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Capitolo

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Percorso storico-giuridico del coordinatore della professione ostetrica Parole

Annalisa Pennini

chiave

Ostetrica Coordinatore

Norme Storia

Attribuzioni Identità

Tutto insieme era il fiume del divenire: era la musica della vita. Hermann Hesse Il capitolo analizza il percorso storico-giuridico del coordinatore della professione ostetrica, partendo dalle definizioni di ostetrica capo riportate nelle normative più lontane, fino a giungere alla più attuale figura del coordinatore. Nel tracciare queste linee, che hanno come focus specifico il coordinatore della professione ostetrica, non si può dimenticare la specificità della storia dell’intera professione, che ha attraversato fasi diversificate in termini di identità e autonomia professionale. Come ha delineato W. Tousijn:1 “la storia delle ostetriche mostra meglio di qualunque altra storia occupazionale come l’emergere delle diverse occupazioni sanitarie e l’evoluzione della divisione del lavoro tra loro non siano tanto un prodotto della scienza e della tecnologia quanto un prodotto squisitamente sociale. In nessun’altra occupazione sanitaria i fattori sociali e culturali hanno avuto un impatto così forte nel plasmare l’evoluzione occupazionale e nel determinare così tanti modi diversi di organizzare la pratica professionale”. Infatti nella storia occupazionale dell’ostetrica si possono individuare tre grandi momenti: quello preprofessionale, quello professionale e infine quello neoprofessionale. Di questi tre periodi si parlerà nell’Approfondimento 2.1 al termine del capitolo.

IL COORDINATORE DELLA PROFESSIONE OSTETRICA La professione ostetrica è stata inserita, per molto tempo, solo secondariamente negli ambiti della carriera manageriale intesa come funzione di coordinamento e dirigenziale. 1  Tousijn

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W., Il sistema delle occupazioni sanitarie, Il Mulino, Bologna 2000, p. 177.

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Le posizioni di coordinamento, anche nell’area specifica dell’assistenza nei percorsi ostetrico-ginecologici, sono spesso state affidate ad altre figure professionali, in primis l’infermiere in possesso del certificato di abilitazione a funzioni direttive (AFD). Tale carenza può essere ricercata, tra l’altro, nella mancanza di percorsi formativi dedicati alle ostetriche che potessero portare allo sviluppo di competenze in campo organizzativo e dirigenziale. L’analisi della storia giuridica del coordinatore della professione ostetrica prende origine dal Regio Decreto 30 settembre 1938, n. 1631,2 che prevedeva la figura dell’ostetrica capo. All’art. 30 si legge: La ostetrica coadiuva i sanitari addetti alla sezione ostetrico-ginecologica. Quando vi siano addette più ostetriche, può essere nominata una ostetrica capo. Le ostetriche vengono nominate per due anni e possono essere riconfermate di anno in anno, fino a raggiungere una durata complessiva di servizio non superiore a sei anni. La ostetrica capo, dopo un biennio di prova, può essere mantenuta in servizio per bienni successivi fino al raggiungimento del limite di età, disposto dall’art. 18. Tanto alla ostetrica capo che alle ostetriche è inibito l’esercizio professionale. Successivamente, alla fine degli anni Sessanta, la legge 12 febbraio 1968, n. 132,3 che ha dato il via alla riforma ospedaliera, e il conseguente decreto sull’ordinamento dei servizi ospedalieri4 regolamentano la figura dell’ostetrica capo,5 che viene così definita: La ostetrica capo è posta alle dirette dipendenze del primario e dei sanitari ostetricoginecologi; dirige e sorveglia il servizio delle ostetriche e del personale di assistenza diretta addetti alla divisione; ha tutte le attribuzioni previste per il capo-sala dal successivo art. 41. Le ostetriche dipendono direttamente dalla ostetrica capo; coadiuvano i sanitari addetti alla divisione ostetrico-ginecologica; assistono ai parti e agli interventi ostetrici e ginecologici e ne curano la preparazione; assistono le ricoverate durante la degenza. L’ostetrica capo viene prevista nella norma all’interno della sezione “Personale sanitario ausiliario, tecnico ed esecutivo”, prevedendo che, all’interno delle divisioni di ostetricia e ginecologia, vi fosse una ostetrica capo:6 La dotazione organica del personale sanitario ausiliario addetto alla divisione di ostetricia e ginecologia deve prevedere: una ostetrica capo; ostetriche nella proporzione complessiva di una per ogni 10 posti-letto; puericultrici nella proporzione complessiva di una per ogni 5 culle per neonati.

