Capitolo 1 - Programmazione e controllo 3/ed

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Capitolo 1

L’attività di direzione e il sistema di misurazione dei costi: un quadro di riferimento

OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO In questo capitolo lo studente apprenderà a:

• comprendere le esigenze informative del manage-

• • • •

ment necessarie per presidiare l’economicità aziendale e la struttura essenziale del sistema informati­ vo amministrativo atto a soddisfarlo; individuare i tratti caratteristici di un sistema di controllo direzionale e di un possibile modello di riferimento; individuare i principali strumenti di controllo direzionale; riconoscere le strutture portanti del sistema di misurazione dei costi; individuare gli elementi che compongono il costo di produzione;

• scegliere tra i diversi oggetti di calcolo del costo di produzione;

• specificare gli scopi principali per i quali si calcola il costo di produzione;

• analizzare ed esemplificare le diverse configurazio­ ni di costo di produzione cui è possibile pervenire;

• scegliere tra le varie modalità di calcolo del costo di produzione, le differenti classificazione dei costi sottostanti e la diversa natura dei valori utilizzabili; • costruire un modello di riferimento utile per l’analisi e la progettazione di un sistema di misurazione dei costi.

CASO AZIENDALE 661U

CAMICERIA ITALIANA S.R.L.

La Camiceria Italiana S.r.l. è stata fondata nel 1955 dal padre degli attuali imprenditori, tramandando nel tempo il gusto, la tecnica e la ricercatezza dell’arte sartoriale italiana di alta qualità ai suoi successori. Oggi i figli Gianna e Alberto uniscono quelle antiche tradizioni con le moderne tecniche produttive e con la continua ricerca dei tessuti e dei materiali migliori per produrre artigianalmente camicie da uomo, pronte o su misura, di elevato livello qualitativo, mantenendo un rapporto qualità-prezzo assolutamente competitivo. L’unicità delle camicie di questa sartoria nasce grazie alla presenza di alcuni particolari che le conferiscono un tocco artigianale esclusivo: bottoni in plastica

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fine o in madreperla, asola e bottone al fessino; attacco giro manica all’inglese; doppio bottone sui polsi; cuciture effettuate con 8 punti/cm, realizzate con i migliori filati; colli con stecche estraibili a richiesta; personalizzazione della camicia con le iniziali ricamate a mano, in corsivo o stampatello, e cuciture con impunture a contrasto. I colli e i polsi sono realizzati interamente a mano con la massima cura e sono disponibili nelle versioni classiche o di tendenza con interni di varie pesantezze e con modifiche personalizzate sia al cintino sia alla vela. I polsi sono previsti in quattro modellature (stondato, spinzato a uno o due bottoni, doppio per gemelli). Le modellature prevedono due pieghe die-

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tro per i colli classici e un’unica piega centrale per i colli botton down. Accanto alle camicie, core business della società, i due fratelli hanno da qualche anno introdotto una linea di cravatte. Queste ultime si distinguono per la classe, l’eleganza e l’unicità dovuta al fatto che vengono prodotte in serie limitate e ricorrendo a un metodo di taglio particolare. L’interno delle cravatte è realizzato con cura sartoriale, utilizzando un’anima in lana che permette al nodo di rimanere sempre a posto e dona alla cravatta un effetto visivo molto piacevole. I tessuti delle cravatte sono realizzati con filati molto pregiati come il cachemire, la seta, il lino e la lana, tutti materiali selezionati, di altissima qualità e prodotti dalle migliori aziende presenti sul mercato. Le dimensioni delle cravatte sono generalmente 9,5/10 cm di larghezza e 148/150 cm di lunghezza per la versione standard. Le cravatte possono essere anche realizzate su misura per i clienti che avessero la necessità di dimensioni diverse. Il laboratorio, di proprietà, è suddiviso in due isole di lavoro: una dedicata alla produzione delle camicie, l’altra alla realizzazione delle cravatte. Queste isole occupano rispettivamente 2/3 e un 1/3 dello spazio disponibile. All’interno di queste aree, alcuni tavoli con appositi macchinari (taglierine, macchine cucitrici ecc.) delimitano le diverse fasi di produzione (disegno, taglio, cucitura, rifinitura, stiratura e confezionamento). Alcune fasi richiedono tempi diversi a seconda che si tratti di prodotti standard o su misura. La manodopera è specializzata per fase, e ogni isola di lavoro ha un suo responsabile. L’azienda, inoltre, dispone di tre venditori remunerati in parte a provvigione, di due persone nell’amministrazione e di quattro magazzinieri che si occupano del trasporto e della movimentazione dei materiali, dei semilavorati e dei prodotti finiti. Il magazzino è unico per tutti i prodotti e si stima che il suo spazio sia destinato per il 70% alla produzione delle camicie e per il 30% alla produzione delle cravatte. Le consegne ai clienti vengono realizzate con camioncini acquistati in leasing. Gianna e Alberto, proprietari dell’immobile che mettono gratuitamente a disposizione dell’azienda, seguono in prima persona rispettivamente i rapporti con i clienti e la produzione. Per questa attività perce-

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piscono uno stipendio, oltre a riservarsi il diritto di decidere in merito agli utili della società essendo i soci di maggioranza. In seguito a un incontro con il commercialista di famiglia, che illustrava attraverso il bilancio di esercizio dell’anno che si era appena concluso l’andamento economico-finanziario dell’azienda, emersero alcuni quesiti a cui i dati disponibili non consentivano di rispondere. Nonostante l’utile fosse consistente, con grande soddisfazione da parte di tutti, e mantenesse lo stesso valore percentuale sulle vendite degli anni passati, i due fratelli avrebbero voluto disporre di maggiori informazioni per capire come muoversi in futuro rispetto ad alcune opportunità di mercato, o criticità gestionali, che stavano emergendo. A questo proposito: • una sartoria di Los Angeles si sarebbe prestata

a svolgere le operazioni di personalizzazione/finitura, stiratura e confezionamento del prodotto “camicia” tagliato su modelli della Camiceria Italiana e cucito interamente in Italia. Questa opportunità avrebbe consentito all’azienda italiana di conquistare un mercato estero di sicuro interesse. Sarebbe stato però necessario calcolare il costo di produzione del semilavorato da trasferire nel prezzo da proporre al partner americano, ivi incluse le royalty per l’uso del marchio e i costi di design; • per sfruttare alcune sinergie produttive e commerciali, e conseguire interessanti economie di scopo, Gianna stava pensando di diversificare ulteriormente la gamma di prodotti, aggiungendo alla produzione di camicie e cravatte quella di boxer. Questi ultimi sarebbero stati realizzati in modo completamente artigianale, in puro cotone e nella stessa gamma dei tessuti delle camicie. I clienti avrebbero avuto la possibilità di ordinare coordinati “su misura” unici ed eleganti. I boxer sarebbero stati confezionati in sacchetti dotati di lacci di chiusura realizzati con lo stesso tessuto selezionato per la confezione del prodotto. Gianna stava cercando di capire presso i suoi clienti la bontà commerciale dell’idea, ma non aveva elementi per conoscere l’entità dei costi aggiuntivi che avrebbe dovuto sostenere per la realizzazione di questo nuovo prodotto. Aveva indivi-

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duato con precisione le strutture produttive e commerciali già esistenti che avrebbe potuto utilizzare senza dover sostenere ulteriori costi. Non era però in grado di quantificare con sufficiente precisione il loro contributo economico alla realizzazione di questa nuova linea di produzione; • per il confezionamento delle cravatte vengono utilizzate materie prime particolarmente pregiate. Alberto, che presidiava oltre alla produzione anche i processi di acquisto delle materie prime, desiderava andare a fondo sulle diseconomie che secondo lui erano presenti in fase di approvvigionamento e di impiego delle stesse, in modo particolare della seta. I dati che aveva a disposizione non gli consentivano, però, di calcolare tassi di rendimento significa-

tivi, in quanto riferiti a condizioni di produzione troppo eterogenee. Gli sarebbe tornato utile disporre di coefficienti di impiego e di costi medi di acquisto riferiti a condizioni di normale svolgimento dei processi di trasformazione e di approvvigionamento. In assenza di tali dati non se la sentiva di sostenere un incontro con il suo responsabile degli acquisti e con il responsabile produttivo della linea cravatte per richiedere giustificazioni in relazione ai costi crescenti della seta a parità di volumi prodotti. Il commercialista prese tempo e comunicò ai due fratelli che avrebbe organizzato un altro incontro per mettere a disposizione della proprietà alcuni report contenenti informazioni utili per rispondere ai diversi quesiti.

1.1  L’attività di direzione e il controllo direzionale nelle imprese moderne 1.2  I fabbisogni informativi del management e il sistema di controllo direzionale: un modello di riferimento Il management delle imprese, per assicurare un uso efficiente ed efficace delle risorse, ha la necessità di disporre di informazioni utili per un apprezzamento economico delle scelte che è chiamato a compiere. Esso necessita, in altri termini, di un adeguato sistema informativo amministrativo che, avvalendosi di una specifica strumentazione e di efficaci supporti informatici, elabori dati elementari, monetari e non monetari, e produca informazioni economiche utili alla direzione, svolgendo un importante ruolo di supporto all’attività di governo dell’impresa. In termini generali è possibile affermare che il sistema informativo amministrativo è riconducibile a tre dimensioni tra loro strettamente interrelate: i dati elementari disponibili, il processo elaborativo cui gli stessi possono essere sottoposti e le informazioni ottenibili (Figura 1.2). I dati rappresentano i fattori in input del processo elaborativo. Si tratta di fattori non necessariamente monetari che, per essere di supporto al management, devono essere sottoposti a un processo di elaborazione (per esempio, i dati contenuti nelle

sistema informativo amministrativo sistema che, attraverso l’utilizzo di una specifica strumentazione e di efficaci supporti in­ formatici, processa dati elementari, monetari e non monetari, producendo informazioni economi­ che a supporto dell’attività di direzione.

CASO AZIENDALE

CAMICERIA ITALIANA S.R.L. 661U

Nel caso della Camiceria Italiana S.r.l., appare evidente che il sistema informativo disponibile non è

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in grado di fornire un supporto adeguato alla proprietà, tant’è che il consulente è costretto a elaborare informazioni ad hoc per soddisfare le richieste avanzate dalla stessa.

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INPUT Dati elementari non immediatamente utilizzabili a fini gestionali

PROCESSO DI ELABORAZIONE Insieme organizzato di strumenti, procedure e risorse informatiche

Figura 1.2  Il sistema informativo alla base del controllo direzionale.

OUTPUT Informazioni selezionate e ordinate secondo le esigenze conoscitive dell’utilizzatore e i problemi da risolvere

fatture di acquisto di materiali, nelle bolle di prelievo da magazzino, nelle schede dei tempi di lavorazione ecc.). Il processo di elaborazione comprende l’insieme organizzato di strumenti, procedure e risorse informatiche atte a trasformare gli input in output utili al management (si tratta di processi contabili o extracontabili in cui i dati elementari transitano per poter essere trasferiti su oggetti particolari, per esempio il prodotto). Le informazioni, infine, quali output del processo elaborativo, sono valori economici, selezionati e ordinati secondo particolari esigenze conoscitive dell’utilizzatore o specifici problemi da risolvere (per esempio, la determinazione del costo di prodotto al fine di valutarne la redditività). La necessità di attingere a dati elementari da sottoporre a elaborazione per ottenere informazioni utili a fini gestionali richiama l’attenzione su alcuni attributi da riferire alle diverse componenti del sistema informativo descritto, tra cui: • l’attendibilità delle fonti e dei dati elementari in ingresso nel processo elaborativo; • l’adeguatezza dei metodi e delle procedure utilizzate per le elaborazioni; • la significatività delle informazioni prodotte.

