Marketing 7/ed _ Capitolo 1 - Introduzione al processo di marketing management

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Introduzione al processo di marketing management

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Scopo di questo primo capitolo è quello di presentare le attività di gestione del marketing (marketing management) e indicare gli elementi che i responsabili del marketing devono padroneggiare, affinché il loro operato sia efficace ed efficiente; verrà qui delineata, nel contempo, la struttura secondo la quale si articoleranno i capitoli successivi del testo. Nostro primo compito sarà quello di esaminare la particolare filosofia di gestione dei rapporti impresa-mercato nota come marketing concept, che sta alla base di molte delle riflessioni presentate in questo libro.

1.1 La filosofia del marketing, ovvero il marketing concept Un’organizzazione dovrebbe cercare di realizzare un profitto soddisfacendo i bisogni di gruppi di clienti; è questa, in parole povere, l’idea base del marketing, la sua filosofia. È un concetto molto semplice e largamente ispirato al comune buon senso, tanto che, forse proprio per questo motivo, spesso non è tenuto nella giusta considerazione o addirittura male interpretato o dimenticato. Il marketing spinge quindi l’impresa a focalizzarsi prima di tutto sul soddisfacimento di ampie classi di bisogni della clientela (orientamento al cliente), piuttosto che sullo sviluppo dei prodotti attuali (orientamento al prodotto) o sui metodi per indurre la clientela ad acquistare i prodotti offerti in quel momento (orientamento alle vendite). Un efficace processo di marketing consiste prima di tutto nell’individuazione dei bisogni del cliente e solo successivamente nella ricerca dei prodotti o dei servizi più idonei ad appagare tali bisogni. In questo modo i responsabili del marketing potranno soddisfare al meglio il cliente nel presente e anticiparne l’evoluzione dei bisogni nel futuro. Le aziende dovrebbero pertanto focalizzare la propria attenzione sull’instaurazione di relazioni durevoli con la clientela, secondo un processo in cui la vendita iniziale è da considerarsi solo come un primo passo e non come il risultato finale del rapporto commerciale.

Capitolo

Marketing management Gruppo di attività programmate, organizzate, controllate, che partendo dallo studio del consumatore e, in generale della domanda e della concorrenza, ed attuandosi in forma integrata, sono volte al conseguimento degli obiettivi aziendali di mediolungo termine attraverso la “soddisfazione del cliente”. Marketing concept L’idea che è alla base del marketing, la sua filosofia: essenzialmente favorire il raggiungimento degli obiettivi aziendali attraverso il corretto soddisfacimento dei bisogni dei clienti.

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2 Capitolo 1

Operando secondo questo principio, il cliente sarà più soddisfatto e l’azienda, nel tempo, potrà conseguire maggiori profitti. Ovviamente non tutte le imprese interpretano il marketing in questo modo: molte continuano a concentrarsi soprattutto sulla produzione o sulla vendita. Tuttavia un’efficace attività di marketing, com’è intesa in questo testo, prevede che nel compiere le scelte di mercato i bisogni del consumatore vengano tenuti nella massima considerazione. Una delle possibili restrizioni a questo principio riguarda i conflitti che possono insorgere fra i desideri del consumatore e i bisogni della collettività. Se, per esempio, la collettività reputa che la tutela dell’ambiente sia una condizione necessaria alla sua sopravvivenza, questo bisogno potrà avere la precedenza sulla richiesta, da parte del consumatore, di beni o servizi il cui utilizzo produce effetti dannosi.

1.2 Che cos’è il marketing?

Marca o brand Nome o simbolo che distingue un bene o un servizio prodotto da un’impresa rispetto a quelli prodotti da altre. La marca raccoglie e sintetizza l’evoluzione qualitativa della prestazione, i miglioramenti realizzati e, soprattutto, l’esperienza del consumatore. È la memoria del prodotto e, in quanto tale, rappresenta un impegno di qualità e una responsabilità.

