Fondamenti di meccanica teorica e applicata 3/ed - Cap.7 - Azioni mutue tra elementi di macchine

Page 1

CAPITOLO Azioni mutue tra elementi di macchine

7

7.1 Introduzione Nel comportamento statico e dinamico di ogni macchina assumono grande importanza le azioni mutue scambiate tra i diversi elementi che la compongono e quelle scambiate tra la macchina stessa (o parti di essa) e l’ambiente circostante. La presente trattazione limita il campo di indagine alla modellazione delle fondamentali azioni mutue di natura meccanica, includendo, tra le stesse, le azioni fluidodinamiche. La presenza di moto relativo (e in particolare di velocità relativa nel punto/area di contatto) tra i diversi elementi della macchina e tra gli stessi e il fluido al contorno, ha un ruolo fondamentale nella genesi e conseguente modellazione delle azioni mutue scambiate. Nel comportamento dinamico delle macchine hanno quindi una notevole rilevanza: • le azioni di contatto scambiate tra solidi e gli effetti che ne derivano, come l’usura delle superfici; • le azioni scambiate nell’interazione fra solidi e fluidi.

7.2  Il contatto tra solidi I due principali fenomeni legati al contatto tra solidi sono l’attrito e l’usura. Il primo si manifesta come resistenza o impedimento al movimento relativo tra le parti a contatto, e costituisce uno svantaggio quando causa perdita di potenza tra i componenti che devono essere mantenuti in movimento relativo (attrito nei supporti, nelle tenute, nei vincoli in generale con presenza di rotolamento e/o strisciamento), in altri casi diventa un fattore essenziale al funzionamento delle macchine (aderenza nel caso del contatto ruota-rotaia e pneumatico-strada, organi quali i freni e le frizioni, giunzioni forzate e bullonate). L’usura si manifesta invece come una perdita progressiva di materiale dalla superficie di un corpo, come risultato del moto relativo rispetto a un altro corpo. L’usura può essere un fattore utile (per esempio nel caso di lavorazioni

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 153

11/24/14 5:31 PM


154  Capitolo 7 Figura 7.1 Suddivisione dei contatti dal punto di vista cinematico: a) rotolamento; b) strisciamento; c) urto.

tecnologiche di finitura) o, come accade in generale, può invece causare un progressivo degrado dell’accoppiamento tra le parti a contatto. Essendo la modellazione delle forze di contatto tra solidi fortemente dipendente dalla cinematica dell’eventuale moto relativo tra gli stessi, è importante effettuare le seguenti precisazioni essenziali. Dal punto di vista cinematico, nel contatto tra solidi possiamo distinguere contatti di rotolamento, di strisciamento e di urto. Facendo riferimento all’esempio di Figura 7.1, si osservi come nel caso di rotolamento la velocità relativa nel punto di contatto è nulla, nel secondo caso (strisciamento) è invece presente una componente di velocità relativa lungo la tangente comune alle superfici dei due corpi nel punto di contatto, mentre nell’ultimo caso, l’urto, è presente anche una componente normale non nulla della velocità relativa. Per quanto riguarda il contatto tra corpi, è anche possibile una classificazione dal punto di vista geometrico, distinguendo contatti puntiformi, lineari e superficiali, a seconda che l’ente geometrico in comune tra i solidi a contatto sia, nell’ipotesi iniziale di corpi indeformabili, un punto (per esempio una sfera a contatto su un piano), una linea (un cilindro a sezione circolare su un piano), o un’intera superficie (una faccia di un prisma su un piano). Si anticipa fin da ora che la trattazione di queste situazioni, considerando ancora i corpi come rigidi, può essere fatta solo in modo approssimato. La validità dei risultati ottenuti per tale via è il più delle volte sufficiente agli scopi nell’ambito ingegneristico. Per ottenere tuttavia informazioni più dettagliate sulla zona di contatto e sui fenomeni che vi avvengono, è necessario ricorrere a modelli più complessi, ovvero a modelli a corpi deformabili.

Figura 7.2 Suddivisione dei contatti dal punto di vista geometrico: a) contatto puntiforme; b) contatto lineare; c) contatto superficiale. Indicazione qualitativa della superficie di contatto se si tiene conto della deformabilità dei corpi.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 154

11/24/14 5:31 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  155

Nella realtà infatti i corpi sono deformabili, e le azioni scambiate tra gli stessi possono avvenire solo per tramite di pressioni finite, da cui segue che, anche nei primi due casi della Figura 7.2 il contatto deve avvenire secondo una superficie (impronta di contatto), la cui forma e dimensione dipende dalla geometria delle superfici, dalle caratteristiche elastiche dei corpi e dalle azioni applicate sugli stessi. Ne segue in particolare che, nel caso di corpi deformabili, la effettiva cinematica del contatto di rotolamento dovrà essere opportunamente modellata con maggiore dettaglio.

7.2.1  Attrito nei solidi a contatto Si definisce attrito la resistenza al moto relativo che si manifesta quando un corpo striscia su un altro. Tale azione di resistenza agisce secondo una direzione e un verso definiti dal vettore velocità relativa nel punto di contatto, come in seguito illustrato in termini quantitativi, ed è indicata come forza di attrito. La forza di attrito necessaria a iniziare un moto di strisciamento a partire da uno stato di quiete è detta forza di attrito statico, mentre quella necessaria a mantenere il moto di strisciamento tra due corpi già in moto relativo è detta forza di attrito dinamico (o radente). La forza di attrito dinamico è in generale inferiore, in modulo, a quella di attrito statico. Per giustificare la nascita delle forze di attrito statico e dinamico, è possibile utilizzare un modello microscopico del contatto: come noto, le superfici dei corpi reali presentano, con livelli più o meno accentuati, delle rugosità superficiali, anche se all’apparenza possono sembrare perfettamente lisce. Quando due solidi sono premuti uno contro l’altro (Figura 7.3), i contatti avvengono in realtà solo in corrispondenza dei picchi delle superfici irregolari: in tali zone si creano delle adesioni a livello molecolare (micro-saldature). Consideriamo il semplice esempio di Figura 7.3; sia F una forza applicata al corpo (1) in direzione parallela al piano d’appoggio dello stesso al corpo (2) (per esempio il terreno), e si supponga che tale forza sia crescente nel tempo. Il corpo (1) sia anche soggetto a una forza P costante (per esempio dovuta al peso) agente in direzione ortogonale al piano d’appoggio. Dapprima il corpo rimane in stato di quiete, in quanto le micro-saldature impediscono lo scorrimento. Figura 7.3 Contatto tra solidi in presenza di attrito: a) forze agenti; b) componenti di reazione vincolare.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 155

11/24/14 5:31 PM


156  Capitolo 7

A livello macroscopico, tale effetto si manifesta come una reazione tangenziale T1, parallela al piano d’appoggio, la cui direzione e il cui verso sono imposti dalla condizione di equilibrio statico del corpo (1), ovvero T1 = - F. Finché la forza F ha modulo sufficientemente piccolo, la reazione tangente resa disponibile dal fenomeno dell’attrito (forza di attrito statico) equilibra la forza esterna agente, rendendo possibile la condizione di equilibrio statico del corpo (1). Al crescere del modulo della forza F, si raggiunge tuttavia una situazione in cui le micro-saldature presenti tra i due corpi si rompono, e inizia lo scorrimento relativo tra i due corpi. In tale situazione i due corpi si scambieranno sempre una forza d’attrito (forza di attrito dinamico), in genere diversa da quella scambiata in condizioni statiche, e tale forza concorrerà insieme alle forze esterne e alle forze d’inerzia alla definizione delle nuove condizioni di equilibrio dinamico del corpo (1). Il comportamento sopra descritto può essere riassunto nelle leggi dette “di Coulomb” sull’attrito statico e sull’attrito dinamico, di cui si tratterà nei paragrafi seguenti.

7.2.2  Attrito statico (condizione di aderenza) Il modello di attrito statico (o di aderenza) può essere riassunto nello schema di Figura 7.4. In estrema sintesi, assegnato il coefficiente adimensionale fs detto coefficiente di attrito statico, la condizione di aderenza ovvero di assenza di velocità relativa tra le superfici dei due corpi a contatto potrà essere mantenuta purché la reazione R scambiata tra gli stessi si mantenga interna al cono d’attrito di semi-apertura as (angolo limite di attrito statico), avendo definito:

tan as = f s (7.1)

In altri termini, con riferimento alle componenti tangenziale T e normale N della reazione vincolare R, il modello Coulombiano dell’attrito statico (o di

Figura 7.4 Modello Coulombiano di attrito statico: condizione di aderenza coincidente con reazione vincolare R interna a cono d’attrito.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 156

11/24/14 5:31 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  157

aderenza) è rappresentato dalla seguente disuguaglianza:

(7.2)

Si sottolinea che la (7.2) non è un’equazione, ma una disuguaglianza e non potrà quindi essere mai utilizzata per il calcolo degli effettivi valori assunti dalle reazioni nei problemi di aderenza ovvero di attrito statico. Per tali problemi, le componenti normale e tangenziale delle reazioni vincolari N e T, verranno infatti calcolate tramite gli usuali sistemi di equazioni di equilibrio statico (o dinamico, per esempio nel caso di condizione di aderenza al contatto ruota terreno nell’ipotesi di moto vario e di rotolamento senza strisciamento). A valle di tale calcolo, che fornirà per le reazioni vincolari N e T valori dipendenti solo dalle condizioni di carico del sistema, le reazioni N e T esplicitamente calcolate dovranno essere sottoposte a verifica tramite la disuguaglianza (7.2). Se la (7.2) è soddisfatta, allora è verificata la condizione di aderenza, ovvero è corretta l’ipotesi di assenza di moto relativo tra le due superfici a contatto, e i valori delle reazioni N e T calcolati mediante le equazioni di equilibrio (statico o dinamico) del sistema, sono quelli effettivamente presenti nel caso in oggetto. Si sottolinea infine che, nell’ipotesi di validità del modello di attrito statico coulombiano espresso dalla (7.2), la massima componente di forza tangente scambiata tra i due corpi non dipende dall’estensione delle superfici a contatto, ma solo dall’entità della componente di forza normale e dal coefficiente adimensionale fs , assunto in genere costante. Tale coefficiente adimensionale, detto coefficiente di attrito statico o coefficiente di aderenza, è infatti in prima approssimazione indipendente dall’estensione della superficie nominale di contatto e dal carico normale applicato, ovvero è solo funzione della coppia di materiali a contatto. Esempio 7.1

Aderenza su un piano inclinato

In Figura 7.5 è rappresentato un corpo di massa M appoggiato a una guida inclinata di un angolo regolabile a: ipotizzando che tra corpo e guida ci sia attrito caratterizzato da un coefficiente di aderenza fs , si propone di calcolare la condizione limite di aderenza per l’angolo di inclinazione a della guida. Scrivendo le equazioni di equilibrio statico, si ottiene:

ìïï-Mg cos a + N = 0 (7.3) í ïïîT - Mg sen a = 0

da cui:

ïìïN = Mg cos a (7.4) í ïïîT = Mg sen a.

