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Origini, chimica e principi della vita
Origine della vita e suoi principi
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Parte 1 Introduzione alla vita animale
Solo nel 1860, però, Louis Pasteur riuscì a convincere la comunità scientifica che gli organismi viventi non potevano nascere spontaneamente dalla materia non vivente e lo fece attraverso un suo famoso esperimento. Pasteur inserì in una fiasca con un lungo collo a S, aperto all’aria, del materiale fermentabile per poi metterla a bollire per lungo tempo, in modo tale da uccidere tutti i microrganismi che potevano essere al suo interno. In seguito, la fiasca fu raffreddata e lasciata da parte. Non si ebbe fermentazione, perché tutti gli organismi che entravano si depositavano sul collo e non raggiungevano il materiale fermentabile contenuto nella fiasca. Quando il collo della fiasca fu asportato, i microorganismi presenti nell’aria entrarono immediatamente in contatto col materiale fermentabile e proliferarono. Pasteur concluse che la vita non poteva manifestarsi in assenza di organismi già esistenti e dei loro elementi riproduttivi, quali uova e spore. Annunciando i suoi risultati all’Accademia di Francia, Pasteur proclamò che “la dottrina della generazione spontanea non potrà mai nascere da queste esalazioni mortali” ed enunciò la teoria biogenetica, secondo la quale la vita si origina solo da esseri viventi. Ne consegue che tutti gli organismi viventi condividono un antenato comune, molto probabilmente una popolazione di microrganismi coloniali, vissuta circa 4 miliardi di anni fa. Quest’antenato comune è stato esso stesso il prodotto di un lungo periodo di assemblaggio prebiotico di materia non vivente, incluse molecole organiche e acqua, per formare unità autoduplicanti. Tutti gli organismi viventi conservano una composizione chimica fondamentale, ereditata dai propri antenati comuni. In tempi più recenti, con l’evoluzione del pensiero scientifico e del progresso tecnologico, sono state avanzate altre teorie. Francis Crick, assieme a Leslie Orgel, nel 1960 rivalutò la teoria della panspermia planetaria enunciata da Lord Kelvin (1824-1907), ipotizzando la panspermia orientata. Secondo gli scienziati, la Terra potrebbe essere stata colonizzata, in un passato remoto, da esseri intelligenti, molto evoluti, provenienti da altre galassie. Le basi di questa teoria si fondano, per esempio, sulla constatazione che il molibdeno, molto scarso sul nostro pianeta, sia d’altro canto essenziale per il funzionamento di numerosi enzimi. Nel 1987 si fece avanti la teoria neocreazionista del disegno intelligente, o creazionismo scientifico. Secondo questo pensiero sono necessarie cause intelligenti per spiegare le strutture complesse e ricche di informazioni della biologia e queste cause sono empiricamente scopribili. Certe caratteristiche biologiche sfidano il criterio darwiniano della spiegazione del “caso”; esse sembrano essere state “disegnate”, progettate. Poiché il disegno necessita logicamente di un disegnatore intelligente, la sua comparsa è citata come prova dell’esistenza di quest’ultimo. L’origine della vita sulla Terra è probabilmente il problema più discusso della biologia teorica e il dibattito che ne scaturisce potrebbe non raggiungere mai una conclusione definitiva. Le prove esistenti possono solo fornirci uno scenario recente e frammentario, che può indicare informazioni solo su come la vita si sia evoluta e quali siano i principi che la governano. La zoologia è la scienza che studia questi principi, permettendoci di analizzare e studiare la vita degli organismi animali. I principi della zoologia moderna hanno una lunga storia e diverse fonti d’ispirazione. Alcuni derivano dalle leg-
gi della fisica e della chimica, alle quali tutti i sistemi viventi obbediscono; altri derivano dal metodo scientifico, che ci dice che le nostre ipotesi sul mondo degli animali sono inutili, a meno che non ci portino a raccogliere dati sperimentali che rendano anche possibile confutarle se necessario. Molti principi importanti derivano da studi precedenti sul mondo vivente, del quale gli animali fanno parte. I principi dell’ereditarietà, della variabilità e dell’evoluzione organica guidano lo studio della vita dalle forme unicellulari più elementari fino agli animali più complessi, ai funghi e alle piante. Dato che gli esseri viventi condividono un’origine comune, i principi che apprendiamo dallo studio di un certo gruppo spesso sono generalizzabili anche ad altri gruppi. Tracciando all’indietro le origini dei nostri principi scientifici, ci si rende conto che gli zoologi non rappresentano un’entità isolata, ma che sono parte di una comunità scientifica molto più ampia. Secondo il modello del big bang, l’universo si originò da una palla di fuoco primordiale e si è andato espandendo e raffreddando sin dall’inizio, tra i 10 e i 20 miliardi di anni fa. Il Sole e i pianeti si formarono approssimativamente 4,6 miliardi di anni fa da una nube sferica di polvere e gas cosmici. La nube collassò, sotto l’influenza della sua stessa gravità, in un disco rotante. Man mano che il materiale, nella parte centrale del disco, si condensava per formare il Sole, l’energia gravitazionale è stata liberata sotto forma di radiazione. La pressione di questa radiazione, diretta verso l’esterno, impedì il completo collasso della nebulosa nel Sole. Il materiale rimasto cominciò a raffreddarsi e diede origine, infine, ai pianeti, inclusa la Terra (Figura 1.1). Nel 1920 il biochimico russo Alexander I. Oparin e il biologo britannico J. B. S. Haldane proposero, indipendentemente, che la vita ebbe a originarsi sulla Terra dopo un periodo incredibilmente lungo di “evoluzione molecolare abiotica”. Piuttosto che sostenere che i primi organismi viventi fossero comparsi tutti in una volta, un concetto, questo, che aveva a lungo scoraggiato la ricerca scientifica, Oparin e Haldane suggerirono che le più semplici unità viventi (per esempio i batteri) avessero avuto origine, gradualmente, attraverso un progressivo assemblaggio di molecole piccole, a formare molecole organiche più complesse. Sarebbero quindi state prodotte molecole capaci di autoduplicazione, che avrebbero infine portato alla formazione di microrganismi viventi.
Acqua e vita L’acqua è il composto più abbondante nelle cellule; essa infatti rappresenta dal 60% al 90% della maggior parte degli organismi viventi. Il mantenimento di un ambiente interno acquoso costante è il compito fisiologico più importante di tutti gli organismi, sia acquatici sia a vita subaerea. L’acqua ha diverse proprietà straordinarie che la rendono particolarmente adatta al suo ruolo essenziale nei sistemi viventi. Sappiamo ora che le notevoli proprietà dell’acqua si possono spiegare, in gran parte, sulla base dei legami idrogeno che si formano tra le sue molecole (Figura 1.2). Sebbene i legami idrogeno siano molto più deboli dei legami covalenti, in una molecola d’acqua essi richiedono notevole energia per la rottura.
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
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Sole Mercurio
Plutone
Terra Marte
Venere Giove
TROPPO CALDO
Figura 1.1
Nettuno
Sistema solare che mostra lo stretto intervallo di condizioni adatte per la vita.
Molecola d’acqua
H O
Legame idrogeno H
H O
H
H
H O H
H
O H
Figura 1.2
Geometria delle molecole d’acqua. Ciascuna molecola d’acqua è legata ad altre quattro molecole mediante legami idrogeno (linee tratteggiate). Se colleghiamo gli ossigeni esterni otteniamo un tetraedro.
L’acqua ha un’alta capacità di calore specifico: è necessaria 1 caloria1 per elevare di 1 °C la temperatura di 1 g d’acqua (per esempio da 15 °C a 16 °C). Ogni altro liquido, tranne l’ammoniaca, richiede meno calore per raggiungere lo stesso aumento di temperatura. Quando l’acqua si scalda, gran parte dell’energia termica serve per rompere alcuni legami idrogeno, lasciando meno calore per aumentare l’energia cinetica (movimento molecolare) e, quindi, la temperatura dell’acqua. L’alta capacità termica dell’acqua ha un grande effetto di regolazione sui cambiamenti di temperatura ambientale ed è un valido agente protettivo per la vita. 1
Urano
TROPPO FREDDO
H
O
Saturno
La caloria è definita come la quantità di calore richiesta per riscaldare 1 g di acqua da 14,5 °C a 15,5 °C. Anche se la caloria è la tradizionale unità di misura del calore, largamente utilizzata nelle pubblicazioni e nelle tabelle, non fa parte del Sistema di Unità Internazionale (il sistema SI) che invece usa il joule (J) come unità di energia (1 cal = 4,148 J).
L’acqua, inoltre, ha un alto calore di vaporizzazione. Sono necessarie più di 500 calorie per trasformare 1 g d’acqua liquida in vapore. Ciò è dovuto al fatto che i legami idrogeno, tra una molecola d’acqua e le sue vicine, devono rompersi prima che l’acqua possa lasciare la superficie ed entrare nell’aria. Per gli animali terrestri (e le piante), il raffreddamento, prodotto dall’evaporazione dell’acqua, è un mezzo importante per liberarsi dell’eccesso di calore. Altra importante proprietà dell’acqua, dal punto di vista biologico, è la sua singolare variazione di densità durante i cambiamenti di temperatura. La maggior parte dei liquidi diventa più densa con l’abbassamento della temperatura. L’acqua, invece, raggiunge la sua massima densità a 4 °C, mentre è ancora liquida, e poi diventa meno densa con l’ulteriore raffreddamento (Figura 1.3). Di conseguenza, il ghiaccio galleggia e non si forma sul fondo dei laghi o degli stagni. Se non avessero questa proprietà, le masse d’acqua solidificherebbero sul fondo in inverno e, tranne che nei climi caldi, non si scioglierebbero del tutto in estate. In queste condizioni, la vita acquatica sarebbe gravemente limitata. Nel ghiaccio, tutte le molecole formano legami idrogeno tra di loro. Le molecole formano un’estesa rete cristallina aperta, tenuta insieme da legami idrogeno. Le molecole, in questa forma simile a un reticolo, sono più distanziate e, quindi, meno dense che a 4 °C, quando alcune molecole non hanno formato legami idrogeno. L’acqua ha un’alta tensione superficiale, più alta di qualsiasi altro liquido, tranne il mercurio. Questa proprietà è un aspetto della grande coesione delle molecole d’acqua: la loro tendenza a tenersi insieme con legami idrogeno. La coesione è importante per mantenere la forma e il movimento protoplasmatico e l’alta tensione superficiale crea una nicchia ecologica singolare per alcune forme di insetti, come coleotteri acquatici, corridori e vorticatori, che scivolano sulla superficie degli stagni (Figura 1.4). Malgrado la sua alta tensione superficiale, l’acqua ha bassa viscosità, proprietà che favorisce il movimento del sangue attraverso i sottili capillari e del citoplasma all’interno dei confini cellulari.
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Parte 1 Introduzione alla vita animale
nessun carattere dipolare, sono meno capaci di allinearsi effettivamente attorno a tali ioni e, quindi, hanno minore capacità di sciogliere il sale. Poiché l’acqua è essenziale per il mantenimento della vita, la ricerca di quest’ultima in ambiente extraterrestre richiede, come prima cosa, il cercare l’acqua. I piani per una colonizzazione della luna dipendono dal ritrovamento dell’acqua. La NASA ha comunicato nel 2010 che la sonda indiana Chandrayaan-1 ha scoperto l'acqua sulla Luna. Questa scoperta potrebbe rendere possibile l'insediamento sul satellite di missioni scientifiche.
Strutture molecolari organiche dei sistemi viventi
Molecole d’acqua
Legami idrogeno
Figura 1.3
Quando l’acqua a 0 °C solidifica, le quattro cariche parziali di ciascun atomo nella molecola interagiscono con le le cariche opposte di un’altra molecola d’acqua. I legami idrogeno tra le molecole formano una struttura di tipo cristallino e le molecole risultano più lontane (e quindi meno dense) che a 4 °C, perché a questa temperatura alcune non hanno ancora formato legami idrogeno.
Infine, l’acqua è un eccellente solvente per gli ioni dei sali, che sono molto importanti nei processi vitali. I sali si sciolgono nell’acqua in misura di gran lunga maggiore che in qualunque altro solvente. Ciò dipende dalla natura dipolare dell’acqua, che causa il suo orientamento intorno a particelle cariche, disciolte in essa. Quando, per esempio, NaCl si scioglie in acqua, gli ioni Na+ e Cl– presenti nel sale solido si separano rapidamente in ioni indipendenti. Le zone negative dei dipoli dell’acqua si allineano intorno agli ioni Na+, mentre le zone positive si dispongono intorno agli ioni Cl– . Questo fatto tiene gli ioni separati, determinando un alto grado di dissociazione. Altri solventi, che hanno meno o
Figura 1.4
A causa dei legami idrogeno tra le molecole d’acqua, sull’interfaccia acqua-aria esse si compattano l’una con l’altra, creando una tensione superficiale. Così alcuni insetti, come questo Gerridae, possono letteralmente camminare sull’acqua.
L’evoluzione chimica dell’ambiente prebiotico ha prodotto semplici composti organici, che, infine, hanno formato le cellule viventi. Il termine composti organici si riferisce in senso lato ai composti che contengono carbonio. Molti contengono anche idrogeno, ossigeno, azoto, zolfo, fosforo, sale e altri elementi. Il carbonio ha una grande capacità di legarsi con altri atomi di carbonio in catene di lunghezze e configurazioni varie. Sono stati identificati più di un milione di composti organici e molti se ne aggiungono continuamente. Le combinazioni C—C introducono la possibilità dell’enorme complessità e varietà nella struttura molecolare.
Carboidrati: le sostanze organiche più abbondanti in natura I carboidrati sono composti di carbonio, idrogeno e ossigeno. Nel protoplasma, i carboidrati svolgono principalmente la funzione di elementi strutturali e sono fonti di energia chimica. Il glucosio è il più importante carboidrato capace di immagazzinare energia. Esempi familiari di carboidrati sono gli zuccheri, gli amidi e la cellulosa (la struttura legnosa delle piante). Vi è più cellulosa sulla Terra di tutti gli altri materiali organici messi insieme. I carboidrati sono prodotti sinteticamente dalle piante a partire da acqua e anidride carbonica, con l’aiuto dell’energia solare. Questo processo, detto fotosintesi, è una reazione dalla quale dipende tutta la vita, giacché è il punto di partenza nella formazione del cibo. Il ruolo più importante dei carboidrati, nel protoplasma, è quello di servire come sorgente di energia chimica. Il glucosio è il più importante di questi carboidrati energetici. Alcuni carboidrati diventano componenti essenziali della struttura protoplasmatica, come i pentosi, che formano gruppi costitutivi degli acidi nucleici e dei nucleotidi.
Lipidi: riserva di combustibile e materiale strutturale I lipidi sono i grassi e le sostanze simili ai grassi. Essi sono formati da molecole a bassa polarità e, di conseguenza, sono
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
insolubili in acqua, ma solubili in solventi organici come acetone ed etere. I tre principali gruppi di lipidi sono: grassi neutri, fosfolipidi e steroidi.
