Natale 2014

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Coro e Orchestra del Teatro alla Scala - Philippe Jordan

Concerto di Natale

Coro e Orchestra del Teatro alla Scala Direttore

Philippe Jordan Stagione Sinfonica 2014 / 2015

21 dicembre 2014 Stagione Sinfonica 2014 / 2015




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COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI Presidente

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Marco De Luca Marcello Coato

Membro supplente

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Il Concerto è inserito nel palinsesto Milano Cuore d’Europa, promosso dal Comune di Milano - Cultura


Stagione Sinfonica 2014-2015

Concerto di Natale

Coro e Orchestra del Teatro alla Scala Philippe Jordan Direttore

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Daniela Sindram

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Tenore

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Bruno Casoni Maestro del Coro

EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA


TEATRO ALLA SCALA Domenica 21 dicembre 2014, ore 20

SOMMARIO PAGINA 5

Monumento umanisco alla fede Massimo Mila PAGINA 13

Missa solemnis in re magg. op. 123, il testo PAGINA 17

Ludwig van Beethoven Cronologia della vita e delle opere Marco Mattarozzi PAGINA 25

Philippe Jordan PAGINA 27

Bruno Casoni PAGINA 29

Edith Haller PAGINA 31

Daniela Sindram PAGINA 33

Stuart Skelton PAGINA 35

Günther Groissböck PAGINA 36

Il Coro del Teatro alla Scala PAGINA 37

Orchestra del Teatro alla Scala PAGINA 38

Il Teatro alla Scala


PROGRAMMA

Ludwig van Beethoven Missa solemnis in re magg. op. 123 per soli, coro e orchestra Kyrie Gloria Credo Sanctus Agnus Dei


Joseph Willibrord M채hler. Ludwig van Beethoven nel 1805.

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Monumento umanistico alla fede Massimo Mila

Cominciata nel 1818 e destinata a celebrare l’insediamento dell’illustre allievo, arciduca Rodolfo, al vescovado di Olmütz, la Missa solemnis non fu compiuta che cinque anni dopo. Beethoven non poté mai udirne un’esecuzione completa. Tre dei cinque pezzi che la compongono furono eseguiti nel concerto del 7 maggio 1824, che vide la prima esecuzione della Nona Sinfonia. Insieme con quest’ultima, la Messa viene considerata come il principale monumento, in campo sinfonico e corale, di quell’ultimo stile beethoveniano che trova la sua esplicazione più autentica negli ultimi Quartetti e nelle ultime Sonate. Riconosciuto che essa non si attiene alle norme liturgiche, si è poi molto discusso circa il suo significato religioso, volendosi da alcuni, come d’Indy, che essa interpreti con precisione sentimenti della più rigida ortodossia cattolica; da altri, che sia invece espressione d’una fede laica e immanente nell’umanità. Opinioni estreme e insostenibili entrambe, ché, mentre la Messa è la voce di un puro cuore realmente credente nella potenza e nella bontà d’un essere divino superiore all’uomo, non si racchiude poi nelle strette di alcuna confessione costituita. Se l’uomo Beethoven, allevato nella fede cattolica, s’era poi ristretto, come scrive Chantavoine, a «quella specie di deismo umanitario e provvidenziale, familiare al secolo dell’Illuminismo, e inclinava verso quel panteismo estetico di cui Goethe aveva trovato indirettamente la fonte in Spinoza», non v’è alcun dubbio che l’artista, nell’atto di misurarsi per la seconda volta col testo sacro della Messa, ne valutò attentamente il significato e lo sottopose ad una diligentissima lettura musicale, adottando soluzioni talvolta analoghe, talvolta diverse, talvolta opposte a quelle della Messa in do maggiore del 1807. Nella Messa solenne, come nel finale della Nona Sinfonia, trova la sua naturale ed espressa esplicazione uno dei caratteri interni del terzo stile beethoveniano, quello per cui ogni nuova opera, Quartetto o Sonata o Sinfonia che sia, tende a celebrare un rito sacro, a dire parole di portata universale; se è lecito esprimersi così, l’arte passa dall’umanità comunemente intesa a quella forma d’umanità più alta che è la religione. D’altra parte, l’attenta lettura musicale del testo liturgico si riflette in un puntiglioso ordinamento formale della materia sonora, governato da una specie d’ossessione del principio ternario; sicché, se si ritiene che uno dei caratteri del terzo stile sia, se non l’abbandono e la dissoluzione, per lo meno la trasformazione radicale delle vecchie forme sonatistiche a favore della continuità discorsiva in seno alla variazione libera, allora per questo aspetto la Messa solenne non partecipa pienamente dei caratteri comunemente attribuiti al terzo stile, pur condividendone la non comune difficoltà d’ascolto.

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La Messa si compone delle solite cinque parti: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei. Kyrie e Sanctus sono relativamente i più facili da comprendere e di effetto più immediato, in quest’ultimo specialmente la celeste devozione del Benedictus. Invece il Gloria e il Credo sono creazioni musicali difficili, per la grande quantità d’immagini rese attraverso idee ora brevi e incisive ora straordinariamente sottili, e ancora con procedimenti di sviluppo d’entusiasmante complessità. Ne risulta un’architettura così vasta - scrive Luigi Ronga - «che certo da sola può imporsi nello svolgersi della sua forza sonora, ma tale da soverchiare chiunque, interprete ed ascoltatore, non impegni a fondo ogni sua capacità penetrativa dei mezzi musicali che coordinano l’acuto rilievo dei particolari nell’organica unità del tutto». Una calma e serena grandezza è nel movimento piano e regolare del Kyrie, in cui d’Indy illustra la significazione teologica delle relazioni tonali nelle tre successive invocazioni, simboleggianti nei suoni il mistero della Trinità. Il Gloria è, si suol dire, la parte più oggettiva dell’intera composizione, quella dove Beethoven sembra aver meno impegnato della propria personalità, applicandosi essenzialmente a variare l’illustrazione diligente del testo con la ricchezza dei colori, la forza delle linee, l’efficacia dei contrasti: un grido di giubilo apre il pezzo e lo percorre per intero sollevandosi sempre più in alto, sino alla fuga finale In gloria Dei patris, che d’Indy giudica il punto debole dell’opera, mentre per altri (Bekker) va annoverata tra i quattro punti salienti della Messa. Di rilevante interesse è la complessiva architettura che investe e organizza il testo entro un organismo sostanzialmente sonatistico composto di Allegro vivace in re maggiore (e Meno Allegro in si bemolle) - Larghetto Allegro maestoso. La prima parte si avvicina a una forma di rondò, dove i ritorni dell’idea principale, sul Gloria in excelsis Deo, sul Laudamus te, sul Domine Rex coelestis, e sul Domine Deus, agnus Dei, sono intercalati dagli intermezzi sempre diversi dell’Et in terra pax, dell’Adoramus e del Glorificamus te, del Gratias agimus, e del Domine, fili unigenite. All’entusiastica lode del divino succede nel Larghetto il ripiegamento sull’invocazione di misericordia, così pronunciata e sottolineata che Beethoven non esitò a interpolare davanti alla parola «Miserere» un «oh», che naturalmente non è contemplato nel testo liturgico. La terza parte del Gloria ritorna a un carattere quasi orgiastico di esaltazione della grandezza divina ed è costruita in tre sezioni progressivamente più intense: una solenne introduzione (Quoniam: Allegro maestoso); una fuga (in gloria Dei patris), anch’essa tripartita secondo un criterio d’intensificazione, fino a un punto culminante (Poco più Allegro), dove il tempo viene accelerato e, come scrive Rudolf Gerber, «tutte le voci si riuniscono in una esecuzione all’unisono del tema, che rumoreggia via come un uragano, e la fuga come principio compositivo diventa illusoria»; infine la ripresa del tema iniziale in un Presto. Una partecipazione totale, una compenetrazione assoIuta con le più intime fibre dell’anima fa del gigantesco Credo una nelle più personali creazioni beethoveniane. Nel trapasso dall’oggettiva adorazione e celebrazione, da Vecchio Testamento, delle due prime parti, al dramma umano-divino del Vangelo, l’intero sistema delle convinzioni e delle passioni dell’artista si met-

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te in moto. Il Cristo di questo Credo è ancora una volta l’eroe, cioè il benefattore dell’umanità, cardine d’ogni grande concezione beethoveniana. Si apre il pezzo con uno di quei caratteristici temi di quattro note, che prendono possesso della tonalità occupandone le funzioni principali (in questo caso si tratta di si bemolle), e che inspirano un senso di solidità incrollabile, di sicurezza virile e di ferma fede. Le sei sezioni del Credo si raggruppano anch’esse, musicalmente, in architettura tripartita. La prima parte (Credo in unum Deum) è l’affermazione della fede nelle due prime figure dell’unico Dio, padre e figlio: si apre e conchiude nella tonalità principale, con inflessioni alla sottodominante. La seconda parte è il dramma evangelico di Gesù disceso sulla terra, e comprende l’incarnazione, la passione e la risurrezione: nel primo pezzo la tonalità base della Messa, re maggiore, è piegata verso reminiscenze del primo modo gregoriano; il secondo, dove culmina più pateticamente il dramma, è in re minore; il terzo nella luminosa tonalità di fa maggiore. La terza parte del Credo si addentra nei misteri della fede (Credo in spiritum sanctum et vitam venturi saeculi) e comprende anche le parti più aridamente concettuali del testo (Credo in unam sanctam catholicam et apostolicam Ecclesiam). Trascendendo l’illustrazione spicciola delle parole nell’autonomia musicale di una fuga, in cui si assomma la metafisica perfezione di questa forma suprema di costruzione sonora, Beethoven ha evitato magistralmente ogni rischio. Nel Sanctus, iniziato con sommessa devozione e poi irrompente nell’animato giubilo dell’Osanna, un preludio strumentale circonda di devoto raccoglimento gli atti del celebrante che consacra il pane e il vino; quindi segue la celeberrima melodia del Benedictus, di trasparenza e delicatezza quasi femminee nel gioco ricorrente delle voci e del violino solista. Anche l’Agnus Dei si eleva alle massime altezze nella seconda parte, il Dona nobis pacem, sul quale Beethoven iscrisse di suo pugno l’intitolazione: «preghiera per la pace esteriore e interiore». Come sarà per la gioia nella Nona Sinfonia, il concetto di pace si eleva qui a un significato superiore di somma perfezione spirituale della condizione umana. Perfino d’Indy, zelantissimo assertore dei valori cattolici della Missa solemnis, riconosce il carattere eminentemente pastorale del Dona nobis pacem, che lo fa accostare alla Sesta Sinfonia: «La pace non è nella città; è ai ruscelli della valle, agli alberi del bosco che l’inquieto abitatore della città va a domandarla». Sicché in questo caso d’Indy s’accorda eccezionalmente con Chantavoine, altrettanto tenace assertore del carattere laico di questa Messa, per il quale ciò che Beethoven ha cantato nel Dona nobis pacem «non è tanto la messa quanto il suo libro favorito, le Considerazioni su Dio e la natura di Sturm». Fiumi d’inchiostro ha fatto scrivere il breve episodio bellicoso (Allegro assai) che è inserito nella preghiera, per dipingere - secondo un esempio di Haydn - i vani assalti del male alla coscienza del giusto invocante pace. Trombe e tamburi imitano realisticamente i rumori della guerra, presentata come simbolo d’ogni male. Ciò fu sentito come un’indebita intrusione profana nel tessuto musicale d’una Messa. Ma il musicista s’è preoccupato di variare, con uno di quei pronunciati contrasti che erano essenziali al suo primo e secondo stile, la persistente

