Metodologia della ricerca in psicologia Cap..2 - il metodo scientifico

Page 1

02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

2

7-03-2012

12:38

Pagina 27

Il metodo scientifico

2.1 APPROCCIO SCIENTIFICO E APPROCCIO INGENUO ALLA CONOSCENZA 2.1.1 Approccio generale e atteggiamento 2.1.2 Osservazione 2.1.3 Resoconto 2.1.4 Concetti 2.1.5 Strumenti 2.1.6 Misurazione 2.1.7 Ipotesi 2.2 LE FINALITÀ DEL METODO SCIENTIFICO 2.2.1 Descrizione 2.2.2 Predizione 2.2.3 Spiegazione e comprensione 2.2.4 Applicazione 2.3 COSTRUZIONE E VERIFICA DI UNA TEORIA SCIENTIFICA RIASSUNTO

2.1 Approccio scientifico e approccio ingenuo alla conoscenza • Il metodo scientifico è empirico e richiede un’osservazione sistematica e controllata. • Gli scienziati ottengono un elevato controllo quando conducono un esperimento manipolando le variabili indipendenti per determinare il loro effetto sul comportamento. • Le variabili dipendenti sono misure del comportamento utilizzate per valutare gli effetti delle variabili indipendenti. • Il resoconto di ricerche scientifiche è imparziale e obiettivo; i costrutti utilizzati nelle ricerche vengono comunicati attraverso le definizioni operative. • Gli strumenti scientifici sono accurati e precisi; le misure fisiche e psicologiche devono essere valide e attendibili. • Un’ipotesi è il tentativo di spiegazione di un fenomeno; le ipotesi verificabili hanno costrutti chiaramente definiti (definizioni operative), non sono circolari e si riferiscono a concetti che possono essere osservati.


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

28

7-03-2012

12:38

Pagina 28

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico Tabella 2.1 Caratteristiche degli approcci scientifico e ingenuo (non scientifico) alla conoscenza*.

Approccio generale: Atteggiamento: Osservazione: Resoconto: Concetti: Strumenti: Misure: Ipotesi:

Ingenuo (non scientifico)

Scientifico

Intuitivo Acritico, osservante Casuale, non controllata Distorto, soggettivo Ambigui, con molteplici significati Inaccurati, imprecisi Non valide o inattendibili Non testabili

Empirico Critico, scettico Sistematica, controllata Non distorto, obiettivo Definizioni chiare, specificità operativa Accurati, precisi Valide e attendibili Verificabili

* Basate in parte su distinzioni suggerite da Marx (1963).

Da più di cento anni alla base della ricerca psicologica c’è il metodo scientifico. Esso non richiede un tipo specifico di equipaggiamento, e non è associato a particolari procedure o tecniche. Come descritto nel Capitolo 1, per metodo scientifico si intende il modo in cui gli scienziati formulano i quesiti di ricerca e la logica dei metodi usati per ottenere le risposte. Il metodo scientifico, al pari di altri metodi di conoscenza, ha come obiettivo la ricerca della verità. Per meglio comprendere le caratteristiche del metodo scientifico dobbiamo distinguerlo dagli altri metodi di acquisizione delle conoscenze che utilizziamo comunemente. Proprio come il telescopio e il microscopio ampliano la nostra capacità di vedere le cose, il metodo scientifico amplia le modalità di acquisizione delle conoscenze. Nella Tabella 2.1 sono delineate le differenze fra il metodo scientifico e il metodo ingenuo di acquisizione delle conoscenze. Le distinzioni presentate nella Tabella 2.1 evidenziano la differenza tra il modo di pensare che caratterizza l’approccio scientifico alla conoscenza e quello che caratterizza l’approccio ingenuo e casuale. Queste distinzioni sono riassunte nelle pagine successive. 2.1.1 Approccio generale e atteggiamento

Abbiamo già descritto nel Capitolo 1 l’importanza del pensiero scettico nel lavoro del ricercatore. I ricercatori sono cauti nell’accettare acriticamente affermazioni sul comportamento e sui processi mentali, e valutano criticamente le evidenze empiriche prima di accettare qualsiasi affermazione. Il comune modo di pensare, invece, considera vere le affermazioni senza richiedere evidenze empiriche o valutandole solo superficialmente. In genere consideriamo vere alcune affermazioni sulla base di ciò che “sentiamo giusto” o che ci “sembra ragionevole”, o utilizzando l’intuito. Nonostante l’intuito possa essere utile quando abbiamo poche informazioni a disposizione, non sempre conduce a conclusioni corrette. Pensiamo, per esempio, al ruolo che ha l’intuito quando leggiamo le recensioni di videogiochi, film e programmi televisivi con contenuti violenti o sessuali.


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 29

PARTE PRIMA – Aspetti generali

Sovente i genitori utilizzano le recensioni per valutare l’adeguatezza del contenuto di un programma o di un videogioco e scegliere i programmi o i videogiochi per i loro figli, poiché intuitivamente le recensioni sono considerate strumenti efficaci per prevenire l’esposizione a contenuti violenti. Di fatto è vero proprio l’opposto! La ricerca dimostra infatti che le recensioni possono rappresentare, per esempio, una tentazione per spettatori adolescenti a scegliere programmi violenti e sessuali. Tale effetto è stato definito da Bushman e Cantor (2003) effetto frutto proibito. I dati mostrano che le recensioni, invece che limitare l’esposizione a contenuti violenti e sessuali, possono incrementarne l’esposizione, perché “possono diventare un metodo utile per la ricerca di tali contenuti” (p. 138). Nel confidare sul nostro intuito per esprimere dei giudizi, spesso non riconosciamo che le nostre percezioni possono essere falsate da distorsioni cognitive (bias cognitivi), o che forse non sono state prese in considerazione tutte le prove disponibili (Kahneman e Tversky, 1973; Tversky e Kahneman, 1974). Susskind (2003) ha dimostrato che i bambini, quando esprimono giudizi sui comportamenti di uomini e donne, sono soggetti a percepire una relazione fra eventi quando in realtà non esiste nessuna relazione (correlazione illusoria). Ai bambini venivano mostrate molte fotografie di uomini e donne impegnati in comportamenti stereotipati (per esempio le donne lavoravano a maglia), originali (uomini che lavoravano a maglia) o neutri (uomini e donne che leggevano un libro) e veniva chiesto loro di stimare quante volte avessero visto ogni fotografia. I risultati indicano che i bambini sovrastimavano il numero di visioni di fotografie con comportamenti stereotipati, evidenziando così come i bambini siano soggetti alla correlazione illusoria. Le loro aspettative che uomini e donne si comportino in modo stereotipato li ha indotti, infatti, a credere che queste fotografie fossero state mostrate più spesso di quanto in realtà fosse accaduto. Siamo infatti più inclini a notare eventi coerenti con le nostre credenze che eventi che le contraddicono. L’approccio scientifico alla conoscenza è empirico anziché intuitivo; esso, infatti, si avvale dell’osservazione diretta e della sperimentazione per rispondere ai quesiti di ricerca. L’intuito può avere un ruolo nella ricerca scientifica, soprattutto nelle prime fasi di definizione della domanda di ricerca; le risposte sono però poi cercate attraverso le prove empiriche fornite dall’osservazione diretta e dalla sperimentazione. 2.1.2 Osservazione

Possiamo imparare molto sul comportamento semplicemente osservando le azioni degli altri; tuttavia le osservazioni che possiamo fare ogni giorno non sono sempre condotte in modo attento e sistematico. Quando osserviamo non ci preoccupiamo di controllare o eliminare i fattori che potrebbero influenzare gli eventi che stiamo osservando. Il risultato è che spesso, basandoci sulle nostre osservazioni casuali, traiamo conclusioni sbagliate. Rifletti, per esempio, sul classico caso di Clever Hans. Hans era un cavallo che, secondo il suo proprietario, un insegnante tedesco di matematica, aveva dei talenti incredibili. Hans era capace di contare, di fare addizioni e sottrazioni semplici (anche con l’uso delle frazioni), di leggere il tedesco, di rispondere a semplici domande (“Cos’ha in mano la signora?”), di dire la data e l’ora (Watson, 1914/1967). Hans rispondeva alle domande battendo lo zoccolo sul terreno o indicando col muso le diverse alternative che gli venivano mostrate. Il suo proprietario considerava Hans davvero intelligente, e negava di usare qualsiasi trucco per guidare il comportamento del

29


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

30

7-03-2012

12:38

Pagina 30

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

Figura 2.1 In alto: Clever Hans si esibisce davanti agli spettatori. In basso: Hans è valutato in condizioni più controllate in cui non può vedere chi gli pone le domande.

suo cavallo; infatti Clever Hans era in grado di fare tutte queste operazioni anche quando a porre le domande erano persone diverse dal proprietario. I giornali pubblicavano i racconti delle performance di Hans e centinaia di persone volevano vedere questo incredibile cavallo (Figura 2.1). Nel 1904 fu creata una commissione scientifica con lo scopo di scoprire le origini delle abilità di Hans. Con grande disappunto del suo proprietario, gli scienziati osservarono che c’erano due situazioni in cui Hans non era in grado di esibire le sue abilità. Primo, Hans non sapeva rispondere alle domande di chi non conosceva la risposta. Secondo, Hans perdeva la sua abilità se non poteva guardare il suo interlocutore. Cosa hanno osservato gli scienziati? Hanno osservato che Hans rispondeva agli impercettibili movimenti di chi gli poneva le domande. Una lieve flessione in avanti di chi lo interrogava gli faceva battere lo zoccolo, e ogni movimento verso l’alto o all’indietro faceva sì che Hans smettesse di battere lo zoccolo. La commissione dimostrò che chi interrogava Hans dava inavvertitamente dei segnali mentre lui batteva lo zoccolo o puntava il muso. Perciò, pare che Hans fosse un osservatore migliore delle molte persone che osservavano lui!


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 31

31

PARTE PRIMA – Aspetti generali

Questo famoso resoconto su Clever Hans ci illustra come l’osservazione scientifica (a differenza dell’osservazione casuale) sia sistematica e controllata. Infatti, il controllo è l’ingrediente essenziale della scienza, e la distingue dalle procedure non scientifiche (Boring, 1954; Marx, 1963). Nel caso di Clever Hans, i ricercatori hanno attuato un controllo manipolando una alla volta delle condizioni; per esempio chi poneva la domanda non sapeva la risposta e Hans non poteva vedere chi lo interrogava (Figura 2.1). Mediante l’osservazione controllata, gli scienziati ottengono un quadro più chiaro dei fattori che producono un fenomeno. L’osservazione attenta e sistematica di Clever Hans è un esempio del controllo utilizzato dagli scienziati per raggiungere la comprensione del comportamento. Il Box 2.1 ci mostra un esempio di come, ancora oggi, la storia di Clever Hans, accaduta più di cent’anni fa, sia un insegnamento per gli scienziati. Gli scienziati ottengono il più alto controllo quando conducono un esperimento. Nell’esperimento, gli scienziati manipolano uno o più fattori e osservano gli effetti di questa manipolazione sul comportamento. I fattori che il ricercatore controlla o manipola, per determinare il loro effetto sul comportamento, sono chiamati variabili indipendenti . Nel più semplice degli studi la variabile indipendente ha due livelli. Spesso i due livelli rappresentano rispettivamente la presenza e l’assenza di qualche trattamento. La condizione in cui il trattamento è presente è comunemente detta condizione sperimentale, mentre la condizione in cui il trattamento è assente è detta condizione di controllo. Per esempio, se noi volessimo studiare l’effetto dell’alcol sulla capacità di analizzare rapidamente e accuratamente informazioni complesse, la variabile indipendente dovrebbe essere la presenza o l’assenza di alcol in una bibita. Ai partecipanti della condizione sperimentale verrebbe somministrata una bibita con alcol, mentre ai partecipanti della condizione di controllo verrebbe somministrata la stessa bibita senza alcol. Dopo la manipolazione della variabile indipendente, il ricercatore potrebbe chiedere ai partecipanti di intrattenersi con un gioco elettronico complicato per vedere se sono in grado di analizzare informazioni complesse. Le misure del comportamento utilizzate per valutare l’eventuale effetto delle variabili indipendenti sono chiamate variabili dipendenti. Nel nostro esempio dello studio sugli effetti dell’alcol nell’analisi di informazioni complesse, il ricercatore potrebbe misurare il numero di errori fatti dai partecipanti del gruppo di controllo e da quelli del gruppo sperimentale impegnati in un videogioco difficile. Il numero di errori rappresenterebbe la variabile dipendente. Gli scienziati cercano di determinare se eventuali differenze nella variabile dipendente siano causate dalle diverse condizioni della variabile indipendente. Nel nostro esempio, la differenza di errori al videogioco sarebbe causata da condizioni o livelli diversi della variabile indipendente: la presenza o meno dell’alcol. Per arrivare a una chiara conclusione i ricercatori devono usare appropriate tecniche di controllo. Ogni capitolo di questo libro evidenzierà l’uso che i ricercatori fanno delle tecniche di controllo nello studio del comportamento e della mente. 1 Qualche volta i livelli della variabile indipendente sono selezionati invece che manipolati dal ricercatore. Una variabile individuale è una caratteristica o un tratto che varia tra gli individui; per esempio, il sesso dei partecipanti (maschio, femmina) è una variabile delle differenze individuali. Quando i ricercatori vogliono capire se il comportamento differisce in funzione del sesso dei partecipanti, selezionano maschi e femmine ed esaminano questo fattore come una variabile delle differenze individuali. Come vedremo nel Capitolo 7, ci sono importanti differenze tra variabili indipendenti manipolate e variabili indipendenti selezionate.