Chiunque stia leggendo questo libro è anche un cliente da gran parte della sua vita. Magari ieri sera vi siete fermati davanti alle vetrine di un negozio di abbigliamento, oppure in un bar, a comprare un sacchetto di patatine. Siete tornati a casa, vi siete seduti a mangiare le vostre patatine, avete risposto al cellulare e qualcuno ha cercato di convincervi che avete bisogno di cambiare l’operatore telefonico. Più tardi, in televisione, avete visto spot pubblicitari su una marca di scarpe, oppure sui pericoli del fumo e dell’alcol durante la gravidanza. Oggi iniziate il corso di marketing e scoprite che il docente ha deciso di farvi acquistare questo libro. Tutte queste azioni hanno a che fare con il marketing. E ciascuno di noi sa qualcosa di marketing giacché fa parte della nostra vita da quando abbiamo avuto la cognizione di che cosa è un prodotto, o ci è stato possibile acquistarlo con i nostri primi risparmi. Dato che tutti abbiamo a che fare con il marketing, può sembrare strano che uno degli “intramontabili” problemi concettuali a esso legati sia costituito dalla sua stessa definizione.1 L’American Marketing Association ha definito il marketing come “il processo di pianificazione ed esecuzione delle attività d’ideazione, determinazione del prezzo, promozione e distribuzione di idee, beni e servizi, al fine di creare uno scambio che soddisfi, nel contempo, gli obiettivi degli individui e delle organizzazioni.”2 Tale definizione prende in considerazione tutti i soggetti che intervengono nel processo di marketing: i membri delle organizzazioni produttive, i rivenditori di beni e servizi e i consumatori/clienti finali. Così come enunciata, essa si riferisce essenzialmente agli scambi realizzati in ambito commerciale, ma bisogna dire che, grazie alla sua ampiezza, può anche essere applicata a transazioni effettuate senza fine di lucro. Perciò è bene insistere nel dire che il concetto di marketing, i suoi principi e le sue tecniche, possono essere proficuamente utilizzati in diverse aree di scambio. Questo è un punto importante: presenteremo più avanti alcune considerazioni sul marketing praticato al di fuori dell’ambito strettamente commerciale.

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Vedi: Angelmar R. e Pinson C., “The Meaning of Marketing”, Philosophy Science, giugno 1975, pp. 208-214. 2 Bennet P.G., Dictionary of Marketing terms, II ed., American Marketing Association, Chicago, 1995, p. 77.

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1.3 La funzione del marketing management nelle aziende Per comprendere bene la posizione e il ruolo della funzione marketing può essere utile riprendere brevemente il concetto di azienda utilizzando un semplice schema che ne riassume i principali flussi (Figura 1.1). Una qualsiasi azienda (sia essa profit o non profit) può essere descritta in modo molto sintetico come un contenitore all’interno del quale avvengono processi produttivi (nella Figura 1.1 simboleggiati da una spirale), finalizzati alla creazione di un bene (tangibile) e/o di un servizio (intangibile) dedicato a un cliente, rappresentato da un individuo o da una famiglia (in questo caso si parla di business to consumer: B2C), oppure un’azienda (nel caso del business to business: B2B) presenti nel mercato. È bene sottolineare che la distinzione tra attività B2C e B2B non è sempre così ovvia come potrebbe sembrare. Talvolta è facile cadere in equivoco, come nel caso delle televisioni commerciali (che, essendo finanziate al 100% dalla pubblicità, appartengono senza dubbio alla categoria B2B), o della maggior parte dei servizi internet (per esempio, Google o Facebook). Esistono poi modelli di business ibridi, come la RAI (che solo in parte può essere considerata B2B), o i quotidiani, il cui fatturato è solo in piccola parte determinato dal prezzo di vendita e in gran parte dalla raccolta pubblicitaria. Per poter mettere in atto il processo produttivo, l’azienda attinge dal mercato una serie di risorse (rappresentate dai flussi a sinistra nello schema della Figura 1.1). In estrema sintesi ciò che occorre sono: • • • •

persone; capitali; materie prime; impianti.

A ognuna di esse fa capo una specifica funzione aziendale, nell’ordine: risorse umane, finanza, acquisti e produzione. La funzione che si colloca a destra, tra azienda e mercato di sbocco, è il marketing, anche se queste parola, di evidente origine anglosassone, non è quella tradizionalmente usata per indicare tale ambito di attività. Il termine classico delle aziende italiane era “commerciale” che poi è sinonimo di “vendite”. L’adozione della parola “marketing”, che si è imposta negli ultimi decenni in quasi tutti i settori industriali, non ha certamente eliminato la funzione commerciale, ma a essa si è affiancata, assumendo nel tempo crescente rilevanza strategica.