2 Denominato:

Norme generali per l’ordinamento dei servizi sanitari e del personale sanitario degli ospedali. 3 Denominata: Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera. 4   D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, Ordinamento interno dei servizi ospedalieri. 5  Art. 40, Personale di assistenza ostetrica. 6  Art. 8, Entità numerica del personale dei servizi di diagnosi e cura.

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L’analisi del D.P.R. 128/1969 evidenzia che l’ambito di autonomia dell’ostetrica capo è limitato dalla posizione in cui viene inserita, cioè alle “dirette dipendenze del primario e dei sanitari ostetrico-ginecologi”. Lo spazio gestionale sembra aumentare nella successiva citazione “dirige e sorveglia il servizio delle ostetriche e del personale di assistenza diretta addetti alla divisione”, anche se la contraddizione appare evidente: essere alle dipendenze del primario e dirigere il personale sono elementi che possono creare confusione nell’interpretazione della funzione. Il citato art. 417 fa riferimento alle attribuzioni del caposala, che vengono inglobate in quelle dell’ostetrica capo. L’articolo 41 è già stato analizzato e commentato al Capitolo 1 in riferimento al coordinatore della professione infermieristica. In questa sede si vogliono soltanto ricordare le principali attribuzioni previste dall’articolo: la gestione del personale, la gestione di presidi e farmaci e delle razioni alimentari, la tenuta dell’archivio. A completamento delle norme sopraccitate relative alla riforma ospedaliera della fine degli anni Sessanta, il D.P.R. 27 marzo 1969, n. 1308 inquadrava le ostetriche nel personale sanitario ausiliario, che risultava poi costituito da ulteriori suddivisioni. Le ostetriche erano distinte dal personale di assistenza diretta (capo sala, infermiere professionale specializzato, infermiere professionale e vigilatrice d’infanzia, infermiere generico, puericultrice) e dalle altre figure ausiliarie previste dal D.P.R.9 Pertanto le ostetriche erano così classificate: personale di assistenza ostetrica con le qualifiche di ostetrica capo e ostetrica. Successivamente, il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761,10 non prevedeva una specifica distinzione per il personale ostetrico e, di conseguenza, per l’ostetrica capo, ma le inquadrava all’interno della stessa categoria del caposala, cioè come appartenente al ruolo sanitario, con il profilo professionale di operatore professionale di prima categoria e la posizione funzionale di “operatore professionale coordinatore”. Il D.P.R. 7 settembre 1984, n. 821, definisce le attribuzioni del personale non medico addetto ai presidi, servizi e uffici delle Unità Sanitarie Locali. All’interno di questa norma l’ostetrica capo non trova una collocazione esplicita, ma viene inserita all’interno del Capo VIII – Personale infermieristico come operatore professionale di I categoria. Viene genericamente riportato che l’operatore professionale coordinatore svolge le attività di assistenza diretta attinenti alla sua competenza professionale, senza offrire alcun specifico riferimento alla professione ostetrica. La storia giuridica del coordinatore della professione ostetrica, a questo punto, va di pari passo con le norme contrattuali del periodo. L’analisi contrattuale verrà affrontata 7  Cfr.