controllo

esperimento

variabili indipendenti

variabili dipendenti


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

32

7-03-2012

12:38

Pagina 32

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

BOX 2.1 I cani possono rilevare il cancro? Solo il naso lo sa La ricerca sui metodi per rilevare il cancro ha compiuto una svolta interessante nel 2004, quando alcuni ricercatori riportarono i risultati di uno studio pubblicato sul British Medical Journal, che dimostrava che i cani addestrati ad annusare campioni di urine riuscivano a rilevare con successo i pazienti con cancro alla vescica a un tasso superiore a quello casuale (Willis et al., 2004). Questa ricerca ha fatto seguito a molti racconti aneddotici in cui i proprietari di cani raccontavano che i loro animali erano diventati improvvisamente iperprotettivi o ossessionati da lesioni alla pelle poco prima che ai proprietari venisse diagnosticato un cancro. La storia ha raccolto così tanto interesse che programmi televisivi come 60 Minutes conducevano delle dimostrazioni con i cani.

Gli scettici, tuttavia, citavano l’esempio di Clever Hans per contestare i risultati, sostenendo che i cani confidavano su impercettibili suggerimenti per discriminare i pazienti col cancro dai pazienti di controllo. Coloro che avevano proposto lo studio insistevano sul fatto che, non essendo i ricercatori e gli osservatori a conoscenza del vero stato dei soggetti, non potevano suggerire nulla ai cani. Studi più recenti riportano risultati contrastanti (Gordon et al., 2008; McCulloch et al., 2006). I ricercatori hanno richiesto nuovi finanziamenti per poter condurre ulteriori esperimenti in questa nuova area di ricerca. Ora aspettiamo che i risultati di questi studi rigorosi ci dicano se i cani possono, di fatto, rilevare il cancro.

2.1.3 Resoconto

Supponi di aver perso una lezione e di chiedere a qualcuno che te la racconti; probabilmente vorresti una relazione accurata. Oppure immagina di non essere potuto andare a una festa dove due tuoi amici hanno avuto un’accesa discussione: vorresti sapere da qualcuno cosa è successo. Come puoi immaginare, nei racconti quotidiani spesso entrano distorsioni personali e impressioni soggettive. Quando chiedi ad altri di descrivere un evento, è facile che tu riceva, insieme ai dettagli dell’evento (non sempre corretti), le loro impressioni personali. Quando gli scienziati riportano le loro scoperte cercano di separare ciò che hanno osservato empiricamente da ciò che hanno concluso o inferito sulla base delle osservazioni. Per esempio, guarda la fotografia nella Figura 2.2. Come descriveresti quello che vedi? Un modo per descrivere questa scena è dire che tre persone stanno correndo su un sentiero. Potresti anche descrivere la scena di tre persone in gara tra loro. In questa seconda descrizione trai una conclusione da ciò che vedi e non riporti solo ciò che osservi. In un resoconto scientifico sarebbe più opportuno usare la descrizione di tre persone che corrono. La distinzione tra descrizione e inferenza nel riportare le osservazioni di una ricerca può essere portata agli estremi. Per esempio, usare il termine corsa per descrivere che cosa è mostrato nella Figura 2.2 potrebbe essere considerata un’inferenza, in quanto il dato rilevabile propriamente è quello di tre persone che muovono le loro gambe su, giù e in avanti, in rapidi e lunghi passi. Anche tale descrizione letterale potrebbe non essere appropriata. Il punto è che, nei resoconti scientifici, i ricercatori devono guardarsi dalla tendenza a trarre conclusioni troppo affrettate; inoltre gli eventi andrebbero descritti con dettagli sufficienti, senza includere minuzie inutili e insignificanti. I metodi più corretti per fare osservazioni e per riportarle saranno descritti nel Capitolo 5.


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 33

33

PARTE PRIMA – Aspetti generali

Figura 2.2 Come descriveresti questa scena?

I resoconti scientifici cercano di essere obiettivi. Un modo per stabilire l’obiettività del resoconto scientifico è vedere se un’altra persona nella stessa situazione osserva i medesimi eventi. Sfortunatamente, alcune distorsioni nella rilevazione dei dati possono essere subdole e non sempre rilevabili, nemmeno nei resoconti scientifici. Pensiamo, per esempio, a una specie di pesci in cui il pesce maschio cova le uova in bocca finché queste si dischiudono. Il primo scienziato a osservare le uova sparire nella bocca del pesce sarebbe stato certamente perdonato se avesse supposto, momentaneamente, che il pesce se le stava mangiando. Questo è semplicemente quello che ci si aspetta che gli organismi facciano con la loro bocca! Ma l’osservatore accorto aspetta, sta attento a possibili risultati inaspettati e non dà nulla per scontato. 2.1.4 Concetti

Noi usiamo il termine concetti per riferirci a cose (animate o inanimate), a eventi (cose in azione) e a relazioni tra cose o eventi, così come alle loro caratteristiche (Marx, 1963). Cane è un concetto, come lo sono abbaiare e obbedienza; i concetti sono i simboli con cui normalmente comunichiamo. Per una comunicazione di idee chiara e non ambigua è necessario che i concetti siano definiti chiaramente. Nelle conversazioni quotidiane spesso non ci preoccupiamo troppo di come sono definiti i concetti. Molti termini, per esempio, vengono usati comunemente e vengono apparentemente compresi, anche se nessun soggetto nella conver-


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

34

7-03-2012

12:38

Pagina 34

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

sazione conosce esattamente il loro significato. Vale a dire che le persone spesso comunicano fra loro senza essere pienamente consapevoli di cosa stanno dicendo! Questo può suonare ridicolo, ma prova per esempio a chiedere a qualcuno se ritiene che l’intelligenza sia più ereditaria o più appresa. Prova, per divertimento, a sostenere un punto di vista opposto a quello del tuo interlocutore. Dopo aver discusso le radici dell’intelligenza, chiedigli cosa intende per intelligenza. Probabilmente scoprirai che la maggior parte delle persone ha difficoltà a definire questo concetto, anche dopo aver discusso le sue origini, e che le definizioni fornite saranno diverse. Ovvero, intelligenza significa una cosa per una persona e una cosa diversa per un’altra. Chiaramente, per tentare di rispondere alla domanda se l’intelligenza sia più ereditaria o più appresa, abbiamo bisogno di una definizione del concetto di intelligenza esatta e accettata da tutti i partner della comunicazione. Lo studio di “concetti” è così importante nella scienza psicologica che i ricercatori si riferiscono ai concetti con un nome speciale: costrutti. Un costrutto è un concetto o un’idea; esempi di costrutto psicologico sono l’intelligenza, la depressione, l’aggressività e la memoria. Per poter dare uno specifico significato a un costrutto i ricercatori lo definiscono operativamente. Una definizione operativa spiega un concetto esclusivamente in termini di procedure utilizzate per produrlo e misurarlo. L’intelligenza, per esempio, può essere definita operativamente come comprensione delle relazioni logiche, memoria a breve termine e familiarità con il significato delle parole rilevabili attraverso un test carta e matita. Ad alcuni questa definizione operativa di intelligenza può non piacere, ma, una volta identificate le variabili con cui misurarla, possono per lo meno non esserci discussioni su cosa significhi intelligenza in base a questa definizione. Una definizione operativa facilita la comunicazione, almeno tra le persone che sanno come e perché sia stato definito il costrutto. Sebbene con le definizioni operative si voglia trasmettere l’esatto significato di un costrutto, non mancano le critiche a questo modo di operare. Abbiamo già fatto riferimento a una critica quando, parlando della definizione di intelligenza, abbiamo rilevato che vi possono essere diverse definizioni operative. Ma allora ci sono tanti tipi di intelligenza quante sono le definizioni operative? La risposta, sfortunatamente, è che in realtà non lo sappiamo. Per determinare se una diversa procedura o un differente strumento di rilevazione portino a nuove definizioni di intelligenza, dovremmo cercare ulteriori evidenze empiriche. Per esempio, chi ha punteggi alti a un test li ha anche al secondo test? Se sì, il nuovo test potrebbe misurare lo stesso costrutto del vecchio test. Un’altra critica all’utilizzo delle definizioni operative è che non sempre le definizioni operative assumono lo stesso significato in contesti culturali differenti. Nella ricerca cross-culturale, per esempio, i risultati di un test carta e matita dell’intelligenza potrebbero essere influenzati dalle specifiche caratteristiche del contesto culturale. Come decidiamo, quindi, se un costrutto è stato definito in modo appropriato? Ancora una volta, la soluzione è quella di utilizzare altri strumenti. Come può essere confrontata la prestazione a un test con la prestazione in altri compiti comunemente accettati come misure di intelligenza? I ricercatori sono in genere consapevoli dei limiti delle definizioni operative, tuttavia il vantaggio maggiore che esse hanno riguarda la possibilità di comunicare con i colleghi della comunità scientifica. Questo vantaggio è considerato più importante dei limiti.


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 35

PARTE PRIMA – Aspetti generali

35

PER FARE PRATICA 2.1

Ti chiediamo di rispondere alle domande che seguono questa breve descrizione di un resoconto di ricerca. Un’area relativamente nuova della psicologia è la “psicologia positiva”, che si focalizza sulle emozioni positive e sui tratti di carattere positivi, con lo scopo di identificare i modi per promuovere il benessere e la felicità (Seligman, Steen, Park e Peterson, 2005). Un filone di ricerca della psicologia positiva si focalizza sulla gratitudine, l’emozione positiva che le persone sperimentano quando ricevono qualcosa di valore da un’altra persona (Bartlett e DeSteno, 2006). Alcune ricerche indicano che le persone che sperimentano la gratitudine sono più portate ad azioni prosociali, cioè a comportamenti di beneficio per gli altri. Bartlett e DeSteno (2006) hanno verificato l’influenza della gratitudine sulla disponibilità dei partecipanti ad aiutare un’altra persona in un esperimento che coinvolgeva dei confederati (persone che partecipano alla ricerca in accordo con lo sperimentatore; vedi Capitolo 5). Ogni partecipante all’inizio veniva abbinato a un confederato, per completare un compito lungo e noioso che richiedeva una coordinazione mano-occhio. Finito il

compito lo schermo del computer di un terzo dei partecipanti era programmato per guastarsi e si diceva ai partecipanti che avrebbero dovuto rifare il compito. Il confederato, però, induceva l’emozione della gratitudine risolvendo il problema ed evitando ai partecipanti di dover rifare il compito. Un terzo degli altri partecipanti guardava un video divertente con il confederato (emozione positiva) e l’ultimo terzo aveva un breve scambio verbale con il confederato (emozione neutra). Dopo aver completato alcuni questionari, il confederato chiedeva a ogni partecipante, come favore, di riempire un lungo questionario che aveva avuto in uno dei corsi da lui frequentato. Bartlett e DeSteno hanno trovato che i partecipanti nella situazione gratitudine passavano più tempo a lavorare sul questionario (M = 20,94 minuti) dei partecipanti nelle condizioni emozione positiva (M = 12,11 minuti) ed emozione neutrale (M = 14,49 minuti). 1. Identifica la variabile indipendente (inclusi i suoi livelli) e la variabile dipendente in questo studio. 2. Come potrebbero i ricercatori determinare che è stata la gratitudine, e non semplicemente lo sperimentare emozioni positive, a far sì che i partecipanti fossero più disponibili ad aiutare il confederato?