Strategia di marketing

Figura 1.1 Il processo di marketing.

Ambiente/Mercato

Informazioni esterne

Strategia aziendale

Servizio Attività di scambio di natura essenzial-mente intangibile, realizzabile anche con l’uso di beni materiali. Si può considerare come un insieme di benefici e soluzioni a un bisogno ma anche un’attività di interazione e scambio tra erogatore e cliente di natura economica, informativa, emotiva e operativa. Pubblicità (advertising) Forma di comunicazione non personale, a pagamento, di massa, relativa a un’azienda, un prodotto, un servizio o un’idea.

Offerta marketing mix

Risultati

Informazioni interne

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4 Capitolo 1

Prodotto Tutto ciò che può essere offerto a un mercato per l’acquisizione, l’uso e il consumo e che è in grado si soddisfare un desiderio o un bisogno. Nell’ottica del marketing concept si può definire come “la somma della soddisfazione fisica, psicologica e sociale che l’acquirente ricava dall’acquisto, dal possesso e dal consumo”. È una delle variabili del marketing mix. Innovazione Processo che consiste nell’introdurre in un mercato un prodotto o un’idea nuova o vissuta come tale; l’innovazione non è un semplice problema tecnologico; le condizioni psicologiche e culturali sono determinanti per il suo successo. Influenza Fenomeno che può modificare l’opinione, la percezione, il giudizio o le attitudini di un individuo o di un gruppo di individui. Me-too products Prodotti del tutto imitativi di prodotti già esistenti sul mercato.

Al di là della terminologia, qual è la reale differenza tra commerciale/vendite e marketing? Perché a un certo punto si è sentita la necessità di utilizzare una parola nuova (per giunta anglosassone) per indicare una funzione che, comunque, era sempre esistita? Per dare una risposta chiara a queste domande è necessario ampliare il discorso parlando di ciclo di vita del settore. Qualunque settore industriale, nel corso del suo sviluppo, determina situazioni competitive che vanno via via mutando e che condizionano fortemente le aziende che in esso operano. Nel momento di avvio di un nuovo mercato le (poche) aziende produttive presenti vivono ovviamente in una situazione di ridotta concorrenza. Anzi, in molti casi, si può parlare di oligopolio, o addirittura di vero e proprio monopolio. Un monopolio che può essere creato artificialmente con barriere di tipo doganale, come quelle di cui si è avvantaggiata l’industria dell’auto in Italia negli anni Sessanta e Settanta, o con una legge che per un periodo più o meno lungo impedisce ad altri di svolgere un determinato servizio: basti pensare al trasporto aereo (Alitalia) e ferroviario (Trenitalia) o alle telecomunicazioni (Tim) prima della deregolamentazione. L’assenza di concorrenza può dipendere anche dal possesso di brevetti e da una indiscussa superiorità tecnologica (basti pensare alle aziende farmaceutiche, alla IBM degli anni Ottanta o a Google negli anni 2000), oppure da un mercato che si è irrigidito attorno a uno standard che esclude, di fatto, i concorrenti (vedi il caso Microsoft-Windows). In pratica, qualunque settore, dall’informatica agli elettrodomestici, dall’editoria allo spettacolo, ha vissuto una qualche fase iniziale di assenza di concorrenza, talvolta accompagnata da una domanda di mercato superiore all’offerta. Quando un settore vive quel tipo di situazione, la funzione aziendale che assume il ruolo strategico, anche in termini di cultura dominante, è senza dubbio la produzione. Del resto, se tutti chiedono un certo prodotto e pochi (o solo uno) lo vendono, la criticità sta nel riuscire a produrre il più possibile, aumentando al massimo la produttività dei propri impianti. Quando la concorrenza è ridotta, le decisioni prioritarie riguardano gli stabilimenti, le linee di produzione, la tecnologia: prova ne è che i posti chiave dell’organizzazione sono spesso assegnati a ingegneri. La regola di fondo, più o meno esplicitata, è quella di “vendere ciò che si produce”, senza dare troppa attenzione al cliente e alle sue esigenze. Si dice che Henry Ford, all’inizio del secolo scorso, parlando del suo celebre Modello T dicesse: “Chiedeteci qualunque colore, basta che sia nero”. Tale atteggiamento, che potrebbe apparire un po’ arrogante, in alcuni settori industriali, tipicamente quelli a forte contenuto tecnologico e di innovazione, è anche giustificato dalla scarsa competenza sul prodotto che caratterizza gran parte della clientela (almeno se confrontata con le conoscenze maturate da chi produce); c’è una celebre frase di Akio Morita (fondatore della Sony) che sintetizza bene questa asimmetria: “I consumatori non sanno che cosa è possibile, ma noi sì”. È chiaro che in un contesto di questo tipo, il manager che all’interno dell’organizzazione si occupa del raccordo tra offerta e domanda ha una ridotta influenza sulle strategie aziendali. In fondo, in un mercato caratterizzato da poca concorrenza, non è poi così importante scoprire le esigenze più nascoste dei potenziali consumatori; individuare il posizionamento competitivo più efficace da assumere; ideare il messaggio più adatto a valorizzare l’offerta; calibrare il prezzo, ampliare l’assortimento con varianti del prodotto adatte ai diversi target ecc. Insomma: tutte quelle tipiche decisioni e attività su cui si fonda il marketing management possono essere considerate superflue. L’unica attività “di mercato” che conta davvero è la vendita, che viene adeguatamente gestita dalla direzione commerciale. Le cose cambiano notevolmente quando nel settore entrano nuove aziende, con prodotti simili (follower) se non addirittura identici (i cosiddetti me too). Chi è abituato a operare in un mercato protetto cercherà di ritardare il più possibile l’arrivo della concorrenza, facendo leva sulla normativa o cercando di costruire ogni tipo di barriera, ma il più delle volte si andrà comunque verso una maggiore apertura (anche per effetto del progresso tecnologico e della globalizzazione); oltretutto, la competizione si svilupperà in modo tanto più rapido