CH3 + H 3C— N—CH 3
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Colina
CH2
Grassi neutri I grassi neutri, o “veri”, sono i maggiori combustibili degli animali. Il grasso immagazzinato può derivare direttamente dalla dieta o, indirettamente, da carboidrati che sono convertiti in grasso, per deposito. I grassi sono ossidati e liberati nel circolo sanguigno quando si rendono necessari per soddisfare le necessità dei tessuti, specialmente i muscoli in attività. I grassi neutri includono i trigliceridi, molecole costituite da glicerolo e 3 molecole di acidi grassi. Gli acidi grassi, nei trigliceridi, sono semplicemente acidi monocarbossilici a lunga catena; essi variano per misura, ma comunemente contengono da 14 a 24 atomi di carbonio. La formazione di un grasso tipico, dall’unione di glicerolo e acido stearico, è mostrata nella Figura 1.5. In questa reazione si può vedere che le 3 molecole di acido grasso si sono unite con i gruppi OH del glicerolo per formare stearina (un grasso neutro), con la liberazione di 3 molecole d’acqua. La maggior parte dei trigliceridi contiene due o tre diversi acidi grassi legati al glicerolo, e ha nomi complessi, come miristil stearil glicerolo (vedi la Figura 1.5). Gli acidi grassi in questo trigliceride sono saturi: ogni atomo di carbonio della catena porta 2 atomi di idrogeno. Gli acidi grassi insaturi, tipici degli oli vegetali, hanno 2 o più atomi di carbonio uniti da doppi legami; cioè, gli atomi di carbonio non sono “saturati” con atomi di idrogeno e sono capaci di formare legami aggiuntivi con altri atomi.
Fosfolipidi Contrariamente ai grassi, che sono combustibili e non svolgono ruoli strutturali nella cellula, i fosfolipidi sono componenti importanti dell’organizzazione molecolare dei tessuti, specialmente delle membrane. Essi somigliano ai trigliceridi nella struttura, però 1 dei 3 acidi grassi è sostituito da acido fosforico e da una base organica. Un esempio è la lecitina, un importante fosfolipide della membrana del nervo (Figura 1.6). Poiché il gruppo fosfato nei fosfolipidi è carico, polare e, quindi, solubile in acqua, mentre il resto
Terminazione solubile in acqua
CH2
H
O
O— P—O—CH 2—C—CH 2— O – O
O O
O
H2C
C
CH2 CH2
H2C
H2C
CH2 CH2
H2C
H2C
CH2 CH2
H2C
H2C Gruppo palmitico
C
H C
CH2
Gruppo oleico
C
H2C CH2 H2C
H CH2
H2C CH2
H2C CH2
H2C H2C
Terminazione CH2 solubile CH2 H C nei grassi 2 CH3 H2C CH3
Figura 1.6 Lecitina (fosfatidil-colina), un importante fosfolipide delle membrane dei nervi.
della molecola non è polare, i fosfolipidi possono fare da ponte tra due ambienti legando molecole solubili in acqua, come le proteine, con altri materiali non solubili in acqua.
Steroidi Acido stearico (3 mol) C 17H 35CO OH
Glicerolo (1 mol) H O—CH 2
Stearina (1 mol) C 17H 35COO—CH 2
C 17H 35CO OH + H O—CH
C 17H 35COO—CH + 3H 2 O
C 17H 35CO OH
C 17H 35COO—CH 2
H O—CH 2
A
CH 2 —O—C—(CH 2 ) 12—CH 3
H 3 C—(CH 2 ) 14—C—O— C—H
Figura 1.5
Aminoacidi e proteine
O O
B
Gli steroidi sono alcoli complessi, diversi strutturalmente dai grassi, ma con proprietà simili. Gli steroidi sono un grande gruppo di molecole biologicamente importanti, che comprendono colesterolo (Figura 1.7), vitamina D, molti ormoni della corteccia surrenale e gli ormoni sessuali.
O
CH 2 —O—C—(CH 2 ) 16—CH 3
Grassi neutri. A, formazione di un grasso neutro da 3 molecole di acido stearico (un acido grasso) e dal glicerolo; B, un grasso neutro con tre diversi acidi grassi.
Le proteine sono grosse e complesse molecole composte dai 20 aminoacidi comunemente ricorrenti (Figura 1.8). Gli aminoacidi si legano insieme mediante legami peptidici per formare lunghi polimeri lineari. I 20 diversi tipi di aminoacidi possono disporsi in un’enorme varietà di sequenze di unità aminoacidiche, fino a diverse centinaia; non è quindi difficile rendersi conto, in pratica, delle innumerevoli varietà di proteine possibili negli organismi viventi. Una proteina non è un semplice, lungo
Parte 1 Introduzione alla vita animale
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H3C
CH2
CH2
CH2
CH H3C
CH3
Struttura primaria
CH CH3
CH3
HO Colesterolo
Figura 1.7
Colesterolo, uno steroide. Tutti gli steroidi hanno un telaio di base a quattro anelli (tre a 6 atomi di carbonio e uno a 5), con attaccati vari gruppi laterali.
Foglio pieghettato
Alfaelica
filo di aminoacidi; essa è una molecola altamente organizzata. Per convenzione, i biochimici hanno definito quattro livelli di organizzazione della proteina, chiamati primario, secondario, terziario e quaternario. La struttura primaria di una proteina è determinata dal tipo e dalla sequenza degli aminoacidi che costituiscono la catena polipeptidica. Poiché i legami tra gli aminoacidi, nella catena, sono caratterizzati da un numero limitato di angoli stabili, la catena assume alcune disposizioni strutturali ricorrenti. Questi angoli di legame danno luogo alla struttura secondaria, come l’alfa-elica, che compie giri elicoidali in una direzione, in senso orario, come in una vite (Figura 1.9). Le spirali delle catene sono stabilizzate da legami idrogeno, generalmente tra un atomo di idrogeno di un aminoacido e l’ossigeno del legame peptidico di un altro, in un giro adiacente dell’elica. H H
O
C
CH2
C OH
NH2
CH
N
H HS
C OH
H Prolina
Glicina
CH2
C
Struttura terziaria
O
CH2
CH2
Struttura secondaria
Struttura quaternaria
O C OH
NH2 Cisteina O
H C
CH2
CH2
HO
C
O C OH
NH2 Acido glutammico H
N H
Figura 1.8 natura.
C CH2 CH
C NH2
O
Figura 1.9
Struttura delle proteine. La sequenza degli aminoacidi di una proteina (struttura primaria) determina la formazione di legami idrogeno tra aminoacidi contigui e produce avvolgimenti e ripiegamenti (struttura secondaria). Pieghe ed eliche inducono la catena ad avvolgersi su se stessa in modo complesso (struttura terziaria). Singole catene polipeptidiche di alcune proteine si aggregano insieme a formare la molecola funzionale, composta da parecchie subunità (struttura quaternaria).
C OH
Triptofano
Cinque dei 20 aminoacidi che ricorrono in
La catena polipeptidica (struttura primaria) non dà soltanto una spirale in configurazioni elicoidali (struttura secondaria), ma piega e avvolge anche le stesse eliche, permettendo alla proteina di assumere la sua complessa e stabile struttura terziaria tridimensionale (vedi la Figura 1.9). Le catene pie-
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
gate sono stabilizzate dalle interazioni tra i gruppi laterali degli aminoacidi. Una di tali interazioni è il legame disolfuro, un legame covalente tra gli atomi di zolfo nelle coppie di unità della cisteina, che sono tenuti insieme da ripiegamenti della catena polipeptidica. Altri tipi di legami, che contribuiscono a stabilizzare la struttura terziaria delle proteine, sono i legami idrogeno, i legami ionici e i legami idrofobici. Il termine struttura quaternaria si riferisce a quelle proteine che contengono più di una catena polipeptidica. Per esempio, l’emoglobina (sostanza che trasporta l’ossigeno nel sangue) dei vertebrati superiori è composta da quattro subunità polipeptidiche associate in un’unica molecola proteica (vedi la Figura 1.9). Le proteine svolgono molte funzioni negli esseri viventi. Esse servono da impalcatura strutturale del protoplasma e formano molti componenti cellulari. Le proteine possono anche avere la funzione di enzimi, catalizzatori biologici necessari per quasi tutte le reazioni dell’organismo. Gli enzimi abbassano l’energia di attivazione richiesta per reazioni specifiche e permettono ai processi vitali di procedere a temperature moderate. Essi controllano le reazioni con le quali il cibo è digerito, assorbito e metabolizzato; determinano la sintesi dei materiali strutturali per la crescita e per sostituire le parti usurate nel corpo e determinano il rilascio dell’energia usata per la respirazione, la crescita, la contrazione muscolare, le attività fisiche, mentali e molte altre.
Acidi nucleici Gli acidi nucleici sono sostanze complesse ad alto peso molecolare e rappresentano una manifestazione fondamentale della vita. La sequenza di basi azotate, in queste molecole polimeriche, codifica l’informazione genetica necessaria per tutti gli aspetti dell’eredità biologica. Essi non solo dirigono la sintesi di enzimi e di altre proteine, ma sono anche le uniche molecole che hanno la capacità (con l’aiuto di appropriati enzimi) di replicarsi. I due tipi di acidi nucleici delle cellule sono l’acido deossiribonucleico (DNA) e l’acido ribonucleico (RNA). Essi sono polimeri di unità ripetute, detti nucleotidi, contenenti ciascuno uno zucchero, una base azotata e un gruppo fosfato. In aggiunta al loro ruolo di acido nucleico, i nucleotidi hanno un’importante funzione come trasportatori chimici di energia nel metabolismo cellulare.
Evoluzione chimica Sia Oparin sia Haldane ritenevano che l’atmosfera primitiva della Terra contenesse composti semplici come acqua, anidride carbonica, idrogeno, metano e ammoniaca, ma mancasse di ossigeno (O2, anche chiamato “ossigeno molecolare”). La natura dell’atmosfera primordiale è importante in ogni discussione sull’origine della vita, perché i composti organici, di cui sono fatti gli organismi viventi, non sono sintetizzabili al di fuori delle cellule e non sono stabili in presenza di ossigeno allo stato molecolare, che è abbondante nell’atmosfera di oggi. Evidenze scientifiche suggeriscono
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oggi che l’atmosfera primordiale conteneva solo tracce di ossigeno, molto del quale ha reagito con l’idrogeno, formando l’acqua presente sulla Terra. L’atmosfera primordiale era dunque di tipo riducente, in quanto consisteva principalmente di molecole nelle quali l’idrogeno era molto di più dell’ossigeno; metano e ammoniaca, per esempio, rappresentano composti completamente ridotti. Questi composti sono chiamati “riducenti” perché tendono a donare elettroni agli altri composti, riducendoli. In quel tempo, la Terra era frequentemente bombardata da comete e meteore gigantesche (100 km di diametro); queste, impattando contro il pianeta, generavano il calore che ha ripetutamente vaporizzato gli oceani. Oggi la nostra atmosfera è fortemente ossidante. Sebbene la durata del tempo per la sua formazione sia molto discussa, a un certo punto l’ossigeno cominciò a comparire nell’atmosfera in quantità apprezzabili. Nell’atmosfera primitiva, l’ossigeno si formò dalla decomposizione dell’acqua. Tutte le ipotesi attuali sull’origine della vita presuppongono che diversi composti del carbonio si siano accumulati sulla Terra, durante un periodo di evoluzione chimica prebiotica. L’atmosfera primitiva conteneva composti gassosi semplici del carbonio, dell’azoto e dell’idrogeno, come anidride carbonica, azoto molecolare, vapore acqueo, forse metano e ammoniaca. Questi furono i materiali di partenza con i quali furono costruiti i composti organici. Tuttavia, se questi composti gassosi si mescolano insieme in un sistema chiuso e si lasciano a temperatura ambiente, essi non reagiscono tra loro chimicamente. Per favorire una reazione chimica deve essere fornita una sorgente continua di energia libera, sufficiente a superare le barriere della reazione di attivazione. La luce ultravioletta del Sole dev’essere stata molto intensa sulla Terra primordiale prima dell’accumulo di ossigeno atmosferico: l’ozono, un gas con una molecola a tre atomi di ossigeno, localizzato nella parte alta dell’atmosfera, oggi blocca molte delle radiazioni ultraviolette che altrimenti arriverebbero sulla Terra. Scariche elettriche potrebbero avere fornito un’altra sorgente di energia per l’evoluzione chimica. Sebbene la quantità totale di energia elettrica rilasciata dai fulmini sia piccola rispetto all’energia solare, quasi tutta l’energia dei fulmini è efficace, in un’atmosfera riducente, per la sintesi dei composti organici. Un singolo lampo, attraverso un’atmosfera riducente, genera una grande quantità di materiale organico. I temporali possono essere stati una delle sorgenti più importanti di energia per la sintesi organica. Anche la diffusa attività vulcanica sulla Terra ai primordi potrebbe essere stata una sorgente di energia. Un’ipotesi, per esempio, sostiene che la vita non si originò sulla superficie della Terra, ma nelle bocche idrotermiche nelle profondità oceaniche, o intorno a esse. Le bocche idrotermiche sono sorgenti calde sottomarine in cui l’acqua di mare fluisce attraverso fratture sul fondo, fino a raggiungere il magma caldo vicino. L’acqua viene surriscaldata ed espulsa forzatamente, trascinando una varietà di molecole disciolte dalle rocce surriscaldate. Esse comprendono idrogeno solforato, metano, ioni ferro e ioni solfuro. Bocche idrotermiche sono state scoperte in parecchie località sul fondo degli oceani, ma sarebbero state molto più frequenti ai primordi della storia della Terra. Anche ora vi sono molte sorgenti calde e in esse crescono i solfobatteri.
