MALATTIE
CUTANEE CAUSATE DA ARTROPODI P. Sena, M. Marchesi
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INTRODUZIONE Gli artropodi sono organismi invertebrati con l’esoscheletro duro e articolato e un numero variabile di zampe appaiate dotate di articolazioni. Essi comprendono 9 classi, tra cui quelle degli aracnidi e degli insetti, che hanno un’importanza medica particolare, in quanto possono causare nell’uomo numerose malattie attraverso molteplici meccanismi patogenetici. La classe degli aracnidi (artropodi a 4 paia di zampe) comprende 7 ordini, tra cui Acarina, Araneae, Scorpionida, che spesso causano malattie nell’uomo, mentre la classe degli insetti (artropodi a 3 paia di zampe) è composta da 10 ordini (Diptera, Siphonaptera, Hymenoptera, Phthiraptera, Hemiptera, Thysanoptera, Coleoptera, Dictyoptera, Orthoptera, Lepidoptera), dei quali molte specie possono interessare l’uomo. I danni determinati dagli artropodi sull’organismo umano sono correlati a varie cause: trauma meccanico, iniezione di sostanze, infezione locale secondaria, invasione dell’ospite, dermatiti da contatto irritante, reazioni granulomatose verso parti dell’artropodo trattenute nella cute e trasmissione di alcune malattie infettive sistemiche. La natura del trauma meccanico provocato dalla puntura o dal morso sulla pelle varia da artropodo ad artropodo, dipendendo soprattutto dalla struttura dell’apparato buccale e dalla modalità di ingestione del pasto ematico (prelievo diretto di sangue da un capillare oppure rottura di vasi con fuoriuscita di sangue e successivo pasto). Durante la puntura, anche soltanto attraverso le secrezioni salivari, il parassita può iniettare nell’ospite sostanze velenose dotate di attività farmacologiche sia locali sia sistemiche. La reazione dell’organismo umano all’aggressione di un artropodo dipende anche dall’eventuale presenza di anticorpi specifici alle sostanze antigeniche contenute nelle secrezioni salivari e ai veleni inoculati dall’aggressore e talvolta qualche soggetto può addirittura andare incontro a uno shock anafilattico. Un’infezione batterica, sovrapposta per diretta introduzione del microrganismo al momento della puntura o del morso, è un evento relativamente raro, mentre è assai frequente la sovrapposizione secondaria al grattamento. Le larve di alcune mosche sono in grado di invadere i tessuti umani, causando la cosiddetta miasi. Le secrezioni di alcuni artropodi possono scatenare una dermatite da contatto irritante o allergica e la penetrazione nella cute di parti dell’apparato buccale dell’artropodo induce talvolta reazioni granulomatose persistenti sotto forma di lesioni papulonodulari. Malattie come la malaria e le leishmaniosi sono generalmente trasmesse dalla puntura di un artropodo.
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Fattori ambientali e sociali condizionano il rischio di un soggetto all’aggressione da parte di una specie di artropodo; infatti gli abiti indossati, il tipo di occupazione e la presenza o meno di animali domestici sono fatti indubbiamente importanti. Esistono inoltre fattori personali, correlati prevalentemente alle secrezioni sudorali, che possono respingere o all’opposto attrarre certe specie più di altre. Il grande numero di artropodi possibili aggressori dell’uomo e la notevole variabilità di risposta dell’organismo al danno subìto giustificano il polimorfismo dei quadri clinici, talvolta di difficile interpretazione. Le punture di zanzara, che sono le reazioni più frequenti, causano solitamente la comparsa di una papula pomfoide spesso centrata da una vescicola o da un punto emorragico e l’intensità della reazione è diversa da soggetto a soggetto; le lesioni possono essere particolarmente gravi in caso di aggressione di certe specie (Aedes albopictus, detta zanzara-tigre) o di alcune simulidi. Tali reazioni conseguono all’inoculazione di sostanze irritanti presenti nella saliva dell’insetto, ma possono essere anche l’espressione di una sensibilizzazione allergica ad alcuni componenti della saliva stessa: in alcuni casi può comparire il quadro dell’orticaria papulosa o strofulo (vedi oltre), secondario anche a punture di pulci e di cimici. Le pulci, quando pungono, inducono lesioni papulose o papulo-vescicolose localizzate nelle zone coperte, spesso raggruppate linearmente; la pulce dell’uomo (Pulex irritans) è meno comune rispetto alle pulci del gatto e del cane, che sempre abbandonano l’occasionale ospite umano alla fine del loro pasto (anche le pulci sono ematofaghe). Le punture delle cimici, che vivono nelle crepe dei muri, dietro i battiscopa e nei vecchi materassi, avvengono soprattutto durante la notte nelle aree corporee maggiormente a contatto con gli effetti letterecci. Le zecche sono acari ematofagi che possono aggredire l’uomo per nutrirsi e in Italia talvolta trasmettono la febbre bottonosa del Mediterraneo, dovuta a Rickettsia conori; la zecca Ixodes ricinus è invece responsabile della trasmissione della malattia di Lyme, che è causata da tre specie di Borrelia. I morsi dei ragni sono sempre dolorosi e talvolta assai pericolosi: in Italia la cosiddetta malmignatta (Latrodectus mactans), presente in Liguria e in Toscana, può addirittura uccidere. Le punture di imenotteri (api, vespe, calabroni) producono lesioni edematose anche intensamente dolenti e in caso di aggressioni multiple contemporanee scatenano una sindrome da intossicazione sistemica. Sono anche possibili reazioni su base anafilattica al veleno inoculato, con quadri gravi e talvolta mortali e il trattamento preventivo può avvenire attraverso una desensibilizzazione specifica. Subito dopo la puntura di un imenottero, poiché il calore inattiva il suo veleno, la sintomatologia dolorosa può essere attenuata con l’esposizione dell’area cutanea interessata a una fonte di calore. Le punture di scorpione causano dolore intenso con edema loco-regionale, talvolta seguito da focale necrosi e da manifestazioni generali a seconda della sede corporea interessata. La dermatite da larve di taumetopeidi (processionarie) e da lepidotteri adulti è dovuta a sostanze tossiche presenti nelle scaglie o nei peli degli artropodi, mentre quella conseguente allo schiacciamento sulla pelle di una cantaride (Pederus) deriva dall’azione tossica di sostanze vescicanti contenute nell’emolinfa dell’insetto. Le larve esapodi di Trombicula autumnalis sono in grado di provocare nei mesi estivi una dermatite pruriginosa delle grandi pieghe corporee e delle zone ove gli indumenti sono costretti da cinture o giarrettiere, che arrestano la risalita delle larve e quindi favoriscono il loro accumulo; esse non sono ematofaghe ma si nutrono di materiale tissutale digerito da alcuni enzimi emessi dalle stesse larve.