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quanto più in passato le aziende avranno gestito il loro business seguendo un orientamento caratterizzate da scarsa attenzione alla clientela. Saranno infatti proprio i consumatori/cittadini insoddisfatti a creare il terreno fertile per l’ingresso dei “newcomers” e per la modifica delle leggi che inizialmente hanno impedito un reale confronto competitivo. Evidentemente, quando aumenta la concorrenza le criticità connesse alla gestione del rapporto tra azienda e clientela aumentano. Da un certo punto in poi non è più così difficile “produrre” (anzi, si può anche decidere di cedere a terzi questa funzione) ma occorre “vendere”, e per vendere occorre convincere il cliente che, avendo maggiore scelta, sarà sempre più esigente e difficile da soddisfare. Se prima il leit motiv era “occorre vendere ciò che si produce” con la concorrenza diventa “occorre produrre ciò che si può vendere”. Quindi, per realizzare prodotti e servizi di successo, è necessario prima studiare bene la clientela e la concorrenza, capire di cosa veramente il mercato abbia bisogno, quanto i consumatori sono disposti a pagare, quali fattori si considerano per decidere la marca da acquistare: in fin dei conti il confronto non si basa più solo su quanti e quali prodotti si riesce a realizzare ma anche – e soprattutto – su quanti clienti si riesce a “conquistare”. E per convincere il cliente occorre dargli proprio ciò che desidera e di cui ha bisogno, evitando quindi che attività di vendita troppo aggressive possano indurlo a comprare prodotti o servizi che alla lunga non lo soddisfano. Va inoltre considerato che la società evolve e cambia di continuo e i consumatori con essa. Quindi anche a prescindere dall’ingresso o meno di concorrenti, dopo un certo tempo sarà inevitabile dover affrontare il problema della soddisfazione del consumatore e conseguentemente sarà necessario attuare una strategia basata sul marketing più che sulle sole vendite. È evidente pertanto che a un certo punto l’azienda, spostando il suo baricentro sulla parte destra dello schema (vedi Figura 1.1), deve acquisire nuove competenze, che vanno ben al di là della (semplice) vendita. Sarà in definitiva proprio il marketing (di cui a questo punto le vendite saranno un “di cui”) a dare le indicazioni su “cosa” produrre e “per chi”, svolgendo una serie di attività che nei capitoli successivi vengono illustrate.