Parte 1 Introduzione alla vita animale
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Sintesi prebiotica di piccole molecole organiche L’ipotesi di Oparin e Haldane ha stimolato la ricerca sperimentale volta a verificare l’idea secondo cui i composti organici caratteristici della vita potrebbero essersi formati da semplici molecole presenti nell’ambiente prebiotico. Nel 1953, Stanley Miller e Harold Urey, a Chicago, hanno simulato con successo le condizioni che si ipotizzava prevalessero ai primordi della Terra. Miller costruì un apparecchio in grado di fare circolare una miscela di metano, idrogeno, ammoniaca e acqua attraverso una scarica elettrica (Figura 1.10). L’acqua veniva bollita nel pallone per produrre vapore che facilitava la circolazione dei gas. I prodotti formati con la scarica elettrica (che rappresentava il fulmine) erano raccolti nel condensatore e accumulati nel tubo a “u” e nel piccolo pallone (che rappresentava l’oceano). Dopo una settimana di scariche continue, l’acqua venne analizzata. I risultati furono sorprendenti. Quasi il 15% del carbonio che si trovava originariamente nell’“atmosfera” riducente era stato convertito in composti organici che si raccoglievano nell’“oceano”. Il risultato più significativo fu la sintesi di molti composti in relazione con la vita. Essi comprendevano quattro aminoacidi, comunemente presenti nelle proteine, urea e diversi acidi grassi semplici. Possiamo apprezzare la straordinaria natura di tale sintesi se consideriamo che vi sono migliaia di composti organici noti, con strutture non più complesse di quelle degli
Elettrodi di tungsteno
Al vuoto
Pallone da 5 L
Rubinetti per prelievo di campioni Pallone da 500 mL con acqua in ebollizione
Gas
Acqua Metano Ammoniaca Idrogeno
Refrigerante
Acqua contenente composti organici sintetizzati
Figura 1.10 S. L. Miller con un modello dell’apparecchio usato nel 1953 nell’esperimento sulla sintesi di aminoacidi, con una scarica elettrica, in un’atmosfera altamente riducente.
aminoacidi formati. Inoltre, nella sintesi di Miller, la maggior parte delle sostanze formate, relativamente poche, consisteva in composti presenti negli organismi viventi. Questa, certamente, non fu una coincidenza e suggerisce che la sintesi prebiotica, sulla Terra primordiale, può essere avvenuta in condizioni non molto diverse da quelle che Miller volle imitare. Gli esperimenti di Miller recentemente sono stati criticati dai geochimici; questi pensano che l’atmosfera primitiva della Terra fosse ben diversa da quella fortemente riducente simulata da Miller. Cionondimeno, il lavoro di Miller stimolò molti studiosi a ripetere ed estendere l’esperimento. Si trovò subito che gli aminoacidi potevano essere sintetizzati in molti diversi tipi di miscele gassose che venivano scaldate (calore vulcanico), irradiate con luce ultravioletta (radiazione solare) o sottoposte a scarica elettrica (fulmine). Tutto ciò che era necessario per produrre aminoacidi era che la miscela gassosa fosse riducente e fosse sottoposta con forza a qualche sorgente di energia. In esperimenti recenti, si sono fatte passare scariche elettriche attraverso miscele di ossido di carbonio, azoto e acqua e si sono ottenuti aminoacidi e basi azotate. Sebbene l’andamento della reazione fosse molto più lento che in atmosfera contenente metano e ammoniaca e il rendimento fosse scarso, in confronto, questi esperimenti avvalorano l’ipotesi che i principi chimici della vita possono svilupparsi soltanto nelle atmosfere lievemente riducenti. Inoltre, gli esperimenti di molti scienziati hanno mostrato che molecole intermedie, altamente reattive, come acido cianidrico, aldeide formica e cianoacetilene, si formano quando una miscela gassosa riducente viene sottoposta a una forte sorgente di energia. Queste molecole reagiscono con acqua e ammoniaca o azoto per formare molecole organiche più complesse, che comprendono aminoacidi, acidi grassi, urea, aldeidi, zuccheri, basi puriniche e pirimidiniche: tutti mattoni necessari per la sintesi dei composti organici più complessi della materia vivente.
Formazione dei polimeri Lo stadio successivo dell’evoluzione chimica implicò la condensazione di aminoacidi, purine, pirimidine e zuccheri per ottenere molecole più grandi, quali proteine e acidi nucleici. Tali polimerizzazioni sono delle reazioni di condensazione (deidratazione), nelle quali i monomeri sono legati insieme attraverso l’eliminazione delle molecole d’acqua. Tali condensazioni non avvengono facilmente in soluzioni diluite, perché la presenza di un eccesso d’acqua tende a produrre reazioni di decomposizione (idrolisi). Nei sistemi viventi, le reazioni di condensazione avvengono sempre in un ambiente acquoso (citoplasma) che contiene gli enzimi appropriati. Senza gli enzimi e l’energia fornita dall’ATP, le macromolecole (proteine e acidi nucleici) dei sistemi viventi si decomporrebbero immediatamente nei loro costituenti monomerici. Si può validamente ipotizzare che la costruzione prebiotica dei polimeri biologicamente necessari sia avvenuta all’interno di vescicole formate da una membrana semipermeabile, composta da piccole molecole anfipatiche, dotate di una parte solubile in acqua (idrofilica) e una parte insolubile (idrofobica). Gli studi di David Deamer e colleghi mostrano che le membrane possono autoassemblarsi a partire da una soluzione di molecole organiche anfifiliche. Essi propongono
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
Figura 1.11
Microfotografia di strutture vescicolari membranose formate da molecole anfipatiche estratte dal meteorite Murchinson.
che il materiale extraterrestre caduto su una Terra primordiale fu un’importante sorgente di questo tipo di composti, che sono comuni sui meteoriti. Le molecole anfifiliche estratte dal meteorite Murchinson, se poste in acqua, formano vescicole membranose (Figura 1.11). Nei meteoriti possono trovarsi acidi grassi e alcool a lunga catena, che sono le molecole anfipatiche costituenti le membrane biologiche. Esse allora potrebbero essere i componenti delle membrane prebiotiche. In acqua, le piccole molecole anfipatiche possono spontaneamente associarsi attraverso le interazioni idrofobiche, per formare membrane mono- o bistratificate, che formano piccole vescicole cave. Se la membrana è semipermeabile, è possibile concentrare soluti dentro la vescicola. All’interno di essa sono possibili le reazioni di condensazione che portano alla formazione delle proteine o degli acidi nucleici. Sydney Fox ha dimostrato nei suoi lavori che anche i polipeptidi in soluzione acquosa sono capaci di formare spontaneamente delle microsfere che assomigliano per grandezza e forma ai batteri e che possono riprodursi per gemmazione. Deamer e colleghi, tuttavia, sostengono che le vescicole formate da acidi grassi o lunghe catene di alcool sono dei modelli che meglio si adattano alle origini precellulari delle membrane rispetto alle microsfere protenoidi. Queste ultime, infatti, non hanno la membrana semipermeabile necessaria per contenere adeguate concentrazioni di aminoacidi e nucleotidi che permettano poi le reazioni di condensazione.
Origine dei sistemi viventi Dalle testimonianze fossili ora noi sappiamo che la vita esisteva 3,8 miliardi di anni fa; quindi, l’origine delle forme più primordiali di vita può essere calcolata a 4 miliardi di anni fa. I primi organismi viventi furono protocellule: unità autonome, circondate da membrana, con un’organizzazione funzionale complessa, che consentiva l’attività essenziale
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della vita, l’autoriproduzione. I sistemi chimici primordiali che abbiamo descritto mancano di questa proprietà essenziale. Il problema principale per capire l’origine della vita è quello di spiegare in che modo i sistemi chimici primordiali si sarebbero organizzati in cellule viventi, autonome, in grado di autoriprodursi. Come abbiamo visto, una lunga evoluzione chimica sulla Terra dei primordi produsse parecchi componenti molecolari delle forme viventi. In uno stadio successivo di evoluzione, gli acidi nucleici (DNA e RNA) cominciarono a comportarsi come sistemi genetici semplici che controllavano la sintesi delle proteine, soprattutto degli enzimi. Tuttavia, questo ha portato all’imbarazzante paradosso detto “dell’uovo e della gallina”: 1) in che modo gli acidi nucleici poterono comparire senza enzimi che li sintetizzavano? 2) In che modo gli enzimi poterono evolversi senza gli acidi nucleici che ne controllavano la sintesi? Queste domande sono basate sul dogma, accettato da lungo tempo, che soltanto le proteine possono agire come enzimi. Risultati piuttosto sorprendenti hanno suggerito che l’RNA, in qualche circostanza, può svolgere attività catalitica. L’RNA catalitico (ribozima) può mediare la formazione di RNA messaggero (rimozione di introni) e può catalizzare la formazione di legami peptidici. Forti evidenze suggeriscono che la traduzione dell’mRNA a opera dei ribosomi sia catalizzata dal loro RNA, piuttosto che dalle loro proteine. Di conseguenza, i primi enzimi potrebbero essere stati RNA e le prime molecole in grado di replicarsi sarebbero state RNA. I ricercatori chiamano ora questo stadio “mondo a RNA”. Tuttavia, le proteine presentano numerosi vantaggi come catalizzatori rispetto all’RNA, e il DNA è un veicolo dell’informazione genetica più stabile rispetto all’RNA. Le prime protocellule contenenti enzimi proteici e DNA avrebbero avuto un vantaggio selettivo rispetto a quelle contenenti solo RNA. Una volta raggiunto questo stadio di organizzazione, la selezione naturale cominciò ad agire su questi sistemi primordiali autoreplicanti. Questo fu un punto critico. Prima di questo stadio, la biogenesi era plasmata dalle condizioni ambientali favorevoli sulla Terra primordiale e dalla natura degli stessi elementi reattivi. Quando i sistemi autoreplicanti divennero sensibili alle forze della selezione naturale, cominciarono a evolversi. I sistemi più rapidi nel replicarsi e più capaci furono favoriti e si duplicarono ancora più velocemente. In breve, le forme più efficienti sopravvissero. Da ciò si ebbe l’evoluzione del codice genetico e della sintesi proteica, pienamente regolata. Il sistema ora possedeva tutte le caratteristiche necessarie a essere l’antenato comune di tutti gli organismi viventi.
Origine del metabolismo Le attuali cellule viventi sono sistemi organizzati che possiedono sequenze complesse e altamente organizzate di reazioni mediate da enzimi. Come si svilupparono questi sistemi metabolici altamente complessi? La storia precisa di questa fase dell’evoluzione della vita non è ancora nota. Di seguito riportiamo un modello della sequenza di eventi che potrebbe spiegare l’origine delle proprietà metaboliche degli esseri viventi nel modo più semplice. Gli organismi che possono sintetizzare il loro cibo da sorgenti inorganiche, usando luce o altre sorgenti di energia, sono detti autotrofi (dal greco autos, “se stesso” + trophos,
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Parte 1 Introduzione alla vita animale
covalente tra gli atomi di carbonio nelle molecole di zucchero. L’ossigeno si libera nell’atmosfera. 6CO2 1 6H2O ih C6H12O6 1 6O2 Luce
Figura 1.12
Il coala, un eterotrofo, che si nutre su un albero di eucaliptus, un autotrofo. Tutti gli eterotrofi dipendono, per il proprio nutrimento, direttamente o indirettamente dagli autotrofi, i quali catturano l’energia solare per sintetizzare il proprio nutrimento.
“che si ciba”) (Figura 1.12). Gli organismi che mancano di questa capacità devono ottenere le risorse per cibarsi direttamente dall’ambiente e si chiamano eterotrofi (dal greco heteros, “altro” + trophos, “che si ciba”). Si pensa che i microrganismi più antichi siano stati, in qualche modo, eterotrofi primitivi perché esistevano prima che vi fosse qualche autotrofo. Essi furono probabilmente anaerobi, organismi simili a batteri analoghi al moderno Clostridium, e ricavavano tutto il proprio nutrimento direttamente dall’ambiente. Dato che l’evoluzione chimica aveva già fornito abbondanti riserve di nutrimento nel brodo prebiotico, gli organismi più antichi non avrebbero avuto bisogno di sintetizzare il cibo in proprio. Le protocellule autotrofe, capaci di convertire precursori inorganici in un nutriente indispensabile, avrebbero avuto un formidabile vantaggio selettivo rispetto agli eterotrofi primari in aree in cui i nutrienti avessero cominciato a scarseggiare nell’ambiente. L’evoluzione degli organismi autotrofi ha reso molto probabilmente necessaria l’acquisizione di attività enzimatiche atte a catalizzare la conversione di molecole inorganiche in strutture più complesse, quali, per esempio, i carboidrati. I vari enzimi caratterizzanti il metabolismo cellulare sono comparsi quando le cellule hanno acquisito la capacità di utilizzare proteine per la funzione catalitica.
Comparsa della fotosintesi e del metabolismo ossidativo Gli organismi autotrofi si svilupparono grazie alla fotosintesi. La fotosintesi, produzione di composti organici da luce solare e anidride carbonica atmosferica, è l’unico processo che restituisce energia libera alla biosfera. Nella fotosintesi, l’acqua è la sorgente di idrogeno usata per ridurre l’anidride carbonica a zuccheri. L’energia è conservata come legame
Questa equazione riassume le molte reazioni che avvengono nel processo di fotosintesi. Indubbiamente, queste reazioni non accaddero tutte in una volta, e altri composti ridotti, come l’idrogeno solforato (H2S), furono le prime fonti di idrogeno. Gradualmente, l’ossigeno prodotto per fotosintesi cominciò ad accumularsi nell’atmosfera. Quando l’ossigeno atmosferico raggiunse, approssimativamente, l’1% del suo attuale livello, l’ozono cominciò ad accumularsi e ad assorbire la radiazione ultravioletta. Ora la Terra e la superficie delle acque potevano essere occupate da organismi fotosintetici, il che aumentò notevolmente la produzione di ossigeno. L’ossigeno, accumulandosi nell’atmosfera, cominciò a interferire col metabolismo cellulare anaerobico, che fino a questo punto si era evoluto in condizioni strettamente riducenti. Man mano che l’atmosfera lentamente cambiava, accumulando gas ossigeno (O2), da uno stato riducente a uno ossidante, compariva un nuovo tipo di metabolismo energetico altamente efficiente: il metabolismo ossidativo (aerobico). Usando l’ossigeno disponibile come accettore finale di elettroni per ossidare il glucosio ad anidride carbonica e acqua, molta dell’energia di legame immagazzinata con la fotosintesi poteva essere recuperata. La maggior parte delle forme viventi divenne del tutto dipendente dal metabolismo ossidativo e la fotosintesi, che sviluppava ossigeno, divenne essenziale per la continuazione della vita sulla Terra. Oggi la nostra atmosfera è fortemente ossidante. Essa contiene il 78% di azoto molecolare, quasi il 21% di ossigeno libero, l’1% di argon e lo 0,03% di anidride carbonica. Sebbene il tempo necessario per la formazione dell’ossigeno atmosferico sia molto dibattuto, la più importante fonte di ossigeno è la fotosintesi. Quasi tutto l’ossigeno prodotto oggi proviene da cianobatteri (alghe azzurre), alghe eucariotiche e piante. Ogni giorno questi organismi combinano circa 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica con 70 milioni di tonnellate di idrogeno per liberare 1,1 miliardi di tonnellate di ossigeno. Gli oceani sono la maggiore sorgente di ossigeno. Quasi tutto l’ossigeno prodotto oggi è consumato dagli organismi per la respirazione; se ciò non avvenisse, la quantità di ossigeno nell’atmosfera raddoppierebbe in circa 3000 anni. Poiché i cianobatteri fossili del Precambriano somigliano ai moderni cianobatteri, sembra probabile che la maggior parte dell’ossigeno nell’atmosfera primordiale sia stato prodotto mediante fotosintesi.
