Capitolo 1 - Strategia e risorse umane

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Strategia e risorse umane

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Questo capitolo ti porterà a... ◾ capire le relazioni tra strategia d’impresa e gestione delle risorse umane; ◾ utilizzare diversi approcci (lineare, interdipendente ed evolutivo) per strutturare tali relazioni con finalità sia diagnostiche sia progettuali; ◾ capire il posizionamento competitivo dell’impresa integrando il modello basato sulle forze competitive e quello basato sulle risorse; ◾ concepire la Direzione Risorse Umane come servizio strategico; ◾ distinguere i tratti delle tre concezioni base di Amministrazione del personale, Gestione del personale e Direzione e sviluppo delle risorse umane e i diversi ruoli che all’interno di queste concezioni possono essere giocati dalla funzione (partner strategico, agente di cambiamento, esperto funzionale, portavoce del personale).

Luxottica è leader mondiale nella produzione e commercializzazione di occhiali grazie alle sue politiche di gestione delle risorse umane, oppure si può permettere certe politiche grazie alla sua leadership? (Caso 1.1) Wal-Mart, colosso mondiale della grande distribuzione, viene spesso citato per i suoi bassi prezzi e mai per l’eccellenza delle sue politiche di gestione delle risorse umane, che per l’azienda sono invece fonte di dure critiche e addirittura di azioni giudiziarie collettive. Si può dire che queste politiche hanno in ogni caso una valenza strategica per Wal-Mart? Amazon ha messo a punto un business model nel campo della vendita on line (e non solo) sviluppando una crescita che sembra non arrestarsi, eppure si è incagliata in difficoltà di


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4 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

Caso 1.1

Luxottica – La centralità delle persone

Nel pensiero di Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica, «al centro della nostra organizzazione c’è il valore delle persone, la loro individualità, il legame emozionale con l’azienda e il senso di comunità». Tutti fattori che «hanno determinato il nostro successo nel mondo». Toccherà agli storici paragonare il caso Luxottica con illustri precedenti come l’Ivrea di Adriano Olivetti e la Schio di Alessandro Rossi, certo è che tutto ciò avviene non nel contesto di un’economia novecentesca ma dentro la più spietata competizione globale che il capitalismo abbia finora conosciuto. Ebbene, dentro questa palestra, Del Vecchio gioca, assieme ad altri fattori competitivi, anche la carta dell’estrema coesione tra azienda e sindacati. Non è un caso che nel gruppo l’assenteismo sia al 4% e che nella lavorazione dell’occhiale — mutevole per il cambio dei modelli di anno in anno — i lavoratori siano chiamati a un’applicazione pressoché artigianale. I robot ci sono ma relegati a espletare le lavorazioni a basso valore aggiunto, per quelle pregiate ci sono gli uomini. Anzi, le donne: in Luxottica sono il 64% di una forza lavoro in cui comunque il 25% ha meno di 30 anni, il 24% è tra i 30 e i 40 e il 32% tra i 40 e i 50 [Corriere della Sera, 27/07/2017]. Chi lavora in Luxottica non entra solo all’interno di un’azienda, ma in una vera e propria comunità dove trovare la propria realizzazione, professionale e personale. Il Gruppo si impegna a migliorare la vita delle sue persone all’interno dell’ambiente di lavoro e anche fuori, nel nucleo familiare. Lavorare in Luxottica vuol dire crescere all’interno di un’azienda che coltiva i talenti, alimenta nuove competenze e pensieri trasversali. Un’azienda che crede nella formazione e che dà grande spazio

a chi vuole realizzarsi ed esprimere il proprio potenziale. Il Gruppo continua a investire nella ricerca di nuove competenze. Avere persone qualificate, motivate e coinvolte è infatti cruciale per il successo nel lungo periodo. All’interno del Gruppo, circa il 64% dei contratti è a tempo indeterminato, il 66% sono a tempo pieno. I contratti a tempo determinato sono il restante 36% e sono riconducibili alla stagionalità del business Retail e delle Operations. Luxottica è stata la prima azienda in Italia a introdurre il “patto o staffetta generazionale”, un’iniziativa che dà la possibilità a circa 100 lavoratori a tre anni dalla pensione di accedere al part-time senza alcuna incidenza sul trattamento pensionistico, e allo stesso numero di giovani di essere assunti a tempo indeterminato. Non c’è sviluppo sostenibile se la crescita del Gruppo non si coniuga con il miglioramento delle condizioni di vita di chi ci lavora. Per questo Luxottica ha implementato, a partire dal 2009, un sistema di welfare diventato un modello di riferimento in Italia, che prevede iniziative di carattere economico, sanitario, educativo e sociale. Il welfare di Luxottica ha portato importanti risultati, come: la diminuzione di turnover e assenteismo, il rafforzamento del senso di appartenenza e fiducia nell’azienda, il miglioramento della qualità della vita, con un aumento delle retribuzioni e del potere d’acquisto del personale. Le principali aree d’intervento sono i giovani e l’istruzione, il sostegno al reddito, la salute e il benessere, la mobilità sostenibile, i servizi alle persone e alle famiglie e il bilanciamento tra lavoro e vita privata. ◾


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 5

gestione del personale operante nei reparti distributivi non propriamente eccellenti (Caso 1.2). Le piccole aziende del Nord Italia [Camuffo e Costa 1993; Albertini e Leoni 2009], che spesso non hanno nemmeno un addetto al personale perché si servono di piccoli professionisti esterni (consulenti del lavoro), hanno un approccio alle problematiche delle risorse umane che sostiene il loro vantaggio competitivo? Se la risposta è affermativa, questo approccio ha tratti comuni o totalmente diversi rispetto alle best practice adottate dalle aziende considerate eccellenti dai guru del management? Sono questi gli interrogativi da cui si può partire per affrontare il problema del rapporto fra strategia e gestione delle risorse umane. La vasta letteratura disponibile su questo tema [Boxall e Purcell 2016; Guest 2011] non sempre illumina adeguatamente la complessità delle relazioni tra le due variabili, soprattutto quando va alla ricerca di princìpi di tipo universale [Scapolan 2007a]. Le cose vanno un po’ meglio quando abbandona l’universalismo e adotta un approccio contingente che consente di “scegliere la teoria che sembra più rilevante rispetto allo specifico problema, analizzare la situazione in base a tale teoria, sviluppare le alternative di azione e scegliere fra esse” [Lorsch 1978]. Ma l’approccio contingente costringe al relativismo, incapace di prevedere le forme evolutive e di spiegare (se non a posteriori) determinate relazioni [Costa, Gubitta e Pittino 2014, p. 24]. Gli studi di strategia d’impresa hanno in ogni caso introdotto un riferimento importante per capire il ruolo delle risorse umane, in quanto hanno enfatizzato la dimensione variabile e creativa della strategia, anche se il successo del paradigma strategia-struttura [Chandler 1963] ha sottovalutato l’effetto di retroazione della struttura sulla strategia. Considerando infatti la struttura nella sua accezione più ampia (comprendente anche cultura e sistemi gestionali), si riesce a cogliere l’interazione che esiste tra questa e la strategia, tra soggetti e contesto ambientale, tra tecnologia e sistemi operativi. Si superano così i limiti di concezioni meccaniche e unidirezionali che costringono la gestione delle risorse umane in un ruolo di mero adattamento.

1.1 Strategia e gestione delle risorse umane La relazione fra strategia e gestione delle risorse umane può essere descritta e analizzata attraverso tre approcci, di cui si possono isolare i tratti idealtipici per meglio segnalare i caratteri distintivi di ciascuno rispetto agli altri. Approccio lineare (o sequenziale) La scelta del cosa produrre è tradizionalmente una competenza della strategia e quella del come produrre una competenza dell’organizzazione. Questa ripartizione di competenze ha generato il paradigma strategia-struttura [Chandler 1963], che postula una relazione lineare: una volta definita la strategia da parte dell’imprenditore, o della coalizione di


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6 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

Caso 1.2

Amazon – Ambiguità causale

Amazon è il più grande supermercato online del pianeta, con una capitalizzazione di Borsa di 795 miliardi di dollari (gennaio 2019). Fondata nel 1994 in un garage di Seattle da Jeff Bezos come una piccola libreria online, Amazon oggi è un gigante con oltre 200 miliardi di dollari di vendite annuali e più di 575 000 addetti distribuiti in tutto il mondo, Italia compresa (dati 2018). Di ogni dollaro speso online negli Stati Uniti, 49 centesimi sono spesi su Amazon. Questo ha permesso a Bezos di costruire un database di notizie sui gusti e le abitudini dei suoi clienti, con il quale ha saputo diversificare le sue proposte online seguendo i trend. Amazon oggi però non guadagna solo dall’e-commerce, ma anche dalla fornitura di servizi B2B di marketing, dai centri di distribuzione, dal trasporto, dal cloud, dai Big Data e dal mondo dell’entertainment. La genialità di Bezos però è spesso stata associata anche a un sistema “darwinista” del lavoro, così come definito da un ex cacciatore di teste dell’azienda. Negli anni Amazon ha dovuto affrontare accuse legate al controllo spietato dei lavoratori, mobbing, delazione tra colleghi e disumani orari di lavoro [New York Times, 15/08/2015]. Nel 2013 Business Insider ha presentato i risultati del report Paycale.com che posizionava il colosso americano al secondo posto tra le Fortune 500 companies per il più alto tasso di turnover tra i lavoratori. Ci sono molte aziende che adottano criteri di gestione del personale simili, ma non per questo hanno il successo di Amazon che, evidentemente, fonda su altre basi il proprio vantaggio competitivo e avrebbe sicuramente i margini per ripensare il delivery. Anche in Italia i malumori si sono presto fatti sentire. Agli inizi del 2019 i conducenti

dei veicoli che assicurano le consegne per conto di Amazon in Lombardia, territorio che vale il 60% del mercato italiano, hanno scioperato per “i ritmi di lavoro estenuanti, un sovraccarico che mette a rischio la sicurezza dei lavoratori e la qualità del servizio”. La mattina i conducenti hanno 7-10 minuti per caricare tutti i pacchi nel furgone. Le consegne poi devono seguire il percorso stabilito dal dispositivo elettronico fornito da Amazon che impone una media di 20 pacchi consegnati all’ora, cioè uno ogni tre minuti. “I carichi di lavoro sono insostenibili, servono altre persone per le consegne” denunciano gli scioperanti. L’azienda si è giustificata dicendo che si tratta di attività in outsourcing di cui non è responsabile [Corriere della Sera, 26/02/2019]. Tutto questo però non ha impedito al colosso di Seattle di aggiudicarsi il titolo di posto di lavoro più ricercato in Linkedin nel 2018, evidentemente non per i suoi reparti di spedizione. Amazon è un’organizzazione straordinariamente disciplinata, con un modello di business molto efficiente e velocemente adattabile alle evoluzioni del mercato e con una forte spinta all’innovazione, guidata da un CEO lungimirante e amato dagli azionisti, a cui è perciò permesso di espandersi senza stare troppo a guardare ai profitti trimestrali. Inoltre, negli anni, Amazon è riuscita ad ottenere prestiti a un costo inferiore rispetto a quello a cui la Cina può prendere in prestito denaro [Business Insider Italia, 23/10/2017]. Tutto questo ha permesso e permette tuttora ad Amazon di “osare” ed entrare in categorie di mercato non tipicamente sue e farsi notare ed essere leader in tempi record. ◾


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 7

Strategia

Struttura

Gestione delle risorse umane

Figura 1.1 Approccio lineare.

comando, sarà costruita la struttura più adatta a implementarla e verranno inserite le risorse umane necessarie (Figura 1.1). L’approccio lineare è quello adottato nell’articolo seminale di Tichy e colleghi [1982] sul tema della gestione strategica delle risorse umane: gli Autori spiegano come le scelte relative a selezione, valutazione, retribuzione e sviluppo del personale debbano seguire la definizione della strategia e della struttura (che riconducono ai modelli funzionale, multidivisionale e globale). Con questo approccio si può analizzare, per esempio, la fase iniziale della Geox, quando nel 1995 Mario Moretti Polegato decide di realizzare la sua idea della scarpa che respira, e fonda un’azienda dal nulla. Il problema organizzativo è tutto chiuso entro la struttura. La relazione lineare può anche funzionare in ambienti stabili e semplici e quando le conoscenze e il potere decisionale sono molto concentrati al vertice dell’organizzazione, che è quindi in grado di dispiegare la propria razionalità tecnico-economica realizzando i suoi fini attraverso gli altri membri dell’organizzazione. Ma rivela tutti i suoi limiti in situazioni più turbolente e complesse. Approccio interdipendente In presenza di un ambiente complesso e variabile, in un’azienda in cui le conoscenze e le capacità distintive, con il relativo potere decisionale, non sono concentrati in un’unica persona, l’approccio lineare non è più applicabile. Strategia, struttura e risorse umane si influenzano reciprocamente e sono esposte alle pressioni dell’ambiente, cui cercano di adattarsi. La struttura si conforma alla strategia che, a sua volta, viene influenzata dalla struttura in un processo circolare. La strategia di domani sarà il prodotto dell’attuale struttura e delle persone che hanno recepito e rielaborato gli stimoli provenienti dall’ambiente. Si parla quindi di approccio interdipendente (Figura 1.2). Con questo approccio, continuando l’esempio della Geox, si riesce ad analizzare la fase di consolidamento dell’azienda che delocalizza in modo sistematico la produzione in Paesi a minor costo del lavoro e impiega le risorse generate dalla rapida espansione del fatturato, per consolidare la struttura manageriale, la distribuzione commerciale e la notorietà del marchio.