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atmosfera di religiosa elevazione. Nelle somme altezze dello spirito l’aria rarefatta si fa alla lunga irrespirabile: l’episodio guerresco è una boccata d’umanità, che permette di riprendere in seguito l’ascesa verso il divino con lena rinnovata. Nella produzione di Beethoven la Missa solemnis occupa un posto a parte, essendo, tra l’altro, forse la più «vocale» di tutte le sue opere, Fidelio compreso. Se il quartetto corale generalmente vi è trattato in maniera orchestrale, per linee vaste, il quartetto dei solisti, al contrario, è trattato a modo di quartetto da camera, con uno stile polifonico più agile, dove ogni voce meglio conserva la sua espressione e la sua marcia indipendente. Il contrappunto, a cui Beethoven ritorna con particolare interesse nel suo ultimo stile, vi trova un impiego particolarmente felice, legittimato dalle consuetudini della musica sacra e facilitato dalla destinazione polifonicamente corale della composizione. Forse in nessun’altra sua opera Beethoven si curò con così scrupolosa osservanza del rapporto fra il testo letterario e la musica, non tanto nel senso della illustrazione spicciola delle parole, quanto nel senso della determinazione di forme musicali attraverso il significato delle frasi. Ciò lo portò, di massima, ad abbandonare la forma chiusa dell’aria per adottare un libero rivestimento musicale dei pensieri, quasi una declamazione attentissima al senso delle frasi, cui sono subordinati anche i rapporti armonici e le modulazioni. La concatenazione e fusione di brevi motivi è l’elemento che permette di legare l’insieme in organismi di soddisfacente autonomia musicale e di giungere ugualmente, attraverso un’interpretazione musicale del testo così agile e articolata, a effetti architettonici di monumentale grandiosità. Tuttavia non è un mistero che la Missa solemnis non è popolare, e il suo ascolto resta pur sempre una delle grandi avventure intellettuali che la musica classica possa offrire, anche in quest’epoca di saturazione musicale attraverso i mezzi meccanici di riproduzione. La sua stessa valutazione da parte della critica è tuttora oscillante tra gli estremi d’un entusiasmo indiscriminato e d’una pronunciata cautela restrittiva. Contro quest’ultima posizione si è pronunciato Luigi Ronga con una generosa difesa che mette conto di citare: «Se la Messa è forse ancora più difficile degli ultimi Quartetti, bisogna vincere il dubbio che ciò derivi da qualche intenzione non perfettamente realizzata nell’opera, come se la materia sonora fosse rimasta opaca in qualche suo momento per eccesso di tensione, di volontà espressiva. Il che si può anche concedere sia avvenuto in alcuni momenti di sutura tra episodio ed episodio: nessun genio è immune da qualche segno di stanchezza umana; ma occorre dire altresì che poche opere come la Messa svelano lentamente il loro vero essere, aprono il profondo senso musicale delle loro immagini». Dall’altra parte, uno degli ultimi tocchi della campana negativa è stato il saggio di Theodor W. Adorno, intitolato Straniamento di un capolavoro. Per il celebre sociologo e studioso della musica contemporanea la Missa solemnis è un caso tipico di «neutralizzazione della cultura», cioè di quel fenomeno che si produce quando «i prodotti dello spirito hanno perso la loro forza vincolante essendosi sciolti da ogni possibile relazione con la prassi sociale ed

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Frontespizio manoscritto per la Missa solemnis op. 123, con correzioni di pugno di Beethoven e Schindler.

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essendo diventati oggetto di pura e semplice contemplazione, cosa che l’estetica attribuisce loro a posteriori come un merito». In altri termini, la Missa solemnis è una Messa da concerto, e soffre anche lei di quell’impoverimento di globuli rossi che è entrato nel sangue di tutta la musica sacra, dacché si è staccata allo scopo cultuale cui era destinata in età forse più fervide di valori religiosi. Non è una grande scoperta, e probabilmente ci può trovare tutti d’accordo. È semplicemente una constatazione di fatto. Tanto di cappello ai Requiem di Mozart, di Cherubini e di Verdi, però preferiamo Il flauto magico, la Medea e l’Aida. Tanto di cappello al Deutsches Requiem di Brahms, però preferiamo la Rapsodia per contralto. Dopo Bach, insomma, un diaframma è sceso tra la musica sacra e la sensibilità artistica dell’uomo moderno. Se ne rendeva conto benissimo Beethoven, quando affermò: «La musica da chiesa dovrebbe essere eseguita solamente dalle voci, a parte il Gloria o altro testo del genere. Ecco perché preferisco Palestrina; ma sarebbe assurdo imitarlo senza avere il suo spirito e le sue concezioni religiose». Sicché, dopo avere in un primo tempo pensato di ricorrere agli usi liturgici antichi della polifonia a cappella, si rese conto dell’anacronismo; allora, come scrive Chantavoine, «congedò la liturgia e si misurò coll’Essere supremo come aveva fatto con Bonaparte nell’Eroica». Alla sua equivoca condizione sociale, di Messa da concerto, si deve dunque la scarsa popolarità della Missa solemnis, più che a reale difficoltà e radicalismo di linguaggio musicale. Secondo Adorno, «la Missa solemnis non raggiunge mai l’anticonvenzionalità degli ultimi Quartetti o delle Variazioni su un tema di Diabelli per pianoforte, e non s’inserisce affatto nel cosiddetto ultimo stile di Beethoven». Anche su questa separazione della Missa solemnis (e della Nona Sinfonia, aggiungiamo) dagli aspetti più autentici dell’ultimo stile beethoveniano si può magari essere parzialmente d’accordo, sebbene si tratti d’affermazione meno convenzionale rispetto ai consueti schemi della critica beethoveniana. Le ragioni del disagio che la Missa solemnis può generare nell’ascoltatore starebbero dunque, secondo Adorno, più che nella reale difficoltà del linguaggio musicale, in «un’inclinazione allo sfarzo e alla monumentalità sonora», ch’era di solito «estranea» a Beethoven, e in «certe movenze arcaicizzanti dell’armonia», che comunicano il «brivido dell’antichissimo», come accade di certe composizioni moderne. (Adorno si riferisce probabilmente all’Et incarnatus del Credo, che è in modo dorico, cioè il primo tono gregoriano, a cui del resto si apparenta il re minore, spesso ricorrente nella composizione.) Ora tutto questo equivale semplicemente a dire con parole difficili quello che si è sempre rilevato, e cioè che Beethoven volle fare i conti a fondo con la solenne forma musicale della Messa, e indubbiamente ne rimase in parte prigioniero, credendosi obbligato a rispettare certi feticci di consuetudini musicali e stilistiche annidati nelle pieghe della liturgia. Perciò riesce assai fine l’osservazione di Adorno circa l’epigrafe apposta da Beethoven al Kyrie, a proposito della propria musica: «Uscita dal cuore, possa giungere ai cuori». Da Adorno, questo Lucifero dell’avanguardia musicale, ci si aspetterebbe che sorrida pietosamente su tanto candida affermazione di volontà espressiva. Invece egli preferisce metterne in dubbio la sincerità. Secondo lui le parole di Beethoven