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La dermatite dei nuotatori può insorgere dopo un bagno in acque dolci di stagno o di lago ed è dovuta quasi sempre alla penetrazione nella cute di cercarie parassitanti le anatre (Trichobilharzia ocellata).
SCABBIA UMANA La scabbia, sia negli esseri umani sia negli animali, è causata da una singola specie di acari ossia Sarcoptes scabiei (famiglia Sarcoptidae, sottordine Astigmata, ordine Acarina, classe Arachnida). Le varianti della singola specie, per esempio Sarcoptes scabiei var. hominis, hanno una specificità per l’ospite non assoluta e possono sopravvivere su un altro ospite soltanto per brevi periodi di tempo. Morfologia e biologia dell’acaro La femmina adulta del parassita varietà hominis è lunga 0,4 mm e larga 0,3 mm, mentre il maschio ha una lunghezza di 0,2 mm e una larghezza di 0,15 mm; entrambi hanno 4 paia di zampe corte e dotate di ventose e setole, la forma è grossolanamente emisferica, il colorito biancastro e il dorso è solcato da striature trasversali con sottili peli setolosi. La femmina scava un piccolo cunicolo nell’epidermide, inclinato verso lo strato basale, nel quale deposita sia le uova sia le feci (Fig. 5.1). Nelle 4-6 settimane di permanenza nel cunicolo vengono depositate da ciascuna femmina 40-50 uova: dopo 3-4 giorni le uova si schiudono e le larve escono dal cunicolo sulla superficie cutanea e scavano a loro volta altri cunicoli più corti e più stretti, nei quali si trasformano in ninfe e infine, dopo ulteriori mute, si sviluppano le forme adulte. I cunicoli scavati dalle femmine adulte sono prevalenti in aree corporee a bassa densità di follicoli pilosebacei e il loro numero medio in caso di scabbia “standard” è di 12: nelle forme di scabbia norvegese è invece presente contemporaneamente un numero assai più alto di femmine adulte (migliaia) con minimo prurito.
FIGURA 5.1 Femmina adulta (a destra), uova e feci di Sarcoptes scabiei var. hominis.
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Epidemiologia La parassitosi interessa tutte le classi sociali delle varie popolazioni e la prevalenza nei Paesi sviluppati ha variazioni cicliche non sempre comprensibili; nei periodi bellici, ovviamente, l’incidenza aumenta e nelle regioni geografiche sottosviluppate la malattia è più facilmente associata a povertà e a condizioni igieniche scadenti. La scabbia colpisce tutte le età, ma è più comune nei bambini e nei giovani adulti di entrambi i sessi e viene trasmessa soprattutto attraverso contatti fisici, come strette di mano e condivisione del letto: la via indiretta mediata da vestiti o lenzuola o altri oggetti è sicuramente più rara. Lontano dall’ospite l’acaro sopravvive per 24-72 ore in ambiente a 21 °C con 40-80% di umidità relativa. Clinica Il prurito è il sintomo più importante della scabbia; diventa più intenso quando il soggetto parassitato va a dormire e insorge dopo 3-6 settimane dal contagio in coincidenza solitamente con la comparsa di escoriazioni e chiazze di dermatite eczematosa, con risparmio negli adulti del volto e del capo. La lesione più tipica è il cunicolo, che appare lievemente rilevato, di colore bruno chiaro, a decorso tortuoso, largo 1 mm e lungo 5-10 mm, con un estremo più superficiale ricoperto da piccola squama (ingresso del cunicolo) e l’altro più profondo (vescicola) nel quale si annida la femmina adulta (Fig. 5.2). Il numero dei cunicoli è variabile e può essere piccolo in soggetti con spiccato senso dell’igiene. Le sedi corporee in cui compaiono sono i polsi, i bordi delle mani e delle dita, gli spazi interdigitali, i piedi e i genitali, questi ultimi soprattutto nel sesso maschile. Le superfici palmari e plantari sono interessate più spesso nelle donne ma soprattutto nei bambini, nei quali pure il collo e il capo sono spesso coinvolti. Le papule e i noduli, dovuti a un fenomeno di ipersensibilità agli acari e ai loro prodotti, insorgono più comunemente su ascelle, areole mammarie, addome, specie intorno all’om-
FIGURA 5.2 “Cunicolo”, lesione elementare patognomonica della scabbia, sulla superficie laterale di un dito.