Capitolo 1 per il testo completo dell’art. 1 e il relativo commento.  Denominato: Stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri. 9  Il D.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, prevedeva all’interno del personale sanitario ausiliario, oltre alle citate figure di assistenza diretta, il personale di assistenza medica e assistenza sociale con le qualifiche rispettivamente di assistente sanitaria visitatrice e assistente sociale; personale di assistenza ai servizi speciali con le qualifiche di terapista della riabilitazione nelle varie qualificazioni; personale dirigente e di funzione didattica delle scuole per infermieri generici e professionali con le qualifiche rispettivamente di: capo dei servizi sanitari ausiliari, direttore e vicedirettore didattico. 10 Denominato: Stato giuridico del personale delle Unità Sanitarie Locali. 8

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nel Capitolo 4 insieme a quella delle altre professioni sanitarie con funzioni di coordina­ mento. La legge 1 febbraio 2006, n. 43,11 all’art. 6 delinea la distinzione del personale sanitario, definendo e istituendo la figura di coordinamento.12 Con questa norma il personale sanitario è suddiviso in quattro categorie: professionisti laureati, professionisti coordinatori, professionisti specialisti, professionisti dirigenti. Inoltre le organizzazioni sanitarie e sociosanitarie pubbliche possono istituire la funzione di coordinamento, senza ulteriori oneri, cioè di fatto togliendo dalle piante organiche un numero equivalente di altre posizioni. Per l’esercizio della funzione i requisiti previsti sono, oltre al master in management o per le funzioni di coordinamento, un’esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza. La funzione è attribuita ai diversi tipi di professionisti, in questo caso all’ostetrica, in relazione alle specificità delle aree assistenziali, dipartimentali e territoriali. La legge 43/2006, rispetto alle modalità e ai criteri per l’attivazione della funzione di coordinamento in tutte le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private, trova completamento (anche se parziale) nel successivo Accordo della Conferenza StatoRegioni dell’1 agosto 2007.13 L’Accordo conferma che l’accesso ai master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento è consentito anche ai profili delle professioni di ostetrica, riabilitativi, tecnici e della prevenzione oltre che al personale infermieristico. Vengono inoltre previsti o ribaditi: • la durata minima del master e i contesti formativi e di tirocinio; • la necessità di essere in possesso del suddetto master e dei tre anni di esperienza nel profilo di riferimento, per accedere alla funzione di coordinamento; • la necessità di rendere armonica la legge 43/2006 con la normativa contrattuale in modo da definire le modalità di conferimento degli incarichi di coordinamento. Infine l’Accordo rimanda alle Regioni l’indicazione delle modalità per facilitare la partecipazione ai master per coloro che hanno un incarico aziendale per la funzione di coordinamento, ma non sono in possesso del titolo di studio previsto per legge. La disamina appena conclusa del percorso storico-giuridico del coordinatore della professione ostetrica, che viene riassunta nella Tabella 2.1, non ha preso in considerazione alcune norme in quanto di pertinenza dell’intera professione e non solo della figura del coordinatore. Tali riferimenti normativi sono:

11 Denominata:

Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali. 12   La legge 43/2006 e il successivo Accordo della Conferenza Stato-Regioni sono stati analizzati nei loro contenuti principali nel Capitolo 1, al quale si rimanda per un quadro più completo. Vengono qui sottolineate le parti di interesse per la professione ostetrica. 13  “Accordo, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, della legge 1 febbraio 2006, n. 43, e dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministro della salute concernente l’istituzione della funzione di coordinamento per i profili delle professioni sanitarie di cui all’articolo 6 della legge 1 febbraio 2006, n. 43”.

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• R.D. 26 maggio 1940, n. 1364 “Regolamento per l’esercizio professionale delle ostetriche”; • D.P.R. 7 marzo 1975, n. 163 “Aggiornamento del Regio Decreto 26 maggio 1940, n. 1364, concernente il regolamento per l’esercizio professionale delle ostetriche”; • D.M. 15 settembre 1975 “Istruzioni per l’esercizio professionale delle ostetriche”; • D.M. 14 settembre 1994 n. 740 “Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’ostetrica/o”; • legge 26 febbraio 1999, n. 42 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”; • legge 10 agosto 2000, n. 251 “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica”. In questa sede ci limiteremo a riflettere sulla funzione che tali norme hanno avuto nel percorso di sviluppo professionale e nella legittimazione degli spazi di autonomia. La figura del coordinatore della professione ostetrica ne è stata sicuramente influenzata, a due livelli: come appartenente alla professione e come coordinatore di persone che sono state interessate dall’evoluzione normativa. Tabella 2.1   Quadro riassuntivo del percorso giuridico del coordinatore della professione ostetrica Norma di riferimento

Contenuti principali

Regio Decreto 30 settembre La ostetrica coadiuva i sanitari addetti alla sezione ostetrico-ginecologica. Quando vi siano addette più ostetriche, 1938, n. 1631 può essere nominata una ostetrica capo. Tanto alla ostetrica capo che alle ostetriche è inibito l’esercizio professionale.