2.1.5 Strumenti

Per misurare gli eventi dipendiamo dagli strumenti più di quanto probabilmente pensiamo; per esempio, facciamo affidamento sul contachilometri della nostra auto e sulla sveglia della nostra stanza, e possiamo renderci conto dei problemi che sorgono quando questi strumenti non sono accurati. L’accuratezza si riferisce alla differenza tra ciò che uno strumento ci mostra per vero e ciò che sappiamo essere vero. Un orologio che rimane sempre indietro di 5 minuti non è accurato. Gli orologi non accurati possono farci fare tardi, un contachilometri non accurato può farci prendere una multa. L’accuratezza di uno strumento si ottiene calibrandolo, o controllandolo, con un altro strumento che sappiamo essere corretto. Le misure possono essere fatte a diversi livelli di precisione. La misura del tempo in decimi di secondo non è così precisa come quella in centesimi di secondo. Uno strumento che produce misure imprecise è la spia della benzina delle vecchie macchine. Sebbene ragionevolmente accurate, le spie della benzina non danno una lettura precisa. Molti di noi hanno desiderato almeno una volta che la spia della benzina ci permettesse di determinare se c’erano quei litri in più per arrivare alla stazione successiva.


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

36

7-03-2012

12:38

Pagina 36

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

Figura 2.3 Gli strumenti scientifici utilizzati in psicologia sono migliorati notevolmente in precisione e accuratezza.

Abbiamo bisogno di strumenti anche per misurare il comportamento. La precisione e l’accuratezza degli strumenti usati in psicologia sono migliorati significativamente dal 1879, data della fondazione del primo laboratorio di psicologia. Oggi in psicologia vengono utilizzati molti strumenti sofisticati (Figura 2.3). Per eseguire un esperimento psicofisiologico (per esempio misurare il livello di eccitazione di una persona) occorrono degli strumenti che diano misure accurate di stati interni, come il battito cardiaco e la pressione sanguigna. I test sull’ansia qualche volta impiegano degli strumenti per la misura della risposta galvanica cutanea (GSR). Altri strumenti per il comportamento sono del tipo carta e matita, come i questionari, i test e le scale di valutazione usate dagli osservatori. Per esempio, valutare l’aggressività nei bambini su una scala di valutazione a 7 punti, da per niente aggressivo (1) a molto aggressivo (7), può produrre delle misure relativamente accurate (sebbene forse non precise) dell’aggressività. È responsabilità dello scienziato del comportamento usare strumenti che siano il più accurati e il più precisi possibile. Nel Capitolo 3 sulla misurazione verranno approfondite le questioni relative alla costruzione degli strumenti e alla misurazione. 2.1.6 Misurazione

Gli scienziati usano due tipi di misure per registrare le osservazioni intenzionali e controllate che caratterizzano il metodo scientifico: la misura fisica e la misura psicologica. Un tipo di misura scientifica, la misura fisica, comporta dimensioni per le quali esiste uno standard stabilito e uno strumento per attuare la misurazione. Per esempio, la lunghezza è una dimensione che può essere quantificata con una misura fisica e ci sono degli standard stabiliti per le unità di lunghezza (per esempio metro o pollice). Analogamente, le unità di peso e di tempo rappresentano misure fisiche. Nella maggior parte delle ricerche psicologiche, tuttavia, le misure non comportano dimensioni fisiche. Non esistono righelli per misurare costrutti psicologici come la bellezza, l’aggressività o l’intelligenza. Queste dimensioni richiedono un secondo tipo di misura: la misura psicologica. In un certo senso, l’osservatore “umano” è lo strumento per la misura psicologica. Più nello specifico, l’accordo fra


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 37

37

PARTE PRIMA – Aspetti generali

un numero di osservatori indipendenti fornisce la base per la misura psicologica. Per esempio, se vari osservatori indipendenti sono d’accordo che una certa azione giustifica un punteggio di 3 su una scala di valutazione dell’aggressività a 7 punti, questa è una misura psicologica dell’aggressività dell’azione. Le misure devono essere valide e attendibili. In genere, la validità della misurazione si riferisce alla capacità di un test di misurare esattamente ciò che si propone di misurare. L’attendibilità è il grado di precisione di una procedura di misurazione, ossia quanto quel test produce punteggi coerenti e stabili nel tempo. Si possono distinguere vari tipi di validità e attendibilità della misurazione che sono dette proprietà psicometriche di un test psicologico. La validità e l’attendibilità delle misure sono una questione centrale nella ricerca psicologica. Presenteremo i vari modi in cui i ricercatori determinano l’attendibilità e la validità della misurazione nel Capitolo 3. Il concetto di validità è fondamentale per la ricerca scientifica in generale, non solo per la misurazione. La validità di una ricerca è infatti legata alla qualità della ricerca stessa. Una ricerca valida è quella che permette di considerare le conclusioni tratte da essa come affidabili. Nel Box 2.2 puoi trovare i diversi tipi di validità che possono essere valutati nella ricerca scientifica.

attendibilità

validità

BOX 2.2 Validità* In base alle indicazioni dello storico manuale di Cook e Campbell (1979) sulla ricerca in psicologia, la validità di una ricerca può essere definita come un mosaico di almeno quattro diversi aspetti che riguardano specifiche questioni metodologiche e che ci consentono di trarre inferenze causali corrette circa il fenomeno che stiamo studiando. Lo scopo della ricerca, infatti, è quello di comprendere i meccanismi attraverso i quali i fenomeni si verificano, e dunque individuarne le cause. Perché una relazione fra variabili possa essere considerata causale, sono necessarie almeno tre condizioni (Lazarsfeld, 1959): che la variazione nella variabile indipendente preceda temporalmente la variazione nella variabile dipendente, che le due variabili siano empiricamente in relazione fra loro e che possano essere escluse altre spiegazioni plausibili al fenomeno. Il problema più facile da risolvere è quello relativo all’esistenza di una covariazione fra le due variabili, dato che può essere verificato empiricamente grazie ai dati raccolti. La validità statistica, quindi, riguarda la validità delle inferenze circa la correlazione fra la variabile indipendente e la variabile dipendente, e ha che fare con l’uso del test statistico appropriato per la scala di misura delle variabili e le caratteristiche distributive dei dati da una parte, e con l’adeguatezza dell’ampiezza del campione dall’altra, dato che questa influenza a sua volta la

potenza del test statistico, ossia la sua capacità di evidenziare una relazione fra le variabili quando questa sia effettivamente presente. Il fatto che due variabili siano correlate, però, non implica necessariamente che una sia causa dell’altra: abbiamo quindi bisogno di supporto alla validità interna, ossia al fatto che la variazione della variabile indipendente preceda e produca quella della variabile effetto senza l’intervento di altre fonti incontrollate di variazione e senza che siano plausibili altre spiegazioni del fenomeno. È noto però che le variabili psicologiche non sono direttamente osservabili, per cui dobbiamo ricorrere a procedure psicometriche (test psicologici, prove comportamentali ecc.) che ci forniscano una misura delle variabili a cui siamo interessati. Il problema, a questo punto, è determinare la validità di costrutto, ossia se le procedure psicometriche utilizzate nella ricerca ci consentano di ottenere una misura proprio delle variabili psicologiche alle quali siamo interessati e non di altre; per esempio, potremmo chiederci se il numero di volte che una persona individua lo stimolo target in un esperimento di psicologia sia una buona misura della sua capacità attentiva. Se non lo è, le inferenze che trarremo dai risultati delle analisi statistiche, che assumono che i numeri in esame siano la rappresentazione empirica della caratteristica psicologica, non saranno valide. L’ultimo aspetto da


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

38

7-03-2012

12:38

Pagina 38

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

considerare della validità di una ricerca è se le inferenze causali sulla relazione fra le variabili possano essere generalizzate ad altre persone, luoghi o periodi storici, ossia la validità esterna. La validità esterna riguarda sia la rappresentatività del risultato della ricerca rispetto alla popolazione di interesse, sia la replicabilità del risultato, che costituisce di fatto l’unica reale conferma empirica della validità dei risultati. Alcuni autori (Brunswik, 1947; Bronfenbrenner, 1979) hanno poi suggerito la necessità di verificare anche la validità ecolo-

gica della ricerca, ossia se l’ambiente del quale i soggetti hanno esperienza nella ricerca abbia proprio le caratteristiche che il ricercatore suppone, dato che gli stimoli utilizzati hanno senso solo per il significato che assumono nella percezione e nel vissuto psicologico dei partecipanti, e se le risposte di queste siano rappresentative e generalizzabili al loro comportamento nella vita quotidiana. *A cura di Carlo Chiorri, Università di Genova.

2.1.7 Ipotesi

variabili

L’ipotesi è il tentativo di spiegazione di qualcosa. Le ipotesi spesso cercano di rispondere alle domande “come” e “perché”. Per certi aspetti un’ipotesi può semplicemente indicare come sono associate delle variabili. Le variabili sono una caratteristica, un attributo o una condizione di un oggetto/persona/evento che varia a seconda delle situazioni o degli individui. Un’area emergente della ricerca in psicologia indaga perché la gente acquisti prodotti ecologici, considerando che questi prodotti sono molto più cari e magari meno lussuosi o meno appariscenti dei prodotti convenzionali. Un esempio è il successo avuto dalla Toyota Prius che costa come auto più confortevoli e con una performance migliore. Un’ipotesi avanzata per spiegare l’acquisto di prodotti ecologici si riferisce all’altruismo e in particolare alla propensione per atti disinteressati di cui beneficiano altri (Griskevicius, Tybur e Van den Bergh, 2010). L’acquisto di prodotti ecologici può essere considerato come altruistico perché ne beneficiano l’ambiente e la società, a fronte di un maggior costo per l’acquirente altruista. Alcune teorie recenti descrivono una forma particolare di altruismo: l’altruismo competitivo. In questo particolare tipo di altruismo le persone sono altruiste perché l’essere considerati prosociali e disinteressati aumenta la reputazione e il proprio status nella società (Griskevicius et al., 2010). I comportamenti altruistici, perciò, possono funzionare come un “segnale costoso” del proprio elevato status per il quale si ha il tempo, l’energia, la salute e altre risorse per comportarsi altruisticamente. Considerato in questa luce, l’acquisto di prodotti ecologici può essere il segnale di uno status sociale più elevato dell’acquirente. Griskevicius et al. hanno ipotizzato che attivare (cioè rendere prominente) il desiderio delle persone per uno status sociale elevato potrebbe indurle a scegliere prodotti ecologici piuttosto che prodotti più lussuosi non ecologici. Per testare la loro ipotesi, Griskevicius et al. (2010) hanno condotto tre esperimenti, in cui la motivazione allo status sociale degli studenti veniva manipolata. Gli studenti universitari che partecipavano al gruppo sperimentale leggevano una breve storia in cui ci si laureava, si cercava un lavoro e lo si trovava in una compagnia importante dove c’erano varie possibilità di promozione. Nella condizione di controllo, i partecipanti leggevano una storia in cui si cercava un biglietto per un concerto andato perduto, lo si ritrovava e si partecipava al concerto. Dopo aver letto la storia, ai partecipanti si faceva credere di completare un secondo studio non collegato al primo, sulle preferenze dei consumatori. I partecipanti dovevano identificare dei prodotti che avrebbero voluto comprare (per esempio auto, lava-