Vita precambriana Il periodo Precambriano comprende il tempo geologico prima dell’inizio del periodo Cambriano, 600 milioni di anni fa. La maggior parte dei principali phyla di animali fece la sua comparsa, in pochi milioni di anni, all’inizio del periodo Cambriano. Questa fu definita “esplosione cambriana” perché, prima di questa epoca, i depositi fossili erano quasi del tutto privi di qualcosa di più complesso di una cellula batterica.
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
Studi molecolari comparativi ora suggeriscono che la rarità apparente dei fossili precambriani è dovuta a scarsa fossilizzazione piuttosto che ad assenza di diversità animale del periodo Precambriano. Nondimeno, gli animali sono effettivamente comparsi piuttosto tardi nella storia della vita sulla Terra. Quali furono le prime forme di vita generate dall’atmosfera ossidante, così critica per l’evoluzione animale, e la linea filetica da cui l’evoluzione animale è di fatto iniziata?
Procarioti ed era dei cianobatteri (alghe azzurre) Gli organismi più primitivi, simili a batteri, proliferarono, dando origine a una grande varietà di forme batteriche, alcune delle quali erano capaci di fotosintesi. Da queste si originarono i cianobatteri, produttori di ossigeno, circa 3 miliardi di anni fa. I batteri sono detti procarioti, termine che significa letteralmente “prima del nucleo”. Essi contengono un singolo cromosoma che comprende una sola, grossa, molecola di DNA, non localizzata in un nucleo circondato da membrana, ma presente in una regione nucleare, o nucleoide. Il DNA non è collegato a proteine istoniche e i procarioti sono privi degli organelli dotati di membrana, quali mitocondri, plastidi, apparato del Golgi e reticolo endoplasmatico. Durante la divisione cellulare, il nucleoide si divide e copie del DNA cellulare vengono trasferite alle cellule figlie. I procarioti sono privi di organizzazione cromosomica e di una vera divisione cromosomica (mitotica) simile a quelle di animali, funghi e piante. Il termine “alghe azzurre” può generare confusione, perché suggerisce una relazione con le alghe eucariotiche, e numerosi ricercatori preferiscono il termine alternativo di “cianobatteri”. Questi organismi furono responsabili della produzione del primo ossigeno rilasciato nell’atmosfera. Studi sulle reazioni biochimiche di cianobatteri attuali suggeriscono che questi si siano evoluti in condizioni di concentrazioni di ossigeno variabili. Anche se possono tollerare concentrazioni di ossigeno pari al 21%, quella ideale per le loro reazioni metaboliche è pari a solo il 10%.
I batteri, e specialmente i cianobatteri, dominarono gli oceani terrestri senza competizione per circa 1-2 miliardi di anni. I cianobatteri raggiunsero il massimo del loro successo quasi 1 miliardo di anni fa, quando forme filamentose formarono grandi piattaforme flottanti sulla superficie dell’oceano. Questo lungo periodo di dominanza cianobatterica, che comprende approssimativamente i due terzi della storia della vita, è stato definito, in maniera appropriata, “l’era delle alghe azzurre”. I batteri e i cianobatteri sono tanto diversi dalle forme di vita che si sono evolute più tardi, da essere posti in un regno tassonomico separato, le monere. Nell’ultima decade, tuttavia, Carl Woese e i suoi collaboratori, all’Università di Illinois, hanno scoperto che i procarioti, in realtà, comprendono due linee distinte di discendenti: gli Eubacteria (i “veri” batteri) e gli Archaebacteria. Anche
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se questi due gruppi di batteri appaiono molto simili, se osservati al microscopio elettronico essi sono biochimicamente distinguibili. Le pareti cellulari degli archibatteri non contengono acido muramico, presente in tutti gli altri batteri, e vi sono sostanziali differenze nel loro metabolismo. Ma la prova più convincente per differenziare questi due gruppi viene dall’uso di uno dei metodi più nuovi e più potenti a disposizione degli evoluzionisti: la tecnica del sequenziamento degli acidi nucleici. Woese trovò che la sequenza delle basi, in un tipo di RNA, il ribosomiale, è ben diversa da quella di tutti gli altri batteri, così come da quelle trovate negli eucarioti (vedi il paragrafo successivo). Woese ritenne che gli archibatteri siano così diversi dai veri batteri che dovrebbero essere considerati come un regno separato, gli Archaea. Le monere comprenderebbero, quindi, soltanto i veri batteri.
Comparsa degli eucarioti Gli eucarioti (“vero nucleo”) hanno cellule con nuclei, circondati da membrana, contenenti cromosomi formati da cromatina (Figura 1.13). I costituenti della cromatina comprendono proteine, dette istoni, e RNA, oltre al DNA. Sia il DNA procariotico sia i cromosomi eucariotici possiedono alcune proteine non istoniche. I cromosomi eucariotici generalmente sono più grandi dei procariotici, contengono molto più DNA e, di solito, si dividono mediante qualche forma di mitosi. Nelle loro cellule si trovano numerosi organuli dotati di membrane, inclusi i mitocondri, in cui si trovano impacchettati gli enzimi del metabolismo ossidativo. Gli eucarioti includono animali, funghi, piante e numerose forme unicellulari precedentemente conosciute come “protozoi” o “protisti”. Evidenze fossili fanno risalire la comparsa degli eucarioti unicellulari ad almeno 1,5 miliardi di anni fa (Figura 1.14). Un recente approccio di successo per rivelare il grado di parentela di antiche forme di vita è il sequenziamento molecolare. Le sequenze di nucleotidi nel gene di un organismo sono testimonianze delle sue relazioni evolutive, perché ogni gene esistente oggi è la copia evoluta di un gene esistito milioni, anche miliardi, di anni fa. I geni, nel corso del tempo, subiscono alterazioni a causa delle mutazioni, ma tracce del gene primitivo di solito persistono. Con tecniche moderne si può determinare la sequenza di nucleotidi in un intero DNA o in porzioni di esso. Quando tra due organismi vengono paragonati geni corrispondenti, il grado di differenza tra i geni può essere correlato al tempo trascorso da quando si è manifestata la divergenza dei due organismi da un antenato comune. Simili confronti possono essere fatti anche per l’RNA e per le proteine.
La complessità organizzativa degli eucarioti è molto più grande di quella dei procarioti, al punto che è difficile immaginare come un eucariote poté originarsi da un qualche procariote conosciuto. Margulis e altri hanno proposto che gli eucarioti, di fatto, non derivarono da un singolo procariote, ma si originarono da una simbiosi (“vita in comune”)
Parte 1 Introduzione alla vita animale
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Parete cellulare Mitocondrio Lisosoma Citoplasma con ribosomi
Nucleoide Reticolo endoplasmatico Membrana cellulare
Procariota
Apparato del Golgi Nucleo
Nucleolo
Membrana cellulare Eucariota
Figura 1.13
Confronto tra cellula procariotica ed eucariotica. La cellula procariotica è circa dieci volte più piccola di quella eucariotica.
Invasione della Terra da parte degli animali Invasione della Terra da parte delle piante I più antichi organismi pluricellulari
Comparsa dell’uomo
Le più antiche rocce conosciute 4 miliardi di anni Le più primitive Mezzanotte tracce di vita
1 miliardo di anni Mattino
Pomeriggio
I più antichi eucarioti fossili 2 miliardi di anni
Mezzogiorno
I più antichi fossili procariotici
3 miliardi di anni
Prima comparsa della fotosintesi
Figura 1.14
Orologio del tempo biologico. Due miliardi di secondi addietro era il 1961 e la maggior parte degli studenti che usano questo testo non era ancora nata. Un miliardo di minuti addietro l’impero romano era al suo apice. Un miliardo di ore fa viveva I’uomo di Neanderthal. Un miliardo di giorni fa i primi ominidi bipedi camminavano sulla Terra. Un miliardo di mesi fa i dinosauri erano al massimo del loro sviluppo. Un miliardo di anni fa nessuna creatura si era ancora mossa sulla superficie della Terra.
di due o più tipi di batteri. Mitocondri e plastidi, per esempio, contengono un loro complemento di DNA (separato dal nucleo della cellula), che possiede qualche caratteristica procariotica. Nuclei, plastidi e mitocondri contengono geni che codificano RNA ribosomiale. Confronti tra le sequenze delle basi di questi geni dimostrano l’esistenza di linee filetiche distinte per DNA nucleare, plastidico e mitocondriale, rispettivamente. DNA plastidico e mitocondriale sono più affini, nella loro storia evolutiva, al DNA batterico che al DNA nucleare degli eucarioti. I plastidi sono evolutivamen-
te molto affini ai cianobatteri, mentre i mitocondri sono molto affini a un altro gruppo di batteri (batteri porpora), e questo è in accordo con l’ipotesi simbiotica dell’origine degli eucarioti. I mitocondri contengono gli enzimi del metabolismo ossidativo e i plastidi (un plastidio con clorofilla è un cloroplasto) operano la fotosintesi. È facile immaginare che una cellula capace di sistemare tali ospiti nel proprio citoplasma potesse avere enormi vantaggi evolutivi. La teoria dell’endosimbionte afferma che una popolazione ancestrale di cellule eucariotiche, derivate da batteri anaerobici (senza metabolismo ossidativo), abbia evoluto un nucleo e altre membrane intracellulari da invaginazioni della membrana cellulare. Le cellule di questa popolazione avrebbero acquisito, per ingestione o parassitismo, batteri aerobici che, evitando la digestione, dovrebbero essersi stabiliti nel citoplasma della cellula ospite. Il batterio endosimbiotico aerobico avrebbe metabolizzato ossigeno, tossico per il proprio ospite anaerobico, e la cellula ospite anaerobica avrebbe dato ai propri batteri aerobici cibo e protezione fisica. Questo rapporto di mutualismo vantaggioso sarebbe stato reso permanente dalla selezione. Tra i risultati di questa simbiosi ci sarebbe la compattezza dell’endosimbionte e la perdita di geni ridondanti con quelli dell’ospite (o viceversa). I dati raccolti provano la ragionevolezza del meccanismo proposto. I reperti fossili indicano che batteri sia aerobici sia anaerobici erano presenti già da 2,5 miliardi di anni fa, e che le cellule contenenti nuclei e membrane interne apparvero per la prima volta in quell’era. Alcune cellule nucleate anaerobiche, cioè senza mitocondri, sono presenti anche oggi, come il parassita umano Giardia intestinalis. Queste forme probabilmente rappresentano i discendenti di antenati che in precedenza avevano i mitocondri, piuttosto che di antenati che non li avevano. Cellule eucariotiche contenenti mitocondri sono presenti da circa 1,2 miliardi di anni. Dei batteri sono stati introdotti sperimentalmente in cellule eucariotiche e si sono propagati come unità simbiotiche per molte generazioni. Tali esperimenti hanno dimostrato, inoltre, che la cellula ospite può diventare dipendente
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
dai propri batteri residenti se questi sostituiscono le attività proteiche della cellula ospite con le proprie. Oltre a sostenere che mitocondri e plastidi siano originati da simbiosi con i batteri, Lynn Margulis ipotizza che anche i flagelli degli eucarioti, le ciglia (strutture di locomozione) e il fuso mitotico provengano da un batterio tipo spirocheta. Di fatto, suggerisce che questa associazione (la spirocheta con la sua nuova cellula ospite) abbia reso possibile l’evoluzione della mitosi. Le prove addotte da Lynn Margulis che gli organuli siano antichi partner di una cellula ancestrale è ora accettata dalla maggior parte dei biologi. Questa unione di organismi diversi a formare nuove forme evolutive è detta simbiogenesi.
Gli eucarioti possono essersi originati più di una volta. Essi, indubbiamente, erano unicellulari e molti erano fotosintetici autotrofi. Alcuni di questi perdettero la loro capacità fotosintetica e divennero eterotrofi, nutrendosi di autotrofi e di procarioti. Man mano che i cianobatteri venivano consumati, le loro dense piattaforme filamentose cominciarono ad assottigliarsi, lasciando spazio alle altre specie. Comparvero i carnivori, che si nutrono degli erbivori. Apparve presto un ecosistema bilanciato di carnivori, erbivori e produttori primari. Liberando spazi, gli erbivori favorirono una grande varietà di produttori, che, a loro volta, facilitarono l’evoluzione di nuovi e più specializzati raccoglitori. Si sviluppò una piramide ecologica con i carnivori all’apice della catena alimentare.
A
C
Figura 1.15
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L’esplosione dell’attività evolutiva, che ebbe luogo alla fine del periodo Precambriano e all’inizio del Cambriano, fu senza precedenti e non è mai avvenuto nulla di paragonabile. Molti scienziati ipotizzano che la spiegazione dell’esplosione cambriana sia da ricercare nell’accumulo di ossigeno nell’atmosfera fino a un livello di soglia critico. Grandi animali pluricellulari richiedono una maggiore efficienza del metabolismo ossidativo: queste condizioni non avrebbero potuto svilupparsi in una situazione di limitata concentrazione di ossigeno. La vita, da quando 3,5 miliardi di anni fa si è affermata sulla Terra, si è sviluppata ed evoluta rispettando alcuni principi. La zoologia, cioè lo studio scientifico dei principi su cui è basata la vita animale, si è realizzata attraverso secoli di ricerche compiute dall’uomo sul mondo degli animali. Mitologie presenti in quasi tutte le culture testimoniano i tentativi di scoprire i misteri della vita animale e la sua origine. Gli zoologi ora affrontano questi stessi misteri con le metodologie e le tecnologie più avanzate, sviluppatesi attraverso tutte le branche della scienza; documentano la diversità della vita animale, organizzandola in modo sistematico. Questo complesso ed eccitante processo si basa sui contributi di migliaia di zoologi che lavorano in tutte le dimensioni della biosfera (Figura 1.15). Con questo lavoro ci sforziamo di capire come abbia avuto origine la diversità animale e come gli animali svolgano i processi fondamentali della propria vita che consentono loro di prosperare in ambienti tanto diversi. Di seguito saranno introdotte le proprietà fondamentali della vita animale e i principi metodologici su cui si basa lo studio di queste proprietà.
B
D
E
Alcune delle molte dimensioni della ricerca zoologica: A, osservazioni su murene a Maui, Hawaii; B, zoologa che studia la vita del babbuino giallo (Papio cynocephalus) nella riserva Amboseli, Kenya; C, inanellamento di anatre selvatiche; D, osservazioni al microscopio ottico di dafnie (Daphnia pulex) (3 150); E, stadi di crescita isolati di larve di granchio in un laboratorio di biologia marina.