1.4 Il processo di marketing management Utilizzando le parole di Giorgio Eminente e Sergio Cherubini, il marketing management può essere quindi definito come “un gruppo di attività programmate, organizzate, controllate, che partono dallo studio del consumatore e, in generale, della domanda e della concorrenza, e, attuandosi in forma integrata, sono volte al conseguimento degli obiettivi aziendali di medio-lungo termine attraverso la ‘soddisfazione’ del cliente”.3 Bisogna notare che questa definizione è perfettamente coerente con il concetto di marketing (o marketing concept) poiché considera, come elemento essenziale per la realizzazione degli obiettivi dell’organizzazione, il soddisfacimento dei bisogni del mercato selezionato. La rimanente parte di questa sezione sarà dedicata al processo di marketing management come rappresentato dal modello della Figura 1.2. In estrema sintesi è possibile suddividere il processo di marketing management in tre fasi successive: a. b. c. 3

fase analitica (riquadri bianchi); fase strategica (riquadri in colore tenue); fase operativa (riquadri in colore più intenso).

Cherubini S., Eminente G., Marketing in Italia, Franco Angeli, Milano, 2005.

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6 Capitolo 1

Figura 1.2 Il processo di marketing management. Informazioni esterne

Strategia aziendale

Strategia di marketing

Offerta marketing mix

Risultati

Informazioni interne

Ognuna di queste tre fasi verrà meglio esplorata nei capitoli successivi. In questa sede verranno date solo alcune definizioni e qualche indicazione sui rapporti tra gli elementi fondamentali del processo. a.

La fase analitica del marketing management. Qualunque decisione di marketing dovrà essere basata su molteplici informazioni raccolte sia sul mercato sia all’interno dell’azienda. Si possono individuare diversi livelli di analisi; la prima, quella più generale, riguarda l’ambiente esterno nel quale l’azienda opera. L’analisi dell’ambiente può essere suddivisa idealmente in cinque aree di interesse, qui di seguito brevemente descritte. 1. L’ambiente economico. Lo stato in cui versa il contesto macroeconomico e i suoi cambiamenti possono essere fonti d’opportunità e di vincoli per il marketing di un’organizzazione. Per esempio, fattori come un ridotto livello di reddito o un alto tasso di disoccupazione possono restringere la fascia di popolazione che può permettersi l’acquisto di prodotti di alta qualità. Nel contempo, questi stessi fattori possono rappresentare una proficua opportunità, per esempio per creare un servizio di noleggio di tali prodotti o per svilupparne versioni più economiche. 2. L’ambiente sociale. Si riferisce, in generale, alle tradizioni sociali e culturali, alle norme di comportamento e agli atteggiamenti di una comunità. Benché il cambiamento di tali valori avvenga generalmente in maniera piuttosto lenta, l’ambiente sociale, comunque, si rivela spesso la fonte per l’emergere di nuovi bisogni di beni e di servizi. Per esempio, il crescente fenomeno delle migrazioni può rappresentare un’opportunità per la commercializzazione di prodotti etnici, o l’invecchiamento della popolazione può far crescere la domanda di servizi di assistenza. D’altro canto, valori sociali e culturali possono causare anche vincoli all’attività di marketing delle imprese. Di norma, le attività aziendali in contrasto con i valori sociali dominanti in una collettività finiscono per diventare questioni politiche, che spesso sono risolte con l’imposizione di limiti giuridici. Per esempio, a causa della forte richiesta sociale di un ambiente più pulito emersa in