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suonano piuttosto come un augurio e un desiderio, che non come un’affermazione, «quasi ch’egli avesse sentito come nella Missa ci fossé qualcosa d’impalpabile, d’ingrato e d’enigmatico, e avesse cercato con la forza della sua volontà di imporla dall’esterno a coloro ai quali essa non riusciva a imporsi da sola». In realtà s’impone, la Missa solemnis e come, ma s’impone, si potrebbe dire, per schiacciamento, dovuto alla grandiosità della concezione e dei mezzi impiegati, più che per intima e affettuosa penetrazione; eccezion fatta per il poeticissimo Benedictus. Poco da dire, essa non tiene, nel cuore dell’uomo, il posto che occupano la Pastorale e l’Eroica, la Quinta e la Settima Sinfonia. E quando Adorno rileva (ma non è certo stato il primo) che il tessuto musicale della Missa è fondato sulla «ricchezza di brevi incisi», i quali vengono giustapposti in una somma equilibrata di sezioni, «escludendo il principio dello sviluppo» e rinunciando alla caratteristica e incisiva pregnanza dialettica dei temi beethoveniani, ancora una volta egli viene a dire la stessa cosa: e cioè che Beethoven s’è sforzato di avvicinarsi a quello che allora si chiamava lo stile da chiesa. e di adattarsi alle usanze della composizione polifonica. Perché, senza andare a tirare in ballo i Fiamminghi, che difficilmente egli conosceva, una qualunque Messa di Palestrina è fatta così: precisamente come un caleidoscopio di piccole idee, un’organizzazione contrappuntistica di «disegni privi di profilo melodico». Sicché è giusta la conclusione di Adorno: «L’unità della Missa è di stampo diverso da quella dell’Eroica e della Nona Sinfonia [...] E non credo sia un delitto dubitare che questa unità possa comunicarsi in maniera immediata». Ma quando, per tutte queste sensate ragioni, Adorno trova addirittura «incomprensibile ed enigmatica» la Missa solemnis, e vi ravvisa una tale «assenza della scrittura beethoveniana» che «se la si eseguisse per gente che non la conosce ancora, chiedendo di indovinarne l’autore, ci sarebbe da attendersi delle sorprese», e insomma mette in dubbio ch’essa «possa essere ravvisata come opera di Beethoven», allora qui si rivela una tipica aporia di questi sapientoni di musica moderna: indaffaratissimi a sviscerare e smontare i procedimenti compositivi, sono singolarmente sordi all’elemento più semplice e primordiale della creazione musicale, cioè l’invenzione dei temi, la qualità melodica dell’intervallo. A dispetto dell’arcaismo, dello stile di chiesa, dello sfoggio polifonico e dei filoni modali presenti in questa Messa, subito, fin dal preludio strumentale del Kyrie, e poi di continuo, ci si imbatte in certi arabeschi melodici, in certi giri di frase, in certe armonie che sono autentiche impronte digitali, e che anche al più sprovveduto ascoltatore di concerti non lasciano un’ombra di dubbio e non hanno che un nome: Beethoven.

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Ludwig van Beethoven.

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Ludwig van Beethoven Missa solemnis in re magg., op. 123

I. Kyrie

I. Kyrie

Kyrie eleison. Christe eleison. Kyrie eleison.

Signore, abbi pietà. Cristo, abbi pietà. Signore, abbi pietà.

II. Gloria

II. Gloria

Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonæ voluntatis. Laudamus te, benedicimus te, adoramus te, glorificamus te. Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam. Domine Deus, Rex coelestis, Deus, Pater omnipotens. Domine Fili unigenite, Jesu Christe, Domine Deus, Agnus Dei, Filius Patris.

Gloria a Dio nell'alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà. Ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo. Ti rendiamo grazie per la tua gloria infinita. Signore Dio, Re celeste, Dio, Padre onnipotente. Signore Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio [del Padre. Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi, tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica, tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Poiché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo Gesù Cristo, con lo Spirito Santo nella gloria di Dio Padre, amen.

Qui tollis peccata mundi, miserere nobis, qui tollis peccata mundi, suscipe deprecationem nostram, qui sedes ad dexteram Patris, miserere nobis. Quoniam tu solus Sanctus, tu solus Dominus, tu solus Altissimus Jesu Christe, cum Sancto Spiritu in gloria Dei Patris, amen.

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III. Credo

III. Credo

Credo in unum Deum Patrem omnipotentem, factorem coeli et terrae, visibilium omnium et invisibilium. Credo in unum Dominum Jesum Christum Filium Dei unigenitum et ex Patre natum ante omnia sæcula, Deum de Deo, Lumen de Lumine, Deum verum de Deo vero, genitum, non factum, consubstantialem Patri per quem omnia facta sunt. Qui propter nos homines et propter nostram salutem descendit de coelis. Et incarnatus est de Spiritu Sancto

Credo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore Gesù Cristo Figlio unigenito di Dio e nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre per il quale ogni cosa è stata creata. Egli che per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dai cieli. E si è incarnato per opera dello Spirito [Santo da Maria vergine, e si è fatto uomo. Crocifisso anche per noi, sotto Ponzio Pilato ha sofferto ed è stato sepolto. Ed è risorto il terzo giorno, secondo le Scritture, ed è asceso al cielo, siede alla destra del Padre, e di nuovo verrà nella gloria, a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, Signore e datore di vita che procede dal Padre e dal Figlio, e che col Padre e col Figlio insieme viene adorato e glorificato, e che ha parlato per mezzo dei profeti. Credo in una Chiesa santa cattolica e apostolica, confesso un solo Battesimo, per la remissione dei peccati, e aspetto la resurrezione dei morti, e la vita del mondo che verrà, amen.

ex Maria virgine, et homo factus est. Crucifixus etiam pro nobis, sub Pontio Pilato passus et sepultus est. Et resurrexit tertia die, secundum Scripturas, et ascendit in coelum, sedet ad dexteram Patris, et iterum venturus est cum gloria, judicare vivos et mortuos, cujus regni non erit finis. Credo in Spiritum Sanctum, Dominum et vivificantem qui ex Patre Filioque procedit, qui cum Patre et Filio simul adoratur et conglorificatur, qui locutus est per prophetas. Credo in unam sanctam catholicam et apostolicam Ecclesiam, confiteor unum Baptisma, in remissionem peccatorum, et expecto resurrectionem mortuorum, et vitam venturi sæculi, amen.

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IV. Sanctus

IV. Sanctus

Sanctus, sanctus, sanctus Dominus Deus Sabaoth. Pleni sunt coeli et terra gloria tua, osanna in excelsis.

Santo, santo, santo il Signore Dio dell’Universo. I cieli e la terra son pieni della tua gloria, osanna nell’alto dei cieli.

Benedictus, qui venit in nomine Domini, osanna in Excelsis.

Benedetto chi viene nel nome del Signore, osanna nell’alto dei Cieli.

V. Agnus Dei

V. Agnus Dei

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,

Agnello di Dio, che togli i peccati [del mondo, abbi pietà di noi. Agnello di Dio: donaci la pace.

miserere nobis. Agnus Dei: dona nobis pacem.

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Anonimo. Ludwig van Beethoven, a quindici anni circa Vienna, Historisches Museum der Stadt.

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LUDWIG VAN BEETHOVEN CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE Marco Mattarozzi

1770 17 dicembre: viene battezzato a Bonn Ludwig, secondogenito di Johann van Beethoven e Maria Magdalena Keverich; il padre, di origine fiamminga, è tenore presso la locale cappella di corte. 1774 Nasce Kaspar Anton Karl; con il fratello Nikolaus Johann, venuto al mondo due anni dopo, è l’unico Beethoven a sopravvivere (oltre Ludwig) ai primissimi giorni di vita. 1778 Esordio pubblico alla tastiera (26 marzo), accanto a un contralto allievo del padre. Studi di teoria, organo e violino con alcuni strumentisti locali. 1781 Christian Gottlob Neefe, a Bonn dal 1779, è nominato organista di corte (febbraio); inizio dei rapporti con il giovane Ludwig che l’anno dopo, durante una breve assenza del maestro, è chiamato a sostituirlo. 1783 Il nome di Beethoven travalica l’ambiente di Bonn: l’editore Götz di Mannheim pubblica il suo primo lavoro, Nove variazioni in do minore su una marcia di Dressler (1782); in marzo Neefe segnala l’allievo al “Magazin der Musik” di Cramer. Oberato di impegni, il maestro affida a Ludwig anche il posto di cembalista in orchestra. 1784 Il nuovo elettore Maximilian Franz, fratello dell’imperatore Giuseppe II, riconosce a Ludwig la posizione di organista, a 150 fiorini annui. 1785 Tre Quartetti per pianoforte e archi (WoO 36), di stretta aderenza mozartiana. 1787 In primavera breve viaggio a Vienna, dove il giovane Beethoven forse incontra Mozart. La madre muore di tubercolosi a luglio. 1789 Dinanzi alle difficoltà familiari Ludwig decide di chiedere la metà dello stipendio paterno. Il padre viene dispensato dal servizio a corte, e morirà tre anni dopo. 1790 La Società letteraria cittadina (“Lesegesellschaft”) commissiona a Beethoven la Kantate auf den Tod Kaiser Josephs II., per soli, coro e orchestra. Gli intensi rapporti con alcune famiglie assai in vista (il conte Waldstein,

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la vedova Breuning) sono una prima rasserenante apertura su orizzonti ideali sin lì neppure immaginati. 1792 Su sollecitazione degli amici l’elettore acconsente a un secondo viaggio di Beethoven a Vienna. 1793 Studi di contrappunto con Haydn; prendono forma definitiva alcuni lavori iniziati o abbozzati a Bonn, tra cui le Variazioni su “Se vuol ballare” per violino e pianoforte, e il Trio per archi in mi bemolle (poi pubblicato come op. 3). 1794 Partito Haydn per Londra, le lezioni proseguono con Johann Georg Albrechtsberger, maestro di cappella nel duomo di Santo Stefano; più intermittenti gli incontri con Salieri, maestro di prosodia italiana a una lunga serie di giovani talenti. Con la primavera viene meno lo stipendio fisso da Bonn, e Beethoven trova generosa protezione presso alcuni circoli aristocratici (il principe Lichnowsky, gli Esterházy, il conte Zmeskáll). 1795 È l’anno delle prime affermazioni viennesi. Artaria pubblica l’op. 1, tre Trii per pianoforte, violino e violoncello. La fama del Beethoven compositore cresce su quella del virtuoso: il 29 marzo si presenta al Burgtheater con il Concerto in si bemolle per pianoforte e orchestra (pubblicato poi, con attente modifiche, come op. 19); due giorni dopo esegue, durante una rappresentazione della Clemenza di Tito, il Concerto in re minore di Mozart; a dicembre è la volta del Concerto in do maggiore (pubblicato come op. 15). Frattanto ha già fatto conoscere in casa Lichnowsky tre Sonate per pianoforte, che appaiono nel marzo successivo con dedica a Haydn (op. 2). 1796 Tournée a Praga, Dresda e Berlino, dove Beethoven esegue le due Sonate op. 5 per violoncello e pianoforte dinanzi al re di Prussia. 1797 Pubblicazione dell’op. 5, della Serenata per trio d’archi e di una nuova Sonata per pianoforte (in mi bemolle, op. 7); nascono intanto il Quintetto per pianoforte e fiati, il Trio per pianoforte, clarinetto e violoncello, le prime due Sonate dell’op. 10. 1798 Beethoven porta a termine le tre Sonate op. 12 per violino e pianoforte, pubblica i Trii per archi op. 9 e l’op. 10 pianistica; verso fine anno inizia a lavorare a una serie di Quartetti. Concerti pubblici a Praga. 1799 Pubblicazione della Sonata in do minore, “Pathétique”, e dell’op. 14 per pianoforte. 1800 2 aprile: il Burgtheater ospita la prima “accademia” beethoveniana; insieme a una sinfonia di Mozart e ad alcuni brani da Die Schöpfung di Haydn vengono presentati il Settimino op. 20 e la Prima sinfonia in do maggiore; Beethoven siede al pianoforte, improvvisando e suonando uno dei suoi due Concerti. L’anno vede ancora la definitiva stesura dei sei Quartetti per archi op. 18, la commissione del balletto Die Geschöpfe des Prometheus, i primi accaniti abbozzi per il Terzo concerto per pianoforte e orchestra. 1801 L’editore viennese Hoffmeister, da poco trasferito a Lipsia, acquista diverse partiture beethoveniane; escono così, in rapida successione, i numeri d’opus dal 19 al 22 (l’ultima Sonata per pianoforte, in si bemolle). Anche a Vienna Beethoven è ormai conteso dai maggiori editori. La Sonata in fa maggiore per violino e pianoforte (op. 24, “La primavera”) e il gruppo di