In estrema sintesi, l’attendibilità dei dati condiziona il processo elaborativo, che richiede a sua volta l’adozione di strumenti particolari per rispondere in modo appropriato alle esigenze informative del management e configurare efficaci sistemi informativi amministrativi. 1.2.1  Il sistema di controllo direzionale: criteri di progettazione

Nelle realtà complesse i manager, collocati ai vari livelli della struttura organizzativa, operano con differenti gradi di autonomia e responsabilità e, conseguentemente, necessitano di informazioni differenziate. Affinché il management disponga di informazioni realmente significative a supporto della propria attività di direzione, occorre integrare le componenti del siste-

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ma informativo amministrativo precedentemente definito con due ulteriori elementi volti a esplicitare: • gli scopi per i quali le informazioni economiche vengono richieste dal singolo

manager;

• le condizioni di contesto interno ed esterno all’azienda che possono vincolare l’ope-

rato degli stessi. Si tratta, pertanto, non solo di assicurare un generico flusso di informazioni economiche, bensì di indirizzare informazioni puntuali a coloro che, a vari livelli dell’organizzazione e con diverse responsabilità, sono coinvolti nella direzione dell’impresa. Si passa dunque da una generica concezione di sistema informativo amministrativo a una più puntuale definizione di sistema di controllo direzionale. Per progettare un efficace sistema di controllo direzionale s’impone l’adozione di un approccio situazionale. Quest’ultimo si fonda sulla teoria della contingenza, secondo la quale non esiste un sistema di management valido in assoluto, bensì occorre considerare le finalità e i fattori che qualificano l’ambiente nel quale il singolo manager è chiamato a operare. In termini più espliciti, non esistono principi o meccanismi di controllo applicabili sempre e comunque, ma in ogni azienda s’impone una progettazione ad hoc del sistema di controllo direzionale in funzione di specificità gestionali ed esigenze informative che devono essere puntualmente identificate a diversi livelli organizzativi. Il nucleo centrale della progettazione di un sistema di controllo direzionale riguarda la configurazione del processo di elaborazione. La sua definizione implica la scelta di strumenti, supporti informatici e procedure organizzative idonea a:

sistema di controllo direzionale sistema che for­ni­sce informazioni elaborate con il sistema in­ formativo amministrativo a manager che, a vari livelli e con diversi gradi di responsabilità, sono coinvolti nella direzione dell’impresa.

• soddisfare specifiche finalità conoscitive e di responsabilizzazione del management; • recepire le peculiarità dei fattori interni ed esterni all’azienda in cui lo stesso sarà

collocato. Questi ultimi, oltre a fornire precisi input al sistema informativo, influenzano infatti anche l’adozione degli strumenti e il processo di elaborazione giudicati più idonei a rappresentarli. La scelta degli strumenti, inoltre, è condizionata anche dalle finalità assegnate al sistema direzionale, che dipendono prioritariamente dalle esigenze conoscitive dei suoi utilizzatori o dai problemi specifici che essi devono risolvere. Una rappresentazione sintetica del sistema di controllo direzionale, che poggia sul sistema informativo amministrativo per il management, è illustrata nella Figura 1.3. Qui di seguito si fanno alcune precisazioni relativamente alle finalità del sistema di controllo direzionale, alle componenti del processo elaborativo (gli strumenti, le procedure organizzative e i supporti informatici) e alle condizioni del contesto esterno-interno che influiscono sulle alternative di configurazione. Le finalità del sistema di controllo direzionale Finalità ultima del sistema di controllo direzionale è supportare il management nell’attività di gestione e orientare i comportamenti degli operatori economici per favorire il conseguimento di obiettivi di efficienza e di efficacia operativa. Le in-

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INPUT Dati elementari non immediatamente utilizzabili a fini gestionali

Condizioni di contesto Interno Esterno

PROCESSO DI ELABORAZIONE Insieme organizzato di strumenti, procedure e risorse informatiche

Finalità del sistema Conoscenza Responsabilizzazione

OUTPUT Informazioni selezionate e ordinate secondo le esigenze conoscitive dell’utilizzatore e i problemi da risolvere

Figura 1.3 Il sistema di controllo direzionale.

formazioni prodotte da un sistema di controllo direzionale possono soddisfare, più nello specifico, precise esigenze di: • conoscenza; • responsabilizzazione.

La conoscenza è da porre in relazione con la disponibilità di informazioni utili per: • valorizzare adeguatamente alcune poste di bilancio (tipicamente il magazzino pro-

dotti finiti e semilavorati);

• supportare decisioni operative che possono avere implicazioni economiche

rilevanti;

• programmare l’impiego futuro di risorse e definire obiettivi da conseguire in una

prospettiva di razionalità economica, ancorché relativa;

• controllare i livelli di efficienza e di efficacia operativa conseguiti per effetto della

gestione alla luce dei programmi e degli obiettivi predefiniti. La responsabilizzazione richiede, invece, la disponibilità di adeguate informazioni per: • assegnare, a ciascun responsabile organizzativo, specifici obiettivi di carattere eco-

nomico da conseguire in un tempo definito;

• individuare vincoli, ambiti di discrezionalità e, più in generale, leve economiche

manovrabili dagli stessi;

• valutare le prestazioni dei singoli responsabili e alimentare sistemi incentivanti a

supporto della gestione per obiettivi. Il processo elaborativo: gli strumenti, le procedure organizzative e i supporti informatici La dimensione strumentale è sicuramente quella più tangibile del sistema di controllo direzionale. Essa comprende differenti metodologie di raccolta ed elaborazione

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L’attività di direzione e il sistema di misurazione dei costi: un quadro di riferimento  7 PROCESSI DI ELABORAZIONE > STRUMENTI A SUPPORTO DELLA CONOSCENZA: • i sistemi di misurazione analitica dei costi di tipo tradizionale full e direct costing; • i sistemi di misurazione analitica dei costi basati sulle attività (ABC); • i sistemi di misurazione dei costi a valori preventivi (costi normalizzati); • la programmazione operativa e il budget di esercizio come strumento di previsione. > STRUMENTI A SUPPORTO DELLA RESPONSABILIZZAZIONE: • i sistemi di misurazione dei costi a valori preventivi (costi standard); • i sistemi di gestione dei costi basati sulle attività (ABM); • l’assegnazione degli obiettivi economici nell’ambito del budget di responsabilità. > PROCEDURE INFORMATICHE, in relazione alle specifiche esigenze conoscitive. > PROCEDURE ORGANIZZATIVE, in relazione a specifiche esigenze di responsabilizzazione.

Figura 1.4 Gli elementi di base del processo elaborativo: gli strumenti, le procedure informatiche e organizzative di supporto.

di dati secondo procedure organizzative e tecnico-contabili che sono condizionate dai supporti informatici che l’azienda mette a disposizione (Figura 1.4). L’insieme degli strumenti che configura il sistema di contabilità direzionale può essere messo in relazione alle due finalità precedentemente individuate: conoscenza e responsabilizzazione, cui ricondurre differenti strumenti. In questa prospettiva, i principali strumenti a supporto della conoscenza sono: • i sistemi di misurazione dei costi di tipo tradizionale, full e direct costing, trat-

tati nei Capitoli 1, 2, 4, 6, 7 e 8 di questo volume;

• i sistemi di misurazione dei costi basati sulle attività, Activity Based Costing (abc),

descritti nel Capitolo 3;

• i sistemi di misurazione dei costi a valori preventivi (costi normalizzati e costi

standard), descritti nel Capitolo 5; • il capital budget a supporto della pianificazione degli investimenti, descritto nel Capitolo 9, e il piano e il master budget a supporto della pianificazione di medio-lungo periodo e della programmazione di breve descritti nel Capitolo 10. I principali strumenti a supporto della responsabilizzazione sono invece: • i sistemi di misurazione dei costi a valori preventivi per il controllo dell’efficien-

za operativa (con particolare riguardo ai costi standard nelle loro implicazioni comportamentali), trattati nel Capitolo 5; • i sistemi di gestione dei costi basati sulle attività con particolare riguardo all’Activity Based Management (abm), introdotta nel Capitolo 3; • budget di responsabilità per l’assegnazione degli obiettivi economici e la valutazione delle prestazioni illustrati nei Capitoli 9, 11 e 12. La disponibilità di adeguati supporti informatici consentirà di alimentare questi sistemi di misurazione economica ricorrendo a procedure più o meno sofisticate, di natura contabile o extracontabile, di cui si tratta ampiamente nel Capitolo 6. I progressi registrati nell’ambito dell’Information and Comunication Technology (ict), in termini di potenza di elaborazione e di gestione dei dati, hanno favorito la diffusione dei data base. Questi ultimi hanno la capacità di immagazzinare una quantità infinita di dati, organizzabili secondo n dimensioni, e di produrre report su misura per specifici utilizzi. È pertanto evidente come la disponibilità di tecnologie infor-

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matiche all’avanguardia possa avere effetti rilevanti sui sistemi di contabilità direzionale. I sistemi erp (Enterprise Resource Planning), per esempio, oltre a offrire un ampio catalogo di funzionalità per imprese appartenenti a diversi settori, riducono notevolmente le possibilità di errore, garantiscono l’unicità del dato e facilitano l’integrazione tra diversi sub-sistemi informativi presenti all’interno di una stessa azienda, migliorando il coordinamento dei flussi interaziendali e gli attributi di qualità dell’informazione prodotta (attendibilità, tempestività, analiticità ecc.). Le condizioni del contesto esterno-interno Per produrre informazioni utili per la gestione, il sistema di controllo direzionale necessita di adeguati strumenti a supporto dei processi di raccolta, elaborazione e rappresentazione dei valori economici. La composizione e le caratteristiche strutturali e di processo di questa strumentazione discendono, oltre che dall’uso specifico che la direzione intende fare delle informazioni che verranno prodotte, da alcuni fattori esterni e interni all’azienda nella quale il sistema di controllo è destinato a operare. Ci si riferisce, in particolare, al grado di competitività del mercato di riferimento e alla complessità gestionale dell’impresa per cui il sistema viene progettato, a sua volta influenzati dalla complessità strategica e organizzativa dell’azienda stessa. Si tratta di variabili esogene da considerare per operare scelte di articolazione del sistema di controllo direzionale coerenti con le reali difficoltà di gestione. Gli strumenti alla base del controllo direzionale possono essere ordinati secondo una complessità crescente, positivamente correlabile con il potenziale informativo in essi implicito. La contabilità generale e il bilancio di esercizio rappresentano gli strumenti elementari di controllo direzionale di cui l’impresa non può fare a meno di dotarsi. Si tratta, infatti, di informazioni obbligatorie che devono essere prodotte per ragioni di natura civilistica e/o fiscale, e per soddisfare prevalentemente esigenze di comunicazione verso l’esterno, a gruppi di utilizzatori relativamente ampi e non necessariamente identificabili. La struttura di rilevazione è unica per tutte le imprese e si riconduce all’equazione fondamentale del bilancio e ai principi civilistici e contabili riconosciuti. Il suo riferimento temporale è il passato, la natura delle informazioni elaborate è prevalentemente monetaria, il livello di precisione delle elaborazioni è tendenzialmente alto. Infine, si tratta di informazioni contenute in una reportistica che ha una frequenza fissa nel tempo, annuale o infrannuale, che sconta ritardi di elaborazione in ragione dell’uso di dati effettivi, ed è riferita all’azienda nella sua globalità. Le rappresentazioni di bilancio, infatti, altro non sono che tavole di sintesi che contengono valori monetari, storici e complessivi. È evidente che un sistema di controllo incentrato su informazioni prodotte dalla contabilità generale e sintetizzate nel bilancio di esercizio non sempre soddisfa esigenze conoscitive e di responsabilizzazione di imprese complesse ed esposte a forti pressioni competitive. Ne discende la necessità di far evolvere la strumentazione alla base del controllo direzionale, inglobando, secondo una progressione da correlare alle accresciute esigenze informative del management, metodologie via via più articolate. Così, oltre al bilancio di esercizio, possiamo pensare di introdurre procedure sistematiche di riclassificazione e di analisi dei valori di bilancio attraverso il calcolo di indici e flussi, per un apprezzamento continuo dello stato di salute dell’impresa. Oppure possiamo pensare di articola-