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tempi recenti, le imprese sono state costrette al rispetto di determinati standard in materia di consumi ed emissioni nocive. Lo stesso è accaduto nel settore alimentare per la crescente attenzione delle famiglie alla qualità del cibo e degli ingredienti. L’ambiente politico. La politica concentra in senso lato le opinioni e le iniziative del grande pubblico, il giudizio critico della società civile, delle aziende e di altre organizzazioni, come le associazioni dei consumatori. Il malcontento di tali soggetti può avere effetti negativi sull’immagine dell’azienda o sulla fedeltà della clientela. Tuttavia l’adattamento dell’intera attività e, in particolare, del marketing a tali opinioni può anche essere visto come una fonte di opportunità. Per esempio, sono proprio questi atteggiamenti che hanno creato, oggi, la richiesta di alcuni specifici prodotti come giocattoli più resistenti, condizionatori d’aria ad alta efficienza e automobili a basso consumo energetico. L’ambiente giuridico. È costituito dall’insieme delle leggi comunitarie e nazionali volte alla tutela della libera concorrenza e dei diritti del consumatore. In passato, la legislazione rispecchiava il comune sentire sociale e politico ed era volta principalmente a regolamentare l’operato delle imprese. In generale, queste leggi limitano la possibilità d’azione delle aziende, ma possono anche creare opportunità per la commercializzazione di prodotti migliori. Le norme varate negli ultimi anni hanno posto l’accento sulla regolamentazione diretta delle attività delle imprese. Per esempio, si è diffusa negli ultimi anni una filosofia di deregolamentazione (deregulation); ne è un esempio quanto è accaduto in Italia nei settori del trasporto aereo, dei servizi finanziari e delle telecomunicazioni. L’ambiente tecnologico. Anche il progressivo mutare della tecnologia crea spesso minacce od opportunità di rilievo. Nell’industria delle comunicazioni, per esempio, la tecnologia si è sviluppata al punto da permettere la fornitura di servizi televisivi via Internet. Tale sistema costituisce una seria minaccia per le aziende che distribuiscono il segnale attraverso il digitale terrestre o via satellite. Anche la possibilità di collegarsi facilmente a Internet in ogni luogo (e in particolare la diffusione delle Wi-Fi) ha spinto molti utenti a utilizzare WhatsApp per telefonare, a prezzi molto minori rispetto alle consuete tariffe telefoniche. Più di recente gli smartphone e le app che consentono la geolocalizzazione hanno permesso lo sviluppo del carsharing come alternativa all’uso della propria auto.

Un secondo livello di analisi riguarda lo specifico business nel quale l’azienda compete. Questo è rappresentato sostanzialmente da due componenti: la domanda (ossia i clienti attuali e potenziali) e l’offerta (ossia i concorrenti). Di questo si parlerà diffusamente in seguito (in particolare nei Capitoli 3 e 4). Il terzo livello è quello che riguarda il singolo consumatore/cliente e il suo specifico comportamento d’acquisto (Capitolo 2) che può variare a seconda del segmento di domanda (Capitolo 3) del quale fa parte. Della fase analitica fa anche parte il sistema informativo. Infatti, nel corso dell’intera attività di gestione del marketing, per poter prendere decisioni efficaci, è necessario potersi avvalere di informazioni aggiornate, valide e affidabili. Per far questo è necessario disporre di un sistema informativo di marketing e possibilmente di sistemi di supporto alle decisioni (MDSS, Marketing Decision Support System) ed effettuare attività di ricerca di marketing (Capitolo 5). Le informazioni dovranno riguardare sia l’esterno sia l’interno dell’azienda. Le informazioni interne saranno prevalentemente generate da un costante controllo dei risultati che l’attività di marketing avrà prodotto (per esempio: vendite, fatturato, margini, quota di mercato, immagine, brand awareness, customer loyalty ecc.).

Quota di mercato “A volume” corrisponde al rapporto tra la quantità di un determinato prodotto venduta dall’impresa e la quantità totale di prodotti della stessa tipologia venduti sul mercato; “a valore” corrisponde al rapporto tra i ricavi delle vendite realizzati dall’impresa con il prodotto specifico e i ricavi dell’intero mercato per i prodotti della stessa tipologia.

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8 Capitolo 1

Strategia di marketing Articolazione della strategia generale in relazione alle singole aree strategiche in cui opera l’impresa tramite il targeting, il posizionamento e la definizione degli obiettivi di mercato da raggiungere. Strategia Insieme di decisioni atte a consentire all’impresa di evolvere da una situazione data a una diversa situazione di equilibrio rispetto all’ambiente futuro. Posizionamento Processo di definizione dell’offerta di un’impresa con l’obiettivo di posizionare nella mente dei consumatori i propri prodotti in maniera distinta rispetto alla concorrenza. Distribuzione Insieme delle operazioni e dei processi che prendono l’avvio dopo la produzione e si concludono quando beni e servizi, eventualmente intermediati da altre aziende, giungono a disposizione del consumatore finale.

b.