Ambiente Strategia

Struttura Ambiente

Figura 1.2 Approccio interdipendente.

Gestione delle risorse umane


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8 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore Strutture di governo delle transazioni

Strategie degli attori

Strategia

Struttura

Gestione delle risorse umane

Ambiente

Figura 1.3 Approccio evolutivo.

Approccio evolutivo L’organizzazione è però un sistema che apprende e si trasforma attraverso l’azione di una pluralità di soggetti (interni ed esterni) che interagiscono con i cambiamenti ambientali. Tali cambiamenti sono causa ed effetto delle azioni definite dalla strategia (Figura 1.3). La struttura conformata sul rapporto impresa-ambiente ha la capacità di modificarsi, evolversi e differenziarsi sotto la spinta di una pluralità di soggetti individuali e collettivi (manager, quadri, operai, gruppi professionali, sindacati e tutti gli altri stakeholder). Non è quindi il solo portato delle interdipendenze, ma anche delle strategie di tutti gli attori (interni ed esterni), il cui ruolo sarà differenziato dalla loro capacità di determinare o condizionare le performance dell’organizzazione. L’idea di strategia postula la libertà di colui che decide. Nel caso dell’approccio lineare, tale libertà è riconosciuta a un solo attore, unitamente alla capacità di implementare la decisione. Nell’approccio interdipendente essa viene in qualche modo delimitata dalle interdipendenze, che di norma subisce e solo di rado gestisce. È necessario un approccio che riconosca l’aspetto creativo e relazionale della strategia come una caratteristica potenzialmente attribuita a tutti gli attori, pur entro il sistema di interazioni simultanee o successive (cioè seguendo una logica path dependence, per cui le decisioni passate interagiscono con quelle attuali). La strategia si misura con la capacità di creare alternative che generano valore attraverso la combinazione di elementi di varietà e variabilità che consentono di dominare e sfruttare, piuttosto che subire, la complessità ambientale. L’approccio che ne discende viene allora qualificato come evolutivo. La relazione fra strategia e struttura passa da circolare a contestuale. In tale approccio, oltre all’ambiente, figurano le strategie degli attori e le strutture che governano le relazioni tra gli attori (Figura 1.3). Quindi, la struttura non è definita solo da relazioni interne (per esempio, gerarchiche), ma anche dal mercato e dalle convenzioni [Costa, Gubitta e Pittino 2014, cap. 4]. Con questo modello, l’organizzazione è collocata in un contesto sociale, istituzionale e politico più ampio, che include l’insieme di norme, convenzioni e sistemi di sanzione che si sono


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consolidati nel tempo e che regolano le relazioni fra attori. Il modello è definito “evolutivo”, poiché permette di cogliere anche i processi di trasformazione delle forme istituzionali e, in particolare, dell’organizzazione, considerata essa stessa come istituzione, in rapporto ai cambiamenti delle tecnologie e dei mercati, oltre che delle condizioni sociali e politiche specifiche, in differenti contesti nazionali e diverse epoche storiche. Con questo approccio, riprendendo il caso Geox, si riesce ad analizzare più compiutamente la fase più recente dello sviluppo di un’azienda che diviene globale, gestisce una complessa filiera produttiva e commerciale che si estende in tutto il mondo, utilizza una gamma ampia di relazioni contrattuali con fornitori, distributori, manager e personale interno ed esterno, a seconda dei diversi contesti istituzionali. Contribuisce a trasformare il distretto della calzatura di Montebelluna, in cui è nata, e anche la regione di Timisoara (Romania) dove ha collocato una parte significativa della sua produzione. Si quota in Borsa e decide una diversificazione correlata, entrando nel settore dell’abbigliamento [Camuffo et al. 2004].

Quale strategia? La descrizione dei tre approcci, svolta nel paragrafo precedente, mette in luce il ruolo fondamentale giocato dalla definizione della strategia nell’influenzare le scelte di gestione del personale. A questo proposito, gli studi di strategia, sia in generale sia con riferimento alla loro applicazione alla gestione del personale [Wright e McMahan 1992], fanno riferimento a due classiche impostazioni, quella di Porter [1985] e quella definita resources based view [Barney 2006, cap. 3]. La prima privilegia l’analisi del settore e la posizione assunta dall’impresa al suo interno. Il settore, che viene visto attraverso cinque forze competitive (i concorrenti, i possibili nuovi entranti, gli eventuali prodotti sostitutivi, i clienti e i fornitori), determina il livello di redditività che l’impresa può realizzare attraverso il proprio posizionamento [Grant 2005, capp. 3 e 4]. Questo si può concretizzare in tre tipi di strategie competitive alternative [Grant 2005, capp. 8 e 9]: ●

leadership di costo: il prodotto è uguale a quello dei concorrenti, ma è ottenuto a un costo inferiore; differenziazione: il prodotto ha caratteristiche che lo distinguono da quello dei concorrenti e lo fanno percepire al cliente come unico; focalizzazione: il prodotto interessa un segmento ristretto del settore entro il quale compete con una delle due alternative precedenti. Lo sviluppo di una strategia, secondo questo approccio, consiste nel mantenere un equilibrio dinamico tra i punti di forza e di debolezza dell’impresa e le opportunità e minacce che si presentano nel settore, attraverso un adeguamento


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10 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

costante delle politiche aziendali ai mutamenti delle condizioni esterne e interne. Di questo approccio sono stati segnalati i limiti, derivanti da una sorta di determinismo ambientale che lascia poco spazio alle scelte autonome dell’impresa, che può solo adattarsi alle condizioni del settore. L’approccio definito resources based view cerca di superare questi limiti, abbandona il settore industriale e adotta come unità di analisi la singola impresa considerata nella sua unicità [Barney 1991]. In accordo con questo approccio, il vantaggio competitivo dipende dal processo con cui l’impresa acquisisce e sviluppa al proprio interno un portafoglio di risorse, competenze e capacità organizzative eterogenee (cioè diverse dai concorrenti) e non perfettamente mobili (cioè non trasferibili attraverso il mercato se non perdendo valore) (vedi Capitolo 2). Ma che cosa si intende per risorse eterogenee e uniche? Le risorse comprendono “tutti gli asset, capacità, processi organizzativi, caratteristiche dell’impresa, informazioni, conoscenze ecc. che le consentono di concepire e implementare strategie che ne aumentano l’efficacia e l’efficienza” [Barney 1991]. In prima istanza, quindi, per risorse si intendono fattori fisici, tecnologici, finanziari e umani impiegati nell’impresa. Per capacità si intendono saperi, conoscenze, capacità operative formatisi all’interno dell’impresa attraverso un processo di apprendimento specifico. Mentre le singole risorse sono, entro certi limiti, trasferibili e intercambiabili, l’insieme di queste risorse, variamente combinate e rese reciprocamente complementari, si trasforma in competenze distintive che sono difficilmente trasferibili all’esterno del contesto in cui si sono formate (Scheda 1.1). In questa prospettiva, le imprese competono non solo nel mercato dei prodotti, ma anche in quello delle risorse per attrarre le skill e le competenze migliori, necessarie ai propri processi di creazione di valore [Coff e Kryscynski 2011]. Le risorse acquisite, o anche sviluppate all’interno, sono, in una certa misura, controllabili, mentre quelle esterne, che sono nella disponibilità di altre imprese, possono essere mobilitate a domanda e inserite, in base alle esigenze specifiche, nel processo aziendale di creazione di valore. Nell’analisi delle risorse, quindi, devono essere considerate sia le capacità di acquisizione e sviluppo di risorse interne, sia le capacità di estenderle attraverso un effetto leva che le combina con risorse esterne [Sanchez 2003, pp. 359-360].

La gestione strategica delle risorse umane Per creare la coerenza tra gestione delle risorse umane e strategia si possono adottare due approcci: un approccio strumentale e un approccio costitutivo [Camuffo e Costa 1993]. L’approccio strumentale è tipico del rapporto lineare tra strategia-struttura-gestione delle risorse umane (vedi sopra). Una volta definita la strategia (di costo, di differenziazione o di focalizzazione), la risorsa umana è un soggetto passivo sul quale s’interviene, affinché le sue caratteristiche e i suoi comportamenti rispondano ai bisogni del business. L’approccio strumentale resta ancora quello più noto e diffuso.


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 11

Le risorse tra competenze e capacità La letteratura usa spesso i termini risorse (resources), abilità (skill), capacità (capabilities) e competenze (competences) come sinonimi o con accezioni molto diverse. Usando in parte una sistemazione di Amit e Schoemaker [1993], si possono proporre le seguenti definizioni: ● risorse (resources) sono fattori fisici, tecnologici, finanziari e umani impiegati nell’impresa; le singole risorse in sé non hanno valore in termini di vantaggio competitivo, ma solo in quanto sono combinate in un sistema assieme ad altre risorse; per questa ragione il contributo di una risorsa alla creazione di valore dipende dalla disponibilità nel sistema di risorse complementari. La semplice disponibilità di risorse strategiche non è fonte di vantaggio competitivo. Questo deriva dall’efficace utilizzo di tali risorse e dalla capacità di combinarle in modo specifico; ● abilità individuali (skill) sono le abilità di un individuo nello svolgere un certo compito, coprire una funzione, realizzare un task; ● capacità (capabilities) sono repertori replicabili di azioni che i gruppi possono applicare a diverse situazioni utilizzando abilità e competenze; si parla di capacità organizzative, capacità manageriali, capacità dell’impresa; ● competenze individuali: queste vengono usate secondo due prospettive teoriche diverse. Secondo la scuola americana di McClelland [1985], Boyatzis [1982] e altri, le competenze sono motivazioni, tratti, caratteristiche, conoscenze, skill

Scheda 1.1

presenti negli individui che, in un determinato contesto organizzativo, nello svolgimento di un certo compito forniscono prestazioni sistematicamente superiori alla media. Le competenze di soglia sono invece le competenze minime necessarie per coprire un certo ruolo [Camuffo 1997]. Secondo la scuola europea, le competenze sono un insieme di skill di cui dispone un individuo per coprire una o più posizioni o ruoli. Si distingue anche tra competenze tecniche, legate a knowhow specifici di una tecnologia o di una funzione, e competenze trasversali, legate ai comportamenti [Bouteiller e Gilbert 2005] (vedi Capitolo 3); competenze organizzative (competences) consentono all’impresa di mobilitare e coordinare le proprie capacità al fine di raggiungere i propri obiettivi; si parla di core competence, di competenze distintive, per designare il knowhow specifico dell’azienda, cioè la modalità unica con cui riesce a combinare le proprie competenze organizzative e individuali al fine di ottenere, in un certo task, una performance superiore a quella dei concorrenti; dynamic capabilities denotano le relazioni intertemporali tra le risorse e le core competence e sono il frutto del processo che l’impresa deve essere in grado di presidiare per restare competitiva. Per effetto di tale processo, cambiano sia le competenze dell’organizzazione, sia quelle delle persone. ◾

L’approccio costitutivo si basa invece sull’idea che le risorse umane possano entrare in maniera costitutiva, e non solo strumentale, nella definizione del vantaggio competitivo. Questo è possibile quando la persona viene considerata un soggetto portatore di un valore originario e autonomo, con una propria collocazione nel sistema organizzativo, capace di sviluppare e rigenerare competenze


