Capitolo 3 - Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

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Capitolo 3 Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

C

i si renda conto o no, l’energia è una parte importante della maggior parte degli aspetti della vita quotidiana. La qualità della vita, persino il suo sostentamento, dipendono dalla disponibilità di energia. È quindi importante avere una buona conoscenza delle fonti di energia, della conversione dell’energia da una forma in un’altra e delle conseguenze di queste conversioni. L’energia esiste in numerose forme quali energia termica, energia meccanica, energia elettrica, energia chimica ed energia nucleare. L’energia può essere trasferita a o da un sistema chiuso in due forme distinte: calore e lavoro. Un trasferimento di energia dall’esterno all’interno di un sistema o viceversa avviene sotto forma di calore se è causato da una differenza di temperatura. Altrimenti avviene sotto forma di lavoro e in questo caso è causato da una forza che fa subire un certo spostamento al proprio punto di applicazione. Questo capitolo comincerà con un esame di varie forme di energia e del trasferimento di energia sotto forma di calore. Poi verranno introdotte varie forme di lavoro e verrà esaminato il trasferimento di energia sotto forma di lavoro. Quindi verrà sviluppata un’espressione intuitiva generale del primo principio della termodinamica, noto anche come principio di conservazione dell’energia, che è uno dei principi fondamentali in natura, e verrà esaminato l’impatto esercitato sull’ambiente dalle conversioni di energia. Trattazioni particolareggiate del primo principio della termodinamica per sistemi chiusi e volumi di controllo verranno presentate nel Capitolo 5 e nel Capitolo 6, rispettivamente.

Obiettivi Gli obiettivi di questo capitolo sono: • individuare il vocabolario peculiare associato alla termodinamica attraverso la definizione precisa dei concetti fondamentali per costituire solide fondamenta per lo sviluppo dei principi della termodinamica; • spiegare i concetti fondamentali della termodinamica quali sistema, stato, postulato di stato, equilibrio, trasformazione e ciclo; • ripassare i concetti di temperatura, scale di temperatura, pressione, pressione assoluta e pressione relativa.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

3.1

FIGURA 3.1 Un frigorifero in funzione con la porta aperta in una stanza ermeticamente sigillata e termicamente isolata.

S

FIGURA 3.2 Un ventilatore in funzione in una stanza ermeticamente sigillata e termicamente isolata innalzerà la temperatura dell’aria nella stanza.

Introduzione

Fin dalla scuola superiore si ha familiarità con il principio di conservazione dell’energia, che è un enunciato del primo principio della termodinamica. Si sente dire ripetutamente che l’energia non può essere creata o distrutta durante una trasformazione: può soltanto trasformarsi da una forma in un’altra. Ciò sembra abbastanza semplice, ma conviene mettersi alla prova per accertare se si sia compreso bene questo principio e si creda veramente in esso. Si consideri una stanza la cui porta e le cui finestre siano chiuse ermeticamente e le cui pareti siano ben isolate termicamente in modo tale che la cessione o l’acquisto di calore attraverso le pareti siano trascurabili. Si immagini ora di collocare un frigorifero con la porta aperta nel centro della stanza e di inserire nella presa di corrente elettrica la sua spina (Figura 3.1). Si può anche impiegare un piccolo ventilatore per fare circolare l’aria allo scopo di mantenere uniforme la temperatura nella stanza. Che cosa accadrà alla temperatura media dell’aria nella stanza? Aumenterà o diminuirà? Oppure rimarrà invariata? Probabilmente il primo pensiero a venire in mente è che la temperatura media dell’aria nella stanza diminuirà perché l’aria ambiente più calda si mescola con l’aria raffreddata dal frigorifero. Qualcuno potrebbe richiamare l’attenzione sul calore generato dal motore del frigorifero e sostenere che la temperatura media dell’aria può aumentare se questo effetto di riscaldamento è maggiore dell’effetto di raffreddamento. Ma si disorienterà se viene detto che il motore è fatto di materiali superconduttori e quindi il calore generato nel motore è trascurabile. Questa discussione accalorata può proseguire senza che se ne intraveda la fine finché non si ricorda il principio di conservazione dell’energia che è stato dato per certo: se si considera l’intera stanza − aria e frigorifero compresi − come il sistema, che è un sistema chiuso adiabatico perché la stanza è ermeticamente sigillata ed è ben isolata termicamente, l’unico scambio di energia che interviene è l’energia elettrica che attraversa il contorno del sistema ed entra nella stanza. La conservazione dell’energia richiede che il contenuto energetico della stanza aumenti di una quantità uguale alla quantità di energia elettrica assorbita dal frigorifero, che può essere misurata con un ordinario contatore elettrico. Il frigorifero o il suo motore non accumulano questa energia. Perciò questa energia deve essere ora nell’aria ambiente, e si manifesterà come un aumento della temperatura dell’aria. L’aumento della temperatura dell’aria si può calcolare in base al principio di conservazione dell’energia usando le proprietà dell’aria e la quantità di energia elettrica assorbita. Che cosa accadrebbe se si installasse un condizionatore d’aria a finestra al posto del frigorifero collocato nel centro della stanza? Che cosa accadrebbe se al posto del frigorifero si facesse funzionare un ventilatore (Figura 3.2)? È importante notare che l’energia si conserva durante il funzionamento del frigorifero posto in una stanza: l’energia elettrica si converte in una quantità equivalente di energia termica accumulata nell’aria ambiente. Se è certo che l’energia si conserva, che cosa significano tutti i discorsi che si sentono sulla conservazione dell’energia? In realtà, con il termine «conservazione dell’energia» si intende in questo caso la conservazione della qualità dell’energia, non della sua quantità. Per esempio, l’energia elettrica, che è una forma di energia di qualità più alta, può sempre essere convertita in una quantità uguale di energia termica (detta anche calore). Ma soltanto una piccola frazione dell’energia termica, che è l’energia di qualità più bassa, può essere riconvertita in energia elettrica, come si vedrà nel Capitolo 7. Si rifletta su ciò che si può fare con l’energia elettrica che il fri-


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gorifero ha utilizzato e sul fatto che l’aria nella stanza sia ora a una temperatura più elevata. Se ora si chiedesse di dire il nome delle conversioni energetiche associate al funzionamento di un frigorifero, si potrebbe ancora incontrare qualche difficoltà nel rispondere perché tutti osservano l’energia che entra nel frigorifero e il calore ceduto dal frigorifero all’aria ambiente. Ovviamente si devono studiare prima le varie forme di energia, e ciò è proprio quanto si farà qui di seguito, a cui seguirà uno studio dei meccanismi di trasferimento dell’energia.

3.2 Le forme di energia L’energia di un sistema può esistere in numerose forme: energia termica, cinetica, potenziale, elettrica, magnetica, chimica e nucleare, la cui somma è l’energia totale E del sistema. L’energia totale di un sistema riferita all’unità di massa viene indicata con e ed è definita dalla relazione: (3.1)

La termodinamica non fornisce alcuna informazione circa il valore assoluto dell’energia totale di un sistema, perché tratta esclusivamente le variazioni dell’energia totale, le uniche ad avere importanza nei problemi ingegneristici. Si può, allora, assegnare valore nullo (E = 0) all’energia totale di un sistema in un conveniente stato di riferimento, poiché le variazioni dell’energia totale del sistema sono indipendenti dallo stato di riferimento scelto: per esempio, la diminuzione di energia potenziale di un masso in caduta libera dipende soltanto dalla differenza di quota e non dal livello di riferimento scelto. Nell’analisi termodinamica spesso è utile classificare le varie forme di energia che costituiscono l’energia totale di un sistema in due gruppi: macroscopiche e microscopiche. Le forme macroscopiche dell’energia sono quelle che un sistema possiede nel suo complesso, rispetto a un qualche sistema esterno di riferimento: per esempio, l’energia cinetica o l’energia potenziale (Figura 3.3). Invece le forme microscopiche dell’energia sono quelle legate alla struttura molecolare del sistema e al grado di attività molecolare; esse sono indipendenti dal sistema di riferimento esterno. La somma di tutte le forme microscopiche dell’energia è detta energia interna del sistema ed è indicata con U. Il termine energia fu coniato da Thomas Young nel 1807 e il suo uso in termodinamica fu proposto da Lord Kelvin nel 1852. Il termine energia interna e il suo simbolo U apparvero per la prima volta nei lavori di Rudolf Clausius e William Rankine nella seconda metà del XIX secolo. L’energia macroscopica di un sistema è legata al movimento e all’influenza di alcuni fenomeni esterni come la gravità, il magnetismo, l’elettricità e la tensione superficiale. L’energia che un sistema possiede per effetto del suo moto, riferito a un fissato sistema di riferimento, è detta energia cinetica Ecin. Se tutte le parti di un sistema si muovono con la stessa velocità, l’energia cinetica è espressa dalla relazione: cin

(3.2)

e, riferita all’unità di massa: cin

(3.3)

FIGURA 3.3 Le forme macroscopiche di energia di un oggetto cambiano con la velocità e con la quota.


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V

dove il simbolo w rappresenta la velocità del sistema nel riferimento fissato. L’energia che un sistema possiede per effetto della sua quota in un campo gravitazionale è detta energia potenziale Epot ed è espressa dalla relazione: Epot = mgz

FIGURA 3.4 Portata massica e portata energetica associate al flusso di vapore acqueo in un tubo di diametro interno D con velocità media wmedia.

(kJ)

(3.4)

(kJ/kg)

(3.5)

e per unità di massa: epot = gz

dove g è l’accelerazione di gravità e z è la quota del centro di massa del sistema rispetto a un piano di riferimento arbitrariamente scelto. Gli effetti dovuti a fenomeni magnetici, elettrici e di tensione superficiale sono significativi soltanto in alcuni casi particolari e non sono considerati in questo testo. Trascurando questi effetti l’energia totale di un sistema è data dalla somma dell’energia cinetica, dell’energia potenziale e dell’energia interna: cin

pot

(3.6)

e, riferita all’unità di massa: cin

pot

(3.7)

Durante una trasformazione la maggior parte dei sistemi chiusi non subisce variazioni della propria energia cinetica e potenziale. I sistemi chiusi, la cui velocità e quota del centro di massa restano costanti durante una trasformazione, sono spesso chiamati sistemi in regime stazionario o sistemi stazionari. La variazione di energia totale ∆U di un sistema in regime stazionario coincide con la variazione della sua energia interna ∆U. In questo testo un sistema chiuso verrà ritenuto in regime stazionario se non altrimenti specificato. I volumi di controllo implicano tipicamente un flusso fluido durante lunghi intervalli di tempo e quindi conviene esprimere il flusso di energia associato a una corrente fluida sotto forma di portata. A questo scopo, si introduce la portata massica, m+ che è la quantità di massa che fluisce attraverso una sezione trasversale riferita all’unità di tempo. È correlata con la portata volumetrica, V + che è il volume di un fluido che fluisce attraverso una sezione trasversale riferito all’unità di tempo, dalla relazione: m+ = ρV+ = ρAwmed (kg/s)

(3.8)

che è analoga alla relazione m = ρV. Dove ρ è la densità del fluido, A è l’area della sezione trasversale della corrente fluida e wmed è la velocità della corrente fluida nella direzione normale alla sezione A. Il punto che sormonta il simbolo di una grandezza è usato in tutto il libro per denotare la derivata temporale (d/dt) della grandezza ossia la velocità di variazione della grandezza. Quindi la potenza associata a un fluido che fluisce con una portata massica m+ è (Figura 3.4): Potenza:

(3.9)

che è analoga alla relazione (3.10)


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Capitolo 3

3.2.1 Alcuni approfondimenti sull’energia interna L’energia interna di un sistema è stata definita precedentemente come la somma di tutte le forme microscopiche di energia di un sistema. Essa è legata alla struttura molecolare e al grado di attività molecolare e può essere considerata come la somma delle energie cinetica e potenziale delle molecole. Per comprendere meglio l’energia interna, si esamini un sistema a livello molecolare. Le molecole di un gas si muovono attraverso lo spazio occupato dal gas con una certa velocità e quindi possiedono una certa energia cinetica. Questa energia è detta energia di traslazione. Gli atomi delle molecole poliatomiche ruotano attorno a un asse e l’energia associata a questa rotazione è detta energia cinetica di rotazione. Gli atomi delle molecole poliatomiche possono anche vibrare attorno al loro comune centro di massa e l’energia associata a questo moto di vibrazione è detta energia cinetica di vibrazione. Nel caso dei gas, l’energia cinetica è dovuta in prevalenza a moti di traslazione e di rotazione, mentre i moti di vibrazione diventano rilevanti a temperature più elevate. In un atomo gli elettroni ruotano attorno al nucleo e quindi possiedono energia cinetica di rotazione. Gli elettroni nelle orbite esterne hanno energie cinetiche maggiori. Gli elettroni ruotano anche attorno ai loro assi (come una trottola, spin in inglese), e l’energia associata a questo moto è detta energia di spin. La parte dell’energia interna di un sistema che è associata alle energie cinetiche delle molecole è detta energia interna sensibile (Figura 3.5). La velocità media e il grado di attività delle molecole sono direttamente proporzionali alla temperatura del gas. Perciò, al crescere della temperatura, cresce l’energia cinetica delle molecole e quindi cresce l’energia interna del sistema. L’energia interna è legata anche alle forze intermolecolari, ovvero alle forze che legano tra loro le molecole di un sistema che, come ci si può aspettare, sono più intense nei solidi e più deboli nei gas. Se una sufficiente quantità di energia viene fornita alle molecole di un solido o di un liquido, queste forze intermolecolari saranno vinte, con il risultato di rompere il legame tra le molecole e di determinare il passaggio del sistema alla fase gassosa: questa è una trasformazione di cambiamento di fase. A causa di questa fornitura di energia, un sistema in fase gassosa è a un livello di energia interna più elevato rispetto al corrispondente livello del sistema in fase solida o liquida. L’energia interna legata alla fase del sistema è detta energia latente. Le trasformazioni suddette possono verificarsi senza variazione della composizione chimica del sistema. La maggior parte dei problemi termodinamici rientra in questa categoria e, in tal caso, non è necessario porre attenzione alle forze che legano gli atomi in una molecola. Un atomo è formato da un nucleo, costituito da neutroni elettricamente neutri e da protoni carichi positivamente legati tra loro da forze nucleari forti, attorno al quale orbitano elettroni carichi negativamente. L’energia interna associata ai legami atomici all’interno di una molecola è detta energia chimica. Durante una reazione chimica, come in un processo di combustione, alcuni legami chimici vengono distrutti, mentre altri si formano, con il risultato che l’energia interna varia. Le forze nucleari sono molto più intense delle forze che legano gli elettroni al nucleo. L’enorme quantità di energia associata ai legami forti all’interno del nucleo dell’atomo è detta energia nucleare (Figura 3.6). Per lo più in termodinamica non è necessario considerare l’energia nucleare, tranne nei casi di fusione o di fissione nucleare. Una reazione chimica implica variazioni della configurazione elettronica degli atomi, mentre una reazione nucleare implica variazioni del nucleo. Perciò, un atomo mantiene la propria identità durante una reazione chimica, ma la perde durante una reazione nucleare. Gli atomi possiedono anche energie associate ai momenti di dipolo elettrico e magnetico quando sono soggetti

+

+

FIGURA 3.5 Varie forme di energia delle molecole che danno luogo all’energia interna sensibile.

FIGURA 3.6 L’energia interna di un sistema termodinamico è la somma di tutte le forme microscopiche di energia.


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FIGURA 3.7 L’energia cinetica macroscopica è una forma organizzata di energia ed è molto più utile delle energie cinetiche microscopiche disorganizzate delle molecole.

a campi elettrici e magnetici dovuti alla torsione dei dipoli magnetici prodotti dalle deboli correnti elettriche associate ai moti orbitali degli elettroni. Le forme di energia discusse precedentemente, che costituiscono l’energia totale di un sistema, sono quelle contenute o immagazzinate in un sistema e perciò possono essere considerate come forme statiche di energia. Invece, le forme di energia che non sono immagazzinate all’interno di un sistema possono essere considerate come forme dinamiche di energia o energia scambiata. Queste si manifestano al contorno del sistema nel momento in cui lo attraversano e rappresentano l’energia ricevuta o persa dal sistema durante una trasformazione. Per un sistema chiuso vi sono soltanto due forme di energia scambiata: il calore e il lavoro. Il calore è una forma dinamica di energia che si scambia sotto l’azione di una differenza di temperatura. Per tutte le altre forme dinamiche di energia si tratterà di lavoro, come verrà spiegato nella sezione seguente. Un volume di controllo può anche scambiare energia mediante trasferimento di massa perché ogni volta che viene trasferita massa dall’esterno all’interno di un sistema o viceversa insieme a essa viene trasferito anche il contenuto energetico della massa. Nella vita quotidiana si è abituati a riferirsi alle forme di energia interna sensibile e latente con il termine calore e si parla di contenuto di calore dei corpi; in termodinamica, invece, è preferibile riferirsi all’energia interna sensibile e latente con il termine energia termica per evitare confusioni con il calore, il quale è, piuttosto, una forma dinamica di energia. Si dovrebbe distinguere l’energia cinetica macroscopica di un intero corpo e le energie cinetiche microscopiche delle sue molecole che costituiscono l’energia interna sensibile del corpo (Figura 3.7). L’energia cinetica di un corpo è una forma organizzata di energia associata al moto ordinato di tutte le sue molecole nello stesso verso in una traiettoria rettilinea o attorno a un asse. Per contro, le energie cinetiche delle molecole sono completamente casuali e altamente disorganizzate. Come si vedrà nei capitoli seguenti, l’energia organizzata è molto più utile dell’energia disorganizzata, e un’importante applicazione della termodinamica è la conversione dell’energia disorganizzata (calore) in energia organizzata (lavoro). Si vedrà anche che l’energia organizzata può essere convertita completamente in energia disorganizzata, ma soltanto una frazione dell’energia disorganizzata può essere convertita in energia organizzata da dispositivi costruiti appositamente detti macchine termiche (quali i motori per autotrazione e le centrali termoelettriche). Un ragionamento simile può essere fatto per l’energia potenziale macroscopica di un intero corpo e per le energie potenziali microscopiche delle molecole.