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Parte 1 Introduzione alla vita animale
Proprietà fondamentali della vita La vita può essere definita? Cominciamo con una domanda difficile: che cos’è la vita? Sebbene siano stati compiuti molteplici tentativi per definire la vita, ora pare evidente che definizioni semplici siano destinate al fallimento. Quando cerchiamo di dare della vita una definizione troppo semplice, stiamo soltanto cercando di trovare delle proprietà fisse, che si siano conservate stabilmente durante tutta la storia naturale. Di fatto, però, le proprietà che la vita manifesta attualmente sono molto diverse da quelle presenti alla sua origine. La storia della vita indica invece un continuo cambiamento, che noi chiamiamo evoluzione. Man mano che la genealogia della vita progrediva e si ramificava, dalle forme più primitive ai milioni di specie che vivono oggi, si sono evolute nuove caratteristiche che sono state di volta in volta trasmesse dai genitori ai figli. Attraverso questo processo, i sistemi viventi hanno generato molte peculiarità rare e spettacolari, che non hanno una controparte nel mondo non vivente. Proprietà inattese compaiono in molti dei più diversi gruppi di specie nella storia evolutiva della vita, generando la grande biodiversità che è presente al giorno d’oggi. Potremmo essere tentati di definire la vita in base alle proprietà universali già presenti alla sua origine. La duplicazione delle molecole, per esempio, può essere fatta risalire all’origine della vita e rappresenta una delle sue proprietà universali. Tuttavia, il tentativo di definire la vita sulla base delle proprietà presenti alla sua origine si deve necessariamente confrontare col fatto che queste proprietà sono proprio quelle più verosimilmente condivise con alcune forme non viventi. Per studiare l’origine della vita, ci dobbiamo chiedere come le molecole abbiano acquisito la capacità di un’esatta duplicazione. Ma dove tracciamo il confine tra quei processi di duplicazione che caratterizzano la vita e quelli che sono veramente caratteristiche chimiche generali della materia da cui è nata la vita? La duplicazione di complesse strutture cristalline in assemblaggi chimici non viventi potrebbe essere confusa, per esempio, con le proprietà molecolari di duplicazione associate alla vita. In alternativa, potremmo cercare di definire la vita sulla base delle proprietà più avanzate che caratterizzano i sistemi viventi altamente evoluti che oggi osserviamo. Il mondo non vivente potrebbe non entrare in una tale definizione, ma finiremmo con l’escludere quelle forme di vita primitive dalle quali originarono tutte le altre e che danno alla vita la sua unità storica. In conclusione, la nostra definizione di vita deve basarsi sulla storia comune della vita sulla Terra, che le dà un’identità e la separa dal mondo non vivente. Possiamo tracciare questa storia comune, procedendo all’indietro nel tempo, dalle forme diverse presenti oggi e dai reperti fossili fino al loro antenato comune che è comparso nell’atmosfera della Terra primitiva. Tutti gli organismi che fanno parte di questa lunga storia di discendenza ereditaria da un antenato comune sono compresi nel nostro concetto di vita, anche se essi oggi non esistono più. Anche se non limitiamo la vita a una semplice definizione, possiamo subito identificare il mondo vivente attraverso la sua storia di discendenza evolutiva comune e separarlo così dal mondo non vivente. Molte notevoli proprietà sono sorte durante la storia della vita
e si osservano nelle forme viventi in varie combinazioni. Esse identificano chiaramente i loro possessori come parte dell’entità storica unificata che chiamiamo vita. Tutte queste caratteristiche sono presenti nella maggior parte delle forme di vita altamente evolute, come quelle che costituiscono il regno animale. Noi riteniamo altamente improbabile che qualcuna di queste proprietà sarà perduta durante la futura evoluzione della vita, perché esse sono essenziali per il mantenimento e il funzionamento delle forme viventi che le possiedono. Nella scelta di non definire la vita strettamente sulla base di queste proprietà, tuttavia, non escludiamo questa possibilità.
Caratteristiche generali dei sistemi viventi Le caratteristiche generali più rilevanti che si sono manifestate durante la storia della vita comprendono: unicità chimica, complessità e organizzazione gerarchica, riproduzione (ereditarietà e variabilità), presenza di un programma genetico, metabolismo, sviluppo, interazioni con l’ambiente, movimento. 1. Unicità chimica. I sistemi viventi presentano un’organizzazione molecolare unica e complessa. La storia della vita ha realizzato l’assemblaggio di grosse molecole, note come macromolecole, che sono notevolmente più complesse delle piccole molecole che costituiscono la materia non vivente. Queste macromolecole sono composte dagli stessi tipi di atomi e di legami chimici che ricorrono nella materia non vivente e obbediscono a tutte le leggi fondamentali della chimica; soltanto la complessa struttura organizzativa di queste macromolecole le rende uniche. Si conoscono quattro principali categorie di macromolecole biologiche: acidi nucleici, proteine, carboidrati e lipidi. Queste categorie differiscono nella struttura degli elementi che le compongono, nelle loro parti costituenti, nel tipo di legami chimici che collegano le loro subunità e nella loro funzione nei sistemi viventi. La struttura generale di queste macromolecole si è evoluta e stabilizzata precocemente nel corso della storia della vita. Con alcune modifiche, queste stesse strutture generali si trovano in ogni forma di vita presente oggigiorno. Le proteine, per esempio, contengono circa 20 specifici tipi di subunità, gli aminoacidi, uniti tra loro da legami peptidici in una sequenza lineare (Figura 1.16; vedi anche la Figura 1.9). Legami aggiuntivi presenti tra aminoacidi che non sono tra loro adiacenti nella catena proteica conferiscono alla proteina una complessa struttura tridimensionale. Una tipica proteina contiene molte centinaia di subunità aminoacidiche. Malgrado la stabilità di questa struttura proteica di base, la sequenza dei diversi aminoacidi nella molecola proteica è soggetta a enorme variazione. Questa variazione produce gran parte della diversità che osserviamo tra i differenti tipi di forme viventi. Parimenti, gli acidi nucleici, i carboidrati e i lipidi contengono legami specifici che collegano subunità variabili. Questa organizzazione dà ai sistemi viventi sia unità biochimica sia un grande potenziale di diversità.
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
Aminoacido
Aminoacido
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Aminoacido
B
A
Figura 1.16
Simulazione al computer della struttura tridimensionale della proteina lisozima (A), usata dagli animali per distruggere i batteri. La proteina è una catena lineare di subunità molecolari chiamate aminoacidi, unite come è mostrato in B, che si ripiega in una struttura tridimensionale per formare la proteina attiva. Le sfere bianche corrispondono agli atomi di carbonio, le rosse all’ossigeno, le blu all’azoto, le gialle allo zolfo, le verdi all’idrogeno e le nere a gruppi molecolari formati da varie combinazioni di atomi di carbonio, ossigeno, azoto, idrogeno e zolfo che differiscono tra i vari aminoacidi. Gli atomi di idrogeno non sono indicati in A. La molecola viola in A è una struttura della parete della cellula batterica che è rotta dal lisozima.
2. Complessità e organizzazione gerarchica. I sistemi viventi presentano un’organizzazione gerarchica unica e complessa. La materia non vivente è organizzata al massimo in atomi e molecole e spesso ha anche un grado di organizzazione più elevato. Tuttavia, nel mondo vivente, atomi e molecole sono assemblati in base a schemi che non sono presenti nel mondo non vivente. Nei sistemi viventi, si trova una gerarchia di livelli che comprende, in ordine crescente di complessità, macromolecole, cellule, organismi, popolazioni e specie (Figura 1.17). Ciascun livello si costruisce su quello a esso inferiore e ha la sua propria struttura interna, che, a sua volta, può anche essere gerarchica. Dentro la cellula, per esempio, le macromolecole sono organizzate in strutture come ribosomi, cromosomi e membrane, che, a loro volta, sono combinate in vari modi a formare strutture subcellulari anche più complesse, dette organuli, che comprendono i mitocondri e i nuclei. Anche il livello dell’organismo ha una substruttura gerarchica; le cellule sono organizzate in tessuti, che sono a loro volta assemblati in organi, i quali sono organizzati in sistemi di organi. La cellula è la più piccola unità della gerarchia biologica ed è semiautonoma nella capacità di svolgere le proprie funzioni vitali, compresa la riproduzione. La duplicazione delle molecole e dei componenti subcellulari avviene soltanto nel contesto cellulare. La cellula è, quindi, considerata come l’unità basilare dei sistemi viventi. Si possono isolare cellule da un organismo e farle crescere e moltiplicare in condizioni sperimentali in presenza di soli nutrienti. Ciò non è possibile per alcuna singola molecola (o componente subcellulare), che richiede costituenti cellulari supplementari per la propria riproduzione. Ogni livello via via superiore della gerarchia biologica è composto da unità del livello immediatamente sottostante. Una caratteristica importante di questa gerarchia è che le proprietà di ogni dato livello non possono essere comprese neppure dalla conoscenza più completa delle proprietà dei suoi singoli componenti.
Figura 1.17 Tre differenti livelli della gerarchia biologica, come appaiono in Volvox globator: cellulare, di organismo, di popolazione. Ogni sferoide è un singolo organismo contenente cellule incluse in una matrice gelatinosa. Le cellule più grandi funzionano per la riproduzione e le più piccole svolgono le generali funzioni metaboliche dell’organismo. Questi organismi si riproducono sessualmente e insieme formano una popolazione.
Una caratteristica fisiologica, come la pressione sanguigna, è una proprietà a livello di organismo; è impossibile prevedere la pressione sanguigna di qualcuno conoscendo semplicemente le caratteristiche fisiche delle singole cellule dell’organismo. Allo stesso modo, sistemi di interazione sociale, come quelli osservati nelle api, si manifestano a livello di popolazione; non sarebbe possibile desumere le proprietà di questo sistema sociale studian-
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do singole api in isolamento. Il presentarsi di nuove caratteristiche a un dato livello di organizzazione è noto come comparsa; queste caratteristiche sono conosciute come proprietà emergenti. Tali proprietà derivano dalle interazioni che avvengono tra le parti costitutive del sistema. Per tale motivo, dobbiamo studiare direttamente tutti i livelli e le suddivisioni dei diversi ambiti della biologia (biologia molecolare; biologia cellulare; anatomia dell’organismo, fisiologia e genetica; biologia di popolazione) che riflettono questa complessa organizzazione gerarchica (Tabella 1.1). Noi riteniamo che le proprietà emergenti, espresse a un particolare livello della gerarchia biologica, siano di fatto influenzate e limitate dalle proprietà dei componenti del livello sottostante. Per esempio, sarebbe impossibile a una popolazione di animali privi dell’udito evolvere un linguaggio parlato. Comunque, le proprietà delle parti di un sistema vivente non determinano rigidamente le proprietà del tutto. Molti linguaggi parlati diversi sono emersi nella cultura umana dalle stesse strutture anatomiche di base, che consentono l’udito e la parola. La libertà delle parti di interagire in modi diversi rende possibile una grande differenza di proprietà potenziali che emergono a ciascun livello della gerarchia biologica. I diversi livelli della gerarchia biologica e le loro particolari proprietà emergenti sono prodotti dell’evoluzione. Prima che gli organismi pluricellulari si evolvessero, non vi era distinzione tra il livello dell’organismo e quello della cellula e questa distinzione è ancora di fatto assente in un organismo unicellulare. La diversità delle proprietà emergenti, che vediamo a tutti i livelli della gerarchia biologica, rende più difficile fornire una definizione o una descrizione semplice della vita.
Tabella 1.1
Livello
3. Riproduzione. I sistemi viventi possono riprodursi. La vita non origina spontaneamente, ma deriva soltanto da una vita precedente, mediante un processo di riproduzione. Anche se la vita ha sicuramente avuto origine almeno una volta da materia non vivente, ciò ha richiesto periodi enormemente lunghi e condizioni molto diverse da quelle dell’attuale biosfera. A ciascun livello della gerarchia biologica, le forme viventi si riproducono per generarne altre, simili a se stesse (Figura 1.18). I geni si replicano per produrre nuovi geni. Le cellule si dividono per produrre nuove cellule. Gli organismi si riproducono, sessualmente o asessualmente, per dare luogo a nuovi organismi (Capitolo 2). Le popolazioni possono disperdersi per dare origine a nuove popolazioni e le specie possono far nascere nuove specie attraverso un processo detto di speciazione. La riproduzione a ogni livello di gerarchia comporta di solito un aumento di numero. Singoli geni, cellule, organismi, popolazioni o specie possono fallire nel riprodursi, ma la riproduzione, tuttavia, è una proprietà attesa di queste unità. La riproduzione, a ciascuno di questi livelli, caratterizza i fenomeni complementari, e apparentemente contradditori, di eredità e variabilità. L’eredità è la trasmissione fedele dei caratteri dai genitori ai figli, osservata di solito (ma non necessariamente) a livello di organismo. La variabilità è la generazione di differenze tra i caratteri di individui diversi. Nel processo riproduttivo, i caratteri dei discendenti somigliano a quelli dei loro genitori in diverso grado, ma di solito non sono identici. La replicazione dell’acido deossiribonucleico (DNA) avviene con alta precisione, ma, a frequenza ricorrente, avvengono degli errori. La divisione cellulare è un processo
Differenti livelli gerarchici della complessità biologica che manifestano riproduzione, variazione ed eredità Scala temporale di riproduzione
Campi di studio
Metodi di studio
Alcune proprietà emergenti Replicazione cromosomica (meiosi, mitosi), sintesi di macromolecole (DNA, RNA, proteine, lipidi, polisaccaridi) Struttura, funzioni e coordinazione di tessuti, organi e sistemi di organi (pressione sanguigna, temperatura corporea, percezione sensoriale, nutrizione) Strutture sociali, sistemi di accoppiamento, distribuzione temporale di organismi, livelli di variazione, azione della selezione naturale Metodo di riproduzione, barriere riproduttive
Cellula
Ore (cellula di mammiferi Microscopia = ~16 ore) (ottica, elettronica), biochimica
Biologia cellulare
Organismo
Da ore a giorni (unicellulare); da giorni ad anni (pluricellulare)
Dissezione, incroci genetici, studi clinici
Anatomia di organismo, fisiologia, genetica
Popolazione
Fino a migliaia di anni
Analisi statistica di variazione, abbondanza, distribuzione
Specie
Da migliaia a milioni di anni
Biologia di popolazione, genetica di popolazione, ecologia Studio delle barriere Biologia riproduttive, sistematica filogenesi, ed evolutiva, paleontologia, ecologia di interazioni ecologiche comunità
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
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D
Golfo del Messico
A
America Centrale
Mar dei Caraibi
Oceano Pacifico B
C
Figura 1.18
Processi riproduttivi osservati a quattro diversi livelli di complessità biologica: A, livello molecolare: micrografia elettronica di una molecola di DNA in replicazione; B, livello cellulare: micrografia di cellula in divisione alla telofase mitotica; C, livello di organismo: serpente che schiude dall’uovo; D, livello di specie: formazione di nuove specie nel riccio di mare (Eucidaris) dopo separazione geografica di popolazioni dei Caraibi (E. tribuloides) e del Pacifico (E. thouarsi) dovuta alla formazione dell’istmo.