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belico, glutei e cosce. I genitali maschili, più spesso di altre regioni corporee, sono sede di noduli evidenti e pertanto, in caso di sospetta scabbia, vanno sempre osservati (Fig. 5.3). In aggiunta alle lesioni suddette, compaiono abbastanza spesso chiazze eczematose, che possono mascherare la diagnosi, e l’uso improprio di steroidi topici rende ancora più difficile il riconoscimento della parassitosi, che può decorrere per settimane senza essere diagnosticata (cosiddetta scabbia incognita). Inoltre sono possibili sovrapposizioni di infezioni streptococciche o stafilococciche secondarie al grattamento. Nei bambini, oltre all’interessamento del collo e del capo con lesioni primitive, è frequente l’osservazione di un elevato numero di cunicoli e vescicole un po’ ovunque, comprese le regioni palmo-plantari, talvolta con elementi addirittura bollosi. La scabbia norvegese o scabbia crostosa è una forma clinica particolare, caratterizzata dalla presenza di numerosissimi parassiti (migliaia di femmine adulte contemporaneamente). Nella forma standard di scabbia ci sono pochi acari, perché il grattamento distrugge la maggior parte dei cunicoli; nella forma norvegese la risposta dell’ospite è nulla o modesta e il parassita può moltiplicarsi liberamente. Soggetti con neuropatie sensitive comportanti ipoestesia o anestesia oppure affetti da demenza o anche soltanto gravi ritardati mentali possono sviluppare quadri di scabbia norvegese probabilmente proprio perché non sentono il prurito; quadri clinici analoghi avvengono anche in soggetti immunosoppressi per malattia o per terapia. L’obiettività cutanea in tali casi è caratterizzata dalla presenza di molte aree corporee squamo-crostose, irregolarmente fissurate ed eritematose, che si estendono progressivamente fino a un possibile quadro di eritrodermia con prurito lieve o talvolta assente. Istologia Le lesioni della scabbia possono essere differenziate istologicamente da altre reazioni a punture di artropodo soltanto col ritrovamento del parassita adulto o delle sue uova. Generalmente si osservano un infiltrato cellulare dermico misto di eosinofili, linfociti e istiociti a sede perivascolare superficiale e profonda, edema papillare, occasionale vescicolazione subepidermica, numerosi eosinofili sparsi tra i fasci di collagene e squamo-croste con
FIGURA 5.3 Tipici noduli a localizzazione genitale in un soggetto affetto da scabbia umana.
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neutrofili in superficie. Nelle papule e nei noduli l’infiltrato cellulare può anche realizzare un quadro di pseudolinfoma. Diagnosi differenziale Il prurito che si accentua di notte e la distribuzione delle papule o dei noduli suggeriscono la diagnosi, che va confermata dal riscontro dei tipici cunicoli e dalla ricerca al microscopio ottico del parassita o delle sue uova. La ricerca dell’acaro può essere fatta asportando con una lama da bisturi o con delle piccole forbici un cunicolo. Il materiale cutaneo va raccolto su un vetrino, immerso in una goccia di soluzione acquosa di idrossido di potassio al 20% e osservato al microscopio ottico; la presenza del parassita o delle sue uova conferma la diagnosi (vedi Fig. 5.1). In assenza di cunicoli, la diagnosi può essere solo presuntiva, basata sulla distribuzione delle lesioni papulose, sul sintomo del prurito serotino e sul racconto di un contatto probabile o certo con una persona recentemente affetta da scabbia. Terapia La permetrina al 5% in crema, applicata in singola dose e lasciata in sede per 8-12 ore, rappresenta la terapia più efficace; tale trattamento deve essere ripetuto dopo 7 giorni. Il crotamitone al 10% in crema, applicato una volta al giorno per 4-8 giorni, può dare buoni risultati, ma è meno efficace della permetrina. L’ivermectina, antiparassitario sistemico molto usato in medicina veterinaria, ha dato in somministrazione unica, alla dose di 200 mg/kg, risultati molto incoraggianti nella cura della scabbia di soggetti HIV-positivi. Il farmaco non è però registrato in Italia per tale uso e merita ulteriori studi. Un’infezione batterica secondaria deve essere trattata con un antibiotico per via sistemica. Tutti i membri di una famiglia in stretto contatto con il soggetto affetto dovrebbero essere curati contemporaneamente, anche se asintomatici. La bonifica dell’ambiente non sembra indispensabile; è invece importante la disinfestazione, mediante lavaggio a caldo (> 60 °C) o a secco della biancheria personale e del letto.