3.2.2

Un approfondimento sull’energia nucleare

La reazione di fissione nucleare conosciuta meglio implica la scissione (fissione) di un nucleo dell’atomo di uranio [l’isotopo U-235 (235U)] nei nuclei di altri elementi e viene sfruttata comunemente per generare energia elettrica per usi civili e industriali nelle centrali elettronucleari (nel 2006, su scala mondiale, 443 di esse generavano 370 000 MW), per fornire di energia sottomarini e portaerei nucleari e persino veicoli spaziali. La percentuale di energia elettrica prodotta da centrali elettronucleari è il 78% in Francia, il 25% in Giappone, il 28% in Germania e il 20% negli Stati Uniti. La prima reazione nucleare a catena controllata fu realizzata dal fisico italiano Enrico Fermi (1901-1954) e i primi reattori nucleari su grande scala furono costruiti nel 1944 allo scopo di produrre materiale per gli ordigni nucleari. Quando un nucleo di uranio-235 (U-235, 235U) assorbe un neutrone e si scinde durante


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un processo di fissione, esso produce un nucleo di cesio-140 (Cs-140, 140Cs), un nucleo di rubidio-93 (Rb-93, 93Rb), 3 neutroni e 3.2 × 10–11 J di energia. In termini pratici, la fissione completa di 1 kg di uranio-235 libera 6.73 × 1010 kJ di calore, maggiore della quantità di calore liberata dalla combustione di 3000 t (tonnellate) di carbone fossile. Perciò, a parità di quantità di combustibile, una reazione di fissione nucleare libera una quantità di energia pari a milioni di volte quella liberata da una reazione chimica. Ma lo smaltimento sicuro del combustibile nucleare esausto continua a essere un problema preoccupante. Si libera energia nucleare da fusione quando due piccoli nuclei si fondono per formare un nucleo più grande. Si ritiene che l’enorme quantità di energia irraggiata dal Sole e dalle altre stelle si origini da un processo di fusione di questo tipo che implica la fusione di 2 nuclei di idrogeno per formare un nucleo di elio. Quando due nuclei di deuterio (idrogeno pesante) si combinano durante un processo di fusione, la reazione produce un nucleo di elio-3 (He-3, 3He), un neutrone libero e 5.1 × 10–13 J di energia (Figura 3.8). Le reazioni nucleari di fusione sono molto più difficili da realizzare in pratica a causa della forte repulsione tra nuclei carichi positivamente, detta repulsione di Coulomb, dal nome dell’ingegnere e fisico francese Charles Augustin de Coulomb (1736-1806). Per vincere questa forza repulsiva e permettere ai due nuclei di fondersi, si deve innalzare il livello energetico dei nuclei innalzandone la temperatura a circa 100 milioni di kelvin. Ma temperature così alte sono presenti soltanto nelle stelle o nell’esplosione di una bomba nucleare (bomba A). In realtà, la reazione nucleare di fusione incontrollata che si svolge in una bomba termonucleare (bomba H) viene iniziata da una piccola bomba nucleare. La reazione di fusione incontrollata è stata realizzata all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, ma tutti gli sforzi compiuti da allora per realizzare la fusione nucleare controllata con laser massivi, potenti campi magnetici e intense correnti elettriche sono falliti.

FIGURA 3.8 La fissione dell’uranio e la fusione dell’idrogeno durante reazioni nucleari e la liberazione di energia nucleare.

ESEMPIO 3.1 Un’automobile alimentata con combustibile nucleare Un’automobile media consuma circa 5 L di benzina al giorno e la capacità del serbatoio del carburante di un’automobile è circa 50 L. Perciò l’automobile necessita di essere rifornita di carburante 1 volta ogni 10 giorni. Inoltre, la densità della benzina è compresa tra 0.68 e 0.75 kg/L e il suo potere calorifico è circa 44 000 kJ/kg (cioè, quando 1 kg di benzina viene bruciato completamente si liberano 44 000 kJ di calore). Si supponga che tutti i problemi associati alla radioattività e allo smaltimento delle scorie dei combustibili nucleari siano stati risolti e che un’automobile sia alimentata con U-235. Supponendo che una nuova automobile esca dalla fabbrica provvista di 0.1 kg del combustibile nucleare U-235, si determini se questa automobile dovrà mai essere rifornita di combustibile in condizioni di guida medie (Figura 3.9).

SOLUZIONE Un’automobile alimentata con energia nucleare esce dalla fabbrica provvista di combustibile nucleare. Si deve determinare se questa automobile dovrà mai essere rifornita di combustibile. Ipotesi 1. 2.

La benzina è un liquido incomprimibile con una densità media di 0.75 kg/L. Il combustibile nucleare si converte completamente in energia termica.

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FIGURA 3.9 Schema per l’Esempio 3.1.


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Analisi La massa di benzina usata al giorno dall’automobile è:

Notando che il potere calorifico della benzina è 44 000 kJ/kg, l’energia fornita all’automobile al giorno è:

La fissione completa di 0.1 kg di uranio-235 libera: 6.73 × 1010 × 0.1 = 6.73 × 109 kJ di calore, che sono sufficienti per soddisfare il fabbisogno energetico dell’automobile per:

che sono equivalenti a circa 112 anni. Considerando che nessuna automobile durerà più di 100 anni, questa automobile non dovrà mai essere rifornita di combustibile. A quanto pare, una massa di combustibile nucleare delle dimensioni di una ciliegia è sufficiente per alimentare un’automobile durante tutta la sua vita. Considerazioni È importante notare che questo problema è irrealistico perché la massa critica necessaria non può essere ottenuta con una quantità così piccola di combustibile nucleare. Inoltre, nella fissione non può convertirsi tutto l’uranio, di nuovo a causa dei problemi di massa critica dopo la conversione parziale.

3.2.3

L’energia meccanica

Molti sistemi ingegneristici sono progettati per trasportare un fluido da una località a un’altra, a una portata, a una velocità e a un dislivello di valori specificati, e il sistema può generare lavoro meccanico in una turbina o può utilizzare lavoro meccanico in una pompa o in un ventilatore durante questo processo. Questi sistemi non implicano la conversione di energia nucleare, chimica o termica in energia meccanica. Inoltre, non implicano trasferimento di calore in quantità rilevante e operano a temperatura praticamente costante. Tali sistemi si possono analizzare convenientemente considerando soltanto le forme meccaniche di energia e gli effetti di attrito che causano la dissipazione di energia meccanica (cioè, la sua conversione in energia termica che generalmente non può essere utilizzata per qualche scopo utile). L’energia meccanica può essere definita come la forma di energia che può essere convertita completamente e direttamente in lavoro meccanico da un dispositivo meccanico ideale quale una turbina ideale. L’energia cinetica e l’energia potenziale sono le forme familiari di energia meccanica. L’energia termica non è energia meccanica perché non può essere convertita completamente e direttamente in lavoro (secondo principio della termodinamica). Una pompa trasferisce energia meccanica a un fluido innalzando la sua pressione e una turbina estrae energia meccanica da un fluido abbassando la sua pressione. Perciò, la pressione di un fluido in moto è associata anche alla sua energia


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meccanica. In realtà, l’unità di misura della pressione nel SI, il pascal (Pa), equivale a 1 Pa = 1 N/m2 = 1 N · m/m3 = 1 J/m3, che è l’energia riferita all’unità di volume, e il prodotto pv o il suo equivalente p/ρ è espresso in joule al kilogrammo (J/kg), che è l’unità di misura dell’energia riferita all’unità di massa. È importante notare che la pressione stessa non è una forma di energia. Ma una forza di pressione che agisce su un fluido determinandone un certo spostamento compie lavoro, detto lavoro del flusso, nella quantità p/ρ riferita all’unità di massa. Il lavoro del flusso viene espresso in termini delle proprietà del fluido e può essere considerato convenientemente come parte dell’energia di un fluido in moto, nel qual caso prende il nome di energia del flusso. Perciò, l’energia meccanica di un fluido in moto, riferita all’unità di massa, può essere espressa come: (3.11)

dove p/ρ è l’energia del flusso, w2/2 è l’energia cinetica e gz è l’energia potenziale del fluido, tutte riferite all’unità di massa. Può essere espressa anche in forma di derivate temporali, vale a dire in termini di potenza: (3.12)

dove m+ è la portata in massa del fluido. Quindi, la variazione di energia meccanica di un fluido durante un flusso incomprimibile (ρ = costante) diventa: (3.13)

e: (3.14)

Perciò, l’energia meccanica di un fluido non varia durante il suo moto se la sua pressione, la sua densità, la sua velocità e la sua quota rimangono costanti. In assenza di perdite, la variazione di energia meccanica rappresenta il lavoro meccanico fornito al fluido (se ∆emecc > 0) o estratto dal fluido (se ∆emecc < 0).

ESEMPIO 3.2 L’energia eolica Si osserva che una località valutata come possibile sito di installazione di una fattoria del vento è sede di venti costanti a una velocità di 8.5 m/s (Figura 3.10). Si determini l’energia eolica (a) riferita all’unità di massa, (b) per una massa di 10 kg e (c) riferita all’unità di tempo per una portata in massa dell’aria pari a 1154 kg/s.

SOLUZIONE Si considera un sito con una velocità del vento specificata. Si deve determinare l’energia eolica riferita all’unità di massa, per una massa specificata e per una data portata in massa dell’aria.

FIGURA 3.10 Sito potenziale per una «fattoria del vento» esaminata nell’Esempio 3.2.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

Ipotesi Il vento soffia a una velocità costante specificata. Analisi L’unica forma di energia sfruttabile dell’aria atmosferica è l’energia cinetica, che viene catturata da una turbina eolica. a)

L’energia eolica riferita all’unità di massa di aria è: cin

FIGURA 3.11 L’energia può attraversare il contorno di un sistema chiuso sotto forma di calore e lavoro.

N

b)

L’energia eolica per una massa d’aria di 10 kg è:

c)

La potenza eolica (l’energia eolica riferita all’unità di tempo) per una portata in massa di 1154 kg/s è:

Considerazioni Si può dimostrare che la portata in massa specificata corrisponde a una sezione del flusso di 12 m di diametro quando la densità dell’aria è 1.2 kg/m3. Perciò, una turbina eolica con un diametro del rotore di 12 m ha una potenzialità di generazione di potenza di 41.7 kW. Le turbine eoliche reali convertono soltanto circa 1/3 di questa potenzialità in potenza elettrica, a causa di inefficienze.

3.3 FIGURA 3.12 La differenza di temperatura è la «forza motrice» per il trasferimento di energia sotto forma di calore. Maggiore è la differenza di temperatura, maggiore è la quantità di calore trasferita nell’unità di tempo: potenza termica.

FIGURA 3.13 Il calore viene trasmesso dai corpi caldi a quelli più freddi in virtù di una differenza di temperatura.

Il trasferimento di energia sotto forma di calore

L’energia è capace di attraversare il contorno di un sistema chiuso sotto due forme distinte: calore e lavoro (Figura 3.11). È importante distinguere tra queste due forme di energia. Perciò, esse verranno esaminate per prime per costituire una solida base per lo sviluppo dei principi della termodinamica. Per esperienza si sa che una lattina di bibita fredda lasciata su un tavolo alla fine si riscalda e che una patata calda cotta al forno lasciata sullo stesso tavolo si raffredda (Figura 3.12). Infatti, quando un corpo è immerso in un mezzo a temperatura differente, si verifica un trasferimento di energia tra il corpo e il mezzo circostante, finché non si stabilisce l’equilibrio termico, vale a dire finché il corpo e il mezzo non raggiungono la stessa temperatura. Il trasferimento di energia avviene spontaneamente sempre dal corpo a temperatura più alta verso quello a temperatura più bassa. Nel caso della patata al forno, l’energia continuerà ad abbandonare la patata finché essa non si sarà raffreddata fino alla temperatura ambiente; una volta stabilita l’eguaglianza di temperatura tra patata e ambiente, il trasferimento di energia terminerà. Nei processi appena descritti, si dice che l’energia si trasferisce sotto forma di calore. Il calore è definito come la forma di energia che si trasferisce tra due sistemi (o tra un sistema e l’ambiente) in virtù di una differenza di temperatura (Figura 3.13). In pratica, uno scambio di energia si presenta sotto forma di calore soltanto se avviene a causa di una differenza di temperatura; ne consegue, quindi, che non può esistere alcuna trasmissione di calore tra due sistemi alla stessa temperatura. Nella vita quotidiana correntemente si fa riferimento alle forme sensibile e latente di energia interna usando il termine calore e si parla di contenuto di calore dei corpi. In termodinamica, invece, tali forme di energia vengono chiamate energia termica per evitare qualsiasi confusione con il calore, inteso come energia che si trasferisce. Infatti, il calore è energia in transito, riconoscibile solo al momento


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Capitolo 3

in cui attraversa il contorno di un sistema. Si consideri ancora una volta la patata cotta al forno calda: essa contiene energia, che si configura come trasmissione di calore solo quando passa attraverso la buccia della patata (il contorno del sistema) per raggiungere l’aria, come mostrato nella Figura 3.13. Una volta nell’ambiente, il calore trasmesso diventa parte dell’energia interna dell’ambiente. Un processo durante il quale non vi è trasmissione di calore è detto trasformazione adiabatica (Figura 3.14). Il termine adiabatico deriva dalla parola greca αδιαßατoς (adiabatos) che significa “che non si può oltrepassare”. Una trasformazione può risultare adiabatica quando il sistema è ben isolato termicamente, cosicché solo una quantità trascurabile di calore può attraversare il contorno, oppure quando il sistema e l’ambiente sono alla stessa temperatura, per cui non si può verificare alcuna trasmissione di calore. Una trasformazione adiabatica non va confusa con una trasformazione isotermica; infatti, sebbene durante una trasformazione adiabatica non vi sia trasmissione di calore, il contenuto di energia e, quindi, la temperatura del sistema possono ancora modificarsi, per esempio a seguito di uno scambio di lavoro. Per il calore, in quanto energia, si usa come unità di misura il joule (J). La quantità di energia trasferita durante la trasformazione tra due stati (stato 1 e 2) si indica con Q12, o più semplicemente con Q; mentre il calore trasmesso riferito all’unità di massa di un sistema si indica con q ed è dato dalla relazione:

FIGURA 3.14 Durante una trasformazione adiabatica, un sistema non scambia calore con l’ambiente.

(3.15)

Si desidera talvolta conoscere la potenza termica trasmessa, invece della quantità totale di calore trasmessa in un determinato intervallo di tempo (Figura 3.15). La potenza termica trasmessa è denotata con Q,+ dove il punto che sormonta il simbolo Q denota la derivata rispetto al tempo, ossia il “riferimento all’unità di tempo”. La potenza termica trasmessa Q+ è espressa nel SI in joule al secondo (J/s), equivalente al watt (W). Quando Q+ varia al variare del tempo, la quantità di calore trasferita durante una trasformazione si ottiene integrando Q+ sull’intervallo di tempo della trasformazione: (3.16)

Quando Q+ rimane costante durante una trasformazione, questa relazione si riduce a: (3.17)

Dove ∆t = t2 − t1 è l’intervallo di tempo durante il quale si svolge la trasformazione.