La condizione di equilibrio statico è garantita se è verificata la seguente diseguaglianza: ovvero:

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 157

Mg sena £ f s Mg cos a (7.5) tan a £ f s = tan as (7.6)

11/24/14 5:31 PM


158  Capitolo 7

da cui segue in sintesi, con riferimento alla 7.1 la condizione seguente:

a £ as (7.7)

ovvero il corpo permane in aderenza purché l’angolo di inclinazione a della guida sia inferiore ad as angolo limite di attrito statico di cui alla Figura 7.4. Figura 7.5 Aderenza su piano inclinato.

7.2.3  Attrito dinamico Con riferimento sempre allo schema elementare di Figura 7.3, nel caso in cui, a partire da una condizione di assenza di moto relativo tra i due corpi la condizione (7.2) non fosse più soddisfatta, ovvero la reazione tangente richiesta fosse maggiore di quella massima sviluppabile al contatto per effetto del coefficiente di aderenza disponibile fs , allora si avrebbe l’innesco del moto relativo di strisciamento. La condizione di cui sopra, ovvero ogni altra condizione in cui sia imposto moto relativo tra due corpi a contatto con conseguente strisciamento nel punto (o superficie) di contatto (in presenza ovviamente di una azione di contatto normale scambiata tra i due corpi), viene adeguatamente modellata mediante la legge Coulombiana di attrito dinamico illustrata nel seguito. La Figura 7.6 illustra con una certa generalità la tipica condizione in cui possono trovarsi due corpi che si scambiano forze di contatto in presenza di moto relativo di strisciamento. La presenza di eventuali componenti di velocità ortogonali al piano di scorrimento, non altera lo schema in quanto tali velocità, se presenti, devono essere identiche per i due corpi onde evitare

Figura 7.6 Modello Coulombiano di attrito dinamico: generica situazione di due corpi che si scambiano forze di contatto in presenza di moto relativo di strisciamento.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 158

11/24/14 5:31 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  159

distacco o urto. Analogamente, le velocità V1 e V2 possono essere sghembe, pur mantenendosi parallele al comune piano tangente tra i corpi. Si intende che valgano le seguenti ovvie relazioni e definizioni inerenti l’equilibrio del corpo (1), il principio di azione e reazione, e il vettore velocità relativa V2-1 tra i due corpi osservata da un osservatore posto sul corpo (1):

F = -T1 P = -N1 (7.8)

T2 = -T1 N2 = -N1 (7.9)

V2-1 = V2 - V1 .

(7.10)

Avendo indicato con fd il coefficiente di attrito dinamico (o radente) caratterizzante i due corpi a contatto, la legge Coulombiana di attrito dinamico afferma che, in presenza di moto relativo tra i due corpi (1) e (2), la forza di contatto tangente è modellata dalla seguente equazione:

(7.11)

Si sottolinea quindi la fondamentale differenza rispetto al caso di attrito statico: la (7.11) è un’equazione (non più una diseguaglianza come nel caso di attrito statico) e come tale è a tutti gli effetti una delle equazioni da includere nel calcolo della dinamica del sistema meccanico in oggetto. In particolare la (7.11) afferma che il modulo della forza tangente scambiata tra i due corpi a contatto è pari a una frazione fd del modulo dell’azione di contatto normale, ovvero vale: (7.12) Il modello dell’attrito dinamico espresso dalla (7.11) afferma tuttavia anche che, nel caso di presenza di moto relativo tra due corpi, direzione e verso della forza tangente scambiata sono note e sono imposte dal versore della velocità relativa u2-1: V u 2-1 = 2-1 . (7.13) Allo scopo di fissare le idee su un esempio elementare, è chiaro che, nel caso in cui la velocità del corpo (2) sia nulla V2 = 0 ne segue che il corpo (1) sarà soggetto a una forza T1 diretta in verso opposto rispetto alla velocità V1 del corpo stesso ovvero tale da “opporsi” al moto dello stesso, come è in uso affermare nel linguaggio tecnico corrente. È tuttavia anche utile allo stesso modo osservare che, nel caso in cui il corpo (1) sia fermo (ovvero sia V1 = 0), l’effetto dell’attrito dinamico è ovviamente quello di “trascinare” il corpo stesso mediante una forza tangente T1 avente la stessa direzione e lo stesso verso della velocità V2 del corpo (2), unico responsabile dello strisciamento nel contatto tra i due corpi. Si conclude osservando che, nel caso entrambi i corpi siano in moto, l’unico modo per decidere quale siano direzione e verso della forza d’attrito tangente è effettuare il calcolo della velocità di strisciamento nel punto di contatto, ovvero applicare l’espresione vettoriale (7.11). In sintesi il modello dell’attrito dinamico è rappresentato correttamente dalla

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 159

11/24/14 5:31 PM


160  Capitolo 7

(7.11) e non dalla (7.12) che, pur rappresentando correttamente il modulo della forza tangente non fornisce la fondamentale informazione inerente il versore di tale forza. Con riferimento sempre alla Figura 7.6, si considerino ora le implicazioni energetiche del modello di attrito dinamico Coulombiano, scrivendo la potenza delle forze di contatto N1 , T1 , N2 T2 per una qualunque situazione di moto del sistema, ovvero per un qualunque valore delle velocità V1 e V2 dei due corpi, purché compatibili con la condizione di strisciamento tra gli stessi. Senza togliere generalità al problema, è sufficiente considerare velocità V1 e V2 appartenenti al piano tangente comune di strisciamento tra i due corpi, in quanto eventuali componenti di velocità normali allo stesso dovrannno necessariamente essere uguali per i due corpi allo scopo di evitare condizioni di urto o distacco tra gli stessi. Tali componenti uguali di velocità normali al piano di strisciamento daranno infine luogo a potenza nulla, essendo per il principio di azione e reazione N2 = -N1 , e non lavorando ovviamente sulle componenti tangenti T1 e T2 a esse ortogonali. Ne segue quindi che la potenza delle forze di contatto è con tutta generalità espressa dalla relazione seguente:

Wd = T1 ´ V1 + T2 ´ V2 = -T1 ´ ( V2 - V1 ) = -T1 ´ V2-1 .

(7.14)

Ne segue, con riferimento alla (7.11), che la potenza delle forze di contatto associate al modello di attrito dinamico Coulombiano è espressa dalla seguente relazione:

(7.15)

Si nota che il modello di attrito dinamico Coulombiano è dissipativo, ovvero la potenza delle forze di contatto da esso implicate è sempre negativa e pari in valore assoluto al prodotto tra il coefficiente di attrito dinamico fd , la forza normale scambiata tra i corpi e la velocità relativa di strisciamento tra gli stessi. È opportuno osservare che le (7.11) e (7.15) sono valide per vincoli sia monolateri sia bilateri. Come già osservato nei paragrafi introduttivi e sinteticamente illustrato in Figura 7.2, la realtà del contatto tra solidi vede l’azione scambiata tra i due corpi distribuita su un’area di contatto di dimensione finita e sotto la forma non di “forze” bensì di “sforzi”. La possibilità che il moto relativo tra i due corpi non sia traslatorio implica, inoltre, che la velocità di strisciamento possa essere rappresentata da vettori differenti nei diversi punti appartenenti all’area di contatto. Ne segue di conseguenza che, allo scopo di modellare adeguatamente le azioni scambiate tra i due corpi in termini di integrali delle effettive corrispondenti distribuzioni di sforzi, sarà necessario utilizzare un modello Coulombiano di attrito formulato in termini locali come illustrato nel seguito. In Figura 7.7 si rappresentano gli sforzi normale s(P) e tangente t   (P) agenti sull’elementino di superficie dA funzioni del punto (P) appartenente all’area di contatto dA del corpo (1). Lo sforzo tangente t  (P) ha direzione e verso associati alla velocità locale di strisciamento nel punto di contatto in oggetto, come descritto dal modello locale di attrito Coulombiano di cui all’Equazione (7.16): V (P ) t ( P ) f d |s( P ) | 2 1 . (7.16) | V2 1 ( P ) |

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 160

11/24/14 5:31 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  161 Figura 7.7 Modello di attrito dinamico: formulazione locale per distribuzione di sforzi e distribuzione di velocità relative

Analogamente a quanto già visto in termini finiti per le “forze”, è possibile formulare la potenza dissipata localmente dagli “sforzi” d’attrito a carico dell’areola dA nel modo seguente:

dWd

f d t ( P ) V2 1 ( P )dA

f d | t ( P ) || V2 1 ( P ) | dA.  (7.17)

Si forniscono ora alcune precisazioni in merito al parametro adimensionale fd che, come già precedentemente ricordato, prende il nome di coefficiente di attrito dinamico o radente. Analogamente a quanto già discusso per il coefficiente di attrito statico fs , in prima approssimazione fd non dipende dall’estensione dell’area di contatto, ma solo dalla natura della coppia di materiali a contatto, includendo in essa anche le caratteristiche di finitura delle superfici a contatto. Valori indicativi dei coefficienti di attrito nel caso di un accoppiamento tra acciaio e acciaio o altri materiali sono riportati nella Tabella 7.1, in caso di superfici asciutte. Coppia materiali (superfici pulite e asciutte)

fs

fd

acciaio / PTFE

0.15

0.04 ü 0.08

acciaio / acciaio

0.6 ü 0.8

0.2 ü 0.4

acciaio / nylon

0.4

0.35 ü 0.4

acciaio / bronzo

0.35

0.3

acciaio / ferodo

0.5

0.4

0.8 ü 1.1

0.6 ü 0.9

pneumatico / strada

Tabella 7.1 Coefficienti di attrito statico e dinamico per diversi accoppiamenti tra i materiali, nel caso di superfici asciutte.