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Legge 12 febbraio 1969, n. 128

La ostetrica capo è posta alle dirette dipendenze del primario e dei sanitari ostetrico-ginecologi; dirige e sorveglia il servizio delle ostetriche e del personale di assistenza diretta addetti alla divisione; ha tutte le attribuzioni previste per il capo-sala.

D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761

Non prevede una specifica distinzione per il personale ostetrico e per l’ostetrica capo, ma le inquadra all’interno della stessa categoria del caposala, cioè come appartenente al ruolo sanitario, con il profilo professionale di operatore professionale di prima categoria e la posizione funzionale di “operatore professionale coordinatore”.

Legge 1 febbraio 2006, n. 43

Distinzione del personale laureato in quattro articolazioni: professionisti laureati, professionisti coordinatori, professionisti specialisti, professionisti dirigenti. Istituzione della figura di coordinamento nelle organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie.

Accordo della Conferenza Stato-Regioni dell’1 agosto 2007

Specificazioni riguardo l’istituzione della figura di coordinamento:

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•  in sede contrattuale verranno definite le modalità di conferimento dell’incarico; •  le regioni prevederanno norme per l’accesso ai master per chi è incaricato della funzione senza il titolo; •  durata e titolarità del percorso di studi.

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L’abolizione del regolamento, o meglio dei regolamenti, se visti in un’ottica storica,14 ha rappresentato lo spartiacque fra l’ausiliarietà della professione e l’inizio del “nuovo” modo di intendere la professione. Il profilo professionale ridisegna i confini di responsabilità della figura, ma identifica anche gli ambiti di autonomia e di collaborazione con le altre figure, in particolare infermiere e medico. La legge 26 febbraio 1999, n. 42, ha completato il percorso normativo, eliminando la dicitura “ausiliaria” in riferimento alle professioni previste dal Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (e successive modificazioni) e in ogni altra disposizione di legge. Con questo, viene eliminata dal punto di vista giuridico, la subordinarietà della figura. La legge n. 42 ha inoltre avuto il merito di abrogare il regolamento (D.P.R. 7 marzo 1975, n. 163), chiudendo il doppio riferimento normativo che regolava l’esercizio professionale, rappresentato, per il periodo 1994-1999, dal profilo professionale e dal regolamento. Completa il quadro la delimitazione del campo di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie, tra cui l’ostetrica, affermando che tali ambiti sono dati dal profilo professionale, dall’ordinamento didattico dei corsi di laurea, dalla formazione post-base e dal codice deontologico. Vengono infine indicati i criteri limite rappresentati dalle competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali. Infine, una breve analisi della legge 10 agosto 2000, n. 251, che ribadisce l’autonomia professionale dell’ostetrica per le “attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva”, facendo riferimento al profilo professionale e al codice deontologico, specificando la necessità di utilizzare metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza. Nello specifico, l’ostetrica “utilizza il processo di midwifery management quale metodo scientifico per l’individuazione dello stato di salute e benessere della persona, attraverso la raccolta dati, formulazione della diagnosi, la pianificazione, la realizzazione e la valutazione delle cure erogate”.15 All’interno di questo scenario complessivo, la funzione del coordinatore della professione ostetrica è orientata alla riflessione sull’identità professionale, alla promozione e al sostegno del cambiamento culturale e organizzativo. Questa funzione, da sempre strategica, risulta particolarmente rilevante in questo periodo storico definito neoprofessionale, dove è possibile ritrovare o rinforzare spazi di autonomia all’interno del processo di de-medicalizzazione del percorso nascita. W. Tousijn16 a tal proposito afferma: “Nel settore dei parti le ostetriche, dopo essere state sull’orlo dell’estinzione, hanno recuperato un ruolo importante. Hanno giocato a loro favore sia una nuova domanda di de-medicalizzazione e di controllo sul parto da parte delle donne, sia un interesse alla riduzione dei costi”. 14

