04 figure pianificatorie (laburba14)

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DOCENTI
 Maurizio Carta
 Daniele Ronsivalle COLLABORATORI
 Annalisa Contato
 Carmelo Galati Tardanico
 Barbara Lino
 Angelica Agnello
 
 SEMINARIO INTEGRATIVO
 Barbara Lino

figure pianificatorie

piano strutturale, piano strategico, piano operativo: uno studio comparato Maurizio Carta e Daniele Ronsivalle


Piano strutturale Definisce gli elementi di struttura del territorio oggetto del piano e consente di estrarre gli elementi utili alla costruzione delle identità a partire dalla selezione degli elementi costitutivi le trame identitarie del territorio (ruoli, gerarchie, pesi, relazioni e soggetti). A partire dalla individuazione di questi elementi, il piano di struttura produce il quadro delle invarianti e condizionanti, fornendo indicazioni e valutazioni utili alla definizione delle norme di tutela delle identità strutturali, alla costruzione di alcune strategie e all’individuazione di azioni specifiche.

Soggetti coinvolti

Molti - multidisciplinari

Carattere

•Cognitivo •Interpretativo •Valutativo •Centrato sulla conoscenza

Output

•Banche dati •Carte tematiche analitiche •Indicatori


Piano di coordinamento

Definisce gli strumenti utili alla realizzazione del coordinamento delle azioni messe in atto dai soggetti sott’ordinati o di pari livello che, attraverso piani di natura differente (strutturali, strategici o operativi), contribuiscono alla trasformazione territoriale. Il piano di coordinamento opera in termini di verifica delle coerenze della azioni previste e costituisce quadro di riferimento per i piani sott’ordinati.

Soggetti coinvolti Carattere

Molti ben individuati; settoriale multilivello •Coordinamento •Verifica delle coerenze territoriali •Sovraordinato

Output

•Norme •Indirizzi •Localizzazioni


Piano territoriale operativo

Definisce la norma territoriale, le prescrizioni e le indicazioni di obbligazione relativa ai settori di sua competenza. Può essere applicato ad alcuni piani di settore come il piano territoriale paesistico.

Soggetti coinvolti

Pochi Settoriali

Carattere

•Normativo •Operativo •Direttamente attuativo

Output

•Norme •Regimi •Prescrizioni


Piano strategico

Definisce il quadro delle strategie di intervento sul territorio in termini di obiettivi, procedure, soggetti e tempi. Le strategie vengono elaborate a partire dalla definizione delle invarianti strutturali, considerate elementi non negoziabili, e vengono consegnate alla pianificazione operativa per la disciplina d’uso del suolo, per l’attuazione dei progetti e per la normativa. Rende possibile l’attuazione integrata degli interventi “per progetti”. Le esperienze più recenti hanno assegnato alla pianificazione strategica il valore di un’azione politico-tecnica esplicitamente rivolta alla costruzione di una coalizione intorno ad alcune strategie condivise, assumendo la consapevolezza che tale coalizione abbia la volontà, la capacità e gli strumenti per mettere in atto la strategia individuata.

Soggetti coinvolti

Molti non pre-definibili Multidisciplinare ed interdisciplinare

Carattere

•Interpretativo •Valutativo e di selezione •Centrato sul processo e sull’azione

Output

•Matrici SWOT e Piano d’azione •Carte tematiche sintetiche •Linee guida e quadri per l’azione


Le caratteristiche del piano territoriale strategico ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑

una visione di grandi strategie territoriali espresse nel livello di indirizzo a cui coerentemente devono adeguarsi le realtà locali; un consenso sociale maturato attraverso impegno nella comunicazione e nell’interazione negoziale; un consenso istituzionale, guidato dalla cooperazione/negoziazione tra i vari livelli territoriali e tra i vari enti con responsabilità settoriali; una visione dinamica e monitorata del piano capace di costruire un programma pluriennale di attuazione in funzione delle gerarchie temporali delle azioni e delle effettive praticabilità; politiche di natura non esclusivamente urbanistica: politiche fiscali, politiche di compensazione sociale o ambientale, politiche energetiche, politiche di sviluppo dell’occupazione, etc.; l’attenzione alle risorse fisiche, in termini di valore, di vulnerabilità, di capacità di carico, di potenzialità; l’attenzione alle risorse finanziarie in una visione di lungo periodo; la capacità di promuovere investimenti privati o partenariati, agendo sulle esternalità create dagli investimenti pubblici.