Si osservi che i valori, pur se indicativi, possono variare di un ordine di grandezza in funzione della coppia di materiali considerati. Si fa a questo proposito solo un cenno al fatto che l’introduzione tra i due corpi a contatto di un eventuale “terzo corpo”, quale concettualmente può essere considerato un lubrificante (di qualunque natura esso sia, solida o liquida), cambia drasticamente la natura del contatto e ovviamente anche il valore del coefficiente di attrito. Si

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 161

11/24/14 5:31 PM


162  Capitolo 7

riportano nella Tabella 7.2, solo a titolo di esempio, alcuni valori dei coefficienti di attrito nel caso di accoppiamenti in presenza di “lubrificazione limite”, ovvero di assenza di qualsiasi meccanismo che coinvolga l’idrodinamica del lubrificante. Tabella 7.2 Coefficienti di attrito statico e dinamico per diversi accoppiamenti tra i materiali, nel caso di superfici con lubrificazione limite

Coppia materiali (lubrificazione limite)

fs

fd

acciaio / acciaio

0.1 ü 0.2

0.1 ü 0.2

acciaio / nylon

-

0.06 ü 0.1

0.12

0.05 ü 0.1

acciaio / metallo bianco

Si sottolinea, infine, che l’ipotesi di prima approssimazione di indipendenza del valore del coefficiente di attrito dinamico fd dal valore della velocità relativa di strisciamento V2-1 è in genere verificata solo per valori della stessa superiori a una certa soglia. In particolare, la Figura 7.8 mostra il tipico andamento della funzione fd (V2-1) per un accoppiamento tra materiali metallici. Sull’asse V2-1 = 0 sono indicati i valori fs e fd conformi all’usuale condizione fs > fd . La funzione fd (V2-1) dopo un tratto a vistosa pendenza negativa ha tipicamente un minimo e tende asintoticamente al valore fd con pendenza positiva. Considerazioni inerenti la dinamica dei sistemi meccanici, avendo rimosso l’ipotesi di indeformabilità dei componenti meccanici, ovvero considerandone le effettive rigidezze, mostrano la possibile criticità della zona a bassissima V2-1 caratterizzata dalla condizione:

¶f d < 0 (7.18) ¶V2-1

in quanto possibile causa di fenomeni di instabilità dinamica nel moto relativo di strisciamento dei due corpi a contatto, ovvero della possibile insorgenza di vibrazioni di rilevante ampiezza (Capitolo 11). Si osservi infine, che è possibile utilizzare per problemi m ­ onodimensionali una scrittura algebrica dell’Equazione di attrito (7.11) nella forma seguente:

T1 = f d (V2-1 ) | N1 |

(7.19)

attribuendo alla funzione fd (V2-1) il ruolo di assegnazione del segno alla forza tangente T1 in funzione del verso della velocità di strisciamento V2-1. In tal caso il diagramma completo di tale funzione è rappresentato in Figura 7.9, mostrando la pesantissima nonlinearità nell’intorno del valore nullo di velocità Figura 7.8 Coefficiente di attrito dinamico fd: tipico andamento a bassa velocità di strisciamento e tipica dipendenza dalla stessa

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 162

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  163 Figura 7.9 Coefficiente di attrito dinamico fd: tipico andamento a bassa velocità di strisciamento e tipica dipendenza dalla stessa.

di strisciamento, dove variazioni piccolissime di velocità di strisciamento tali da invertirne il segno, sono causa di grandissime variazioni di forza di contatto (ovvero dell’inversione del segno della stessa), determinando ancora possibili problemi dinamici di importanti vibrazioni meccaniche nei sistemi che si ­trovino a operare in tali condizioni.

Strisciamento su un piano inclinato in presenza di attrito

Esempio 7.2

Con riferimento al sistema di Figura 7.10, se si ipotizza che il corpo si stia muovendo verso il basso con velocità V e accelerazione a, le equazioni di equilibrio dinamico risultano: ìïïMg sen a - T - Ma = 0 í (7.20) ïïîN - Mg cos a = 0 avendo indicato con a l’accelerazione del corpo. A tali equazioni viene messa a sistema anche l’Equazione (7.11), permettendo così di ricavare il valore dell’accelerazione:

a=

Mg sen a - f d Mg cos a (7.21) M

che risulta minore rispetto al caso in cui l’attrito è assente. Dal punto di vista energetico, il calcolo della potenza dissipata per attrito radente, coerentemente con l’Equazione (7.15) porta alla seguente relazione:

Wd = T ´ V = -T · V = - f d · N · V (7.22) Figura 7.10 Scorrimento in discesa su un piano inclinato.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 163

11/24/14 5:32 PM


164  Capitolo 7

7.2.4  Contatto di rotolamento Il più semplice modello del contatto tra una ruota e il vincolo sul quale questa rotola, fa ancora riferimento al modello di attrito Coulombiano. Come illustrato in Figura 7.11, in tale approccio la ruota e il vincolo sono modellati come rigidi, e pertanto si assume che essi vengano a contatto su un segmento la cui traccia nel piano è il singolo punto P¢. Si ipotizza poi che in tale punto non avvenga strisciamento tra i due corpi se risulta verificata la relazione di Coulomb (7.23):

(7.23)

in cui |T1| e |N1| sono i moduli delle componenti rispettivamente normale e tangenziale della forza di contatto, e fs è il coefficiente di attrito statico tra i due corpi. In questo caso il punto di contatto è anche centro di istantanea rotazione, in quanto il vincolo è dotato di velocità nulla e la velocità VG del centro ruota è espressa dalla relazione:

VG

(G

P ¢ ) (7.24)

che corrisponde come ben noto al vincolo di puro rotolamento. Allo scopo di chiarire il tipico procedimento di calcolo e verifica da adottare in caso si supponga che la ruota rotoli senza strisciare, in Figura 7.11 è rappresentata la ruota di massa m e momento d’inerzia polare baricentrico JG , caricata in modo generico, ovvero oltre che dalla sua forza e coppia d’inerzia Fin = -maG e . Cin = - JG W, anche da forze e coppie esterne, tipicamente una forza verticale FV (inclusiva della forza di gravità della ruota stessa e dei carichi provenienti dal veicolo), una forza orizzontale FH (tipicamente proveniente dal veicolo) e un momento torcente Mm (tipicamente la coppia motrice o frenante in funzione del ruolo assunto dalla ruota nel caso in esame). È evidente che le reazioni Figura 7.11 Contatto di rotolamento.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 164

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  165

vincolari T1 e N1 devono essere calcolate mediante le equazioni di equilibrio dinamico della ruota. Una volta calcolato il valore di T1 e N1 si utilizzerà quindi come verifica l’Equazione (7.23): se soddisfatta, i valori calcolati sono corretti e l’ipotesi di rotolamento senza strisciamento è corretta. In caso contrario, ovvero se l’azione tangenziale richiesta superasse il limite di aderenza, il legame (7.24) tra la velocità del baricentro VG e la velocità angolare della ruota W non è più valido e nasce una velocità di strisciamento tra i due corpi (il sistema vede nascere un grado di libertà aggiuntivo in quanto viene meno il legame cinematico lineare tra rotazione della ruota e avanzamento del suo asse baricentrico G). Nel caso non sia soddisfatta la verifica di aderenza (7.23), sarà necessario ricalcolare gli effettivi valori delle forze di contatto, includendo tra le equazioni anche l’equazione di attrito Coulombiano valida in caso di moto relativo tra i due corpi (l’accelerazione angolare della ruota e l’accelerazione del suo asse baricentrico G saranno in questo caso variabili indipendenti):

(7.25)

ovvero per i moduli:

(7.26)

Si osservi che il verso della forza tangente è come noto assegnato dalla v­ elocità relativa tra i due corpi.

7.2.5  Resistenza al rotolamento (attrito volvente) Con il termine resistenza al rotolamento o, spesso, con il termine improprio di attrito volvente, si definisce la resistenza incontrata da un corpo che rotola senza strisciare macroscopicamente sulla superficie di un altro corpo. L’esperienza mostra infatti che per mantenere una ruota in moto a velocità costante su un piano orizzontale, anche in assenza di resistenze di altra natura, è necessario comunque applicare delle azioni motrici, seppur piccole, realizzate tramite coppie applicate alle ruote o forze spingenti al centro ruota. Dal punto di vista energetico, si può affermare che tale esempio vede un ingresso netto di potenza meccanica verso il “sistema ruota” e un’uscita netta nulla dallo stesso (moto a velocità costante su piano orizzontale). Ne segue che la potenza spesa per mantenere in moto a velocità costante la ruota sarà tutta utilizzata da un meccanismo dissipativo associato al rotolamento. In varie applicazioni in campo ingegneristico, la potenza dissipata associata al rotolamento non può essere trascurata e viene quindi adeguatamente modellata mediante il modello di attrito volvente nel seguito illustrato. Si propone inizialmente una spiegazione fisica qualitativa del fenomeno appoggiata al comportamento isteretico dei materiali. In realtà una corretta modellazione del fenomeno è molto complessa, dovendo includere nello schema di calcolo la deformabilità dei corpi e lo stato di deformazione triassiale degli stessi in prossimità dell’area di contatto. Il modello di attrito volvente proposto consentirà invece di m ­ antenere la tipica modellazione a corpi rigidi della trattazione fin qui proposta. Abbandonata quindi momentaneamente l’ipotesi di corpo rigido, si consideri un