Il riferimento è all’abolizione dei citati: Regio Decreto 26 maggio 1940, n. 1364, “Regolamento per l’esercizio professionale delle ostetriche”; D.P.R. 7 marzo 1975 n. 163, “Aggiornamento del Regio Decreto 26 maggio 1940, n. 1364, concernente il regolamento per l’esercizio professionale delle ostetriche”; D.M. 15 settembre 1975, “Istruzioni per l’esercizio professionale delle ostetriche”. 15  Guana M., I nuovi valori della responsabilità dell’ostetrica/o, Siryo Rivista online di ricerca, formazione, informazione della disciplina ostetrica, anno 2, settembre-ottobre 2008, pp. 1-6. 16  Tousijn W., Le professioni sanitarie non mediche: una riflessione sociologica. In: Benci L., Le professioni sanitarie (non mediche), aspetti giuridici, deontologici e medico-legali, McGraw-Hill, Milano 2002, p. 12.

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Infine, è opportuno ricordare l’importante novità introdotta con il D.lgs. 28 gennaio 2016 “Attuazione della Direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica della Direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche pro-

APPROFONDIMENTO 2.1 La storia occupazionale dell’ostetrica La complessa storia occupazionale dell’ostetrica può essere, per i fini di questo lavoro, semplificata in tre periodi, come descritto da Tousijn* nell’analisi sul sistema delle occupazioni sanitarie, caratterizzati da differenti livelli di autonomia e da diversificate identità professionali. I tre periodi sono: preprofessionale, professionale, neoprofessionale. Queste tre fasi sono state altrimenti definite come: dell’evoluzione, dell’involuzione, della professionalizzazione. • Periodo preprofessionale: è caratterizzato da una concezione naturale del parto come evento della vita quotidiana. Il supporto al parto è una questione “esclusivamente femminile” e “si presenta come attività di aiuto e di assistenza totale alla donna partoriente. Questo tipo di intervento si svolge all’interno delle reti familiari e comunitarie e non dà luogo a una vera e propria occupazione, dotata di precise competenze tecniche”. • Periodo professionale: è stato definito anche della medicalizzazione, cioè di quel mutamento che ha portato a rendere medicalizzato ciò che naturalmente non lo è. Il parto è stato oggetto di questo cambiamento di cultura, e della spartizione degli ambiti di competenza fra medici e ostetriche, nel tentativo di distinguere il processo patologico da quello fisiologico. “In sintesi si è trattato dell’incontro/scontro di due processi di professionalizzazione”. E ancora: “il processo di demarcazione si è compiuto verso la fine dell’Ottocento con provvedimenti legislativi che conferirono alla professione medica un grado di controllo complessivo sulla professione ostetrica che può ben essere considerato eccezionale”. Il percorso storico continuò con l’ospedalizzazione dei parti nel Novecento, quando iniziò a mutare il significato sociale del parto: “da evento privato, naturale e incontrollabile esso si trasforma in questione sociale sulla quale si può intervenire”. Si fanno avanti due ipotesi rispetto al mutamento dei ruoli delle ostetriche inserite negli ospedali: il primo che vede il cambiamento come una dequalificazione, e cerca di resistere a questo processo, e il secondo che vede la subordinazione ai medici non legata alla dequalificazione, ma anzi tende a enfatizzare almeno il contenuto tecnico delle funzioni svolte. • Periodo neoprofessionale: rispetto al periodo precedente, denominato della medicalizzazione, può essere definito anche periodo della de-medicalizzazione. L’inizio del cambiamento può essere datato attorno agli anni Sessanta e Settanta, supportato dai profondi mutamenti sociali e culturali. In particolare pare aver influito la domanda di controllo del parto da parte delle donne, la ricerca di un approccio più olistico e meno interventista, la sfiducia nei confronti della medicina. Queste tendenze sono state poi consolidate con la necessità del contenimento dei costi. Oggi questo periodo è in una fase più matura, in cui il sostegno normativo, la necessità di razionalizzare la spesa sanitaria, la maggior rivendicazione di un ruolo attivo della donna nella gestione del parto, facilitano la creazione di scenari professionali autonomi, pur all’interno di diversificazioni importanti nelle varie realtà organizzative. *  Tousijn W., op. cit. (nota 1), pp. 177-85.