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quattro Sonate pianistiche (op. 26, op. 27 nn. 1-2 “Quasi una fantasia” e op. 28) nascono sullo sfondo di una tremenda certezza: a fine giugno Beethoven rivela la sua progressiva sordità a pochi amici fidati. 1802 Beethoven trascorre l’intera bella stagione a Heiligenstadt, un villaggio alle porte di Vienna. Completa la Seconda sinfonia in re maggiore, le tre Sonate op. 30 per violino e pianoforte, le Sonate pianistiche dell’op. 31. A ottobre, al momento di rientrare in città, prende commiato con un “Testamento”, drammatica testimonianza del suo animo disperato. 1803 La musica lo scuote da quello stato spaventoso: accetta l’invito di Schikaneder al Theater an der Wien, ma Vestas Feuer, il titolo prescelto, non va oltre la seconda scena. Il 5 aprile, nel corso di un memorabile concerto, il teatro presenta le due Sinfonie, il Terzo concerto per pianoforte e orchestra (solista Beethoven) e il nuovo oratorio Christus am Ölberge. Il 24 maggio Beethoven esegue con il violinista Bridgetower la Sonata in la maggiore (op. 47, “a Kreutzer”), in estate si concentra sulla Terza sinfonia, quindi torna al pianoforte con la “Waldstein”. 1804 Un avvicendamento di proprietà in teatro scioglie Beethoven dal suo impegno operistico; d’altronde il suo occhio è già caduto su un altro libretto, molto più interessante, Léonore ou l’amour conjugal di Jean-Nicolas Bouilly. Esecuzione in forma privata della Terza sinfonia; compone le Sonate op. 54 e op. 57 (“Appassionata” è titolo postumo). 1805 20 novembre: prima rappresentazione di Fidelio al Theater an der Wien, a una settimana dall’ingresso in città delle truppe francesi; l’esito è tiepido (appena tre recite), anche perché gli abituali sostenitori di Beethoven hanno nel frattempo lasciato Vienna. 1806 Con il ritorno a condizioni di vita normali, a malincuore Beethoven acconsente a tagli drastici, mentre amplia e riscrive l’ouverture (Leonore n. 3); la seconda versione di Fidelio conosce solo due rappresentazioni isolate (29 marzo e 10 aprile), prima del ritiro della partitura. Entro l’anno vengono alla luce la Quarta sinfonia, i tre Quartetti “Razumovskij”, il Quarto concerto per pianoforte e orchestra e il Concerto in re maggiore per violino e orchestra, ultimato in gran fretta e proposto al pubblico viennese la sera del 23 dicembre. In maggio si sposa il fratello, Kaspar Karl, e già ai primi di settembre gli nasce un figlio (l’unico), Karl; i rapporti in famiglia si complicano. 1807 Marzo: nel corso di due concerti a Palazzo Lobkowitz, Beethoven presenta la Quarta sinfonia e il Quarto concerto, oltre all’ouverture per Coriolan. Riceve da Nicolaus Esterházy la commissione di una Messa, da eseguire a corte per l’onomastico della moglie; malgrado la buona opinione riservatale in seguito da Beethoven, la Messa in do maggiore resta legata al suo più bruciante insuccesso pubblico. 1808 Il grande concerto del 22 dicembre compendia i frutti degli ultimi anni: Quinta e Sesta sinfonia, Quarto concerto per pianoforte e orchestra, vari brani dalla Messa e la Fantasia corale in do minore, aggiunta solo all’ultimo momento; l’impressionante mole di musica nuova frastorna il pubblico. È l’ultima apparizione solistica di Beethoven, che pur dedica al suo strumento la Sonata op. 69 per violoncello e pianoforte e i due Trii op. 70. L’offerta di Gerolamo Bonaparte, per un posto di Kapellmeister a Kassel, viene cortesemente declinata.

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1809 Con un contratto in data 1° marzo l’arciduca Rodolfo e i principi Kinsky e Lobkowitz si impegnano a versare ogni anno 4000 fiorini al compositore. L’aristocrazia è fuggita, e con essa l’arciduca: qui è l’origine della Sonata “Les adieux” (affiancata dalle più brevi op. 78 e op. 79), con cui Beethoven ritorna al pianoforte solo; la tonalità di mi bemolle la appaia agli altri vertici di quest’anno, il Quartetto op. 74 “delle Arpe” e il Quinto concerto per pianoforte e orchestra. 1810 Musiche di scena per Egmont di Goethe. L’incontro con Bettina Brentano avvicina ancor più Beethoven alla cerchia ideale del poeta; dopo i sei Lieder op. 75 nascono ora (su testo di Goethe) i tre dell’op. 83. Composizione del Quartetto in fa minore op. 95, inizio del Trio “dell’Arciduca”. 1811 Cure estive a Teplitz, in Boemia: musiche di scena per König Stephan e Die Ruinen von Athen, destinati a inaugurare il Teatro di Pest; al ritorno a Vienna, inizio della Settima sinfonia. 1812 Completamento della Settima e stesura dell’Ottava sinfonia. D’estate, a Teplitz, ha luogo l’atteso incontro con Goethe. Tornato a Vienna, porta a termine per Rhode la Sonata op. 96 per violino e pianoforte. 1813 L’anno non vede nascere che Wellingtons Sieg, neppure scritto per intero da Beethoven: all’apice dell’entusiasmo patriottico, sulla scia dei trionfi contro Napoleone, il brano ha un impatto immediato e vastissimo. 1814 Revisione di Fidelio per il Teatro di Porta Carinzia (23 maggio; la nuova ouverture, ultimata in extremis, è inserita solo alla seconda recita). Nella Sonata op. 90 le tradizionali indicazioni italiane di tempo lasciano il posto ad articolate prescrizioni espressive (in tedesco). Beethoven è gran cerimoniere musicale fra i grandi del Congresso di Vienna: coro di benvenuto ai principi alleati, Ihr weisen Gründer - Der glorreiche Augenblick, cantata allegorica per soli, coro e orchestra; Polacca op. 89 per pianoforte, con dedica alla zarina. 1815 Due Sonate op. 102 per violoncello e pianoforte. Il fratello Kaspar muore di tubercolosi il 15 novembre: nel testamento affida il figlio alla tutela dello zio, ma un codicillo aggiunge che Karl non dovrà essere tolto alla madre; è l’inizio di una battaglia giudiziaria che impegnerà a fondo Beethoven nei quattro anni a venire. 1816 Produzione intermittente, in un generale diradamento di rapporti: nasce il ciclo An die ferne Geliebte (sei Lieder op. 98) e, a novembre, la Sonata in la magg. op. 101, già con l’indicazione “für das Hammerklavier”. 1817 Un anno quasi completamente sterile, malgrado l’invito da Londra per due nuove sinfonie; soltanto in autunno i primi passi della Sonata op. 106 soppiantano i generici, incerti abbozzi orchestrali. 1818 La sordità si fa totale, e Beethoven prende a comunicare col mondo attraverso i quaderni di conversazione; termina la Sonata, che dedica all’arciduca Rodolfo. 1819 L’arciduca Rodolfo è nominato cardinale, quindi arcivescovo di Olmütz; per il suo insediamento (9 marzo 1820) Beethoven pensa a una nuova Messa, ma non riuscirà a tener fede all’impegno.

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1820 Maggio: accordo con l’editore berlinese Schlesinger per tre nuove sonate pianistiche; entro l’anno è ultimata solo l’op. 109. In luglio, al termine di una lotta senza esclusione di colpi, Beethoven è riconosciuto unico tutore del nipote Karl. 1821 Precario stato di salute, mentre prosegue il lavoro alla Messa e alle Sonate: l’autografo data al 25 dicembre quella in la bemolle op. 110, conclusa, in realtà, insieme all’ultima in do minore, nei pochi mesi successivi. 1822 L’ouverture Die Weihe des Hauses inaugura il 3 ottobre il Teatro della Josephstadt; alle estreme fasi della Missa solemnis si sovrappongono le Variazioni su un valzer di Diabelli, pubblicate nel 1823. 1823

Lavora alla Nona sinfonia.