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12 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

e relazioni anticipando le esigenze del cliente esterno e interno. Le persone sono considerate portatrici di un’autonoma progettualità, di una capacità di innovazione, di una capacità di sviluppare e gestire il proprio valore. L’idea di un approccio costitutivo e non strumentale è stata proposta con altri termini e con diversa enfasi da Boudreau e Ramstad [2007], i quali sostengono che la Dru deve superare se stessa e divenire la scienza delle decisioni strategiche: la gestione di quelli che loro chiamano “i talenti” diventa il nuovo paradigma. Resta aperto il problema di come integrare questi talenti nella struttura e nella strategia [Thévenet 2008, p. 37 e sgg.]. In questo secondo approccio vengono mobilitati quelli che sono stati definiti intangible o invisible asset [Itami 1987]. L’idea base di Itami è che esistono nell’impresa degli asset che non si materializzano in impianti, fabbricati, prodotti, ma sono intangibili, costituiscono il fondamento del suo potere competitivo, e tuttavia non compaiono in bilancio.1 Si tratta del sapere tecnologico, dell’immagine aziendale, delle conoscenze accumulate sul mercato e sui consumatori, del controllo e del potere di influenza esercitati sul sistema distributivo, delle competenze del management, della cultura dell’impresa. Sono risorse basate sull’accumulo di informazione e conoscenza. Il loro valore è difficilmente quantificabile, ma se opportunamente gestito non solo non è sottoposto all’usura del tempo, a differenza del valore delle immobilizzazioni tecniche, ma è suscettibile di un’espansione cumulativa. Da questo punto di vista, la fonte di un vantaggio competitivo sostenibile non è il contenuto della strategia, destinato a divenire obsoleto rapidamente per effetto dei cambiamenti di mercato, delle innovazioni tecnologiche e delle iniziative dei competitori. È invece la struttura organizzativa che è in grado di generare e ricombinare la conoscenza prodotta dalle persone e alimentare continuamente la strategia [Bryan e Joyce 2007]. Nuovi modelli organizzativi, quali per esempio l’holacracy [Robertson 2015] o il paradigma teal [Laloux 2014], sposano questo approccio dal momento che considerano gli individui, con la loro autonomia e la loro responsabilità, il cuore della struttura aziendale e l'origine della capacità di adattamento della stessa. L’approccio costitutivo alla Dru è più coerente con la resources based view, mentre l’approccio strumentale è in linea con la prospettiva delle forze competitive. Usando i concetti della Scheda 1.1 è possibile capire il significato dell’integrazione organizzativa e strategica delle politiche di gestione delle risorse umane, tradizionalmente troppo focalizzate sulla dimensione “personale”. Si tratta,

1

E quando vi compaiono, più grazie ad artifici contabili escogitati per far quadrare i conti della finanza straordinaria che all’evoluzione della tecnica contabile, ci restano per poco se non superano il momento della verità costituito dai flussi di cassa scontati che sono loro attribuiti dagli impairment test.


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 13

in questa prospettiva, di gestire uno stock e un flusso di conoscenza. Lo stock consiste nel capitale intellettuale che è embedded (incorporato) sia nelle persone sia nei sistemi gestionali dell’azienda [Edvinsson e Malone 1997] (vedi Capitolo 2). Il flusso riguarda la conoscenza che viene creata entro l’impresa, trasferita e resa operativa attraverso i comportamenti delle persone. Tale flusso di conoscenza alimenta a sua volta lo stock di capitale intellettuale.

Risorse umane e vantaggio competitivo Tradizionalmente i professionisti delle risorse umane hanno dedicato attenzione alla costituzione e alla gestione della conoscenza in termini di individui, mentre oggi è richiesto loro di ampliare la loro ottica alla dimensione organizzativa e sociale. Questo significa attuare politiche in grado di abbassare i costi o di contribuire alla generazione di prodotti e servizi differenziati, o di fare entrambe le cose. Ciò richiede una Dru che operi in una prospettiva strategica e che disponga delle capacità per capire e soddisfare le esigenze del business. Poiché le imprese di successo parlano pubblicamente del loro approccio alle risorse umane o lo presentano con ricchezza di particolari in siti web, pubblicazioni, seminari e conferenze, c’è chi si è chiesto se effettivamente le politiche relative al personale possano costituire fonte di vantaggio competitivo. È proprio questa la domanda di ricerca degli studi che si rifanno allo Strategic Human Resource Management, i quali tentano di analizzare il legame tra implementazione delle pratiche di gestione del personale e performance aziendale. Le prospettive teoriche che sottendono questo rapporto possono essere ricondotte a tre grandi filoni [Delery e Doty 1996]. La prospettiva universalistica assume che esista un insieme di pratiche di gestione delle risorse umane “strategiche” (best practice) dalla cui implementazione le imprese possono ricavare un beneficio in termini di performance. Questa prospettiva è definita universalistica perché queste attività dovrebbero essere le stesse per tutte le organizzazioni indipendentemente, per esempio, dal settore, dalla dimensione, dal contesto competitivo. Esse prendono il nome di High-Performance Work Practices e sono generalmente identificate con [Pfeffer 1994]: opportunità di carriera nel mercato interno del lavoro, esistenza di processi di formazione formali e non solo on-the-job, valutazione del personale sulla base dei risultati e dei comportamenti, piani di retribuzione variabile basati sulla distribuzione dei profitti, uso di soluzioni contrattuali che garantiscono la stabilità del rapporto di lavoro, meccanismi di partecipazione alle decisioni aziendali, organizzazione del lavoro che favorisce la crescita professionale e l’equilibrio tra vita privata e lavorativa. Nel corso degli anni, diversi studi hanno indagato la relazione tra l’adozione di queste pratiche e la performance d’impresa [Macky e Boxall 2007; Becker et al. 1997] trovando un effetto positivo sui comportamenti individuali (per esempio soddisfazione sul lavoro, fiducia nel management, identificazione nell’organizzazione) e su al-


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14 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

Caso 1.3

Eni – Strategia, mercato del lavoro, gestione delle risorse umane

La riforma del sistema pensionistico e i cambiamenti demografici stanno modificando le caratteristiche del mercato del lavoro e la crisi globale di questi anni non fa che accelerare la ricerca di un nuovo punto di equilibrio tra sostenibilità del modello economico-sociale e produttività. Secondo i dati internazionali, l’Europa perderà costantemente popolazione di qui al 2020, passando da 731 milioni a 722 milioni di persone. Entro il 2050 potremmo aver perso il 24% della forza lavoro nell’Ue. Le simulazioni interne di Eni stimano, sulla base delle nuove regole pensionistiche, un innalzamento dell’età media delle risorse umane di circa cinque anni nel 2022, con oltre un terzo degli addetti sopra i 55 anni e una riduzione del 3% delle risorse al di sotto dei 30 anni. Ciò significa, in termini concreti, due cose: una possibile riduzione del turnover in ingresso e un aumento della vita lavorativa del nostro personale. Come in tutte le transizioni, anche in questo caso ci sono rischi da evitare e opportunità da cogliere. Si tratta di riprogettare il modello organizzativo del lavoro e di gestione del capitale umano facendo leva sui principali punti di forza. Tra tutti, quello della valorizzazione degli intangible asset è il più rilevante: il patrimonio di capacità, esperienza, relazioni potrà rimanere più a lungo a disposizione delle aziende ed essere l’oggetto di un sapiente trasferimento di competenze alle nuove generazioni. È evidente, però, che per garantire un assetto equilibrato del lavoro e delle capacità bisognerà agire sull’organizzazione. Innanzitutto promuovendo una maggiore

flessibilità interna e disegnando nuovi ruoli per arricchire le opportunità per chi già da tempo lavora in azienda. Il ricorso a formule contrattuali più innovative e flessibili potrà garantire maggior dinamismo, modellando l’impiego sulla base dell’esperienza acquisita nel tempo, dei bisogni e delle caratteristiche del singolo lavoratore. In secondo luogo occorrerà rivisitare la “curva” della progressione di carriera. I più giovani dovranno non sentire i traguardi professionali come eccessivamente lontani e le risorse senior non dovranno vedere sterilizzato il supplemento di permanenza in azienda prima della pensione. Oggi, in buona parte dei modelli aziendali, i passaggi principali della crescita professionale sono concentrati nella prima parte di vita in azienda. La curva dovrà essere più morbida e tenere in considerazione le capacità e le competenze di ciascuno. Un cambiamento come quello che stiamo affrontando richiede infine due ingredienti: risorse sempre più qualificate, alle quali è nostro dovere garantire una formazione continua, e una forte responsabilizzazione dei ruoli dirigenziali e di vertice. A loro spetta soprattutto il compito di affermare una cultura della competenza, della collaborazione e della capacità di rinnovarsi. [Articolo di Salvatore Sardo, Chief Corporate Operations Officer di Eni. Il Sole 24 Ore, 28/04/2012] ◾

cuni indicatori organizzativi (produttività, crescita, tassi di ritorno degli investimenti). Le critiche generalmente mosse a questo approccio sono relative, innanzitutto, all’impossibilità di utilizzare uno stesso sistema di gestione del personale in aziende con struttura ed esigenze diverse. Inoltre, anche se le best practice non provenissero da liste codificate ma fossero il frutto di attività


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di benchmarking, l’imitabilità sarebbe solo apparente perché molto spesso queste pratiche sono caratterizzate da ambiguità causale (non è facile capire i rapporti di causa ed effetto) e da path dependency (la loro efficacia dipende dalle esperienze accumulate dall’impresa e i tempi di riproduzione non sono comprimibili). La prospettiva contingente è più complessa della precedente perché ipotizza che la relazione tra gestione del personale e performance aziendale dipenda da elementi “contingenti” quali, per esempio, il contesto ambientale, il livello di innovazione dell’azienda, il settore di riferimento. Come suggerito da Delery e Doty [1996], la variabile contingente che dovrebbe essere considerata nella progettazione di un sistema di gestione delle risorse umane è la strategia dell’impresa. In altri termini, le attività di gestione del personale più efficaci dovrebbero essere scelte in funzione, per esempio, del fatto che un’azienda adotti una strategia di riduzione dei costi oppure di differenziazione. Un limite di questa prospettiva è che suggerisce di effettuare un’analisi di adeguatezza contingente per ciascuna delle attività di gestione del personale prese singolarmente. Per esempio, un’azienda che adottasse una strategia di contenimento dei costi potrebbe decidere di reclutare tramite passaparola. Tuttavia questo canale potrebbe non permettere di accedere al numero e al tipo di candidati necessari alle esigenze aziendali, innalzando di conseguenza i costi di formazione. La prospettiva configurazionale parte dai limiti evidenziati per l’approccio contingente e suggerisce l’esistenza di gruppi (bundle) di attività di gestione del personale che hanno la caratteristica di rinforzarsi tra di loro e la cui attuazione congiunta produce un effetto sulla perfomance superiore all’attuazione di ciascuna attività individualmente. Come definire una configurazione di attività di gestione del personale in grado di apportare valore? In funzione della loro coerenza interna (horizontal fit) e con la strategia aziendale (vertical fit) [Wright e Snell 1998]. Per esempio, in Nardini (Caso 1.4) il mantenimento delle tradizioni e l’artigianalità sono due elementi fondamentali della strategia che vengono alimentati tramite processi di reclutamento e selezione basati sulle reti sociali, percorsi di carriera interni e promozioni basate sull’anzianità. Diversamente in aziende high tech, dove l’attenzione strategica è rivolta all’innovazione, il reclutamento e la selezione si basano sull’eccellenza del background formativo e professionale del candidato, coerentemente viene offerta formazione su competenze trasversali con metodi didattici all’avanguardia e viene fornito un sistema di servizi che valorizzano l’individuo.