I PIANI STRATEGICI DELLE CITTA' EUROPEE
 La prima generazione 1990-2000: la necessità di una strategia multisettoriale, multilivello e multiattore

DALLA PIANIFICAZIONE STRATEGICA AZIENDALE E LA SUA APPLICAZIONE ALLE CITTA' AMERICANE IN DECLINO AD UNA VISIONE INTERAZIONISTA, PROCEDURALE e PRESTAZIONALE DELL'AZIONE PUBBLICA

! Il ruolo del soggetto pubblico in una pratica di pianificazione strategica è di tipo PEDAGOGICO La pianificazione strategica è una forma di RETORICA PRATICA.


LE QUESTIONI GENERATRICI

LA FASE DI RIURBANIZZAZIONE E LA RICENTRALIZZAZIONE DI ATTIVITA' URBANE

IL RIUSO DELLE AREE DISMESSE

L’AVVIO DELLE POLITICHE DI RETE TRA LE CITTA'

LA DIFFUSIONE DELLE INFRASTRUTTURE MATERIALI/ IMMATERIALI DI COMUNICAZIONE

LA NUOVA NATURA DEL PIANO COME CORNICE E CONTESTO DI AZIONE

LA NUOVA NATURA DEL PIANO COME PROCESSO ITERATIVO E AGROMENTATIVO


I CONTENUTI Dal modello gerarchico autoritativo: •dal PIANO GENERALE •ai PIANI PARTICOLAREGGIATI •ai PROGETTI URBANI Al modello incrementale •PROGETTI URBANI + STRUTTURE DI AZIONE + STRATEGIE e viceversa

Se la "città per progetti" può condurre alla deregolamentazione, la pianificazione strategica fornisce una cornice condivisa ai progetti


La necessità di una strategia per l’evoluzione territoriale La crisi delle città a forte tradizione industriale è uno dei fenomeni più diffusi dell’origine della PS: molte città europee (Glasgow, Lione, Liverpool, Birmingham, Rotterdam, Torino) e altrettante città nordamericane (Pittsburg, Detroit, Cleveland, Boston) si sono trovate a dover fronteggiare la crisi del settore industriale tradizionale (siderurgia, cantieri navali, settore tessile, automobilistico) unita allo sviluppo insufficiente del settore dei servizi.

L’impatto delle trasformazioni economiche è stato evidente attraverso i seguenti effetti: ▪ ▪ ▪ ▪

alti indici di disoccupazione; degrado dell’ambiente e della qualità urbana; processo di migrazione, calo demografico, invecchiamento della popolazione; problemi di emarginazione sociale.


Per fronteggiare la crisi molte città in declino hanno attuato uno sforzo strategico di rivitalizzazione Alcune attraverso la formulazione di piani strategici propriamente detti, altre tramite politiche che possono essere assimilate ai processi di PS.

! Lo sforzo strategico nasce dalla necessità di effettuare una trasformazione profonda e radicale della città, unendo energie pubbliche e private. Il piano strategico rappresenta uno strumento di mobilitazione per riunire volontà, formulare obiettivi prioritari e generare partecipazione. I benefici del piano strategico sono i seguenti:

▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪

rendere possibile l’attuazione integrale degli obiettivi; offrire un orizzonte di pianificazione di largo respiro; identificare le tendenze dell’area e le opportunità; concentrare risorse limitate verso obiettivi prioritari; rendere possibile la cooperazione pubblica e privata; stimolare la coscienza comunitaria.