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 39

PARTE PRIMA – Aspetti generali

stoviglie, zaino); all’interno della lista dei prodotti c’era sempre un prodotto ecologico affiancato a un prodotto non ecologico e più lussuoso. Griskevicius et al. hanno trovato che, rispetto agli studenti della condizione di controllo, la partecipazione al gruppo sperimentale aumentava la probabilità che i partecipanti scegliessero prodotti ecologici piuttosto che prodotti non ecologici (Esperimento 1). Inoltre, la preferenza per i prodotti ecologici si presentava solo quando i partecipanti del gruppo sperimentale immaginavano di fare acquisti in situazioni pubbliche, ma non in quelle private (online) (Esperimento 2) e quando i prodotti ecologici costavano più dei prodotti non ecologici (Esperimento 3). A livello teorico, un’ipotesi può offrire la ragione (il “perché”) della associazione di specifiche variabili. Griskevicius e i suoi collaboratori, per esempio, hanno indagato la relazione tra la motivazione allo status e la probabilità di acquistare prodotti ecologici. Facendo riferimento alle teorie dell’altruismo competitivo, vediamo che queste variabili sono collegate, perché le persone ottengono uno status sociale se gli altri li vedono comportarsi in maniera altruistica, come avviene con l’acquisto di prodotti ecologici. Un’implicazione pratica di tali risultati è che la vendita di prodotti ecologici può aumentare se si collegano i prodotti a uno status alto (la pubblicità da parte di personaggi famosi) anziché enfatizzare la condizione dell’ambiente o ridurre i costi dei prodotti ecologici. Molti sono coloro che nella storia hanno proposto ipotesi di spiegazione per i comportamenti umani. Perché le persone commettono atti di violenza apparentemente senza senso? Perché si comincia a fumare? Perché alcuni studenti sono molto più bravi di altri? Una caratteristica che distingue le ipotesi casuali dell’uomo della strada dalle ipotesi scientifiche è la verificabilità. Se un’ipotesi non può essere verificata, non è utile alla scienza (Marx, 1963). Tre tipi di ipotesi non riescono a passare il “test di verificabilità”. Un’ipotesi non è verificabile se: a) i suoi costrutti non sono adeguatamente definiti, b) è circolare e c) si appella a idee non riconosciute dalla scienza. Le ipotesi non sono verificabili se i concetti a cui si riferiscono non sono adeguatamente definiti o misurati. Per esempio, dire che un sedicente assassino ha sparato a una figura in vista o una celebrità perché è mentalmente disturbato non è un’ipotesi verificabile, a meno che non siamo d’accordo sulla definizione di “mentalmente disturbato”. Sfortunatamente, psicologi e psichiatri non sempre riescono ad accordarsi su cosa vogliano dire termini come “mentalmente disturbato”, perché per questi concetti spesso non è disponibile una definizione operativa accettata. Avrai imparato in qualche corso di psicologia che molte delle ipotesi di Freud non sono verificabili empiricamente, poiché nella sua teoria non ci sono chiare definizioni operative e misure per i costrutti chiave delle teorie, come per esempio es, io e super io. Le ipotesi non sono verificabili se sono circolari. Un’ipotesi circolare si presenta quando l’evento è utilizzato per spiegare l’evento stesso (Kimble, 1989, p. 495). Considera l’affermazione “Un bambino di 8 anni non si concentra a scuola e ha difficoltà a leggere a causa di un disturbo da deficit dell’attenzione”. Il disturbo da deficit dell’attenzione è definito dall’incapacità di prestare attenzione. Perciò, l’affermazione semplicemente dice che il ragazzo non presta attenzione perché non presta attenzione, che è un’ipotesi circolare. Un’ipotesi non è verificabile se si appella a idee o forze che non sono riconosciute dalla scienza. La scienza ha a che fare con ciò che è osservabile, dimostrabile, empirico. Affermare che le persone che commettono orrendi atti di violenza sono controllate dal diavolo non è verificabile perché invoca un principio (il diavolo) che non rientra nel dominio della scienza. Tali ipotesi potrebbero avere valore per i filosofi o i teologi, ma non per i ricercatori.

39


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

40

7-03-2012

12:38

Pagina 40

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

2.2 Le finalità del metodo scientifico Il metodo scientifico ha quattro finalità: descrizione, predizione, spiegazione e applicazione.

Nella prima parte di questo capitolo, abbiamo esaminato come il nostro modo ingenuo di pensare differisca dal metodo scientifico. In genere, il metodo scientifico è caratterizzato da un approccio empirico, da un’osservazione sistematica e controllata, da un resoconto obiettivo, da chiare definizioni dei costrutti, da strumenti accurati e precisi, da misure valide e attendibili e da ipotesi verificabili. Nei prossimi paragrafi esamineremo le finalità del metodo scientifico. Gli psicologi usano il metodo scientifico per rispondere a quattro finalità di ricerca: descrivere, predire, spiegare e applicare (Tabella 2.2). Tabella 2.2 Quattro finalità della ricerca in psicologia*. Finalità

Cosa consegue

Esempio

Descrizione

I ricercatori definiscono, classificano, catalogano o categorizzano eventi e relazioni per descrivere processi mentali e comportamenti.

Gli psicologi descrivono i sintomi di vulnerabilità nella depressione, come l’incapacità di portare avanti delle attività e il pessimismo rispetto al futuro.

Predizione

Quando i ricercatori identificano le correlazioni tra variabili, sono in grado di predire processi mentali e comportamenti.

Quando il livello della depressione aumenta, i soggetti mostrano più sintomi di vulnerabilità.

Spiegazione e comprensione

I ricercatori comprendono un fenomeno quando riescono a identificarne la causa (o le cause).

I partecipanti esposti a problemi non risolvibili diventano più pessimisti e meno desiderosi di affrontare nuovi compiti (cioè diventano vulnerabili) dei partecipanti che devono risolvere problemi risolvibili.

Applicazione

Gli psicologi applicano le loro conoscenze e i loro metodi di ricerca per migliorare la vita delle persone.

Il trattamento che incoraggia i depressi a tentare di risolvere un compito che può essere padroneggiato o facilmente realizzato diminuisce il senso di vulnerabilità e il pessimismo dei depressi.

* Zechmeister, Zechmeister e Shaughnessy, 2001, Tabella 1.2, p. 12.


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 41

PARTE PRIMA – Aspetti generali

41

2.2.1 Descrizione • Gli psicologi cercano di descrivere gli eventi e le relazioni tra le variabili. • Spesso i ricercatori usano l’approccio nomotetico e l’analisi quantitativa.

Per descrizione si intendono le procedure che i ricercatori usano per definire, classificare, catalogare o categorizzare gli eventi e le loro relazioni. La ricerca clinica, per esempio, fornisce i criteri per classificare i disordini mentali. Molti di questi sono fondati sul Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’Associazione Psichiatrica Americana (quarta edizione, revisione testo 2000) nota anche come DSM-IV-TR (Figura 2.4). Vediamo per esempio il criterio usato per definire un disordine denominato fuga dissociativa (denominata in passato fuga psicogena). Criteri diagnostici per la fuga dissociativa

• La manifestazione predominante è rappresentata dall’allontanamento improvviso e inaspettato da casa o dal posto di lavoro, con incapacità a ricordare il proprio passato. • Confusione circa l’identità personale oppure assunzione di una nuova identità (parziale o completa). • L’alterazione non si manifesta soltanto all’interno del disturbo dissociativo d’identità e non è indotta da sostanze d’abuso (per esempio droga, farmaco) o da una condizione medica generale (per esempio epilessia del lobo temporale). • I sintomi causano un disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti (DSM-IV-TR, 2000, p. 526).

Figura 2.4 I clinici classificano i disturbi mentali in base ai criteri del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’Associazione Psichiatrica Americana.


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

42

7-03-2012

12:38

Pagina 42

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

I criteri diagnostici per la definizione della fuga dissociativa forniscono una definizione operativa del disturbo. I casi di fuga dissociativa sono relativamente rari e le informazioni su questo tipo di disturbo provengono in genere da descrizioni di “studi di caso”. I ricercatori hanno anche il compito di dotare i clinici di descrizioni dei disturbi mentali nonché della relazione fra la presenza di vari sintomi e di altre variabili quali sesso ed età. Secondo il DSM-IV-TR (2000), per esempio, la fuga dissociativa colpisce soprattutto gli adulti, e sebbene sia relativamente rara, è più frequente “quando si presentano eventi dirompenti come guerre o calamità naturali” (p. 524). La scienza in genere, e la psicologia in particolare, descrivono i fenomeni utilizzando l’approccio nomotetico. Con tale approccio, gli psicologi cercano di stabilire ampie generalizzazioni e leggi generali da applicare a diverse popolazioni. Per raggiungere tale obiettivo, i ricercatori coinvolgono un gran numero di partecipanti per riuscire a descrivere il funzionamento “medio” o tipico di un gruppo. La descrizione media può o non può descrivere il funzionamento di ogni singola persona del gruppo. Per esempio, Levine (1990) ha descritto il “ritmo della vita” in varie culture e Paesi del mondo analizzando la precisione degli orologi delle banche, misurando la velocità di marcia dei pedoni su una distanza di 30 metri e la velocità degli impiegati postali. I risultati sono riprodotti nella Figura 2.5. I cittadini del Giappone sono quelli che in genere hanno il ritmo di vita più veloce, i cittadini statunitensi sono al secondo posto e gli indonesiani sono i più lenti. Non tutti i cittadini del Giappone o degli Stati Uniti, tuttavia, vivono velocemente. Infatti, Levine (1990) e collaboratori hanno trovato ampie differenze del ritmo di vita tra le varie città degli Stati Uniti e a seconda della regione del Paese. Le città del nord-est (Boston, New York) hanno un ritmo più veloce delle città della costa occidentale (Sacramento, Los Angeles). Naturalmente, ci sono variazioni individuali anche all’interno delle città. Non tutti i cittadini di Los Angeles vanno a un ritmo lento e non tutti i cittadini di New York procedono a un ritmo eleva-

Figura 2.5 Le misure della precisione degli orologi delle banche del Paese, della velocità di marcia di un pedone e della velocità degli impiegati postali nell’eseguire un compito di routine sono servite a descrivere il ritmo di vita di una nazione. Nel grafico una barra più lunga rappresenta una maggiore precisione degli orologi o una maggiore velocità di marcia e di esecuzione di un compito (Levine, 1990).

Giappone Stati Uniti Inghilterra Taiwan Italia Indonesia

Orologi delle banche

Velocità di marcia

Velocità degli impiegati postali


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 43

PARTE PRIMA – Aspetti generali

to. Ciononostante, i giapponesi si muovono in genere a un ritmo più veloce degli indonesiani e gli americani della costa occidentale hanno, in media, un ritmo di vita più lento del residenti del nord-est. I ricercatori che utilizzano l’approccio nomotetico riconoscono l’esistenza di importanti differenze tra gli individui; cercano tuttavia di enfatizzare le similitudini piuttosto che le differenze. Per esempio, l’unicità di una persona non è minacciata dal sapere che il suo cuore, come il cuore di tutti gli esseri umani, è localizzato nella cavità toracica in altro a sinistra. Analogamente, non si nega l’unicità della persona affermando che il suo comportamento è influenzato da modelli di rinforzo (per esempio premi e punizioni). I ricercatori cercano semplicemente di descrivere le persone sulla base del funzionamento medio di un gruppo di persone fra loro diverse. Alcuni psicologi, in particolare Gordon Allport (1961), sostengono che l’approccio nomotetico sia inadeguato: persone uniche non possono essere descritte da un valore medio. I ricercatori che usano l’approccio idiografico studiano la persona piuttosto che i gruppi. Questi ricercatori ritengono che, sebbene le persone si comportino in modi conformi alle leggi o ai principi generali, la loro unicità debba essere descritta. La principale forma di ricerca idiografica è il metodo dello studio di caso singolo, che sarà descritto nel Capitolo 10. A seconda del quesito di ricerca, i ricercatori decidono se descrivere il comportamento di gruppi di individui o di un solo individuo. Sebbene molti ricercatori perseguano principalmente uno o l’altro tipo di ricerca, alcuni li perseguono entrambi. Uno psicologo clinico, per esempio, può decidere di perseguire principalmente le analisi idiografiche di pochi clienti in terapia, ma utilizzare l’analisi nomotetica quando vuole rispondere a quesiti di ricerca su gruppi di studenti universitari. Un’altra decisione che il ricercatore deve prendere riguarda la scelta fra ricerca quantitativa o qualitativa. La ricerca quantitativa si riferisce agli studi i cui risultati sono principalmente l’esito di analisi statistiche, mentre la ricerca qualitativa si riferisce agli studi i cui i risultati si basano sull’analisi di materiale verbale. La ricerca psicologica è più spesso nomotetica che idiografica, ed è più quantitativa che qualitativa. I dati della ricerca qualitativa derivano in genere da interviste e osservazioni, e possono essere usati per descrivere individui, gruppi e movimenti sociali (Strauss e Corbin, 1990). La ricerca qualitativa riguarda spesso “eventi ordinari in ambienti naturali, che si presentano spontaneamente” (Miles e Huberman, 1994, p. 10). Nella ricerca qualitativa è fondamentale che i partecipanti descrivano le loro esperienze in modo per loro significativo, e non attraverso l’uso di categorie e dimensioni stabilite da teorici e da ricerche precedenti (Kidd, 2002). Kidd e Kral (2002) usarono l’approccio qualitativo al fine di conoscere le esperienze di 29 giovani di strada di Toronto (17-24 anni); il focus delle interviste era sulla prostituzione e sulle esperienze di suicidio. La maggioranza (76%) degli intervistati raccontava una storia di tentati suicidi, e l’analisi delle interviste rivelava che le esperienze di suicidio erano legate in particolare alle sensazioni di isolamento, di rifiuto/tradimento, di bassa autostima e alla prostituzione. I ricercatori sottolinearono come le loro analisi avessero evidenziato nuove situazioni associate alle esperienze di suicidio, quali “la perdita di controllo, le aggressioni subite durante l’attività di prostituzione, l’abuso di droga come ‘lento suicidio’ e la rottura di relazioni sentimentali” (p. 411), che non erano emerse nelle precedenti ricerche. Nel Capitolo 5 si trovano altri esempi di ricerca qualitativa, oltre a una discussione sui resoconti narrativi del comportamento osservato; nel Capitolo 10 vengono descritti gli studi di casi singoli, anch’essi considerati una forma di ricerca qualitativa.