1.2 La direzione del personale come servizio strategico Per rendere operativo il contenuto strategico della Dru proponiamo ora un modello di analisi e di progettazione di questa funzione aziendale che adotta un orientamento consapevole ed esplicito di fornitura di un servizio [Costa 1997, cap. 2]. L’ottica di servizio qui usata, si rifà, con gli opportuni adattamenti, al concetto di


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Caso 1.4

Nardini – La famiglia come risorsa

La Nardini è una storica azienda famigliare di Bassano del Grappa che ha una posizione di leader nella produzione della grappa. La stagionalità del processo produttivo – da settembre a metà marzo – ha rappresentato da sempre un vincolo alle modalità organizzative del lavoro. Un tempo, la stagionalità si risolveva con l’impiego dei braccianti, già operanti alle dipendenze dei Nardini per seguire le aziende agricole di famiglia. In effetti, il periodo della distillazione coincideva perfettamente con le stagioni morte dell’attività in campagna (l’autunno e l’inverno). Ma i duecento anni di storia dell’azienda hanno visto ridimensionare la tradizione agricola. Il limite della stagionalità è stato allora superato assumendo, dagli anni ’70 del secolo scorso in avanti, solo collaboratori aventi una doppia abilità: quella di distillatori e quella di artigiani specializzati. I venticinque collaboratori si dividono tra elettricisti, muratori, falegnami, idraulici, fabbri. Le loro abilità vengono spese da fine marzo a ottobre per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di distillazione e per interventi di riparazione richiesti dalla società immobiliare di proprietà della famiglia Nardini. Esiste persino un reparto di falegnameria interna che realizza sedie e tavoli per i due negozi (l’osteria sul ponte e il caffè Nardini) e si occupa della manutenzione dei balconi in legno del ponte vecchio. Sarà per la pos-

sibilità di svolgere mansioni allargate o sarà per l’elevata retribuzione – i Nardini riconoscono ai loro collaboratori anche la quindicesima mensilità – le richieste di lavoro non mancano mai, superando di gran lunga il fabbisogno reale. L’albero genealogico della famiglia Nardini attraversa due secoli: una sua riproduzione su tela occupa quasi interamente una parete e testimonia una storia di sei generazioni. Accanto a quella della famiglia proprietaria potrebbe essere tracciata anche la genealogia di alcuni clan dei lavoratori: ci sono, per esempio, i “mitici” Farantoni che figurano tra le file dei collaboratori dei Nardini da più di duecento anni e che difficilmente potranno essere sostituiti. Le occasioni per celebrare i legami così longevi non vengono mai dimenticate: dalle classiche medaglie per premiare l’anzianità aziendale, alle gite organizzate ogni anno con una simpatica alternanza di mete sacre e mete profane, da Parigi ad Assisi, per esempio. La direzione e l’imprenditorialità sono incarnate dall’Amministratore delegato Giuseppe Nardini, nei termini che in azienda, senza polemica, sono così sintetizzati: “Non si muove foglia senza il suo assenso”. [Puricelli 2007, pp. 16-17, con adattamenti] ◾

gestione strategica dei servizi [Normann 1984]. Le attività della direzione del personale possono così essere progettate e analizzate rispetto a cinque variabili: ●

il task della Dru, vale a dire le modalità con cui concepisce il proprio ruolo e i propri obiettivi, in coerenza con la mission aziendale; i destinatari delle attività della Dru che nell’ottica del servizio reso possono essere definiti “clienti” e che possono essere interni o esterni all’azienda; l’organizzazione della funzione e gli strumenti tecnici per la realizzazione del task;


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Task Strategia

Organizzazione della funzione e strumenti

Misura della performance

Valori

Cultura Clienti

Figura 1.4 La Dru come servizio strategico.

gli indicatori di performance delle diverse attività svolte e della funzione nel suo complesso; la strategia, la cultura e i valori dell’organizzazione in generale, e degli addetti alle risorse umane in particolare. Le variabili sono tutte collegate tra loro ed è possibile isolarle nella descrizione solo per comodità analitica (Figura 1.4). Esse possono essere interpretate e combinate in modo diverso, dando luogo a varie configurazioni di Dru. Il modello non vuole essere prescrittivo, ma consentire di cogliere le relazioni tra variabili e di capire l’importanza di tali relazioni nelle contingenze specifiche. Si tratta di spiegare anche situazioni aziendali che adottano profili di Dru che non corrispondono propriamente alle cosiddette best practice, ma costituiscono ugualmente una modalità innovativa ed efficace, come è dimostrato da molte esperienze di aziende italiane [Gabrielli 2010, Rebora 2009, Campiglia et al. 2000] e dai sistemi di piccole e medie imprese [Albertini 2002]. Il ruolo e il potere della Dru, la collocazione organizzativa, lo sviluppo dimensionale, la complessità delle politiche adottate e delle strumentazioni tecniche impiegate, sono fortemente influenzati da fattori contingenti quali la tecnologia, la dimensione aziendale, il contesto istituzionale e sociale, il grado di internazionalizzazione, i mercati di approvvigionamento delle risorse e di sbocco, la cultura aziendale [Costa 1997, cap. 4]. Non si tratta di un rapporto deterministico, in grado di definire univocamente le caratteristiche e le politiche della Dru. Molto dipende anche dal modo in cui gli attori aziendali interpretano il loro ruolo, colgono le opportunità dell’ambiente interno ed esterno, entrano in relazione con altri ruoli, costruiscono le loro strategie.

Il task della Dru Il task della Dru è un’espressione sintetica che qualifica il modo in cui è definita e interpretata la ragione d’essere di questa funzione aziendale. Essa ingloba le opzioni ideali, culturali e tecniche che discendono dall’orientamento strategico


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dell’impresa e dalla sua cultura, e che sono incorporate nella variabile “strategia, cultura e valori” (Figura 1.4). Ques’ultima infatti, non deve essere considerata come punto terminale e di chiusura del modello, poiché per effetto della natura circolare e iterativa delle relazioni, le variabili sono simultaneamente e non sequenzialmente correlate. Da una vasta letteratura che sintetizza le grandi opzioni disponibili [Actis Grosso 1992; Fombonne 2001], possiamo enucleare tre tipologie di task: Amministrazione del personale, Gestione del personale, Direzione e sviluppo delle risorse umane [Costa 1997, pp. 54-64]. Nel primo caso (Amministrazione del personale), il task è definito in termini puramente amministrativi e consiste nella cura degli aspetti giuridici e contabili del rapporto di lavoro. Nel secondo caso (Gestione del personale), agli aspetti amministrativi si aggiunge l’attenzione all’integrazione organizzativa delle persone con l’introduzione di strumenti che perseguono l’efficienza e l’efficacia del loro impiego. Nel terzo caso (Direzione e sviluppo delle risorse umane), la Dru diventa un fattore costitutivo della strategia e apporta il suo contributo alla costruzione del vantaggio competitivo.

I clienti della Dru L’adozione di una concezione della Dru come servizio e quindi di un orientamento volto alla soluzione dei problemi dei destinatari di tale servizio (il vertice strategico, le altre funzioni aziendali, lo stesso personale e tutti gli altri stakeholder), richiede una sorta di segmentazione secondo una logica di marketing interno [Marchiori 2001]. Questo porta a differenziare i servizi a seconda dei bisogni e delle caratteristiche del “cliente”, della sua capacità di interagire nella produzione del servizio stesso. Per capire tali bisogni e approntare gli strumenti più idonei alla loro soddisfazione, non è possibile adottare una visione omogenea e compatta di tutto il personale, che porterebbe a offrire un servizio standardizzato, rispondente più alle esigenze di chi lo fornisce che a quelle di chi lo riceve o, nel migliore dei casi, a un orientamento al costo e all’efficienza delle attività della Dru. Può essere necessario segmentare il personale. Il grado e le modalità di segmentazione sono influenzati dalla configurazione adottata che a sua volta determina i criteri di individuazione dei vari segmenti in una relazione dialettica. Le politiche del personale tendono a differenziarsi nella stessa misura in cui si diversificano i ruoli organizzativi, le caratteristiche professionali e sociali dei soggetti che operano nell’ambiente interno ed esterno all’impresa. Per esempio, pur in presenza di una politica unitaria delle risorse umane, si avranno declinazioni diverse per la gestione del personale di vendita e di quello di produzione, dei quadri e dei dirigenti, dei leader e dei cosiddetti follower, degli operativi e dei professional e così via. Ciascuna di queste tipologie di persone presenta gradi di criticità diversi in aziende che operano in settori diversi e con strategie differenziate. Prendiamo, per esempio, i professional: un architetto sarà gestito diversamente se opera in uno studio di design o in azienda di costruzioni; un avvocato


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in una law company o in una banca; un programmatore in una software house o in un’azienda commerciale; un ingegnere se ha una responsabilità di progetto o gestisce un’unità di business e così via. Le politiche possono inoltre cambiare a seconda del tipo di motivazione che caratterizza determinate tipologie di lavoratori. C’è una tendenza ad abbandonare teorie generali della motivazione valide per tutti i tipi di lavoratori, a favore di teorie che diano conto delle diverse risposte che persone appartenenti a generazioni diverse (baby boomers, millennials, generazione X e così via) danno a determinate politiche (vedi Capitolo 5). L’esasperazione del concetto di segmentazione può portare a un eccesso di individualismo e di frammentazione che rende difficile il perseguimento di una gestione equa e coerente [Thévenet 2008, p. 14]. Per valutare l’adeguatezza del ruolo della Dru e delle specifiche politiche è necessario avere un quadro di quelli che vengono definiti gli stakeholder e che rappresentano un insieme estremamente variegato di interessi e di caratteristiche sociali e professionali [Freeman et al. 2007]. Le politiche del personale dovrebbero rapportarsi, naturalmente con modalità diverse, a tutti questi soggetti che in diversa misura hanno attese nei riguardi delle attività dell’azienda. Questa segmentazione è suggerita anche dagli studi sul mercato del lavoro che evidenziano l’esistenza di diverse categorie di lavoratori che sono genericamente indicati come core workers e peripheral (temporary o contingent) workers. Sin dalle prime ricerche sulla segmentazione del mercato del lavoro, che trovarono un loro compimento nel modello del mercato interno del lavoro, gli studiosi si confrontano con l’evidenza dell’esistenza di diversi segmenti del mercato ai quali afferiscono lavoratori con diverse caratteristiche professionali (vedi Capitolo 5). Le sempre crescenti esigenze di flessibilità produttiva, coniugate con la necessità di mantenere uno stretto controllo sui costi, hanno spinto le imprese a sviluppare la capacità di riconoscere questi segmenti e attivarli in base alle loro esigenze. C’è chi si chiede se la segmentazione possa anche essere fonte di discriminazione e di trattamenti non equi. Dipende dallo spirito che anima l’impresa. Dalla segmentazione sono nate anche politiche di diversity management (vedi Capitolo 15) volte a rimontare posizioni svantaggiate sul mercato del lavoro [Peretti 2006a; Costa e Gianecchini 2006].

Organizzazione e strumenti della Dru Il modo in cui vengono definiti i ruoli della Dru in relazione ai diversi segmenti del personale si concretizza nelle scelte relative alle caratteristiche professionali degli addetti alla funzione, alle strumentazioni tecniche usate (si parla di tecnologia della Dru in senso lato), alla collocazione organizzativa. Le forme organizzative adottate si differenziano molto nelle diverse soluzioni. Si può andare dal caso in cui la Dru non ha alcuna autonomia funzionale al punto di confondersi con la funzione amministrativa, al caso di totale integrazione nel vertice strategico. A ciascuna soluzione corrispondono competenze tecniche e comportamentali dei professionisti delle risorse umane significativamente diverse.


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È tipico della produzione di servizi mantenere un elevato livello di interazione con il “cliente”, sollecitandolo a una posizione attiva [Normann 1984]. I servizi del personale non sfuggono a questa impostazione. I vertici aziendali e, in generale, la linea operativa a tutti i livelli sono sempre più coinvolti nei processi di gestione di risorse umane [Peretti 2006b]. Da alcuni anni, anche le Dru si confrontano con il tema dell’outsourcing, cioè dell’acquisizione all’esterno di servizi relativi alla funzione [Comacchio et al. 2008; Cerruti et al. 2008]. Diversi studiosi hanno fornito indicazioni relative a quali attività dovrebbero essere esternalizzate. La maggior parte dei modelli proposti hanno orientamenti ispirati alla teoria dei costi di transazione o alla resource based view. Nel primo caso, le ragioni che guidano l’esternalizzazione sono da ricondursi ad aspetti strettamente legati a una logica di minimizzazione dei costi. Nel secondo caso, l’outsourcing risponde all’esigenza di acquisire un insieme di competenze che, sviluppate e combinate con quelle già all’interno dell’impresa, permettano di creare delle risorse uniche difficilmente riproducibili dai concorrenti. In entrambi i casi, vantaggi e svantaggi dell’esternalizzazione delle pratiche di gestione del personale si bilanciano differentemente a seconda delle dimensioni dell’impresa e del tipo di processi dei quali si occupa la Dru (vedi Capitolo 10).