3.3.1 Cenni storici Il calore è sempre stato percepito come qualcosa che produce sull’uomo una sensazione di caldo, per cui si potrebbe pensare che la natura del calore sia stata una delle prime cose comprese dal genere umano. Invece, solo alla metà del XIX secolo si è avuta la vera spiegazione fisica della natura del calore: infatti, grazie allo sviluppo della teoria cinetica, che tratta le molecole come corpuscoli in movimento dotati di energia cinetica, il calore fu correttamente interpretato come energia associata al moto casuale di atomi e molecole. Fino alla metà del XIX secolo l’interpretazione prevalente del calore si basava sulla teoria del calorico, proposta dal chimico francese Antoine Lavoisier (17431794) nel 1789, secondo la quale il calore era una sostanza fluida, detta calorico,

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FIGURA 3.15 Relazioni tra q, Q e Q .+


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

FIGURA 3.16 All’inizio del XIX secolo, si immaginava il calore come un fluido invisibile chiamato calorico che fluiva dai corpi più caldi a quelli più freddi.

senza massa, senza colore, senza odore e senza sapore, caratterizzata dal fatto che si poteva riversare da un corpo all’altro (Figura 3.16). Quando il calorico veniva aggiunto a un corpo, la sua temperatura aumentava; quando il calorico veniva sottratto da un corpo, la sua temperatura diminuiva. Se un corpo non poteva contenere altro calorico, pressappoco allo stesso modo in cui l’acqua contenuta in un bicchiere non poteva sciogliere altro sale, il corpo si diceva saturo di calorico. Questa terminologia dette origine ai termini liquido saturo e vapore saturo, ancora in uso al giorno d’oggi. La teoria del calorico fu criticata subito dopo la sua proposizione, perché asseriva che il calore era una sostanza e non poteva essere creato o distrutto, mentre si sapeva che il calore poteva essere generato all’infinito strofinandosi le mani o strofinando insieme due pezzi di legno. Nel 1798, infatti, Benjamin Thompson (conte di Rumford, 1753-1814) dimostrò che il calore poteva essere generato in continuazione per attrito. La validità della teoria del calorico fu sfidata anche da diverse altre teorie; ma gli esperimenti dell’inglese James P. Joule (1818-1889), pubblicati nel 1843, convinsero definitivamente gli scettici che dopo tutto il calore non era una sostanza, per cui la teoria del calorico fu abbandonata, avendo dato, comunque, un notevole contributo allo sviluppo della termodinamica. Il calore si trasmette secondo tre modalià: conduzione, convezione e irraggiamento. La conduzione termica è il trasferimento di energia dalle particelle più energetiche di una sostanza alle particelle adiacenti meno energetiche in conseguenza dell’interazione tra particelle. La convezione termica è il trasferimento di energia tra una superficie solida e il fluido adiacente in moto e implica gli effetti combinati della conduzione e del moto fluido. L’irraggiamento termico è il trasferimento di energia dovuto all’emissione di onde elettromagnetiche (o di fotoni).

3.4

Il trasferimento di energia sotto forma di lavoro

Il lavoro, come il calore, è uno scambio di energia tra un sistema e l’ambiente. Come precedentemente affermato, l’energia può attraversare il contorno di un sistema chiuso sotto forma di calore o di lavoro; perciò, se l’energia che attraversa il contorno di un sistema chiuso non è calore, deve essere lavoro. Il calore è facile da riconoscere: si scambia per differenza di temperatura tra il sistema e l’ambiente. Viceversa si può dire che uno scambio di energia che non sia causato da una differenza di temperatura tra un sistema e l’ambiente è lavoro; più precisamente, il lavoro è il trasferimento di energia associato all’effetto combinato di una forza e di uno spostamento. Un pistone in movimento, un’elica collegata a un albero rotante e un filo metallico percorso da corrente elettrica che attraversano il contorno di un sistema sono tutti associati a scambi di lavoro. Il lavoro, come il calore, è una forma di energia scambiata e utilizza le unità di misura dell’energia quale il joule (J). Il lavoro scambiato durante una trasformazione tra gli stati 1 e 2 si indica con L12, o semplicemente L. Il lavoro scambiato riferito all’unità di massa di un sistema si indica con l ed è dato da: (3.18) FIGURA 3.17 Relazioni tra l, L e L .+

Il lavoro compiuto nell’unità di tempo è detto potenza e si indica con L+ (Figura 3.17). L’unità di misura della potenza nel SI è il joule al secondo (J/s), detto watt (W).


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Capitolo 3

Il calore e il lavoro sono grandezze dotate di verso; quindi, per descrivere completamente uno scambio di calore o di lavoro si devono specificare il valore numerico (con associata un’appropriata unità di misura) e il verso della grandezza in questione. Si può specificare il verso adottando una convenzione dei segni. La convenzione formale dei segni generalmente accettata per gli scambi di calore e lavoro è la seguente: il calore trasferito dall’ambiente a un sistema e il lavoro compiuto da un sistema sull’ambiente sono positivi; il calore trasferito da un sistema all’ambiente e il lavoro compiuto dall’ambiente su un sistema sono negativi. Un altro modo per specificare il verso è usare i pedici «entrante» (o semplicemente «e») e «uscente» (o semplicemente «u») (Figura 3.18). Per esempio, un lavoro di 5 kJ entrante in un sistema può essere espresso come Lentrante, mentre una quantità di calore di 3 kJ ceduta da un sistema può essere espressa come Quscente = 3 kJ. Quando non si conosce il verso di uno scambio di calore o di lavoro, si può semplicemente supporre un verso per lo scambio (usando il pedice «entrante» o «uscente») e risolvere rispetto a essa. Un risultato positivo indica che il verso supposto è corretto, mentre un risultato negativo indica che il verso dello scambio è opposto al verso supposto. È come supporre un verso per una forza quando si risolve un problema di statica (tenendo presente, però, che una forza è una grandezza vettoriale, mentre il calore e il lavoro sono grandezze scalari), e invertire il verso quando si ottiene un risultato negativo. In questo libro verrà adottato questo approccio intuitivo perché elimina la necessità di adottare una convenzione formale dei segni e la necessità di assegnare accuratamente valori negativi ad alcuni scambi. È importante notare che una grandezza che viene trasferita dall’esterno all’interno di un sistema o viceversa durante un’interazione non è una proprietà perché la quantità di tale grandezza non dipende soltanto dallo stato del sistema. Calore e lavoro sono interazioni tra un sistema e l’ambiente e hanno molte caratteristiche comuni:

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FIGURA 3.18 Evidenziazione delle direzioni per calore e lavoro.

1. entrambi si riconoscono al contorno del sistema quando lo attraversano; cioè, entrambi sono fenomeni di contorno; 2. nessuno dei due può essere posseduto da un sistema; i sistemi possiedono energia, ma non calore o lavoro; 3. entrambi sono associati a una trasformazione e non a uno stato; diversamente dalle proprietà, il calore e il lavoro non hanno significato in uno stato; 4. entrambi sono funzioni di linea (vale a dire, la loro entità dipende dal percorso seguito durante una trasformazione così come dagli stati iniziale e finale). Le funzioni di linea hanno differenziali non esatti indicati dal simbolo δ. Quindi, una quantità infinitesima di calore o lavoro è rappresentata, rispettivamente, da δQ o δL invece che da dQ o dL. Le proprietà, tuttavia, sono funzioni di punto o di stato (vale a dire, dipendono solo dallo stato e non da come il sistema raggiunge quello stato) e hanno differenziali esatti indicati dal simbolo d. Una variazione infinitesima di volume, per esempio, è rappresentata da dV e la variazione totale di volume durante una trasformazione tra gli stati 1 e 2 è

Cioè, la modificazione di volume durante una trasformazione 1-2 corrisponde sempre al volume nello stato 2 meno il volume nello stato 1, indipendentemente dal percorso seguito (Figura 3.19). Il lavoro totale scambiato durante la trasformazione 1-2, invece, è:

FIGURA 3.19 Le proprietà sono funzioni di punto; ma il calore e il lavoro sono funzioni di linea (la loro entità dipende dal percorso seguito).


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

Cioè, il lavoro totale è ottenuto seguendo la linea di trasformazione e sommando le quantità infinitesime di lavoro (δL) scambiate lungo la trasformazione. L’integrale di δL non è L2 − L1 (cioè, il lavoro nello stato 2 meno il lavoro nello stato 1), che è privo di significato perché il lavoro non è una proprietà e i sistemi non possiedono lavoro in uno stato.

ESEMPIO 3.3

La combustione di una candela in una stanza termicamente isolata

Una candela brucia in una stanza ben isolata termicamente. Considerando la stanza (l’aria più la candela) come sistema, si determini (a) se vi è scambio termico durante la trasformazione di combustione e (b) se vi è variazione di energia interna del sistema.

SOLUZIONE Si considera una candela che brucia in una stanza ben isolata termicamente. Si deve determinare se avvengano trasferimento di calore e variazione dell’energia interna. Analisi a) FIGURA 3.20 Schema per l’Esempio 3.3.

b)

Le superfici interne della stanza costituiscono il contorno del sistema, come indicato dalla linea tratteggiata nella Figura 3.20. Come evidenziato in precedenza, il calore si riconosce quando attraversa il contorno; poiché la stanza è ben isolata termicamente, si ha un sistema adiabatico e nessuna quantità di calore attraverserà il contorno. Quindi, in questo caso Q = 0. L’energia interna comprende energie di vario tipo (sensibile, latente, chimica, nucleare). Durante la trasformazione descritta in precedenza, parte dell’energia chimica si converte in energia sensibile, cioè parte dell’energia interna del sistema passa da una forma a un’altra. Poiché non vi è aumento o diminuzione dell’energia interna totale del sistema, risulta ∆U = 0.

Considerazioni Vi è trasferimento di calore dalla fiamma della candela all’aria, ma non attraverso il contorno del sistema.

ESEMPIO 3.4

Il riscaldamento di una patata in un forno

Una patata, che si trova inizialmente a temperatura ambiente (25 °C), viene cotta in un forno mantenuto a 200 °C, come mostrato nella Figura 3.21. Esiste qualche scambio termico durante tale processo di cottura?

SOLUZIONE Una patata viene cotta in un forno. Si deve determinare se durante questa trasformazione avvenga trasferimento di calore. FIGURA 3.21 Schema per l’Esempio 3.4.

Analisi Questo problema non è ben definito poiché il sistema non è stato specificato. Se si assume la patata come sistema, allora la buccia della patata può considerarsi come il contorno del sistema e parte dell’energia del forno lo attraverserà. Poiché il trasferimento di energia avviene a causa di una differenza di temperatura, si tratta di un processo di trasmissione termica.


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Capitolo 3

Considerazioni L’aria contenuta nel forno deve essere riscaldata essa stessa in qualche modo.

ESEMPIO 3.5

Il riscaldamento di un forno mediante trasferimento di lavoro

Un forno elettrico ben isolato termicamente viene riscaldato attraverso il suo elemento scaldante. Considerando l’intero forno, compreso il suo elemento scaldante, quale sistema, si stabilisca se vi è uno scambio di calore o di lavoro.

SOLUZIONE Un forno elettrico ben isolato termicamente viene riscaldato dal suo elemento scaldante. Si deve determinare se si tratti di uno scambio di calore oppure di uno scambio di lavoro. Analisi In questo problema, le superfici interne del forno costituiscono il contorno del sistema, come mostrato nella Figura 3.22. L’energia interna del forno ovviamente aumenta durante la trasformazione, poiché aumenta la temperatura. Il trasferimento di energia al forno non è causato da una differenza di temperatura tra il forno e l’aria circostante, ma da particelle caricate negativamente chiamate elettroni che attraversano il contorno del sistema, compiendo così lavoro. Quindi, si tratta di uno scambio di lavoro.

FIGURA 3.22 Schema per l’Esempio 3.5.

Considerazioni Vi è trasferimento di calore dall’elemento scaldante all’aria contenuta nel forno, ma questo calore non attraversa il contorno del sistema.

ESEMPIO 3.6 Il riscaldamento di un forno mediante trasferimento di calore Si risponda alla domanda dell’Esempio 3.5, nel caso in cui il sistema sia costituito solo dall’aria nel forno senza l’elemento scaldante.

SOLUZIONE Si deve riconsiderare il problema proposto nell’Esempio 3.5, assumendo come sistema soltanto l’aria contenuta nel forno. Analisi Questa volta il contorno del sistema include la superficie esterna dell’elemento scaldante e non la attraversa, come mostrato nella Figura 3.23; quindi, nessun elettrone attraversa il contorno del sistema in nessun punto. Invece l’energia generata internamente all’elemento scaldante si trasferisce all’aria intorno a esso per effetto della differenza di temperatura tra l’elemento scaldante e l’aria nel forno. Quindi, si tratta di un processo di trasmissione di calore. Considerazioni Con questi due ultimi esempi, in cui la quantità di energia trasferita all’aria è uguale, si è voluto mostrare che l’energia scambiata può essere calore o lavoro a seconda di come si sceglie il sistema.

FIGURA 3.23 Schema per l’Esempio 3.6.

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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

3.4.1

Il lavoro elettrico

Nell’Esempio 3.5 si è fatto notare come gli elettroni che attraversano il contorno di un sistema compiono lavoro elettrico sul sistema, poiché si muovono in un campo elettrico sotto l’effetto di forze elettromotrici. Quando elettroni corrispondenti a una carica di N coulomb si muovono per effetto di una differenza di potenziale V, il lavoro elettrico compiuto è: el

V

V

V

FIGURA 3.24 Potenza elettrica in termini di resistenza R, intensità di corrente I e differenza di potenziale V.

Lel = VN (kJ) e, riferendosi all’unità di tempo, la potenza elettrica è: Lel+ = VI (kW) (3.19) dove Lel+ è la potenza elettrica e I il numero di elettroni che si muovono nell’unità di tempo, cioè l’intensità della corrente elettrica (Figura 3.24). In generale, sia V sia I variano nel tempo e il lavoro elettrico compiuto durante un intervallo di tempo ∆t si esprime come: (3.20)

V

Quando sia V sia I rimangono costanti durante l’intervallo di tempo ∆t, tale equazione si riduce a: Lel = VI ∆t

3.5 FIGURA 3.25 Il lavoro fatto è proporzionale alla forza applicata (F) e allo spostamento (s).

(kW)

(3.21)

Le forme meccaniche del lavoro

Vi sono modi molto diversi di compiere lavoro, ciascuno in qualche maniera correlato all’effetto di una forza e di uno spostamento (Figura 3.25). Il lavoro compiuto da una forza costante F su un corpo che viene spostato di s nella direzione della forza è dato dalla relazione: (3.22) L = Fs (kJ) Se la forza F non è costante, il lavoro compiuto è dato dalla somma (integrale) di infinite quantità infinitesime di lavoro (forza per lo spostamento infinitesimo ds): (3.23)

FIGURA 3.26 Se non esiste movimento, non si compie lavoro.

Naturalmente, per eseguire tale integrazione è necessario sapere come varia la forza con lo spostamento. Le Equazioni 3.22 e 3.23 forniscono solo l’entità del lavoro; il segno si determina facilmente sulla base di considerazioni fisiche: il lavoro compiuto su un sistema da una forza esterna agente nella direzione del moto è negativo e il lavoro compiuto da un sistema contro una forza esterna agente in direzione opposta al moto è positivo. Affinché vi sia uno scambio di lavoro tra un sistema e l’ambiente occorre che: (1) ci sia una forza agente sul contorno; (2) il contorno si possa muovere. La presenza, quindi, di forze sul contorno senza alcuno spostamento del contorno stesso non costituisce scambio di lavoro; analogamente lo spostamento del contorno senza alcuna forza che si opponga o favorisca tale movimento (come l’espansione di un gas in uno spazio vuoto) non comporta scambio di lavoro. In molti problemi termodinamici l’unica forma di lavoro presente è il lavoro meccanico, associato al movimento del contorno o al movimento dell’intero sistema nel suo complesso (Figura 3.26). Nel seguito vengono presentate alcune forme comuni di lavoro meccanico.


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Capitolo 3

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3.5.1 Il lavoro meccanico (lavoro all’albero) La trasmissione di energia con un albero rotante è molto comune nella pratica ingegneristica (Figura 3.27). Il momento di forza M applicato all’albero è spesso costante, la qual cosa significa che è costante anche la forza F applicata all’albero. Per un momento di forza costante determinato, il lavoro compiuto durante n giri dell’albero si può determinare come segue. Una forza F che agisce attraverso un braccio di forza r genera un momento di forza M dato da (Figura 3.28): (3.24)

Questa forza fa subire al proprio punto di applicazione uno spostamento s, che è legato al raggio r dalla relazione: s = (2π r)n Quindi il lavoro all’albero si ottiene dalla relazione:

(3.25)

(3.26)

La potenza trasmessa attraverso l’albero è il lavoro compiuto dall’albero nell’unità di tempo, che può essere espresso come: (3.27)

FIGURA 3.27 La trasmissione di energia mediante alberi rotanti è un processo che si incontra comunemente in pratica.

·

FIGURA 3.28 La potenza meccanica (potenza all’albero) è direttamente proporzionale al momento della forza applicata e al numero di giri dell’albero nell’unità di tempo.

dove n+ è il numero di giri dell’albero nell’unità di tempo.

ESEMPIO 3.7 La potenza trasmessa dall’albero di un autoveicolo Si determini la potenza trasmessa attraverso l’albero di un autoveicolo quando il momento di forza applicato è 200 N m e l’albero ruota a una velocità angolare di 4000 giri/min.

SOLUZIONE Sono dati il momento di forza applicato all’albero di un autoveicolo e la sua velocità angolare. Si deve determinare la potenza trasmessa. Analisi È dato un disegno schematico dell’autoveicolo nella Figura 3.29. Si può determinare la potenza dell’albero direttamente dalla relazione:

FIGURA 3.29 Schema per l’Esempio 3.7.

Considerazioni Si noti che la potenza trasmessa da un albero è direttamente proporzionale al momento di forza applicato all’albero e alla velocità angolare dell’albero.

3.5.2

Il lavoro elastico (lavoro di una molla)

È esperienza comune che, quando si applica una forza a una molla, la lunghezza della molla varia (Figura 3.30). Quando la lunghezza della molla varia di una quantità infinitesima dx sotto l’azione di una forza F, il lavoro compiuto è dato dalla relazione:

δLm = F dx

(3.28)

FIGURA 3.30 Allungamento di una molla per effetto di una forza.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

Per determinare il lavoro totale della molla, è necessario conoscere la relazione tra F e x, che per molle a comportamento lineare è di proporzionalità diretta (Figura 3.31): F = ke x

(kN)

(3.29)

dove ke (N/m) è la costante elastica della molla e lo spostamento x è misurato a partire dalla posizione di riposo della molla (x = 0 per F = 0). Sostituendo l’Equazione 3.29 nell’Equazione 3.28 e integrando, si ottiene la relazione: (3.30) FIGURA 3.31 L’allungamento di una molla a comportamento lineare è doppio quando la forza è raddoppiata.

dove x1 e x2 sono rispettivamente gli spostamenti iniziale e finale della molla, entrambi misurati rispetto alla posizione di riposo della molla. Esistono molte altre forme di lavoro meccanico. Ne verranno presentate alcune brevemente.