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re i dati dei bilanci rispetto a dimensioni rilevanti dal punto di vista gestionale (classi di prodotti, clienti, aree di vendita, tecnologie utilizzate o combinazioni varie degli stessi) per comprendere come le stesse contribuiscano a formare il risultato operativo (segment analysis). A uno step successivo possiamo integrare, con modalità tecnico-contabili differenti, i sistemi di rilevazione della contabilità generale con quelli tipici della contabilità dei costi e della contabilità analitica. Inoltre, possiamo ricorrere all’uso di particolari algoritmi per supportare efficacemente alcuni processi decisionali che hanno implicazioni economiche di breve periodo (break even analysis, margine di sicurezza, leva operativa) o di medio-lungo periodo (criteri di valutazione delle decisioni di investimento e formulazione di capital budget). Nel caso in cui s’intenda responsabilizzare i manager sulle condizioni di efficienza operativa si imporrà, invece, il ricorso a sistemi di misurazione economica alimentati da valori standard, oppure, qualora si voglia estendere la responsabilità anche agli aspetti di efficacia della gestione, sarà d’uopo l’introduzione della responsibility accounting e del budget di responsabilità. Infine, laddove si vogliano avviare compiuti processi di controllo dei risultati e di valutazione delle prestazioni dei manager coinvolti nella gestione, non si potrà fare a meno di corredare il sistema di controllo direzionale di adeguate forme di analisi degli scostamenti e più in generale di reporting (reporting economico-finanziario, tableau de bord, balanced scorecard e così via). Si tratta, in buona sostanza, di ampliare la strumentazione di base imposta dalla normativa con strumenti discrezionali specificamente pensati per supportare il management nelle decisioni, aventi una struttura che richiede di essere progettata ad hoc sulle esigenze specifiche degli utilizzatori, che raccoglie dati ed elabora informazioni di natura non esclusivamente monetaria, a supporto della conoscenza e/o della responsabilizzazione, con un orientamento temporale prospettico, oltre che storico. Un sistema siffatto si caratterizza per un livello di precisione inferiore a quello che contraddistingue i dati contenuti nel bilancio di esercizio ma, per contro, offre un più elevato livello di tempestività, analiticità e frequenza di elaborazione di informazioni la cui struttura è declinata sui bisogni specifici dei destinatari (Figura 1.5). Ciascuno di questi strumenti sarà adeguatamente analizzato nel presente volume. Nei prossimi capitoli ci soffermeremo, dunque, sugli aspetti tecnico-contabili che li qualificano, rinviando costantemente al presente capitolo per cogliere il posizionamento e le relazioni di ciascuno strumento all’interno di un quadro unitario di insieme rappresentativo del sistema di controllo direzionale. 1.3  Il sistema di misurazione dei costi: un quadro di riferimento Il costo di produzione può essere definito come il valore monetario delle risorse impiegate per la realizzazione dei processi di produzione economica messi in atto dalle aziende (Ceccherelli, 1936). Occorre precisare sin da subito che il concetto di costo di produzione è diverso da quello di costo di acquisto. Quest’ultimo è una quantità che ha origine in uno scambio monetario posto in essere per acquisire un fattore produttivo a date condizioni di negoziazione (Coda, 1968, p. 2). Il costo di produzione, invece, è connesso ai processi di impiego dei fattori produttivi acquisiti. La sua determina-

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costo di produzione va­ lo­re monetario delle risorse impiegate per la realizzazione dei processi di produzione economica messi in atto dalle aziende (Ceccherelli, 1936). costo di acquisto quantità che ha origine in uno scambio monetario posto in essere per acquisire un fattore produttivo a date condizioni di negoziazione (Coda, 1968).

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Segment analysis

Alto

Reporting per la valutazione dei risultati Sistemi di contabilità a valori standard Grado di complessità strategica

Sistemi di contabilità dei costi

Reporting per la valutazione delle prestazioni

Budget di responsabilità

Budget di previsione

Sistemi di contabilità Analitica

Responsibility accounting

Algoritmi decisionali di gestione operativa

Figura 1.5 La strumentazione alla base del controllo direzionale.

Basso

Contabilità generale e bilancio d’esercizio Basso

Grado di complessità organizzativa

Alto

zione è assoggettata a un calcolo che impone l’attribuzione di un valore, attraverso procedimenti più o meno accurati, ai diversi fattori produttivi impiegati (non necessariamente tutti), i cui consumi richiedono di essere rilevati attraverso il ricorso a indicatori fisico-tecnici. Il costo di produzione, dunque, si compone di vari elementi, ciascuno corrispondente al costo di impiego dei diversi fattori produttivi, o di gruppi di fattori produttivi, che concorrono alla realizzazione di un dato processo di produzione. Il riferimento a un non meglio specificato processo di produzione accolto nella definizione è volutamente generico, in quanto gli oggetti di calcolo del costo di produzione possono essere differenti. L’oggetto ultimo di calcolo del costo di produzione è normalmente il prodotto/servizio, ma è possibile individuare anche altri oggetti di calcolo, intermedi o alternativi rispetto al prodotto, di cui si dirà meglio nel paragrafo successivo. Quanto alla possibilità di riferire o meno all’oggetto di calcolo, qualunque esso sia, il valore di tutti i fattori produttivi impiegati nella produzione, va precisato che la soluzione adottata dalle imprese non è univoca, e che le difficoltà di ­misurazione del costo che si devono affrontare in un caso e nell’altro sono ­differenti, e non del tutto ininfluenti sulla scelta delle diverse opzioni. In particolare, è possibile fare riferimento a due configurazioni estreme di costo di prodotto: il costo primo e il costo pieno aziendale. Queste, e altre, verranno illustrate nel Paragrafo 1.4.3.

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CASO AZIENDALE

CAMICERIA ITALIANA S.R.L. 661U

Il costo di acquisto dei fattori produttivi utilizzati per la produzione delle camicie, per esempio il tessuto di cotone, deriva da processi di negoziazione posti in essere dall’azienda con i suoi diretti fornitori. I costi di acquisto della manodopera, a loro volta, dipendono da accordi privati tra impresa e collaboratori, definiti nel rispetto delle condizioni sottoscritte dal contratto di lavoro nazionale. I costi riferiti alla struttura, impianti produttivi e non, derivano da processi di anticipazione delle condizioni di produzione, anch’essi a suo tempo negoziati sulla base di determinate condizioni di scambio tra le parti interessate, e così via. Il costo di produzione dei processi economici messi in atto per la produzione delle camicie deve, invece, essere calcolato valorizzando i consumi dei fattori produttivi impiegati per la loro realizzazione (manodopera, materie prime, strutture produttive). Il calcolo del costo di produzione può essere avvia-

to solo dopo aver identificato l’oggetto di calcolo del costo stesso (che può essere il prodotto o una fase di processo, per esempio il reparto cucitura nell’isola produttiva e così via). A questo fine occorre disporre di informazioni fisico-tecniche concernenti le quantità dei fattori produttivi impiegati per la realizzazione del processo in oggetto. Così, con riferimento alla singola camicia, occorre quantificare quanti metri lineari di tessuto sono necessari per il suo confezionamento, quanti bottoni prevede il modello, quali altri materiali di consumo occorre impiegare per la sua realizzazione, quante ore di manodopera sono necessarie per ottenere il prodotto finito, in quale misura il prodotto in questione utilizza risorse produttive e non produttive comuni a più prodotti. Queste informazioni fisico-tecniche, associate al valore monetario corrispondente al prezzo di acquisto del fattore produttivo di riferimento, consentono di pervenire al calcolo del costo di produzione di questo particolare prodotto.

1.3.1  Gli oggetti di calcolo del costo di produzione

Di norma, l’oggetto ultimo di calcolo del costo di produzione è il prodotto. Ciò non toglie che sia possibile configurare altri oggetti di calcolo, di natura intermedia o alternativi al prodotto. Al fine di individuare, con rigore, gli oggetti di calcolo del costo di produzione occorre procedere alla disaggregazione della combinazione produttiva generale di azienda in coordinazioni e/o combinazioni produttive parziali (Masini, 1978, pp. 354-365). Queste ultime devono essere espressive di dimensioni, per l’appunto parziali, rispetto alle quali assume rilevanza l’informazione economica disaggregata. Così, all’interno di un’impresa manifatturiera, potrà essere rilevante calcolare il costo di produzione delle diverse unità produttive (stabilimenti, singoli reparti, singoli impianti di produzione) o delle differenti fasi in cui è possibile articolare il processo di trasformazione fisica (singole operazioni, singoli processi elementari), oltre a considerare l’eventualità di disporre di informazioni economiche declinate su particolari funzioni aziendali (intese come coordinazioni di operazioni e processi di specie differente che configurano l’attività dell’area commerciale, amministrativa, generale ecc.) o su particolari classi di clienti o aree geografiche servite o, ancora, su particolari combinazioni di prodotti, mercati e tecnologie omogenee al loro interno.

oggetto di calcolo del costo di produzione en­ tità cui viene riferito il calcolo del costo: può essere costituito da un’attività produttiva o da un risultato fisico-tecnico parziale di un’attività produttiva (Coda, 1968).

1.3.2  Le diverse configurazioni del costo di produzione

Ogni configurazione di costo è definita, oltre che dall’oggetto a cui si riferisce, dagli elementi di costo introdotti nel calcolo.

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In prima approssimazione possiamo affermare che è possibile distinguere due differenti configurazioni di costo: i costi di produzione completi e i costi di produzione parziali. I primi includono il costo di tutti i fattori produttivi utilizzati per realizzare un determinato processo produttivo; i secondi, invece, raggruppano solo i costi relativi ad alcuni fattori di produzione. In termini maggiormente esemplificativi, e con specifico riferimento al costo di prodotto, le configurazioni di costo più diffuse fanno perno sulla distinzione tra costo primo (costo dei fattori produttivi acquistati da terze economie), costi diretti (valore delle risorse utilizzate in via esclusiva dal singolo oggetto di calcolo del costo) e costi indiretti (valore delle risorse utilizzate da più oggetti di calcolo) nella loro componente variabile e fissa. Nella teoria e nella prassi aziendale si annoverano, pertanto, le seguenti configurazioni di costo:

configurazione del costo figura di costo che dipende dalla numerosità e dalla composizione degli elementi di costo introdotti dal calcolo; è consuetudine distinguere le seguenti configurazioni di costo: costo primo, costo diretto di trasfor­ mazione, costo diretto di produzione, costo varia­ bile di produzione, costo pieno di produzione, co­ sto variabile aziendale, costo pieno aziendale.

• costo primo: coincide con il valore delle materie prime impiegate per la realizza-

zione della produzione;

• costo diretto di trasformazione: coincide con il valore dei fattori diretti di trasfor-

mazione, utilizzati in via esclusiva dal singolo prodotto, per esempio la manodopera diretta;

CASO AZIENDALE

CAMICERIA ITALIANA S.R.L. 661U

Gli oggetti di calcolo del costo di produzione all’interno della Camiceria Italiana possono essere individuati ricorrendo a diversi criteri di scomposizione della generale combinazione produttiva dell’impresa. In modo coerente con l’articolazione funzionale dell’impresa in questione, un primo tentativo di disaggregazione potrebbe privilegiare proprio la scomposizione funzionale, calcolando i costi dell’area produttiva (la fabbrica) in modo distinto da quelli dell’area commerciale (le attività dei venditori, i rapporti con i clienti, i trasporti) e am-

Prodotti Camicie • Standard • Su misura Boxer • Standard • Su misura Cravatte • Standard • Su misura

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ministrativa (che aggrega l’amministrazione stric­ to sensu e la direzione di impresa). Oppure, focalizzandosi sui costi dell’area produttiva, calcolare separatamente i costi di funzionamento delle due isole produttive (camicie/boxer e cravatte) e, al loro interno, i costi dei diversi reparti (tavoli di lavoro), fino a giungere alla singola classe di prodotti (camicie, boxer e cravatte, standard o su misura). Infine, il calcolo del costo di produzione potrebbe essere riferito a una particolare combinazione di prodotto-mercato-tecnologia, per esempio le camicie prodotte su misura per il mercato nazionale oppure le cravatte standard per il mercato internazionale ecc. (Figura 1.6).

Azienda Area commerciale

Area produzione Isola (1)

Reparto disegno

Reparto taglio

Reparto cucitura

Area amministrativa

Isola (2) Reparto finitura

Reparto stiratura

Reparto conf.to

Figura 1.6  I diversi oggetti di calcolo del costo di produzione.