Misura della performance della Dru La misura e il controllo delle attività di gestione delle risorse umane risentono della definizione del ruolo e dell’orientamento strategico adottato. La posizione competitiva dell’impresa e quindi la sua idoneità a mantenere nel tempo posizioni profittevoli potrebbero essere alla fine il solo criterio di valutazione delle attività di gestione delle risorse umane. Tale criterio potrebbe però avere un basso impatto operativo e non raggiungerebbe l’obiettivo, che si considera essenziale nei sistemi di controllo della performance, di orientare i comportamenti. Porterebbe inoltre a una indeterminazione delle responsabilità, soprattutto in relazione ad attività più specifiche. Si può quindi affermare che, pur restando la performance dell’azienda nel suo complesso (profitto e valore generato per tutti gli stakeholder) l’indicatore per eccellenza della performance di lungo periodo delle politiche di gestione delle risorse umane, è necessario articolare gli strumenti di misura in modo da cogliere, controllare e sollecitare il contributo delle varie attività [Huselid et al. 2005; Ulrich et al. 2009]. È necessario evidenziare e, per quanto possibile, quantificare il valore generato dalle attività di Dru, superando così l’erronea convinzione che l’utilità nei servizi di staff non sia misurabile: la misura non è facile, i parametri possono essere ambigui, ma proprio per questa ragione s’impone uno sforzo per uscire da una indeterminazione che può servire da alibi a inefficienze e insufficienze del management. È importante che gli indicatori di obiettivi e di risultati colgano tanto la dimensione economica quanto quella “sociale”, equilibrando le esigenze di breve periodo con quelle di medio-lungo.


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HR transformation L’avvento della rivoluzione digitale ha avuto ripercussioni sul lavoro quotidiano delle persone e, di conseguenza, sul modo in cui il responsabile delle risorse umane interagisce con loro. Adesso quello che viene richiesto a un buon Direttore HR è saper anticipare le tendenze in un mondo che ha profondamente rivisto ruoli, orari, modalità lavorative, carriere, relazioni industriali, location, mobilità, comunicazione. «È cambiato l’approccio – spiega Marco Vigini, presidente lombardo AIDP, l’associazione dei capi del personale – i nuovi modelli, come la sharing economy, hanno veicolato un rapporto che non è più di confronto tra HR Director e lavoratori, ma di collaborazione e abilitazione. Fino a ieri il nostro mondo ci ha spinti ad andare sul sicuro con modelli guidati dalle aziende. Ora invece con i nuovi modi di comunicare, come i social, siamo portati a ragionare fuori dai vecchi schemi. E dobbiamo avere il coraggio di riscrivere tutti i paradigmi delle nostre organizzazioni». A partire dalla gestione della relazione tra tecnologia e persone, progettando e creando ambienti agili che valorizzino l’apporto creativo e imprenditoriale del singolo, a prescindere da background ed età. La digitalizzazione è un fattore imprescindibile, è già realtà, e potrà solo diventare più pervasiva, non solo nel settore dei servizi ma anche in altri ambiti, come il manifatturiero.

Scheda 1.2

Favorire lo sviluppo nelle persone di nuovi atteggiamenti è un altro obiettivo recente del Direttore HR. Significa «portare nuovi software mentali e, creando le condizioni del cambiamento, accompagnare le risorse umane per capire le sfide del domani, dialogando con il mondo esterno», prosegue Vigini. Questo passa per l’integrazione «di tante diversità, anche intergenerazionali, presenti in azienda, che devono essere viste come opportunità di sviluppo e di ricchezza». Con l’innalzamento dell’età media e dell’età della pensione, in azienda coesistono fino a sette generazioni, che hanno esigenze, abitudini, desideri, ma anche forme contrattuali e approcci motivazionali differenti. Saperli interpretare e armonizzare, all’interno di coordinate spaziali e temporali da ripensare, è un altro dei nuovi compiti del Direttore HR. «Se fino a 10-15 anni fa il Responsabile HR doveva avere skill tecniche forti – dalla negoziazione sindacale alla conoscenza del mercato del lavoro – ora deve possedere soprattutto una buona rete di relazioni, complesse e diversificate. Essere un tessitore di reti e un gestore di comunità». [la Repubblica – Affari & 04/02/2019 con adattamenti]

Finanza,

Strategia, valori e cultura dell’impresa e degli addetti Dru L’ultimo elemento del modello è relativo alla definizione delle caratteristiche della cultura organizzativa all’interno della quale opera la Dru. Come per le componenti precedenti, anche in questo caso è importante valutare quanto essa sia coerente rispetto all’intero modello: il framework da noi proposto ha infatti una forte valenza sistemica, per cui le relazioni tra le variabili sono tali da richiedere un equilibrio tra tutti gli elementi. I valori e la cultura dell’impresa costituiscono la variabile di confluenza delle altre variabili analizzate e rappresentano quella che è stata giustamente definita


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l’identità dell’impresa. I valori e la cultura di una specifica impresa nascono dalla sua storia e sono il risultato del lavoro di tutti i suoi membri, presenti e passati [Gagliardi e Monaci 1997]. Pur facendo parte di un unico fenomeno, è necessario distinguere tra la cultura aziendale in senso antropologico (valori, simboli, riti) e la cultura aziendale intesa come competenza distintiva, come campo di competenze applicative, come sapere dell’organizzazione che si articola nelle principali funzioni aziendali e nei più significativi gruppi professionali presenti in azienda. Senza questa distinzione e senza l’integrazione di questi due aspetti, l’analisi culturale può scivolare nel folklore e alimentare un genere letterario, ricco di best seller il cui successo anche presso un pubblico professionale è pari solo alla loro ininfluenza. La Dru può essere vista in senso ampio come presidio della competenza distintiva aziendale, cioè del patrimonio di un saper fare collettivo, sedimentato nel tempo e che dovrebbe mettere un’azienda in grado di gestire i fattori critici del proprio business e di distinguersi dai concorrenti. Su tale presidio delle competenze distintive si gioca lo spazio più significativo per l’integrazione della Dru in una prospettiva strategica.

1.3 Il modello in azione Utilizziamo ora il modello di Dru come servizio strategico per approfondire nei dettagli le configurazioni di base sopra individuate. Mentre le alternative strategiche dispongono di un’ampia gamma di sistemazioni, alcune delle quali sono diventate senso comune manageriale, le alternative in campo di gestione delle risorse umane non sono altrettanto chiare, neanche nella loro formulazione teorica. Il percorso evolutivo che ha portato gli addetti al personale da funzioni meramente amministrative a quelle che oggi vengono definite di business partner [Ulrich 1997], ha richiesto una serie di passaggi intermedi alimentati da una migliore comprensione dei fattori che rendono un’azienda competitiva e che ne consentono la trasformazione.

Amministrazione del personale In una prima configurazione, che può essere definita di “Amministrazione del personale”, il task è caratterizzato da una concezione di tipo contabile-amministrativo, volta ad amministrare il rapporto di lavoro. La funzione del personale ha scarse relazioni con il vertice strategico e con la linea operativa, ai quali evidenzia i vincoli amministrativi e dai quali si limita a ricevere gli input informativi necessari per tradurre le scelte gestionali, in ordine al personale, in atti e rilevazioni coerenti con le norme legislative e contrattuali e con le procedure amministrative. La gestione del personale in termini sostanziali è invece strettamente legata alla gestione tout court ed è quindi effettuata dal vertice strategico e dalla line, senza supporti specialistici, con strumenti tecnici non professionali e politiche non formalizzate. Gli addetti al personale non interferiscono con le


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politiche di gestione. Queste, in quanto restano implicite, possono anche essere molto efficaci e apportare un grande contributo alla strategia aziendale. È frequente nelle piccole imprese di successo, nelle quali la strategia aziendale è intrinsecamente legata a una filosofia di rapporto con la risorsa umana ed è gestita da un’unica persona (il fondatore) o da un ristretto nucleo di vertice (Caso 1.4). Il modello funziona fintanto che per effetto della crescita dimensionale, dell’aumento della complessità della tecnologia, dei processi e dei mercati, o semplicemente per esigenze di ricambio generazionale, è necessario sviluppare processi di delega e attivare meccanismi organizzativi per rinnovare la strategia e controllarne l’implementazione. Il modello si presenta anche in altri casi, come nelle grandi imprese burocratizzate o nelle amministrazioni pubbliche, dove la strategia non presenta particolari connotazioni in termini di gestione delle risorse umane: l’amministrazione del personale finisce con l’essere l’unica dimensione del rapporto con i lavoratori. Dal punto di vista organizzativo, la funzione è confusa con la direzione amministrativa, di cui costituisce un’appendice (Figura 1.5). La tecnologia è quella tipica dell’amministrazione. Il servizio fornito è di tipo indifferenziato, senza segmentazioni del personale, se non nel limitato grado richiesto dalla classificazione dei lavoratori in alcune grandi classi definite per via legislativa e contrattuale (per esempio, dirigenti, quadri, impiegati, operai e lavoratori in somministrazione). La professionalità degli addetti è generica sugli aspetti gestionali, mentre è normalmente molto sviluppata sugli aspetti giuridico-amministrativi. Possono riscontrarsi anche in materia amministrativa, soprattutto nelle dimensioni minori, supporti di consulenze da parte di professional (consulenti del lavoro) e di associazioni imprenditoriali. Il limitato impatto di una funzione così concepita sull’assetto organizzativo e sul sistema decisionale dell’azienda ne hanno fatto l’oggetto principale di processi di outsourcing, anche in organizzazioni di rilevanti dimensioni. Il criterio dominante per valutarne la performance è definito dalla correttezza amministrativa e dalla “legittimità” (rispondenza alla normativa legislativa e contrattuale). La cultura, i valori di riferimento e gli orientamenti espressi Direzione Generale

Produzione

Marketing e commerciale

Ricerca e sviluppo

Amministrazione

Contabilità

Figura 1.5 Configurazione “Amministrazione del personale”.

Controllo di gestione

Amministrazione del personale


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dagli addetti al personale possono essere diversi da quelli espressi dall’impresa nel suo complesso. È una configurazione che, come si è già detto, si riscontra in prevalenza in imprese di piccola dimensione di tipo sia tradizionale sia innovativo, in grandi imprese burocratizzate, nelle pubbliche amministrazioni. Nelle piccole imprese innovative, tuttavia, la cultura e gli orientamenti espressi dagli addetti al personale sono totalmente ininfluenti sulla cultura e sugli orientamenti espressi dal vertice e dalla line. All’interno di questa configurazione la Dru gioca il ruolo che Dave Ulrich [1997] definisce di administrative expert, caratterizzato da un orientamento di breve periodo e una focalizzazione operativa sui processi. Secondo Ulrich, che comunque ragiona in un’ottica multiruolo, questo è un ruolo che, quantunque venga a volte sottovalutato rispetto ai ruoli strategici, continua a fornire un contributo importante alla creazione di valore. Esso richiede che i professionisti delle risorse umane assicurino procedure efficienti ed efficaci che implicano un costante monitoraggio e, ove necessario, frequenti riformulazioni dei processi [Ulrich 1997, p. 28]. In altri termini, il Direttore delle Risorse Umane deve innanzitutto rispettare le norme (compliance manager), conoscendole e anticipandone i cambiamenti; deve comprendere e saper interpretare le informazioni relative al personale (analytics designer and interpreter) (vedi Capitolo 4); deve, infine, padroneggiare i media e le tecnologie che permettono lo svolgimento delle attività di gestione del personale (technology and media integrator) [Ulrich, Kryscynski, Ulrich e Brockbank 2017].