43


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

44

7-03-2012

12:38

Pagina 44

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

2.2.2 Predizione Le relazioni tra due eventi o fenomeni permettono agli psicologi di predire un comportamento o degli eventi, ma non di dedurre le cause di queste relazioni.

correlazione

La descrizione degli eventi e le loro relazioni spesso forniscono una base per formulare delle predizioni, la seconda finalità del metodo scientifico. In psicologia troviamo molti quesiti che necessitano di predizioni. Per esempio: la perdita prematura di un genitore rende un bambino particolarmente vulnerabile alla depressione? I bambini eccessivamente aggressivi sono più inclini ad avere problemi emotivi da adulti? Gli eventi stressanti della vita incrementano le malattie fisiche? I risultati della ricerca empirica indicano che la risposta a tutte queste domande è affermativa. Queste informazioni non solo aggiungono utili conoscenze alla psicologia, ma forniscono un supporto per il trattamento e per la prevenzione dei disturbi emotivi. Molti psicologi indagano il legame fra le prestazioni ottenute in determinati compiti e la futura performance professionale. Per esempio, i punteggi ottenuti al test di ingresso all’università o quelli ottenuti alla fine della scuola secondaria possono predire il futuro rendimento all’università. Sternberg e Williams (1997) hanno visto che i punteggi al test di ingresso (Graduate Record Examination, GRE) alle lauree di specializzazione erano in grado di predire i risultati che gli studenti avrebbero ottenuto dopo un anno. Hanno anche visto, però, che tali punteggi non erano in grado di predire altri criteri considerati importanti nel sistema universitario americano, quali la valutazione data dai tutor delle capacità creative degli studenti, della capacità di insegnare e di fare ricerca. Non sorprende che tali risultati abbiano scatenato un acceso dibattito negli Stati Uniti, mettendo in discussione la validità predittiva (cioè l’accuratezza della predizione) del test di ingresso GRE, che è comunemente considerato un predittore della carriera successiva dello studente (vedi, per esempio, la sezione “Comment” di American Psychologist, 1998, 53, pp. 566-577). Quando i punteggi di una variabile possono essere usati per predire i punteggi di una seconda variabile, diciamo che le due variabili sono correlate. Esiste una correlazione quando due diverse misurazioni effettuate sulle stesse persone o eventi variano insieme, cioè quando i punteggi di una variabile tendono a essere associati con i punteggi di un’altra variabile. Quando questo accade si dice che i punteggi covariano. Per esempio, è noto che stress e malattia sono correlati; più una persona nella vita sperimenta eventi stressanti maggiore è la probabilità che sperimenti malattie fisiche. Consideriamo la valutazione del corso da parte degli studenti, misurazione con cui avrai hai sicuramente avuto a che fare. Alla fine del corso gli studenti che hanno frequentato hanno avuto tempo a sufficienza per farsi un’idea del docente. Ambady e Rosenthal (1993) si sono chiesti se la valutazione degli insegnanti effettuata dagli studenti che avevano frequentato il corso correlasse con le valutazioni fornite da studenti che non avevano frequentato. A un gruppo di studentesse universitarie hanno mostrato alcuni video (privi di audio) di insegnanti; ma, e questa è la parte interessante, i video duravano solo pochi secondi, nello specifico 30, 10 o 6 secondi. I risultati mostrarono che le valutazioni degli insegnanti, basate su questi “brevissimi spezzoni di comportamento non verbale”, correlavano positivamente con le valutazioni di fine semestre fatte dagli studenti iscritti al corso. In altre parole, le valutazioni positive degli insegnanti ottenute dagli studenti che avevano frequen-


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 45

PARTE PRIMA – Aspetti generali

tato il corso erano associate a valutazioni positive date dagli studenti che avevano visto solo per pochi secondi il video, privato dell’audio, dello stesso insegnante; analogamente, valutazioni negative dell’insegnante riportate dagli studenti frequentanti erano associate a valutazioni più basse riportate dagli studenti che avevano visto solo il video. Perciò, possiamo predire come verrà valutato il comportamento affettivo mostrato dall’insegnante durante il corso (per esempio la simpatia), basandoci sulle valutazioni che verranno fatte su pochi secondi di video del comportamento stesso. Questi risultati indicano che le persone (in questo caso gli insegnanti) rivelano molto di se stesse col comportamento non verbale e che (come osservatori) possiamo emettere giudizi relativamente accurati in poco tempo. I risultati di Ambady e Rosenthal, naturalmente, non implicano che tutte le informazioni relative alla valutazione degli insegnanti possano essere colte visionando pochi secondo di video, dal momento che il comportamento valutato dalla ricerca era solamente il comportamento affettivo (per esempio la simpatia). È importante sottolineare che una predizione corretta non sempre dipende dal sapere perché esista una relazione tra due variabili. Pensiamo per esempio a chi si affida all’osservazione del comportamento animale per predire un terremoto. Alcuni animali si comportano apparentemente in modo insolito proprio prima di un terremoto. Il cane che abbaia e corre in circolo e il serpente che scappa dal suo buco, perciò, possono dimostrarsi comportamenti anticipatori di terremoti. Se così fosse si potrebbero utilizzare come campanello d’allarme di futuri disastri. Potremmo anche immaginare di tenere sotto osservazione certi animali (come succedeva con i canarini nelle miniere) nelle aree più soggette a terremoti, per mettere in guardia la popolazione da situazioni di cui non è ancora consapevole. Questo non ci richiede di comprendere il perché certi animali si comportino in maniera strana prima di un terremoto, e nemmeno perché accadano i terremoti. Non potremmo nemmeno arrivare a sostenere che sia lo strano comportamento degli animali a causare un terremoto. È interessante notare che Levine (1990) ha dimostrato che le misure del ritmo di una città possono essere utilizzate per predire il tasso di morte per infarto. Tuttavia, possiamo solo fare delle ipotesi del perché queste misure siano collegate fra loro. Per i ricercatori una possibile spiegazione per la correlazione è che le persone che vivono a un ritmo veloce assumono comportamenti non salutari, per esempio fumo e cattive abitudini alimentari, che aumentano il loro rischio di malattie cardiache (Levine, 1990). Ambady e Rosenthal (1993) hanno proposto una spiegazione per le correlazioni tra le valutazioni dell’insegnante da parte degli studenti del corso e da parte degli studenti non frequentanti: sostengono che le persone siano “sintonizzate” per raccogliere rapidamente informazioni sulle caratteristiche affettive di una persona, poiché tali informazioni risultano essere importanti (adattive) per prendere decisioni nella vita quotidiana. Se alle spiegazioni proposte dai due autori non vengono aggiunti ulteriori dati in grado di spiegare la correlazione, esse rimarranno delle speculazioni. 2.2.3 Spiegazione e comprensione • Gli psicologi riescono a comprendere le cause di un fenomeno se incontrano le tre condizioni per l’inferenza causale: covariazione, relazione temporale ed eliminazione di plausibili cause alternative.

45


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

46

7-03-2012

12:38

Pagina 46

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico • Il metodo sperimentale, in cui i ricercatori manipolano le variabili indipendenti per determinare il loro effetto sulle variabili dipendenti, stabilisce l’ordine temporale e permette una più chiara determinazione della covariazione. • Le cause alternative plausibili per una relazione fra variabili vengono eliminate se nello studio non ci sono fattori confondenti. • I ricercatori cercano di generalizzare i risultati di uno studio per descrivere popolazioni, setting e condizioni diverse.

inferenza causale

Sebbene descrizione e predizione siano obiettivi importanti nella scienza, esse costituiscono solo le prime fasi nella spiegazione e comprensione di un fenomeno. La spiegazione è il terzo obiettivo del metodo scientifico. Noi comprendiamo e siamo in grado di spiegare un fenomeno quando riusciamo a identificarne le cause. A tal fine, generalmente, i ricercatori conducono degli esperimenti. La ricerca sperimentale differisce dalla ricerca descrittiva e predittiva (correlazionale) per l’elevato livello di controllo che i ricercatori esercitano conducendo gli esperimenti. È dai risultati degli esperimenti che i ricercatori sono in grado di inferire le cause (variabili indipendenti) del fenomeno (variabile dipendente). Data l’importanza che assumono gli esperimenti per formulare e spiegare relazioni causali, i Capitoli 7, 8 e 9 sono dedicati a una dettagliata discussione del metodo sperimentale. Per poter stabilire un’inferenza causale è necessario che siano rispettate tre condizioni: la covariazione degli eventi, la relazione temporale e l’eliminazione di plausibili cause alternative. Supponi di prendere una botta in testa urtando una porta e che ti venga mal di testa; presumibilmente inferisci che sbattere la testa causa il mal di testa. La prima condizione per l’inferenza causale è la covariazione degli eventi. Se un evento è la causa dell’altro, i due eventi devono variare insieme, cioè quando uno cambia anche l’altro deve cambiare; in altre parole, devono correlare. Nel nostro esempio, l’evento di cambiare la posizione della testa fino a farla sbattere contro la porta deve covariare con l’esperienza del passaggio da non avere mal di testa all’avere mal di testa. La seconda condizione per un’inferenza causale è la relazione temporale (nota anche come contingenza). La causa presunta (sbattere la testa) deve avvenire prima del presunto effetto (mal di testa). Se il mal di testa comincia prima di sbattere la testa, non si può inferire che sbattere la testa abbia causato il mal di testa. In altre parole, il mal di testa è vincolato allo sbattere prima la testa. Infine, le spiegazioni causali sono accettate solo dopo aver scartato altre possibili cause dell’effetto, ovvero quando sono state eliminate plausibili cause alternative. Nel nostro esempio, questo significa che per poter fare l’inferenza causale “sbattere la testa ha causato il mal di testa” si devono considerare e scartare altre cause possibili per il mal di testa (come per esempio la lettura di un testo complicato). Sfortunatamente, le persone hanno la tendenza a stabilire inferenze causali quando solo la prima condizione è presente. Per esempio, risulta più probabile che genitori che usano una disciplina severa e delle punizioni fisiche abbiano figli aggressivi rispetto ai genitori meno rigidi e che usano altre forme di disciplina. La disciplina dei genitori e l’aggressività dei figli ovviamente covariano. Il fatto di ipotizzare che i genitori influenzino il comportamento dei loro bambini ci potrebbe indurre a pensare che la condizione temporale sia stata soddisfatta: se i genitori usano la disciplina fisica avranno bambini aggressivi. È anche possibile, però, che i bambini siano diversi nel loro essere attivi e aggressivi, e che il loro comportamento influenzi le risposte dei genitori che tentano di esercitare il con-