La fase strategica. È il momento in cui il marketing, avendo studiato il mercato di riferimento ed essendo consapevole dei risultati raggiunti, anche sulla base di una swot analysis decide il “cosa” fare. Come si vedrà in seguito (Capitoli 6 e 7), per strategia di marketing si intendono in estrema sintesi tre decisioni (in parte condizionate dalla più ampia strategia aziendale): 1. obiettivi (che potrebbero essere indicati, per esempio, in termini di quota di mercato da raggiungere o fatturato); 2. target (ossia quale o quali segmenti di domanda considerare come proprio obiettivo); 3. posizionamento (ossia come proporsi sul mercato e come differenziarsi dai concorrenti nella percezione della clientela).

c.

La fase operativa. Una volta decisa la strategia, questa deve essere attuata usando le leve operative del marketing. Tipicamente si parla di marketing mix per intendere i quattro fattori d’offerta che l’azienda deve calibrare per raggiungere i suoi obiettivi: 1. il prodotto; 2. la comunicazione (che comprende anche l’attività di vendita); 3. il prezzo; 4. la distribuzione.

Un buon marketing sarà il risultato di una strategia vincente, in quanto basata su informazioni corrette e attuata mediante un marketing mix coerente.

Il marketing e le sue applicazioni Applicazione 1.1

Breve storia del marketing e tendenze evolutive

Il marketing non è invenzione moderna. Qualcuno fa coincidere le sue origini addirittura con la nascita del commercio: ai loro tempi gli antichi mercanti greci e fenici avevano già capito che vendere una volta non basta, bisogna guadagnarsi la fiducia dei clienti e costruire relazioni durevoli. Altri studiosi datano l’invenzione della disciplina al 1650, quando un certo signor Mitsui aprì un grande magazzino a Tokyo e insegnò alla sua famiglia che “non bisogna vendere cose, ma comprare clienti”; che i prodotti vanno sviluppati in base alle esigenze di chi li acquista; che è meglio offrire una clausola “soddisfatti o rimborsati”, e così via. Più o meno tutti concordano, comunque, che in Occidente il marketing non arrivò prima della fine dell’Ottocento, quando Cyrus H. McCormick (famoso inventore della mietitrice meccanica) utilizzò per primo le ricerche di mercato, ideò il concetto di posizionamento e il sistema di vendite a rate. Poi, nei primi del novecento, furono le grandi multinazionali del largo consumo – Procter & Gamble in primis – a tramutare la pratica del marketing in un modello manageriale. Grazie a loro, negli anni Venti e Trenta, strumenti come pubblicità, marchi, promozioni, concorsi a premio, packaging e credito al consumo si sono via via diffusi in molti altri settori economici, assecondando lo sforzo delle imprese ad

aumentare i margini e sfruttare la crescente produttività. Un episodio significativo risale al 1930, quando la General Electric, dovendo fissare il prezzo di una turbina, invece di procedere come di consueto calcolando e sommando le diverse componenti di costo, per la prima volta si interrogò sul prezzo massimo che il cliente sarebbe stato disposto a pagare. Da allora, a prescindere dal paese o dal settore industriale, non appena si è verificato un incremento della produzione – in concomitanza con un aumento della concorrenza – le aziende si sono dimostrate più che disponibili a riconoscere l’efficacia delle strategie e delle tecniche del marketing. In Italia, per esempio, l’introduzione è avvenuta dopo la Seconda Guerra Mondiale quando, finita l’autarchia, si cominciò a diffondere un certo benessere economico; c’erano più persone in grado di comprare qualcosa di utile, attraente o interessante, quindi diventava importante per le aziende capire come andare incontro alle loro esigenze e ai loro desideri. Va sottolineato, d’altra parte, che lo stesso consenso nei confronti del marketing non si è verificato sul fronte della pubblica opinione, la quale in questo ambito ha spesso dimostrato una certa diffidenza. Le prime serie critiche al marketing vennero lanciate già nel 1957 da Vance Packard nel libro I persuasori occulti, che lamen-