1824 Il 7 maggio, al Teatro di Porta Carinzia, Beethoven dirige la Gran Sinfonia con soli e coro, preceduta dalla più recente ouverture e da tre Inni (Kyrie, Credo e Agnus Dei dalla Missa solemnis); l’esito è trionfale. Beethoven può ora concentrarsi sulla richiesta del principe Galitzin, che nel novembre del 1822 lo invitava a “uno, due, tre nuovi quartetti”. 1825 A febbraio è compiuto il Quartetto op. 127; una grave malattia interrompe, in primavera, la stesura dell’op. 132. Entro l’anno anche il terzo Quartetto per Galitzin, l’op. 130 in si bemolle, può dirsi ultimato, con la Grande Fuga come finale. 1826 Va a vuoto il tentato suicidio del nipote Karl, presso Baden. È un colpo durissimo per Beethoven: in campagna le sue condizioni non migliorano e a dicembre, al ritorno a Vienna, i medici diagnosticano gravi insufficienze al fegato, unite a itterizia e idropisia. Liberi ormai da contingenze esterne, sono nati intanto i Quartetti op. 131 e op. 135, oltre al nuovo Finale per l’op. 130, preteso a gran voce da editore e strumentisti. 1827 Il 23 marzo Beethoven firma un breve testamento, steso dall’amico Stephan von Breuning: unico erede il nipote Karl; tre giorni dopo si spegne, verso le 17.45. Le pubbliche esequie, il 29, vedono un’imponente partecipazione di folla.

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Coro e Orchestra del Teatro alla Scala.

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Foto Marco Brescia


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Philippe Jordan

Direttore Musicale dell’Opéra National de Paris e dei Wiener Symphoniker, si è già confermato fra i più dotati direttori d’orchestra della sua generazione. La sua educazione musicale è iniziata a sei anni con lezioni di pianoforte; a otto è entrato nei Singerknaben di Zurigo; a undici ha intrapreso lo studio del violino; a sedici è entrato nel Conservatorio di Zurigo, dove si è diplomato con lode come insegnante di pianoforte. Ha studiato teoria e composizione con il compositore svizzero Hans Ulrich Lehmann e ha proseguito lo studio del pianoforte con Karl Engel. Nello stesso tempo ha lavorato come assistente di Jeffrey Tate per il Ring wagneriano al Théâtre du Châtelet di Parigi. Si esibisce ancora occasionalmente come pianista e in musica da camera. La sua carriera è iniziata nel 1994-95 come Kapellmeister dello Stadttheater di Ulm. Nel 1998-2001 assistente di Daniel Barenboim alla Deutsche Staatsoper di Berlino, nel 2001-04 è stato Direttore Principale dell’Opera e della Filarmonica di Graz. In questo periodo ha debuttato in prestigiosi teatri d’opera e festival internazionali: Houston Grand Opera, Festival di Glyndebourne e di Aix-en-Provence, Metropolitan di New York, Covent Garden di Londra, Teatro alla Scala, Bayerische Staatsoper di Monaco, Festival di Salisburgo (Così fan tutte di Mozart), Wiener Staatsoper, Festspielhaus di Baden-Baden (Tannhäuser di Wagner), Festival di Bayreuth (Parsifal di Wagner). Nel 200610 è stato Direttore Ospite Principale della Staatsoper unter den Linden di Berlino. Fra le sue presenze come direttore d’orchestra: Berliner Philharmoniker, Wiener Philharmoniker, Staatskapelle di Berlino, Wiener Symphoniker, Orchestre Philharmonique de Radio France, Philharmonia Orchestra di Londra, Orchestra della Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, Orchestre de la Suisse Romande, Tonhalle di Zurigo, Chamber Orchestra of Europe, Mahler Chamber Orchestra, Gustav Mahler Youth Orchestra, Norddeutscher Rundfunk di Amburgo, Orchestra del Mozarteum di Salisburgo, Orchestra Filarmonica di Rotterdam, Münchner Philharmoniker; in Nord America ha guidato le Orchestre di Seattle, di St. Louis, di Dallas, di Detroit, di Chicago, di Cleveland, di Philadelphia, di Washington, del Minnesota, di Montreal, di New York e di San Francisco. In questa stagione dirige Tristan und Isolde di Wagner all’Opéra di Parigi, con la quale ha compiuto una importante tournée di concerti al Musikverein di Vienna. Nella stagione 2014-15 dirige Die Entführung aus dem Serail di Mozart, Pelléas et Mélisande di Debussy, Le roi Arthus di Chausson all’Opéra di Parigi nonché Arabella di R. Strauss alla Bayerische Staatsoper. Dirige inoltre concerti al Teatro alla Scala e al Festival di Lucerna oltre a un “Ciclo Beethoven” all’Opéra National de Paris e un “Ciclo Schubert” con i Wiener Symphoniker. Fra le registrazioni: Carmen di Bizet (Festival di Glyndebourne), Werther di Massenet (Wiener Staatsoper), Doktor Faust di Busoni (Opera di Zurigo), Salome di R. Strauss (Covent Garden), Tannhäuser (Baden-Baden), Le nozze di Figaro di Mozart e Pelléas et Mélisande (Opéra di Parigi) “Choc de l’Année - Classica”. Ha registrato anche l’‘integrale’ dei Concerti per pianoforte di Beethoven con François-Frédéric e l’Orchestre Philharmonique de Radio France, Alpensinfonie di R. Strauss con l’Opéra National de Paris “Choc de l’Année - Musical World”). Di recente ha registrato due album, rispettivamente il Requiem di Verdi ed estratti sinfonici dal Ring, entrambi con l’Opéra National de Paris.

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Foto A. Tamoni


Bruno Casoni

Nato a Milano, conseguiti i diplomi di pianoforte, composizione, musica corale e direzione di Coro al Conservatorio “G. Verdi” della sua città, ha assunto l’incarico di Direttore del Coro del Teatro Pierluigi da Palestrina di Cagliari e successivamente, dal 1983, di altro Maestro del Coro al Teatro alla Scala, incarico mantenuto fino al 1994; sempre nel 1994 è diventato Direttore del Coro di Voci Bianche del Teatro alla Scala; dal 1979 al 2006 è stato docente di esercitazioni corali al Conservatorio di Milano; nel 1984 ha fondato il Coro dei Pomeriggi Musicali di Milano, che ha diretto fino al 1992. Parallelamente ha collaborato con numerose istituzioni e festival musicali italiani e stranieri sia come Direttore di Coro sia dirigendo varie formazioni orchestrali. Nel 1994 è stato nominato Direttore del Coro del Teatro Regio di Torino, alla cui guida ha ottenuto unanimi consensi di critica e di pubblico nel repertorio lirico, svolgendo con il complesso un intenso lavoro volto ad ampliare il repertorio concertistico e intensificare la collaborazione con altre istituzioni musicali. Particolarmente significativo il rapporto consolidato con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Dal 2002 è Direttore del Coro del Teatro alla Scala. Nel luglio dello stesso anno ha iniziato la collaborazione con l’Associazione del Coro Filarmonico della Scala, del quale è Direttore Principale. Dal 2005 collabora stabilmente con il Coro di Radio-France, con il quale ha realizzato importanti produzioni, quali i Carmina Burana di Carl Orff registrati anche in DVD. Socio onorario degli Amici del Teatro Regio di Torino e degli Amici del Teatro alla Scala, nel contesto dei Premi Abbiati 2008 ha ricevuto dall’Associazione Nazionale Critici Musicali Italiani lo speciale Premio Gavazzeni per il complesso della sua attività musicale.

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Edith Haller

Conclusa la sua preparazione musicale al Mozarteum di Salisburgo, nel 2003 ha vinto il Primo Premio al Concorso di Canto “Mario Lanza” di Filignano (Molise). Dopo i primi ingaggi a Salisburgo, Praga e Lubiana, nel 2002-05 è stata membro dello Stadttheater di San Gallo (Svizzera). Nel 2005-09 al Badisches Stadttheater di Karlsruhe ha interpretato i ruoli wagneriani di Senta (Der fliegende Holländer), Sieglinde (Die Walküre) e Gutrune (Götterdämmerung), e inoltre quelli di Agathe (Der Freischütz di Weber), la Contessa (Le nozze di Figaro di Mozart), Desdemona (Otello di Verdi) e Ursula (Mathis der Maler di Hindemith). Nel 2006-10 ospite del Festival di Bayreuth nei ruoli wagneriani di Freia (Das Rheingold), Helmwige (Die Walküre), Terza Norna e Gutrune (Götterdämmerung); nel 2010 vi ha interpretato per la prima volta Sieglinde (Die Walküre) con Christian Thielemann. Ospite all’Opera di Linz, vi ha debuttato nei ruoli di Senta, alla Bayerische Staatsoper di Monaco in quelli di Agathe e di Gutrune e alla Staatsoper di Amburgo in quello di Agathe. Ha debuttato in altri ruoli wagneriani: Elsa (Lohengrin) al Covent Garden di Londra, Elisabeth (Tannhäuser) al Teatro Real di Madrid, Eva (Die Meistersinger von Nürnberg) alla Staatsoper di Amburgo. Sono seguiti i debutti come Leonore (Fidelio di Beethoven), nel ruolo del titolo in Ariadne auf Naxos di R. Strauss, come Agathe a Klagenfurt, nel ruolo del titolo in una nuova produzione di Euryanthe di Weber al Badisches Stadttheater di Karlsruhe, e come ospite dei Münchner Philharmoniker sotto la guida di Christian Thielemann con estratti da Fidelio e l’Aria da concerto “Ah perfido!” op. 65 di Beethoven. Ha debuttato con successo con i Wiener Philharmoniker come Sieglinde e come Chrysothemis (Elektra di R. Strauss) all’Opera di Colonia. Altro debutto: Marie in una nuova produzione di Wozzek di Berg. Ha cantato Eva in concerto con la Rundfunk-Sinfonieorchester di Berlino sotto la direzione di Mark Janowski, Sieglinde al Teatro Aalto di Essen, Chysothemis a Montpellier, Badi’at (L’upupa di Henze) con la Radio Filarmonisch Orkest d’Olanda e ancora Sieglinde in concerto con la New Zealand Symphony Orchestra; ruolo che ha poi interpretato in concerto con la Rundfunk-Sinfonieorchester di Berlino e Marek Janowski. Dopo la sua prima Isolde (Tristan und Isolde di Wagner), ha cantato in concerto il Primo Atto di Die Walküre oltre alla “Morte di Isotta”. Al Teatro alla Scala debutta nel dicembre 2014 nella Missa solemnis di Beethoven con Philippe Jordan, e in The Kingdom di Elgar alla Radio Filharmonisch Orkest e Edo de Waart.