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L’attività di direzione e il sistema di misurazione dei costi: un quadro di riferimento  13

• costo diretto di fabbricazione (o di produzione): include gli elementi del costo pri-

mo (materie prime) e del costo diretto di trasformazione prima definito (manodopera diretta); costo variabile di fabbricazione (o di produzione): include, in aggiunta agli elementi compresi nel costo diretto di fabbricazione, elementi di costo variabile di fabbricazione (per esempio, energia elettrica); costo pieno di fabbricazione (o di produzione): considera nel calcolo, oltre ai costi inclusi nel costo diretto di fabbricazione o di produzione, quote di costi indiretti fissi di produzione (per esempio, ammortamenti produttivi); costo variabile aziendale: include, in aggiunta agli elementi compresi nel costo variabile di fabbricazione, altri costi variabili aziendali (per esempio, provvigioni agenti di vendita); costo pieno aziendale (o costo completo): include la valorizzazione di tutti i fattori produttivi, sia quelli diretti sia quelli indiretti, siano essi variabili o fissi, sia quelli correlati alla fase di trasformazione fisica sia quelli connessi ai processi di commercializzazione, amministrativi o generali (spese generali aziendali).

1.3.3 I diversi metodi di calcolo del costo di produzione

I procedimenti di calcolo del costo di produzione si differenziano in relazione a due fattori: • la natura dei valori prescelti per valutare il costo da riferire ai vari oggetti di cal-

colo del costo di produzione;

• i metodi di valorizzazione dei fattori produttivi utilizzati per l’attribuzione agli

oggetti di calcolo dei singoli elementi che compongono il costo di produzione. Quanto alla natura dei valori cui ricorrere per valutare il costo dei fattori produttivi, è possibile scegliere fra tre differenti tipologie: valori passati (negoziati a suo tempo in operazioni di acquisto o accolti in valutazioni congetturali: per esempio, le quote di ammortamento calcolate su cespiti contabilizzati a valori storici), valori attuali (relativi al momento in cui si procede al calcolo del costo) o valori futuri, cioè previsti o presunti (D’Ippolito, 1961). Nelle concrete configurazioni di costo, valori attuali, valori passati e valori futuri trovano impiego variamente combinato. Non esiste, infatti, un concetto di costo consuntivo che includa solo dati storici o di costo preventivo basato solo su valori previsionali. Così, quando si calcolano costi consuntivi, il riferimento ai prezzi attuali può essere più che opportuno (per esempio, quote di ammortamento calcolate su valori di cespiti rivalutati), mentre nel calcolo preventivo è tutt’altro che infrequente l’utilizzo di prezzi attuali o di prezzi e rendimenti rilevati in passato che continuano a essere significativi. La conclusione che si trae è che gli attributi di valori attuali, passati o futuri, più che ai raggruppamenti di costi, sembrano addirsi ai singoli elementi dei medesimi (Coda, 1968, pp. 33-34). Quanto ai metodi di valorizzazione dei costi agli oggetti prescelti, occorre distinguere tra:

metodi di calcolo del costo di produzione metodi che si differenziano in metodi consuntivi e metodi preventivi, in relazione alla natura dei valori prescelti per valutare il costo da riferire ai vari oggetti di calcolo del costo di produzione (valo­ ri attuali, valori passati e valori futuri), e in metodo diretto e metodo indiret­ to in relazione alle mo­ dalità di attribuzione utilizzate per trasferire agli oggetti di calcolo i singoli elementi che compongono il costo di produzione.

• procedimenti fondati sulla misurazione e valorizzazione dei volumi dei fattori

consumati o dei servizi impiegati nelle attività produttive oggetto di misurazione (metodo diretto);

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14  Capitolo 1

• procedimenti che si basano su ipotesi di calcolo, più o meno aderenti alla realtà,

rispettose del principio della causalità che lega il costo in questione all’oggetto di calcolo (metodo indiretto). Nei successivi paragrafi non ci si addentra nei problemi metodologici che l’applicazione di questi differenti procedimenti comporta: essi verranno adeguatamente affrontati in appositi capitoli. In questa sede, invece, ci si sofferma su alcuni aspetti discrezionali presenti nel calcolo del costo di produzione, che portano all’evidenza l’esistenza di una pluralità di alternative, ognuna delle quali porta a determinare un differente livello di costo. Rispetto al metodo diretto, le scelte che occorre effettuare riguardano: • l’individuazione dei fattori produttivi suscettibili di essere misurati nei volumi di im-

piego. L’onere della misurazione, per alcuni fattori produttivi, può essere elevato: si pensi ai materiali di consumo che sono legati al prodotto da relazioni dirette, ma non sempre quantificabili in via immediata; il rilievo di questa complessità può portare a escludere l’applicazione del metodo diretto a questi particolari fattori di costo; • i criteri di misurazione dei volumi di fattori o servizi impiegati. Occorre valutare se optare per l’adozione di criteri di misura (sia per quanto riguarda i calcoli consuntivi sia per quanto riguarda quelli preventivi) più o meno in relazione all’esigenza di disporre di risultati più o meno attendibili; • i criteri di valutazione dei consumi, infine, pongono di fronte a una molteplicità di opzioni: per le materie prime presenti in magazzino, il valore di riferimento può essere compreso all’interno di una gamma di valori che vanno dal prezzo medio ponderato al prezzo valutato applicando il metodo fifo, lifo o quant’altro; per il costo della manodopera si può fare riferimento a un costo medio orario aziendale o di stabilimento o di ciascun centro produttivo o del singolo lavoratore. Quanto al metodo indiretto, esso è da riservare a quei fattori il cui valore non può essere trasferito all’oggetto in via diretta. Si tratta, infatti, di fattori legati al dimensionamento di alcune strutture produttive, i cui costi sono noti nel loro ammontare complessivo. Per essere trasferiti sui singoli oggetti di calcolo, occorre disporre di un fattore di collegamento, chiamato in termini tecnici base di ripartizione. Quest’ultima deve essere in grado di esprimere, nel migliore dei modi, le relazioni di causalità che sussistono tra il costo che si desidera ripartire e gli oggetti di calcolo del costo di produzione. Il metodo impone di calcolare un coefficiente di imputazione, dato dal rapporto tra i costi che si intende trasferire sui singoli oggetti e il valore totale della base di ripartizione prescelta. A questo proposito, è possibile scegliere tra: • un unico coefficiente di imputazione, per ripartire la totalità dei costi che s’inten-

de addebitare agli oggetti di calcolo;

• coefficienti distinti in ragione della natura funzionale del costo oggetto di ripartizione

(basi diverse per i costi di fabbricazione, commerciali, amministravi, aziendali); • coefficienti distinti in ragione della natura del centro di costo: centri di costo produttivi e centri di servizi; • coefficienti distinti in ragione della natura dell’attività che ha generato il costo, o del livello di complessità dell’attività il cui costo è oggetto di ripartizione.

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L’attività di direzione e il sistema di misurazione dei costi: un quadro di riferimento  15

Nei Capitoli 3 e 4 tutte queste alternative di metodo verranno adeguatamente sviluppate, esemplificate e poste a confronto. 1.3.4  Gli scopi del calcolo del costo di produzione

Un’altra importante scelta di campo che deve essere fatta per impostare in modo corretto le modalità di calcolo del costo di produzione riguarda le finalità prioritarie per le quali il costo di produzione viene calcolato. Esse possono essere ricondotte a tre differenti scopi (Horngren, 1977): • valutazione delle rimanenze; • supporto decisionale; • controllo dell’efficienza operativa.

Ogni scopo conoscitivo impone di: • adottare una particolare configurazione di costo (pieno o parziale); • alimentare il sistema di rilevazioni del costo con valori di natura differente (va-

lori consuntivi vs valori preventivi); • scegliere tra diverse modalità di rilevazione dei valori (contabile o extracontabile) in stretta aderenza alle esigenze di elaborazione che discendono dallo scopo stesso. In questo capitolo tutte queste problematiche verranno semplicemente introdotte; mentre troveranno adeguato sviluppo in capitoli ad hoc dove sarà possibile comprendere la pluralità dei metodi e dei processi di calcolo che la teoria e la prassi aziendale suggeriscono di adottare per soddisfare al meglio le differenti esigenze informative del management. 1.3.5  I criteri di classificazione dei costi alla base del costo di produzione

I costi di acquisto dei fattori produttivi che concorrono alla realizzazione della produzione generale dell’impresa vengono normalmente classificati in funzione della loro natura. In contabilità generale, vale a dire a livello di sistema di rilevazione contabile finalizzato alla determinazione del reddito dell’impresa e del suo patrimonio,1 CASO AZIENDALE

CAMICERIA ITALIANA S.R.L. 661U

Le domande che Gianna e Alberto della Camiceria Italiana si pongono sono esemplificative degli scopi gestionali per i quali il costo di produzione dovrebbe essere noto: 1. determinazione del costo di un semilavorato per la valorizzazione del magazzino e la defi­ nizione del prezzo di vendita (conoscere il costo di produzione delle fasi relative al disegno, taglio e cucitura quale base per il calcolo del

scopi del calcolo del costo di produzione gli scopi per i quali si calcola il costo di produzione sono tre: valutazione delle ri­ manenze, prodotti finiti o semilavorati da inviare a magazzino o ad altro reparto interno all’azienda, supporto decisionale di breve o di lungo periodo, controllo dell’efficienza ope­ra­tiva.

classificazione dei costi nomenclature volte a connotare il comportamento dei costi in relazione ad alcuni aspetti che definiscono gli oggetti di calcolo degli stessi (costi diretti/indi­ retti; costi variabili/fissi; costi specifici/comuni; costi comuni/congiunti; costi di prodotto/perio­ do; costi e ricavi elimina­ bili/non eliminabili; costi e ricavi differenziali; co­ sti incrementali/margi­ nali/sommersi; costi e ri­ cavi rilevanti/irrilevanti/ figurativi; costi di breve/ lungo periodo ecc.)

prezzo da proporre al cliente di Los Angeles che personalizzerà e rifinirà a sue spese quanto prodotto in Italia); 2. supporto decisionale (calcolare i costi incrementali che la produzione dei boxer potrebbe generare per valutare la convenienza economica di una decisione di diversificazione produttiva); 3. controllo dell’efficienza operativa (definire il “costo ideale” della materia prima “seta” per tenere sotto controllo i costi di impiego e di approvvigionamento di particolari fattori produttvi).

Per quanto riguarda gli aspetti tecnico-contabili connessi al funzionamento della contabilità generale, e per ogni approfondimento relativo alle differenze tra il sistema del reddito e quello patrimoniale, si rinvia al Capitolo 6. 1

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16  Capitolo 1

la consuetudine è, infatti, di ricorrere a una nomenclatura di immediato utilizzo, che porta a distinguere tra costi delle materie prime, dei materiali di consumo, dei salari, degli stipendi, delle utenze, degli ammortamenti di immobili, impianti di produzione e così via. Nel momento in cui il riferimento della rilevazione economica non è più la combinazione produttiva generale dell’impresa, bensì una sua coordinazione o combinazione parziale, qualunque essa sia, occorre affiancare, alla classificazione dei costi che privilegia la natura dei fattori produttivi che li generano, una classificazione che tenga in considerazione la destinazione del fattore produttivo stesso, al fine di giungere alla determinazione del costo di produzione di un dato processo economico. Pertanto, il calcolo del costo di produzione che ruota attorno al concetto di valore monetario delle risorse impiegate per la realizzazione dei processi di produzione economica messi in atto dalle aziende (Ceccherelli, 1936), impone di esplorare nuovi e differenti metodi di classificazione dei costi. Individuato un particolare oggetto di calcolo del costo, è possibile riclassificare i costi in molti modi differenti. Le categorie (o classi) di costo che troveranno largo utilizzo nei Capitoli 2, 3, 4, 5 e 6, a supporto dei processi di calcolo dei costi finalizzati alla conoscenza del costo di produzione, sono le seguenti: • • • • •

costi diretti e costi indiretti; costi variabili e costi fissi; costi fissi specifici e costi fissi comuni; costi fissi comuni e costi congiunti; costi di prodotto e costi di periodo.

Nei Capitoli 7, 8, 9, 10, 11 e 12, in stretta aderenza all’utilizzo delle informazioni economiche a supporto dei processi decisionali, della programmazione operativa e della misurazione dei risultati, anche ai fini della valutazione delle prestazioni, si farà ricorso ad altre tassonomie di valori economici (non solo costi, ma anche ricavi), tra cui: • • • • • • •

costi (e ricavi) eliminabili e ineliminabili (evitabili o non evitabili); costi (e ricavi) differenziali (valori cessanti e valori emergenti); costi e ricavi incrementali, costi marginali e costi sommersi; valori economici rilevanti, valori irrilevanti e costi figurativi; costi di breve e costi di lungo periodo; costi out of pocket, costi contabili e costi opportunità; costi (e ricavi) controllabili e non controllabili.