SCABBIA UMANA Definizione Parassitosi causata dall’acaro Sarcoptes scabiei var. hominis. Morfologia e biologia dell’acaro La femmina adulta misura 0,4 mm x 0,3 mm, il maschio adulto è un po’ più piccolo ed entrambi hanno 4 paia di zampe corte con ventose e setole, forma emisferica, colorito biancastro. La femmina scava nell’epidermide un cunicolo ove, dopo la fertilizzazione, depone sia le uova (40-50 in 4-6 settimane) sia le feci. Dopo 3-4 giorni le uova si schiudono liberando larve che, risalite in superficie, si trasformano in ninfe entro piccoli nuovi cunicoli. Infine, dopo altre mute, si sviluppano le forme adulte. Epidemiologia La parassitosi interessa tutte le razze e le classi sociali con variazioni cicliche di difficile comprensione. L’incidenza aumenta sicuramente in caso di guerre ed è associata a povertà e a condizioni igieniche scadenti nei Paesi sottosviluppati. Colpisce tutte le età ma è più comune nei bambini e nei giovani adulti ed è trasmessa prevalentemente per via diretta, ossia per stretto contatto corporeo.
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(continua) Clinica Il prurito, che peggiora di notte e compare dopo 3-6 settimane dal contagio, è il sintomo principale. La lesione tipica è il cunicolo a decorso tortuoso, lievemente rilevato, colore bruno chiaro, largo 1 mm e lungo 5-10 mm, con vescicola situata all’estremo più profondo, ove si annida la femmina adulta. I cunicoli compaiono specialmente ai polsi, sui lati delle dita, negli spazi interdigitali e sui genitali maschili. Le lesioni papulo-nodulari, dovute a ipersensibilità all’acaro, insorgono su ascelle, areole, addome, glutei e cosce. Sono possibili aree di eczematizzazione e infezioni batteriche sovrapposte. Nei bambini è frequente l’interessamento del collo e del capo. La scabbia norvegese o crostosa è una forma particolare, caratterizzata dalla presenza di numerosissimi parassiti (anche migliaia di femmine adulte contemporaneamente, contro le 12 unità medie nella scabbia standard). Ciò si spiega abbastanza col fatto che i soggetti affetti da tale forma hanno ipo- o anestesia per ragioni diverse e quindi non si grattano (il grattamento infatti elimina la maggior parte dei cunicoli). Istologia Le alterazioni sono simili in tutte le reazioni a punture di artropodo: infiltrato linfo-istiocitario, misto a eosinofili, perivascolare dermico superficiale e profondo, edema papillare, occasionali vescicole subepidermiche, squamo-croste e neutrofili in superficie. Peculiari sono soltanto l’eventuale parassita o le sue uova. Diagnosi differenziale Il prurito particolare e la distribuzione delle lesioni papulo-nodulari suggeriscono la diagnosi, che viene confermata dal ritrovamento dei cunicoli ed eventualmente dall’esame microscopico del parassita. Terapia La permetrina al 5% in crema su tutta la superficie cutanea per 8-12 ore è efficace; l’applicazione va ripetuta dopo 7 giorni.
SCABBIA ANIMALE Per scabbia animale s’intende una parassitosi dell’uomo causata da un acaro appartenente alla famiglia Sarcoptidae, che usualmente parassita altri animali. Gli acari maggiormente responsabili sono le molte varietà della specie Sarcoptes scabiei e la specie Notoedres cati, responsabile della scabbia nei gatti. Varietà di acari della specie Sarcoptes scabiei sono la causa della scabbia in animali come cani, cavalli, maiali, bovini e pecore. L’uomo può essere talvolta infestato da tali acari, poiché essi hanno una specificità per l’ospite non assoluta; in ogni caso comunque l’infestazione si risolve spontaneamente. Clinica Le lesioni cutanee, conseguenti al contatto con l’animale infestato, variano per estensione e distribuzione a seconda delle modalità di esposizione e compaiono generalmente dopo pochi giorni dal contatto sotto forma di piccoli pomfi pruriginosi e circoscritti o di papule spesso escoriate, senza i caratteristici cunicoli della scabbia umana. Le sedi corporee sono quelle del contatto con l’animale, ossia gli arti superiori, il tronco, l’addome e talvolta le cosce. La manifestazione si risolve spontaneamente dopo qualche settimana dalla cessazione del contatto con l’animale; eccezionalmente persiste per molte settimane. Diagnosi differenziale Solo raramente l’esame microscopico di materiale cutaneo del soggetto affetto mette in evidenza il parassita o le sue uova. La diagnosi di certezza può essere fatta soltanto dopo
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l’esame accurato della pelle dell’animale infestato, che quasi sempre si gratta sul collo, sul muso, sulle orecchie e sulle zampe, aree in cui può comparire desquamazione e talvolta perdita di pelo. Terapia La parassitosi va incontro a risoluzione spontanea; in ogni caso può essere utile l’uso di crotamitone al 10% in crema una volta al giorno sulle lesioni per qualche giorno. L’animale contagiante dovrebbe essere ovviamente trattato. SCABBIA ANIMALE Definizione Parassitosi dell’uomo causata da acari della famiglia Sarcoptidae, che usualmente infestano altri animali (varietà delle specie Sarcoptes scabiei e Notoedres cati). Clinica Pomfi pruriginosi circoscritti o papule spesso escoriate, senza i caratteristici cunicoli della forma umana, estesi e distribuiti in maniera variabile a seconda delle modalità di esposizione dopo pochi giorni dal contatto. Le sedi preferite sono gli arti superiori, il tronco, l’addome e, più raramente, le cosce. Le lesioni si risolvono spontaneamente dopo qualche settimana. Diagnosi differenziale La diagnosi di certezza può essere fatta soltanto dopo l’esame accurato della pelle dell’animale infestato: raramente il parassita può essere osservato sulla cute umana. Terapia Non indispensabile; eventualmente, crotamitone al 10% in crema 1 volta al dì per qualche giorno.