Gestione del personale In una seconda configurazione che può essere definita di “Gestione del personale”, il task è caratterizzato in termini gestionali e non solo amministrativi. La direzione del personale definisce politiche specifiche e offre al vertice strategico e alla line operativa i supporti tecnici per implementare le loro scelte strategiche in termini di personale. La focalizzazione sugli aspetti gestionali non si contrappone a quella, tipica della precedente configurazione, relativa agli aspetti giuridico-amministrativi, che viene invece assorbita in una prospettiva più ampia. Si può affermare, in altre parole, che a questo punto la correttezza giuridico-amministrativa è comunque assicurata e non costituisce la preoccupazione principale ed esclusiva degli addetti al personale. Nella definizione e nell’implementazione delle proprie politiche specifiche la Dru gode di una certa autonomia, che può essere distinta in: ●

autonomia specialistica, che deriva da una collocazione organizzativa autonoma e differenziata rispetto alla funzione amministrativa e alla line. Il suo compito è quello di fornire, da una posizione di staff, senza potere e responsabilità diretti, supporti tecnici alla line, in ambiti che richiedono strumenti professionali specifici (per esempio, tecniche di selezione, check-up retributivi, analisi motivazionali);


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 25 ●

autonomia politica, che conferisce ai responsabili del personale un potere diretto sulle politiche delle risorse umane. Dal punto di vista organizzativo, la Dru risponde direttamente ai vertici aziendali e ha un’autorità funzionale sulla line per tutti i problemi che attengono al personale. A parte le contingenze che possono aver dato origine alle due concezioni, spesso si riscontra una combinazione dei due approcci, che in termini organizzativi si traduce in collocazioni di tipo staff-line (Figura 1.6) [Costa, Gubitta e Pittino 2014, p. 177]. La professionalità degli addetti è normalmente generica per quanto riguarda gli aspetti di gestione aziendale, mentre è elevata sugli aspetti tecnici di direzione del personale, con uso di strumentazioni che possono essere anche molto sofisticate e formalizzate. Questo tipo di configurazione si collega allo sviluppo, soprattutto nelle aziende di grandi dimensioni, di figure professionali specifiche all’interno della Dru, che prendono il nome di HR Specialist. L’HR Specialist rappresenta un punto di riferimento per tutti i problemi collegati alla sua area di competenza, quali per esempio il reclutamento, la formazione, lo sviluppo. Nel caso poi di gruppi operanti a livello internazionale, la professionalità degli HR specialist può essere riunita in specifiche unità organizzative denominate HR Shared Service. Queste unità, collocate a livello centralizzato (corporate) presso la casa madre, offrono servizi a tutti i collaboratori, ovunque essi siano dislocati geograficamente e anche se appartenenti a diverse aziende del gruppo. Si configura, in questo modo, un centro di eccellenza interno con vantaggi sia in termini di economie di scala sia in chiave di sviluppo di competenze. La valutazione della performance della funzione si basa su criteri di efficienza e di efficacia nell’attuazione delle attività di gestione del personale, con una prevalenza di un’ottica di breve periodo e di soluzione di problemi specifici. La cultura degli addetti è di tipo tecnocratico, con una forte identificazione professionale. Tende a esserci un rapporto concorrenziale tra la direzione del personale e le altre direzioni funzionali. L’orientamento strategico è rivolto al costo e all’ottimizzazione del rapporto costi/benefici delle Direzione Generale Direzione del personale

Staff

Produzione

Marketing e commerciale

Figura 1.6 Configurazione “Gestione del personale”.

Ricerca e sviluppo

Amministrazione


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26 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

Scheda 1.3

Il mercato HR Tech in Italia

L’Osservatorio sull’HR Tech Italiano mappa le aziende tecnologiche che offrono soluzioni software o hardware proprietarie dedicate alla gestione della funzione Risorse Umane. Nel rapporto pubblicato nel gennaio 2019 sono riportate le informazioni di 103 aziende che si rivolgono direttamente al mercato italiano, e che rappresentano il 90% del mercato nazionale, per un volume di affari che supera il miliardo di euro. Queste aziende si occupano di molti processi di gestione del personale: dalla Talent Acquisition agli Applicant Tracking Systems; dalle Job Board alle soluzioni di recruiting online dedicate ai candidati, fino alle piattaforme per video-interviste e test online; dalle soluzioni di Gestione del personale alla Gestione della Formazione del Personale (LMS – Learning Management System); dalle piattaforme di Training Online, di Valutazione delle Performance, di gestione e erogazione di Benefit fino alle piattaforme per attività di Payroll (emissione cedolini) e i tools di supporto al continuous feedback ed engagement. Non mancano poi le soluzioni dedicate alle Agenzie per il lavoro (Apl) e alle Società di Ricerca e Selezione di Personale (come gli Staffing softwares).

L’HR Tech è uno dei settori che sta crescendo più rapidamente sul mercato a livello globale: nel 2018 gli investimenti effettuati in società HR Tech da parte di fondi di Venture Capital hanno superato i 4 miliardi di dollari, una cifra pari a quattro volte gli investimenti del 2017. Un ecosistema fortemente caratterizzato dalle startup, che rappresentano numericamente la metà del totale delle aziende mappate. Sempre più imprese stanno digitalizzando la funzione HR per rendere più snelli ed efficienti i processi, favorire l’accesso ai dati da remoto (anche per motivi legati allo smart working o al lavoro con team che lavorano in remoto) o per necessità legate a un rinnovamento del parco tecnologico in uso (software acquistati più di 10 anni fa e non disponibili in cloud); inoltre, l’entrata in vigore a maggio 2018 del Nuovo Regolamento Europeo sulla Privacy (GDPR) ha senza dubbio posto una forte attenzione sul tema del trattamento dei dati personali e, di conseguenza, costretto molte imprese a dover adottare soluzioni HR Tech per adempiere agli obblighi di legge. ◾

diverse politiche del personale. Questa configurazione si presenta come prevalente nelle imprese medie e grandi che hanno accumulato una certa esperienza nella gestione del personale e hanno risorse da dedicare ad attività specialistiche. In questa configurazione, usando la sistemazione di Ulrich, oltre al ruolo di administrative expert, che si estende dalle funzioni strettamente amministrative e contabili a quelle gestionali (esperto funzionale), la Dru copre il ruolo di employee champion o employee advocacy (mentore, portavoce, amico) caratterizzato ugualmente da un orientamento di breve periodo, ma con una focalizzazione sulle persone piuttosto che sui processi e sulle procedure. In particolare, il Direttore Risorse Umane deve essere in grado di supportare i processi di cambiamento non solo nella loro componente di ridisegno di ruoli e processi,


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 27

ma anche con riferimento alla cultura organizzativa (culture and change champion). In secondo luogo, lo sviluppo individuale passa attraverso l’individuazione dei talenti, l’arricchimento delle loro competenze e la valorizzazione dei loro risultati (human capital curator). Infine, il processo termina con il supporto alla motivazione dei collaboratori attraverso il disegno di ruoli dai contenuti significativi e il riconoscimento dei loro contributi (total reward steward) [Ulrich et al. 2017]. La copertura di questo ruolo richiede che i professionisti delle risorse umane si impegnino personalmente nel rapporto con i collaboratori e preparino e stimolino gli altri manager di line a fare altrettanto. Le attività connesse a questo ruolo comprendono il dialogo e la ricerca di soluzioni ai problemi prospettati [Ulrich 1997, pp. 29-30].

Direzione e sviluppo delle risorse umane La terza configurazione può essere definita “Direzione e sviluppo delle risorse umane” ed è basata sull’adozione di un’ottica strategico-sistemica volta a ricercare organicamente compatibilità e coerenze reciproche tra scelte strategiche e politiche del personale. Le politiche del personale sono in questo caso concepite ed evolvono con la strategia dell’impresa. La business idea (la peculiarità del bene o servizio proposto al mercato) ha in sé la human resource idea (la peculiarità dell’approccio alle risorse umane che producono quel bene o servizio) [Normann 1984]. Entrambe si alimentano inoltre di una visione sistemica dei rapporti tra impresa, ambiente e attori sociali. La funzione del personale è focalizzata sulle problematiche strategiche, direzionali e operative ed è integrata nei massimi livelli decisionali dell’impresa. Partecipa al processo di programmazione aziendale non solo ricevendo input, ma anche fornendone. Attraverso le politiche del personale, vengono costruiti elementi importanti del vantaggio competitivo. In questa configurazione più globale e integrata (Figura 1.7), le politiche del personale si collocano, rispetto alla strategia aziendale, in una posizione proattiva e di anticipazione finalizzata a rimuovere vincoli e a sviluppare opportunità sia per l’azienda sia per i lavoratori.

Direzione Generale Direzione del personale

Staff

Produzione

Marketing e commerciale

Ricerca e sviluppo

Amministrazione

Figura 1.7 Configurazione “Direzione e sviluppo delle risorse umane”.


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28 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

La segmentazione del personale è molto sviluppata ed è alla base di un vero e proprio marketing interno. La segmentazione è pluridimensionale e procede in senso orizzontale (funzionale), professionale e culturale, fino ad arrivare a politiche personalizzate per certi gruppi o per certe figure chiave. L’attenzione agli stakeholder esterni è sviluppata se e in quanto possono influenzare l’immagine sociale dell’azienda. In ordine alla collocazione organizzativa, in questa configurazione risulta ulteriormente chiarita la problematica del rapporto staff-line, posta anche per la precedente. Da una parte, c’è l’esigenza, per ragioni di economie di scala e di unità di direzione, di concentrare certe funzioni, di renderle omogenee e coerenti con la cultura aziendale, di affidarle a dirigenti dotati di un’elevata professionalità specifica. Da un’altra parte, c’è l’esigenza, apparentemente contraddittoria rispetto alla prima, di responsabilizzare la line, di dotarla di una capacità di iniziativa e di risposta autonoma e rapida, di avvicinare il momento in cui sorgono i problemi e il momento della loro soluzione, di utilizzare e valorizzare le competenze di chi è a contatto immediato con il personale e con le problematiche funzionali. Il bilanciamento tra accentramento e decentramento, tra economie di scala ed elasticità di risposta, tra uniformità delle politiche e adattamento a situazioni specifiche, è uno dei problemi più delicati della gestione di questa configurazione. Le soluzioni più comunemente adottate sono: ●

coinvolgimento della line nel momento di elaborazione delle politiche del personale e delega alla stessa di aspetti rilevanti della loro gestione operativa: tipico il ruolo del direttore di stabilimento nella gestione del personale di produzione o del direttore commerciale nella gestione della forza di vendita; articolazione organizzativa della direzione del personale con dislocazione presso la line di supporti specialistici (per esempio, l’assistente, per i problemi del personale, del direttore di stabilimento) (area grigia nella Figura 1.7); interventi di formazione e di sensibilizzazione dei responsabili di line sulle problematiche del personale, e degli addetti al personale sulle problematiche tecnologiche, economico-finanziarie e commerciali affinché siano in grado di capire meglio le reciproche esigenze. Le tecniche usate in questa configurazione possono anche essere molto evolute, senza però eccessive formalizzazioni. La professionalità degli addetti è elevata, tanto sugli aspetti di gestione aziendale, quanto su quelli tecnici di gestione e sviluppo delle risorse umane. Tipica di questa configurazione è l’individuazione, all’interno dello staff della Dru, di HR Business Partner. A ciascun HR Business Partner può essere assegnata una funzione (per esempio commerciale, produzione ecc.), oppure un processo (per esempio sviluppo nuovi prodotti, postvendita ecc.), oppure un’unità di business per la quale esso rappresenta la figura di riferimento per tutte le problematiche relative alla gestione del personale. Questo modello permette all’esperto di risorse umane di sviluppare contemporaneamente una professionalità ampia in merito ai temi del personale e una conoscenza profonda delle problematiche del business. Il criterio dominante per


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 29

Caso 1.5

Vodafone Italia – Vivere il business

La presenza del Direttore HR nel board aziendale è un segnale fondamentale del cambiamento che sta investendo il direttore del personale, chiamato a ricoprire un ruolo di leader di business, al pari degli altri manager dell’impresa, partecipando in maniera attiva alla definizione delle strategie aziendali. Illuminante nella spiegazione di questo processo di cambiamento è la testimonianza del Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Vodafone Italia, il quale sottolinea come il focus del direttore risorse umane non possa più essere solo l’efficacia e l’efficienza dei tradizionali processi di people management (amministrazione, relazioni industriali, reclutamento, selezione, formazione, valutazione, compensation). Se così fosse, la funzione risorse umane potrebbe essere garantita attraverso il ricorso a specialisti esterni (come sono, per esempio, Monster per il recruiting on line e Accor Services, per una serie di servizi di bilanciamento vita privata/vita di lavoro) e potrebbe scomparire del tutto dall’organigramma aziendale per effetto di scelte di full outsourcing, come accaduto per esempio in Unilever. In Vodafone, il Direttore Risorse Umane siede in Consiglio di Amministrazione e nei comitati aziendali più importanti svolgendo un ruolo attivo nella definizione e realizzazione del budget aziendale. Rispetto agli altri manager, egli si sente portatore di una logica diversa, di “semplificazione” e di “sensibilità al macroproblema”. In tale contesto, il profilo di ruolo del direttore del personale si modifica sia nelle attività da

svolgere sia nelle competenze da possedere. Tre sono le aree di attività enunciate dal Direttore Risorse Umane di Vodafone che fanno del direttore del personale un leader di business: ●

persone: insieme di attività che si focalizzano sulla definizione, il presidio e lo sviluppo delle core capabilities (attitudini, capacità, competenze); struttura: organizzazione, disegno dei processi, business model (ascolto e sintesi), governance; cultura: brand (che non è più solo un problema di marketing), valori, ambiente di lavoro (integrità fisica-psicologica, stress, mobbing), leadership (per esempio, definizione di un codice della leadership), simboli (necessari per la comunicazione interna), corporate social responsibility (Csr), innovazione (favorire il rigenerarsi dell’organizzazione).

