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Nebbia

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Paese natale

Paese natale

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alla gialla luce del crocevia. E li ci si fermava per gli ultimi commenti, gli ultimi accordi, gli ultimi saluti. E si gelava, ma abitavamo tutti lì vicino e prima di gelarci completamente eravamo tutti a casa.

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Meno spesso m’è toccato di trovarmi in bicicletta nella nebbia notturna sulla strada che da Porta San Bortolo va e andava a un paese lontano una quindicina di chilometri: nebbia più o meno fitta, per tratti più o meno lunghi, dinamo in funzione, luci accese, preghiere alla Madonna di Monte Berico che mi facesse giungere sano e salvo prima al prossimo centro abitato (dove solitamente la nebbia era meno densa) e poi a destinazione.

Se la sera prima era stata nebbia e freddo, quasi sicuramente il mattino dopo avrei trovato i vetri delle finestre arabescati di ghiaccio e la broxema, la galaverna (questa parola l’ho imparata molto più tardi). Gli alberi ricoperti di ghiaccio mettevano freddo solo a vederli nella bruma ma brillavano bellissimi nel sole se e quando la nebbia si alzava ed era il sereno. A Vicenza la nebbia capitava spesso e spesso era spessa, se i miei ricordi di allora non sono annebbiati.

Poi sono andato ad abitare a Valdagno: 260 m s.l.m.. Forse qualche sera c’era la nebbia al Ponte dei Nori, nella parte più a valle del paese, ma io abitavo su a Novale e lì non ricordo nebbia. Magari c’è anche stata, rare volte per breve tempo. E così in splendidi sabati (o domeniche) di sole decidevamo – mia moglie ed io – di andare a trovare i parenti a Vicenza. Non avevamo telefono né meteo TV. Salivamo in “500”, scendevamo la valle e si arrivava dopo

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poco tempo dove non c’era più il sole ma solo nebbia. Il più delle volte tornavamo al nostro sole e invece di scendere in pianura a volte salivamo in montagna.

Altre volte nebbia o non nebbia dovevamo andare a Vicenza e magari di giorno la nebbia era diradata o sparita. Ma alla sera dovevamo tornare a casa nostra. Mia moglie ed io ricordiamo entrambi quella volta che – partiti da Vicenza con una nebbia leggera – dopo una decina di km ci trovammo immersi in una nebbia così fitta che non vedevo più niente. Ora ci viene da ridere, ma allora non trovammo altra soluzione che questa: lei scesa dall’auto mi precedeva a piedi segnalandomi la linea di mezzeria ed io la seguivo … a passo di donna. Per fortuna dopo un po’ tornammo in una nebbia densa ma più normale e proseguimmo piano piano finché salendo la valle non tornammo a riveder le stelle.

Dopo Valdagno sono finito a Biella, 420 m.s.l.m.. Non proprio in città, qualche Km prima, un 70 metri più in basso. Mi dicono che a Biella Piano non la vedono mai e men che meno penso a Biella Piazzo, un po’ più alto. Davanti casa nostra qualche rara volta la nebbia è arrivata, qualcosa di leggero ed effimero.

Ma dalle finestre di casa, o magari salendo su al monte, capita di vedere la nebbia padana: una coltre sopra la pianura. Non ho più necessità di recarmi a Vercelli o Novara e la nebbia di quei posti posso ora solo immaginarla: mi rendo conto che là dev’esserci nebbia quando non riesco più a vedere bene certi canali TV.

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Capita anche di trovare la nebbia in montagna, ma quella è un’altra cosa e in montagna non salgo da un bel pezzo.

Ora sono un po’ a Biella e un po’ a Savona. Anche lì non ho mai visto nebbia e solo una volta la neve, ma d’inverno non sono sempre laggiù. Per andarci passo per Alessandria, che non dev’essere esente da nebbia: di solito aspetto periodi in cui non sia prevista e finora non ne ho mai incontrata di molto fitta.

E così ho un po’ di nostalgia della nebbia, ma nello stesso tempo la temo moltissimo e cerco di evitarla.

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Accadde

Accadde più di mezzo secolo fa, ma accadde davvero. Mia moglie ha uno di quei cognomi veneti terminanti in àn, con l’accento sulla a come sempre in Veneto, come Padoàn (non è il cognome vero ma userò questo).

A quel tempo abitava con la sua famiglia in un paese non lontano da Vicenza e aveva un fratello di nome Giuseppe che tutti, proprio tutti, chiamavano Pino, Pino Padoàn.

Lavorava o aveva lavorato nella bergamasca ma abitava sempre nella casa paterna. Un giorno arrivò un signore con l’auto targata BG, suonò il campanello, mia moglie aprì e chiese cosa volesse.

E quello: “Abita qui Giuseppe Pàdoan?”.

E mia moglie “Giuseppe Pàdoan? No, non lo conosco”.

E l’altro a insistere “Giuseppe Pàdoan, non è questa Via Taldeitali numero tale?”.

E mia moglie: “Sì però qui non abita nessun Giuseppe Pàdoan …” . Ci pensa ancora un po’ e poi “Ah! Pino Padoàn! Sì, abita qui: è mio fratello!”

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