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Daniela Sindram

Nata a Norimberga, ha studiato canto a Berlino e ad Amburgo. Membro del Teatro di Brema e del Nationaltheater di Mannheim, ha interpretato dapprima i ruoli mozartiani di Cherubino (Le nozze di Figaro), Idamante (Idomeneo) e Dorabella (Così fan tutte), oltre a Oktavian (Der Rosenkavalier di R. Strauss), ampliando poi il suo repertorio con Charlotte (Werther di Massenet), Brangäne (Tristan und Isolde di Wagner), il Compositore (Ariadne auf Naxos di R. Strauss) e i ruoli wagneriani di Fricka (Die Walküre) e Adriano (Rienzi). Per la prima volta ospite del Festival di Bayreuth nel 2002, nel 2012 ha debuttato con successo come Venus (Tannhäuser di Wagner) alla Bayerische Staatsoper di Monaco. È stata quindi ospite regolare di prestigiosi teatri: Wiener Staatsoper, Opéra-Bastille di Parigi, Covent Garden di Londra, Teatro Real di Madrid, Seattle Opera e Deutsche Oper di Berlino. Nel 2009 ha interpretato Nicklausse (Les contes d’Hoffmann di Offenbach) al Teatro alla Scala e Venus alla Bayerische Staatsoper. In sede di concerto ha interpretato alcuni Liederabende, oltre a concerti e oratori. Collabora costantemente con importanti direttori d’orchestra: Helmuth Rilling, Christopher Hogwood, Thomas Hengelbrock, Peter Schneider, Adam Fischer, Asher Fisch, Philippe Jordan, Ivor Bolton, Zubin Mehta, Donald Runnicles, Kent Nagano.

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Foto Sim Canetty-Clarke


Stuart Skelton

Premiato come “Male Singer of the Year” agli “International Opera Awards” del 2014, il suo repertorio comprende i ruoli wagneriani del titolo in Parsifal e in Lohengrin, Erik (Der fliegende Holländer) e Siegmund (Die Walküre), e inoltre l’Imperatore (Die Frau ohne Schatten di R. Strauss), Florestan (Fidelio di Beethoven), Samson (Samson et Dalila di Saint-Saëns), ruoli del titolo di Dmitrij di Dvorˇák e di Peter Grimes di Britten. Inizia la stagione 2014-15 con il suo debutto nel ruolo del titolo di Otello di Verdi alla English National Opera in una nuova produzione di David Alden e con la direzione di Edward Gardner. Debutta nel ruolo di Tristan in Tristan und Isolde di Wagner con la Sydney Symphony Orchestra e David Robertson. Ritorna sia all’Opera di Oviedo sia con la Atlanta Symphony Orchestra come Samson e alla Bayerische Staatsoper di Monaco come Siegmund con Kirill Petrenko. Nelle stagioni recenti: il Ring wagneriano alla Seattle Opera, all’Opéra di Parigi e alla Australia Opera, Parsifal all’Opera di Zurigo, Florestan con la English National Opera, Peter Grimes in concerto con la London Philharmonic e Vladimir Jurowski. Nel 2014 è tornato come Peter Grimes alla English National Opera con la BBC Symphony Orchestra. Si è esibito anche in The Dream of Gerontius di Elgar con la BBC Symphony Orchestra e Andrew Davis, concerti con Antonio Pappano e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma e ancora Peter Grimes in concerto con la San Francisco Symphony e Michael Tilson Thomas. Si è esibito nei più prestigiosi teatri d’opera: Metropolitan di New York, Seattle Opera, San Francisco Opera, English National Opera, Opéra di Parigi, Bayerische Staatsoper, Staatsoper di Amburgo, Staatsoper e Deutsche Oper di Berlino, Semperoper di Dresda, Staatsoper di Vienna. In sede concertistica si è esibito con orchestre quali Atlanta Symphony Orchestra, Boston Symphony Orchestra, Chicago Symphony Orchestra, The Cleveland Orchestra, Los Angeles Philharmonic, San Francisco Symphony, Montreal Symphony, le Orchestre della Radio di Amburgo, di Francoforte e di Monaco, London Symphony Orchestra, le Orchestre BBC di Scozia e del Galles, le Orchestre Sinfoniche di Sydney, di Melbourne, della Western Australia e della Tasmania. Nella sua carriera ha cantato con direttori d’orchestra quali Vladimir Ashkenazy, Daniel Barenboim, Christoph von Dohnányi, Christoph Eschenbach, Mariss Jansons, Philippe Jordan, James Levine, Fabio Luisi, Lorin Maazel, Simon Rattle... Ha registrato Das Lied von der Erde con Michael Tilson Thomas e la San Francisco Symphony e con la Sydney Symphony Orchestra e Vladimir Ashkenazy. E inoltre: Nona Sinfonia di Beethoven con Charles Mackerras e la Scottish Chamber Orchestra, Die Walküre e alla State Opera of South Australia e alla Seattle Opera. Ha ricevuto due volte il “Sir Robert Helpmann Award” per il ‘suo’ Siegmund alla State Opera of South Australia nel Ring del 2005. Nel 2010 ha ricevuto il “Best Male Performer in a Lead Role” per il ‘suo’ Peter Grimes all’Opera Australia, e un “Green Room Award” per A Streetcar Named Desire di André Previn nonché la nomination per un “Olivier Award for Outstanding Achievement in Opera” per quella di Peter Grimes con la English National Opera.

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Günther Groissböck

Nato a Waidhofen an der Ybbs (Austria Inferiore), ha ricevuto le sue prime lezioni di canto alla Universität für Musik und Darstellende Kunst di Vienna nella Liederklasse di Robert Holl e, più tardi, con José van Dam. Vinta una borsa di studio dello “Herbert von Karajan-Zentrum”, nella stagione 2002-03 si è esibito alla Wiener Staatsoper prima di passare per quattro anni come primo basso allo Opernhaus di Zurigo, dove ha interpretato molti importanti ruoli: Sarastro (Die Zauberflöte di Mozart), Sparafucile (Rigoletto di Verdi) e Titurel (Parsifal di Wagner). Considerato fra i più notevoli bassi della sua generazione, è stato ospite frequente dei teatri d’opera più prestigiosi: Metropolitan di New York, Teatro alla Scala, Opéra National de Paris, Bayerische Staatsoper di Monaco, Wiener Staatsoper, Deutsche Oper e Staatsoper unter den Linden di Berlino, poi a San Francisco, Los Angeles, Chicago, come pure ai Festival di Salisburgo e d’Aix-en-Provence, interpretando Sarastro, il Portatore d’acqua (Der Wasserträger di Cherubini), Banquo (Macbeth di Verdi), i ruoli wagneriani di König Marke (Tristan und Isolde), König Heinrich (Lohengrin), Fasolt e Fafner (Das Rheingold) e Hunding (Die Walküre). Nel ruolo del wagneriano Langravio Hermann (Tannhäuser) ha debuttato nel 2011 al Festival di Bayreuth - lo stesso ruolo già interpretato nel 2008 al Gran Teatro del Liceu di Barcellona e nel 2009 al Teatro Real di Madrid, dove nel 2012 ha interpretato anche il ruolo del titolo in Boris Godunov di Musorgskij. Particolare successo ha ottenuto la sua interpretazione del Barone Ochs (Der Rosenkavalier di R. Strauss) al Festival di Salisburgo. In sede concertistica: Nona Sinfonia e Missa solemnis di Beethoven, Te Deum di Bruckner, Ottava Sinfonia di Mahler, i Requiem di Mozart e di Verdi, Die Schöpfung e Die Jahreszeiten di Haydn, nelle maggiori città d’Europa e d’America, con i Berliner Philharmoniker, il Gewandhaus di Lipsia, il Concertgebouw di Amsterdam, il Konzerthaus e il Musikverein di Vienna, la Philharmonie am Gasteig di Monaco, alla Boston Symphony Hall e alla Carnegie Hall di New York. Fra i più notevoli attuali e prossimi impegni: inviti al Metropolitan come Langravio Hermann e come Barone Ochs, alla Bayerische Staatsoper come Fasolt, Hunding, Rocco (Fidelio di Beethoven), Orest (Elektra di R. Strauss) e Principe Gremin (Evgeˇ nij Onegin di Cajkovskij), all’Opera Olandese di Amsterdam come Gurnemanz (Parsifal), al Teatro alla Scala come Barone Ochs, Kaspar (Der Freischütz di Weber), alla Deutsche Oper di Berlino come Zaccaria (Nabucco di Verdi), all’Opéra National de Paris e al Festival di Bayreuth del 2017 come Pogner (Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner).