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 47

PARTE PRIMA – Aspetti generali

trollo. In altre parole, alcuni bambini possono essere naturalmente aggressivi e richiedere una disciplina severa piuttosto che essere la disciplina severa a produrre bambini aggressivi. Perciò, la direzione della relazione causale può essere proprio opposta a come si pensava. La covariazione degli eventi non basta per stabilire l’inferenza causale. È importante riconoscere, tuttavia, che le cause degli eventi non possono essere identificate a meno che non sia stata dimostrata la covariazione. La spiegazione di un evento richiede che la covariazione sia valutata in gruppi e situazioni differenti. Per esempio, supponi che un insegnante desideri illustrare le cosiddette “strategie di apprendimento attive” (per esempio dibattiti, presentazioni di gruppo) per aiutare gli studenti ad apprendere. Potrebbe insegnare agli studenti questo approccio e poi descrivere le prestazioni degli stessi. Ma, a questo punto, cosa saprebbe? Potrebbe essere che un altro gruppo di studenti, a cui viene insegnato un approccio diverso, apprenda altrettanto bene. Prima che l’insegnante possa affermare che le strategie di apprendimento attivo abbiano causato la prestazione osservata, deve comparare questo metodo con qualche altro metodo di apprendimento. Per poter affermare che le metodologie attive influenzano l’apprendimento, deve trovare delle differenze fra il gruppo che usa le strategie di apprendimento attivo e un gruppo che usa un metodo differente. Un risultato di questo tipo mostrerebbe che le strategie di apprendimento e la prestazione covariano. Quando si fa un esperimento la covariazione fra le variabili indipendente e dipendente è un risultato atteso. In questo esempio anche la condizione temporale per l’inferenza causale è soddisfatta, perché il ricercatore manipola la variabile indipendente (per esempio il metodo di insegnamento) e successivamente misura le differenze tra le condizioni sulla variabile dipendente (per esempio la misura dell’apprendimento degli studenti). La condizione di gran lunga più impegnativa che i ricercatori devono soddisfare è l’eliminazione di altre possibili cause alternative. Pensiamo a una ricerca volta a valutare l’effetto di due diversi approcci di insegnamento (attivo e passivo). Supponi che il ricercatore assegni gli studenti alle condizioni di insegnamento mettendo tutti i maschi in un gruppo e tutte le femmine nell’altro. Così facendo, ogni differenza tra i due gruppi potrebbe essere dovuta o al metodo di insegnamento o al genere degli studenti. Perciò, il ricercatore non sarebbe in grado di determinare se la differenza nella prestazione tra i due gruppi sia dovuta alla variabile indipendente indagata (apprendimento attivo o passivo) o alla variabile “genere” degli studenti (spiegazione alternativa). Detto più formalmente, la variabile indipendente del metodo di insegnamento sarebbe “confusa” con la variabile indipendente del genere. Le variabili confuse si presentano quando due variabili indipendenti, potenzialmente influenti, covariano simultaneamente. Quando nella ricerca ci sono variabili confondenti (Box 2.3), è impossibile determinare quale variabile sia responsabile dell’eventuale differenza ottenuta nella performance. I ricercatori cercano di spiegare le cause del fenomeno attraverso gli esperimenti. Tuttavia, anche quando un esperimento attentamente controllato permette al ricercatore di formare un’inferenza causale, restano delle questioni aperte. Per esempio una questione importante riguarda la generalizzabilità dei risultati, ossia quanto i risultati dell’esperimento siano estendibili a persone diverse da quelle che hanno partecipato all’esperimento. La maggior parte dei partecipanti agli esperimenti sono studenti di psicologia ai primi anni di corso: i risultati ottenuti sono validi solo per gli studenti di

47

variabili confondenti


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

48

7-03-2012

12:38

Pagina 48

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

psicologia o è possibile estenderli ad altre persone? Inoltre la ricerca sperimentale è sovente condotta in laboratorio per poter controllare le variabili confondenti: i risultati così ottenuti possono essere generalizzati al “mondo reale”? Alcune persone danno per scontato che la ricerca di laboratorio sia inutile o irrilevante ai fini dei problemi del mondo reale. Nell’esplorare i metodi di ricerca in questo testo, vedremo che questa considerazione della relazione tra scienza di laboratorio e mondo reale non è né utile né soddisfacente. Invece gli psicologi riconoscono l’importanza di entrambi: i risultati degli esperimenti di laboratorio aiutano a spiegare i fenomeni, e tale conoscenza viene applicata nella ricerca e negli interventi sui problemi reali. BOX 2.3 Le variabili confondenti* Quando si studia un particolare fenomeno, la nostra attenzione è concentrata sulla variabile che consideriamo causa e sulla variabile che consideriamo effetto, ma, data la complessità dei fenomeni, non è detto che anche altre variabili non possano entrare in gioco. Quelle potenziali fonti di variazione che non sono un diretto oggetto di studio della ricerca, ma potenzialmente, potrebbero influenzare la variabile dipendente direttamente o modulando l’effetto della variabile indipendente, sono dette variabili estranee. In alcuni casi queste variabili sono “innocue”, mentre in altri possono confondere la relazione tra la variabile indipendente e la variabile dipendente, da cui il nome di variabili confondenti. L’effetto confondente di una variabile estranea può essere essenzialmente di due tipi. Nel primo caso si parla di variabile di disturbo (Pedon e Gnisci, 2004) o variabile confondente procedurale (Pelham, 2006), che è una variabile che covaria con la variabile indipendente ma ne è intrinsecamente estranea. Per esempio, supponiamo di voler verificare se maschi e femmine abbiano un atteggiamento diverso nei confronti dei matrimoni gay, ma di aver raccolto i dati su un gruppo di maschi cinquantenni e di femmine ventenni. Se trovassimo che le femmine hanno un atteggiamento più favorevole, questo risultato non rifletterebbe necessariamente un’effettiva differenza di genere, dato che potrebbe benissimo essere dovuta all’effetto dell’età. La variabile età, in questo caso, è una variabile di disturbo, perché, pur covariando con la variabile indipendente (il genere), è estranea a essa. Come mostra l’esempio precedente, spesso queste variabili hanno un ruolo confondente a causa di errori metodologici nel campionamento dei partecipanti alla ricerca.

Il secondo tipo di variabile confondente identifica invece variabili che covariano con la variabile indipendente ma sono intrinseche a essa o alla sua operazionalizzazione. In altre parole, la variabile confondente è legata a doppio filo con il costrutto della variabile indipendente, ed è detta variabile confusa (Pedon e Gnisci, 2004) o variabile confondente operazionale (Pelham, 2006). Per esempio, supponiamo di voler verificare l’effetto dell’isolamento sociale sull’influenzabilità delle persone (Brewer, 2000). Come operazionalizzazioni della variabile indipendente potremmo utilizzare varie condizioni che producano diversi tipi di isolamento sociale (per esempio attendere in una stanza con degli estranei, attendere da solo per breve tempo, attendere da solo per lungo tempo ecc.), ma potremmo non tenere conto del fatto che ognuna di queste situazioni produce a sua volta variazioni anche in altri stati psicologici, come la paura dell’interazione con gli estranei o la rimuginazione cognitiva. Qualunque effetto osserviamo nelle varie condizioni, quindi, potrebbe essere dovuto sia al diverso tipo di deprivazione sociale (variabile indipendente dello studio), sia alle altre variazioni nello stato psicologico che sono “tipiche” (ossia confuse) in ogni diversa operazionalizzazione del costrutto di isolamento sociale. Questo tipo di variabili confondenti di solito sono il risultato di un’inaccurata operazionalizzazione della variabile indipendente, e il loro effetto può essere verificato esaminando se le variazioni nei livelli della variabile indipendente si accompagnino a variazioni nelle variabili estranee che si sospetta possano influenzare la variabile dipendente. *A cura di Carlo Chiorri, Università di Genova.


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 49

49

PARTE PRIMA – Aspetti generali

2.2.4 Applicazione • Nella ricerca applicata, gli psicologi applicano le loro conoscenze e i metodi di ricerca per migliorare la vita delle persone. • Gli psicologi conducono la ricerca di base per acquisire delle conoscenze sul comportamento e sui processi mentali e per verificare le teorie.

La quarta finalità della ricerca in psicologia è la definizione di risvolti applicativi. Sebbene gli psicologi siano interessati a descrivere, predire e spiegare il comportamento e i processi mentali, la conoscenza non esiste fine a se stessa, ma porta importanti risvolti applicativi per migliorare la vita delle persone. Le domande di ricerca e i risultati che si ottengono permettono ai ricercatori, oltre che di comprendere i fenomeni, di creare situazioni e progettare interventi per modificare la vita delle persone. La ricerca che ha come obiettivo il cambiamento del comportamento delle persone nella vita quotidiana prende il nome di ricerca applicata. La ricerca applicata è finalizzata a modificare la vita delle persone. Tra i numerosi ambiti in cui è possibile svolgere la ricerca applicata segnaliamo le scuole, le organizzazioni e le aziende. I ricercatori che conducono una ricerca di base cercano prima di tutto di comprendere il comportamento e i processi mentali; per tale ragione essa è spesso descritta come “una ricerca della conoscenza fine a se stessa”. Essa è in genere condotta in un ambiente di laboratorio con l’obiettivo di verificare una teoria per comprendere un fenomeno. Nella storia della psicologia non sono mancate le tensioni tra coloro che si occupavano di ricerca di base e i ricercatori che utilizzavano la ricerca applicata. Negli ultimi anni, i ricercatori hanno puntato a un’applicazione degli importanti risultati ottenuti precedentemente dalla ricerca di base al fine di migliorare la vita delle persone (Zimbardo, 2004). Infatti, l’applicazione di principi ben noti in psicologia – scoperti attraverso la ricerca di base – è ora così diffusa che la gente tende a dimenticare gli anni di ricerca di base nei laboratori che hanno preceduto ciò che noi ora consideriamo banale. Per esempio, l’uso delle tecniche di rinforzo positivo, test psicologici e terapie, le pratiche di auto-aiuto sono diventati ormai parte della vita quotidiana, ma in passato sono stati oggetto di diverse ricerche. Inoltre i risultati della ricerca psicologica sono oggi sempre più utilizzati in ambiti quali educazione, salute e giustizia; puoi vedere molte applicazioni della psicologia alla vita quotidiana andando sul sito www.psychologymatters.org. Ricerca di base e ricerca applicata sono accomunate dall’utilizzo delle teorie che indirizzano la ricerca e l’applicazione nel mondo reale. Nella prossima sezione descriviamo come si siano sviluppate le teorie psicologiche.

2.3 Costruzione e verifica di una teoria scientifica • Le teorie sono le spiegazioni proposte per le cause dei fenomeni; esse variano per le finalità e il livello di spiegazione che raggiungono. • Una teoria scientifica è una serie di proposizioni organizzate in modo logico per definire eventi, descrivere le relazioni tra gli eventi e spiegare il verificarsi degli eventi. • Le variabili intervenienti sono concetti usati nelle teorie per spiegare, in alcuni casi, il collegamento tra variabili indipendenti e variabili dipendenti.

ricerca applicata

ricerca di base


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

50

7-03-2012

12:38

Pagina 50

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico • Delle buone teorie scientifiche strutturano la conoscenza empirica, indirizzano la ricerca offrendo ipotesi verificabili e sopravvivono a verifiche rigorose. • I ricercatori valutano le teorie giudicando la consistenza interna della teoria, osservando se la verifica della teoria produca i risultati ipotizzati e rilevando se la teoria faccia predizioni precise basate su spiegazioni semplici.