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 165

11/24/14 5:32 PM


166  Capitolo 7

disco premuto contro una superficie piana e si assuma che la deformabilità del disco sia molto maggiore di quella della superficie, considerata ancora rigida. Non vi sarà più una linea di contatto, la cui traccia nel piano del moto è il punto di contatto, ma una superficie di forma approssimativamente rettangolare (impronta di contatto). Nell’ipotesi di ruota ferma, ovvero di assenza di rotolamento, e supponendo la ruota caricata da una forza verticale FV passante per l’asse baricentrico e da una coppia Mm equilibrata da una opportuna distribuzione di sforzi tangenti sull’impronta, come illustrato in Figura 7.12, per semplici considerazioni di simmetria, ovvero in base alla teoria di Hertz [6] applicata al caso di contatto tra superfici non conformi, sia la distribuzione delle deformazioni che la distribuzione delle pressioni nell’area di contatto risultano simmetriche, di forma ellittica, con il massimo in corrispondenza della mezzeria dell’impronta (Figura 7.12). Con riferimento ora alla Figura 7.13 si consideri invece una ruota sempre caricata da una sola forza verticale passante per l’asse baricentrico della stessa, ma soggetta a rotolamento senza strisciamento. Si può giustificare intuitivamente che durante il movimento della ruota un punto della superficie del disco occuperà successivamente le posizioni P1 , P2 , É, P5 , dando luogo a deformazioni di compressione crescenti dal bordo di attacco (P1-P3) fino alla mezzeria dell’impronta, e decrescenti con la stessa modalità dal centro al bordo di uscita (P3-P5). Si accetta, quindi, che la distribuzione delle deformazioni a carico del materiale della ruota in corrispondenza all’impronta di contatto, si mantenga simmetrica come proposto successivamente in Figura 7.14. Per quanto riguarda invece le pressioni, se si facesse riferimento a un materiale elastico (per maggiore semplicità si fa riferimento a un materiale elastico lineare) per il quale vale la legge di Hooke di proporzionalità tra pressione s e deformazione ë, il ramo della curva s - ë nella fase di carico (1–3) si ricoprirebbe con quello della fase di scarico (3-5) (Figura 7.13b), dando luogo quindi ancora a una distribuzione di pressioni simmetrica al pari della distribuzione di deformazioni. Figura 7.12 Area di contatto e distribuzione delle pressioni in quiete.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 166

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  167 Figura 7.13 Ciclo di carico con materiale elastico lineare e isteretico: a) posizioni all’interno dell’impronta di contatto, b) materiale elastico lineare, c) materiale con isteresi.

Supponendo invece che il materiale abbia comportamento anelastico, ovvero dia luogo, nella fase di carico e scarico, a un ciclo di isteresi come illustrato in Figura 7.13c ovvero a valori di pressione s più elevati (a pari deformazione) nella fase di carico e più bassi in quella di scarico, ne segue che necessariamente la distribuzione di pressioni sull’impronta di contatto risulterà dissimmetrica come illustrato in Figura 7.14. Sono opportune alcune precisazioni: il comportamento isteretico del materiale necessariamente vedrà sempre il ramo a deformazioni crescenti caratterizzato da valori di pressione maggiori di quello a deformazioni decrescenti, infatti l’area racchiusa dal ciclo rappresenta l’energia in ingresso verso il materiale per unità di volume in un ciclo di carico-scarico e tale energia deve necesariamente essere positiva, ovvero il materiale deve necessariamente essere dissipativo (o al più neutro nel caso elastico). L’energia per unità di volume che caratterizza il ciclo d’isteresi può essere interpretata come la differenza tra l’energia meccanica accumulata per unità di volume nella fase di carico, e quella restituita nella fase di scarico. L’energia meccanica che non viene restituita rappresenta l’energia perduta che, se integrata su tutta la porzione di disco interessata dalla deformazione, rappresenta l’energia complessivamente dissipata, uscente dal sistema “degradata” da energia meccanica a energia termica (calore).

Figura 7.14 Distribuzione delle deformazioni e delle pressioni al contatto nel caso di materiale con ciclo di isteresi.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 167

11/24/14 5:32 PM


168  Capitolo 7

Risulta evidente che un calcolo della potenza dissipata effettuato rappresentando in dettaglio il fenomeno fisico sopra descritto sarebbe, oltre che molto oneroso, anche impreciso, per la presenza di molti parametri difficilmente misurabili. Si ricorre allora a uno schema interpretativo semplificato, ovvero a un modello meccanico detto modello di attrito volvente in grado di riprodurre adeguatamente il fenomeno dissipativo globale a carico del contatto di rotolamento ruota-terreno nel caso di veicoli terrestri, o ruota rotaia nel caso di veicoli ferroviari. Per una più puntuale illustrazione di quanto detto, con riferimento alle Figure 7.13c e 7.14, si osservi che a parità di deformazione, su due punti omologhi dell’impronta di contatto (per esempio P2 e P4), si hanno due differenti pressioni, maggiore nella porzione anteriore dell’impronta di contatto (corrispondente alla fase di carico del materiale) e minore nella parte posteriore dell’impronta (corrispondente alla fase di scarico). Ne consegue che il diagramma delle pressioni risulta dissimmetrico rispetto alla mezzeria dell’impronta, con pressioni più elevate nella porzione “anteriore”, ovvero di “ingresso”, del materiale verso la zona di contatto. La risultante delle pressioni non sarà, quindi, più passante per il centro del disco ma si collocherà a una distanza u dal centro della ruota nel verso del moto di avanzamento relativo tra disco e terreno (o, in modo equivalente, è rappresentata da una forza passante per il centro del disco e una coppia di trasporto N · u). Avendo definito con R il raggio di rotolamento della ruota, con fv il coefficiente di attrito volvente e con u l’avanzamento del punto di applicazione della reazione normale rispetto al centro di istantanea rotazione della ruota, ovvero uno spostamento verso la zona di “ingresso” del materiale nell’impronta di contatto, il modello di attrito volvente si può semplicemente definire mediante la relazione seguente: u = f v · R. (7.27)

Secondo il modello proposto, indipendentemente dal valore del carico normale, l’avanzamento della reazione normale è semplicemente proporzionale al raggio di rotolamento, tramite il coefficiente adimensionale fv . Il vero significato del modello è peraltro energetico e l’eventuale definizione sperimentale del valore del coefficiente fv viene effettuata misurando la potenza dissipata globalmente dalla ruota soggetta a un carico normale, per effetto del rotolamento. La Figura 7.15 permette di valutare in modo elementare le implicazioni energetiche del modello proposto. Si supponga, infatti, di voler mantenere in moto su un piano orizzontale, con velocità uniforme, una ruota caratterizzata da coefficiente di attrito volvente fv : si può optare per applicare una coppia oppure una forza orizzontale all’asse, come mostrato rispettivamente in Figura 7.15 a) e b). Nel caso a) è immediato calcolare i seguenti valori:

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 168

N1

FV

T1

0

(7.28)

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  169 Figura 7.15 Possibili condizioni di carico per una ruota soggetta ad attrito volvente e in moto con velocità costante su un piano: a) coppia motrice, b) forza spingente.

Nel caso b) è altrettanto immediato calcolare i seguenti valori: N1

FV

T1

FH

(7.29)

In entrambi i casi la potenza spesa per mantenere in moto a velocità costante la ruota, ovvero la potenza dissipata per isteresi nel rotolamento vale: ovvero:

W

(7.30) (7.31)

L’Equazione (7.31) è di validità generale, anzi, come già detto, fornisce la modalità operativa per misurare il coefficiente di attrito volvente e afferma in sintesi che, per effetto del rotolamento e del fenomeno dissipativo di natura isteretica noto come attrito volvente, la potenza dissipata è proporzionale, tramite il coefficiente fv , al modulo della forza normale di contatto e alla velocità relativa di avanzamento dell’asse della ruota rispetto alla guida (supposta piana). Si sottolinea che si ha rotolamento e quindi dissipazione solo se c’è moto relativo tra disco e guida, quindi, nel caso di guida mobile, la velocità da introdurre nella (7.31) è ovviamente una velocità relativa letta da un osservatore solidale alla guida. Nel caso di guida curvilinea, la velocità da prendere in considerazione sarà invece la velocità di avanzamento del punto di contatto lungo la guida, ovvero la velocità con cui si sposta lungo la guida il centro di istantanea rotazione del moto relativo disco-guida. Si osserva, infine, che nel caso di Figura 7.15(b) dalla (7.29) si calcola che vale (singolarmente!) |T1| = |N1|. fv e che peraltro nel caso di Figura 7.15(a) risulta invece |T1| = 0. Ovviamente il valore assunto dalla forza tangente scambiata tra ruota e terreno sarà differente di volta in volta in funzione di quanto richiesto al vincolo dalle modalità di carico e di utilizzo della ruota.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 169

11/24/14 5:32 PM


170  Capitolo 7 Figura 7.16 Contatto di rotolamento con presenza di attrito volvente: interpretazione cinematica equivalente finalizzata al calcolo della potenza dissipata.

Si conclude questa analisi del modello dell’attrito volvente osservando che, secondo lo schema di Figura 7.16, si potrebbe dare una interpretazione cinematica equivalente al calcolo della potenza dissipata per attrito volvente. Supponendo infatti idealmente che la ruota rotoli senza strisciare intorno al punto P¢ e che la reazione verticale N1 , avanzata di u rispetto all’asse passante per P¢, risulti idealmente applicata alla ruota in P″. Il calcolo della potenza messa in gioco da tale forza, il cui punto di applicazione è dotato di velocità non nulla VP″ , porta evidentemente alla stessa Equazione (7.31), confermando la coerenza del modello dissipativo di attrito volvente proposto. Come già accennato, si ricorda in conclusione che il coefficiente di attrito volvente fv viene determinato sperimentalmente mediante apposite macchine di prova o trascinando la ruota su strada; in entrambi i casi si misura la potenza meccanica necessaria a mantenere il moto a regime, la quale uguaglia l’energia dissipata per effetto del meccanismo isteretico associato al rotolamento. Si riportano infine alcuni valori caratteristici del coefficient fv:

fv = 1¸ 2 ·10-2 (7.32)

per un contatto pneumatico-strada, e:

(7.33)

per un contatto acciaio-acciaio, come nel caso di una ruota ferroviaria su rotaia.