PEDICULOSI Le pediculosi sono ecto-parassitosi causate da insetti (pidocchi) appartenenti all’ordine Phthiraptera, che comprende 3 sottordini, Anoplura, Mallophaga e Rhinchophthirinaptera. Tutti i pidocchi hanno un’alta specificità per l’ospite e vivono la loro intera esistenza su di esso. L’uomo può essere parassitato da due specie del sottordine Anoplura, ossia Pediculus humanus e Phtirus pubis (pidocchio del pube o piattola). La specie Pediculus humanus ha due varianti: P. humanus capitis (pidocchio della testa) e P. humanus corporis (pidocchio del corpo o dei vestiti). P. humanus capitis e P. humanus corporis sono morfologicamente uguali, possono incrociarsi e sull’ospite mantengono spesso, ma non sempre, la loro preferenza territoriale. Phtirus (o phthirus) pubis è un insetto che parassita esclusivamente l’uomo e presenta analogie soltanto con un’altra specie, parassita dei gorilla. Tutti i pidocchi si nutrono del sangue dell’ospite direttamente da un vaso sanguigno, che raggiungono attraverso un particolare apparato buccale dotato di stiletto. Presentano le seguenti caratteristiche: • pediculus humanus capitis: la femmina adulta è lunga 3-4 mm e ha un colore grigio chiaro, mentre il maschio è più piccolo; entrambi hanno forma grossolanamente ovoidale e sono appiattiti dorso-ventralmente (Fig. 5.4). Durante i 40 giorni di vita la femmina
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FIGURA 5.4 Pediculus humanus capitis (al centro) e una lendine (in alto, a sinistra).
può deporre 300 uova (lendini), in media 7-10 al giorno, che vengono fissate quasi sempre alla base del fusto del pelo mediante materiale chitinoso secreto da ghiandole dell’insetto. Le uova sono di forma ovale, hanno un colore simile alla cute umana, sono lunghe 1 mm e dotate di un opercolo sull’estremità libera, da cui la ninfa può uscire dopo 8 giorni di incubazione alla temperatura ottimale di 31 °C. Quando le uova si sono schiuse, il loro colore diventa biancastro e pertanto risultano più visibili. Le ninfe liberate, dopo tre mute, raggiungono la fase adulta in 10 giorni; • pediculus humanus corporis: tale varietà di pidocchio è morfologicamente indistinguibile da quella del cuoio capelluto e ha un ciclo vitale simile. Il suo habitat naturale è costituito dai vestiti dell’ospite, sulle cui fibre deposita le uova (secondo alcuni autori preferibilmente nelle cuciture) soprattutto nelle parti più addossate alla cute, sulla quale il parassita si sposta per nutrirsi. Sia le uova sia il parassita adulto non sopravvivono alle temperature comuni di lavaggio dei vestiti e infatti i soggetti infestati raramente si lavano o cambiano i loro indumenti; • phtirus pubis: tale pidocchio (detto anche piattola) ha l’addome più corto e più largo rispetto alle due specie precedenti, è dotato di grossi artigli sul 2° e 3° paio di zampe e raggiunge una larghezza circa doppia rispetto a P. humanus capitis. Con gli artigli si aggrappa ai peli dell’ospite e quando viene staccato e messo lontano si muove molto lentamente. Le sue uova, fissate sui fusti dei peli con sostanza chitinosa prodotta dalla femmina adulta, hanno un colore bruno chiaro. Le regioni pilifere corporee preferite sono il pube, le ascelle, le ciglia e sopracciglia, la barba, il tronco e le cosce. Sul cuoio capelluto i parassiti tendono a colonizzare soprattutto la periferia.
Pediculosi del cuoio capelluto Epidemiologia La parassitosi è ubiquitaria con prevalenza variabile e tra i fattori predisponenti il principale è l’affollamento.
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Non esiste sicura correlazione con la scarsa igiene e la povertà. L’infestazione è certamente più frequente nei bambini rispetto agli adulti e il sesso femminile a qualsiasi età è più colpito di quello maschile. Il contagio avviene prevalentemente per contatto diretto testa-testa, mentre è minore il rischio mediato da pettini, spazzole o copricapi. Clinica Sintomo principale della parassitosi è il prurito del cuoio capelluto, che si può estendere al collo e raramente ad altre parti del corpo. Un’infezione piogenica secondaria al grattamento è possibile con quadro di impetigine localizzata, che può causare anche linfoadenopatia regionale. Il ritrovamento di uova fissate sui capelli è facile nelle regioni parietali e occipitale, mentre è più difficile l’osservazione diretta di insetti adulti o di ninfe. Le uova schiuse possono essere scambiate per squame pitiriasiche (forfora), ma hanno forma ovale e soprattutto sono saldamente adese ai capelli. Terapia L’insetticida attualmente più usato negli adulti e nei bambini sopra i 2 anni è il malathion, che va lasciato in sede per 15 minuti prima di essere asportato mediante lavaggio accurato: l’applicazione va ripetuta dopo 8 giorni, anche se il prodotto è attivo sulle uova. Analoghi risultati si ottengono con permetrina in crema al 5% e con piretrina in crema, lasciate in sede per 10 minuti e riapplicate dopo 8 giorni. Il problema di resistenze emergenti, emerso negli Stati Uniti e nel Regno Unito, sembra meno rilevante nel nostro Paese e l’occasionale mancata efficacia potrebbe essere dovuta ad applicazione insufficiente dell’insetticida usato oppure a reinfestazione. In letteratura è segnalato il possibile uso di ivermectina topica o per via orale. L’uso locale di prodotti con basse concentrazioni di insetticidi a scopo profilattico può condurre allo sviluppo di resistenza del parassita. Le uova, dopo 8 giorni dalla deposizione, sono disabitate: il loro distacco mediante lavaggi ripetuti e l’uso del pettine a denti fitti non sono indispensabili. Se ci sono segni da sovrapposizione batterica è necessaria terapia antibiotica generale.