3.5.3

FIGURA 3.32 Le barre piene si comportano come molle sotto l’influenza di una forza.

Il lavoro compiuto su barre piene elastiche

I solidi vengono spesso modellizzati come molle lineari perché sotto l’azione di una forza si accorciano o si allungano, come è mostrato nella Figura 3.32 e, quando la forza viene abolita, ritornano alla lunghezza iniziale, come fa una molla. Questo comportamento vale finché la forza è nell’intervallo elastico, cioè, finché non è tanto grande da causare deformazioni permanenti (plastiche). Perciò, le equazioni presentate per una molla lineare possono essere usate anche per le barre piene elastiche. Oppure, si può determinare il lavoro associato alla dilatazione o alla contrazione di una sbarra piena elastica sostituendo la pressione p con il suo equivalente nei solidi, lo sforzo normale σn = F/A, nell’espressione per il lavoro: (3.31)

Dove A è l’area della sezione trasversale della barra. Si noti che lo sforzo normale ha le dimensioni di una forza riferita all’area di una superficie, come una pressione; la sua unità di misura nel SI è il newton al metro quadrato (N/m2), che però non prende il nome di pascal (Pa) come nel caso di una pressione.

3.5.4 Il lavoro associato allo stiramento di una lamina liquida

T S L

FIGURA 3.33 Stiramento di una lamina liquida mediante lo spostamento del lato mobile di un telaio rettangolare di filo metallico su cui è sospesa.

Si consideri una lamina liquida quale una lamina di sapone sospesa a un telaio rettangolare di filo metallico con un lato mobile (Figura 3.33). L’esperienza dice che si deve applicare una certa forza per stirare questa lamina mediante lo spostamento del lato mobile del telaio. Questa forza è impiegata per vincere le forze microscopiche intermolecolari alle interfacce liquido-aria. Queste forze microscopiche sono perpendicolari a qualsiasi linea giacente nella superficie e il risultante di queste forze riferito all’unità di lunghezza è detto tensione superficiale, σspf, e la sua unità di misura nel SI è il newton al metro (N/m). Perciò, il lavoro associato allo stiramento di una lamina liquida è detto anche lavoro contro la tensione superficiale. Lo si può ottenere dalla relazione: spf

spf

(3.32)


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Capitolo 3

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Dove dA = 2b dx è la variazione dell’area della superficie. Il fattore 2 è dovuto al fatto che la lamina abbia due superfici a contatto con l’aria. La forza agente sul filo mobile in conseguenza degli effetti di tensione superficiale è F = 2bσspf, dove σspf è la forza di tensione superficiale riferita all’unità di lunghezza.

3.5.5 Il lavoro compiuto per sollevare o accelerare un corpo Quando un corpo viene sollevato in un campo gravitazionale, la sua energia potenziale aumenta. Analogamente, quando un corpo viene accelerato, la sua energia cinetica aumenta. Il principio di conservazione dell’energia richiede che una quantità equivalente di energia si trasferisca al corpo che viene sollevato o accelerato. Si tenga presente che si può trasferire energia a una data massa sotto forma di calore e di lavoro, e l’energia trasferita in questo caso evidentemente non è calore perché il trasferimento non è causato da una differenza di temperatura. Perciò, deve essere lavoro. Si conclude quindi che (1) il trasferimento di lavoro necessario per sollevare un corpo è uguale alla variazione della sua energia potenziale e (2) il trasferimento di lavoro necessario per accelerare un corpo è uguale alla variazione della sua energia cinetica (Figura 3.34). Analogamente, l’energia potenziale o l’energia cinetica di un corpo rappresenta il lavoro che si può ottenere dal corpo quando esso viene abbassato al livello di riferimento o viene decelerato fino a velocità zero. Questa trattazione, insieme alla considerazione dell’attrito e di altre forze dissipative, costituisce la base per la determinazione della potenza nominale richiesta per azionare dispositivi quali ascensori, scale mobili, nastri trasportatori e skilift. Svolge un ruolo primario anche nella progettazione dei motori per autoveicoli e aeromobili e nella determinazione della quantità massima di energia idroelettrica che si può ottenere da un dato bacino idroelettrico, la quale è semplicemente l’energia potenziale dell’acqua rispetto al livello a cui è installata la turbina idraulica.

FIGURA 3.34 L’energia trasferita a un corpo mentre viene sollevato è uguale alla variazione della sua energia potenziale.

ESEMPIO 3.8 La potenza richiesta da un’automobile per salire una collina Si consideri un’automobile di massa 1200 kg che viaggia a velocità costante di 90 km/h su una strada orizzontale. Ora l’automobile comincia a salire una collina che ha un’inclinazione di 30° rispetto all’orizzontale (Figura 3.35). Se la velocità dell’automobile deve rimanere costante durante la salita, si determini la potenza addizionale che deve essere erogata dal motore.

SOLUZIONE Un’automobile deve salire una collina mantenendo costante la propria velocità. Si deve determinare la potenza addizionale necessaria. Analisi La potenza addizionale necessaria è semplicemente il lavoro che deve essere compiuto nell’unità di tempo per aumentare la quota dell’automobile, il quale è uguale alla variazione dell’energia potenziale dell’automobile riferita all’unità di tempo:

FIGURA 3.35 Schema per l’Esempio 3.8.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

Considerazioni Si noti che l’automobile dovrà produrre 147 kW di potenza addizionale (equivalenti a circa 200 CV) mentre sale la collina se deve mantenere costante la propria velocità.

ESEMPIO 3.9

FIGURA 3.36 Schema per l’Esempio 3.9.

La potenza necessaria per accelerare un’automobile

Si determini la potenza media necessaria per accelerare un’automobile di massa 900 kg mostrata nella Figura 3.36 dalla quiete a una velocità di 80 km/h in 20 s su una strada orizzontale.

SOLUZIONE Si deve determinare la potenza media necessaria per accelerare un’automobile a una velocità specificata. Analisi Il lavoro necessario per accelerare un corpo è semplicemente la variazione della sua energia cinetica:

La potenza media si ottiene da:

Considerazioni Questa potenza si aggiunge a quella necessaria per vincere gli attriti, la resistenza al rotolamento e altre irreversibilità.

3.5.6

Le forme non meccaniche di lavoro

La trattazione svolta nel Paragrafo 3.5 è una descrizione piuttosto generale delle forme meccaniche di lavoro, eccettuato il lavoro di variazione di volume che verrà trattato nel Capitolo 5. Tuttavia alcune forme di lavoro che si incontrano nella pratica non sono di natura meccanica, ma queste forme di lavoro non meccaniche si possono trattare in modo simile individuando una forza generalizzata F agente nella direzione di uno spostamento generalizzato x. Quindi si può determinare lo spostamento infinitesimo sotto l’azione di questa forza dalla relazione δL = Fdx. Alcuni esempi di forme non meccaniche di lavoro sono il lavoro elettrico (il lavoro delle forze di un campo elettrico), in cui la forza generalizzata è la differenza di potenziale elettrico (la tensione elettrica) e lo spostamento generalizzato è la carica elettrica, come si è visto precedentemente, e il lavoro magnetico (il lavoro delle forze di un campo magnetico), in cui la forza generalizzata è l’induzione magnetica e lo spostamento generalizzato è il momento di dipolo magnetico, e il lavoro di polarizzazione elettrica, in cui la forza generalizzata è l’intensità del campo elettrico e lo spostamento generalizzato è la polarizzazione


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Capitolo 3

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del mezzo (la somma dei momenti di rotazione di dipolo elettrico delle molecole). Analisi particolareggiate di queste e di altre forme non meccaniche di lavoro si possono trovare in libri specializzati su questi argomenti.

3.6 Il primo principio della termodinamica

pot cin

Finora sono state considerate singolarmente varie forme di energia, quali il calore Q, il lavoro L e l’energia totale E, ma non è stato fatto alcun tentativo di correlarle tra loro durante una trasformazione. Il primo principio della termodinamica, o principio di conservazione dell’energia, sulla base di osservazioni sperimentali, afferma che l’energia non può essere né creata né distrutta, ma può solo cambiare forma. Questo principio non può essere dimostrato matematicamente, ma si può ritenere prova sufficiente della sua validità la constatazione che non si conosce alcuna trasformazione in natura che l’abbia violato. È noto che una roccia a una determinata quota possiede energia potenziale che si converte parzialmente in energia cinetica durante la caduta (Figura 3.37). Dati sperimentali mostrano che, quando la resistenza dell’aria è trascurabile, la diminuzione di energia potenziale (mg ∆z) eguaglia esattamente l’aumento di energia cinetica, confermando così il principio di conservazione dell’energia. Si consideri un sistema sottoposto a varie trasformazioni adiabatiche tra lo stato 1 e lo stato 2. Essendo adiabatici, in tali processi naturalmente non avviene scambio di calore, ma possono scambiarsi diversi tipi di lavoro. Sperimentalmente si verifica che: per un sistema chiuso, tutte le trasformazioni adiabatiche tra due stati di equilibrio avvengono in modo che il lavoro netto compiuto è lo stesso indipendentemente dalla natura del sistema chiuso e dalla particolare trasformazione adiabatica. Tale affermazione, in gran parte basata sugli esperimenti di Joule condotti nella prima metà del XIX secolo, non può essere dedotta da nessun altro principio fisico noto e costituisce quindi un principio fondamentale, detto primo principio della termodinamica o semplicemente primo principio. Un’importante conseguenza del primo principio è l’esistenza e la definizione della proprietà energia totale E. Poiché il lavoro netto è lo stesso per tutte le trasformazioni adiabatiche di un sistema chiuso tra due stati di equilibrio determinati, l’entità del lavoro netto deve dipendere solo dagli stati iniziale e finale del sistema e pertanto deve corrispondere alle variazioni di una proprietà del sistema: l’energia totale. Si noti che il primo principio non fa riferimento al valore dell’energia totale di un sistema chiuso in uno stato di equilibrio, ma afferma semplicemente che la variazione dell’energia totale del sistema durante una trasformazione adiabatica deve essere uguale al lavoro scambiato con l’ambiente. Cioè, all’energia totale può assegnarsi qualsiasi conveniente valore arbitrario in corrispondenza di un determinato stato, assunto come stato di riferimento. Sebbene l’essenza del primo principio sia l’esistenza della proprietà energia totale, il primo principio è spesso considerato come un’affermazione del principio di conservazione dell’energia, che è implicita nel suo enunciato. Di seguito si illustra il primo principio per i sistemi chiusi, con l’aiuto di alcuni esempi familiari, usando argomentazioni intuitive. Si considerino innanzitutto alcune trasformazioni che implicano trasmissione di calore, ma non scambio di lavoro: la patata al forno precedentemente considerata ne è un buon esempio (Figura 3.38). Come risultato della somministrazione di calore alla patata, l’energia totale della patata aumenterà. Se non si considera alcun trasferimento di massa (l’umidità persa dalla patata), l’aumento di energia

pot cin

FIGURA 3.37 L’energia non può essere né creata né distrutta; può solo cambiare forma.

FIGURA 3.38 L’incremento di energia di una patata in un forno è uguale alla quantità di calore a essa somministrata.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

FIGURA 3.39 In assenza di qualsiasi scambio di lavoro, la variazione di energia totale di un sitema è uguale alla quantità di calore netta scambiata.

FIGURA 3.40 Il lavoro (elettrico) fornito a un sistema adiabatico è uguale all’incremento dell’energia del sistema.

+

totale della patata è eguale alla quantità di calore assorbita. Cioè, se 5 kJ sotto forma di calore sono somministrati alla patata, l’aumento di energia totale della patata sarà anche di 5 kJ. Quindi, il principio di conservazione dell’energia può essere espresso in questo caso come Q = ∆E. Come altro esempio si consideri il riscaldamento dell’acqua in una pentola su di un fornello (Figura 3.39). Se 15 kJ di calore sono trasferiti all’acqua e 3 kJ sono dispersi dall’acqua nell’aria circostante, l’aumento dell’energia dell’acqua sarà uguale al calore netto fornito all’acqua, che è 12 kJ. Si consideri ora, come sistema, una stanza ben isolata termicamente (vale a dire adiabatica) riscaldata da una resistenza elettrica (Figura 3.40). Come risultato del lavoro elettrico fornito, l’energia del sistema aumenterà. Poiché il sistema è adiabatico e non può avere alcuno scambio di calore con l’ambiente circostante (Q = 0), per il principio di conservazione dell’energia il lavoro elettrico fornito al sistema deve eguagliare l’aumento dell’energia totale del sistema: −Lel = ∆E. Il segno meno è dovuto al fatto che un lavoro compiuto sul sistema, negativo in base alla convenzione precedentemente definita, assicura un aumento dell’energia del sistema. Si sostituisca ora la resistenza elettrica con un’elica (Figura 3.41). Come risultato del processo di rimescolamento, l’energia del sistema aumenterà. Poiché non c’è scambio di calore tra il sistema e l’ambiente (Q = 0), il lavoro dell’elica fatto sul sistema deve ritrovarsi sotto forma di un aumento dell’energia totale del sistema: −Lelica = ∆E. Molti avranno probabilmente notato che quando l’aria viene compressa, la sua temperatura aumenta (Figura 3.42). Ciò accade perché dell’energia è fornita all’aria sotto forma di lavoro di variazione di volume. In assenza di qualsiasi scambio di calore (Q = 0), l’intero lavoro di variazione di volume sarà immagazzinato nell’aria come parte della sua energia totale. Il principio di conservazione dell’energia richiede di nuovo che l’aumento dell’energia del sistema sia uguale al lavoro di contorno compiuto sul sistema. Queste trattazioni possono essere estese a sistemi che implicano simultaneamente vari scambi di calore e di lavoro. Per esempio, se un sistema acquista 12 kJ di calore durante una trasformazione mentre vengono compiuti 6 kJ di lavoro su di esso, l’aumento dell’energia del sistema durante questa trasformazione è pari a 18 kJ (Figura 3.43). Cioè, la variazione dell’energia di un sistema durante una trasformazione è semplicemente uguale all’energia netta trasferita al sistema dall’ambiente (o dall’ambiente al sistema).

3.6.1 FIGURA 3.41 Il lavoro (d’elica) fatto su un sistema adiabatico è uguale all’incremento dell’energia del sistema.

Il bilancio energetico

Alla luce delle trattazioni precedenti, il principio di conservazione dell’energia può essere enunciato come segue: la variazione netta (aumento o diminuzione) dell’energia totale del sistema durante una trasformazione è uguale alla differenza tra l’energia totale entrante nel sistema e l’energia totale uscente dal sistema durante la trasformazione. Cioè:

ossia:

Questa relazione, detta bilancio energetico, è applicabile a ogni tipo di sistema soggetto a qualsiasi tipo di trasformazione. Il successo nell’impiego di questa re-


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Capitolo 3

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lazione per risolvere problemi ingegneristici si basa sulla comprensione delle varie forme di energia e sul riconoscimento delle forme di trasferimento di energia.

3.6.2 La variazione di energia di un sistema, ∆Esistema Per determinare la variazione di energia di un sistema durante una trasformazione si deve valutare l’energia del sistema all’inizio e alla fine della trasformazione e calcolare la differenza tra le due energie. Cioè: Variazione dell’energia = Energia finale − Energia iniziale ossia: ∆Esistema = Efinale – Einiziale = E2 – E1

(3.33)

FIGURA 3.42 Il lavoro (di variazione di volume) fatto su un sistema adiabatico è uguale all’incremento dell’energia del sistema.

È importante notare che l’energia è una proprietà e il valore di una proprietà rimane invariato salvo che non vari lo stato del sistema. Perciò, la variazione di energia di un sistema è zero se lo stato del sistema non varia durante la trasformazione. Inoltre, l’energia può esistere in numerose forme quali l’energia interna (sensibile, latente, chimica e nucleare), l’energia cinetica, l’energia elettrica e l’energia magnetica e la loro somma costituisce l’energia totale E di un sistema. In assenza di effetti elettrici, magnetici e di tensione superficiale (cioè, nel caso di sistemi comprimibili semplici), la variazione dell’energia totale di un sistema durante una trasformazione è la somma delle variazioni della sua energia interna, della sua energia cinetica e della sua energia potenziale e può essere espressa come ∆E = ∆U + ∆Ecin +∆Epot

(3.34)

dove:

FIGURA 3.43 La variazione di energia di un sistema durante una trasformazione è uguale alla quantità di lavoro e di calore netta scambiata tra il sistema e l’ambiente

cin

pot

Quando lo stato iniziale e lo stato finale sono specificati, i valori delle energie interne u1 e u2 si possono determinare direttamente in base alle tabelle delle proprietà o alle relazioni delle proprietà termodinamiche. Molti sistemi che si incontrano in pratica sono sistemi in regime stazionario, cioè non implicano variazioni della loro velocità o della loro quota durante una trasformazione (Figura 3.44). Perciò, nel caso dei sistemi stazionari, le variazioni dell’energia cinetica e dell’energia potenziale sono nulle (cioè, ∆Ecin = ∆Epot = 0) e la relazione per la variazione totale dell’energia (Equazione 3.34) si riduce a ∆E = ∆U. Inoltre, l’energia di un sistema durante una trasformazione varia anche se varia soltanto una delle sue forme di energia, mentre le altre forme di energia rimangono invariate.