Esempio 7.3

Rotolamento senza strisciamento con attrito volvente

Si effettua ora, a scopo esemplificativo, l’analisi del caso di carico generico e moto generico della ruota mostrato in Figura 7.17, dove la ruota di massa m e momento d’inerzia polare baricentrico JG , rotolando senza strisciare su una guida rettilinea orizzontale, si muove con velocità e accelerazione dell’asse rispettivamente VG e aG . (e con ovvie relazioni W e W). Si suppone che la ruota sia caricata in modo generico ovvero, oltre che dalla sua . forza e coppia d’inerzia Fin = -m aG e Cin = -JG W, anche da forze e coppie esterne, tipicamente una forza verticale FV (inclusiva della forza di gravità della ruota stessa

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 170

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  171

Figura 7.17 Condizione generica di carico di una ruota motrice in presenza di attrito volvente.

e dei carichi provenienti dal veicolo), una forza orizzontale FH (tipicamente proveniente dal veicolo) e un momento torcente Mm (tipicamente la coppia motrice o frenante in funzione del ruolo assunto dalla ruota nel caso in esame). Si suppone presente un coefficiente di attrito volvente fv che determina l’avanzamento della reazione N1 della quantit à u rispetto alla direzione passante per l’asse baricentrico G. Si suppongano note, oltre allo stato del disco (posizione e velocità VG e W), le forze esterne FV , FH e la coppia motrice Mm e si calcoli la conseguente accelerazione, le reazioni vincolari T1 e N1 , e la potenza dissipata per attrito volvente. Ipotizzando i versi dei vettori coerenti con le indicazioni grafiche in figura, ovvero supponendo si tratti di una ruota motrice, le equazioni di equilibrio verticale e di momento rispetto al punto P¢, portano ai seguenti risultati:

N1 = FV (7.34)

(7.35)

da cui, tenendo conto della definizione del modello di attrito volvente di cui alla (7.27) l’accelerazione della ruota:

Mm - FH - FV fv a= R . (7.36) JG m+ 2 R

Il valore della forza tangente è ricavabile dall’equazione di equilibrio oizzontale:

T1 = FH + m ⋅ aG (7.37)

La potenza spesa per mantenere in rotazione la ruota è calcolabile come:

(7.38)

Risulta ovviamente che la potenza spesa è incrementata della quantità DWm = N1 · fv · VG corrispondente alla potenza dissipata per attrito volvente Wdiss già calcolata in (7.31).

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 171

11/24/14 5:32 PM


172  Capitolo 7

Alternativamente, si sarebbe potuto risolvere il problema scrivendo direttamente il bilancio di potenza, inclusivo della potenza dissipata per attrito volvente, nel seguente modo:

M m ´W + FH ´ VG + Wdiss = ma G ´ VG + J G W ´W. (7.39)

Sostituendo secondo la (7.31) Wdiss = -|N1| · fv · |VG| e utilizzando le ovvie relazioni cinematiche tra velocità, accelerazione dell’asse e velocità e accelerazione angolare della ruota, si sarebbero ottenuti gli stessi risultati in termini di coppia motrice, reazioni a terra e potenza complessivamente spesa. Si ribadisce quindi che il modello dell’attrito volvente viene introdotto allo scopo di rappresentare adeguatamente dissipazioni a carico esclusivamente delle forze normali scambiate tra ruota e terreno e che non esiste alcun legame tra il modello di attrito volvente e la forza tangente scambiata tra ruota e terreno, il cui valore è stato calcolato secondo la (7.31) mediante l’equilibrio dinamico orizzontale della ruota T1 = FH + m · aG. A conclusione del calcolo delle reazioni a terra, con riferimento al valore di coefficiente di attrito statico caratteristico dell’accoppiamento ­ruota-terreno o ruota-rotaia, si effettuer à la verifica di aderenza allo scopo di garantire che l’ipotesi di rotolamento senza strisciamento, sotto la quale sono stati effettuati i calcoli di cui sopra, sia effettivamente verificata: |T1| ² fs|N1|.

7.3  Critica ai modelli elementari di attrito Nel Paragrafo 7.2.4 è stato descritto il più semplice modello atto a descrivere le forze di attrito agenti tra solidi in rotolamento, che viene spesso chiamato “modello Coulombiano” dell’attrito. Nonostante la sua semplicità, questo modello riesce a descrivere con buona approssimazione i fenomeni che si verificano in numerose applicazioni di interesse tecnico. Per esempio, può essere utilizzato per lo studio delle condizioni di aderenza ruota-terreno o ruota-rotaia nelle diverse condizioni di marcia (partenza, arresto), almeno finché le forze di contatto su tutte le ruote si mantengano ben al di sotto del limite di aderenza. Esistono però altri casi, tra cui vari aspetti della meccanica dei veicoli stradali e ferroviari, in cui il modello Coulombiano si rivela inadeguato: per esempio, non è in grado di rendere conto dei fenomeni di deriva che governano il comportamento di un veicolo stradale in curva e ne determinano la tendenza a sovra o sotto-sterzare [9], [7]. Analogamente, tale modello non si presta a evidenziare i fenomeni di instabilità di marcia che intervengono a elevata velocità nei veicoli ferroviari [7], [10]. Per affrontare questi e altri problemi, si rende dunque necessaria una modellazione più raffinata delle azioni di contatto tra ruota e vincolo, e in particolare occorre considerare che nella realtà i due corpi a contatto sono deformabili, con la conseguenza che l’impronta di contatto assume ­dimensioni finite. È possibile dimostrare [11] che, nel caso una ruota deformabile trasmetta una forza di contatto T1 tangente non nulla, l’impronta di contatto tra i due corpi elastici in rotolamento (per esempio la ruota e la rotaia), si divide in una zona di aderenza (dove vale la condizione di attrito statico) e una zona

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 172

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  173 Figura 7.18 Aderenza e microscorrimenti in una ruota su un piano.

in cui si manifestano slittamenti di piccola entità, associati alla deformabilità dei corpi (micro-scorrimenti), come mostrato nella Figura 7.18. La zona di aderenza è situata dalla parte del lembo di imbocco e la zona di strisciamento nella porzione posteriore. Si dimostra che la zona di aderenza tende a occupare l’intera impronta al tendere a zero della forza tangente e, viceversa, la zona dei micro-scorrimenti tende a estendersi all’intera impronta al tendere della forza tangente a valori prossimi al limite di aderenza statico. La presenza di scorrimenti nell’impronta di contatto fa sì che la velocità del centro del disco si discosti da quella che si avrebbe nell’ipotesi di rotolamento senza strisciamento. In particolare ne segue che, per una corretta modellazione del problema di contatto ruota-terreno (o ruota-rotaia), si deve introdurre necessariamente un grado di libertà aggiuntivo, ovvero, con riferimento alla Figura 7.19, lo spostamento x dell’asse della ruota risulta essere indipendente dall’angolo di rotazione J della stessa, potendo dar luogo quindi a una velocità di strisciamento relativo del punto P¢, d’ora innanzi non più centro di istantanea rotazione della ruota ma definito come ente cinematico punto di contatto. Viene quindi introdotta una grandezza adimensionale chiamata micro-scorrimento e, rappresentativa della velocità di strisciamento di P¢ adimensionalizzata rispetto alla velocità di avanzamento dell’asse della ruota, come illustrato in (7.40):

e=

RJ - x | x |

(7.40)

La corretta rappresentazione della forza tangente scambiata al contatto in presenza di micro-scorrimenti, ovvero in tutti i casi reali di rotolamento tra

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 173

11/24/14 5:32 PM


174  Capitolo 7 Figura 7.19 Modellazione cinematica del micro-scorrimento e di una ruota su un piano.

corpi deformabili, vede la necessità di introdurre un nuovo modello chiamato modello dei micro-scorrimenti rappresentato dall’Equazione (7.41):

(7.41)

in cui la funzione m (e) è rappresentata come esempio nelle Figure 7.20 e 7.21 rispettivamente per il contatto ruota-terreno e ruota-rotaia. Si riassumono le conseguenze più significative associate all’introduzione del nuovo modello sintetizzato dalle Equazioni (7.40) e (7.41).

Figura 7.20 Esempio di funzione m (e) per contatto pneumatico-strada.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 174

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  175 Figura 7.21 Esempio di funzione m(e) per contatto ruota-rotaia

• Nel momento in cui si voglia trasmettere tra ruota e terreno o tra ruota e rotaia una forza tangente |T1| =Û 0 di modulo non nullo, necessariamente si manifesta un seppur piccolo strisciamento dell’ente geometrico punto di contatto, ovvero risulta non nullo il micro-scorrimento definito alla 7.40 e =Û 0. • Le funzioni m (e) che caratterizzano i tipici accoppiamenti pneumatico-strada o ruota-rotaia, sono caratterizzate sempre da un tratto pressoché lineare nell’intorno di e = 0 per diventare, poi, fortemente non lineari per elevati valori di e. • I tipici valori di massima estensione del tratto pressoché lineare delle curve m (e) si manifestano per valori di e “piccoli” ovvero dell’ordine di |e| ² 0.01 nel caso ruota-rotaia, e |e| ² 0.1 nel caso pneumatico-terreno. • Per elevati valori di e, ovvero andando verso slittamenti macroscopici estesi a tutta l’area di contatto, il modello dei micro-scorrimenti è ovviamente asintotico al modello dell’attrito dinamico coulombiano, ovvero |m (e)| š fd . • Il modello proposto è ovviamente dissipativo, ovvero in presenza di forze tangenti trasmesse non nulle, si avrà sempre potenza dissipata non nulla a carico della forza tangente stessa applicata al punto P0 dotato di velocità di strisciamento non nulla rispetto al terreno (o alla rotaia). Il valore di tale potenza dissipata è ovviamente facilmente espresso dalla (7.42).

 . Wdiss = - T1 ⋅ xe

(7.42)

È bene puntualizzare che i modelli dell’attrito volvente e dei micro-scorrimenti sono indipendenti l’uno dall’altro, anzi potrebbero essere visti come complementari e possono essere contemporaneamente applicati, avendo il

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 175

11/24/14 5:32 PM


176  Capitolo 7

primo il ruolo di rappresentare correttamente le dissipazioni a carico delle sole forze normali di contatto, e il secondo il ruolo di rappresentare una corretta modellazione delle forze tangenti (e implicitamente delle dissipazioni a esse connesse) nel caso reale di contatto di rotolamento tra corpi deformabili.