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tava l’uso disinvolto delle nuove conoscenze sulla psicologia per rendere più efficace la pubblicità. Le sue accuse ebbero un’amplissima eco in tutti i paesi e, in qualche modo, contribuirono alla nascita del movimento consumerista. Qualcosa è cambiato negli anni Ottanta, quando “tatcherismo” e “politica reaganiana” portarono la gente ad assumere un diverso atteggiamento nei confronti dell’industria e dei consumi. Si iniziò a percepire positivamente l’offerta delle aziende orientate al cliente. Il Walkman Sony, i Macintosh Apple, le Nike, i McDonald’s, le merendine Mulino Bianco o Ferrero venMarketing sociale Utilizzo nero visti più come “doni” dei tempi del marketing per il moderni che come minacce. L’attegraggiungimento di finalità giamento positivo durò anche per la sociali, spesso connesse alla modifica di un prima parte degli anni Novanta quancomportamento non do, attenuatisi i comportamenti di responsabile del target (per consumo edonistici ed eterodiretti, il esempio, il fumo o l’acolismo). Le campagne di marketing mantenne la sua posizione marketing sociale vengono cavalcando l’onda dei (buoni) sentigeneralmente promosse da menti. Si iniziò a parlare di marketing organizzazioni non profit e istituzioni, anche se negli sociale, di “marketing delle aziende ultimi tempi varie aziende non profit”, di “green-marketing”, di (per motivi di immagine o “marketing politico” e “religioso” senper attuare politiche di za che questo provocasse sconcerto o corporate social responsibility) hanno insofferenza nel pubblico. adottato approcci di La nuova inversione di tendenza, marketing sociale (per dovuta in buona misura al rallentaesempio, McDonald’s sull’educazione alimentare, mento dello sviluppo economico, si o Philip Morris sulla verificò a partire dal 1995, quando il prevenzione al fumo diffondersi degli hard discount semgiovanile).

brò indicare il desiderio di abbandonare i prodotti di marca: quelli su cui l’investimento di marketing era maggiore. Poi, dopo un breve periodo di formidabile euforia della new economy, la nuova vera crisi del marketing si riaffacciò con il nuovo secolo. Naomi Klein, la giornalista canadese considerata l’ideologa dell’antiglobalizzazione con il suo No Logo, lanciò pesanti accuse alle aziende come Adidas, Levi’s, Mattel o Disney colpevoli, tra l’altro, di aver fatto leva per il proprio sviluppo sulla forza dei marchi, caricandoli grazie a cospicui investimenti pubblicitari di valori emotivi e sociali che hanno, specie sui più giovani, molta – o troppa – presa. Le accuse non riguardavano solo le aziende che producono prodotti dannosi per i consumatori o per l’ambiente, ma anche quelle che avevano investito su una reputazione responsabile (Benetton, Body Shop ecc.): l’accusa fu quella di opportunismo ed etica di “facciata”. Poi ci fu l’accusa del sociologo George Ritzer – con libri come Il mondo alla McDonald’s e La religione dei consumi). L’ultimo attacco, e forse il più critico, è quello lanciato nel 2007 da Roberto Saviano con il suo bestseller Gomorra (e, nel 2008, con l’omonimo film di Matteo Garrone). Lì si critica aspramente tutto il mondo delle griffe – quello che sostiene il made in Italy e, più in generale, la reputazione del nostro Paese nel mondo - per essere in qualche modo invischiato con la malavita e con il mercato nero della contraffazione. Tutte queste accuse, e il movimento che le fa proprie, stanno spingendo le aziende a rivedere le proprie politiche di marketing, prima che avvengano significativi cambiamenti nei consumi. L’ottica verso la quale ci si indirizza è quella del marketing sostenibile, ossia tale da garantire la soddisfazione non solo del singolo consumatore ma di tutta la collettività e non solo nel breve periodo ma per sempre.

Il caso aziendale Philip Morris Per comprendere la teoria del marketing è necessario applicarla alla realtà delle imprese internazionali e nazionali: solo in questo modo è possibile misurare con mano sia quali siano i ritorni in termini di efficenza, efficacia e economie di scala per le imprese sia quanto

sia importante studiare soluzioni ad hoc per ogni singola azienda. Sul sito web dedicato al volume è disponibile il caso di studio dedicato agli argomenti del capitolo.

Marketing 7/ed - Paul Peter, James H. Donnelly, Jr., Carlo Alberto Pratesi - Copyright © 2020 – McGraw-Hill Education (Italy) Srl


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