3.6.3 I meccanismi di trasferimento di energia, Eentrante e Euscente L’energia può essere trasferita dall’ambiente a un sistema e viceversa in tre forme: calore, lavoro e flusso di massa. Gli scambi di energia vengono riconosciuti al

pot cin

FIGURA 3.44 Per sistemi stazionari, ∆Ecin = ∆Epot = 0; così ∆E = ∆U.


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contorno del sistema quando lo attraversano e rappresentano l’energia acquistata o ceduta dal sistema durante una trasformazione. Le uniche due forme di scambi di energia associate a una massa fissa o a un sistema chiuso sono il trasferimento di calore e il trasferimento di lavoro.

L V

FIGURA 3.45 Il contenuto energetico di un volume di controllo può essere variato dal flusso di massa nonché dagli scambi di calore e di lavoro.

1. Trasferimento di calore, Q. Il trasferimento di calore dall’ambiente a un sistema (guadagno di calore) aumenta l’energia delle molecole e quindi l’energia interna del sistema, e il trasferimento di calore da un sistema all’ambiente (perdita di calore) la diminuisce perché l’energia trasferita dal sistema all’ambiente proviene dall’energia delle molecole del sistema. 2. Trasferimento di lavoro, L. Uno scambio di energia che non è causato da una differenza di temperatura tra un sistema e il suo ambiente è costituito da lavoro. Un pistone che si solleva, un albero che ruota e un conduttore elettrico percorso da corrente elettrica che attraversano il contorno di un sistema sono associati a scambi di lavoro. Il trasferimento di lavoro dall’ambiente a un sistema (cioè, il lavoro compiuto dall’ambiente sul sistema) aumenta l’energia del sistema, e il trasferimento di lavoro da un sistema all’ambiente (cioè, il lavoro compiuto dal sistema sull’ambiente) la diminuisce perché l’energia trasferita dal sistema al suo ambiente proviene dall’energia contenuta nel sistema. I motori degli autoveicoli e le turbine idrauliche, a vapore o a gas, producono lavoro, mentre i compressori, le pompe e i frullatori assorbono lavoro. 3. Flusso di massa, m. Il flusso di massa entrante nel sistema e uscente dal sistema è un altro meccanismo di trasferimento di energia. Quando una certa massa entra in un sistema, l’energia del sistema aumenta perché la massa trasporta con sé energia. Analogamente, quando una certa massa esce dal sistema, l’energia contenuta nel sistema diminuisce perché la massa uscente trasporta con sé una certa quantità di energia. Per esempio, quando una certa quantità di acqua calda viene prelevata da uno scaldacqua e viene sostituita da un’uguale quantità di acqua fredda, il contenuto energetico del serbatoio di acqua calda (il volume di controllo) diminuisce in conseguenza di questo scambio di massa (Figura 3.45). Tenendo presente che l’energia può essere trasferita sotto forma di calore, di lavoro e di flusso di massa, e che il trasferimento netto di una certa quantità di energia è uguale alla differenza tra la quantità trasferita dall’ambente al sistema e quella trasferita dal sistema all’ambiente, si può scrivere il bilancio energetico più esplicitamente come: Eentrante − Euscente = (Qentrante − Quscente) + (Lentrante − Luscente) (3.35)

+ (Emassa, entrante − Emassa, uscente) = ∆Esistema dove i pedici «entrante» e «uscente» denotano quantità che entrano nel sistema ed escono dal sistema, rispettivamente. Tutte e sei le quantità nel primo membro dell’equazione sono quantità positive. Il verso di ogni trasferimento di energia è descritto dai pedici «entrante» e «uscente». Il trasferimento di calore Q è zero nel caso dei sistemi adiabatici, il trasferimento di lavoro L è zero nel caso dei sistemi che non implicano scambi di lavoro e il trasporto di energia con la massa Emassa è zero nel caso dei sistemi che non implicano flusso di massa attraverso il loro contorno (cioè, nel caso dei sistemi chiusi). Il bilancio energetico per qualsiasi sistema soggetto a qualsiasi tipo di trasformazione può essere espresso in modo più compatto nella forma: k

(3.36)


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Capitolo 3

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oppure, sotto forma di derivate temporali, nella forma: k

(3.37)

Nel caso di potenze costanti, le quantità totali durante un intervallo di tempo ∆t sono legate alle quantità riferite all’unità di tempo dalle relazioni: k

(3.38)

Il bilancio energetico può essere espresso riferendo le quantità all’unità di massa come: eentrante − euscente = ∆esistema (kJ/kg)

(3.39)

che si ottiene dividendo per la massa m del sistema tutte le quantità nell’Equazione 3.38. Il bilancio energetico può essere espresso anche in forma differenziale come:

δEentrante − δEuscente = dEsistema oppure δeentrante − δeuscente = desistema (3.40) Nel caso di un sistema chiuso soggetto a un ciclo, lo stato iniziale e lo stato finale sono identici e quindi ∆Esistema = E2 − E1 = 0. Quindi il bilancio energetico per un ciclo si semplifica diventando Eentrante − Euscente = 0 ossia Eentrante = Euscente. Dato che un sistema chiuso non implica alcun flusso di massa attraverso il suo contorno, il bilancio energetico per un ciclo può essere espresso in termini di scambi di calore e di lavoro come: + + Lnetto, uscente = Qnetto, entrante oppure Lnetto, uscente = Qnetto, entrante (per un ciclo) (3.41) Cioè, durante un ciclo il lavoro netto compiuto dal sistema è uguale al calore netto entrante nel sistema (Figura 3.46).

FIGURA 3.46 Per un ciclo ∆E = 0, quindi Q = L.

ESEMPIO 3.10 Il raffreddamento di un liquido caldo in un serbatoio Un serbatoio rigido contiene un liquido caldo che viene agitato da un agitatore a palette. L’energia interna del liquido è inizialmente 800 kJ. Durante il processo di raffreddamento, il liquido cede 500 kJ di calore e l’agitatore compie 100 kJ di lavoro sul liquido. Si determini l’energia interna finale del liquido. Si trascuri l’energia immagazzinata nell’agitatore.

SOLUZIONE Un liquido in un serbatoio rigido cede calore mentre viene agitato. Si deve determinare l’energia interna finale del liquido. Ipotesi 1.

2.

Il serbatoio è stazionario e quindi le variazioni di energia cinetica e di energia potenziale sono nulle: ∆Ecin = ∆Epot = 0. Perciò, ∆E = ∆U e l’energia interna è l’unica forma di energia del sistema che può variare durante questo processo. L’energia immagazzinata nell’agitatore è trascurabile.

Analisi Si assuma come sistema il contenuto del serbatoio (Figura 3.47). È un sistema chiuso perché nessun flusso di massa attraversa il contorno del sistema durante

FIGURA 3.47 Schema per l’Esempio 3.10.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

la trasformazione. Si osserva che il volume di un serbatoio rigido è costante e quindi non viene compiuto lavoro di variazione di volume. Inoltre, il sistema cede calore e l’albero dell’agitatore compie lavoro sul sistema. Applicando al sistema il bilancio energetico, si ottiene:

Lalbero, entrante − Quscente = ∆U = U2 − U1 100 − 500 = U2 − 800 U2 = 400 kJ Perciò, l’energia interna finale del sistema è 400 kJ.

ESEMPIO 3.11

L’accelerazione dell’aria per opera di un ventilatore

Si afferma che un ventilatore che assorbe 20 W di potenza elettrica durante il funzionamento espella aria da una stanza ventilata a una portata in massa di 1.0 kg/s e a una velocità di espulsione di 8 m/s (Figura 3.48). Si determini se tale affermazione sia ragionevole.

SOLUZIONE

FIGURA 3.48 Schema per l’Esempio 3.11.

Si afferma che un ventilatore aumenta la velocità dell’aria a un valore specificato mentre assorbe potenza elettrica a un livello specificato. Si deve accertare la ragionevolezza di questa affermazione. Ipotesi La stanza ventilata è relativamente calma e la velocità dell’aria in essa è trascurabile. Analisi Si esaminino anzitutto le conversioni di energia implicate. Il motore del ventilatore converte una parte della potenza elettrica che assorbe in potenza meccanica (potenza all’albero), la quale viene utilizzata per fare ruotare le pale del ventilatore nell’aria. Le pale hanno una forma tale da impartire all’aria una grande frazione della potenza meccanica dell’albero facendola muovere. Nel caso ideale limite di assenza di perdite (nessuna conversione di energia elettrica e meccanica in energia termica) in regime stazionario, la potenza elettrica entrante è uguale all’aumento dell’energia cinetica dell’aria nell’unità di tempo. Perciò, per un volume di controllo che contiene il gruppo ventilatore-motore, il bilancio energetico può essere scritto come:

cin


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Capitolo 3

Risolvendo rispetto a wuscente, e sostituendo, si ottiene la velocità massima di uscita dell’aria dal ventilatore:

che è minore di 8 m/s. Perciò, l’affermazione riguardo al ventilatore è falsa. Considerazioni Il principio di conservazione dell’energia richiede che l’energia si conservi nelle conversioni da una forma in un’altra e non permette che durante una trasformazione venga creata o distrutta energia. Dal punto di vista del primo principio della termodinamica non c’è alcunché di sbagliato nella conversione di tutta l’energia elettrica in energia cinetica. Perciò, il primo principio della termodinamica non impedisce che la velocità dell’aria raggiunga 6.3 m/s: questo valore è il limite superiore delle velocità dell’aria. Ogni affermazione di una velocità superiore a questa viola il primo principio della termodinamica e quindi è impossibile. In realtà, la velocità dell’aria sarà notevolmente inferiore a 6.3 m/s a causa delle perdite associate alla conversione di energia elettrica in energia meccanica dell’albero e alla conversione dell’energia meccanica dell’albero in energia cinetica dell’aria.

ESEMPIO 3.12 L’effetto di riscaldamento causato da un ventilatore Una stanza è inizialmente alla temperatura esterna di 25 °C. Ora viene acceso un grande ventilatore che assorbe 200 W di potenza elettrica durante il funzionamento (Figura 3.49). La potenza termica trasferita fra la stanza e l’aria esterna è data dalla relazione Q+ = UA(Tint − Test), dove U = 6 W/(m2 · °C) è il coefficiente di trasferimento termico complessivo, A = 30 m2 è l’area della superficie esposta della stanza, e Tint e Test sono la temperatura dell’aria interna e la temperatura dell’aria iniziale. Si determini la temperatura dell’aria interna quando si sono stabilite le condizioni di funzionamento stazionario.

SOLUZIONE Un grande ventilatore viene acceso e mantenuto acceso in una stanza che cede calore all’aria esterna. Si deve determinare la temperatura dell’aria interna quando sono state raggiunte le condizioni di funzionamento stazionario. Ipotesi 1. 2.

Il trasferimento di calore attraverso il pavimento è trascurabile. Non intervengono altri scambi di energia.

Analisi La potenza elettrica assorbita dal ventilatore è la potenza che entra nella stanza e quindi la stanza acquista energia a una potenza di 200 W. Di conseguenza la temperatura dell’aria interna tende ad aumentare. Però, via via che la temperatura dell’aria interna aumenta, la potenza termica ceduta dalla stanza aumenta finché non diventa uguale alla potenza elettrica assorbita dal ventilatore. A questo punto

FIGURA 3.49 Schema per l’Esempio 3.12.

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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

la temperatura dell’aria interna, e quindi il contenuto energetico della stanza, rimane costante e la conservazione dell’energia per la stanza diventa:

int

est

Sostituendo, si ottiene: 200 = 6 × 30 (Tint − 25) da cui: Tint = 26.1 °C Perciò, la temperatura dell’aria interna rimarrà costante dopo avere raggiunto 26.1 °C. Considerazioni Si noti che un ventilatore di 200 W riscalda una stanza come un riscaldatore a resistenza elettrica di 200 W. Nel caso di un ventilatore, il motore converte una parte dell’energia elettrica che assorbe in energia meccanica sotto forma di energia di un albero rotante, mentre la parte restante viene ceduta sotto forma di calore alla stanza a causa delle inefficienze del motore (nessun motore è capace di convertire in energia meccanica il 100% dell’energia elettrica che assorbe, anche se alcuni grandi motori si avvicinano a un rendimento di conversione superiore al 97%). Una parte dell’energia meccanica dell’albero si converte in energia cinetica dell’aria attraverso le pale, e questa energia cinetica si converte poi in energia termica delle molecole dell’aria, e questa energia termica si manifesta come un aumento di temperatura.

ESEMPIO 3.13

FIGURA 3.50 Lampade fluorescenti che illuminano un’aula come viene esaminato nell’Esempio 3.13.

Il costo annuo di illuminazione di un’aula

Il fabbisogno di illuminazione di un’aula è soddisfatto da 30 lampade fluorescenti, ciascuna delle quali assorbe 80 W di potenza elettrica (Figura 3.50). Le lampade nell’aula sono tenute accese per 12 h/g (ore al giorno) e per 250 g/a (giorni all’anno). Per un costo unitario di 0.07 €/kWh (euro al kilowattora), si determini il costo annuo dell’energia utilizzata per l’illuminazione di quest’aula. Inoltre, si discuta l’effetto dell’illuminazione sulle esigenze di riscaldamento e di condizionamento dell’aria della stanza.

SOLUZIONE Si considera l’illuminazione di un’aula mediante lampade fluorescenti. Si deve determinare il costo annuo dell’energia elettrica utilizzata per l’illuminazione e si deve discutere l’effetto dell’illuminazione sulle esigenze di riscaldamento e condizionamento dell’aria. Ipotesi L’effetto delle fluttuazioni della tensione elettrica è trascurabile, cosicché ogni lampada fluorescente assorbe la sua potenza elettrica nominale. Analisi


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Capitolo 3

Potenza di illuminazione = (potenza assorbita da ogni lampada) × (numero di lampade) = 80 (W/lampada) (30 lampade) = 2400 W = 2.4 kW Ore di funzionamento

= (12h/g) (250 g/a) = 3000 h/a

Quindi la quantità e il costo dell’energia elettrica utilizzata all’anno diventano: Energia di illuminazione = (Potenza di illuminazione) (Ore di funzionamento) = (2.4 kW) (3000 h/a) = 7200 kWh/a Costo di illuminazione

= (Energia di illuminazione) (Costo unitario dell’energia) = 7200 × 0.07 = 504 €/a

La luce viene assorbita dalle superfici su cui incide e si converte in energia termica. Trascurando la luce che fugge attraverso le finestre, tutti i 2.4 kW di potenza elettrica assorbiti dalle lampade finiscono per diventare una parte dell’energia termica dell’aula. Perciò, il sistema di illuminazione di quest’aula riduce di 2.4 kW le esigenze di riscaldamento, ma aumenta di 2.4 kW il carico del sistema di condizionamento dell’aria. Considerazioni Si noti che il costo annuo di illuminazione di quest’aula è superiore a € 500. Ciò mostra l’importanza dei provvedimenti di risparmio energetico. Se si usassero lampade a incandescenza invece di lampade fluorescenti, i costi di illuminazione si quadruplicherebbero perché le lampade a incandescenza assorbono il quadruplo di potenza elettrica a parità di luce generata.

ESEMPIO 3.14

La conservazione dell’energia di una sfera d’acciaio oscillante

Si deve analizzare il moto di una sfera d’acciaio in una ciotola semisferica di raggio h mostrata nella Figura 3.51. La sfera è tenuta inizialmente nella posizione alla quota più alta nel punto A, poi viene abbandonata a se stessa. Si ottengano relazioni per la conservazione dell’energia della sfera nel caso del moto senza attrito e nel caso del moto reale.

SOLUZIONE Una sfera d’acciaio viene abbandonata a se stessa in una ciotola. Si devono ottenere relazioni per il bilancio energetico. Ipotesi Il moto è senza attrito e quindi l’attrito fra la sfera, la ciotola e l’aria è trascurabile. Analisi Quando viene abbandonata a se stessa, la sfera accelera sotto l’azione della forza di gravità, raggiunge la velocità massima (e la quota minima) nel punto B sul

FIGURA 3.51 Schema per l’Esempio 3.14.

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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

fondo della ciotola, poi risale fino al punto C sul lato opposto. Nel caso ideale del moto senza attrito, la sfera oscilla tra il punto A e il punto C. Il moto reale implica la conversione dell’energia cinetica e dell’energia potenziale della sfera l’una nell’altra e viceversa, insieme al lavoro da compiere per vincere la resistenza al moto dovuta all’attrito (lavoro di attrito). Il bilancio energetico generale per qualsiasi sistema soggetto a qualsiasi trasformazione è:

Quindi il bilancio energetico per la sfera per una trasformazione dal punto 1 al punto 2 diventa: −lattrito = (ecin2 + epot2) − (ecin1 + epot1) ossia:

perché non c’è trasferimento di energia sotto forma di calore o di massa e non c’è variazione dell’energia interna della sfera (il calore generato dal riscaldamento per attrito viene ceduto all’aria circostante). Il termine lavoro di attrito lattrito viene scritto spesso nella forma eperduta perché rappresenta la conversione di energia meccanica in energia termica. Nel caso idealizzato del moto senza attrito, l’ultima relazione si riduce a:

dove il valore della costante è C = gh. In pratica, quando gli effetti di attrito sono trascurabili, la somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale della sfera rimane costante. Considerazioni Questa è di certo una forma più intuitiva e conveniente dell’equazione per la conservazione dell’energia per questa trasformazione e per le trasformazioni simili come il moto oscillatorio del pendolo di una pendola.