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IL CORO DEL TEATRO ALLA SCALA Direttore: Bruno Casoni Altro maestro: Alberto Malazzi Maestri collaboratori: Marco De Gaspari - Salvo Sgrò

Soprani primi Gabriella Barone Lucia Ellis Bertini Chiara Butté Alessandra Cesareo Margherita Chiminelli Silvia Chiminelli Tiziana Cisternino Valentina De Vecchi Maria Gabriella Ferroni Azusa Kubo Rossella Lampo Barbara Rita Lavarian Rossella Locatelli Silvia Mapelli C. Lourdes Martinez Cristina Sfondrini Mila Vilotijevic Soprani secondi Emilia Bertoncello Maria Blasi Rossana Calabrese Inga Dzhjoeva Nadia Engheben Annarita Fratangeli Sara Garau Elisabeth Ann Kilby Ornella Malavasi Roberta Salvati Alla Samokhotova

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Mezzosoprani Enza Callari Giovanna Caravaggio Marzia Castellini Anna Maria Di Micco Alessandra Fratelli Stefania Giannì Valeria Matacchini Kjersti Odegaard Irma Verzeri Agnese Vitali Contralti Francesca Benassi Lucia Bini Claudia Bocca Perla Viviana Cigolini Annalisa Forlani Daniela Gioia Marina Maffei Jivka Markova Patrizia Molina Amor Lilia Perez Lopez Giovanna Pinardi Olga Semenova Claudia Vignati

Tenori primi Luigi Albani Luciano Buono Danilo Caforio Mario Carrara Oreste Cosimo Massimiliano Difino Luca Di Gioia Felix Gemio Fernandez Renis Hika Jae Ho Jang Ki Hyun Kim Antonio Murgo Angelo Scardina Young Hoon Shin Giorgio Giuseppe Tiboni Giuseppe Veneziano Tenori secondi Giuseppe Bellanca Giovanni Carpani Ramtin Ghazavi Andrzej Glowienka Massimiliano Italiani Giovanni Manfrin Michele Mauro Alessandro Moretti Paolo Sala Silvio Scarpolini Andrea Semeraro Mauro Venturini

Baritoni Guillermo Esteban Bussolini Corrado Cappitta Bruno Gaudenzi Devis Longo Pier Luigi Malinconico Alberto Milesi Alberto Paccagnini Massimo Pagano Andrea Panaccione Robert Porter Lorenzo B. Tedone Giorgio Valerio Bassi Vincenzo Alaimo Luciano G. Andreoli Venelin Arabov Davide Baronchelli Giuseppe Cattaneo Lorenzo Cescotti Sandro Chiri Gerard Colombo Emidio Guidotti Mauro Peconi Alberto M. Rota Gianfranco Valentini Ispettore del Coro Fabio Cassarà


Primo Maestro collaboratore James Vaughan Maestri collaboratori: James Vaughan - Massimiliano Bullo - Mzia Bakhtouridze Beatrice Benzi - Paolo Berrino - Nelson Calzi - Roberto Curbelo Maurizio Magni - Antonella Marotti - Ilaria Morotti - Marco Munari Bruno Nicoli - Ovidio Pratissoli - Stefano Salvatori - Paolo Spadaro Maestri ai video libretti: Roberto Perata - Renato Principe - Stefano Colnaghi

ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA Violini primi Francesco Manara (di spalla) Francesco De Angelis (di spalla) Laura Marzadori (di spalla) Daniele Pascoletti (concertino) Eriko Tsuchihashi (concertino) Mariangela Freschi Alessandro Ferrari Andrea Leporati Rodolfo Cibin Corine van Eikema Andrea Pecolo Gianluca Turconi Elena Faccani Fulvio Liviabella Gianluca Scandola Dino Sossai Duccio Beluffi Alois Hubner Agnese Ferraro Kaori Ogasawara Enkeleida Sheshaj Violini secondi Pierangelo Negri* Giorgio Di Crosta* Anna Longiave Anna Salvatori Paola Lutzemberger Emanuela Abriani Gabriele Porfidio Silvia Guarino Stefano Dallera Roberto Nigro Elisa Citterio Damiano Cottalasso Evguenia Staneva Alexia Tiberghien Stefano Lo Re Antonio Mastalli Francesco Tagliavini Roberta Miseferi Estela Sheshi

Viole Danilo Rossi* Simonide Braconi* Emanuele Rossi Marco Giubileo Giuseppe Nastasi Luciano Sangalli Giorgio Baiocco Maddalena Calderoni Francesco Lattuada Carlo Barato Joel Imperial Giuseppe Russo Rossi Matteo Amadasi Olga Gonzalez Cardaba Thomas Cavuoto Violoncelli Sandro Laffranchini* Massimo Polidori* Alfredo Persichilli* Jakob Ludwig Martina Lopez Marcello Sirotti Alice Cappagli Gabriele Zanardi Simone Groppo Cosma Beatrice Pomarico Massimiliano Tisserant Tatiana Patella Gabriele Garofano Contrabbassi Giuseppe Ettorre* Francesco Siragusa* Claudio Pinferetti Claudio Cappella Emanuele Pedrani Alessandro Serra Attilio Corradini Gaetano Siragusa Roberto Benatti Omar Lonati Roberto Parretti

Flauti Marco Zoni* Giovanni Paciello (ottavino) Oboi Fabien Thouand* Renato Duca (corno inglese) Augusto Mianiti Gianni Viero Clarinetti Mauro Ferrando* Fabrizio Meloni* Denis Zanchetta (clarinetto piccolo) Christian Chiodi Latini Stefano Cardo (clarinetto basso) Fagotti Valentino Zucchiatti* Gabriele Screpis* Nicola Meneghetti Maurizio Orsini Marion Reinhard (controfagotto) Corni Danilo Stagni* Jorge Monte De Fez* Roberto Miele Stefano Alessandri Claudio Martini Stefano Curci Piero Mangano Giovanni Hoffer

Trombe Francesco Tamiati* Mauro Edantippe Gianni Dallaturca Nicola Martelli Tromboni Torsten Edvard* Daniele Morandini* Riccardo Bernasconi Renato Filisetti Giuseppe Grandi Basso tuba Brian Earl Javier Castaño Medina Arpe Luisa Prandina* Olga Mazzia* Percussioni Gianni Massimo Arfacchia Giuseppe Cacciola Organo Lorenzo Bonoldi Ispettore dell’Orchestra Vittorio Sisto Addetti all’Orchestra Eugenio Salvi Werther Martinelli Edmondo Valerio

*Prime parti

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Fondazione di diritto privato

SOVRINTENDENZA

DIREZIONE GENERALE

Sovrintendente Alexander Pereira Responsabile Relazioni Esterne e Assistente del Sovrintendente Donatella Brunazzi Responsabile Ufficio Stampa Paolo Besana Responsabile Controllo di Gestione Enzo Andrea Bignotti

Direttore Generale Maria Di Freda Responsabile Archivio Storico Documentale Dino Belletti Coordinatore Segreteria e Staff Andrea Vitalini Responsabile Ufficio Promozione Culturale Carlo Torresani Responsabile Segreteria Organi e Legale Germana De Luca Responsabile Provveditorato Antonio Cunsolo Direzione Tecnica Direttore Tecnico Marco Morelli Responsabile Manutenzione Immobili e Impianti Persio Pini Responsabile Prevenzione Igiene Sicurezza Giuseppe Formentini Direzione del Personale Direttore del Personale Marco Aldo Amoruso Responsabile Amministrazione del Personale e Costo del Lavoro Alex Zambianchi Responsabile Servizio Sviluppo Organizzativo Rino Casazza Responsabile Servizio Tecnologie dell’Informazione Massimo Succi Responsabile Ufficio Assunzioni e Gestione del Personale Marco Migliavacca Responsabile Ufficio Lavoro Autonomo Giusy Tonani

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Direzione Marketing e Fund Raising Direttore Marketing e Fund Raising Cristina Paciello Responsabile Ufficio Marketing Francesca Agus Responsabile Biglietteria Annalisa Severgnini Responsabile di Sala Achille Gozzi Direzione Amministrazione e Finanza Direttore Amministrazione e Finanza Claudio Migliorini Capo Contabile Sefora Curatolo Museo Teatrale alla Scala Direttore Museo Teatrale alla Scala Renato Garavaglia


DIREZIONE MUSICALE

DIREZIONE ALLESTIMENTO SCENICO

Direttore Musicale Daniel Barenboim

Direttore Allestimento Scenico Franco Malgrande Assistente Direttore Allestimento Scenico Elio Brescia Responsabile Reparto Macchinisti Cosimo Prudentino Responsabile Realizzazione Luci Marco Filibeck Realizzatore Luci Andrea Giretti Responsabile Reparto Elettricisti Roberto Parolo Responsabile Cabina Luci Antonio Mastrandrea Responsabile Audiovisivi Nicola Urru Responsabile Reparto Attrezzisti Luciano Di Nicuolo Responsabile Reparto Meccanici Castrenze Mangiapane Responsabile Parrucchieri e Truccatori Francesco Restelli Responsabile Calzoleria Alfio Pappalardo

DIREZIONE ARTISTICA Direttore Artistico Alexander Pereira Responsabile Compagnie di Canto Toni Gradsack Responsabile Servizi Musicali Andrea Amarante Responsabile Controllo di Gestione Artistica Manuela Cattaneo Direttore Editoriale Franco Pulcini Responsabile Archivio Musicale Cesare Freddi Regista Collaboratore Lorenza Cantini Direzione Ballo Direttore del Corpo di Ballo Makhar Vaziev Coordinatore del Corpo di Ballo Marco Berrichillo

Capi Scenografi Realizzatori Stefania Cavallin Angelo Lodi Luisa Guerra Capo Scenografo Realizzatore Scultore Venanzio Alberti Scenografi Realizzatori Claudia Bona Emanuela Finardi Verena Redin Flavio Erbetta Carlo Spinelli Barrile Costanzo Zanzarella Scenografo Realizzatore Scultore Silvia Rosellina Cerioli Responsabile Laboratori Scenografici Roberto De Rota Responsabile Reparto Costruzioni Paolo Ranzani Responsabile Reparto Sartoria Cinzia Rosselli Responsabile Sartoria Vestizione Patrizia D’Anzuoni

Direzione Organizzazione della Produzione Direttore Organizzazione della Produzione Andrea Valioni Assistente Direttore Organizzazione della Produzione Maria De Rosa Responsabile Direzione di Scena Luca Bonini Direttori di Scena Silvia Fava Andrea Boi

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EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA DIRETTORE EDITORIALE

