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Radici

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Scuole

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e visto che il bimbo era nato nel giorno di San Massimo lo fece chiamare Massimo.

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Passati alcuni anni, anni di guerra e lontananza, mia madre era nuovamente incinta. Lei aveva deciso che dopo un maschio, una femmina e un maschio doveva nascere una femmina. A quel tempo il sesso dei neonati lo si conosceva solo dopo il parto, a quel tempo non c’erano pannolini usae-getta ma anche a quel tempo i neonati facevano tanta pipì e popò come oggi e le brave mamme si preparavano un corredo di fasce (a quei tempi i bimbi venivano fasciati interamente, testa esclusa) e pannolini (panexèi) da usare, lavare, asciugare, stirare e riusare. E così fece mia madre: una grande quantità di quadrati di stoffa sui quali – per una mania tutta femminile o per passare il tempo dell’attesa –aveva ricamato la lettera “S”, perché la figlia si sarebbe chiamata “Silvana” e non magari Maurilia per via della santa del giorno. Solo che quando nacque non era una figlia ma un figlio. Per non rifare tutti i ricami doveva comunque avere un nome che cominciava per “S”: fui io a suggerire il nome di un ragazzino che abitava nella casa accanto e quel figlio si chiamò Sergio.

Due anni dopo nacque l’ultimo figlio (a quei tempi i figli abbondavano). Nacque in casa, di mattino presto. Quando mi svegliai per andare a scuola vidi con sorpresa mia madre ancora a letto e una signora (la levatrice) che teneva in braccio un bimbo. Mia madre stava bene, ma per qualche motivo il bimbo aveva avuto qualche difficoltà e s’era rotto (o comunque danneggiato) un braccino che ora aveva fasciato. Vistolo in pericolo di vita, la levatrice aveva provveduto a battezzare il bimbo col nome di Mario,

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essendo figlio di Maria. Ma poi stava bene e gli fu dato il nome che doveva essere del terzo figlio: Pierangelo. Non so se fu ribattezzato con quel nome, ma così lo chiamavamo e così pensavo fosse registrato in Comune: dopo una sessantina d’anni vengo a sapere che sui documenti ufficiali il suo nome è Pier Angelo.

Riepilogando, a parte i genitori con i loro nomi Maria e Giuseppe (Bepi), c’è: Antonio (Toni), che doveva chiamarsi Stefano; Marisa, che si chiama Maria Luigia; Massimo, che doveva chiamarsi Pierangelo; Sergio, che doveva chiamarsi Silvana; Pierangelo, con nome di battesimo Mario e anagrafico Pier Angelo.

Ma va bene lo stesso.

Anche sul giorno di nascita c’è qualcosa da dire. Quello di Antonio è facile da ricordare, per gli altri basta la formula g=nm con g=giorno e n=ordine inverso di nascita

Non mi pare complicato: basta ricordarsi il mese e fare una moltiplicazione.

Mnemonica

Per ricordare il giorno di nascita di noi fratelli mi basta ricordare l’ordine e il mese di nascita: assegno 1 all’ultimo nato, 2 al penultimo e così via e in base al mese di nascita calcolo il giorno.

L’ultimo è nato a dicembre: 1 x 10 = 10 dicembre (che viene da 10)

Penultimo è nato a settembre: 2 x 7 = 14 settembre (che viene da 7)

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Terzultimo è nato a novembre: 3 x 9 = 27 novembre (che viene da 9)

Quartultimo è nato a maggio: 4 x 5 = 20 maggio (che è il mese n.5)

Per il primogenito non servono calcoli: ricordo benissimo che è nato il giorno dopo Natale, il 26 dicembre.

Ponte degli Angeli

Alla TV mostrano il Bacchiglione che a Vicenza passa appena appena sotto il Ponte degli Angeli, risvegliando ricordi e incubi di due anni e mezzo prima quando le sue acque erano andate a spasso per la città. In me risveglia altri ricordi, molto più lontani nel tempo.

E così ricordo quella volta che – bambino – infilai la testa fra le sbarre del parapetto del ponte per guardare sotto. Il parapetto non era quello d’oggi, le sbarre erano abbastanza distanziate e la testa entrò agevolmente fra esse, ma quando volli tirarla fuori non ci riuscii. Riprovai più volte inutilmente mentre mia mamma era lì e cercava d’aiutarmi: guardavo l’acqua scorrere e pensavo che forse mi avrebbero tagliate le orecchie per farmi passare ma sicuramente non mi avrebbero lasciato li. Non so come ma alla fine ci riuscirono e son sicuro che come minimo mi presi una ramanzina da mia madre spaventata e un tale spavento che non lo rifeci mai più.

Finite le elementari la scuola non era più quella vicina a casa e ogni giorno per andarci dovevo passare per quel ponte. Le medie erano a Piarda Fanton, da Viale Margherita appena al di là del fiume Retrone ma lì non c’era il ponte e si doveva usare quello delle Barche. La via più breve

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