3.7

I rendimenti di conversione dell’energia

Il termine rendimento è uno dei termini più usati in termodinamica e indica la bontà di un processo di conversione o di trasferimento di energia. Il termine rendimento è anche uno dei termini più abusati in termodinamica e una causa di fraintendimenti. Ciò è dovuto al fatto che il termine rendimento venga usato senza essere stato prima definito correttamente. Qui verrà delucidato ulteriormente e verranno definiti alcuni rendimenti usati comunemente in pratica. Il rendimento può essere espresso in generale in termini del risultato utile ottenuto rapportato a quanto si è speso per ottenerlo (Figura 3.52): FIGURA 3.52 La definizione di rendimento non è limitata alla sola termodinamica.

Rendimento 5

Risultato utile ottenuto Spesa per ottenere il risultato

(3.42)


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Capitolo 3

Il rendimento è una quantità adimensionata essendo data dal rapporto di due grandezze fisiche omogenee, misurate con la stessa unità. Al denominatore del rapporto figura l’ammontare della grandezza fisica che ha dovuto essere utilizzata per compiere una certa trasformazione; al numeratore del rapporto figura l’ammontare della stessa grandezza che risulta utilizzato in tale trasformazione. Il rendimento è sempre minore di 1 ed è espresso spesso in forma percentuale. Si immagini che un consumatore voglia acquistare uno scaldacqua. Un venditore preparato dirà che il rendimento di uno scaldacqua elettrico tradizionale è pari a circa il 90% (Figura 3.53). Questa affermazione può destare confusione perché gli elementi scaldanti degli scaldacqua elettrici sono riscaldatori a resistenza elettrica (resistori elettrici), e il rendimento di tutti i riscaldatori a resistenza elettrica è pari al 100% perché convertono in energia termica tutta l’energia elettrica che assorbono. Un venditore preparato lo chiarirà spiegando che la quantità di calore ceduta dal serbatoio di acqua calda all’aria circostante ammonta al 10% dell’energia elettrica assorbita e che il rendimento di uno scaldacqua è, per definizione, il rapporto tra l’energia erogata alla casa dall’acqua calda e l’energia fornita allo scaldacqua. Un abile venditore potrà anche proporre all’acquirente uno scaldacqua più costoso con un isolamento termico più spesso che assicura un rendimento del 94%. Un consumatore ben informato che abbia accesso al gas naturale acquisterà probabilmente uno scaldacqua a gas il cui rendimento è pari soltanto al 55% perché uno scaldacqua a gas costa all’incirca quanto uno scaldacqua elettrico (compreso il costo di installazione), ma il costo annuo dell’energia assorbita da uno scaldacqua a gas è molto minore di quello di uno scaldacqua elettrico. Anche se il rendimento è più basso, il gas naturale è una fonte di energia meno costosa dell’energia elettrica. Ci si può chiedere come venga definito il rendimento di uno scaldacqua a gas e perché sia molto più basso di quello di uno scaldacqua elettrico. In generale, il rendimento di un apparecchio che implica la combustione di un combustibile si basa sul potere calorifico del combustibile (PC), che è la quantità di calore che si libera quando una quantità unitaria di combustibile a temperatura ambiente viene bruciata completamente e i prodotti della combustione vengono raffreddati a temperatura ambiente (Figura 3.54). Quindi l’efficienza dell’apparecchio a combustione è caratterizzata dal rendimento di combustione (ηcombustione), dato, per definizione, da:

FIGURA 3.53 Rendimenti tipici di scaldacqua elettrici e a gas naturale tradizionali e ad alto rendimento.

PCI

(3.43)

Un rendimento di combustione del 100% indica che il combustibile viene bruciato completamente e che i gas di combustione escono dalla camera di combustione a temperatura ambiente e quindi la quantità di calore liberata durante un processo di combustione è uguale al potere calorifico del combustibile. La maggior parte dei combustibili contiene idrogeno, che forma acqua quando essi vengono bruciati, e il potere calorifico di un combustibile differirà a seconda che l’acqua nei prodotti di combustione sia sotto forma di liquido o di vapore. Si distinguono un potere calorifico inferiore PCI, quando l’acqua esce sotto forma di vapore, e un potere calorifico superiore PCS, quando l’acqua presente nei gas di combustione è completamente condensata e quindi viene recuperato anche il calore di vaporizzazione. La differenza tra questi due poteri calorifici è uguale al prodotto della quantità di acqua e dell’entalpia di vaporizzazione dell’acqua a temperatura ambiente. Per esempio, il potere calorifico inferiore e il potere calorifico superiore della benzina sono 44 000 kJ/kg e 47 300 kJ/kg, rispettivamente. Una definizione di rendimento dovrebbe chiarire se si basi sul potere calorifico inferiore oppure sul potere calorifico superiore del combustibile. I rendimenti dei

73

FIGURA 3.54 Definizione di potere calorifico della benzina.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

TABELLA 3.1 Efficienza luminosa, espressa in lumen al watt (lm/W) nel Sistema Internazionale, di differenti sorgenti di luce

Tipo di sorgente di luce

Efficienza luminosa (lm/W)

Sorgente a combustione Candela 0,2 Lampade a incandescenza Ordinarie 6 ÷ 20 Alogene 16 ÷ 25 Lampade fluorescenti Ordinarie 40 ÷ 60 Ad alta efficienza 70 ÷ 90 luminosa Compatte 50 ÷ 80 Lampade a scarica ad alta intensità A vapori di mercurio 50 ÷ 60 Ad alogenuri 56 ÷ 125 metallici Al sodio ad alta 100 ÷ 150 pressione (HPS) Al sodio a bassa fino a 200 pressione (LPS)

motori degli autoveicoli e degli aviogetti si basano normalmente sui poteri calorifici inferiori perché l’acqua normalmente esce sotto forma di vapore nei gas di scarico e non è pratico tentare di recuperare il calore di evaporazione. I rendimenti dei forni, d’altra parte, si basano sui poteri calorifici superiori. Il rendimento dei sistemi di riscaldamento ambiente degli edifici residenziali e commerciali viene generalmente espresso in termini di AFUE [annual fuel utilization efficiency, rendimento (o efficienza) annuale di utilizzazione del combustibile], una misura stagionale o annuale del rendimento (o efficienza) di un sistema di riscaldamento, che tiene conto del rendimento di combustione nonché di altre perdite quali le cessioni di calore ad altre zone non riscaldate e le perdite nelle fasi di avviamento (start-up) e di raffreddamento (cool-down). L’AFUE della maggior parte dei nuovi sistemi di riscaldamento è pari all’85%, anche se l’AFUE di alcuni vecchi sistemi di riscaldamento è inferiore al 60%. L’AFUE di alcune nuove caldaie ad alto rendimento supera il 96%. Rendimenti così elevati si raggiungono recuperando la maggior parte del calore nel gas di combustione, condensando il vapore acqueo e scaricando i gas a temperature di soli 38 °C, invece di circa 200 °C per i modelli tradizionali (per questo motivo, i generatori di calore in questione vengono chiamati caldaie a condensazione). Nel caso dei motori per autotrazione è sottinteso che il lavoro in uscita nell’unità di tempo è la potenza erogata dall’albero motore. Ma, nel caso delle centrali elettriche, il lavoro in uscita nell’unità di tempo può essere la potenza meccanica all’uscita della turbina oppure la potenza elettrica all’uscita del generatore. Un generatore elettrico è una macchina elettrica che converte energia meccanica in energia elettrica e la sua efficienza è caratterizzata dal rendimento del generatore elettrico, il rapporto tra la potenza elettrica uscente dal generatore e la potenza meccanica entrante nel generatore. Il rendimento termico di una centrale termoelettrica, che è di interesse primario in termodinamica, è generalmente definito come il rapporto tra il lavoro netto all’albero uscente dalla turbina e il calore entrante nel fluido di lavoro. Si includono gli effetti di altri fattori definendo un rendimento complessivo (o globale o combinato) di una centrale termoelettrica come il rapporto fra la potenza elettrica netta uscente e l’energia del combustibile entrante nell’unità di tempo, cioè: (3.44)

PCI

Il rendimento complessivo è pari a circa il 26 ÷ 30% per i motori per autotrazione a benzina, al 34 ÷ 40% per i motori diesel e fino al 60% per le grandi centrali termoelettriche. È familiare a tutti la conversione di energia elettrica in energia luminosa per opera di lampade elettriche a incandescenza, tubi fluorescenti e lampade a scarica ad alta intensità. Il rendimento di conversione dell’energia elettrica in energia luminosa può essere definito come il rapporto tra l’energia elettrica convertita in energia luminosa e l’energia elettrica assorbita. Per esempio, le lampade a incandescenza comuni convertono circa il 10% dell’energia elettrica che assorbono in energia luminosa; il resto dell’energia elettrica assorbita viene dissipato sotto forma di calore, che aumenta il carico di raffreddamento del condizionatore d’aria in estate (ma riduce il carico di riscaldamento in inverno). Però, l’efficienza di questo processo di conversione è espressa comunemente mediante l’efficienza luminosa, espressa in lumen al watt (lm/W), definita come il rapporto tra il flusso luminoso emesso, espresso in lumen (lm), e la potenza elettrica assorbita, espressa in watt (W). L’efficienza luminosa di differenti sistemi di illuminazione è indicata nella Tabella 3.1. È importante notare che una lampada fluorescente compatta emette,


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Capitolo 3

per ogni watt, un flusso luminoso pari al quadruplo di quello emesso da una lampada a incandescenza, e quindi una lampada fluorescente di 15 W può sostituire una lampada a incandescenza di 60 W (Figura 3.55). Inoltre una lampada fluorescente compatta dura circa 10 000 h, 10 volte la durata di una lampada a incandescenza, e può essere avvitata direttamente nel portalampada di una lampada a incandescenza. Perciò, nonostante il loro costo iniziale più elevato, le lampade fluorescenti compatte riducono notevolmente i costi di illuminazione attraverso la riduzione dell’assorbimento di energia elettrica. Le lampade a scarica ad alta intensità a vapori di sodio forniscono l’illuminazione più efficiente, ma il loro impiego è limitato all’esterno perché la luce che emettono ha una tonalità giallastra. Si può definire un rendimento anche per gli apparecchi domestici di cottura perché essi convertono energia elettrica o energia chimica in calore impiegato per la cottura dei cibi. Il rendimento di un apparecchio di cottura è, per definizione, il rapporto tra l’energia utile trasferita al cibo e l’energia assorbita dall’apparecchio (Figura 3.56). I piani di cottura elettrici sono più efficienti (hanno un maggiore rendimento) rispetto ai piani di cottura a gas, ma costa molto meno cucinare con il gas naturale che con l’energia elettrica, in virtù del più basso costo unitario del gas naturale (Tabella 3.2). L’efficienza di cottura dipende dalle abitudini dell’utente oltre che dai singoli apparecchi di cottura. I forni a convezione e a microonde sono intrinsecamente più efficienti dei forni tradizionali. I forni a convezione risparmiano in media circa 1/3 e i forni a microonde circa 2/3 dell’energia assorbita dai forni tradizionali. Si può aumentare l’efficienza di cottura usando il forno più piccolo possibile per la cottura al forno, usando una pentola a pressione, usando una pentola elettrica (electric slow cooker) per la cottura di stufati e minestre, usando la pentola più piccola che adempia al suo scopo, usando l’elemento scaldante (la piastra elettrica) più piccolo per le pentole piccole sui piani di cottura elettrici, usando pentole con fondo piatto sui piani di cottura elettrici per assicurare un buon contatto termico, mantenendo pulite e lucide le bacinelle raccogligocce dei piani di cottura, sgelando nel frigorifero i cibi congelati prima di cuocerli, evitando il preriscaldamento se non necessario, mantenendo coperte le pentole durante la cottura, usando timer e termometri per evitare una cottura eccessiva, usando la funzione TABELLA 3.2 di cottura*

Costi energetici della cottura di uno stufato con differenti apparecchi

Apparecchio di cottura Forno elettrico Forno elettrico a convezione Forno a gas Friggitrice Fornetto elettrico Pentola elettrica a lenta cottura Forno a microonde

Temperatura di cottura

Tempo di cottura

Energia utilizzata

Costo dell’energia

177 °C 163 °C 177 °C 216 °C 218 °C 93 °C

1h 45 min 1h 1h 50 min 7h

2.0 kW 1.39 kW 0.112 therm 0.9 kWh 0.95 kWh 0.7 kWh

0.16 USD 0.11 USD 0.07 USD 0.07 USD 0.08 USD 0.06 USD

«elevata»

15 min

0.36 kW

0.03 USD

* Si suppone che l’energia elettrica costi 0.08 USD/kWh (dollari USA al kilowattora) e che il gas costi 0.60 USD/therm (dollari USA al therm). [Da: A. Wilson e J. Morril, Consumer Guide to Home Energy Savings, Washington, DC: American Council for an Energy-Efficient Economy, 1996, p. 192.]

15 W

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60 W

FIGURA 3.55 Una lampada fluorescente compatta di 15 W emette molta più luce rispetto a una lampada a incandescenza di 60 W.

FIGURA 3.56 Il rendimento di un fornelletto elettrico è il rapporto tra l’energia elettrica fornita al fornelletto e l’energia termica trasferita dal fornelletto al cibo.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

autopulente dei forni che ne sono provvisti subito dopo la cottura e mantenendo pulite le superfici interne dei forni a microonde. Usando apparecchi domestici ad alta efficienza energetica e adottando provvedimenti di risparmio energetico è possibile ridurre le bollette delle aziende dell’energia elettrica e del gas. Ciò aiuta anche l’ambiente riducendo la quantità di inquinanti emessi nell’atmosfera durante la combustione del combustibile nell’abitazione o nelle centrali termoelettriche dove viene generata l’energia elettrica. La combustione di ogni therm di gas naturale (Esempio 3.15) produce: 6 kg di diossido di carbonio (CO2) (comunemente detto anidride carbonica), che contribuisce al cambiamento climatico globale; 4.7 g di ossidi di azoto o 0.54 g di idrocarburi, che contribuiscono allo smog; 2.0 g di monossido di carbonio (CO), un composto tossico; 0.030 g di diossido di zolfo (SO2) (comunemente detto anidride solforosa), che contribuisce alla pioggia acida. [Il therm è un’unità di misura della quantità di calore nei sistemi britannici. Era ammessa fino al 31 dicembre 1999 tra le unità fuori SI dalla Direttiva CE del 27 novembre 1989. 1 therm = 1.055 08 J ≈ 105 kJ ≈ 29.3 kWh.] Ogni therm di gas naturale risparmiato elimina l’emissione di questi inquinanti e al tempo stesso permette al consumatore statunitense medio di risparmiare 0.60 USD. Ogni kilowattora (kWh) di energia elettrica risparmiata risparmia 0.4 kg di carbone fossile, 1.0 kg di CO2 e 15 g di SO2 da una centrale termoelettrica a carbone fossile.

ESEMPIO 3.15

FIGURA 3.57 Schema di un piano cottura elettrico con una piastra elettrica avente un rendimento del 73% e di un piano cottura a gas con un bruciatore avente un rendimento del 38% esaminati nell’Esempio 3.15.

Il costo della cottura dei cibi con piani di cottura elettrici e piani di cottura a gas

Il rendimento degli apparecchi domestici di cottura influenza il guadagno di calore interno dell’apparecchio, perché un apparecchio inefficiente impiega una maggiore quantità di energia per svolgere lo stesso compito e l’energia impiegata in eccesso si manifesta sotto forma di calore nello spazio abitativo. È stato determinato che il rendimento dei bruciatori dei piani cottura è pari al 73% per i bruciatori elettrici (piastre elettriche) e al 38% per i bruciatori a gas (Figura 3.57). Si consideri un bruciatore elettrico (piastra elettrica) di 2 kW in una località degli Stati Uniti in cui il costo unitario dell’energia elettrica e quello del gas naturale sono 0.09 USD/kWh (dollari USA al kilowattora) e 0.55 USD/therm (dollari USA al therm), rispettivamente. Si determinino la potenza assorbita dal bruciatore e il costo unitario dell’energia utilizzata sia per il bruciatore elettrico sia per il bruciatore a gas. SOLUZIONE Si considera il funzionamento dei piani di cottura elettrici e dei piani di cottura a gas. Si devono determinare la potenza assorbita e il costo unitario dell’energia utilizzata. Analisi Il rendimento dato della piastra elettrica è pari al 73%. Perciò, una piastra elettrica che assorbe 2 kW di potenza elettrica fornisce:

di potenza utile. Il costo unitario dell’energia utilizzata è inversamente proporzionale al rendimento e si ottiene da:


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Capitolo 3

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Dato che il rendimento di un bruciatore a gas è pari al 38%, la potenza assorbita da un bruciatore a gas che fornisce la stessa potenza utilizzata (1.46 kW) è:

Perciò, un bruciatore a gas deve avere una potenza nominale di almeno 3.84 kW per avere la stessa efficienza della piastra elettrica. Dato che 1 therm = 29.3 kWh, il costo unitario dell’energia utilizzata nel caso di un bruciatore a gas è dato da:

Considerazioni Il costo del gas utilizzato è minore della metà del costo unitario dell’energia elettrica utilizzata. Perciò, in questo caso, nonostante il più alto rendimento, la cottura con un bruciatore elettrico (piastra elettrica) costerebbe più del doppio rispetto a un bruciatore a gas. Ciò spiega perché i consumatori consapevoli dei costi chiedono sempre apparecchi domestici a gas e non è saggio utilizzare l’energia elettrica a fini di riscaldamento.