Franco Pulcini

Ufficio Edizioni del Teatro alla Scala REDAZIONE

Anna Paniale Giancarlo Di Marco PROGETTO GRAFICO

Emilio Fioravanti G&R Associati

Le immagini degli spettacoli scaligeri provengono dall’Archivio Fotografico del Teatro alla Scala Realizzazione e catalogazione immagini digitali: “Progetto D.A.M.” per la gestione digitale degli archivi del Teatro alla Scala Si ringrazia per la collaborazione il Museo Teatrale alla Scala Il Teatro alla Scala è disponibile a regolare eventuali diritti di riproduzione per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte Pubblicità: A.P. srl - Str. Rigolino, 1 bis 10024 Moncalieri (TO) - Tel. 011/6615469 Finito di stampare nel mese di dicembre 2014 presso Pinelli Printing srl © Copyright 2014, Teatro alla Scala

In copertina: Albrecht Dürer Altare Paumgartner, particolare della Natività (Monaco di Baviera, Alte Pinakothek)

Prezzo del volume € 5,00 (IVA inclusa)

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Il Teatro alla Scala ringrazia per la collaborazione alle iniziative specifiche gli SPONSOR TECNICI ATM COCCINELLE COLLATERAL FILMS CONNECTO MANUTENCOOP MEETING PROJECT LEDIBERG RCS MEDIAGROUP

Il Teatro alla Scala ringrazia per la collaborazione al progetto tecnologico DAM gli SPONSOR FONDAZIONE MILANO PER LA SCALA FASTWEB ORACLE ITALIA


Stagione Sinfonica 2014 - 2015

29, 30 settembre, 1 ottobre 2014

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala Direttore

Zubin Mehta

La stagione 2014-2015 del Teatro alla Scala è realizzata in collaborazione con

Franz Joseph Haydn Die Schöpfung Hob. XXI:2 Oratorio per soli, coro e orchestra Julia Kleiter, soprano Peter Sonn, tenore Thomas E. Bauer, basso-baritono Maestro del Coro Bruno Casoni 12, 14, 15 novembre 2014

Filarmonica della Scala Direttore e solista

Daniel Barenboim Wolfgang Amadeus Mozart Concerto n. 27 in si bem. magg. K 595 per pianoforte e orchestra Gustav Mahler Sinfonia n. 9 in re magg.

21 dicembre 2014 Concerto di Natale

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala Direttore

Philippe Jordan Ludwig van Beethoven Missa solemnis in re magg. op. 123 Edith Haller, soprano Daniela Sindram, mezzosoprano Stuart Skelton, tenore Günther Groissböck, basso Maestro del Coro Bruno Casoni Con il sostegno di


Stagione Sinfonica 2014 - 2015

23, 24, 26 gennaio 2015

13, 14, 15 aprile 2015

Filarmonica della Scala

Filarmonica della Scala

Direttore

Direttore

Daniel Harding

Christoph von Dohnányi

Pianoforte

Baritono

Rudolf Buchbinder

Thomas Hampson

Ludwig van Beethoven Concerto n. 5 in mi bem. magg. op. 73 “Imperatore” per pianoforte e orchestra

Gustav Mahler Kindertotenlieder

Béla Bartók Il mandarino meraviglioso op. 19 Suite dal balletto

Anton Bruckner Sinfonia n. 4 in mi bem. magg. “Romantische”

7 settembre 2015 - turno C

16 febbraio 2015 - turno A

London Philharmonic Orchestra

Gewandhausorchester Leipzig

Direttore

Vladimir Jurowski

Direttore

Riccardo Chailly Violino

Julian Rachlin Felix Mendelssohn-Bartholdy Concerto in mi min. op. 64 per violino e orchestra

Pianoforte

Daniil Trifonov Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij Concerto n. 1 in si bem. min. op. 23 per pianoforte e orchestra Dmitrij Šostakovicˇ Sinfonia n. 8 in do min. op. 65

Gustav Mahler Sinfonia n. 1 in re magg. “Titan” 11 settembre 2015 - turno B 16, 18, 21 marzo 2015 In occasione del 90° compleanno di Georges Prêtre

Orchestre de Paris

Filarmonica della Scala

Pianoforte

Direttore

Georges Prêtre Anton Bruckner Sinfonia n. 8 in do min.

Direttore

Paavo Järvi Hélène Grimaud Johannes Brahms Concerto n. 2 in si bem. magg. op. 83 per pianoforte e orchestra Pëtr Il’icˇ Cˇajkovskij Sinfonia n. 5 in mi min. op. 64



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REGALA UN’EMOZIONE UNICA Nel raffinato negozio del Teatro alla Scala potrete trovare un’estesa selezione di Cd e Dvd d’opera, musica sinfonica e balletto, prestigiosi libri e locandine storiche, oltre a una affascinante collezione di oggetti e accessori realizzati in esclusiva per La Scala 1778. L a S c a l a S h o p - P i a z z a S c a l a , M i l a n o - t e l 0 2 4 5 4 8 3 2 5 7 - w w w. l a s c a l a s h o p. i t

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Come arrivare MM linea 1 fermata San Babila, Duomo, Cordusio. MM linea 3 fermata Montenapoleone, Duomo Autobus linea 61 Tram 1, 2 Prezzi Biglietto intero Biglietto ridotto Biglietto scuole

Museo Teatrale alla Scala Biblioteca Livia Simoni Largo Ghiringhelli, 1 - 20121 Milano www.teatroallascala.org

Orari Tutti i giorni tranne 7 dicembre, 24 dicembre pomeriggio 25 dicembre, 26 dicembre 31 dicembre pomeriggio, 1° gennaio Domenica di Pasqua, 1° maggio, 15 agosto

Dalle 9.00 alle 12.30 (ultimo ingresso alle 12.00) e dalle 13.30 alle 17.30 (ultimo ingresso alle 17.00)

Informazioni Tel. 02.88797473

€ 6,00 € 4,00 € 3,00

Servizio visite guidate Civita Servizi. Tel: 02 43353521 L’ILOPERA. Tel:02.39.43.51.00 Centro guide. Tel: 02 86450433 (prenotazione obbligatoria per le scolaresche alla e.mail: scuolemuseo@fondazionelascala.it)

La sala del Teatro è visibile da un palco, solo qualora non siano in corso prove o spettacoli.

Biblioteca Livia Simoni La biblioteca è aperta dalle 9 alle 12.00 e dalle 13.30 alle 17 dal lunedì al venerdì, solo su appuntamento. Tel: 02-88792088 e-mail: sartorio@fondazionelascala.it

Visite guidate al Teatro Per informazioni e prenotazioni rivolgersi a Francine Garino e-mail: garino@fondazionelascala.it Catalogo del Museo (italiano - francese, inglese - spagnolo, giapponese - tedesco) in vendita a € 15,00

Partner Istituzionale YOKO NAGAE CESCHINA Mecenate del Museo Teatrale alla Scala


PER VIVERE DA VICINO UNA GRANDE TRADIZIONE La Fondazione Milano per la Scala nasce nel 1991 con lo scopo esclusivo di sostenere il Teatro alla Scala, attraverso i contributi di coloro che ne amano il patrimonio culturale ed artistico e desiderano vivere più intensamente la sua grande tradizione. È la prima istituzione sorta a supporto di un teatro lirico in Italia. Presidente Giuseppe Faina

Vice Presidente Vicario Hélène de Prittwitz Zaleski Vice Presidente Margot de Mazzeri

Consiglieri Lodovico Barassi, Francesca Colombo, Bruno Ermolli, Gioia Falck Marchi, Piero Giarda, Alfredo Gysi, Federico Guasti, Matteo Mambretti, Marco Margheri, Francesco Micheli, Alberto Moro Visconti, Alexander Pereira, Federico Radice Fossati, Diego Visconti, Paolo M. Zambelli

Per informazioni e per adesioni

Milano per la Scala Via Clerici, 5 20121 Milano Tel. 02.7202.1647 Fax. 02.7202.1662 E-mail. miscala@milanoperlascala.it www.milanoperlascala.it


ringrazia

Albo d’Oro 2014 Maria Elina Barberis Mosca Nice Barberis Figari Luciano Berti Maria Bonatti Mameli Carla Bossi Comelli Maria Luisa Cintilini Camozzi Giulia Giovanna Cocchetti Zambelli Giancarlo Colombo Giuseppe Deiure Hélène de Prittwitz Zaleski Giuseppe Faina Margot Ferrari de Mazzeri Marino Golinelli Federico Guasti Beatrix Habermann Pompeo Locatelli Matteo Mambretti Francesco Micheli Paola Pavirani Golinelli Vieri Poggiali Patrizia Staffico Diego Visconti Giovanni M. Volonté Paolo Maria Zambelli Amici della Scala - Lugano Associazione Amici dell’Accademia Teatro alla Scala Banca BSI S.A. Boehringer Ingelheim Italia S.p.A. Pirelli & C. S.p.A. Sipcam S.p.A. Vittoria Assicurazioni S.p.A.

per il contributo speciale

AI PROGETTI DI FORMAZIONE DEI GIOVANI DELL’ACCADEMIA D’ARTI E MESTIERI DELLO SPETTACOLO TEATRO ALLA SCALA

per vivere una grande Tradizione


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Partner di progetti che puntano in alto.

Mapei per l’arte e la cultura

Il legame con il Teatro alla Scala ha radici profonde nella storia di Mapei. Si è concretizzato sin dal 1984 come Abbonato Sostenitore ed è proseguito con il contributo alla ristrutturazione e al restauro del Teatro, grazie alla tecnologia e alla ricerca Mapei. Dal 2008 Mapei ha rafforzato ulteriormente il rapporto con la Scala divenendo Socio Fondatore Permanente per sostenere i suoi prestigiosi progetti artistici.


*Non contiene glutine o i suoi derivati. L’indicazione consente una decisione informata ai soggetti con “Sensibilità al glutine non-celiaca (Gluten Sensitivity)”. **Anche contenuti residuali di nickel, cromo e cobalto possono creare, in particolare nei soggetti predisposti, reazioni allergiche e sensibilizzazione. Quindi ogni prodotto è stato formulato per minimizzare la loro presenza e testato secondo la Direttiva Europea nr. 94/27/CE.

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