7.4  Usura nel contatto tra solidi Richiamando le tre cause che possono portare alla messa fuori servizio di una macchina (rottura, obsolescenza e usura), si può osservare che: • la rottura di elementi di macchine è un evento non frequente, che può essere dovuto a difetti del materiale, al fatto che il sistema sia assoggettato a carichi maggiori rispetto a quelli di progetto o, infine, a schematizzazioni non adeguate al calcolo delle sollecitazioni, che hanno portato a errori in fase di progettazione; • l’obsolescenza, ossia l’invecchiamento dovuto alla comparsa sul mercato di macchine in grado di effettuare la medesima funzione in modo più conveniente (sia dal punto di vista della velocità di esecuzione, sia del risparmio dell’energia impiegata), interviene, nel campo delle macchine, dopo anni di funzionamento; • l’usura è connaturata all’esercizio stesso della macchina, provocandone un decadimento della funzionalità, e non sempre in misura proporzionale al trascorrere del tempo. Di solito, infatti, i fenomeni di usura mostrano un tasso di crescita più elevato man mano che il livello globale di usura cresce. Il fenomeno dell’usura meccanica consiste in una perdita di materiale che si manifesta nel contatto tra due solidi, soprattutto in presenza di strisciamento relativo tra questi. Dal punto di vista della funzionalità della macchina, l’usura si manifesta attraverso: • aumento dei giochi negli accoppiamenti, con conseguenti imprecisioni nel movimento e aumento della rumorosità; • possibile comparsa di fenomeni di urto e conseguenti vibrazioni e sovraccarichi dinamici; • cambiamento delle propriet à meccaniche e dell’aspetto delle superfici a contatto. Tali cambiamenti possono essere evidenziati durante le operazioni di manutenzione o ispezione della macchina. Le relazioni che intercorrono tra gli aspetti sopra citati sono esemplificati nello schema di Figura 7.22; a seconda del tipo di macchina, della funzione che deve svolgere e dell’ambiente in cui si trova, assumono maggiore importanza alcuni aspetti rispetto ad altri. L’usura, infine, può essere prodotta oltre che da strisciamento tra parti della macchina anche da azioni corrosive prodotte dall’ambiente in cui la macchina opera e da azioni di natura elettrica (limitatamente al caso in cui gli elementi della macchina sono soggetti al passaggio di corrente con elevato voltaggio e amperaggio).

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 176

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  177 Figura 7.22 Schema delle relazioni tra i vari aspetti del fenomeno dell’usura nel caso di un meccanismo.

7.4.1  Un modello elementare di usura Per la valutazione dell’usura derivante dalla condizione di strisciamento, viene utilizzata la relazione, proposta da Archard, in cui si assume che il volume Vusu di materiale asportato per usura sia proporzionale al lavoro dissipato per attrito Ldiss , pari alla forza di attrito T = fd  N per la lunghezza del percorso di strisciamento s:

Vusu = k1Ts = k1 f d Ns = k1Ldiss . .

(7.43)

La Figura 7.23 illustra il significato dei termini che compaiono nella (7.43), in cui P = N, per l’equilibrio in direzione verticale. Il coefficiente di proporzionalit à k1 , espresso in m3/J, ha il significato di volume usurato per unità di lavoro dissipato. La (7.43) è strettamente applicabile se l’usura di uno dei due corpi a contatto è molto maggiore dell’altro, inoltre il valore del coefficiente k1 , (o del prodotto k1   fd , detto usura specifica ed espresso in m3/J), è costante solo all’interno di un determinato campo della reazione normale al contatto Ne della velocità di strisciamento. Derivando la (7.43) rispetto al tempo, si ottiene il volume usurato nell’unità di tempo, che risulta proporzionale alla potenza dissipata dalle forze di attrito nel contatto Wdiss:

dVusu = k1 f d NVs = k1Wdiss (7.44) dt

in cui Vs rappresenta la velocità relativa di strisciamento. Data la complessità dei fenomeni che presiedono lo sviluppo dell’usura, il coefficiente k1 , o il prodotto k1 fd , non vengono calcolati a priori, ma devono essere determinati sperimentalmente mediante appposite macchine di prova. Infine si consideri il tasso di usura, che è un indice della gravità del livello di usura cui un elemento di macchina è sottoposto. È definito come:

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 177

U=

Dh k1 f d N = (7.45) s A

11/24/14 5:32 PM


178  Capitolo 7 Figura 7.23 Rappresentazione schematica dell’usura.

ottenibile dalla (7.43), avendo posto Vusu = ADh (vedi Figura 7.23). Questo indice, rapporto tra spessore del materiale usurato e lunghezza del percorso di strisciamento, consente di comparare tra loro situazioni anche geometricamente differenti, fornendo un’indicazione globale sulla gravità dell’usura, in una scala di dieci classi, a loro volta raggruppate in tre livelli (modesto, medio e severo). L’utilizzo di questo indice fa riferimento a grandezze facilmente misurabili o valutabili sulla macchina reale nelle effettive condizioni di esercizio; non viene quindi utilizzato per prevedere il livello di usura, ma per caratterizzarne la gravità nelle reali condizioni di esercizio. Il modello elementare di usura discusso per un oggetto di dimensioni finite soggetto a uno spostamento di dimensioni finite può essere riscritto in termini locali allo scopo di affrontare lo studio di reali componenti meccanici, se pur semplificati, quali dischi di frizione o freni. Con riferimento quindi alla simbologia di Figura 7.7, al modello di attrito espresso in termini locali dalla (7.16), al modello di usura proposto dalla (7.43) e con riferimento infine allo schema di usura locale dell’elementino di area dA di cui alla Figura 7.24, è possibile scrivere il volume infinitesimo usurato dVusu nel tempo infinitesimo dt nel modo seguente:  (7.46) Avendo quindi definito con i simboli Vrel (P) dz(P) e dWdiss(P) rispettivamente la velocità di strisciamento locale, la velocità di logoramento locale e la potenza Figura 7.24 Modello locale di usura: cubetto di riferimento di area dA localizzato nel generico punto (P), spessore asportato dz nel tempo dt e corrispondente velocità di logoramento dz.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 178

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  179

dissipata localmente per unità di superficie espresse dalle seguenti relazioni:

Vrel ( P ) =

ds (7.47) dt

dz ( P ) =

dz (7.48) dt

dWdiss ( P ) =

dWdiss (7.49) dA

l’Equazione (7.46) permette di scrivere il modello di usura in termini di velocità di logoramento locale nel modo seguente:

dz ( P ) = k1 | t ( P ) | Vrel ( P ) = k1 f d | s ( P ) | Vrel ( P )

(7.50)

mostrando anche il legame diretto tramite il coefficiente k1 , esistente tra la velocità di logoramento locale e la potenza dissipata localmente per unità di superficie: dz ( P ) = k1dWdiss ( P ). (7.51) Analogamente il tasso di usura può essere interpretato come una velocità specifica di logoramento ovvero come la velocità di logoramento locale adimensionalizzata rispetto alla velocità di strisciamento locale, la cui espressione è fornita dalle seguenti relazioni:

U (P ) =

kd (P ) dz ( P ) = 1 Wdiss . Vrel ( P ) Vrel ( P )

(7.52)

Calcolo coppia trasmessa da un disco di frizione

Esempio 7.4

Il modello locale di usura sopra descritto può essere facilmente utilizzato per una interessante applicazione, ovvero per il calcolo della coppia trasmessa da un disco di frizione. Si supponga che l’elemento toroidale di Figura 7.25 rappresenti in modo schematico e semplificato il ferodo solidale a un disco di frizione premuto da una forza N verso la flangia metallica solidale all’albero di trasmissione a esso affacciato. Si supponga inoltre che disco di frizione e flangia a esso affacciata possano essere considerati come elementi rigidi e che nello strisciamento tra ferodo e flangia l’usura si possa considerare a carico del solo ferodo. Si ipotizzi infine che il disco di frizione e il ferodo a esso solidale siano mantenuti in rotazione dal motore con velocità angolare relativa W rispetto alla flangia. Oggetto del calcolo è il valore della coppia torcente trasmessa dal disco di frizione, nell’ipotesi di validità dei modelli di attrito dinamico e di usura proposti in termini locali nei precedenti paragrafi. La vista in pianta dell’interfaccia ferodo-flangia mostra una rappresentazione schematica della distribuzione di sforzi tangenti attesi sulla superficie del ferodo coerentemente con il modello di attrito dinamico (7.16), ovvero sempre diretti come

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 179

11/24/14 5:32 PM


180  Capitolo 7

Figura 7.25 Modello schematico di disco di frizione.

la velocità di strisciamento locale nel punto in oggetto, rappresentata in modulo dalla seguente espressione: (7.53) avendo rappresentato con r la distanza radiale del generico punto (P ) dall’asse di rotazione. Si suppone ovviamente che il problema sia assialsimmetrico e che asse di rotazione del disco e della flangia a esso affacciata siano coincidenti. Per la simmetria assiale del problema, si ipotizzi infine che gli sforzi scambiati tra ferodo e flangia siano funzioni della sola posizione radiale secondo le seguenti espressioni: (7.54) s ( P ) = s (r ) t ( P ) = t (r ). Ne segue quindi che, ipotizzando valga il modello di usura sopra descritto, la velocità di logoramento è funzione della sola posizione radiale secondo la seguente espressione: (7.55) utilizzata nel seguito per semplicità indicando in minuscolo con s(r) il modulo degli sforzi normali (pressioni) tutti orientati nello stesso verso ortogonalmente al piano di interfaccia ferodo-flangia e con e W il modulo della velocità angolare relativa. Si può osservare che il modello dell’usura unitamente al modello di attrito ha consentito di formulare un legame tra la pressione locale s(P ) e la velocità di logoramento locale dz(P ), consentendo ora di effettuare considerazioni di congruenza geometrica in merito a quest’ultima. Si può infatti facilmente intuire che, nell’ipotesi di velocità di logoramento differente per differenti valori della coordinata radiale si perverrebbe alla condizione di assenza di planarità del ferodo con conseguente distacco delle zone caratterizzate da una eventuale velocità di logoramento maggiore. Ne segue che è giusto ipotizzare per il problema posto velocità di logoramento costante pari a d0 come espresso dalla seguente relazione:

