percentuale delle non conformità
modellizzazione dell'andamento di alcuni eventi
Nella fase di progettazione del foglio di raccolta, così come nella successiva azione di raccolta dati è fondamentale aver chiaramente:
definito uno specifico scopo
definito un metodo di registrazione il più possibile a prova di errore ed in grado i limitare l’eventuale raccolta di dati incompleti o parziali
definito un sistema di registrazione che permetta una adeguata elasticità nelle aggregazioni e disaggregazioni dei dati nonché successive elaborazioni degli stessi
Un foglio di raccolta dati si rivela particolarmente utile quando
dati quantitativi continui
(dati di misura) come ad esempio: peso, lunghezza, ecc.; -
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la raccolta è finalizzata alla analisi di:-
dati quantitativi discreti (dati numerabili) come ad esempio: il numero dei difetti;
dati
qualitativi
espressi
come
giudizi
(buono,
sufficiente non sufficiente, ecc.) attraverso punteggi assegnati su scale determinate.
III.II.V L’Istogramma Un istogramma è uno strumento particolarmente efficace nel consentire di osservare la distribuzione dei dati all’interno di un range di valori. è una rappresentazione grafica per visualizzare valori raggruppati in classi, dal punto di vista dell’informazione statistica per caratteristiche di tipo quantitativo. Questo strumento presenta il vantaggio di offrire un immediata rappresentazione dell’andamento del fenomeno esaminato nonché la valutazione del peso di ogni classe esaminata. Inoltre aggiungendo al tracciato dell’istogramma i limiti superiore e inferiore del fenomeno registrato se ne può mettere a confronto l’andamento con i vincoli predisposti e/o con le previsioni elaborate. Nell’istogramma solitamente sull’asse delle ascisse sono rappresentati i singoli valori di un variabile o le classi di valori di una variabile (per es. per l’età 15-24, 25-34, ecc.) e sull’asse delle ordinate sono rappresentate le frequenze: per ogni valore dell’ascissa è fatto corrispondere un rettangolo di base proporzionale all’ampiezza della classe e di altezza proporzionale alla sua frequenza. Se i rettangoli sono accostati si parla di istogramma se sono separati si parla di diagramma a barre. Al fine di garantirne la massima rappresentatività è necessario osservare alcune regole: dividere i dati in modo che il numero di classi sia compreso tra 5 e 20 preparare una tabella Il ricorso a questo strumento si rivela particolarmente utile nei casi in cui: i dati da rappresentare sono di tipo numerico.
Si analizzi se un processo possa o meno soddisfare i requisiti del cliente.
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se sia o meno normale.
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Si voglia visualizzare la forma della distribuzione dei dati per vedere
Si voglia determinare se gli output di due o piĂš processi siano o meno diversi. Si voglia comunicare velocemente la distribuzione dei dati. Si voglia verificare se un cambiamento all'interno di un processo si
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sia verificato in un certo periodo.
FINE SEZIONE
IN
LIBERA CONSULTAZI
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ONE
BREVE BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
ATTOLICO LUCIANO -2012- Innovazione Lean. Strategie per valorizzare persone, prodotti e processi; Hoepli. BELLANDI MARCO -1995 - Economie di scala e organizzazione industriale; FrancoAngeli. HIGEO SHINGO -1989- A Study of the Toyota Production System from an Industrial Engineering Viewpoint (Produce What Is Needed, When It's Needed), Productivity Press. KAORU ISHIKAWA -1998 ed it.-Guida al controllo di qualità; Franco Angeli. LIKER JEFFREY K, ATTOLICO LUCIANO – 2014- Toyota Way. I 14 principi per la rinascita del sistema industriale italiano. Con 14 casi di studio italiani; Hoepli. OHNO TAIICHI - 1988 - Workplace Management, Productivity Press. OHNO TAIICHI - 2004 ed it.- Lo spirito Toyota. Il modello giapponese della qualità totale. E il suo prezzo; Einaudi. OSBORN ALEX FAICKNEY – 1983 ed it - L’arte della creativity. Principi e procedure di creative problem solving; FrancoAngeli. PAJARO ANDREA - 2017 - Lean management. Cose mai dette; Esculapio. POLYA GYÖRGY - 1971 ed.it - La scoperta matematica; Feltrinelli
SHIGEO SHINGŌ – 1989 - A Study of the Toyota Production System, Productivity Press. WOMACK JAMES P. – JONES DANÍEL T.. ROOS DANIEL - 1991 ed it. – La Macchina che ha cambiato il mondo; Rizzoli.
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WOMACK JAMES P., . JONES DANIEL T – 2008 ed it - Lean thinking. Per i manager che cambieranno il mondo; Guerrini e Associati