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fessionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (“Regolamento IMI”)”. Nell’art. 37, Modifiche all’articolo 48 del D.lgs. 9 novembre 2007, n. 206, che riportiamo per intero, si trovano importanti indicazioni sull’attività dell’ostetrica, che hanno impatto anche su chi coordina i servizi organizzati secondo le nuove disposizioni. Art. 37 Modifiche all’articolo 48 del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 1. All’articolo 48, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, le parole: “diagnosticata come” e le parole: “da un soggetto abilitato alla professione medica” sono soppresse. Note all’art. 37: –  Il testo dell’articolo 48 del citato decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, come modificato dal presente decreto, così recita: Art. 48 Esercizio delle attività professionali di ostetrica 1. Le disposizioni della presente sezioni si applicano alle attività di ostetrica come definite dalla legislazione vigente, fatto salvo il comma 2, ed esercitate con i titoli professionali di cui all’allegato V, punto 5.5.2. 2. Le ostetriche sono autorizzate all’esercizio delle seguenti attività: a) fornire una buona informazione e dare consigli per quanto concerne i problemi della pianificazione familiare; b) controllo dell’evoluzione della gravidanza normale; c) prescrivere gli esami necessari per la diagnosi quanto più precoce di gravidanze a rischio; d) predisporre programmi di preparazione dei futuri genitori ai loro compiti, assicurare la preparazione completa al parto e fornire consigli in materia di igiene e di alimentazione; e) assistere la partoriente durante il travaglio e sorvegliare lo stato del feto nell’utero con i mezzi clinici e tecnici appropriati; f) praticare il parto normale, quando si tratti di presentazione del vertex, compresa, se necessario, l’episiotomia e, in caso di urgenza, praticare il parto nel caso di una presentazione podalica; g) individuare nella madre o nel bambino i segni di anomalie che richiedono l’intervento di un medico e assistere quest’ultimo in caso d’intervento; prendere i provvedimenti d’urgenza che si impongono in assenza del medico e, in particolare, l’estrazione manuale della placenta seguita eventualmente dalla revisione uterina manuale; h) esaminare il neonato e averne cura; prendere ogni iniziativa che s’imponga in caso di necessità e, eventualmente, praticare la rianimazione immediata; i) assistere la partoriente, sorvegliare il puerperio e dare alla madre tutti i consigli utili affinchè possa allevare il neonato nel modo migliore; l) praticare le cure prescritte da un medico; m) redigere i necessari rapporti scritti.”

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L’articolo 37 modifica l’art. 48 del D.lgs. 206/2007 sull’esercizio dell’attività professionale di ostetrica. Tale disposizione prevede, tra le diverse attività autorizzate, che le ostetriche possano accertare la gravidanza e in seguito sorvegliare la gravidanza diagnosticata come normale da un soggetto abilitato alla professione medica, effettuare gli esami necessari al controllo dell’evoluzione della gravidanza normale (art. 48, comma 2, lett. b). L’intervento legislativo è attuato sopprimendo in tale disposizione il riferimento all’accertamento della gravidanza diagnosticata come “normale” da un soggetto abilitato alla professione medica. Con questo professione ostetrica ora può monitorare interamente la gravidanza fisiologica (normale, senza elementi di rischio), facendo ricorso al medico soltanto nelle situazioni che esulano dalla fisiologia (consulenza). La recente norma implica adeguamenti organizzativi nei contesti assistenziali atti ad adeguare i percorsi assistenziali e il management ostetrico.