Sul fronte delle competenze, il Direttore Risorse Umane di Vodafone sottilinea l’importanza della “financial awareness” e del “commercial drive”: deve conoscere e saper parlare con i “numeri” del business e deve aiutare la propria azienda a vendere. Egli, inoltre, deve essere “uomo di cultura”, sapendo guardare non solo al business, ma al mondo in generale. [Scapolan 2007b] ◾

valutare la performance della direzione del personale diventa la capacità di alimentare il vantaggio competitivo, attraverso lo sviluppo di caratteristiche distintive delle risorse umane aziendali. I professionisti della Dru devono conoscere il business e interpretarne, ma spesso anticiparne, le esigenze. Essi hanno un ruolo centrale nel caratterizzare, consolidare e diffondere la cultura aziendale e, quando necessario, gestirne il cambiamento. Tale configurazione si riscontra


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30 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

più diffusamente in imprese di dimensioni medie e grandi, orientate all’innovazione di prodotto e di mercato, operanti in contesti sociali sviluppati che affrontano mercati del lavoro differenziati e ambienti anche molto perturbati che offrono molte opportunità agli innovatori. In questa configurazione si esprime compiutamente il carattere multiruolo della Dru teorizzato da Ulrich, che sottolinea il fatto che i professionisti delle risorse umane devono nello stesso tempo assicurare la copertura di ruoli strategici e operativi, essere controllori e partner, assumere responsabilità su obiettivi qualitativi e quantitativi, di breve e di lungo termine [Ulrich 1997, p. 24]. Al ruolo di administrative expert e di employee champion, si aggiungono i ruoli di business partner e di agente di cambiamento. Il business partner (orientamento strategico di lungo periodo e focalizzazione sui processi) contribuisce ad assicurare il successo dell’impresa aumentando la capacità dell’organizzazione di implementare la strategia attraverso: ●

la riduzione dei tempi di passaggio dal concepimento della strategia alla sua esecuzione; una migliore capacità di rispondere alle domande del mercato, in quanto le strategie di servizio al cliente sono tradotte in politiche e procedure; il conseguimento di migliori risultati economici, grazie a una più efficiente esecuzione della strategia [Ulrich 1997, pp. 26]. Talvolta, in questa attività di supporto al business la Dru può essere affiancata da aziende di servizi esterne, che offrono consulenza organizzativa e di gestione del personale, per esempio in processi di internazionalizzazione, di cambiamento organizzativo, di digital transformation. L’agente di cambiamento (orientamento strategico ugualmente di lungo periodo ma focalizzazione sulle persone) svolge un ruolo di guardiano e di catalizzatore della cultura aziendale, che costituisce uno dei principali “oggetti” di intervento nei processi di trasformazione e di cambiamento. I professionisti delle risorse umane nell’interpretare questo ruolo devono migliorare la capacità dell’azienda di progettare e implementare i cambiamenti e di ridurre i tempi di realizzazione di tutte le attività organizzative. La capacità di cambiare è il loro apporto alla strategia. La loro attività consiste quindi nell’identificare e inquadrare i problemi, creare relazioni di fiducia, trovare le soluzioni, preordinare e realizzare i piani d’azione [Ulrich 1997, pp. 30-31]. Al fine di svolgere queste attività gli esperti di risorse umane devono dimostrare di essere credibili (credible activist), nel senso che i cambiamenti e le azioni che implementano all’interno dell’organizzazione saranno facilitati se hanno creato relazioni di fiducia con i propri collaboratori. In altri termini, al Direttore Risorse Umane si chiedono capacità relazionali e di influenza nei confronti degli altri, e la capacità di guadagnare la stima dei propri colleghi attraverso il raggiungimento di risultati. La seconda capacità fondamentale riguarda l’abilità di comprendere il business (strategic positioner) e conseguentemente contribuire a


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 31

sviluppare strategie aziendali in linea con l’andamento del mercato e con le richieste degli stakeholder. Infine, si richiede a chi lavora nelle risorse umane di gestire le tensioni che spesso si verificano nelle organizzazioni (paradox navigator) e che stanno diventando sempre più frequenti data la variabilità dei mercati: queste possono riguardare per esempio la necessità di mantenere coerenza tra esigenze di business locali e sviluppo internazionale, tra innovazione e standardizzazione, tra bisogni individuali dei collaboratori e obiettivi organizzativi, tra esigenze di controllo e di autonomia individuale [Ulrich et al. 2017].

1.4 Direzione Risorse Umane in evoluzione Sui rapporti tra strategia, struttura e sistemi operativi sono stati individuati tre approcci: uno lineare, uno interdipendente e uno evolutivo. L’approccio evolutivo è stato valutato come il più generale, capace di assorbire gli altri due come casi particolari. I tre approcci costituiscono comunque un primo riferimento per una sistemazione teorica e operativa delle scelte in ordine alla gestione delle risorse umane. Il secondo riferimento è costituito dalle stesse strategie. Si sente spesso parlare di una visione sistemica per la gestione strategica delle risorse umane. Purtroppo si tratta di termini ambigui e usurati. L’espressione “sistema” è stata spesso usata come espediente retorico per evocare una rete di relazioni in cui tutto è collegato con tutto. In realtà, si tratta di andare oltre e indicare le relazioni di volta in volta rilevanti. Anche l’espressione “gestione strategica” sembra a volte denotare più un genere letterario che un insieme di teorie e di tecniche volte a comprendere e indirizzare lo sviluppo dell’impresa e di specifiche politiche aziendali. Il grande stratega e la pianificazione strategica funzionano in realtà come miti, cioè come rappresentazioni di fatti e di personaggi reali deformati o ingranditi dall’immaginario collettivo. Come ogni mito, queste spiegazioni hanno una base reale, ma diventano un espediente simbolico che permette di conferire un significato a fenomeni complessi e misteriosi ben oltre i casi in cui possono avere validità scientifica [Legge 1995]. Le funzioni della Dru possono quindi essere interpretate ed esplicate in modi diversi, a seconda delle opzioni implicite nella strategia dell’impresa, nel suo modello politico-culturale di riferimento, nelle caratteristiche dell’ambiente e dei mercati in cui l’impresa opera. Anche le strumentazioni tecniche e la collocazione organizzativa di queste funzioni sono influenzate da tali opzioni (ma possono a loro volta influenzarle), dando luogo a soluzioni molto differenziate (Tabella 1.1). La Dru che voglia coprire un ruolo strategico deve affiancare le competenze nelle tecnicalità specifiche relative al personale con competenze di business. Le prime sono necessarie, ma non sufficienti, per dare un reale contributo alla concezione della strategia e alla sua implementazione. In questo senso, il responsabile delle risorse umane dovrebbe: ●

focalizzarsi sugli output del business piuttosto che sugli input di risorse umane;


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32 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

Caso 1.6

Sap – Tecnologia del benessere

Che l’innovazione non sia solo una questione di pura tecnologia e cominci dalle persone è risaputo. Eppure, nella pratica, spesso alle parole non seguono le azioni. Se, però, a sostenere questo concetto nei fatti è una grande azienda, una multinazionale dell’Information technology, diventa un pensiero filosofico e organizzativo di fare impresa. Sottolinea Tiberio Tesi, Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Sap Italia: “Se le persone sono l’asset principale di un’azienda, un capitale da rivalutare nel tempo, non ci si possono permettere delle obsolescenze, il che significa anticipare i bisogni del cliente e del business e tramutarli poi in competenze distintive per le persone”. Sebbene si tratti di una multinazionale tedesca, il modello è tutto italiano e si può riassumere in due parole: mentalmente giovani. Sap New generation è un esempio concreto di questo concetto: i figli dei collaboratori hanno la possibilità di seguire degli stage di due mesi, alla fine dell’anno scolastico e ogni giorno dalle 9 alle 13 svolgono mansioni facili, che richiedono un brevissimo periodo di formazione e di affiancamento. In pratica, è un osservatorio privilegiato, una sorta di laboratorio creato per capire come percepiscono l’azienda i giovani che entrano nel mercato del lavoro. In relazione all’equilibrio tra vita privata e lavorativa, da anni Sap lancia progetti e iniziative per la formazione e il benessere dei suoi 600 collaboratori, che sono compresi nel programma Sap for you.

L’iniziativa si divide in quattro aree specifiche: la prima è un’estensione dei servizi esistenti, come l’asilo nido, la spesa consegnata direttamente in azienda, la lavanderia a cui hanno aggiunto il take away del pasto serale, o l’adempimento delle pratiche burocratiche e il baby sitting, per semplificare la vita alle madri che lavorano e ai single. Il secondo pilastro è l’agevolazione del lavoro da remoto: accordandosi con il proprio responsabile si può richiedere il part time e l’uso dei permessi, previsti nel contratto di lavoro su base annua, per fare la settimana corta. La parte più corposa è la terza, ossia il sostegno allo studio per i figli dei collaboratori con dei bonus che vanno dai 500 ai 2000 euro e il contributo per l’assistenza agli anziani e disabili che rientrano nello stato di famiglia. Infine, è stata varata una nuova politica delle auto aziendali, per cui se prima chi non aveva diritto alla macchina aziendale come strumento di lavoro poteva aderire a un’iniziativa di car leasing, che in pratica consentiva un risparmio di circa 2000 euro in tre anni rispetto alla vettura di proprietà, ora grazie agli accordi con le aziende di noleggio al momento del rinnovo può scegliere lo stesso modello, un usato garantito con massimo un anno di vita, a un canone inferiore che equivale a un guadagno di circa 2000 euro netti all’anno. [Il Mondo, 11/02/2011] ◾

trasformare il sistema di gestione delle risorse umane in una strategic core competency piuttosto che seguire le cosiddette best practice disponibili nel mercato; capire che le competenze strategiche sono più importanti di quelle funzionali: il vero problema è interpretare le specifiche priorità del business in termini di


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 33

Tabella 1.1 Le tre configurazioni della Dru a confronto Amministrazione del personale

Gestione del personale

Direzione e sviluppo delle risorse umane

Task

Curare gli aspetti amministrativi del rapporto di lavoro

Definire le politiche del personale e offrire alla line i supporti tecnici per implementarle

Costruire coerenza tra strategia, struttura organizzativa, bisogni e opportunità di sviluppo delle risorse umane

Segmentazione

Per categorie contrattuali (dirigenti, impiegati, operai, in somministrazione ecc.)