3.7.1

I rendimenti dei dispositivi meccanici ed elettrici

Il trasferimento di energia meccanica viene effettuato generalmente da un albero rotante e quindi il lavoro meccanico è detto anche lavoro all’albero. Una pompa o un ventilatore riceve lavoro meccanico (generalmente da un motore elettrico) e lo trasferisce al fluido sotto forma di energia meccanica (meno le perdite per attrito). Una turbina, d’altra parte, converte l’energia meccanica di un fluido in lavoro meccanico. In assenza di irreversibilità come l’attrito, l’energia meccanica può essere convertita completamente da una forma meccanica in un’altra e il rendimento meccanico di un dispositivo o di una trasformazione può essere definito come (Figura 3.58): (3.45)

Un rendimento di conversione minore del 100% indica che la conversione non è perfetta e che durante la conversione sono avvenute perdite. Un rendimento meccanico del 97% indica che il 3% dell’energia meccanica entrante viene convertito in energia termica in conseguenza del riscaldamento per attrito ed essa si manifesta come un lieve aumento della temperatura del fluido. Nei sistemi a fluido, generalmente interessa aumentare la pressione, la velocità e/o la quota di un fluido. A questo scopo si fornisce energia meccanica al fluido con una pompa, un ventilatore o un compressore (questi dispositivi verranno chiamati collettivamente pompe). Oppure interessa invertire il processo estraendo energia meccanica da un fluido mediante una turbina e producendo potenza meccanica sotto forma di un albero rotante capace di azionare un generatore elettrico o qualsiasi altra macchina rotante. Il grado di perfezione del processo di conversione tra il lavoro meccanico fornito o estratto e l’energia meccanica del fluido

FIGURA 3.58 Il rendimento meccanico di un ventilatore è il rapporto tra l’energia cinetica dell’aria all’uscita del ventilatore, riferita all’unità di tempo, e la potenza meccanica entrante nel ventilatore.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

è espresso dal rendimento della pompa e dal rendimento della turbina, definiti nel modo seguente:

(3.46)

+ + + dove ∆Emecc, fluido = Emecc, entrante − Emecc, uscente è il tasso di aumento dell’energia meccanica del fluido riferito all’unità di tempo, che è equivalente alla potenza + utile di pompaggio Lpompa, utile fornita al fluido, e:

(3.47)

+ + + dove Emecc, fluido = Emecc, uscente − Emecc, entrante è il tasso di diminuzione dell’energia meccanica del fluido riferita all’unità di tempo, che è equivalente alla potenza mec+ canica estratta dal fluido dalla turbina, Lturbina, estratta e si usano i segni di valore assoluto (| |) per evitare valori negativi dei rendimenti. Un rendimento di una pompa o di una turbina che sia pari al 100% indica una conversione perfetta tra il lavoro meccanico (lavoro all’albero) e l’energia meccanica del fluido, e ci si può avvicinare a questo valore (senza mai raggiungerlo) riducendo al minimo gli effetti di attrito. L’energia elettrica viene convertita comunemente in energia meccanica di rotazione da motori elettrici per azionare ventilatori, compressori, bracci di robot, motorini di avviamento e così via. L’efficienza di questo processo è caratterizzata dal rendimento del motore elettrico, ηmotore el, rapporto tra l’energia meccanica uscente dal motore elettrico e l’energia elettrica entrante. Il rendimento dei motori elettrici a pieno carico variano dal 35% per i piccoli motori elettrici a oltre il 97% per i grandi motori elettrici ad alto rendimento. La differenza tra l’energia elettrica assorbita e l’energia meccanica erogata viene dissipata sotto forma di calore di scarto. Il rendimento meccanico non va confuso con il rendimento del motore elettrico e il rendimento del generatore elettrico, definiti come: motore elettrico: (3.48)

e: generatore elettrico: FIGURA 3.59 Il rendimento complessivo di un gruppo generatore-turbina è il prodotto del rendimento della turbina idraulica per il rendimento del generatore elettrico e rappresenta la frazione dell’energia meccanica del fluido la quale viene convertita in energia elettrica.

(3.49)

Una pompa è di solito combinata in un unico gruppo insieme al suo motore elettrico, e una turbina insieme al suo generatore elettrico. Perciò, interessa generalmente il rendimento complessivo (o globale o combinato) dei gruppi pompamotore e turbina-generatore (Figura 3.59), così definiti: (3.50)


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Capitolo 3

e: (3.51)

Tutti i rendimenti appena definiti sono compresi tra 0% e 100%. Il limite inferiore 0% corrisponde alla conversione di tutta l’energia meccanica entrante o di tutta l’energia elettrica entrante in energia termica, e in questo caso il dispositivo funziona come un riscaldatore a resistenza elettrica. Il limite superiore 100% corrisponde al caso ideale della conversione perfetta senza attrito o altre irreversibilità e quindi di nessuna conversione di energia meccanica o di energia elettrica in energia termica.

ESEMPIO 3.16 Il rendimento di un gruppo turbina idraulica − generatore elettrico L’acqua di un grande lago deve essere utilizzata per generare energia elettrica mediante l’installazione di un gruppo turbina idraulica − generatore elettrico in una località in cui la profondità dell’acqua è 50 m (Figura 3.60). L’acqua deve essere fornita a una portata in massa di 5000 kg/s. Se il valore misurato della potenza elettrica generata è 1862 kW e il rendimento del generatore elettrico è pari al 95%, si determinino (a) il rendimento complessivo del gruppo turbina-generatore, (b) il rendimento meccanico della turbina e (c) la potenza meccanica (potenza all’albero) fornita dalla turbina al generatore elettrico.

SOLUZIONE Un gruppo turbina-generatore deve generare energia elettrica utilizzando a questo scopo l’acqua di un lago. Si devono determinare il rendimento complessivo, il rendimento della turbina e la potenza meccanica (potenza all’albero) della turbina. Ipotesi 1. 2.

La quota del lago rimane costante. L’energia meccanica dell’acqua all’uscita della turbina è trascurabile.

Proprietà La densità dell’acqua può essere assunta ρ = 1000 kg/m3. Analisi a)

Conviene assumere il fondo del lago come livello di riferimento delle quote. Quindi l’energia potenziale dell’acqua sulla superficie del lago diventa gh. Considerando che l’energia cinetica dell’acqua sulla superficie del lago e quella all’uscita della turbina siano trascurabili e che la pressione in entrambe le posizioni sia la pressione atmosferica, la variazione dell’energia meccanica dell’acqua tra la superficie del lago e l’uscita della turbina diventa: (

)

(

m)

Quindi la potenza meccanica fornita alla turbina dal fluido e il rendimento complessivo diventano:

FIGURA 3.60 Schema per l’Esempio 3.16.

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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

b)

Conoscendo il rendimento complessivo e il rendimento del generatore elettrico si può determinare il rendimento meccanico della turbina:

c)

La potenza meccanica uscente dalla turbina si può determinare in base alla definizione di rendimento meccanico:

Considerazioni Si noti che il lago fornisce 2455 kW di energia meccanica alla turbina che ne converte 1964 kW in lavoro meccanico all’albero a cui è collegato il generatore che produce 1862 kW di potenza elettrica. Ci sono perdite associate a ciascun componente del sistema.

ESEMPIO 3.17

I risparmi di costi associati ai motori elettrici ad alto rendimento

Un motore elettrico di 60 kW che ha un rendimento η dell’89.0% si è usurato e deve essere sostituito con un motore elettrico ad alto rendimento che ha un rendimento η del 93.2% (Figura 3.61). Il motore funziona 3500 h/a (ore all’anno) a pieno carico. Supponendo che il costo unitario dell’energia elettrica sia 0.08 €/kWh (euro al kilowattora), si determinino la quantità di energia e il denaro risparmiato grazie all’installazione di un motore elettrico ad alto rendimento al posto di un motore elettrico ordinario. Si determini inoltre il tempo di recupero del capitale investito (PBP, payback period) se il prezzo di acquisto del motore elettrico ordinario e quello del motore elettrico ad alto rendimento sono 4520 € e 5160 €, rispettivamente.

SOLUZIONE FIGURA 3.61 Schema per l’Esempio 3.17.

Un motore elettrico ordinario usurato deve essere sostituito con uno ad alto rendimento. Si devono determinare la quantità di energia elettrica e il denaro risparmiato, nonché il PBP. Ipotesi Il fattore di carico del motore elettrico rimane costante e uguale a 1 (pieno carico) durante il funzionamento. Analisi Le potenze elettriche assorbite dai due tipi di motore elettrico e la loro differenza si possono esprimere come:


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Capitolo 3

dove ηord è il rendimento del motore elettrico ordinario ed ηeff è il rendimento del motore elettrico confrontabile ad alto rendimento. Quindi il risparmio energetico annuo e il risparmio di costi annuo associati all’installazione del motore elettrico ad alto rendimento diventano: Risparmio energetico

= (Risparmio di potenza) (Tempo di funzionamento) = (Potenza Nominale) (Tempo di funzionamento) (Fattore di carico) (1/ηord − 1/ηeff) = 60 × 3500 × 1 × (1/0.890 − 1/0.932) = 10 634 kWh/a

Risparmio di costi

= (Risparmio di energia) (Costo unitario dell’energia) = 10 634 × 0.08 = 850.7 €/a

Inoltre, Costo iniziale in eccesso = Differenziale di prezzo acquisito = 5160 − 4520 = 640 € Si ottiene un PBP dato da:

Considerazioni Si noti che il motore elettrico ad alto rendimento ripaga il suo differenziale di prezzo in 9 mesi (0.75 a) grazie all’energia elettrica che risparmia. Se si considera che la vita di servizio dei motori elettrici è di parecchi anni, l’acquisto del motore a più alto rendimento è sicuramente indicato in questo caso. Ma si deve tenere presente che, se il motore viene utilizzato in inverno, il calore “sprecato” non è effettivamente sprecato, perché riscalda l’edificio, riducendo il carico di riscaldamento. In estate, però, il motore aumenta il risparmio riducendo il carico di raffreddamento.

3.8 Energia e ambiente Spesso la conversione di energia da una forma a un’altra ha ripercussioni sul territorio e sull’aria respirata dall’uomo e quindi lo studio dell’energia non è completo senza un esame dei suoi impatti sull’ambiente (Figura 3.62). I combustibili fossili, quali il carbone fossile, il petrolio e il gas naturale, hanno alimentato lo sviluppo industriale e, a partire dal XVIII secolo, aumentato gli agi della vita moderna di cui l’umanità gode, ma tutto ciò ha causato effetti collaterali indesiderabili. Dal suolo che l’uomo coltiva e dall’acqua che beve all’aria che respira, l’ambiente ha pagato per essi un pesante tributo. Gli inquinanti emessi durante la combustione dei combustibili fossili sono responsabili dello smog, della pioggia acida, del riscaldamento globale e del cambiamento climatico. Ormai l’inquinamento ambientale ha raggiunto livelli così elevati da costituire una grave minaccia per la vegetazione, per la flora e la fauna selvatiche e per la stessa salute umana. L’inquinamento dell’aria è infatti la causa di numerosi problemi sanitari comprendenti asma e cancro. Si è stimato che nei soli Stati Uniti oltre 60 000 persone muoiono ogni anno a causa di malattie cardiache e polmonari correlate con l’inquinamento atmosferico.

FIGURA 3.62 I processi di conversione dell’energia sono accompagnati spesso da inquinamento ambientale.

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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

NOx CO HC

FIGURA 3.63 I veicoli a motore sono la principale causa di inquinamento atmosferico.

Centinaia di elementi e composti chimici, quali il benzene e la formaldeide, vengono emessi durante la combustione del carbone fossile, del petrolio, del gas naturale e della legna nelle centrali termoelettriche, nei motori degli autoveicoli, nelle centrali termiche degli edifici e persino nei caminetti. I combustibili liquidi talvolta vengono addizionati con alcuni composti; per esempio il MTBE (metil-t-butil etere), che serve ad aumentare il numero di ottani del combustibile e anche a ossigenare il combustibile nei mesi invernali in modo di ridurre lo smog urbano. La principale fonte di inquinamento atmosferico sono i veicoli a motore. Gli inquinanti rilasciati da questi ultimi sono generalmente raggruppati come idrocarburi (composti organici contenenti soltanto atomi di carbonio e di idrogeno), ossidi di azoto (NOx) e monossido di carbonio (CO) (Figura 3.63). Le emissioni di idrocarburi sono le principali responsabili delle emissioni di composti organici volatili, VOC (volatile organic compound), e i due termini vengono usati generalmente come sinonimi nel caso delle emissioni dei veicoli a motore. Una parte rilevante delle emissioni di VOC o di idrocarburi è causata dall’evaporazione dei carburanti durante il rifornimento o dai versamenti durante il reflusso di carburante al momento dell’erogazione oppure dall’evaporazione dai serbatoi del combustibile a causa di tappi difettosi. I solventi, i propellenti e i prodotti detergenti domestici contenenti benzene, butano o altri derivati di idrocarburi sono importanti fonti di emissioni di idrocarburi. L’aumento allarmante dell’inquinamento ambientale e la crescente consapevolezza dei suoi pericoli hanno imposto l’adozione di provvedimenti finalizzati al controllo di questo fenomeno, tramite leggi e trattati internazionali. Negli Stati Uniti, il Clean Air Act del 1970 (una legge contro l’inquinamento atmosferico la cui approvazione fu facilitata dai 14 giorni di allarme smog a Washington in quell’anno) ha imposto limiti alle emissioni di inquinanti da parte di grandi impianti e di veicoli. Questi primi standard si sono concentrati sulle emissioni di idrocarburi, ossidi di azoto e monossido di carbonio. È stato quindi richiesto che i nuovi veicoli a motore fossero dotati di convertitori catalitici (marmitte catalitiche) nei sistemi di scarico in modo da ridurre le emissioni di idrocarburi e di CO. Come ulteriore beneficio, la rimozione del piombo dalla benzina per permettere l’impiego dei convertitori catalitici ha determinato una notevole riduzione delle emissioni di questo metallo, che è un elemento tossico. A partire dal 1970, i limiti imposti alle emissioni di idrocarburi, NOx e CO, dai veicoli a motore si sono abbassati progressivamente e grazie al Clean Air Act del 1990 le norme sono diventate ancora più rigide, soprattutto riguardo a ozono (O3), CO, ossido di azoto e particolato. Di conseguenza, gli attuali impianti industriali e veicoli a motore emettono soltanto una frazione degli inquinanti che emettevano qualche decina di anni fa. Per esempio, le emissioni di idrocarburi dei veicoli a motore sono diminuite da circa 8 g/mi (grammi al miglio) nel 1970 a 0.4 g/mi nel 1980 e a circa 0.1 g/mi nel 1999. È stata una riduzione rilevante perché molte delle sostanze tossiche gassose emesse dai veicoli a motore e dai combustibili liquidi sono idrocarburi. Chi risente maggiormente dei danni causati dagli inquinanti atmosferici sono i bambini, perché i loro organi sono ancora in fase di sviluppo. Inoltre, poiché sono particolarmente attivi, respirano più profondamente e frequentemente e sono quindi più esposti all’inquinamento. Anche le persone con problemi cardiaci e polmonari, specialmente gli asmatici, patiscono in modo particolare gli effetti dell’inquinamento atmosferico, soprattutto nelle zone in cui questo raggiunge livelli elevati.