RIEPILOGO Il percorso storico-giuridico del coordinatore della professione ostetrica può essere così sintetizzato: • il Regio Decreto 1631 del 1938 prevede la figura dell’ostetrica capo quando nella divisione ostetrico-ginecologica vi siano più ostetriche. Dopo un biennio di prova può essere confermata fino al raggiungimento del limite di età; • negli anni Sessanta i decreti della riforma sull’ordinamento dei servizi ospedalieri regolamentano la figura dell’ostetrica capo, ponendola alle “dirette dipendenze del primario e dei sanitari ostetrico-ginecologi” e prevedendo che diriga e sorvegli il servizio delle ostetriche e del personale di assistenza diretta e che abbia tutte le attribuzioni del caposala; • il D.P.R. 761/1979, che disciplina lo stato giuridico del personale delle Unità Sanitarie Locali, non prevede una specifica distinzione per il personale ostetrico e, di conseguenza, per l’ostetrica capo, ma la inquadra nella stessa categoria del caposala; • il D.P.R. 821/1984, definendo le attribuzioni del personale non medico addetto ai servizi, presidi e uffici delle Unità Sanitarie Locali, non prevede una collocazione specifica per l’ostetrica capo, ma la inquadra genericamente come operatore professionale coordinatore, come il personale infermieristico; • la legge 43/2006 istituisce la figura di coordinamento delle professioni sanitarie, suddividendo il personale sanitario in quattro categorie: laureato, specialista, coordinatore, dirigente. Per l’esercizio della funzione i requisiti previsti sono il master in management o per le funzioni di coordinamento e un’esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza. La funzione può essere attribuita a diversi tipi di professionisti, in relazione alle specificità delle aree assistenziali, dipartimentali e territoriali; • l’Accordo della Conferenza Stato-Regioni dell’1 agosto 2007 fornisce un completamento, anche se parziale, alla legge 43/2006, ribadendo i requisiti per l’accesso alla posizione; stabilendo che in sede contrattuale verranno definite le modalità di conferimento dell’incarico; rimandando alle Regioni la definizione delle norme per l’accesso ai master per chi è incaricato della funzione senza il titolo; stabilendo la durata e titolarità del percorso di studi.

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TEST DI AUTOVALUTAZIONE 1. La prima regolamentazione del ruolo dell’ostetrica capo prevista dal R.D. 1631 del 1938 indicava che: a) L’ostetrica coadiuva i sanitari addetti alla sezione ostetrico-ginecologica. b) Quando vi siano addette più ostetriche può essere nominata un’ostetrica capo. c) L’ostetrica capo, dopo un biennio di prova, può essere mantenuta in servizio per bienni successivi fino al raggiungimento del limite di età. d) Tutte le precedenti. 2. Il D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, prevede che l’ostetrica capo sia: a) Una professionista in possesso del master in coordinamento. b) Una figura autonoma. c) Alle dirette dipendenze del primario e dei sanitari ostetrico-ginecologi. d) Tutte le precedenti. 3. Quale fra le seguenti NON è un’attribuzione prevista dal D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, per l’ostetrica capo? a) Ha tutte le attribuzioni previste per il caposala. b) Dirige e sorveglia in servizio delle ostetriche e del personale di assistenza diretta. c) È l’operatore sanitario che assiste e consiglia la donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio. d) È alle dirette dipendenze del primario e dei sanitari ostetrico-ginecologi. 4. Il D.P.R. 761/1979 rispetto alla figura dell’ostetrica capo: a) Prevedeva una specifica distinzione per il personale ostetrico e per l’ostetrica capo. b) Non prevedeva una specifica distinzione per il personale ostetrico e per l’ostetrica capo, ma la inquadrava all’interno della stessa categoria del caposala. c) Non prevedeva la figura dell’ostetrica capo. d) Prevedeva che fosse alle dirette dipendenze del primario e dei sanitari ostetrico-ginecologi. 5. Secondo la legge 43/2006 i requisiti per l’esercizio della funzione di coordinamento per le ostetriche, sono: a) Master in management o per le funzioni di coordinamento. b) Titolo di AFD ed esperienza triennale nel profilo di appartenenza. c) Incarico aziendale anche senza alcun titolo. d) Master in management o per le funzioni di coordinamento o titolo di AFD ed esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza.

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