PEDICULOSI DEL CUOIO CAPELLUTO Definizione Parassitosi causata da Pediculus humanus capitis, insetto appartenente al sottordine Anoplura, ordine Phthiraptera. Epidemiologia Diffusa in tutto il mondo, favorita dall’affollamento, questa ecto-parassitosi è prevalente nei bambini rispetto agli adulti e nelle femmine di qualsiasi età rispetto ai maschi. L’infestazione avviene soprattutto per contatto diretto testa-testa, più raramente mediato da pettini o copricapi. Clinica Il sintomo principale è il prurito al cuoio capelluto, che si può talvolta diffondere al collo e, molto raramente, al resto del corpo. Numerosi i segni da grattamento. È possibile la sovrapposizione batterica con linfoadenopatia. Sono facilmente osservabili le uova (lendini) e più difficilmente i parassiti adulti.
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(continua) Terapia Malathion in gel lasciato in sede per 15 minuti e poi rimosso mediante accurato lavaggio: dopo 8 giorni il trattamento deve essere ripetuto.
Pediculosi del corpo Epidemiologia È una ecto-parassitosi diffusa in tutto il mondo, sebbene attualmente rara nei Paesi sviluppati ove è riscontrabile quasi esclusivamente in soggetti vagabondi, negligenti e molto poveri. Durante la prima guerra mondiale ci fu un marcato incremento della sua frequenza fra le truppe dislocate sui vari fronti. La trasmissione avviene per contatto corporeo o per scambio di indumenti parassitati. Il numero dei pidocchi adulti e delle uova è variabile e può arrivare sino a numerose migliaia. Clinica Il prurito, dovuto soprattutto alla sensibilizzazione ad antigeni salivari del parassita, è il principale sintomo e può essere ridotto o assente nei soggetti non sensibilizzati o con tolleranza acquisita. Su tutto il corpo sono presenti segni da grattamento e, se la parassitosi dura da molto tempo, può comparire una pigmentazione diffusa associata a linfoadenopatia generalizzata, conseguente a sovrapposizione batterica, configurando la cosiddetta malattia dei vagabondi. I parassiti adulti, le loro ninfe e le lendini sono presenti nei vestiti, raramente sul tronco. Il pidocchio del corpo può essere talvolta il vettore del tifo epidemico (da Rickettsia prowazekii), della febbre delle trincee (da Rickettsia quintana) e della febbre ricorrente (da Borrelia recurrentis). Terapia La terapia della parassitosi prevede l’allontanamento dei vestiti e la loro accurata disinfestazione mediante lavaggio con acqua calda (> 60 °C) o a secco. PEDICULOSI DEL CORPO Definizione Parassitosi causata da Pediculus humanus corporis, insetto appartenente al sottordine Anoplura, ordine Phthiraptera. Epidemiologia Diffusa in tutto il mondo, questa parassitosi è rara nei Paesi sviluppati, ove si può osservare in soggetti vagabondi, poveri e negligenti. L’infestazione avviene per contatto corporeo o per scambio di indumenti parassitati. Clinica Il sintomo principale è il prurito diffuso di entità assai variabile. Sono presenti numerosi segni da grattamento sparsi e, se la parassitosi dura da molto tempo, possono comparire iperpigmentazione diffusa e linfoadenopatia generalizzata, conseguente a sovrapposizione batterica (malattia dei vagabondi). I parassiti e le loro uova sono presenti sui vestiti. È possibile la trasmissione di tifo epidemico, febbre delle trincee e febbre ricorrente. Terapia Allontanamento dei vestiti o loro accurata disinfestazione.
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Pediculosi del pube Epidemiologia L’esatta prevalenza di questa parassitosi è sconosciuta, anche perché molti soggetti si curano spontaneamente, ma di sicuro è una forma abbastanza comune in giovani adulti sessualmente attivi. Infatti l’infestazione avviene per lo più attraverso un contatto fisico, pur essendo possibile il contagio anche attraverso l’uso di indumenti parassitati o il contatto occasionale con peli infestati. Clinica Il prurito, soprattutto alla sera o di notte, è il sintomo principale. L’esame dell’area pubica mette in evidenza i parassiti e le lendini fissate sui peli; è frequente l’interessamento delle ascelle (Fig. 5.5), del tronco, delle cosce, mentre è raro quello della barba, di ciglia e sopracciglia e del contorno del cuoio capelluto. Nei bambini piccoli, che acquisiscono generalmente la parassitosi da un familiare, le ciglia e le sopracciglia possono essere le uniche localizzazioni. Negli adulti, inoltre, si possono osservare le feci del pidocchio sotto forma di masserelle puntiformi colore ruggine sulla cute o sugli indumenti intimi e talvolta anche macchie puntiformi di sangue: raramente compaiono macchie o chiazze bluastre (chiamate macule cerulee) sull’addome o sul tronco, dovute a un’azione particolare del secreto salivare del parassita sul sangue dell’ospite. Terapia Per la localizzazione sulle ciglia si consiglia solitamente l’applicazione di vaselina pura 5 volte al giorno per 1-2 settimane; se reperibile, l’ivermectina topica rappresenta attualmente la prima linea terapeutica. Per le altre sedi, invece, risulta utile il malathion con le stesse modalità d’uso consigliate per la pediculosi del cuoio capelluto: l’insetticida va applicato su tutte le aree interessate, lasciato per 15 minuti e quindi accuratamente eliminato mediante lavaggio; il trattamento deve essere ripetuto dopo 8 giorni.