Nel prosieguo, al fine di semplificare la spiegazione di concetti non scontati, si assume di trattare il tema della riclassificazione dei costi alla base del costo di produzione avendo a riferimento, quale oggetto esclusivo di calcolo del costo, il prodotto. Le definizioni che seguono sono, pertanto, da inquadrarsi in questa prospettiva di analisi. Costi diretti e costi indiretti I fattori produttivi utilizzati in via esclusiva per l’ottenimento di un dato prodotto generano costi che sono riferibili in modo univoco al prodotto in questione. Questi fattori, e i correlati costi, sono definiti – nella teoria e nella prassi aziendale – diretti. Il calcolo dei costi diretti di un particolare prodotto si concretizza nella valorizzazione dei consumi di ciascun fattore produttivo diretto impiegato per la sua realizzazione

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CASO AZIENDALE

CAMICERIA ITALIANA S.R.L. 661U

Sono costi diretti del prodotto camicie: i costi del tessuto, del filo, dei bottoni e delle ore dell’operatrice che lavora sul prodotto per confezionarlo. Al fine

di determinare il costo di produzione di una ipotetica camicia “A” occorre conoscere il costo medio di approvvigionamento dei diversi materiali di consumo impiegati, il costo medio di remunerazione della manodopera e i coefficienti di utilizzo di questi stessi fattori così come esemplificato qui di seguito:

TESSUTO FILO PER CUCIRE

mt 3 x €/mt 10,00 mt 250 x €/mt 0,01 CAMICIA “A” n. 10 x € 1 cad.

BOTTONI

n. h 1,5 x €/h 15,00

MANODOPERA

Figura 1.7 I fattori diretti di produzione: materiali e lavoro utilizzati in via esclusiva da un prodotto nel caso Camiceria Italiana.

al costo medio di acquisizione dello stesso (Figura 1.7). Si parla, in questo caso, di procedimento diretto di calcolo del costo di produzione (Coda, 1968, pp. 26 e segg.). La realizzazione di un prodotto può richiedere, però, anche l’utilizzo di fattori produttivi strutturali utilizzati, alternativamente o contemporaneamente, per la produzione di più prodotti. La relazione che s’instaura tra questi fattori, i loro costi CASO AZIENDALE

CAMICERIA ITALIANA S.R.L. 661U

La produzione della Camiceria Italiana è organizzata in due isole di lavoro. Nella prima le strutture produttive sono destinate attualmente alla produzione di camicie. Nella seconda si concentra la produzione di cravatte. Queste due isole sono collocate all’interno di uno stabilimento dove esiste un’area magazzini che accoglie tutte le materie prime e i prodotti finiti ottenuti nelle due isole di produzione.

Magazzino unico occupato al 70% per le camicie e al 30% per le cravatte Costi mensili € 15 000,00

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Ne consegue che i costi dei magazzini, della manodopera e degli spazi occupati risultano comuni a tutti i prodotti (Figura 1.8). Questi costi possono essere ripartiti sui singoli prodotti solo adottando il procedimento indiretto di calcolo, che implica la scelta di una base di ripartizione (per esempio, i metri cubi occupati di spazio). Noti i costi mensili di gestione del magazzino (€ 15 000) e il valore della base di ripartizione prescelta (70% al prodotto camicie e 30% al prodotto cravatte), è possibile procedere al calcolo della quota degli stessi da riferire alla produzione delle camicie e delle cravatte come di seguito illustrato:

ISOLA (1)

ISOLA (2)

Produzione camicie

Produzione cravatte

70% metri cubi di spazio occupato per le camicie

30% metri cubi di spazio occupato per le cravatte

Quota di costo € 10 500

Quota di costo € 4500

Figura 1.8 I fattori indiretti di produzione: macchinari, strutture e spazi utilizzati da più prodotti.

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18  Capitolo 1

e il prodotto è, pertanto, di natura indiretta. Così, il costo di questi fattori può essere riferito al prodotto solo dopo aver identificato un fattore di collegamento che esprime il nesso di causalità che lega il costo della struttura comune a più prodotti (fattore indiretto) ai singoli prodotti. Si parla, in questo caso, di procedimento indiretto di calcolo del costo di produzione. Nel presente capitolo, e nei successivi Capitoli 2 e 3, si affronterà, in modo particolarmente dettagliato, ogni aspetto metodologico connesso all’applicazione del procedimento indiretto in contesti produttivi caratterizzati da differente complessità operativa. Costi variabili e costi fissi I fattori produttivi, il cui consumo complessivo varia al variare dei volumi di produzione di un particolare prodotto, sono all’origine dei costi variabili il cui andamento è rappresentato nella Figura 1.9 Quando la variazione del costo totale è proporzionale ai volumi di produzione si è in presenza di un fenomeno di variabilità lineare: in questo caso il costo variabile unitario, vale a dire il costo riferito all’unità di prodotto, è un valore costante. È possibile, però, riscontrare anche situazioni di variabilità crescente o decrescente. Nel primo caso, i consumi complessivi di un dato fattore produttivo variano in misura più che proporzionale alla variazione dei volumi, generando un innalzamento del costo variabile unitario. Nel secondo caso, i costi totali variano in misura meno che proporzionale, determinando una contrazione del costo variabile unitario. Per semplicità, in questo paragrafo si assume l’ipotesi della variabilità lineare dei costi variabili (Marshall, 1923; Spranzi, 1964; Horngren, 1979). Nella Figura 1.10, la retta parallela all’asse delle ascisse è rappresentativa del fenomeno della costanza dei costi correlati ai fattori produttivi che non subiscono modificazioni per effetto di variazione nei volumi di produzione. Le classi di costo fin qui illustrate (costi diretti/indiretti e costi variabili/fissi), avendo a riferimento il prodotto quale oggetto di calcolo del costo, possono essere messe in relazione tra loro dando luogo alle seguenti identità: • tutti i costi diretti sono anche variabili; • all’interno della categoria dei costi indiretti è possibile individuare costi che

hanno un comportamento variabile al variare dei volumi (per esempio, i costi CASO AZIENDALE

CAMICERIA ITALIANA S.R.L. 661U

Con riferimento alla produzione delle camicie, il consumo, e quindi il costo del tessuto utilizzato per la loro realizzazione, è un tipico esempio di costo variabile. Supponendo che il costo di produzione del tessuto di cotone sia di € 30,00 a camicia (dato da mt 3 per € 10,00 al metro), è possibile delineare il comportamento di questo particolare costo al variare dei volumi di produzione in un arco temporale di breve periodo (si assume che il dimensionamento della capacità produttiva non si modifichi). Come si può notare dal grafico della Figura 1.9, i costi totali del tessuto variano proporzionalmen-

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te al variare dei volumi di produzione giornalieri, mantenendo costante l’incidenza unitaria del costo di produzione variabile del tessuto. Il costo variabile unitario, in ipotesi di proporzionalità lineare dei costi totali, è dunque un valore costante. Quando il consumo di una risorsa produttiva non varia al variare dei volumi di produzione, si è di fronte a un fattore che genera costi fissi. Definiti un determinato intervallo di attività e un periodo temporale di riferimento (per esempio, una produzione compresa tra 0 e 20 000 pezzi riferita a un determinato mese lavorativo), l’importo dei costi fissi totali non subirà modificazioni al variare dei volumi di produzione. Anche in questo caso è possibile riscontrare, nella realtà, fattori produttivi che non rispondono

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perfettamente a questo principio, determinando un andamento a gradini dei costi a essi correlati. Tralasciando questa ipotesi di semivariabilità dei costi fissi, e riferendosi esclusivamente alla situazione di sostanziale costanza del costo all’interno dell’intervallo di rilevanza, ciò che si modifica, invece, è il valore del costo fisso unitario. Quest’ultimo si calcola, infatti, dividendo il costo fisso totale per l’indice espressivo del volume di produzione realizzato nel periodo di riferimento. All’aumentare dei volumi, a parità di costi fissi totali, il costo unitario fisso diminuirà. Per contro, in presenza di volumi in contrazione, il costo fisso unitario aumenterà. Al di fuori dell’intervallo di significatività, vale a dire per volumi Costo totale del tessuto (costo variabile) € 30 000

diversi dai 20 000 pezzi e per un periodo di tempo diverso dal mese, il costo potrebbe variare facendo venir meno ogni presupposto di costanza del costo. Così, il costo dei quattro magazzinieri e dei responsabili delle due isole di lavoro della Camiceria Italiana (si ipotizzi un costo di € 2000,00 cad. per un totale di € 12 000,00) non subirà modificazioni per effetto di variazioni che possono intercorrere nei volumi di produzione mensili (se la produzione non supera il volume di 20 000 camicie che rappresenta la capacità massima gestibile con 4 magazzinieri e 2 capireparto). Per contro, se si volesse riferire il costo di questi fattori all’unità di prodotto, ci si renderebbe conto che questo valore, fisso

Retta dei costi variabili (coefficiente angolare della retta dei costi totali variabili pari al costo variabile unitario = € 30,00)

€ 22 500

€ 15 000

€ 7500

0

250 500 750 1000 Volume totale di produzione: n. di camicie

Stipendi mensili dei 4 magazzinieri e dei 2 capireparto

Figura 1.9 Comportamento dei costi variabili al variare dei volumi di produzione.

Retta per la determinazione del costo unitario fisso in corrispondenza di 5000 pezzi prodotti (€ 2,40) Retta per la determinazione del costo unitario fisso in corrispondenza di 20 000 pezzi prodotti (€ 0,60)

€ 12 000

Retta dei costi fissi

0 5000 10 000 15 000 20 000 Volume totale di produzione mensile di camicie

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Figura 1.10 Comportamento dei costi fissi al variare dei volumi di produzione.

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a livello totale, sarebbe diverso per i diversi livelli di produzione realizzati (per esempio, in corrispondenza di 20 000 pezzi prodotti il costo fisso unitario di questi fattori produttivi sarebbe di € 0,60,

mentre in corrispondenza di 15 000 unità prodotte sarebbe di € 0,80, per 10 000 pezzi si innalzerebbe a € 1,20 e per 5000 unità raggiungerebbe il valore di € 2,40).

di energia elettrica richiesti per il funzionamento di impianti) e costi fissi, che manifestano la loro costanza all’interno di un intervallo di significatività definito (per esempio, le quote di ammortamento degli impianti). Mentre i costi variabili (diretti e indiretti) possono essere calcolati rispetto all’unità di prodotto utilizzando il procedimento diretto, quelli fissi, per essere riferiti all’unità di prodotto, impongono il ricorso al procedimento indiretto di calcolo. Costi fissi specifici e costi fissi comuni L’attributo di specifico, o comune, riferito al concetto di costo di produzione è in parte assimilabile a quello di diretto e indiretto. Sono, infatti, costi specifici tutti quei costi generati da fattori produttivi utilizzati in via esclusiva per lo svolgimento di un dato processo produttivo. Costi comuni, invece, sono quelli connessi all’uso non esclusivo dei suddetti fattori. Nella teoria, e nella pratica aziendale, si ricorre a questa classificazione per distinguere, all’interno dei costi fissi generati da una struttura produttiva, quelli legati in modo biunivoco a una determinata produzione e, in quanto tale, specifici, distinti da quelli comuni a più produzioni (Shillinglaw, 1977). I costi specifici e i costi comuni, essendo costi di struttura, sono fissi, e

CASO AZIENDALE

CAMICERIA ITALIANA S.R.L. 661U

Presso la camiceria, i costi fissi di gestione dello stabilimento (ammortamento immobile, manutenzione locali e strutture, pulizie, manodopera indiretta ecc.) sono da considerarsi, rispetto ai reparti, costi fissi comuni. Per contro, i costi di gestione

della strumentazione utilizzata in via esclusiva all’interno di ciascun reparto (ammortamento e manutenzione delle taglierine nel reparto taglio, delle macchine cucitrici nel reparto cucitura, delle macchine stiratrici nel reparto stiratura ecc.) sono, rispetto al reparto di pertinenza, da collocare nella categoria dei costi fissi specifici (Figura 1.11).

STRUTTURA di STABILIMENTO COMUNE AI DIVERSI REPARTI DI PRODUZIONE (costi fissi comuni di ammortamento immobile, manutenzione locali e strutture, pulizie, manodopera indiretta ecc.)