teoria

Le teorie sono “idee” su come lavora la natura. Gli psicologi propongono delle teorie sulla natura del comportamento e dei processi mentali, così come sulle ragioni del comportamento e del pensiero delle persone e degli animali. Una teoria psicologica può essere sviluppata usando livelli di spiegazione diversi; per esempio, la teoria può essere sviluppata a livello fisiologico o a livello concettuale (Anderson, 1990; Simon, 1992). Una teoria della schizofrenia basata sulla fisiologia propone cause biologiche, come per esempio l’essere portatori di specifici geni. Una teoria sviluppata a livello concettuale propone, più probabilmente, cause psicologiche quali i modelli di conflitto emotivo o lo stress. La teoria della schizofrenia potrebbe anche mettere insieme cause biologiche e cause psicologiche. Le teorie hanno spesso obiettivi diversi, rappresentati dalla gamma di fenomeni che cercano di spiegare; alcune teorie tentano di spiegare fenomeni specifici. Per esempio, la teoria di Brown e Kulik (1977) tenta di spiegare il fenomeno delle flash bulb memories, situazioni in cui le persone ricordano specifiche circostanze molto personali attorniate da eventi emotivi particolarmente dirompenti, come il terribile evento dell’11 settembre 2001. Altre teorie hanno obiettivi molto più ampi nel loro tentativo di descrivere e spiegare fenomeni complessi come l’amore (Sternberg, 1986) o la cognizione umana (Anderson, 1990, 1993; Anderson e Milson, 1989). In genere, più l’obiettivo di una teoria è ampio più è probabile che la teoria sia complessa. La maggior parte delle teorie in psicologia tendono a essere relativamente modeste nel loro scopo, per considerare solo una limitata gamma di fenomeni. Gli scienziati sviluppano teorie da un insieme di intuizioni, osservazioni personali, fatti e idee. Il famoso filosofo della scienza Karl Popper (1976) sosteneva che le teorie veramente creative provenissero dalla combinazione di grande interesse per un problema e di immaginazione critica, ossia la capacità di pensare criticamente e “fuori dal coro”. I ricercatori, per costruire una teoria, partono da ciò che è noto di un problema o di un quesito di ricerca, e cercano errori od omissioni, ossia i limiti delle precedenti ricerche. L’approccio è simile a quello descritto nel Capitolo 1 per iniziare una ricerca e formare delle ipotesi. Sebbene le teorie differiscano per i loro livelli di spiegazione e le loro finalità, è possibile riscontrare elementi comuni a tutte le teorie (Tabella 2.3). Noi possiamo fornire la seguente definizione formale di teoria scientifica: una serie di proposizioni (affermazioni, dichiarazioni, asserzioni) organizzate con logica, che servono a definire gli eventi (concetti), descrivere le relazioni tra gli eventi e spiegare il verificarsi degli eventi. Per esempio, la teoria delle flash bulb memories (FBM, o ricordi fotografici) deve definire esattamente cosa sono le FBM e come una FBM differisca dagli altri tipi di memoria. La teoria dovrebbe includere anche le descrizioni delle relazioni fra i fattori che favoriscono o inibiscono le FBM, per esempio tra il grado di coinvolgimento emotivo e la quantità di ricordo. Infine, la teoria dovrebbe spiegare perché in alcuni casi le FBM sono chiaramente sbagliate anche se l’individuo è molto sicuro del suo ricordo (inaccurato) (Neisser e Harsch, 1992). È il caso per esempio dei risultati di Talarico e Rubin (2003) sui ricordi degli studenti dell’attacco terroristico dell’11 settembre 2001; nonostante una diminuzione nel tempo


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 51

51

PARTE PRIMA – Aspetti generali Tabella 2.3 Caratteristiche delle teorie*. Definizione

Una teoria è una serie di affermazioni che servono a definire eventi, descrivere relazioni tra gli eventi e spiegare il verificarsi di questi eventi.

Obiettivi

Le teorie sono diverse per l’ampiezza degli eventi che cercano di spiegare: da fenomeni molto specifici (per esempio flash bulb memories) a fenomeni complessi (per esempio amore).

Funzioni

Una teoria usa studi precedenti per strutturare la conoscenza empirica e suggerisce ipotesi verificabili che indirizzano la ricerca futura. Le variabili intervenienti forniscono un legame esplicativo fra le variabili.

Caratteristiche importanti

Le buone teorie sono: • Logiche. Hanno un senso e le predizioni possono essere logicamente dedotte. • Precise. Le predizioni sul comportamento sono specifiche e non generali. • Parsimoniose. La spiegazione più semplice per un fenomeno è la migliore.

* Zechmeister, Zechmeister e Shaughnessy, 2001, Tabella 2.3, p. 29.

dei ricordi legati all’evento, i partecipanti rimanevano sicuri dei loro ricordi molto vividi. Le funzioni principali di una teoria sono quelle di strutturare la conoscenza empirica e di indirizzare la ricerca (Marx, 1963). Le teorie scientifiche sono importanti in quanto forniscono l’organizzazione logica dei molti risultati delle varie ricerche e identificano le relazioni tra i risultati; l’organizzazione logica dei risultati indirizza i ricercatori nell’identificare ipotesi verificabili nelle future ricerche. Le teorie richiedono spesso che vengano ipotizzati dei fattori intervenienti per giustificare il comportamento osservato (Underwood e Shaughnessy, 1975). I fattori intervenienti sono quei processi o variabili che stabiliscono un collegamento tra le variabili indipendenti manipolate dai ricercatori e le variabili dipendenti misurate successivamente. Poiché questi processi “fanno da intermediari” tra le variabili indipendenti e le variabili dipendenti, sono chiamati variabili intervenienti. Per spiegare meglio che cosa si intende per variabile interveniente pensiamo all’uso del computer. Quando premi un tasto sulla tastiera o usi il mouse, vedi (e senti) degli esiti sul monitor, la stampante o gli altoparlanti. Non è la pressione sui tasti o il clic del mouse che direttamente causano l’esito; la variabile interveniente è il software “invisibile” che serve come connessione tra il tasto e l’esito sul monitor. Le variabili intervenienti sono come il software del computer che stabilisce una connessione tra il tasto e ciò che si vede sul monitor: le variabili intervenienti connettono le variabili indipendenti e quelle dipendenti. Un altro esempio è il costrutto di “sete”. Un ricercatore può, per esempio, manipolare il numero di ore in cui i partecipanti sono deprivati di liquidi e, dopo un tempo specifico, misura-

fattori intervenienti


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

52

7-03-2012

12:38

Pagina 52

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

re la quantità di liquido consumato. Possiamo dire che i partecipanti, nel tempo che passa tra la deprivazione di liquidi e la possibilità di bere, sono “assetati”, sperimentano cioè l’esperienza psicologica della necessità di reintegrare i fluidi. La sete è un costrutto che permette di connettere teoricamente le variabili “numero di ore di deprivazione di fluidi” (la variabile indipendente) e “quantità di liquido consumato” (la variabile dipendente). Le variabili intervenienti come la sete non solo collegano le variabili indipendenti a quelle dipendenti, ma sono usate per spiegare le connessioni delle variabili. Perciò, le variabili intervenienti giocano un ruolo importante quando i ricercatori interpretano i loro risultati alla luce delle teorie. I ricercatori utilizzano le variabili intervenienti anche perché permettono di identificare le relazioni tra variabili apparentemente diverse. Ritorniamo all’esempio della sete. Altre variabili indipendenti probabilmente influenzano la “sete”, per esempio la quantità di sale consumato. A prima vista, queste due variabili – numero di ore di deprivazione di liquidi e quantità di sale consumato – sono molto diverse. Tuttavia, entrambe influenzano il successivo consumo di liquidi e possono essere spiegate dalla variabile interveniente della sete. Altre variabili indipendenti legate al consumo di liquidi possono essere la quantità di esercizio e la temperatura: maggiore sono le ore di esercizio fisico o più alta è la temperatura, più la gente si sentirà “assetata” e più consumerà liquidi. Nonostante gli esempi sopra riportati sottolineino le variabili indipendenti, è importante sottolineare che anche la scelta delle variabili dipendenti ha un ruolo nello sviluppare la teoria. Infatti, il ricercatore creativo, piuttosto che misurare il “consumo di liquidi” quale variabile dipendente, potrebbe scegliere di misurare altri effetti legati all’esperienza psicologica della sete. In psicologia gli esempi di variabili intervenienti – e di teorie – abbondano. La variabile interveniente “depressione”, per esempio, connette i fattori che si ritiene causino la depressione (per esempio fattori neurologici, esposizione al trauma) e vari sintomi (per esempio tristezza, disperazione, disturbi del sonno e dell’appetito). Analogamente, la “memoria”, come variabile interveniente, è usata per spiegare la relazione tra la quantità (o qualità) di tempo speso studiando e la successiva prestazione a un test. Come avrai modo di imparare, le variabili intervenienti forniscono la chiave per comprendere le complesse relazioni tra variabili. Valutare e verificare le teorie scientifiche è una delle questioni cruciali per la psicologia e la filosofia (Meehl, 1978, 1990a, 1990b; Popper, 1959). Kimble (1989) ha indicato un approccio semplice e diretto: “La migliore teoria è quella che sopravvive alla prova logica e a quella empirica” (p. 498). Per prima cosa i ricercatori valutano se una teoria sia logica, determinano cioè se la teoria abbia senso e se le sue proposizioni siano libere da contraddizioni. Tale valutazione viene effettuata dalla comunità scientifica, che valuta criticamente e verifica la logicità delle affermazioni della teoria. Kimble (1989) raccomanda poi di sottoporre le ipotesi derivate da una teoria a verifica empirica. Le ipotesi che vengono verificate incrementano l’accettabilità di una teoria, mentre le ipotesi che non vengono verificate ne diminuiscono l’accettabilità. La miglior teoria, da questo punto di vista, è quella le cui ipotesi vengono verificate con successo. Ma ci sono seri ostacoli nel processo di verifica delle ipotesi e, di conseguenza, a confermare o non confermare teorie scientifiche. Per esempio una teoria, soprattutto una teoria complessa, può produrre svariate ipotesi specifiche verificabili; nel caso di teorie complesse non basta che una singola ipotesi non sia verificata per non accettare la teoria (Lakatos, 1978). Inoltre, le teorie possono includere concetti non adeguatamente definiti o indicare relazioni complesse tra le variabili; queste teorie possono avere una lunga vita, ma il loro valore scientifico è discu-


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 53

PARTE PRIMA – Aspetti generali

53

tibile (Meehl, 1978). È la comunità scientifica che determina se i risultati delle ricerche effettuate per la verifica della teoria siano da considerarsi definitivi. In genere, risultano molto più utili le teorie che forniscono delle predizioni precise (Meehl, 1990a). Per esempio, una teoria che predice che in genere i bambini mostrano un ragionamento astratto già all’età di 12 anni è più precisa (e verificabile) nelle sue predizioni della teoria che predice lo sviluppo del ragionamento astratto tra i 12 e i 20 anni. Quando costruiscono e valutano una teoria, gli scienziati premiano la parsimonia (Marx, 1963); il criterio della parsimonia è infatti utilizzato quando la più semplice delle spiegazioni alternative viene accettata. Gli scienziati preferiscono le teorie che forniscono la spiegazione più semplice di un fenomeno. Riassumendo, una buona teoria scientifica è in grado di superare le prove di verifica più rigide. Sembra strano ma le verifiche rigorose danno più informazioni quando i ricercatori cercano di confutare le affermazioni di una teoria che quando cercano di falsificarle (Shadish, Cook e Campbell, 2002). Sebbene le ricerche che confermano le affermazioni di una particolare teoria forniscano un supporto alla teoria sottoposta a verifica, la conferma data dalla logica non esclude altre teorie alternative per lo stesso fenomeno. Valutare la falsificabilità di una teoria è il modo migliore per sfrondare una teoria dalle sue ramificazioni superflue. La costruzione e la valutazione delle teorie scientifiche sono al centro dell’impresa scientifica e sono assolutamente essenziali per una sana crescita della scienza della psicologia.

RIASSUNTO

Come approccio alla conoscenza, il metodo scientifico è caratterizzato dall’utilizzare procedure empiriche, piuttosto che l’intuito, e dal tentativo di controllare l’analisi dei fattori ritenuti responsabili di un fenomeno. I ricercatori vogliono ottenere un elevato controllo nella conduzione di un esperimento. In un esperimento, i fattori sistematicamente manipolati nel tentativo di determinare il loro effetto sul comportamento sono chiamati variabili indipendenti. Le misure del comportamento utilizzate per valutare l’effetto (se c’è) delle variabili indipendenti sono chiamate variabili dipendenti. Gli scienziati cercano di riportare i risultati in modo imparziale e obiettivo e cercano di dare ai concetti delle definizioni operative. I ricercatori si riferiscono ai concetti come costrutti. Gli strumenti utilizzati per la ricerca sono il più accurati e precisi possibile; i fenomeni sono quantificati con misure fisiche e psicologiche; le misure devono essere valide e attendibili. Le ipotesi sono tentativi di spiegare gli eventi e per essere utili devono essere verificabili; le ipotesi che non hanno una definizione adeguata, che sono circolari o che si appellano a idee o forze al di fuori del dominio della scienza non sono verificabili; le ipotesi sono spesso derivate dalle teorie.