FIGURA 5.5 Numerosi elementi adulti e lendini di Phtirus pubis localizzati sul cavo ascellare.
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PEDICULOSI DEL PUBE Definizione Parassitosi causata da Phtirus pubis (pidocchio del pube o piattola), insetto appartenente al sottordine Anoplura, ordine Phthiraptera. Epidemiologia Diffusa in tutto il mondo, questa ecto-parassitosi è piuttosto comune nei giovani adulti sessualmente attivi. L’infestazione può avvenire anche attraverso l’uso di indumenti parassitati o il contatto con peli parassitati. Clinica Il sintomo principale è il prurito, soprattutto di sera e di notte. I parassiti e le loro uova sono osservabili nella regione pubica; altre localizzazioni possibili sono il tronco, le ascelle, la barba, le ciglia, le sopracciglia e il contorno del cuoio capelluto. Nei bambini le ciglia e le sopracciglia possono essere le uniche sedi interessate. Raramente compaiono macule o chiazze bluastre (macule cerulee) sull’addome o sul tronco, per azione della saliva del parassita sul sangue umano. Terapia Sulle ciglia si consiglia applicazione di vaselina 5 volte al giorno per 1-2 settimane; per le altre localizzazioni malathion in gel per 15 minuti, da eliminare accuratamente mediante lavaggio e da ripetere dopo 8 giorni.
TUNGIASI Epidemiologia La tungiasi è una parassitosi causata dall’insetto Tunga penetrans o da specie correlate, originario dell’America del Sud e diffusosi poi nel continente Africano e nell’Asia del Sud. Da alcuni decenni, a seguito dello sviluppo del turismo, questa infestazione è riscontrabile un po’ ovunque, Italia compresa, anche se l’acquisizione avviene in quei Paesi ove l’insetto abitualmente vive. Tunga penetrans appartiene alla famiglia Tungidae che, insieme a Pulicidae e Ceratophyllidae, fa parte dell’ordine Siphonaptera. Tale specie è la più piccola pulce conosciuta, misurando soltanto 1 mm di lunghezza. Le sue larve sviluppano parassiti adulti dopo 3 settimane dall’uscita dalle uova, in condizioni favorevoli di terreno asciutto e sabbioso, oppure dopo mesi se l’ambiente non è idoneo. La femmina feconda può annidarsi sotto l’unghia di un dito del piede e sporgere con l’addome, che ha dimensioni di un pisello e consistenza molliccia. La rottura spontanea o provocata di tale protuberanza libera uova in grande numero, le quali si schiudono dopo 14 giorni, mentre la femmina muore poche settimane dopo la deposizione delle uova. Clinica ll momento della penetrazione dell’insetto adulto nella cute spesso è inavvertito e si può osservare soltanto un punto scuro, anche nero, sulla pianta del piede o sotto un’unghia; pochi giorni dopo si sviluppa un nodulo infiammatorio dolente, con secreto purulento disposto perifericamente intorno al parassita. La compressione del nodulo determina la fuoriuscita di numerose uova. Sono possibili lesioni multiple, spesso contemporanee, e comune è la sovrapposizione di un’infezione batterica (in passato la parassitosi era complicata anche dal tetano).
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Terapia La pulce va rimossa con pinza o con curette, dopo avere applicato etere o cloroformio o benzina; talvolta è necessaria l’escissione chirurgica o l’utilizzo della crioterapia. Sono utili un trattamento antibiotico per via generale, dato l’alto rischio di infezione batterica sovrapposta, e una profilassi antitetanica. La prevenzione dell’infestazione è basata sull’uso costante delle calzature nelle regioni geografiche a rischio. TUNGIASI Definizione Parassitosi causata da Tunga penetrans, pulce appartenente alla famiglia Tungidae, ordine Siphonaptera. Epidemiologia Il parassita, originario dell’America del Sud, si è diffuso anche in Africa e in Asia. L’infestazione avviene attraverso il contatto con terreno asciutto e sabbioso, in cui si trova il parassita adulto: la sede di penetrazione è più spesso la pianta del piede o l’area sotto-ungueale. Clinica Il momento della penetrazione della pulce nella cute non è generalmente avvertito, ma quasi subito compare un punto scuro, anche nero. Dopo qualche giorno si sviluppa una reazione infiammatoria nodulare dolente con produzione di pus intorno al parassita, che intanto s’ingrossa e libera uova in grande numero. Sono possibili lesioni multiple, spesso a sviluppo contemporaneo, e risultano frequenti le sovrapposizioni batteriche. Terapia La pulce va rimossa con pinza o curette dopo avere applicato etere o cloroformio oppure benzina; talvolta si deve ricorrere all’asportazione chirurgica. Sono utili un trattamento antibiotico per via generale ed eventualmente una profilassi antitetanica.