Figura 1.11 Costi fissi specifici e costi fissi comuni.

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Reparto di taglio

Reparto di cucitura

STRUTTURA SPECIFICA DEL REPARTO TAGLIO (per esempio, costi di ammortamento e manutenzione delle taglierine)

STRUTTURA SPECIFICA DEL REPARTO CUCITURA (per esempio, costi di ammortamento e manutenzione delle macchine cucitrici)

Reparto di stiratura STRUTTURA SPECIFICA DI REPARTO STIRATURA (per esempio, costi di ammortamento e manutenzione delle macchine per stirare)

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quindi noti in origine solo nel loro valore complessivo. Ne consegue che essi sono riferibili a­ ll’unità di prodotto solo ricorrendo al metodo indiretto. Così, se da un lato è corretto assimilare i costi specifici ai costi diretti in ragione della loro relazione di esclusività che li lega al prodotto, dall’altro questa similitudine non trova riscontro con la pratica del metodo di calcolo utilizzata per determinare il costo unitario, in quanto i costi specifici sono fissi, mentre i costi diretti sono, per definizione, variabili. Più in generale, questa distinzione trova significato quando l’oggetto di calcolo del costo di produzione non è il prodotto, bensì il reparto o una fase di processo, cui riferire strutture generatrici di costi specifici o comuni. Costi comuni e costi congiunti All’interno della categoria dei costi indiretti è possibile identificare due sottoclassi di costo riconducibili a due fenomeni particolari: la comunanza e la congiunzione tecnica dei fattori produttivi. Il fenomeno della comunanza si verifica quando un fattore produttivo, per esempio un impianto, viene utilizzato in modo discrezionale per l’ottenimento contemporaneo o alternativo di più prodotti. Le decisioni di allocazione della capacità produttiva determineranno il mix di produzione, e il costo a essa connesso è di fatto comune ai prodotti ottenuti. Attraverso il procedimento indiretto sarà possibile ripartire il costo comune, sostenuto per la totalità dei prodotti, sui singoli output ottenuti, determinando quote unitarie rappresentative delle relazioni di causalità che sussistono tra il singolo oggetto di calcolo, vale a dire il prodotto, e l’ammontare del costo comune sostenuto per l’intera produzione. Il fenomeno della congiunzione, invece, si verifica quando un fattore produttivo, per esempio un impianto o una materia prima, vincola, con le sue caratteristiche tecniche, la quantità e il mix degli output ottenibili. La capacità produttiva non può essere utilizzata in modo discrezionale, e i prodotti che scaturiscono da questo processo sono di fatto tra loro vincolati, quindi congiunti. La modificazione d ­ ell’output e della sua composizione è subordinata alla modificazione delle leggi tecniche sottostanti al processo produttivo, o alle caratteristiche dei fattori produttivi che lo alimentano. I costi che ne derivano, in quanto congiunti, sono per loro natura indivisibili. Purtuttavia, esigenze pratiche impongono di estendere a questa particolare tipologia di costi l’applicazione del procedimento indiretto per il calcolo delle quote unitarie di costo (Shillinglaw, 1977). Le specificità del processo di ripartizione dei costi congiunti verranno illustrate in modo dettagliato nel Capitolo 4. Costi di prodotto e costi di periodo Questa distinzione è utile per affrontare i processi di valutazione delle rimanenze di prodotti finiti o semilavorati. La determinazione del costo di prodotto implica l’attribuzione di un valore, attraverso metodi più o meno accurati, ai diversi fattori produttivi impiegati per ottenerlo. Non necessariamente, però, deve essere riferita al prodotto la totalità dei fattori produttivi impiegati. Esistono, infatti, diverse configurazioni di costo di prodotto già descritte in precedenza: il costo primo, il costo diretto di fabbricazione (o produzione), il costo variabile di fabbricazione (o produzione), il costo pieno di fabbricazione, il costo pieno aziendale. Le classi di costo riferite al prodotto sono, per definizione, costi di prodotto e concorrono alla determinazione del suo costo di produzione. I costi che non vengono allocati al prodotto sono denominati costi di periodo e non concorrono alla determinazione del costo di produzione dei prodotti inviati a

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magazzino. Essi, infatti, vengono interamente spesati nel periodo amministrativo di competenza (Garrison, 1982; Agliati, 1990, pp. 144-146). Costi eliminabili e ineliminabili (evitabili e non evitabili) La distinzione tra valori eliminabili e non eliminabili (evitabili o non evitabili) discende logicamente da quanto già definito in precedenza con riferimento alle categorie dei costi fissi specifici e fissi comuni. Se la risorsa che genera il costo è esclusivamente impiegata per la realizzazione di un determinato prodotto (costo specifico), qualora il prodotto dovesse venir meno, anche il costo verrebbe meno. Ne consegue che tutti i costi fissi specifici sono da considerarsi costi eliminabili (o evitabili). Per contro tutti i costi fissi comuni sono da collocarsi nella categoria dei costi ineliminabili (o non evitabili). Questi ultimi, infatti, continueranno a essere sostenuti per non compromettere la fabbricazione degli altri prodotti che configurano il mix di produzione di un’azienda in un determinato momento (Dean, 1951). Costi (e ricavi) differenziali (valori cessanti e valori emergenti) In presenza di decisioni che si caratterizzano per diverse alternative di azione, e che comportano differenti implicazioni di tipo economico, è importante disporre di informazioni connesse ai costi e ai ricavi differenziali. I valori differenziali sono stime di costi e ricavi futuri che assumono valore differente nelle differenti ipotesi di azione poste a confronto. Si tratta di valori cessanti o emergenti da porre a confronto per calcolare il valore differenziale da utilizzare per individuare l’alternativa economicamente più vantaggiosa per l’impresa. Quest’ultima è quella che presenta il costo differenziale futuro più basso, o il margine differenziale futuro (ricavi futuri al netto dei costi futuri) più elevato (Horngren, 1979). In prima approssimazione possiamo dire che i ricavi (a eccezione dei ricavi dei prodotti congiunti nelle vendite), così come i costi variabili, sono tendenzialmente valori differenziali, mentre i costi fissi non lo sono. Per cogliere la dimensione rilevante di ciascun valore economico differenziale da considerare nel processo di valutazione economica comparata, è conveniente associare questa categoria logica a quella dei costi e ricavi eliminabili e non eliminabili sopra definita. Infatti, la variabilità di un valore e la sua rilevanza non sempre dipendono, in via esclusiva, da variazioni nei volumi. Costi e ricavi incrementali, costi marginali e costi sommersi Le distinzioni precedenti ci introducono a nuove classi di valori che, per consuetudine, sono utilizzate a supporto dei processi decisionali e di programmazione aziendale: i costi e i ricavi incrementali. Essi sono assimilabili alla categoria dei costi e ricavi differenziali, e in alcune circostanze, per una parte di essi, a quella dei costi variabili. Sono, infatti, incrementali quei costi che sorgono per effetto di un cambiamento nel livello di attività o nel tipo di produzione realizzata. Essi non si identificano, però, con il concetto di costo marginale. Quest’ultimo, infatti, ha un significato circoscritto alla sola categoria dei costi variabili, in quanto misura il costo dell’ultima unità prodotta. Il costo differenziale, per contro, può includere anche elementi di costo fisso (Horngren, 1979). I costi sommersi, infine, sono quelli che non subiscono modificazioni per effetto del cambiamento. In genere si identificano con costi fissi frutto di un processo di anticipazione (per esempio, costi di ammortamento).

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Valori economici rilevanti, valori irrilevanti e costi figurativi Una classificazione di sintesi che trova immediata applicazione nella risoluzione dei problemi decisionali alla base della programmazione operativa delle imprese è quella che distingue tra valori rilevanti e valori irrilevanti. La prima categoria di valori comprende tutti i valori differenziali sopra definiti alla luce delle dinamiche di variabilità, eliminabilità o incrementabilità dei vari fattori di costo o di ricavo che ci è dato di osservare. Sono, invece, valori irrilevanti tutti quelli riconducibili a costi e ricavi che non subiscono modificazioni in differenti ipotesi alternative di azione, vale a dire che si identificano in valori non differenziali, non incrementali, valori che non cessano o che non sorgono, in altri termini che coincidono con la classe dei valori sommersi prima definita. Un’ultima categoria di costo potrebbe essere utilmente inserita in questo ragionamento, che ci porta a discernere la rilevanza o meno di un’informazione di costo in relazione a un determinato scopo conoscitivo: si tratta della classe degli oneri figurativi, o per meglio dire dei componenti figurativi di costo. Questi ultimi, infatti, sono elementi di costo di natura particolare, di norma non contabilizzati tra i componenti negativi di reddito, ma di cui si tiene conto, in quanto elementi rilevanti, in sede di apprezzamento dei redditi medesimi per particolari scopi (per esempio, per valutare la capacità dell’impresa di remunerare la proprietà per i conferimenti effettuati con vincolo di capitale proprio). Le tipiche categorie di oneri figurativi sono: • gli interessi calcolati sul capitale di rischio, sul valore delle attività o sul fabbiso-

gno addizionale di capitale conseguente a una data ipotesi di gestione;

• i compensi per l’attività dirigenziale della proprietà, il cosiddetto “salario di di-

rezione” per l’opera prestata dal proprietario;

• gli affitti relativi a stabili o impianti dati dalla proprietà in uso gratuito all’azienda.

Oltre che per un apprezzamento critico dei redditi di esercizio, gli oneri figurativi sono non di rado impiegati anche nel calcolo dei costi di produzione. Le esigenze operative per le quali si rende necessario calcolare un costo di produzione comprensivo degli oneri figurativi sono sostanzialmente due (Coda, 1968, pp. 218-222): • per formare opportuni prezzi di vendita; • per valutare la convenienza economica comparata di alternative di gestione che

comportano una variazione apprezzabile del fabbisogno di capitale o dell’impiego di fattori disponibili a titolo gratuito o semi-gratuito. Costi di breve e costi di lungo periodo Ponendo in relazione i costi con la variabile tempo è possibile distinguere tra costi di breve e costi di lungo periodo. Sono costi di breve periodo quelli connessi alla gestione corrente e all’utilizzo delle strutture produttive in essere. Sono costi di lungo periodo quelli connessi al cambiamento o a modificazioni strutturali (Capitolo 9). Questa distinzione può essere messa in relazione con le categorie dei costi variabili e dei costi fissi. Così, nel breve periodo possiamo assumere che si modifichino solo i costi variabili, mentre nel medio-lungo periodo che subiscano variazioni anche i costi fissi per effetto di decisioni di cambiamento strutturale.

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Costi out of pocket, costi contabili o di competenza e costi opportunità I costi out of pocket sono tutti quei costi che fanno sorgere un debito verso terzi, destinato a tradursi, prima o poi, in un esborso finanziario. I sistemi di contabilità generale e di misurazione dei costi rilevano, però, anche costi che non hanno implicazioni di cassa, tipicamente le quote di accantonamento e di ammortamento. Questi ultimi sono denominati costi contabili o di competenza. La distinzione tornerà utile quando si affronterà il tema delle verifiche di fattibilità finanziaria di programmi operativi di produzione e vendita formulati all’interno del processo di budgeting (Capitolo 10). Sempre ai fini della programmazione aziendale potrebbe essere utile, in alcuni casi, ricorrere al concetto di costo opportunità. In presenza di risorse limitate, la destinazione delle stesse per un uso economicamente meno conveniente di altri genera mancati profitti (Capitolo 8). Questi ultimi (alternativamente identificabili in mancati ricavi e/o mancati risparmi di costo) vengono denominati costi opportunità (Horngren, 1979). Costi (e ricavi) controllabili e non controllabili Questa distinzione è fondamentale da comprendere per affrontare il tema della delega di responsabilità economica all’interno di un’azienda che intende utilizzare gli strumenti della contabilità direzionale (contabilità dei costi, budget e reporting) anche a fini della responsabilizzazione e della valutazione delle prestazioni manageriali (Capitoli 10, 11 e 12). Qualora il singolo responsabile abbia la possibilità di influire sulla grandezza di un costo e/o di un ricavo attraverso un uso più o meno efficiente ed efficace dei fattori posti sotto il suo controllo, siamo di fronte a un valore controllabile. In assenza del requisito della manovrabilità delle leve che determinano il valore di riferimento, costo o ricavo che sia, quest’ultimo è da considerarsi generato da un valore non controllabile (Coda, 1968, p. 123). Recuperando alcune categorie di valori già note, è possibile individuare, in prima approssimazione, le seguenti corrispondenze: • i costi variabili, in quanto influenzabili da decisioni del responsabile con implica-

zioni sulle condizioni di efficienza di approvvigionamento o impiego dei fattori produttivi, possono essere assimilati alla categoria dei costi controllabili; • i costi indiretti fissi, connessi a strutture direttamente governate dal responsabile, sono da considerarsi manovrabili e quindi controllabili; • infine, i costi indiretti fissi, connessi a strutture non direttamente governate dal responsabile, sono da ricondurre alla classe dei costi non controllabili. sistema di misurazione dei costi di produzione siste­ ma che, utilizzando parti­colari metodolo­ gie, valorizza le risorse impie­ gate nei processi di produzione e fornisce informazioni utili al management.