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 180

d (r ) = d0 = costante. (7.56)

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  181

Ne segue quindi che vale:

s (r ) =

d0 1 1 ⋅ = K0 (7.57) k1 f d W r r

con K0 costante, portando alla conclusione che, sotto le ipotesi considerate, le pressioni locali sono necessariamente inversamente proporzionali alla posizione radiale del punto in oggetto. Imponendo ora che l’integrale delle pressioni scambiate tra ferodo e flangia uguagli la forza normale complessiva N è possibile calcolare il valore della costante K0 e conseguentemente gli effettivi valori della distribuzione di pressioni e di sforzi tangenti, secondo le seguenti espressioni: R2

N = ò 2pr s (r )dr (7.58) R1

K0 =

N (7.59) 2p ( R2 - R1 )

(7.60) (7.61) Scrivendo ora il momento rispetto all’asse di rotazione della distribuzione di sforzi tangenti sopra proposta è possibile calcolare la coppia effettivamente trasmessa dal ferodo per effetto del carico normale N, del coefficiente d’attrito radente fd e delle caratteristiche dimensionali dello stesso ovvero dei valori di raggio interno R1 ed esterno R2: (7.62) R1 + R2 f d N . (7.63) 2 L’esempio proposto è interessante in quanto ha mostrato la tipica metodologia con cui è possibile calcolare la distribuzione degli sforzi scambiati tra due corpi nell’area di contatto, nel caso semplice di una applicazione risolvibile con calcoli elementari. Ovviamente la prima equazione utilizzata è stato il modello di attrito dinamico (7.16) che tuttavia da sola non può risolvere il problema. Si è quindi fatto ricorso a una seconda equazione, in questo caso il modello di usura locale (7.46) che ha svolto il ruolo di una sorta di legame costitutivo, consentendo di pervenire a un legame tra la pressione locale s(P ) e la velocità di logoramento locale dz(P ). Infine la chiusura del problema è stata fornita dalla condizione di congruenza geometrica semplicemente espressa dalla terza Equazione (7.56) che ha imposto le condizioni al contorno specifiche del problema in oggetto. È interessante osservare infine che il risultato ottenuto mostra la coppia trasmessa equivalente a quella fornita da una ipotetica forza tangente complessiva pari in modulo a fdN applicata con braccio pari al raggio medio (R1 + R2)/2 del ferodo: tale forza tangente ovviamente non esiste, ma sarebbe il limite a cui tenderebbe l’integrale del modulo della distribuzione degli sforzi tangenti al tendere del ferodo a una geometria tipo anello monodimensionale di raggio pari al raggio medio. Mm =

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 181

11/24/14 5:32 PM


182  Capitolo 7

Si osservi infine che, per l’assialsimmetria del problema, la forza tangente risultante, intesa come integrale sull’area complessiva del ferodo AF della distribuzione di sforzi tangenti (considerati vettorialmente) è ovviamente nulla:

T=

ò t (r ) dAF = 0.

(7.64)

AF

7.5  Azioni tra solido e fluido Allo studio del contatto tra solido e fluido sono interessate diverse discipline, intese in senso classico, quali la meccanica dei fluidi, la termodinamica, l’aerodinamica e altre da esse derivate. Si tratterà qui soltanto degli aspetti che più da vicino interessano il funzionamento delle macchine, limitandosi a descrivere le azioni applicate dal fluido al solido, riconducibili, in generale, a una forza di resistenza, una forza di portanza e una coppia aerodinamica. Si tratterà inoltre brevemente anche il caso della lubrificazione, in cui un fluido (liquido o gas) viene interposto tra le superfici di due solidi in moto relativo, al fine di ridurre i fenomeni di attrito e usura descritti nei paragrafi precedenti.

7.5.1  Azioni fluidodinamiche in condizioni stazionarie Nelle macchine si devono spesso considerare azioni tra solidi e fluidi che possono essere considerati come veri e propri componenti non rigidi della macchina, accoppiati con gli elementi solidi, con combaciamento su tutta o parte della superficie di questi. Le azioni possono avere carattere di forze interne, come per esempio in una turbina in cui il fluido si muove confinato entro un condotto esterno, parte integrante della macchina e reagisce su di esso oltre che sulle schiere di palette mobili solidali al rotore, oppure di forze esterne, come l’azione dell’aria su un aeromobile o la resistenza offerta dal mezzo all’avanzamento di una nave o di una vettura, quando tutta la massa del fluido si considera esterna al sistema in oggetto. Le forze di interazione tra fluido e struttura, sempre causate da una distribuzione di pressione a parete (detta pressione statica), possono aver luogo in assenza di moto relativo tra fluido e corpo in esso immerso (come nei semplici casi della pressione idrostatica che sostiene un corpo immerso in un fluido o della pressione uniforme esercitata da un gas in pressione sulle pareti di un recipiente chiuso), oppure possono essere fortemente dipendenti dal moto relativo esistente tra fluido e corpo. In tal caso la distribuzione di pressione statica a parete del corpo diventa fortemente dipendente dal valore di pressione dinamica che caratterizza localmente la corrente all’esterno del corpo, oltre che delle dissipazioni eventualmente causate da effetti viscosi.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 182

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  183

Allo scopo di fissare le idee e il linguaggio su una formulazione semplice e di versatile utilizzo, con riferimento alla simbologia di Figura 7.26 si può porre alla base della presente discussione il teorema di Bernoulli (7.65) e (7.66) formulato per un fluido in moto soggetto all’azione del campo gravitazionale e ipotizzato a densità costante. Secondo tale teorema, considerato un volume infinitesimo di fluido in moto lungo la propria linea di corrente, detta pressione statica Ps la pressione idealmente misurabile su un ipotetico piano posizionato localmente tangenzialmente al flusso in modo da non alterarne il campo di moto, Pd la pressione dinamica di cui alla (7.65) associata alla velocità e densità locale del flusso, r la densità, z la quota verticale assunta positiva verso l’alto e g l’accelerazione di gravità, è possibile scrivere:

Pressione Statica Pressione Dinamica 1 Ps Pd = rV 2 2

Pressione Totale PTot = Ps + Pd

PTot ( s1 ) + r gz1 = PTot ( s2 ) + r gz2 + DPdiss

(7.65)

(7.66)

Il teorema di Bernoulli afferma sinteticamente che, a meno dei contributi associati all’effetto gravitazionale (significativi nei liquidi a elevata densità) e a meno di dissipazioni tipicamente associate agli effetti viscosi, nel moto dell’elementino di fluido lungo la propria linea di corrente dalla posizione di ascissa curvilinea s1 a quella di ascissa curvilinea s2 si conserva la pressione totale. In altri termini, nell’ipotesi di pressione totale costante gli effetti dinamici, ovvero associati al moto del fluido relativamente al corpo in oggetto, si manifestano come variazioni anche molto significative della pressione statica a parete dipendenti da variazioni locali di velocità del flusso rispetto alle generiche condizioni di flusso indisturbato assegnate “sopravento” al corpo stesso. Le forze esercitate da fluidi in quiete sono oggetto della fluidostatica, mentre assai più complessa è la ricerca delle azioni esercitate dai fluidi in moto, che interessa più particolarmente le macchine ed è oggetto della fluidodinamica, comprendente come casi particolari l’idrodinamica e l’aerodinamica. Supponiamo che il corpo sia fermo rispetto al fluido come schematicamente indicato in Figura 7.27, in tal caso l’unica azione agente sul corpo è la spinta

Figura 7.26 Volume elementare di fluido in moto lungo una linea di corrente. Grandezze significative per la scrittura del teorema di Bernoulli.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 183

11/24/14 5:32 PM


184  Capitolo 7 Figura 7.27 Le azioni fluidostatiche su un corpo.

fluidostatica normale al corpo. Tale spinta vale:

FS = ò pun dA = -rV g (7.67) A

avendo indicato con g il vettore accelerazione di gravità, un il versore normale entrante nell’areola dA appartenente alla superficie del corpo, V il volume del corpo, ed essendo l’integrale esteso a tutta l’area del corpo stesso. Nel caso invece un corpo sia investito da una vena fluida o si trovi in moto immerso in un fluido in quiete, il moto relativo del fluido rispetto al corpo determina come già accennato una distribuzione di pressioni fortemente dipendente dal campo di velocità esterno al corpo. Le forze complessive di interazione, nel caso di fluidi reali, sono tuttavia dovute non solo alle azioni normali di pressione, ma anche alle azioni tangenti dovute agli sforzi tangenziali ­presenti nei fluidi reali per effetto della viscosità (Figura 7.35). Spesso, non solo a causa della distribuzione di sforzi tangenziali viscosi ma anche per effetto della distribuzione degli sforzi normali di pressione, l’azione del fluido costituisce una resistenza al moto di un corpo in esso totalmente o parzialmente immerso (detta anche “resistenza del mezzo”), comportando una dissipazione di energia meccanica che, di regola, si deve cercare di ridurre il più possibile. Nasce così il problema di ottimizzare la forma del corpo immerso al fine di aumentarne la penetrazione (carene di navi, forme di autovetture ecc.). In altri casi, invece, l’azione scambiata tra corpo e fluido ha una componente utile che si cerca di massimizzare, tipicamente la forza propulsiva di un’elica o la forza portante di un’ala. Con riferimento alla Figura 7.28, gli sforzi tangenziali presenti nel fluido rispondono, secondo la più semplice modellazione, alla legge di Petroff. Per esempio lo sforzo tangente tzx presente sull’areola di normale uscente diretta come z e orientato secondo la direzione x è proporzionale tramite il coefficiente di viscosità m al gradiente in direzione z della componente di velocità del fluido u orientata secondo la direzione x. Analoghe considerazioni valgono per lo sforzo tangente txz e per la componente di velocità del fluido w orientati secondo la direzione z. Ovvero valgono le seguenti relazioni:

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 184

t zx = m

¶u ¶z

t xz = m

¶w . ¶x

(7.68)

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  185 Figura 7.28 Modellazione dello sforzo tangenziale tzx secondo la legge di Petroff.