I domini della pianificazione strategica


L’organizzazione del piano strategico La pianificazione del piano Analisi e individuazione degli scenari Definizione degli obiettivi e esplicitazione delle strategie Attivazione delle procedure e dei partenariati Piano d’azione Valutazione e revisione


Le fasi di un piano strategico

Prima fase: Organizzazione del processo

! Prima fase è la costruzione del network istituzionale, professionale e partenariale del piano strategico, formato ad esempio, da un Comitato Politico-Istituzionale, da una Cabina di Regia per le azioni sovra locali, da un Tavolo di Concertazione Interistituzionale, un Tavolo del Partenariato Economico e Sociale, da un Comitato Tecnico Scientifico e da un Ufficio del Piano. La fase organizzativa è indispensabile per la costruzione dell’ambiente di governance territoriale e per l’attivazione dei suoi strumenti rappresentativi e operativi (particolare attenzione ha avuto la implementazione della cooperazione interistituzionale e del partenariato socio-economico).


Le fasi di un piano strategico Seconda fase: Analisi degli scenari

! L’analisi degli scenari comprende: ▪ La raccolta e la rappresentazione dei dati territoriali ▪ L’individuazione degli attori diretti e indiretti ▪ La selezione delle decisioni ▪ L’utilizzo dei "benchmarks": cioè una metodo che mette a confronto il territorio con i suoi competitori in modo da trarne lezioni per l'azione. Quali sono i competitori della città? quali le sfide esterne? a quali modelli praticati da altre città è utile riferirsi? quali occasione possono essere sfruttate in un quadro di competizione inter-urbana? Il benchmarking inoltre misura gli obiettivi non sugli input ma sugli output, cioè sui risultati. Questi obiettivi sono costruiti con il concorso dei diversi gruppi portatori di interessi e articolati in azioni a breve, medio, e lungo termine.


Le fasi di un piano strategico

Terza fase: Gli obiettivi strategici e il marketing territoriale

! La definizione degli obiettivi condivisi rappresenta il nucleo centrale del processo di pianificazione strategica. Si tratta di obiettivi a medio-lungo termine (10-20 anni) rispetto a cui si ricerca il consenso operativo dei principali attori, e inoltre l’adesione di importanti decisori esterni (Provincia, Regione, Stato, Unione europea, etc.). La definizione degli obiettivi ha luogo prima entro gruppi tecnici, poi in forum più allargati e infine entro un vero e proprio accordo – un patto – siglato dai principali attori agenti nel territorio e a volte anche da rilevanti attori esterni (detentori di risorse o capacità specifiche).

Alla definizione del piano strategico si accompagna una azione di marketing territoriale necessaria per comunicare gli obiettivi e attivare gli attori necessari.


Le fasi di un piano strategico Quarta fase: mobilitazione e mantenimento dell'attenzione.

! Una volta innescato il processo di pianificazione strategica, esso tende a una mobilitazione selettiva degli attori e degli interessi. Un primo elemento importante da valutare è quali interessi attorno al piano strategico sono effettivamente mobilitati, quali risultano più debolmente coinvolti e quali infine risultano esclusi. Questo diverso atteggiamento degli attori non è il risultato solo di fattori culturali o ideologici, ma anche di fattori strutturali relativi alla natura pubblica o privata, all'intensità del legame con il territorio locale e alle diverse opzioni proposte. Ad esempio le imprese potranno avere verso il piano strategico diverse collocazioni a seconda della loro strategia localizzativa, del loro grado di dipendenza da fattori urbani, o dalla loro indifferenza localizzativa. Ma anche singole parti delle amministrazioni pubbliche e del settore pubblico allargato (società miste, public utilities, società di patto, etc.) potranno agire in modo differenziato a seconda della diversa esposizione ed interesse alle sfide del piano strategico.


Le fasi di un piano strategico Quinta fase: Individuazione di aree prioritarie di intervento.

! Le aree di intervento vengono utilizzate come “progetti bandiera” per la temporalizzazione delle azioni del piano e per l’attuazione della visione strategica. Le aree di intervento possono essere individuate al termine dei workshop di ogni gruppo di lavoro, selezionando un certo numero di azioni settoriali, fra loro coerenti, da perseguire come obiettivi operativi di una linea strategica e che formano il primo “parco progetti” da sottoporre a verifica, integrazione e fattibilità. Per ogni azione: •vengono fissate le tappe e le modalità attuative; •vengono individuati i soggetti pubblici e privati che, con interventi diversi, concorreranno alla realizzazione; •viene fornita una valutazione delle risorse finanziarie necessarie e indicazioni sui modi di reperirle, eventualmente con iniziative unitarie; •infine, vengono indicati i gruppi-obiettivo, cioè i settori economici e sociali che ne trarranno benefici.