eccezionalmente preciso, specialmente riguardo al materiale nucleare, ma cambiamenti a livello dei cromosomi, tuttavia, avvengono con frequenza apprezzabile. La riproduzione degli organismi è caratterizzata sia da ereditarietà sia da variabilità, quest’ultima particolarmente evidente nelle forme che si riproducono sessualmente. La comparsa di popolazioni e specie nuove permette di osservare sia il mantenimento di alcuni caratteri sia il cambiamento di altri. Due specie di rane strettamente imparentate possono avere richiami sessuali simili, ma differire nel ritmo dei suoni ripetuti.Vedremo più avanti, in questo libro, che l’interazione tra ereditarietà e variabilità nel processo riproduttivo è la base dell’evoluzione organica (Capitolo 3). Se l’ereditarietà fosse perfetta, i sistemi viventi non cambierebbero mai; se la variabilità non fosse soggetta al processo ereditario, ai sistemi biologici mancherebbe la stabilità che permette loro di persistere nel tempo. 4. Presenza di un programma genetico. Un programma genetico consente una fedele trasmissione dei caratteri ereditari alle generazioni successive (Figura 1.19). Le strutture delle molecole proteiche, necessarie per lo sviluppo e il funzionamento dell’organismo, sono codificate negli acidi nucleici. Negli animali e nella maggior
parte degli altri organismi, l’informazione genetica è contenuta nel DNA. Il DNA è una catena lineare molto lunga di subunità denominate nucleotidi, ciascuno dei quali contiene uno zucchero fosfato (deossiribosio fosfato) e una delle quattro basi azotate (adenina, citosina, guanina e timina, rispettivamente abbreviate A, C, G e T). La sequenza delle basi nucleotidiche costituisce un codice per l’ordine degli aminoacidi nella proteina specificata dalla molecola di DNA. La corrispondenza tra la sequenza delle basi nel DNA e la sequenza degli aminoacidi in una proteina è nota come codice genetico. Il codice genetico fu stabilito precocemente nella storia della vita; esso è presente nei batteri e nel genoma nucleare di tutti gli animali e le piante. La costanza di questo codice, tra le forme viventi, fornisce una prova chiara dell’origine unica della vita. Il codice genetico ha subito cambiamenti minimi nel corso dell’evoluzione, perché ogni alterazione distruggerebbe la struttura di tutte le proteine, cosa che a sua volta altererebbe gravemente le funzioni cellulari che richiedono strutture proteiche altamente specifiche. Soltanto nel caso raro in cui le strutture proteiche alterate siano ancora compatibili con le proprie funzioni cellulari, un tale cambiamento avrebbe la sorte di sopravvivere e di essere riprodotto. Questo è
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Parte 1 Introduzione alla vita animale
Figura 1.19 La variabilità genetica è illustrata in molecole di DNA che sono simili nella sequenza di basi, ma differiscono una dall’altra in quattro posizioni. Tali differenze possono codificare caratteri alternativi, come i diversi colori degli occhi. avvenuto nel DNA contenuto nei mitocondri animali, gli organuli che regolano l’energia cellulare. Il codice genetico nel DNA mitocondriale animale è leggermente diverso dal codice standard del DNA nucleare e batterico. Poiché il DNA mitocondriale codifica un numero di proteine di gran lunga inferiore rispetto al DNA nucleare, la probabilità di ottenere un cambiamento del codice che non distrugga le funzioni cellulari è più alta qui che nel nucleo. 5. Metabolismo. Gli organismi viventi si sostentano procurandosi il nutrimento dal proprio ambiente. Le sostanze nutritive sono demolite per ottenere energia chimica e componenti molecolari da usare nella costruzione e nel mantenimento del sistema vivente. Definiamo questi processi chimici essenziali metabolismo. Essi comprendono digestione, produzione di energia (respirazione) e sintesi di molecole e altre strutture. Il metabolismo spesso è inteso come un’interazione di reazioni distruttive (cataboliche) e costruttive (anaboliche). I processi chimici anabolici e catabolici fondamentali utilizzati dai sistemi viventi sono comparsi molto presto nella storia della vita e sono condivisi da tutte le forme
viventi. Essi comprendono sintesi di carboidrati, lipidi, acidi nucleici, proteine e loro parti costitutive, nonché la rottura dei legami chimici per ricavare l’energia immagazzinata in essi. Negli animali, molte reazioni metaboliche fondamentali avvengono a livello cellulare, spesso in specifici organuli che sono ubiquitari nel regno animale. La respirazione cellulare, per esempio, avviene nei mitocondri. Le membrane cellulari e nucleari regolano il metabolismo, controllando, rispettivamente, il movimento di molecole attraverso i confini cellulari e nucleari. Lo studio dello svolgimento di funzioni metaboliche complesse è noto come fisiologia. Dedicheremo un’ampia parte di questo libro alla descrizione e al confronto di diversi tessuti, organi e sistemi organici che i differenti gruppi animali hanno evoluto per compiere le funzioni fisiologiche fondamentali della vita. 6. Sviluppo. Tutti gli organismi attraversano un ciclo vitale caratteristico. Lo sviluppo embrionale descrive i tipici cambiamenti che un organismo subisce dalla sua origine (di solito la fecondazione dell’uovo) alla forma adulta finale (Capitolo 3). Lo sviluppo, generalmente, comporta cambiamenti di dimensione e forma, nonché il differenziamento di strutture all’interno dell’organismo. Anche gli organismi unicellulari più semplici si accrescono in grandezza e replicano le proprie parti costitutive, finché si dividono in due o più cellule. Gli organismi pluricellulari subiscono cambiamenti più marcati per tutta la vita. Forme che compaiono in stadi diversi dello sviluppo di alcuni organismi pluricellulari sono talmente dissimili tra loro da risultare difficilmente attribuibili alla stessa specie. Gli embrioni sono distintamente diversi dalle forme giovanili e adulte nelle quali si svilupperanno. Anche lo sviluppo post-embrionale di alcuni organismi comprende stadi enormemente diversi gli uni dagli altri. La trasformazione che avviene da uno stadio all’altro è detta metamorfosi. Vi è poca somiglianza, per esempio, tra l’uovo, la larva, la pupa e l’adulto degli insetti. Gli stadi precoci dello sviluppo tendono spesso a essere più simili in animali di specie imparentate tra loro che gli stadi di sviluppo tardivo. Nella nostra descrizione della diversità animale, illustreremo tutti gli stadi dei cicli vitali osservati, ma ci concentreremo in modo particolare sugli stadi adulti, dove la diversità sia all’interno sia tra differenti gruppi animali tende a essere più marcata. 7. Interazioni con l’ambiente. Tutti gli animali interagiscono con il proprio ambiente. Lo studio dell’interazione degli organismi con l’ambiente è noto come ecologia. Di particolare importanza sono i fattori che determinano la distribuzione geografica e l’abbondanza degli animali. La scienza dell’ecologia ci permette di comprendere come un organismo possa percepire stimoli ambientali e rispondere in modi appropriati, modificando il proprio metabolismo e la propria fisiologia (Figura 1.20). Tutti gli organismi rispondono a stimoli nel proprio ambiente, una proprietà detta eccitabilità. La risposta a uno stimolo può essere semplice, come in un organismo unicellulare che si avvicina o si allontana da una sorgente luminosa o sfugge da una sostanza nociva; oppure può essere molto articolata, come la risposta di un uccello a una serie complessa di segnali nel rito del corteggiamento. Vita e ambiente sono inseparabili. Non possiamo isolare la storia evolutiva di un gruppo di specie affini dagli ambienti in cui è avvenuta.
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
Mattina
Figura 1.20
Mezzogiorno
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Pomeriggio inoltrato
Una lucertola regola la propria temperatura corporea scegliendo microhabitat diversi a diverse ore del
giorno.
8. Movimento. Gli animali sono dotati di movimenti controllati dal proprio organismo. L’energia che gli organismi animali ricavano dall’ambiente consente loro di compiere e controllare i movimenti. In tutte le forme di vita, questi ultimi, a livello cellulare, sono essenziali per la riproduzione, per lo sviluppo e per le risposte agli stimoli. Negli organismi pluricellulari, tali movimenti servono anche per lo sviluppo. Negli animali, il movimento autonomo raggiunge livelli di grande diversità e in questo libro si prenderanno in considerazione le descrizioni e l’evoluzione degli adattamenti. Osservando su una scala maggiore, possiamo notare come intere popolazioni o specie possono disperdersi col tempo da un luogo geografico a un altro attraverso la locomozione. Il movimento caratteristico della materia non vivente, come quello delle particelle in soluzione, il decadimento radioattivo dei nuclei e l’eruzione dei vulcani non è controllato dagli oggetti stessi e coinvolge spesso forze esterne. I movimenti degli organismi viventi, spesso adattabili e utili, sono assenti nel mondo inanimato.
La vita ubbidisce a leggi fisiche A osservatori inesperti, le otto proprietà della vita appena descritte possono sembrare in disaccordo con le leggi basilari della fisica. Il vitalismo, l’idea secondo cui la vita sia dotata di una misteriosa forza vitale, che vìola le leggi fisiche e chimiche, è stato in passato sostenuto con forza. La ricerca biologica ha fermamente respinto il vitalismo, dimostrando, invece, che tutti i sistemi viventi operano e si evolvono entro i limiti delle leggi fondamentali della fisica e della chimica. Le leggi che regolano l’energia e le sue trasformazioni (termodinamica) sono particolarmente importanti per capire la vita. La prima legge della termodinamica è quella della conservazione dell’energia. L’energia non si crea né si distrugge, ma può essere trasformata da una forma a un’altra. Tutti gli aspetti della vita richiedono energia e la sua trasformazione. L’energia per sostenere la vita sulla Terra fluisce dalle reazioni di fusione che avvengono nel Sole e raggiunge la Terra sotto forma di luce e calore. La luce solare è catturata dalle piante verdi, dalle alghe e da alcune specie di batteri, e trasformata, attraverso il processo della fotosintesi, in legami chimici. L’energia di legame chimico è una forma di energia potenziale, che può essere rilasciata quando il legame si spezza ed è utilizzata per
svolgere varie funzioni nella cellula. L’energia trasformata e immagazzinata nelle piante è poi usata dagli animali che le mangiano; questi, a loro volta, forniscono energia ai propri rispettivi predatori. La seconda legge della termodinamica stabilisce che i sistemi fisici tendono a procedere verso uno stato di maggiore disordine o entropia. L’energia ottenuta e immagazzinata dalle piante è successivamente rilasciata attraverso una varietà di meccanismi, e alla fine dissipata come calore. L’alto grado di organizzazione molecolare delle cellule viventi si ottiene e si mantiene solo fino a che l’energia alimenta l’organizzazione. Il destino ultimo dei materiali nelle cellule è la degradazione e la dissipazione dell’energia dei loro legami chimici sotto forma di calore. Il processo di evoluzione, in base al quale la complessità degli organismi può aumentare nel tempo, sembra violare la seconda legge della termodinamica, ma ciò non è vero. La complessità degli organismi è stata ottenuta e conservata solamente mediante il costante utilizzo e la dissipazione dell’energia che fluisce dal Sole all’interno della biosfera. La sopravvivenza, la crescita e la riproduzione degli animali richiedono energia che deriva dalla rottura delle complesse molecole del cibo in semplici prodotti organici di rifiuto. I processi con cui gli animali acquistano energia, attraverso la nutrizione e la respirazione, sono oggetto di studio della fisiologia.
Zoologia come parte della biologia Gli animali costituiscono un ramo distinto dell’albero evolutivo della vita. Esso è un grande e antico ramo, che si originò nei mari del Precambriano, oltre 600 milioni di anni fa. Gli animali fanno parte di un ramo ancora più grande, noto come eucarioti, organismi le cui cellule contengono nuclei racchiusi da membrana. Questo ramo più grande comprende i protisti, le piante e i funghi. Forse, la caratteristica più distintiva degli animali, come gruppo, è il loro sistema di nutrizione, che consiste nel mangiare altri organismi. Questo modo basilare di vita portò all’evoluzione di molti sistemi diversi per la locomozione, la cattura e la manipolazione di un’ampia varietà di fonti di cibo. Gli animali possono essere distinti anche per l’assenza di proprietà evolute in altre linee eucariotiche. Le piante, per esempio, hanno evoluto la capacità di usare l’energia luminosa per produrre
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Parte 1 Introduzione alla vita animale
composti organici (fotosintesi), nonché pareti rigide che circondano le membrane cellulari; fotosintesi e pareti cellulari sono assenti negli animali. I funghi hanno evoluto la capacità di nutrizione mediante assorbimento di piccole molecole organiche dall’ambiente e hanno un’organizzazione del corpo che consiste di filamenti tubulari chiamati ife; strutture di questo tipo sono assenti nel regno animale. Alcuni organismi presentano una combinazione delle caratteristiche degli animali e delle piante. Per esempio, Euglena (Figura 1.21) è un organismo unicellulare mobile, che somiglia alle piante per la capacità fotosintetica, ma somiglia anche agli animali per la capacità di ingerire particelle di cibo. Euglena è collocata in un regno separato di organismi unicellulari primitivi, i protisti, i cui membri contengono una mescolanza di proprietà che somigliano sia a quelle delle piante sia a quelle degli animali. I protisti possono costituire un ramo separato, legato all’albero della vita eucariotica. Le caratteristiche strutturali ed embrionali fondamentali evolutesi nel regno animale saranno presentate in dettaglio nel Capitolo 3.
Principi della scienza Natura della scienza Abbiamo stabilito all’inizio di questo capitolo che la zoologia è lo studio scientifico degli animali. Una conoscenza di base della zoologia rende perciò necessario capire che cosa
la scienza sia, che cosa non sia, e come si raggiunge la conoscenza per mezzo del metodo scientifico. La scienza è un modo di porsi domande sul mondo naturale e, talvolta, di ottenere precise risposte al riguardo. Sebbene la scienza, nel senso moderno, sia nata recentemente nella storia umana (negli ultimi 200 anni o poco più), la tradizione di porsi domande sul mondo naturale è antica. In questo paragrafo esaminiamo la metodologia che la zoologia condivide con la scienza nel suo insieme. Queste caratteristiche distinguono la scienza da altre attività che escludiamo dall’ambito scientifico, come l’arte e la religione. Nonostante l’enorme impatto che la scienza ha sulla nostra vita, molte persone hanno solo una vaga idea di cosa sia la scienza. Per esempio, il 19 marzo 1981 il governatore dell’Arkansas ha promulgato la legge: “Un trattamento paritetico della Scienza Creazionista con la Scienza Evoluzionista” (legge 590 del 1981). Questa legge presentava in modo falso la Scienza Creazionista come un metodo scientifico valido. La Scienza Creazionista è oggi, di fatto, una credenza religiosa, supportata da una minoranza delle comunità religiose americane e non può essere un alcun modo considerata scienza. L’applicazione di questa legge ha portato a una causa che si è svolta nel 1981. Il principio fondamentale a cui si appellavano le parti lese era che il governo degli Stati Uniti non poteva forzare l’adozione di una religione o preferirne una anziché un’altra. Molte testimonianze durante il processo hanno avuto a che fare con la definizione di scienza. Alcuni testimoni hanno definito scienza semplicemente quello che è pubblicamente accettato dalla comunità scientifica. Le caratteristiche della scienza devono essere le seguenti. • • • • •
Flagello (locomozione)
Cloroplasti (fotosintesi)
È guidata dalle leggi naturali. Deve essere esplicativa con riferimento alle leggi naturali. È verificabile dall’osservazione del mondo. Le sue conclusioni sono ipotesi. È contestabile.