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1.4  Il sistema di misurazione dei costi di produzione Alla luce dei concetti fin qui illustrati, relativamente alla definizione del costo di produzione, degli oggetti, degli scopi e dei metodi di calcolo e delle diverse classi e configurazioni di costo, è possibile delineare la struttura portante di un modello cui riferirsi per progettare e far funzionare un valido sistema di misurazione dei costi. La definizione di uno schema di riferimento è utile perché consente di mettere in relazione tra loro gli elementi di base precedentemente descritti, elementi che si condizionano reciprocamente e la cui efficacia può essere valutata solo a livello di sistema. Quest’ultimo, per definizione, impone di ragionare in termini ampi e corre-

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lati, vale a dire considerando una pluralità di elementi da sottoporre a valutazione, in modo a sé stante e nelle relazioni che tra di loro s’instaurano. In particolare, il sistema di misurazione dei costi impone di operare precise scelte di progettazione e di funzionamento che possono riguardare aspetti di struttura e di processo dello stesso. La struttura richiama dimensioni relative a: • articolazione delle informazioni riferite ai differenti oggetti di calcolo (articolazio-

ne orizzontale) e a possibili configurazioni di costo (articolazione verticale);

• orientamento del sistema di misurazione dei costi, con riferimento ai diversi scopi di

calcolo del costo di produzione;

• assetto tecnico-contabile, connesso alle diverse modalità di rilevazione e tratta-

mento dei dati. Si tratta, in buona sostanza, di alternative metodologiche di raccolta e rappresentazione dei valori economici. La dimensione di processo, invece, attiene alla natura delle informazioni raccolte ed elaborate (valori consuntivi o preventivi, standard o normalizzati), e all’uso che di tali informazioni si fa all’interno di un’azienda (fini decisionali, di programmazione, di controllo dei risultati e di valutazione delle prestazioni). Il fine ultimo del sistema di misurazione dei costi è, infatti, la produzione di informazioni utili per il management, sia ai fini di un apprezzamento ex-post dei risultati economici conseguiti, sia di supporto ai processi decisionali aziendali. Pur intersecandosi con la struttura del sistema di misurazione, la dimensione di processo riguarda più specificatamente le modalità di funzionamento del sistema di rilevazione che, a sua volta, chiama in causa la natura dei valori che lo alimentano (valori consuntivi o preventivi, standard o normalizzati). Le problematiche di determinazione del costo di produzione non sono, dunque, solo di natura tecnico-contabile (scelte di assetto del sistema di rilevazione). Esse implicano scelte di articolazione dei valori oggetto di rilevazione, l’individuazione degli scopi che devono orientare il suo funzionamento e le diverse modalità di funzionamento in relazione alla natura dei valori accolti dal sistema di rilevazione. Qui di seguito ci si sofferma sulle principali opzioni di progettazione di questi fattori, composti a sistema nel modello sinteticamente illustrato nella Figura 1.12.

struttura portante di un sistema di misurazione economica struttura che riguarda: l’articolazione orizzontale e verticale delle informazioni riferite ai differenti oggetti di calcolo; l’orientamento del sistema di misurazione, con riferimento ai diversi scopi di calcolo del costo di produzione; l’assetto tecnico-contabile, connesso alle diverse metodologie di rilevazione e trattamento dei dati; le modalità di funzionamento che attengono alla natura delle infor­ mazioni raccolte ed elaborate (valori consuntivi o preventivi, standard o normalizzati) in stretta aderenza ­ all’uso che di tali informazioni si fa all’interno di un’azienda.

1.4.1  Le scelte di articolazione delle informazioni rispetto agli oggetti di calcolo e alla configurazione del costo di prodotto

L’oggetto ultimo di calcolo del costo di produzione è normalmente il prodotto. Ciò non toglie, come è già stato precisato in precedenza, che è possibile individuare altri oggetti di calcolo, di natura intermedia o alternativa, per esempio singole attività elementari e/o intere fasi del processo di trasformazione fisica, singoli processi aziendali e/o intere unità operative, funzioni aziendali, aggregati di prodotti simili per tecnologia utilizzata o mercato di riferimento ecc. Nella realtà delle imprese questi diversi oggetti di calcolo possono coesistere all’interno del medesimo sistema di rilevazione, dando luogo a processi successivi di scomposizione dei valori che, partendo dal dato più aggregato, giungono a produrre l’informazione economica di dettaglio (per esempio, dai costi di stabilimento si passa a rilevare i costi di reparto, poi di singolo impianto, singola attività o compito elementare). È possibile, dunque, progettare sistemi di misurazione dei costi carat-

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Figura 1.12 Le strutture portanti del sistema di misurazione dei costi: un modello di riferimento.

L’articolazione in relazione agli oggetti di calcolo e alla configurazione di costo prescelta

L’orientamento in relazione agli scopi di calcolo privilegiati

Le modalità di funzionamento in relazione alla natura dei valori che alimenta il sistema

L’assetto tecnico-contabile in relazione al sistema di rilevazione adottato

terizzati da differenti livelli di articolazione orizzontale in relazione ai diversi oggetti di calcolo del costo di produzione. L’individuazione dell’oggetto di calcolo è prioritaria rispetto a qualsiasi altra scelta inerente le modalità di calcolo del costo di produzione perché solo dopo aver identificato un preciso oggetto sarà possibile: • selezionare i fattori di produzione che concorrono alla sua realizzazione e quanti-

ficare i correlati indici di consumo;

• indagare le relazioni che legano ciascun fattore all’oggetto prescelto e adottare il

procedimento di calcolo più adeguato (procedimento diretto o indiretto);

• individuare gli scopi precipui di calcolo del costo e adottare la configurazione di

costo più idonea (costo pieno o costo diretto/variabile). Nel momento in cui si circoscrive un oggetto parziale di calcolo del costo di produzione all’interno della combinazione produttiva generale di impresa, si pone il problema di individuare quali fattori produttivi interessano l’oggetto di misurazione del costo. Alcuni fattori saranno utilizzati in modo esclusivo dall’oggetto in questione, altri saranno condivisi tra più oggetti, altri ancora saranno relativi a una struttura generale che interessa, con intensità diversa, i diversi oggetti sui quali insiste il processo di misurazione economica. Alla luce di queste considerazioni, i fattori di produzione che possono essere ricondotti a uno specifico oggetto fanno riferimento a due ben precise tipologie: fattori diretti e fattori indiretti. I primi, in virtù delle relazioni dirette che li legano all’oggetto di calcolo, qualunque esso sia, sono calcolabili rispetto all’unità di prodotto ricorrendo al procedimento diretto, vale a dire valorizzandone i consumi; i secondi, invece, in ragione della mediazione prestata da un fattore di collegamento al prodotto (le ore macchina, le ore uomo, lo spazio occupato ecc.), possono essere valorizzati sull’unità di output solo ricorrendo al procedimento indiretto (coefficiente di allocazione). Mentre le informazioni di costo calcolate col metodo diretto sono oggettive (si valorizzano i consumi di fattori produttivi puntualmente rilevati), quelle calcolate col metodo indiretto includono degli elementi di soggettività (il parametro di collegamento prescelto per la ripartizione non è in grado di esprimere in modo univoco le molteplici relazioni che sussistono tra il costo che s’intende ripartire su più oggetti di calcolo e il singolo oggetto di misurazione del costo). All’oggetto di calcolo, inoltre, è possibile riferire la totalità dei fattori di produzione o solo alcuni di essi. Nel primo caso si configura un costo pieno, nell’altro

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un costo parziale, passando attraverso una varietà di gradi di articolazione verticale dell’informazione prodotta (dal costo primo industriale al costo variabile, dal costo pieno di fabbricazione al costo pieno aziendale). Infine, la scelta dell’oggetto di calcolo del costo di produzione risulta strettamente legata all’orientamento del sistema di rilevazione dei costi, che è, a sua volta, determinato dagli scopi prevalenti per i quali il costo viene calcolato, di cui si argomenta nel paragrafo seguente. 1.4.2  Le scelte di orientamento del sistema in relazione agli scopi di calcolo del costo di produzione

Gli scopi di calcolo del costo di produzione sono da ricondursi a diverse esigenze informative che le imprese devono soddisfare per gestire i processi di produzione economica in modo efficiente ed efficace. Ogni sub-processo aziendale, posto in essere per acquisire e trasformare le risorse in prodotti finiti da collocare sul mercato, può essere analizzato in termini di relazioni che s’instaurano tra l’ammontare e la tipologia delle risorse che esso richiede (le risorse sono generatrici di costi) e gli output che lo stesso genera (valutabili in termini di costi o di ricavi, considerati separatamente o messi in relazione tra loro). Ogni output, inoltre, può essere osservato in rapporto alle sue specifiche quali-quantitative e, più in generale, rispetto alle sue funzioni di uso. Nel primo caso è possibile esprimere degli apprezzamenti con riguardo alle condizioni di efficienza che sono alla base dei processi di impiego delle risorse (rapporto input-output); nel secondo caso è possibile esprimere un giudizio di efficacia dell’output, vale a dire di congruità delle sue specifiche quali-quantitative rispetto a una ben precisa funzione di uso. Il governo efficiente ed efficace dell’impresa richiede, dunque, la disponibilità di informazioni relative al costo di produzione (valore delle risorse impiegate per l’ottenimento di un preciso output, sia esso un semilavorato, destinato a successive fasi di lavorazione all’interno della stessa impresa, sia esso un prodotto finito, destinato al mercato) per alimentare meccanismi di rilevazione a supporto: • dei processi di misurazione economica dei semilavorati che sono soggetti a trasferi-

mento interno da reparto a reparto e/o dei prodotti finiti destinati a magazzino e quindi al mercato; • dei processi di controllo dell’efficienza operativa che caratterizza in modo particolare le attività di trasformazione fisica; • delle decisioni aziendali che richiedono valutazioni economiche comparate tra più oggetti (prodotti finali, semilavorati, fasi di processo, reparto ecc.). In sintesi, gli scopi di calcolo del costo di produzione sono i seguenti: • valutazione del magazzino semilavorati o prodotti finiti; • controllo dei costi; • decisioni tra diverse alternative di azione.

Un sistema di misurazione dei costi può soddisfare, all’interno della medesima impresa, una pluralità di scopi. Le modalità di articolazione orizzontale e verticale dei valori (rispetto agli oggetti di calcolo e alla configurazione di costo adottate, totale o parziale) dovranno essere oggetto di attente valutazioni in relazione alla varietà ed eterogeneità degli scopi per i quali il meccanismo di rilevazione viene posto in essere.