Le fasi di un piano strategico

Sesta fase: Stipula del Patto per lo sviluppo dell’Area Vasta e attuazione degli obiettivi strategici

! Le schede d’azione preparate dai gruppi e verificate dagli organismi decisionali, scientifici e tecnici, sono sottoposte a valutazione di coerenza e di gerarchia e rielaborate in una ipotesi complessiva di Piano strategico da sottomettere nuovamente a verifica pubblica ed istituzionale. Il passo successivo è la indispensabile stipula di “patti strategici di attuazione”, la più rilevante componente della pianificazione strategica. In questa fase viene definito anche l’Organismo Intermedio per la pianificazione strategica, il soggetto gestionale che dovrà coordinare, progettare e gestire l’attuazione delle azioni del piano.


Le fasi di un piano strategico Settima fase: previsione dei fattori di criticità e approntamento di misure per rimuoverli o minimizzarli.

! La pianificazione strategica non è un processo indolore: come tutte le innovazioni nei processi complessi, essa crea squilibri e disloca diversamente attori e risorse della città e del territorio. Questi aspetti vanno previsti e le conseguenze vanno gestite nella misura del possibile. Ad esempio, di norma si sottolinea la natura di “accordo iniziale” della pianificazione strategica (plan for planning): si ricerca cioè una pre-intesa sulle regole, preliminare alla stessa identificazione dei problemi strategici. Nella fase successiva di individuazione delle questioni strategiche, viene sottolineato come per ciascun problema sia opportuno identificare le conseguenze del mancato indirizzo verso una soluzione del problema stesso.

Questo riconoscimento ha un valore "retorico" di convinzione degli attori (se non si fa così, allora...).


Le fasi di un piano strategico Ottava fase: Valutazione e monitoraggio. Le metodologie di valutazione nel caso di piani strategici sono: •orientate alla implementazione e alla decisione, •orientate alla rappresentanza, •orientate alla conoscenza. Le relative tecniche sono approntate e approfondite con lo scopo di fornire una continua valutazione ex-ante ed ex-post delle azioni che permetta a chi amministra il piano strategico di capire volta per volta: ■quali azioni sono nell'agenda dei diversi attori, ■quali sono già in fase di progettazione, ■quali sono già in fase di implementazione, ■quali sono in fase di finanziamento, ■quali sono concluse. E inoltre: ■quali sono gli impatti alle diverse scale, ■quale è in sintesi il grado di avvicinamento/ scostamento del parco-progetti rispetto ad alcuni meta-obiettivi del piano strategico.


Stili e caratteri delle figure pianificatorie

Scopo Futuro Approccio Razionalità Logica

Forma Prescrizioni Interazioni Importanza del tempo Attuazione Misura dell’efficacia

Piano strutturale Piano strategico Innovazione Aperto e molteplice Selettivo e valutativo Contestuale e incrementale Strategia Previsione Principi Indicativa Strutturanti Generali Continue Determinante

Piano operativo

Ciclica Prestazione

Lineare Conformità

Tradizione Chiuso ed unico Comprensivo e normativo Assoluta e comprensiva Regola Obbligazione Pratiche Prescrittiva Determinanti Dettagliate Sino all’adozione Relativa


Piano territoriale di area vasta

Costruisce il quadro delle competenze sul territorio in ragione delle indicazioni di natura strutturale, strategica e di coordinamento che attengono alla possibilità che il piano territoriale rivesta le figure di cui sopra.

Piano urbanistico

Costruisce la norma per la localizzazione delle funzioni urbane (residenza, servizi e mobilità): può assumere l’assetto di un processo a due tempi (piano strutturale + piano operativo).

Piano attuativo

Definisce le regole per l’applicazione delle localizzazione e delle norme previste dal piano urbanistico e associa il quadro dettagliato dei tempi per l’attuazione.


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