L’ottenimento della conoscenza scientifica deve essere guidato dalle leggi fisiche e chimiche che governano lo stato di esistenza. La conoscenza scientifica deve spiegare ciò che viene osservato in riferimento alle leggi naturali, senza richiedere l’intervento di enti o energie soprannaturali. Noi dobbiamo essere capaci di osservare eventi del mondo reale, direttamente o indirettamente, per saggiare ipotesi sulla natura. Se traiamo una conclusione, relativa a qualche evento, dobbiamo essere sempre pronti a eliminarla o modificarla se ulteriori osservazioni la contraddicono. La scienza è neutrale sulla questione religiosa e i risultati della scienza non favoriscono la posizione di una religione su un’altra.
Metodo scientifico
Figura 1.21
Alcuni organismi, come l’unicellulare Euglena (mostrato qui) e Volvox (vedi la Figura 1.17), combinano caratteristiche proprie degli animali (locomozione) e delle piante (fotosintesi).
I criteri essenziali della scienza formano la base per il metodo ipotetico-deduttivo. Il primo passo di un tale metodo è la formulazione di ipotesi o potenziali risposte al quesito che ci si pone. Queste ipotesi, di solito, sono basate su osservazioni precedenti della natura o derivano da teorie basate su tali osservazioni. Le ipotesi scientifiche spesso forniscono criteri generali riguardo alla natura, che possono servire a spiegare un gran numero di osservazioni diverse. L’ipotesi di Darwin sulla
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
selezione naturale, per esempio, fornisce una spiegazione del fatto che molte specie diverse hanno caratteristiche atte a permettere loro l’adattamento all’ambiente. Sulla base dell’ipotesi, lo scienziato deve fare una previsione sulle future osservazioni. Lo scienziato deve dire: “se la mia ipotesi è una spiegazione valida delle passate osservazioni, allora le future osservazioni devono presentare determinate caratteristiche”. Le ipotesi migliori sono quelle che fanno molte previsioni, le quali, se risultano sbagliate, porteranno a respingere o a negare l’ipotesi. Il metodo scientifico osserva le seguenti fasi: • • • • • •
osservazione; domanda; ipotesi; prova empirica; conclusioni; pubblicazione.
Le osservazioni illustrate nella Figura 1.14 rappresentano un primo passo critico nello studio della vita delle popolazioni naturali. Per esempio, le osservazioni di larve di granchio mostrate nella Figura 1.15 potrebbero indurre il ricercatore a domandarsi se il tasso di crescita delle larve è più alto nelle popolazioni non esposte a inquinanti chimici rispetto a quelle esposte. Si formula, quindi, un’“ipotesi zero”, che permette di eseguire le prove empiriche. Un’ipotesi zero è una formulazione che, se dimostrata falsa, viene rifiutata. In questo caso, l’ipotesi zero è che i tassi di crescita delle larve siano gli stessi sia in ambiente inquinato sia in uno non inquinato. L’operatore, pertanto, esegue delle prove empiriche e raccoglie i dati dei tassi di crescita delle popolazioni in entrambi gli ambienti. Formalmente, i due set sperimentali sono in condizioni equivalenti, eccetto che per la presenza dell’inquinante. Se i risultati mostrano delle significative differenze nei valori delle due popolazioni, l’ipotesi zero è rigettata. Si conclude, quindi, affermando che l’inquinamento chimico altera i tassi di crescita delle larve di granchio. Un test statistico è di norma necessario per assicurare che le differenze dei due gruppi dipendano solo dalla presenza dell’inquinante e non dalla variabilità del campione. Se l’ipotesi zero non può essere rigettata, si accetta la formulazione che l’inquinante non ha alcun effetto sulle popolazioni. I risultati dello studio vengono quindi pubblicati per comunicare le scoperte ad altri ricercatori, che possono ripetere gli esperimenti, aggiungendo altre popolazioni delle stesse specie o di specie diverse. Le conclusioni degli studi iniziali, quindi, possono servire da osservazioni per ulteriori domande e ipotesi, nonché per reiterare il processo d’analisi scientifica. Si deve notare che un’ipotesi zero non può dimostrarsi corretta usando solo il metodo scientifico. Se i dati disponibili sono compatibili con essa, l’ipotesi può servire da guida per raccogliere ulteriori dati che potenzialmente possono negarla. Quindi, le ipotesi che si dimostrano più veritiere sono quelle confermate da un grande numero di test empirici. L’ipotesi della selezione naturale fu invocata per spiegare la variabilità osservata nelle popolazioni inglesi di falene. Nelle aree industriali dell’Inghilterra altamente contaminate, molte popolazioni di falene contengono individui a pigmentazione principalmente scura (melanici), mentre popolazioni di falene che abitano foreste non inquinate esprimono una frequenza molto più alta di individui solo leggermente pigmentati. L’ipotesi suggeriva che le falene possano sopravvivere più efficacemente riducendo le proprie differenze cro-
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matiche con l’ambiente, diventando in tal modo pressoché invisibili agli uccelli che cercano di catturarle. Studi sperimentali hanno mostrato che, in accordo con questa ipotesi, gli uccelli sono capaci di localizzare, e quindi di catturare, le falene cromaticamente diverse dall’ambiente che le circonda. Uccelli che vivono nello stesso areale non sono spesso in grado di identificare falene che dal punto di vista cromatico non siano distinguibili dall’ambiente e ciò consente a queste ultime di riprodursi e moltiplicarsi a scapito di quelle ben distinguibili. Un’altra previsione verificabile dell’ipotesi della selezione naturale è che, quando le aree contaminate vengono disinquinate, le popolazioni di falene devono dimostrare un aumento nella frequenza degli individui poco pigmentati. Osservazioni di tali popolazioni confermarono il risultato previsto dalla selezione naturale. Se un’ipotesi è veramente potente nello spiegare un’ampia varietà di fenomeni correlati, essa conquisterà lo status di una vera e propria teoria. La selezione naturale è un buon esempio di ciò. Il nostro esempio dell’uso della selezione naturale per spiegare i pattern della pigmentazione osservati nelle popolazioni di falene, è soltanto uno dei molti fenomeni ai quali essa si applica. La selezione naturale fornisce una potenziale spiegazione della comparsa di molti diversi caratteri, distribuiti praticamente in tutte le specie animali. Ciascuno di questi casi fornisce un’ipotesi specifica che nasce dalla teoria della selezione naturale. Tuttavia, si noti che la confutazione di una specifica ipotesi non porta necessariamente alla negazione della teoria nel suo insieme. La selezione naturale può non essere in grado di spiegare aspetti dell’origine del comportamento umano, per esempio, ma fornisce un’eccellente spiegazione delle molte modificazioni strutturali dell’arto pentadattilo dei vertebrati per diverse funzioni. Gli scienziati saggiano molte ipotesi secondarie delle loro teorie principali per verificare se esse siano generalmente applicabili. Le teorie più utili sono quelle che possono spiegare il maggior numero di fenomeni naturali diversi. Bisogna enfatizzare che il significato della parola “teoria”, se usata dagli scienziati, non significa “speculazione” come nell’uso comune. La mancanza di questa distinzione è stata un aspetto nodale della sfida del creazionismo all’evoluzione. I creazionisti hanno parlato di evoluzione come se fosse “soltanto una teoria”, quasi poco più di una supposizione. Al contrario, la teoria dell’evoluzione è sostenuta da prove così solide che la maggior parte dei biologi vede il rifiuto dell’evoluzione come equivalente al rifiuto della realtà. L’evoluzione, come tutte le altre teorie scientifiche, non è dimostrata in senso matematico, ma è testabile, sperimentale e confutabile. Teorie potenti che guidano un ampio ambito della ricerca sono dette paradigmi. La storia della scienza ha mostrato che anche i più importanti paradigmi sono soggetti a confutazione e sostituzione, se falliscono nel rendere conto delle nostre osservazioni del mondo naturale. Essi, quindi, sono sostituiti da nuovi paradigmi in un processo noto come rivoluzione scientifica. Per esempio, prima del 1800 le specie animali erano studiate come entità indipendenti, le cui proprietà essenziali rimanevano inalterate nel tempo. Le teorie di Darwin portarono a una rivoluzione scientifica che sostituì queste idee con il paradigma dell’evoluzione. Esso ha guidato la ricerca biologica per più di 130 anni e oggi non vi è alcuna evidenza scientifica che possa confutarlo; continua a guidare la ricerca attiva nel mondo naturale ed è generalmente accettato come la pietra miliare della biologia.
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Parte 1 Introduzione alla vita animale
I chimici e i fisici spesso usano il termine “legge” per indicare teorie altamente convalidate che possono essere sempre applicate senza eccezioni al mondo fisico e sono considerate uniformi nel tempo e nello spazio. Tuttavia, poiché il mondo biologico è temporalmente e spazialmente delimitato e il cambiamento evolutivo ha prodotto un’enorme varietà di forme con diverse proprietà che si manifestano a più livelli (vedi la Tabella 1.1), i biologi evitano di utilizzare il termine “legge” per le proprie teorie. Quasi tutte le leggi biologiche proposte in passato non si sono dimostrate valide per tutte le forme di vita ma solo per alcune; per esempio, le leggi dell’ereditarietà di Mendel non si applicano ai batteri e spesso non vengono osservate persino in specie animali e vegetali che in genere le rispettano. Le teorie di Darwin dell’evoluzione continua e graduale da un comune discendente sono forse le uniche affermazioni che si potrebbero definire “leggi” della biologia.
cellulare, l’endocrinologia, la biologia dello sviluppo e l’ecologia di comunità. In contrapposizione alle domande relative alle cause prime dei sistemi biologici, vi sono le domande relative alle cause ultime che hanno prodotto questi sistemi e le loro proprietà distintive nel corso dell’evoluzione. Per esempio, quali sono i fattori evolutivi che hanno spinto alcuni uccelli ad acquisire programmi complessi di migrazione stagionale tra aree temperate e aree tropicali? Perché specie diverse di animali hanno numeri diversi di cromosomi nelle loro cellule? Perché alcune specie animali mantengono complessi sistemi sociali, mentre altre sono solitarie? Le scienze biologiche che si occupano delle cause ultime sono note come scienze evolutive e procedono usando prevalentemente il metodo comparativo, piuttosto che la sperimentazione. Le caratteristiche della biologia molecolare, della biologia cellulare, della struttura dell’organismo, dello sviluppo e dell’ecologia sono confrontate tra specie correlate, per identificarne i pattern di variazione. I pattern di somiglianza e di differenza possono essere usati per verificare ipotesi relative al grado di parentela e, quindi, per ricostruire l’albero evolutivo che mette in relazione le specie confrontate. L’albero evolutivo (Figura 1.22) è quindi utilizzato per vagliare ipotesi sull’origine evolutiva delle diverse proprietà molecolari, cel-
Scienze sperimentali e scienze evolutive Le numerose domande che la gente si è posta sul mondo animale, fin dal tempo di Aristotele, possono essere raggruppate in due principali categorie. La prima cerca di capire le cause prime o immediate che costituiscono la base del funzionamento dei sistemi biologici in un dato momento. Queste riguardano i problemi atti a spiegare come gli animali svolgano le proprie funzioni metaboliche, fisiologiche e comportamentali a livello molecolare, cellulare, di organismo e anche di popolazione. Per esempio, come si esprime l’informazione genetica nel dirigere la sintesi proteica? Che cosa spinge le cellule a dividersi per produrre nuove cellule? Come la densità della popolazione influenza la fisiologia e il comportamento degli organismi? Le scienze biologiche che si occupano delle cause prossime sono note come scienze sperimentali e procedono usando il metodo sperimentale. Lo scopo è quello di testare le nostre conoscenze di un sistema biologico. Noi prediciamo i risultati di un esperimento basandoci sulla conoscenza dei fenomeni che in esso si verificano. Se la nostra conoscenza è corretta e completa, allora il risultato previsto dovrebbe verificarsi. Se, dopo la sperimentazione, otteniamo un risultato inaspettato, ci rendiamo conto che il grado di conoscenza non era sufficiente o completo. Gli esperimenti sono allora ripetuti per eliminare la possibilità di eventi occasionali che potrebbero produrre conclusioni erronee. Controlli – ripetizioni della procedura sperimentale in assenza del disturbo – sono eseguiti per eliminare fattori aspecifici che potrebbero influenzare l’andamento dell’esperimento. I processi con i quali gli animali mantengono una data temperatura corporea in condizioni ambientali diverse, digeriscono il cibo, migrano verso nuovi habitat o immagazzinano energia sono alcuni esempi ulteriori di fenomeni fisiologici studiati col metodo sperimentale. Sottosettori della biologia, che rappresentano nel loro insieme le scienze sperimentali, comprendono la biologia molecolare, la biologia
Figura 1.22 Albero della vita disegnato nel 1874 dal biologo tedesco Ernst Haeckel, che fu molto influenzato dalla teoria della discendenza comune di Darwin. Molte delle ipotesi filogenetiche mostrate in questo albero, che includono la progressione unilaterale dell’evoluzione verso l’uomo (= Menschen, in alto) sono state confutate.