Per posizione funzionale e gerarchica Stakeholder interni

Per famiglie professionali Individuale (key people) Stakeholder interni ed esterni Per generazioni (baby boomers, generazione X, millennials e così via)

La Dru è un’appendice della funzione amministrativa Outsourcing Relazioni minime con il vertice e con la line Assenza di strumentazioni tecniche e di politiche formalizzate

Legittimità normativa e correttezza amministrativa Costo del servizio

Organizzazione e strumenti

● ●

Performance

Diffusione

● ●

● ●

Posizione di staff o di staffline Rapporti di interdipendenza con il vertice e con la line Sviluppo di tecniche e politiche specifiche Competenze elevate su problemi specialistici del personale HR Specialist e HR Shared Service

Efficienza ed efficacia nell’impiego delle risorse umane

Contributo al vantaggio competitivo attraverso lo sviluppo di caratteristiche distintive delle risorse umane e dell’azienda

Piccole imprese Grandi imprese burocratizzate Amministrazioni pubbliche

Medie e grandi imprese che operano in business stabilizzati e mediamente perturbati

Imprese basate sull’innovazione che operano in ambienti concorrenziali e tecnologici molto dinamici

● ●

Posizione staff-line con elevata pervasività Rapporti interattivi con il vertice e la line Ruolo centrale della line Competenze elevate sulle tecniche del personale e sul business

Strategia, valori e cultura

Ancillare

Strumentale

Costitutivo

Ruoli secondo il modello di Ulrich

Esperto funzionale (administrative expert)

Esperto funzionale (amministrativo e gestionale) Employee champion

Multiruolo: esperto funzionale ed employee champion con enfasi su agente di cambiamento, business partner


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34 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

capitale umano e diffondere la consapevolezza di come la soluzione proposta possa influire sulla performance; combinare la prospettiva funzionale specialistica con una prospettiva integrata [Becker et al. 1997]. In relazione al crescente coinvolgimento della Dru nella definizione e realizzazione della strategia, vi è tuttavia qualcuno che sottolinea come in questo modo si rischi di perdere il riferimento alle persone, ai loro valori e, più in generale, alla dimensione etica del rapporto tra risorse umane e organizzazione aziendale [van Buren et al. 2011]. La Tabella 1.2 mette in evidenza i contenuti e le differenze della Dru come funzione specialistica e come funzione globale integrata. In conclusione, per la funzione relativa al personale si delinea una prospettiva evolutiva che la vede “fornitrice di un nuovo e più sofisticato valore aggiunto, meno centrata sulla strumentazione e sulle procedure ma più orientata al soddisfacimento dei bisogni reali, una funzione che dovrà pertanto operare sull’architettura del sistema gestionale, più in termini di regia e di orientamento attivo, fornendo supporti e indirizzi qualificati alla struttura dei capi a tutti i livelli, struttura quest’ultima che rimane, per le sue caratteristiche di ruolo, di capillarità e diffusione, lo strumento cardine, strategico per uno sviluppo qualitativo e quantitativo delle relazioni interne nel sistema impresa” [Boldizzoni 2003]. L’evoluzione così prospettata si identifica con la configurazione che sopra è stata definita di “Direzione e sviluppo delle risorse umane” e ulteriormente

Tabella 1.2 Evoluzione della funzione Dru come funzione specialistica Tipo di funzioni e di politiche della Dru

● ● ●

Dru come funzione globale e integrata

Reattiva Operativa Focalizzata sull’interno

● ● ●

Proattiva Strategica Focalizzata sull’esterno

Definizione di strategia e politiche delle risorse umane

Responsabilità e iniziativa della Dru su input del vertice strategico

La Dru e la linea gerarchica condividono iniziativa e responsabilità

Funzione della Dru

Portavoce del personale

Portavoce dell’azienda

Organizzazione della Dru

Struttura funzionale Riporta a organi di staff

Struttura flessibile Riporta alla linea

Carriera esclusiva nella Dru Specialista Limitate competenze economiche Focalizzato sul presente Lingua nazionale Prospettiva nazionale

Profilo del responsabile delle risorse umane

● ● ●

● ● ●

● ● ● ● ●

Rotazione Generalista Competenze economiche Focalizzato sul futuro Plurilingue Prospettiva globale


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 35

specificata nel modello di Ulrich [1997]. Tuttavia, come in tutti i processi evolutivi, non ci sono punti di arrivo, e forme attuali inglobano caratteristiche delle forme precedenti, che possono anche continuare a esistere collocandosi in nicchie ambientali che ne consentono l’esistenza e lo sviluppo. Sarebbe un errore pensare che tutte le imprese convergano verso una configurazione del tipo Direzione e sviluppo delle risorse umane. Le attività relative al personale possono svolgere un ruolo strategico anche adottando soluzioni lontanissime da quelle che vengono definite evolute. Dipende dalla strategia e dal contesto istituzionale e competitivo [De Masi e Palumbo 2011]. Un altro studio americano ha individuato tre tipologie d’imprese: imprese low cost, imprese globali e imprese a forte integrazione [O’Toole e Lawler 2006]: ●

le imprese low cost comprendono tutte le aziende che non solo si propongono ai consumatori con prezzi altamente competitivi, ma impiegano persone che avrebbero difficoltà a trovare altre occupazioni e sono disposte/costrette ad accettare condizioni contrattuali molto flessibili. Un esempio è dato da Wal-Mart, di cui abbiamo parlato in apertura del capitolo. Un secondo esempio viene da un’iniziativa del Gruppo Pam, azienda di distribuzione fondata nel 1958 con un giro di affari di circa 2,5 miliardi di euro, che ad aprile 2012, in base a quanto descritto in un articolo de Il Sole 24 Ore, ha affisso manifesti che recitano: “Sei studente? Lavora con noi la domenica”. Lo scenario nel quale si inserisce l’iniziativa Pam è quello della liberalizzazione del commercio, così dove c’è necessità vengono reclutati studenti che lavorano il solo giorno di festa per un turno di otto ore, in mansioni di base quali addetto alla cassa o al punto vendita: in un mese standard composto di quattro domeniche un giovane studente si trova in busta paga 300-400 euro; le imprese globali sono grandi imprese che operano su scala mondiale attraverso forti investimenti in tecnologie, competenze e asset finanziari, sono attive nelle telecomunicazioni, media, prodotti farmaceutici, beni di largo consumo. In tema di risorse umane hanno politiche diverse per i permanenti, che gratificano con elevate retribuzioni e vantaggi addizionali, e i contingenti, che impiegano su base contrattuale (contract worker) per fabbisogni specifici. le imprese ad alta integrazione offrono condizioni di lavoro e di carriera ricche e stimolanti, con forti opportunità di coinvolgimento e di autonomia, con un impegno reciproco a una relazione di lungo periodo (basso tasso di turnover). Queste imprese, secondo lo studio, hanno anche le performance migliori. La domanda che ne consegue è la seguente: perché non c’è convergenza sul terzo modello? Evidentemente la ricerca di flessibilità indotta dalla competizione di mercato suggerisce a certe imprese di non impegnarsi nel lungo termine e di tenere i costi del lavoro il più possibile reversibili e variabili. Questo atteggiamento dell’impresa trova a volte un atteggiamento corrispondente da parte dei lavoratori che ugualmente sono restii a impegnarsi e a farsi coinvolgere.


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36 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

Caso 1.7

Supermercati Italiani – Gioco di squadra

Supermercati Italiani è un gruppo della grande distribuzione alimentare che opera sul territorio con ipermercati (25), supermercati (250), negozi di prossimità (450), centri all’ingrosso (10). L’organico era composto da circa 20 000 addetti (circa 200 dirigenti; 700 quadri; 19 000 impiegati). Supermercati Italiani ha una macrostruttura divisionale che tiene accentrate alcune funzioni di supporto. La Direzione Generale Risorse umane promuove e facilita il processo di integrazione e crescita dell’azienda con politiche, sistemi e metodi di gestione e sviluppo delle persone, innovativi e coerenti con le esigenze evolutive del business. Inoltre, fornisce alla Linea consulenza supporto e orientamento nella definizione e implementazione di modelli,

processi organizzativi e forme di organizzazione del lavoro. La struttura della Direzione Generale Risorse umane è articolata in sette unità a livello di Corporate (Figura 1.8). Le strutture Risorse umane di supermercati e ipermercati sono articolate in presidi territoriali con Responsabili di area. Tutti gli addetti sono quotidianamente interessati dall’attività di formazione sul lavoro e di coaching dei capi, tutti sono coinvolti nelle attività di accoglimento, di preparazione al mestiere e di inserimento nel ruolo. È politica aziendale di sviluppo del personale privilegiare la crescita dall’interno, affidata alla responsabilità della Linea e supportata da sistemi di valutazione dei risultati e del potenziale. La va-

Direzione generale risorse umane Normative e problemi del lavoro

Risorse umane supermercati

Risorse umane ipermercati

Amministrazione dirigenti e iniziative sociali

Risorse umane negozi di vicinato e ingrosso

Sviluppo organizzativo

Amministrazione del personale

Organizzazione

Sistemi retributivi Selezione e sviluppo

Formazione

Comunicazione interna

Figura 1.8 La direzione del personale del gruppo Supermercati Italiani.


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Capitolo 1 ◼ Strategia e risorse umane 37

lutazione del potenziale, fatta a cadenze biennali, utilizza l’intervista individuale in profondità e l’assessment center con la partecipazione della Linea in veste di assessor. La comunicazione si avvale di strumenti di massa, come l’house organ trimestrale e le convention semestrali, nonché di una serie di incontri e riunioni operative, a livello di canale, di area, di punto vendita e di reparto, che interessano tutto il personale. La Direzione Generale Risorse umane pratica un benchmarking interno. Va costantemente alla ricerca delle best practice, per diffonderle e utilizzarle, con gli opportuni adattamenti, anche in realtà diverse da quella originaria. Le relazioni sindacali sono tenute dai diversi Responsabili del personale, con incontri frequenti ai diversi livelli organizzativi e territoriali. Il Direttore centrale Risorse umane partecipa al Comitato esecutivo del Gruppo.

Ogni due anni è svolta un’indagine di people satisfaction i cui risultati sono comunicati e discussi con i partecipanti e da cui si ricavano alcuni indici, che sono poi utilizzati per migliorare le performance e orientare all’obiettivo di creare valore per i clienti, per l’azienda e per il personale. È stato realizzato un sistema di job rotation per tutte le funzioni e i livelli. Inoltre, sono state definite le caratteristiche distintive del management aziendale e avviato un programma di sviluppo della leadership, secondo un modello fondato su visioning, mobilizing ed enabling delle persone, derivato da una survey sui best performers. Il programma comprende azioni come turnover manageriale guidato, compensi legati a Mbo, incentivazione e stock option, sistema di valutazione integrato, aumento degli interventi formativi, empowerment. ◾

La flessibilità diventa disimpegno reciproco, con conseguenze sui costi di turnover e di controllo della performance. Il confronto tra il caso Nardini (Caso 1.4) e il caso Pam descritto in precedenza suggerisce che esistono due modalità diverse di rispondere al bisogno di flessibilità.

Domande di verifica e spunti di riflessione 1. Prova ad applicare il modello della Dru come servizio strategico al caso Nardini (Caso 1.4) e al caso Supermercati Italiani (Caso 1.7), comparando il ruolo delle risorse umane nelle strategie delle due imprese. 2. Quali vantaggi può perseguire un’azienda decidendo di esternalizzare la funzione risorse umane? Come cambia la tua risposta in funzione della dimensione aziendale? 3. Riflettendo su un’azienda che conosci, prova a individuare quale dei tre approcci alla relazione fra strategia, struttura e gestione delle risorse umane meglio si presta a essere impiegato. 4. Spiega perché e a quali condizioni la Dru può creare un vantaggio competitivo non imitabile dai concorrenti, anche se utilizzano il benchmarking per individuare e riprodurre le best practice.


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38 Introduzione ◼ Strategia, risorse umane e valore

5. Cosa significa che la Dru può avere un ruolo costitutivo e non solo strumentale della strategia d’impresa? Quale tra questi due orientamenti è visibile nel caso Eni (Caso 1.3)? 6. Spiega le principali differenze tra la prospettiva universalistica, contingente e configurazionale al rapporto tra gestione delle risorse umane e performance. Quali indicatori potrebbe utilizzare Eni (Caso 1.3) per misurare se e in che modo la Dru contribuisce alla generazione di valore aziendale? 7. Quali tra le tendenze evolutive sintetizzate in Tabella 1.2 sono riconoscibili nei casi Sap (Caso 1.6), Luxottica (Caso 1.1) e Vodafone (Caso 1.5)? 8. Dopo aver richiamato le peculiarità di ciascuna delle tre configurazioni (Amministrazione del personale, Gestione del personale, Direzione e sviluppo delle Risorse umane) prova a riflettere in quali tipologie d’imprese è più probabile vederle adottate. 9. Nell’azienda Alfa è appena stato installato un nuovo sistema informatico per la gestione del personale: raccoglie e analizza dati anagrafici, assenze e presenze, dati sulle retribuzioni, corsi di formazione seguiti, esiti dell’annuale processo di valutazione. Responsabile dell’installazione e del funzionamento del sistema è il Direttore del Personale. Quali tra i ruoli del modello di Ulrich ti sembra quello più adeguato per descrivere la Dru di Alfa? 10. Come spieghi che un'azienda di successo come Amazon si sia fatta sorprendere a praticare politiche di gestione delle risorse umane non propriamente eccellenti nel settore della distribuzione dei suoi prodotti? Materiali di approfondimento sul sito web dedicato al volume


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