Le finalità del metodo scientifico sono la descrizione, la predizione, la comprensione e l’applicazione. Per descrivere il comportamento vengono utilizzate la ricerca quantitativa e la ricerca qualitativa. L’osservazione è la base su cui poggia la descrizione scientifica. Quando due misure correlano, possiamo predire il valore di una misura conoscendo il valore dell’altra. Quando si scoprono le cause di un fenomeno lo si può comprendere e spiegare. Perché succeda, vanno fornite le prove per la covariazione degli eventi, deve esistere una relazione temporale e devono essere eliminate le cause alternative. Quando due variabili potenzialmente influenti covariano in modo da non permetterci di determinare l’effetto indipendente di ogni variabile sul comportamento, dobbiamo dire che nella nostra ricerca ci sono dei fattori confondenti. Anche quando un esperimento attentamente controllato permette al ricercatore di formare una inferenza causale, rimangono aperte delle questioni che riguardano quanto i risultati possano essere generalizzati ad altre popolazioni e ad altri setting. Nella ricerca applicata, gli psicologi si sforzano di applicare le loro conoscenze e i metodi di ricerca per migliorare la vita delle persone. La ricerca di base viene


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

54

7-03-2012

12:38

Pagina 54

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

condotta per acquisire conoscenze sul comportamento e sui processi mentali e per verificare le teorie. La costruzione e la valutazione di una teoria scientifica sono concetti basilari dell’approccio scientifico alla psicologia. Una teoria è definita come una serie di affermazioni organizzate con logica che servono a definire gli eventi, descrivere le relazioni tra questi eventi e spie-

gare il verificarsi degli eventi. Le teorie hanno l’importante funzione di strutturare la conoscenza empirica e indirizzare la ricerca offrendo ipotesi verificabili. Le variabili intervenienti sono molto importanti per lo sviluppo della teoria in psicologia, perché sono costrutti che permettono ai ricercatori di spiegare le relazioni tra variabili indipendenti e variabili dipendenti.

CONCETTI CHIAVE

Controllo ................................................................... 31 Esperimento.............................................................. 31 Variabili indipendenti................................................. 31 Variabili dipendenti ................................................... 31 Attendibilità ............................................................... 37 Validità ...................................................................... 37 Variabili...................................................................... 38

Correlazione.............................................................. 44 Inferenza causale...................................................... 46 Variabili confondenti ................................................. 47 Ricerca applicata ...................................................... 49 Ricerca di base ......................................................... 49 Teoria ........................................................................ 50 Fattori intervenienti ................................................... 51

DOMANDE DI VERIFICA

1. Per ognuno degli aspetti elencati indica le caratteristiche dell’approccio scientifico e dell’approccio ingenuo alla conoscenza: l’approccio generale e l’atteggiamento, l’osservazione, il resoconto, i concetti, gli strumenti, le misure e le ipotesi. 2. Definisci una variabile indipendente e una variabile dipendente e fornisci un esempio che potrebbe essere usato in un esperimento. 3. Qual è il principale vantaggio nell’uso della definizione operativa in psicologia? Quali sono le due critiche che sono state apportate all’uso delle definizioni operative? 4. Quali sono i tre tipi di ipotesi che non possono essere verificate? 5. Identifica le quattro finalità del metodo scientifico e descrivi brevemente cosa intende realizzare ogni obiettivo. 6. Distingui tra l’approccio nomotetico e l’approccio idiografico in termini di chi viene studiato e della natura delle generalizzazioni cercate. 7. Identifica due differenze tra ricerca quantitativa e qualitativa.

8. Cosa sono in grado di fare i ricercatori quando sanno che due variabili sono correlate? 9. Proponi un esempio traendolo da uno studio di ricerca descritto nel testo che illustri ognuna delle tre condizioni per un’inferenza causale (puoi usare lo stesso esempio per più di una condizione). 10. Qual è la differenza fra ricerca di base e ricerca applicata? 11. Cos’è una variabile interveniente? Proponi un costrutto psicologico che possa servire come variabile interveniente tra “insulto” (presente/assente) e “risposte aggressive”. Spiega come queste variabili potrebbero essere collegate proponendo un’ipotesi che includa la tua variabile interveniente. 12. Descrivi i ruoli della consistenza logica e della verifica empirica nel valutare una teoria scientifica. 13. Spiega perché le verifiche rigorose di una teoria che cercano di confutare le affermazioni della teoria possono essere più informative delle verifiche che cercano di convalidare le affermazioni della teoria.


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

7-03-2012

12:38

Pagina 55

PARTE PRIMA – Aspetti generali

55

PER RIFLETTERE

1. In ognuna delle seguenti descrizioni di ricerche, devi identificare la/le variabile/i indipendente/i e almeno una variabile dipendente. A. Una psicologa è interessata all’effetto della deprivazione di cibo sull’attività motoria. Assegna 60 ratti a una delle quattro condizioni sperimentali che differiscono per il tempo in cui gli animali sono deprivati del cibo: 0, 8, 16, 24 ore. Misura poi la quantità di tempo in cui gli animali corrono nella ruota della loro gabbia. B. Un’insegnante di educazione fisica vuole identificare i cambiamenti nella coordinazione motoria che avvengono quando i bambini familiarizzano con le attrezzature nei parchi gioco (scivoli, altalene, pareti attrezzate). Per un periodo di 8 settimane, bambini della scuola materna sono assegnati a gruppi che trascorrono 4, 6 o 8 ore settimanali di tempo con queste attrezzature. L’insegnante, poi, verifica la loro coordinazione motoria chiedendo ai bambini di saltare e di stare su un piede solo. C. Uno psicologo dello sviluppo è interessato alla quantità di comportamento verbale che i bambini piccoli esibiscono a seconda di chi è presente. I bambini di tre anni vengono osservati in un setting di laboratorio per periodi di 30 minuti. Metà dei bambini sono assegnati a una condizione in cui durante la sessione è presente un adulto. L’altra metà dei bambini è assegnata a una condizione in cui assieme al bambino osservato è presente un altro bambino. Lo psicologo misura il numero, la durata e la complessità delle espressioni verbali di ogni bambino. 2. Una psicologa fisiologa ha sviluppato una droga, che ha chiamato Speedo, che pensa rivoluzionerà il mondo delle corse dei cavalli. Il suo assunto è che questa droga induca i cavalli a correre molto più veloce (data la natura ipotetica di questo problema, ignoriamo il fatto che è illegale somministrare droghe ai cavalli da corsa). Seleziona due gruppi di cavalli e inietta la droga Speedo a un solo gruppo, una volta alla settimana per 4 settimane. Poiché si sa che Speedo ha alcuni effetti negativi sul sistema digestivo, i cavalli a cui viene somministrato Speedo seguono una dieta ad alto contenuto proteico. Gli

altri cavalli invece mantengono la loro dieta regolare. Dopo un periodo di 4 settimane, tutti i cavalli vengono cronometrati in una corsa di 3 chilometri e i tempi medi per i cavalli in trattamento con Speedo sono significativamente più veloci dei tempi medi dei cavalli non trattati. La psicologa conclude che la sua droga è efficace. A. Identifica la variabile indipendente di interesse (e i suoi livelli) e una variabile indipendente potenzialmente importante con cui la variabile indipendente primaria può confondersi. Spiega chiaramente come si presentano i fattori confondenti. B. Indica esattamente quali effetti della droga Speedo possono essere supportati dalle prove presentate. C. Infine, indica i modi in cui lo studio potrebbe essere fatto, così da poter trarre una chiara conclusione sull’efficacia della droga Speedo. 3. Il New York Times ha riportato i risultati di uno studio, finanziato per 1,5 milioni di dollari in due anni, condotto dai ricercatori della Carnegie Mellon University sulla relazione fra uso di Internet e benessere psicologico. Allo studio hanno partecipato 169 persone residenti nell’area di Pittsburgh e le loro famiglie. Sono state incluse nella ricerca persone che dichiaravano di usare Internet in modo apparentemente normale. I dati mostrano che le persone che utilizzavano maggiormente Internet riportavano un livello di benessere psicologico inferiore rispetto alle persone che usavano meno Internet. Nello specifico, usare Internet per un’ora a settimana portava a un leggero incremento nella scala di depressione e nella scala di solitudine e a un numero inferiore di interazioni personali con i membri della famiglia. In seguito a questi risultati, i ricercatori sostennero che gli utilizzatori di Internet costruivano relazioni superficiali che portavano a un generale declino delle sensazioni di collegamento con le altre persone. A. I ricercatori affermano che l’uso di Internet porta a un declino del benessere delle persone. Quali sono le evidenze empiriche presentate in questo riassunto che soddisfano le condizioni necessarie per trarre questa inferenza causale, e quali evidenze mancano?


02_Capitolo_Metodologia.qxd:Layout 1

56

7-03-2012

12:38

Pagina 56

CAPITOLO 2 – Metodo scientifico

B. Quali fonti bibliografiche alla base di questo quesito di ricerca vorresti controllare prima di giungere a una conclusione sui risultati riportati qui? (Potresti iniziare coll’articolo del New York Times “The Lonely Net”, 30 agosto 1998, e sul Washington Post “Net Depression Study Criticized”, 7 settembre 1998.) 4. È stato condotto uno studio per determinare se prendere appunti durante il corso di psicologia dello sviluppo influisca sulla prestazione all’esame scritto degli studenti. Gli studenti registravano i loro appunti lungo un intero semestre in un quaderno-guida di 125 pagine. Il quaderno-guida includeva domande sul contenuto del corso coperto dal libro di testo e dalle lezioni in classe. Gli appunti degli studenti venivano misurati usando tre dimensioni: completezza, lunghezza e accuratezza. I risultati dei tre studi indicano che gli studenti che prendono appun-

ti in modo accurato hanno prestazioni migliori nelle relazioni e nelle prove di esame a scelta multipla rispetto agli studenti con appunti meno accurati. Basandosi su questi risultati, i ricercatori affermano che i professori dovrebbero usare delle tecniche per la didattica che facilitino gli studenti nel prendere appunti accurati, per esempio fermarsi per brevi periodi durante la lezione e porre domande per chiarire i contenuti spiegati. A. Quali sono le evidenze empiriche in questo resoconto di ricerca che soddisfano le condizioni di un’inferenza causale tra l’accuratezza degli appunti degli studenti e la loro prestazione all’esame? Quale prova manca? (Cerca di identificare chiaramente le tre condizioni per un’inferenza causale.) B. Identifica la finalità del metodo scientifico che potrebbe essere soddisfatta, sulla base dei risultati di questo studio.

RISPOSTE ALLE DOMANDE PER FARE PRATICA 2.1 1. La variabile indipendente in questo studio è la condizione emotiva dei partecipanti sperimentata dopo aver completato il compito di coordinazione mano-occhio. C’erano tre livelli: gratitudine, emozioni positive, situazione neutrale. La variabile dipendente era il numero di minuti in cui i partecipanti aiutavano il confederato a completare il questionario. 2. Una spiegazione alternativa per il risultato dello studio è che i partecipanti si sentivano sollevati quando il confederato riusciva a risolvere il problema del computer, e perciò lo aiutavano di più alla fine dell’esperimento. Per dimostrare che la specifica emozione della gratitudine era importante, i ricercatori hanno usato una condizione sperimentale, la condizione del video divertente, per controllare le emozioni positive in generale. Cioè, se fossero state le semplici emozioni positive a causare un aiuto maggiore, allora anche questi partecipanti avrebbero dovuto mostrare un aiuto maggiore. Poiché solo i partecipanti nella condizione di gratitudine mostravano un aiuto maggiore, i ricercatori possono sostenere che la gratitudine ha specificamente causato un aumento dell’aiuto.

RISPOSTE ALLE DOMANDE PER RIFLETTERE 1 A. Variabile indipendente (VI): ore di deprivazione di cibo a quattro livelli (0, 8, 16, 24); variabile dipendente (VD): tempo (per esempio minuti) che gli animali spendevano a correre nella ruota. B. VI: tempo speso con le attrezzature del parco giochi a tre livelli: 4, 6, 8 ore alla settimana; VD: punteggi al test di coordinazione motoria. C. VI: persona in più presente a due livelli (adulto, bambino); VD: numero, durata e complessità delle espressioni verbali del bambino.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.