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
L’etica nella ricerca animale
L’
uso di animali per provvedere ai bisogni umani ha causato problemi di carattere etico. I più controversi sono quelli che riguardano l’uso degli animali nelle ricerche biochimiche e comportamentali e nei test dei prodotti commerciali. Il Congresso americano ha approvato una serie di emendamenti conosciuti come Atto Federale per la Salute degli Animali, cioè un complesso di leggi che tutelano la salute degli animali in laboratorio. Questi emendamenti sono conosciuti come le tre R: riduzione del numero di animali necessari per la ricerca; raffinamento delle tecniche che possono causare stress o sofferenza; rimpiazzamento, ove possibile, degli animali vivi con simulazioni o con colture cellulari di organo. Grazie all’applicazione degli emendamenti, si è visto che il numero di animali utilizzati in laboratorio o per testare prodotti destinati all’uso umano è sensibilmente diminuito. Anche lo sviluppo della biologia molecolare e cellulare ha contribuito a far diminuire l’utilizzo di animali in laboratorio e nei test. Il movimento per i diritti degli animali ha creato una coscienza dei bisogni degli animali utilizzati nella ricerca e ha stimolato i ricercatori a scoprire alternative meno costose, più efficienti e meno cruente alla sperimentazione animale. Tuttavia, i computer e le colture cellulari possono essere usate in alternativa solo quando i principi di base coinvolti nella sperimentazione sono ben compresi e caratterizzati. Spesso, quando devono essere indagati e controllati i principi stessi, il modello al computer è insufficiente. Il National Research Council, se da un lato ammette che gli sforzi volti a individuare alternative alla sperimentazione animale nella ricerca debbano continuare, dall’altro afferma che “la probabilità che in futuro
tali alternative soppiantino del tutto gli animali è pari a zero”. Gli obiettivi reali e immediati, sono: la riduzione del numero di animali utilizzati, la sostituzione dei mammiferi con altri vertebrati e la ricerca di procedure sperimentali meno cruente per tutelare gli animali utilizzati per la ricerca. Il progresso medico e veterinario dipende dalla ricerca animale. Qualsiasi farmaco e vaccino sviluppato per migliorare la condizione umana è stato prima testato sugli animali. La ricerca medica che utilizza animali ha permesso di eliminare il vaiolo e la poliomielite almeno da alcune parti del mondo e di immunizzare contro malattie prima comuni e spesso mortali, tra cui la difterite, la parotite e la rosolia. Ha anche contribuito a creare i farmaci contro il cancro, il diabete, le malattie cardiache, la depressione, e allo sviluppo di procedure chirurgiche, compresa la cardiochirurgia, le trasfusioni di sangue e la rimozione della cataratta. La ricerca sull’AIDS è del tutto dipendente da studi su animali. La somiglianza del virus dell’AIDS individuato in scimmie Rhesus con il virus dell’AIDS umano ha consentito di utilizzare la malattia nelle scimmie come modello di studio e di sperimentazione per la malattia umana. Una recente pubblicazione scientifica indica, inoltre, che i gatti possono essere validi modelli per lo sviluppo di un vaccino contro l’AIDS. Gli esperimenti di innesto cutaneo, dapprima eseguiti con bovini e suini e in seguito con altri animali, ha aperto una nuova era nella ricerca immunologica, con un grande contributo al trattamento delle malattie negli esseri umani. Gli animali stessi hanno tratto beneficio dalla ricerca animale, poiché è stato possibile sviluppare cure veterinarie. Infatti, i vaccini per la leucemia felina e i parvovi-
rus canini sono stati saggiati prima su gatti e cani. Molte altre vaccinazioni per gravi malattie degli animali, come per esempio la rabbia, il cimurro, l’antrace, l’epatite e il tetano, sono state sviluppate attraverso tale ricerca. Le specie in via di estinzione, in genere, non sono mai utilizzate per la ricerca (eccetto quelle specie che devono essere protette dall’estinzione totale). Tuttavia, resta ancora molto da imparare sul trattamento di malattie come il cancro, l’AIDS, il diabete, le malattie del cuore, e pertanto il coinvolgimento degli animali sarà ancora necessario. Nonostante i notevoli vantaggi e benefici derivanti dall’uso degli animali nella ricerca, gli animalisti non lo considerano eticamente corretto. La maggior parte degli attivisti per i diritti degli animali ne invoca la totale abolizione. La comunità scientifica è profondamente preoccupata per le conseguenze che tali attacchi potrebbero apportare alla conduzione di importanti esperimenti a beneficio di persone e animali. Se, da un lato, l’uomo può essere giustificato perché utilizza gli animali per l’alimentazione, per ricavarne fibre e come ani-
Secondo il Department of Health and Human Service degli Stati Uniti, la ricerca sugli animali ci ha aiutati ad aumentare la nostra aspettativa di vita di 20,8 anni.
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Parte 1 Introduzione alla vita animale
mali da compagnia, non può essere giustificato anche per la sperimentazione nelle ricerche per la salute umana, quando questi studi sono condotti in maniera eticamente corretta? L’Associazione Assessment and Accreditation of Laboratory Animal Care International supporta l’uso di animali per far progredire la medicina e la scienza, quando un’alternativa non-animale non è disponibile e quando gli animali sono trattati in un modo eticamente corretto. L’accreditamento a questa organizzazione consente agli istituti di ricerca di dimostrare l’eccellenza dei loro standard nella cura degli animali. Quasi tutte le principali istituzioni che ricevono finanzia-
menti dal National Institutes of Health hanno chiesto e ottenuto tale riconoscimento. Si veda il sito web all’indirizzo www.aaalac.org per ulteriori informazioni sulla normativa circa la cura degli animali da laboratorio.
Bibliografia Commission on Life Sciences, National Research Council. 1985. Use of laboratory animals in biomedical and behavioral research, Washington, D.C., National Academic Press. Dichiarazione della politica nazionale sulle linee guida per l’uso degli animali nella ricerca biomedica. Comprende un capitolo sui benefici derivati dall’uso degli animali.
lulari, a livello di organismi e di popolazione che sono presenti nel mondo animale. Chiaramente, le scienze evolutive si basano sui risultati delle scienze sperimentali come punto di partenza. Le scienze evolutive comprendono la biochimica comparata, l’evoluzione molecolare, la biologia cellulare comparata, l’anatomia comparata, la fisiologia comparata e la sistematica filogenetica. L’uso scientifico dell’espressione “causa ultima”, a differenza dell’uso aristotelico, non implica per fe-
Groves, J.M. 1997. Hearts and minds: the controversy over laboratory animals. Philadelphia, Pennsylvania, Temple University Press. Controversa review dei contrasti da parte di un giornalista che ha condotto varie interviste con gli attivisti e i sostenitori della ricerca animale. Paul, E.F., e Paul, J. (a cura di) 2001. Why animal experimentation matters: the use of animals in medical research. New Brunswick, New Jersey, Social Philosophy and Policy Foundation, and Transaction Publishers. Saggi di scienziati, storici e filosofi che difendono la sperimentazione animale, dimostrando la sua accettabilità morale e la sua importanza storica.
nomeni naturali un obiettivo precognitivo. Il concetto che la natura abbia un obiettivo predeterminato, per esempio l’evoluzione della mente umana, viene definito teleologico. La teleologia è l’idea errata basata sul fatto che l’evoluzione degli organismi viventi sia guidata verso una soluzione progettuale ottimale. Il grande successo della teoria evolutiva darwiniana è stato il suo rifiuto della teleologia nella spiegazione della variabilità biologica.
Riepilogo Gli organismi viventi mostrano una considerevole uniformità nella costituzione chimica e nel metabolismo, il che suggerisce l’esistenza di un’origine comune. La vita sulla Terra non può essersi sviluppata senza acqua, componente primario delle cellule viventi. La struttura unica dell’acqua e la sua capacità di formare legami idrogeno tra molecole adiacenti sono responsabili delle sue speciali proprietà: solubilità, alta capacità calorica, punto di ebollizione, tensione superficiale, minore densità allo stato solido piuttosto che liquido. La vita sulla Terra dipende anche fortemente dalla chimica del carbonio. Il carbonio è particolarmente versatile nel legarsi con se stesso o con altri atomi ed è il solo elemento capace di formare le grandi molecole presenti negli esseri viventi. I carboidrati sono composti principalmente di carbonio, idrogeno e ossigeno, raggruppati come H—C—OH. I più semplici carboidrati sono gli zuccheri, che servono come fonte immediata di energia nei sistemi viventi. I monosaccaridi, o zuccheri semplici, possono legarsi insieme per formare disaccaridi o polisaccaridi, che servono come riserve
di zuccheri o svolgono ruoli strutturali. I lipidi costituiscono un’altra classe di grandi molecole che formano catene di composti di carbonio: i lipidi esistono essenzialmente sotto forma di grassi, fosfolipidi e steroidi. Le proteine sono grandi molecole formate da aminoacidi uniti insieme da legami peptidici. Molte proteine funzionano come enzimi che catalizzano reazioni biologiche. Ogni tipo di proteina ha una struttura primaria, secondaria, terziaria e anche quaternaria critica per il suo funzionamento. Gli acidi nucleici sono polimeri di unità nucleotidiche, ciascuna composta da uno zucchero, una base azotata e un gruppo fosfato. Essi contengono il materiale ereditario e svolgono il ruolo primario della sintesi proteica. Gli esperimenti effettuati da Louis Pasteur nel 1860 convinsero gli scienziati che gli organismi non hanno avuto origine da materiale inorganico. Circa 60 anni dopo, Oparin e Haldane fornirono una spiegazione di come un antenato comune di tutte le forme viventi avesse potuto avere origine da materia non vivente circa 4 miliardi di anni fa. L’origine della vita sulla Terra avvenne dopo una lunga evo-
Capitolo 1 Origini, chimica e principi della vita
luzione abiotica molecolare, in cui le molecole organiche si accumularono lentamente in un “brodo primordiale”. L’atmosfera sulla Terra primitiva era riducente e l’ossigeno libero era scarso o mancava del tutto. Le radiazioni ultraviolette raggiungevano la superficie terrestre con intensità molto più elevata perché non vi era lo strato di ozono nell’atmosfera. Radiazione ultravioletta, scariche dei fulmini o calore da bocche idrotermiche potrebbero avere fornito energia per la formazione di molecole organiche. Miller e Urey dimostrarono che l’ipotesi di Oparin-Haldane era plausibile mediante semplici esperimenti. La concentrazione dei reagenti necessari per le prime sintesi di molecole organiche fu fornita da superfici umide, particelle di argilla, pirite o altre condizioni. L’RNA può essere stata la biomolecola primordiale che ha svolto sia la funzione di codificante genetico sia quella catalitica. Quando comparvero i sistemi in grado di autoreplicarsi, l’evoluzione per selezione naturale potrebbe aver aumentato la loro diversità e complessità. I primi organismi furono eterotrofi primari che vivevono con l’energia immagazzinata nelle molecole sciolte nel brodo primordiale. Più tardi, l’evoluzione ha prodotto organismi autotrofi che potevano sintetizzare i propri nutrienti organici (carboidrati) da materiale inorganico. Gli autotrofi sono protetti meglio degli eterotrofi dall’esaurimento dei composti organici nell’ambiente. L’ossigeno molecolare cominciò ad accumularsi nell’atmosfera come prodotto della fotosintesi, un processo autotrofico che produce zuccheri e ossigeno dalla reazione di acqua e anidride carbonica. I cianobatteri sembrano essere i principali responsabili per la generazione di ossigeno atmosferico nelle fasi precoci della storia della Terra. Tutti i batteri sono procarioti, cioè organismi privi della membrana nucleare e di altri organuli citoplasmatici. I procarioti consistono di due gruppi geneticamente distinti, gli archea e le monere.
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Sembra che gli eucarioti abbiano avuto origine dall’unione simbiotica di due o più tipi di procarioti. Il materiale genetico (DNA) degli eucarioti è confinato all’interno di un nucleo cellulare delimitato dalla membrana nucleare, ma si trova anche nei mitocondri e in qualche plastidio. I mitocondri e i plastidi hanno analogie con i batteri, e il loro DNA è più affine a quello dei batteri che al genoma contenuto nel nucleo degli eucarioti. La zoologia è lo studio scientifico degli animali ed è una parte della biologia, lo studio scientifico della vita. Animali e vita sono entità in continuo cambiamento e possono essere descritti soltanto nei termini delle caratteristiche che hanno acquisito nel corso della loro lunga storia evolutiva. Le proprietà più evidenti della vita sono unicità chimica, complessità e organizzazione gerarchica, riproduzione, possesso di un programma genetico, metabolismo, sviluppo, interazioni con l’ambiente e movimento. I sistemi biologici contengono una gerarchia di livelli integrativi (molecolare, cellulare, di organismo, di popolazione e di specie), ciascuno dei quali è caratterizzato da un certo numero di specifiche proprietà emergenti. La scienza è caratterizzata dall’acquisire la conoscenza formulando e quindi verificando ipotesi attraverso osservazioni del mondo naturale. La scienza è guidata dalla legge naturale e le sue ipotesi possono essere sperimentate, provate o confutate. Le scienze zoologiche possono suddividersi in due categorie: le scienze sperimentali e le scienze evolutive. Le prime usano il metodo sperimentale per capire come gli animali realizzino le funzioni fondamentali del metabolismo, dello sviluppo, del comportamento e della riproduzione, anche a livello dei sistemi molecolare, cellulare e di popolazione. Le scienze evolutive si servono del metodo comparativo per ricostruire la storia della vita e quindi utilizzano tale storia per capire come le diverse specie e le loro proprietà molecolari, cellulari, di organismo e di popolazione si sono manifestate nel corso dell’evoluzione. Le ipotesi che resistono a esperimenti ripetuti e che quindi spiegano diversi fenomeni assurgono allo status di teoria.
Domande di riepilogo 1. Esponi ciascuna delle seguenti proprietà dell’acqua e spiega come ognuna viene caratterizzata dalla natura dipolare della molecola d’acqua: alta capacità di calore specifico, alto calore di vaporizzazione, singolare comportamento della densità, alta tensione superficiale, alta capacità solvente per ioni e sali. 2. Qual era la composizione dell’atmosfera terrestre al tempo dell’origine della Terra e come si differenzia da quella di oggi? 3. In riferimento agli esperimenti di Miller e Urey, descritti in questo capitolo, spiega in cosa consistevano: osservazioni, induzione, ipotesi, deduzione, previsione, dati, controllo. 4. Spiega il significato degli esperimenti di Miller-Urey. 5. Cita tre diverse sorgenti di energia che poterono favorire le reazioni, sulla Terra primitiva, per formare composti organici. 6. Quali sono i diversi meccanismi con cui le molecole organiche, nel mondo prebiotico, poterono concentrarsi in modo tale che potessero avvenire altre reazioni?
7. Attraverso quale reazione biochimica in natura si forma il glucosio? 8. Quali sono le differenze caratteristiche, nella struttura molecolare, tra lipidi e carboidrati? 9. Spiega la differenza tra struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria di una proteina. 10. Quali sono gli acidi nucleici importanti in una cellula e da quali unità sono formati? 11. Qual è l’origine dell’ossigeno nell’atmosfera attuale e qual è il suo significato metabolico per la maggior parte degli organismi che vivono oggi? 12. Distingui tra eucarioti e procarioti. 13. Descrivi il punto di vista di Margulis sull’origine degli eucarioti dai procarioti. 14. Cos’è l’esplosione cambriana e come può essere spiegata? 15. Qual è la difficoltà nel fornire una semplice definizione della vita? 16. Quali sono le differenze chimiche basilari che distinguono i sistemi viventi dai non viventi?
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Parte 1 Introduzione alla vita animale
17. Descrivi l’organizzazione gerarchica della vita. Come può questa organizzazione portare alla comparsa di nuove proprietà a differenti livelli di complessità? 18. Qual è la relazione tra eredità e variazione nei sistemi biologici in riproduzione? 19. Descrivi come l’evoluzione degli organismi complessi è compatibile con la seconda legge della termodinamica. 20. Quali sono le caratteristiche principali della scienza?
Descrivi come gli studi evolutivi, e non il “creazionismo scientifico”, presentino tali caratteristiche. 21. Usa gli studi di selezione naturale nelle popolazioni di falene inglesi per illustrare il metodo ipotetico-deduttivo della scienza. 22. Qual è la relazione tra un’ipotesi, una teoria, un paradigma e un fatto scientifico? 23. Spiega come i biologi distinguono le scienze sperimentali da quelle evolutive.