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Capitolo 3

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3.8.1 Ozono e smog Chi vive in un’area metropolitana come Los Angeles, Londra o Milano sa bene cosa sia lo smog urbano, ovvero quella foschia di colore giallo scuro o bruno che si accumula in una grande massa d’aria stagnante e sovrasta le aree popolate nelle giornate estive calde e calme. Lo smog è costituito in prevalenza da ozono (O3) a livello del suolo, ma contiene anche numerosi altri composti chimici, comprendenti monossido di carbonio (CO), articolato come il particolato carbonioso e le polveri, composti organici volatili (VOC), quali il benzene, il butano e altri idrocarburi. L’ozono a livello del suolo è nocivo e non dovrebbe essere confuso con l’utile strato di questo gas presente nella stratosfera, che protegge la Terra dalle dannose radiazioni ultraviolette. L’ozono a livello del suolo è infatti un pericoloso inquinante che nuoce alla salute. I veicoli a motore sono la principale fonte sia di ossidi di azoto sia di idrocarburi. Questi ultimi due infatti, in presenza di luce solare e nelle giornate molto calde, si trasformano in ozono a livello del suolo, che è il principale componente dello smog (Figura 3.64). La formazione di smog raggiunge generalmente i più alti picchi nel tardo pomeriggio, quando la temperatura è più elevata e la luce solare è più abbondante. Anche se il fenomeno dell’inquinamento atmosferico di questo tipo interessa le aree urbane caratterizzate da traffico intenso o sedi di industrie, i venti possono trasportare le sostanze tossiche a parecchie centinaia di kilometri di distanza. L’ozono irrita gli occhi e danneggia gli alveoli polmonari nei quali vengono scambiati ossigeno e diossido di carbonio, favorendo l’indurimento del tessuto polmonare, normalmente molle e spugnoso. Questo gas causa anche dispnea (“affanno” o “respiro corto”), respiro sibilante, affaticamento, cefalee e nausea e aggrava i problemi respiratori come l’asma. Ogni esposizione all’ozono arreca un piccolo danno ai polmoni, come fa il fumo di sigaretta, arrivando a ridurre la capacità polmonare dell’individuo. Per limitare al minimo i danni è consigliabile evitare le zone maggiormente inquinate e ridurre al minimo l’attività fisica praticata all’aperto. La presenza di questa sostanza ha effetti negativi anche sulla vegetazione. Per migliorare la qualità dell’aria nelle località con i maggiori problemi di smog, è stata introdotta la benzina riformulata (RFG, reformulated gasoline), contenente almeno il 2% di ossigeno. L’impiego della RFG ha determinato una rilevante riduzione delle emissioni di ozono e di altri inquinanti e il suo impiego è obbligatorio in molte aree ritenute a rischio di elevato livello di inquinamento. L’altro dannoso inquinante presente nello smog è il monossido di carbonio (CO), un gas tossico incolore e inodore. Viene emesso in prevalenza dai veicoli a motore e può accumularsi fino a raggiungere concentrazioni molto pericolose nelle aree con traffico intenso e spesso congestionato. Esso impedisce una sufficiente ossigenazione degli organi e dei tessuti del corpo legandosi con gli eritrociti (globuli rossi del sangue) deputati al trasporto dell’ossigeno. A basse concentrazioni, il monossido di carbonio, oltre a ostacolare l’ossigenazione, rallenta le reazioni e i riflessi del corpo. Costituisce quindi una grave minaccia per gli individui cardiopatici, a causa della fragilità del loro sistema circolatorio, e anche per i feti, a causa dell’alto fabbisogno di ossigeno del loro encefalo in via di sviluppo. A concentrazioni elevate può essere letale, come è dimostrato dai numerosi decessi causati da autoveicoli azionati a lungo all’interno di garage chiusi o da gas di scarico che penetrano nell’abitacolo di un autoveicolo. Lo smog contiene anche particolato in sospensione, polveri e fuliggine, emesso da veicoli a motore e da impianti industriali. Tali particelle irritano gli occhi e i polmoni perché trasportano molti composti tossici, quali acidi e metalli.

FIGURA 3.64 L’ozono a livello del suolo, che costituisce il principale componente dello smog, si forma quando gli idrocarburi e NOx reagiscono in presenza di luce solare nei giorni calmi in cui la temperatura è elevata.


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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

3.8.2

FIGURA 3.65 Si formano acido solforico e acido nitrico quando gli ossidi di zolfo e di azoto reagiscono con il vapore acqueo e altre sostanze chimiche nell’alta atmosfera in presenza di luce solare.

I combustibili fossili sono composti da varie sostanze comprendenti anche piccole quantità di zolfo. Lo zolfo presente nel combustibile reagisce con l’ossigeno e si trasforma in diossido di zolfo (SO2) (comunemente detto anidride solforosa), che è un pericoloso inquinante atmosferico. La principale fonte di SO2 sono le centrali termoelettriche che bruciano carbone fossile ad alto contenuto di zolfo. Negli Stati Uniti, il Clean Air Act del 1970 ha limitato severamente le emissioni di SO2, una norma che ha costretto gli impianti industriali a installare desolforatori, a passare a carbone fossile a basso tenore di zolfo o a gassificare il carbone fossile per estrarne lo zolfo. Anche i veicoli a motore contribuiscono alle emissioni di SO2 perché la benzina e il combustibile diesel contengono piccole quantità di zolfo. Inoltre, anche le eruzioni vulcaniche e le sorgenti termali liberano ossidi di zolfo (che causano l’odore di uova marce che le caratterizzano). Gli ossidi di zolfo e gli ossidi nitrici reagiscono con il vapore acqueo e con altre sostanze presenti nell’alta atmosfera in presenza di luce solare fino a trasformarsi in acido solforico (H2SO4) e acido nitrico (HNO3) (Figura 3.65). Gli acidi che si formano si sciolgono generalmente nelle goccioline d’acqua in sospensione nelle nubi o nella nebbia. Queste goccioline cariche di acidi vengono trasportate dall’atmosfera al suolo per opera della pioggia o della neve. Questo fenomeno è noto come pioggia acida. Una certa quantità di acido si neutralizza toccando il suolo, ma non è sufficiente: le centrali termoelettriche che bruciano carbone fossile ad alto tenore di zolfo ne liberano una quantità enorme e, di conseguenza, molti laghi e fiumi nelle aree industriali, quali lo Stato di New York, la Pennsylvania e il Michigan negli Stati Uniti, sono diventati tanto acidi da impedire la sopravvivenza dei pesci. In queste aree anche le foreste subiscono una lenta moria a causa dell’assorbimento di acidi attraverso le foglie e le radici. Anche le strutture marmoree subiscono danni a causa della pioggia acida. La gravità del problema è stata riconosciuta soltanto all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso e da allora sono stati adottati provvedimenti rigorosi per ridurre drasticamente le emissioni di diossido di zolfo installando desolforatori nelle centrali termoelettriche a carbone e desolforando il carbone fossile prima della combustione.

3.8.3

L

FIGURA 3.66 L’effetto serra sulla Terra.

La pioggia acida

L’effetto serra: riscaldamento globale (planetario) e cambiamento climatico

Il lettore avrà probabilmente notato che, quando si lascia un’automobile ferma con i finestrini chiusi sotto la luce solare diretta in una giornata molto calda, l’interno dell’automobile diventa molto più caldo dell’aria esterna. Questo fenomeno è dovuto al fatto che il vetro trasmette oltre il 90% delle radiazioni nella regione visibile dello spettro elettromagnetico ed è praticamente opaco alle radiazioni nelle regioni infrarosse di maggiori lunghezze d’onda. Perciò, il vetro lascia entrare liberamente le radiazioni solari, ma blocca le radiazioni infrarosse emesse dalle superfici interne. Ciò determina un aumento della temperatura interna in conseguenza dell’accumulo di energia termica nell’automobile. Lo stesso fenomeno avviene sulla Terra ed è il cosiddetto effetto serra naturale. La superficie terrestre, che si riscalda durante il giorno in conseguenza dell’assorbimento di energia solare, si raffredda durante la notte emettendo nello spazio profondo, per irraggiamento, sotto forma di radiazioni infrarosse, parte della propria energia. Il diossido di carbonio (CO2), il vapore acqueo e tracce di altri gas, quali metano e ossidi di azoto, si comportano come un mantello e mantengono calda la superficie terrestre di notte, bloccando il calore irraggiato dalla superficie terrestre (Figura 3.66).


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Capitolo 3

Questi gas sono detti “gas a effetto serra” o, più semplicemente, “gas serra”, e il loro componente principale è il CO2. Il vapore acqueo viene generalmente escluso da questa lista perché precipita sotto forma di pioggia o di neve come parte del ciclo dell’acqua e le attività umane che producono acqua non hanno una notevole influenza sulla sua concentrazione nell’atmosfera (che è dovuta principalmente all’evaporazione dai fiumi, dai laghi, dai mari, dagli oceani ecc.). Diverso è invece per il CO2 in quanto le attività antropiche influiscono sulla concentrazione di diossido di carbonio nell’atmosfera. L’effetto serra naturale rende possibile la vita sulla Terra mantenendo calda la superficie terrestre (a una temperatura media attuale di circa +15 °C rispetto a circa −18 °C che avrebbe in assenza dell’effetto serra naturale, quindi di circa 33 °C superiore). Però, quantità eccessive di questi gas perturbano questo delicato equilibrio intrappolando troppa energia e determinando un aumento della temperatura media della superficie terrestre e un cambiamento delle condizioni climatiche in alcune località. Queste conseguenze indesiderabili dell’effetto serra sono note come riscaldamento globale o cambiamento climatico globale. Il cambiamento climatico globale è causato in parte dall’eccessivo utilizzo di combustibili fossili, come il carbone fossile, e di prodotti petroliferi e di gas nella generazione di energia elettrica per i trasporti e per l’industria e ha destato molte preoccupazioni negli ultimi decenni. Nel 1995 fu emesso nell’atmosfera un totale di 6.5 miliardi di tonnellate di carbonio sotto forma di CO2. L’attuale concentrazione di CO2 nell’atmosfera è pari a circa 300 ppm (parti per milione) (ossia allo 0.36%). Questa concentrazione è del 20% più elevata del livello a cui era 100 anni fa e si prevede che aumenterà a oltre 700 ppm entro l’anno 2100. In condizioni normali, la vegetazione assorbe CO2 e libera O2 durante la fotosintesi, mantenendo così sotto controllo la concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Un albero, sviluppato, in crescita, assorbe 12 kg di CO2 all’anno e libera ossigeno sufficiente per sostenere una famiglia di quattro persone. Però, la deforestazione e l’enorme aumento della produzione di CO2 degli ultimi decenni hanno perturbato questo equilibrio. In una relazione del 1995 i più eminenti climatologi del mondo giunsero alla conclusione che la superficie terrestre si era già riscaldata di 0.5 °C nel corso degli ultimi 100 anni e stimarono che la sua temperatura sarebbe aumentata di altri 2 °C entro l’anno 2100. Si teme che un aumento di temperatura così grande causerebbe grandi cambiamenti delle condizioni meteorologiche con tempeste e forti piogge in alcune regioni e siccità in altre, grandi inondazioni causate dallo scioglimento dei ghiacci ai Poli, perdita di zone umide e di regioni costiere a causa dell’innalzamento del livello del mare, variazioni degli approvvigionamenti idrici, cambiamenti dell’ecosistema causati dall’incapacità di alcune specie vegetali e animali di adattarsi ai cambiamenti, aumenti delle malattie epidemiche a causa degli innalzamenti della temperatura ed effetti collaterali pericolosi per la salute umana e per le condizioni socio-economiche di molti Paesi. La gravità di queste minacce ha indotto le Nazioni Unite a istituire un comitato per discutere del cambiamento climatico. Un summit mondiale tenuto a Rio de Janeiro (Brasile) nel 1992 attirò l’attenzione del mondo su questo problema. L’accordo stilato dal comitato nel 1992 per combattere le emissioni di gas serra fu firmato da 162 Paesi. Nella conferenza tenuta nel 1997 a Kyoto (Giappone), i Paesi industrializzati del mondo adottarono il protocollo di Kyoto e si impegnarono a ridurre del 5% sotto i livelli del 1990 le proprie emissioni di CO2 e degli altri gas serra entro il 2008 ÷ 2012. Ciò è possibile aumentando gli sforzi di risparmio energetico, migliorando i rendimenti di conversione e soddisfacendo al tempo stesso le nuove domande di energia mediante l’impiego di energie rinnovabili (come le energie idroelettrica, solare, eolica e geotermica) al posto dei combustibili fossili.

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Energia, trasferimento di energia e analisi energetica generale

FIGURA 3.67 Negli Stati Uniti un’automobile media produce ogni anno una quantità di diossido di carbonio (CO2) pari a parecchie volte la propria massa (se percorre 19 000 km all’anno, consuma circa 2300 L di benzina e produce 2.5 kg di CO2 al litro di benzina).

FIGURA 3.68 Le energie rinnovabili, come l’energia eolica, sono dette «energie verdi» perché non producono inquinanti o gas a effetto serra.

Gli Stati Uniti sono il paese che più contribuisce alle emissioni di gas serra, con oltre 5 tonnellate di emissioni di carbonio all’anno pro capite. Un’importante fonte di emissioni di gas serra sono anche i trasporti. Ogni litro di benzina bruciato da un veicolo a motore produce circa 2.5 kg di CO2. Negli Stati Uniti un’automobile media percorre circa 19 000 km/a (kilometri all’anno) e consuma circa 2300 L di benzina. Perciò, un’automobile media emette circa 5750 kg/a (kilogrammi all’anno) di CO2 nell’atmosfera, pari a circa 4 volte la massa dell’automobile stessa (Figura 3.67). Questa e altre emissioni si possono ridurre notevolmente acquistando un’automobile energeticamente efficiente che bruci meno combustibile a parità di distanza percorsa, guidando assennatamente. Risparmiare combustibile consente di risparmiare denaro e di salvare l’ambiente. Per esempio, scegliendo un veicolo che percorra 13 km invece di 8 km con 1 L di benzina si impedisce l’emissione di circa 2.3 t di CO2 nell’atmosfera all’anno, mentre si riduce di 600 USD/a (dollari USA all’anno) la spesa per la benzina (per una percorrenza di 19 000 km all’anno in condizioni di guida medie e per un costo della benzina di 0.660 USD/L, dollari USA al litro). Da queste considerazioni è chiaro che vengono emesse notevoli quantità di inquinanti quando l’energia chimica presente nei combustibili fossili viene convertita in energia termica, meccanica o elettrica mediante la combustione, e quindi le centrali termoelettriche, i veicoli a motore e persino le stufe hanno la responsabilità dell’inquinamento atmosferico. Per contro, non vengono emessi inquinanti quando l’energia elettrica viene convertita in energia termica, chimica o meccanica, e quindi gli autoveicoli elettrici vengono spesso pubblicizzati come veicoli a “emissione zero” e il loro diffuso impiego è considerato da alcuni come la soluzione finale del problema dell’inquinamento atmosferico. Ma si dovrebbe tenere presente che l’energia elettrica utilizzata dagli autoveicoli elettrici è stata generata altrove, in prevalenza bruciando un combustibile e quindi emettendo inquinanti. Perciò, ogni volta che un autoveicolo elettrico utilizza 1 kWh di energia elettrica, si assume la responsabilità degli inquinanti emessi quando viene generato altrove 1 kWh di energia elettrica (più le perdite di conversione e trasmissione). Si può affermare che gli autoveicoli elettrici sono veicoli a emissione zero soltanto quando l’energia che utilizzano viene generata impiegando risorse rinnovabili prive di emissioni quali l’energia idroelettrica, solare, eolica e geotermica (Figura 3.68). Quindi l’impiego di energie rinnovabili dovrebbe essere promosso su scala mondiale, con incentivi, secondo necessità, allo scopo di fare della Terra un luogo migliore dove vivere. Negli ultimi decenni i progressi nel campo della termodinamica hanno dato notevoli contributi al miglioramento dei rendimenti di conversione (in certi casi raddoppiandoli) e quindi alla riduzione dell’inquinamento. Anche i singoli individui possono contribuire adottando provvedimenti di risparmio energetico.

ESEMPIO 3.18

La riduzione dell’inquinamento atmosferico con il riscaldamento geotermico

Nel Nevada (Stati Uniti), una centrale geotermoelettrica sta generando energia elettrica usando acqua geotermica estratta a una temperatura di 180 °C e reiniettata nel suolo a una temperatura di 85 °C. Ci si propone di utilizzare l’acqua di condensa reiniettata per riscaldare gli edifici residenziali e commerciali nella zona, e i calcoli indicano che il sistema di riscaldamento geotermico è in grado di risparmiare 18 milioni di therm di gas all’anno. Si determinino le quantità di emissioni di NOx e


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Capitolo 3

di CO2 che il sistema di riscaldamento geotermico risparmierà all’anno. Si supponga che le emissioni medie di NOx e di CO2 delle centrali termiche a gas siano pari a 0.0047 kg/therm e 6.3 kg/therm, rispettivamente.

SOLUZIONE I sistemi di riscaldamento a gas della zona vengono sostituiti da un sistema di riscaldamento geotermico distrettuale. Si devono determinare le quantità di emissioni di NOx e di CO2 risparmiate all’anno. Analisi Le quantità di emissioni risparmiate all’anno equivalgono alle quantità emesse dalle centrali termiche a gas quando vengono bruciati 18 milioni di therm di gas naturale: Risparmio di NOx

= (Emissione di NOx per therm) (numero di therm per anno) = 0.0047 × 18 × 106 = 8.5 × 104 × kg/a

Risparmio di CO2

= (Emissione di CO2 per therm) (numero di therm per anno) = 6.3 × 18 × 106 = 1.2 × 108 × kg/a

Considerazioni Un’automobile tipica sulla strada genera circa 8.5 kg di NOx all’anno e 6000 kg di CO2 all’anno. Perciò, l’impatto ambientale della sostituzione del sistema di riscaldamento a gas nella zona con il sistema di riscaldamento

geotermico equivale a togliere dalla strada 10 000 automobili nel caso delle emissioni di NOx e a togliere dalla strada 20 000 automobili nel caso delle emissioni di CO2. Il sistema di riscaldamento proposto dovrebbe avere un rilevante effetto sulla riduzione dello smog nella zona.

Problemi, esercizi e soluzioni Nell’Eserciziario pubblicato a fine volume troverete un breve riepilogo dei concetti salienti del capitolo, i Problemi e le relative soluzioni. Lo svolgimento degli Esercizi presenti nel testo, il software EES – Engineering Equation Solver – e altri materiali utili all’apprendimento della materia sono scaricabili gratuitamente dal sito del volume www.ateneonline.it/cengel4e.

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