MIASI Il termine miasi indica la presenza di larve di mosche (ditteri) in un tessuto corporeo. La forma occasionale solitamente è dovuta al deposito casuale delle uova della mosca nel tessuto necrotico di un’ulcera distrofica, di una ferita o di un carcinoma cutaneo ulcerato, ove poi si possono sviluppare le larve del dittero. La forma cosiddetta obbligatoria o foruncoloide richiede la presenza di tessuto vivo e ciò avviene per lo più negli animali, ma alcune volte anche nell’uomo. Le uova depositate producono larve che si annidano nella cute, dando luogo a un nodulo infiammatorio che ricorda un foruncolo; il nodulo ha un pertugio di 1-2 mm di diametro attraverso il quale la larva respira e può essere anche osservata. Le specie solitamente responsabili sono due: Cordylobia antropophaga, in Africa, che deposita le uova per terra o sulla biancheria stesa ad asciugare al sole, e Dermatobia hominis, nell’America Centrale e del Sud, che pone invece le sue uova su un anofele, il quale a sua volta punge un soggetto depositando le stesse in prossimità della sede di puntura. La terapia della miasi consiste nell’espulsione della larva attraverso un pertugio adeguatamente dilatato, seguita da disinfezione locale.
LARVA MIGRANS CUTANEA È un’infestazione cutanea descritta più di 100 anni fa e causata da larve di vari parassiti nematodi, in particolare Ancylostoma braziliense (endemico negli Stati Uniti, nell’America Centrale, nell’America del Sud e nei Caraibi).
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In Europa è stato identificato come possibile responsabile il verme Uncinaria stenocephala e in Australia l’Ancylostoma caninum (entrambi parassiti dei cani). Il contagio avviene per contatto con deiezioni di animali portatori (cani, gatti). Le lesioni compaiono nelle zone in cui è avvenuta la penetrazione (piedi, glutei). Il soggetto colpito, di solito al ritorno da spiagge tropicali, lamenta la comparsa di piccole papule pruriginose che rapidamente si trasformano in un tragitto serpiginoso, infiammatorio e altamente pruriginoso, lungo vari centimetri. Il tragitto unico o multiplo può avere configurazioni variabili, incrociandosi con altri tragitti. La larva non è in grado di completare il suo ciclo vitale alle temperature europee e dopo un periodo di diverse settimane muore. Per la prevenzione dell’infestazione bisogna evitare di sedersi sulla sabbia asciutta. La cura è basata sulla crioterapia, eseguita a 1 cm oltre il fronte di avanzamento, dove appunto si suppone risieda la larva. Nei casi di larva migrans disseminata è segnalato in letteratura l’uso di albendazolo (per via orale in 3 giorni consecutivi) o di ivermectina (per via orale in unica somministrazione).
LARVA CURRENS Con questo termine si indica la manifestazione cutanea dell’infestazione sistemica da Strongyloides stercoralis (unico nematode in grado di completare il suo intero ciclo vitale negli esseri umani). Questa parassitosi, descritta per la prima volta da Fulleborn nel 1926, è endemica negli Stati Uniti del Sud, nell’Asia del Sud e nell’America del Sud. La larva del nematode si trova nel terreno inquinato da feci, penetra nella cute e quindi nel torrente circolatorio, da dove esce per via polmonare arrivando alla glottide e qui viene inghiottita per finire il suo ciclo nell’intestino. La manifestazione cutanea è simile a quella della larva migrans, ma la velocità di progressione della lesione è notevole, arrivando anche a 10 cm l’ora. Sono sempre presenti segni e sintomi correlati all’interessamento sistemico della malattia. Il decorso può essere acuto, cronico (molti anni) e in soggetti immunosoppressi la forma diventa rapidamente progressiva e fatale nell’80% dei casi. La terapia è basata sull’uso di ivermectina (170-200 μg/kg in unica dose) o in alternativa di albendazolo o tiabendazolo.
ORTICARIA PAPULOSA L’orticaria papulosa, detta anche strofulo, compare soprattutto nei bambini. Si manifesta con lesioni eritemato-pomfoidi o eritemato-papulose, spesso con un punto centrale, talvolta vescicolose, raramente bollose, di solito molto pruriginose, disposte prevalentemente sugli arti, con possibile interessamento anche del tronco superiore. Qualche volta compaiono noduli come conseguenza del grattamento cronico ed è inoltre possibile la sovrapposizione di un’infezione batterica. Gli adulti ne possono essere affetti, seppure con minor frequenza. La patologia, cronica e ricorrente per alcuni anni soprattutto in primavera e in estate, è dovuta probabilmente a una reazione di ipersensibiltà a punture di zanzare, pulci, cimici e di altri insetti; l’antigene o gli antigeni implicati non sono noti, ma la presenza di immunoglobuline e di complemento evidenziabili nella cute di alcuni pazienti suggerisce che le lesioni possano essere dovute a una forma di vasculite cutanea. La terapia è sintomatica con antistaminici per via orale e creme cortisoniche. Talvolta può essere utile la prevenzione con l’uso di sostanze repellenti gli insetti.
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