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Così, in relazione alle problematiche di valutazione del magazzino, è possibile rilevare un orientamento prevalente dei sistemi di misurazione dei costi centrato sulle informazioni di costo pieno; quando, invece, ci si concentra sulle decisioni aziendali di breve periodo, è più utile disporre di informazioni prodotte da un sistema a costi parziali. Infine, per il controllo dei costi, è fondamentale tenere distinti i fattori per i quali è importante indagare l’efficienza di approvvigionamento e/o impiego (costi variabili) da quelli rispetto ai quali è più opportuno condurre valutazioni in ordine ai tassi di saturazione della capacità produttiva definita sulla base di precise scelte di dimensionamento strutturale (costi fissi). 1.4.3  Le scelte di assetto tecnico-contabile del sistema di rilevazione

Le informazioni necessarie per soddisfare gli scopi conoscitivi sopra circoscritti non sempre possono essere tratte dalle rilevazioni di contabilità generale. Pertanto le aziende che desiderano disporre di queste informazioni si vedono costrette ad affiancare, al sistema di contabilità generale, con modalità diverse che verranno dettagliate nel corso di questo volume, sistemi denominati di misurazione analitica dei costi. Il problema è tipico di molte imprese del nostro Paese, e di tutte quelle imprese che nel mondo adottano il sistema del reddito alla base delle rilevazioni di contabilità generale. Il sistema del reddito concentra la sua attenzione sugli accadimenti che s’iden­ti­fi­ca­no, solo ed esclusivamente, nei rapporti di scambio monetario che l’azienda ha con i terzi, fornitori e clienti, senza indagare in termini economici i processi di trasformazione interni all’impresa. Ne consegue che, attraverso le rilevazioni di contabilità generale, non è possibile calcolare il costo di prodotto così com’è stato definito. Diversa è la situazione delle aziende, tipicamente quelle anglosassoni, che adottano, alla base della contabilità generale, il cosiddetto sistema patrimoniale. Quest’ultimo sottopone a rilevazione anche i processi di trasformazione fisica dei fattori produttivi in semilavorati o prodotti finiti, accompagnando contabilmente il prodotto in tutte le sue fasi evolutive all’interno dell’impresa. È evidente che un siffatto sistema di rilevazione, le cui differenze col sistema del reddito verranno dettagliate nel Capitolo 6, consente di disporre di informazioni connesse al costo di produzione senza dover avviare sistemi di rilevazione supplementari e al tempo stesso complementari a quello di contabilità generale. Le aziende che adottano il sistema del reddito, e che desiderano integrare il loro sistema informativo amministrativo con informazioni dettagliate sul costo di produzione, si trovano nella necessità di dover affiancare alle rilevazioni di contabilità generale un sistema di misurazione analitica dei costi. Quest’ultimo potrà essere tenuto contabilmente o extracontabilmente. In questo secondo caso la rilevazione del costo di produzione, qualunque siano il suo oggetto e la sua configurazione, avviene in forma statistico-tabellare, vale a dire senza l’ausilio del conto e al di fuori delle regole della partita doppia. Si parla più propriamente di un sistema duplice misto alla base del sistema di misurazione analitica dei costi. Nel primo caso, invece, quando la scelta cade su un sistema di rilevazione basato sul conto e sulle regole di registrazione della partita doppia, parliamo più propriamente di un sistema di contabilità dei costi che può essere diversamente integrato con le rilevazioni di contabilità generale per garantire la totale riconciliazione dei valori contabilizzati dai due sistemi di rilevazione. A questo proposito le opzioni che le aziende possono valutare riguardano la possibilità di disporre di un unico piano dei conti integrato (sistema unico integrato) o di due piani dei conti distinti ma collegati contabilmente tra loro

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da appositi conti di collegamento (sistema duplice integrato). Nel Capitolo 6, come si è già anticipato, ogni aspetto di metodo e di flusso verrà analiticamente dettagliato. 1.4.4  Le scelte inerenti alle modalità di funzionamento del sistema in relazione alla natura dei valori: consuntivi vs preventivi

In contabilità generale il costo diventa oggetto di rilevazione contabile solo in presenza di un documento che attesta che un determinato accadimento si è verificato: per esempio, una fattura passiva ricevuta in relazione all’acquisto di materie prime. Si tratta di informazioni economiche consuntive che trovano riscontro nella rappresentazione della dinamica generale dei valori di azienda sintetizzata nel bilancio di esercizio. La determinazione del costo di produzione, invece, si può basare, oltre che su valori consuntivi, anche su valori preventivi. Esistono due tipi di informazioni preventive che sono alla base di due diverse tipologie di costi: i costi normalizzati o stimati e i costi standard. Il costo normalizzato o stimato si rende necessario quando i costi consuntivi non sono disponibili in modo tempestivo, oppure quando il costo storico non è rappresentativo delle condizioni future in cui verseranno i processi di trasformazione. Spesso questo problema si pone per i costi della struttura produttiva, i cosiddetti costi indiretti o fissi, che possono subire nel tempo modificazioni per quanto riguarda sia l’ammontare complessivo dei costi a essa riferibile sia il grado e le modalità di utilizzo della capacità produttiva che essi rappresentano. Questi due fattori, quando variano, influiscono sul costo medio di produzione introducendo una variabilità nel costo unitario di produzione che non sempre si giustifica. Per questo e per altri motivi, che meglio verranno specificati nel Capitolo 6, si sono sviluppati nelle aziende sistemi di misurazione dei costi che vengono alimentati con valori stimati, altrimenti detti normalizzati. Quando la stima dei costi viene riferita alla sola componente dei costi indiretti di produzione si parla di costo normalizzato. Quest’ultimo è dunque contabilizzato addebitando all’oggetto di calcolo – il prodotto, nel nostro caso – il valore consuntivo dei costi connessi all’impiego dei fattori produttivi diretti, mentre la quota di costi relativa ai fattori indiretti – trasferiti sul prodotto con procedimento indiretto – viene calcolata sulla base di valori stimati su base annua. Si tratta, pertanto, di una configurazione di costo di prodotto ibrida, che scaturisce dalla sommatoria di alcuni valori consuntivi (costi diretti) con alcuni valori preventivati su base annua (costi indiretti di budget riferiti a un determinato volume programmato). I costi standard, invece, sono costi di prodotto calcolati valorizzando a prezzi preventivati i consumi definiti a priori di ciascun fattore produttivo necessario per la sua realizzazione. A differenza del costo normalizzato, il costo standard, oltre a riferirsi a tutti i fattori produttivi, sia indiretti sia diretti, si basa non su semplici stime, bensì su un rigoroso processo di analisi delle condizioni operative future di svolgimento dei processi produttivi dai quali il prodotto scaturisce. Da tali diversità discendono differenti potenzialità informative di queste due particolari forme di costi preventivi: • il costo stimato o normalizzato risponde prevalentemente a esigenze di determinazione del costo di prodotto in modo tempestivo e svincolato dalla rilevazione a consuntivo dei costi indiretti di produzione; • il costo standard, basandosi su un’analisi rigorosa dei processi di trasformazione, assume sostanzialmente il valore di una quantità parametrica, ossia di termine di confronto impiegabile per formulare giudizi sulla grandezza dei costi effettivi (Coda, 1968, p. 3).

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RIEPILOGO • Il management di un’impresa è chiamato a presidiare l’efficienza e l’efficacia della gestione, pianificando, programmando, organizzando, guidando e controllando l’entità e l’impiego delle risorse a sua disposizione; in altri termini i manager svolgono l’attività di direzione per presidiare l’economicità aziendale nel tempo. • Il management, per svolgere l’attività di direzione, necessita di informazioni per un apprezzamento economico delle scelte che è chiamato a compiere. I manager devono poter contare, dunque, su un valido sistema informativo amministrativo che, attraverso una specifica strumentazione ed efficaci supporti informatici, garantisca la disponibilità di informazioni economiche utili per la direzione dell’impresa. • Nelle realtà complesse, i manager collocati ai vari livelli della struttura organizzativa operano con differenti gradi di autonomia e responsabilità e, conseguentemente, necessitano di informazioni differenziate. Si tratta, pertanto, non solo di assicurare un generico flusso di informazioni economiche, bensì di indirizzare informazioni puntuali a coloro che, a vari livelli dell’organizzazione e con diverse responsabilità, sono coinvolti nella direzione dell’impresa. Si passa, dunque, da una generica concezione di sistema informativo amministrativo, a una più puntuale definizione di sistema di controllo direzionale. • La progettazione di un efficace sistema di controllo direzionale implica la definizione di un modello a supporto delle scelte inerenti gli aspetti di struttura e di processo del sistema elaborativo (quali strumenti, supporti informatici, procedure organizzative), alla luce dell’uso che il singolo manager intende fare delle informazioni richieste e dei fattori interni ed esterni all’azienda che possono vincolare le decisioni di gestione di ciascuno di essi. • La dimensione strumentale è sicuramente quella più tangibile del sistema di controllo direzionale. Essa comprende differenti metodologie di raccolta ed elaborazione di dati secondo procedure organizzative e tecnico-contabili

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che sono condizionate dai supporti informatici che l’azienda ha a disposizione. I principali strumenti di controllo direzionale possono essere classificati in relazione agli scopi per i quali essi vengono introdotti in azienda: scopi conoscitivi, scopi di responsabilizzazione. Il sistema di misurazione dei costi di produzione ha un ruolo importantissimo all’interno del sistema di controllo direzionale. Esso, infatti, attraverso il ricorso a particolari metodologie, valorizza le risorse impiegate nei processi produttivi e mette a disposizione del management informazioni utili, sia per un apprezzamento ex-post dei risultati economici conseguiti, sia per supportare i processi decisionali futuri. Le strutture portanti del sistema di misurazione dei costi sono da ricondurre a una molteplicità di variabili che configurano le dimensioni di struttura e di processo dello stesso. La struttura del sistema di misurazione dei costi è determinata dalle scelte metodologiche di raccolta e rappresentazione dei valori economici. La dimensione di processo, invece, attiene alla natura delle informazioni raccolte ed elaborate e all’uso che di tali informazioni si fa all’interno di un’azienda. Il costo di produzione è il valore monetario delle risorse impiegate per la realizzazione dei processi di produzione economica messi in atto dalle aziende. L’oggetto di calcolo del costo di produzione è l’entità cui viene riferito il costo. Di norma, l’oggetto ultimo di calcolo del costo di produzione è il prodotto. È possibile, però, configurare altri oggetti di calcolo, di natura intermedia (fasi di processo, reparti, unità organizzative ecc.) o alternativa al prodotto (classi di clienti, segmenti di mercato ecc.). Gli scopi che informano il calcolo del costo di produzione sono fondamentalmente tre: la valutazione delle rimanenze di prodotti finiti o semilavorati (da collocare sul mercato o da trasferire da un reparto all’altro all’interno della stessa azienda), il supporto decisionale (deci-

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L’attività di direzione e il sistema di misurazione dei costi: un quadro di riferimento  31

sioni di breve, di medio o lungo periodo), il controllo dell’efficienza operativa. Ogni scopo conoscitivo impone di adottare una particolare configurazione di costo (pieno o parziale), di alimentare il sistema di rilevazioni del costo con valori di natura differente (valori consuntivi vs valori preventivi), di scegliere tra diverse modalità di rilevazione dei valori (contabile o extracontabile), in stretta aderenza alle esigenze di elaborazione che discendono dallo scopo stesso. • Le diverse configurazioni di costo di produzione cui è possibile pervenire sono all’interno di un continuum ai cui estremi troviamo i costi di produzione completi e i costi parziali. I primi includono il costo di tutti i fattori produttivi utilizzati per realizzare un determinato processo produttivo (di trasformazione fisica o aziendale); i secondi raggruppano solo i costi relativi ad alcuni fattori di produzione (materie prime e/o fattori diretti di trasformazione e/o fattori variabili di trasformazione, con l’esclusione delle quote di costi fissi di trasformazione e/o generali). • I metodi di calcolo del costo di produzione si differenziano in relazione a due fattori: la natura dei valori prescelta per valutare il costo

(valori storici, attuali, futuri), i metodi di valorizzazione dei fattori produttivi utilizzati per l’attribuzione agli oggetti di calcolo dei singoli elementi che compongono il costo di produzione (metodo diretto, metodo indiretto). • Per giungere alla determinazione del costo di produzione di un dato oggetto o processo economico parziale, è necessario adottare criteri di classificazione dei costi che tengano in considerazione la destinazione del fattore produttivo stesso alla luce dello scopo per il quale esso viene calcolato. • La definizione di un modello di riferimento utile per l’analisi e la progettazione di un sistema di misurazione dei costi richiede di affrontare e valutare, in chiave sistemica, le problematiche di natura tecnico-contabile (scelte attinenti la configurazione dell’assetto del sistema di rilevazione), le opzioni di articolazione orizzontale (rispetto ai diversi oggetti di rilevazione) e verticale (con riguardo agli elementi di costo rilevati) dei valori economici considerati rilevanti, la specificazione degli scopi che devono orientare il funzionamento del sistema di misurazione dei costi e le modalità stesse di funzionamento in relazione alla natura dei valori accolti dal sistema di rilevazione.

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Materiali didattici disponibili sul sito web dedicato al volume

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