È importante ricordare che tali sforzi tangenti, presenti nei fluidi reali a causa della viscosità m non nulla, non solo sono causa di resistenza all’avanzamento dei corpi immersi, ma influenzano pesantemente il regime di flusso che può instaurarsi in un condotto o nell’interazione di un flusso esterno con un corpo in esso immerso. In altre parole, si può andare incontro, nello stesso caso di interazione fluido struttura, a regimi di flusso e, quindi, ad azioni scambiate con il corpo profondamente differenti tra loro al variare della proporzione tra effetti inerziali ed effetti viscosi a cui tipicamente è soggetto l’elementino di riferimento di volume di fluido dV. Esiste un numero adimensionale, detto numero di Reynolds che, esprimendo il rapporto tra azioni inerziali e viscose a cui è soggetto il flusso, permette di inquadrare il tipico regime fluidodinamico in cui può collocarsi il fenomeno in oggetto. Indicato con UR una velocità e con DR una dimensione assunti come riferimento per il fenomeno (tipicamente la velocità sopravento del flusso indisturbato URef o la velocità del corpo in caso di fluido fermo e una dimensione caratteristica del corpo), il numero di Reynolds ha la seguente espressione:

Re =

rU R DR . m

(7.69)

I fenomeni fluidodinamici e, in particolare, l’interazione fluido-struttura di interesse nello studio della meccanica possono essere fortemente dipendenti dal numero di Reynolds: può accadere che, per differenti valori di tale parametro, le azioni scambiate tra fluido e struttura in casi geometricamente simili possano discostarsi pesantemente dalle semplici leggi di similitudine dettate dall’analisi dimensionale, a causa di regimi fluidodinamici completamente differenti, causati da una diversa proporzione tra le azioni d’inerzia e quelle viscose a cui è soggetta la particella di fluido. Si utilizza, come esempio di riferimento, il caso descritto nelle Figure 7.29 e 7.30, in cui un volume elementare di fluido dV = dx ⋅ dy ⋅ dz sta percorrendo con velocità u una traiettoria di raggio di ­curvatura Rt . Limitando, per semplicità, l’analisi alle forze agenti in direzione z ­sull’elementino per effetto delle azioni d’inerzia e delle azioni tangenti sulle

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 185

11/24/14 5:32 PM


186  Capitolo 7 Figura 7.29 Volume elementare di fluido soggetto ad azioni tangenti e viscose in moto lungo la propria traiettoria.

facce con normale orientata come x, come illustrato in Figura 7.30, è possibile scrivere: æ u2 ö dFzIn = ççç r ÷÷÷ · dV . (7.70) çè Rt ÷ø

æ ö ¶t ¶t dFzVis = ççt xz + xz dx - t xz ÷÷÷ dy ⋅ dz = xz dx ⋅ dy ⋅ dz  (7.71) çè ø ¶x ¶x

Considerando, nello stesso tempo, che la velocità w del fluido in direzione z è tipicamente una funzione della posizione w = w(x, y, z) e ipotizzando che il fluido sia soggetto a effetti viscosi descritti dall’Equazione (7.68), è possibile scrivere il rapporto tra le componenti inerziali e viscose delle forze considerate agenti sull’elementino in direzione z come:

dFzIn ru2 / Rt = . dFzVis ¶ 2w m 2 ¶x

(7.72)

Supponendo ora di confrontare due casi ipotizzati in similitudine non solo geometrica ma anche cinematica, ne risulta che tutte le velocità sono proporzionali a una velocità di riferimento, per esempio la velocità del flusso indisturbato Figura 7.30 Volume elementare di fluido soggetto ad azioni tangenti e viscose: modellazione delle forze di volume.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 186

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  187

incidente sul corpo URef , e tutte le lunghezze sono proporzionali a una dimensione caratteristica del corpo, come la dimensione trasversale D. Ne segue che l’analisi dimensionale dell’Equazione (7.72) porta a scrivere che, per il corpo in oggetto, il rapporto tra azioni inerziali e viscose agenti sull’elementino è proporzionale al numero di Reynolds scritto per le grandezze di riferimento sopra menzionate:

(7.73)

Il numero adimensionale sopra definito viene chiamato Numero di Reynolds caratteristico del fenomeno fluidodinamico in oggetto. Due fenomeni apparentemente in similitudine a causa della similitudine geometrica dei corpi, possono essere soggetti a regimi fluidodinamici completamente differenti, ovvero a forze d’interazione molto differenti e non in similitudine, a causa di differenti numeri di Reynolds caratteristici, ovvero di differente proporzione tra le componenti inerziali e viscose delle azioni a cui è soggetto il fluido. Da un altro punto di vista, è anche possibile mostrare che il numero di Reynolds può essere rappresentativo del rapporto tra azioni di pressione e azioni viscose tangenti a cui è soggetto un corpo immerso in un fluido. Considerando, infatti, che secondo la (7.66) i termini di pressione (per unità di superficie) sono pro2 porzionali al prodotto rU Ref e che i termini viscosi (per unità di superficie), secondo la (7.68) sono invece proporzionali al rapporto mURef /D, è possibile scrivere intuitivamente:

(7.74)

Da questo punto di vista, numeri di Reynolds piccoli indicano allora la prevalenza degli effetti dovuti alle azioni tangenziali rispetto a quelli causati dagli effetti di pressione. Viceversa, per numeri di Reynolds alti gli effetti di pressione diventano importanti e prevalenti rispetto alle azioni tangenziali. Sulla base delle premesse sinteticamente riassunte, si propone ora una distinzione di base tra fenomeni stazionari e fenomeni non stazionari a cui può andare incontro il generico corpo nell’interazione con il flusso. Si intende che ci sia stazionarietà innanzitutto se il corpo mantiene un assetto invariato rispetto al flusso nel tempo. Analogamente si chiede che la stessa condizione sia rispettata dal flusso, ovvero che siano assenti significative variazioni spazio-temporali del campo di velocità incidente sul corpo. È tuttavia importante osservare che, soprattutto nel caso di corpi tozzi (“bluff bodies”, con terminologia anglosassone), pur essendo verificate le sopra esposte ipotesi, la non stazionarietà del flusso potrebbe essere generata dal fenomeno stesso d’interazione, come mostrato dalle due immagini seguenti, Figura 7.31 e Figura 7.32 in cui è rappresentata la visualizzazione di un flusso uniforme che interagisce con un cilindro fermo, a valori molto differenti di numero di Reynolds. Si può mostrare che la situazione di Figura 7.31 è il regime laminare, o meglio il limite a cui tende il regime di flusso per bassissimi numeri di Reynolds ovvero associato a bassissimi valori di velocità del fluido.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 187

11/24/14 5:32 PM


188  Capitolo 7 Figura 7.31 Campo di moto stazionario e laminare (flusso di Stokes) per cilindro fermo a bassissimi valori di numero di Reynolds (Re = 0.15).

Il flusso laminare è visualizzabile mediante linee di corrente perfettamente allineate e senza alcuna traccia dei tipici “disturbi trasversali” di natura caotica associati alla turbolenza. In una situazione di questo tipo gli effetti globali di pressione sono praticamente nulli (campo di pressione simmetrico) e prevalgono invece gli effetti viscosi: il caso specifico della figura in cui il valore del numero di Reynolds è inferiore all’unità è anche noto come “Flusso di Stokes”. Per alti numeri di Reynolds, sempre con flusso uniforme in ingresso e cilindro fermo, il campo di moto in scia appare drammaticamente mutato per la presenza di strutture coerenti di vortici che si staccano alternativamente dai due lati del “bluff body” (Figura 7.32), causa di significative azioni dinamiche. Si nota che in una situazione di questo tipo le forze di resistenza sono dovute a importanti effetti di dissimmetria di pressione tra la porzione sopravento e quella sottovento del corpo (sovrapressioni nel lato sopravento e pressioni negative in scia) con effetti viscosi proporzionalmente meno significativi. L’osservazione delle due immagini consente di chiarire che, mentre è molto semplice definire “condizioni stazionarie” per il corpo, è tutt’altro che ovvio

Figura 7.32 Distacco di vortici ad altissimi valori di numero di Reynolds: scia di Von Karman visualizzata dalla struttura coerente di corpi nuvolosi per effetto dell’interazione con la sommità del cono di un’isola vulcanica (Rishiri Island, Japan).

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 188

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  189 Figura 7.33 Profilo di velocità al contatto.

chiarire lo stesso concetto per quanto riguarda il flusso, essendo la non stazionarietà intrinseca delle condizioni di flusso turbolento tipiche per valori di alti numeri di Reynolds che caratterizzano le applicazioni tecniche correnti. Ne segue che, spesso, si identificano come condizioni stazionarie quelle che caratterizzano un flusso uniforme che interagisce con un corpo in quiete, considerando per le forze di interazione il valor medio delle stesse, intrinsecamente caratterizzate da un andamento temporale non stazionario. Con riferimento quindi a una situazione stazionaria, per esempio il caso limite di Figura 7.31, ipotizzando peraltro la viscosità non nulla, è possibile mostrare che la velocità a parete del fluido deve necessariamente annullarsi, dando luogo a un tipico profilo di velocità a parete a derivata decrescente come illustrato in Figura 7.33 portandosi asintoticamente al valore URef di flusso indisturbato. Per fluidi reali (viscosi), nasce quindi un’azione tangenziale descritta dalla legge di Petroff (7.68) e (7.75) dovuta al gradiente di velocità a parete. Sperimentalmente si può constatare che la zona caratterizzata da gradiente di velocità non nullo e conseguentemente da sforzi tangenziali e dissipazioni, è limitata a una “pelle” di dimensioni trasversali limitate e crescenti lungo lo sviluppo del corpo nella direzione del flusso, detta strato limite. Si riporta ancora per facilità di comprensione la legge di Petroff:

t=m

¶u (7.75) ¶z

essendo m la viscosità, u la velocità locale del fluido, crescente, all’interno dello strato limite, lungo la coordinata z normale alla superficie del corpo da zero al valore URef . Per quanto riguarda invece gli effetti di pressione, sempre con riferimento al caso limite di flusso laminare illustrato in Figura 7.34 e ipotizzando verificata l’Equazione di Bernoulli (7.66) con dissipazioni nulle per il tubo di flusso destinato ad impattare nel punto frontale di simmetria del cilindro, ovvero ad annullare la propria velocità, ne risulta che in tale punto la pressione statica Ps(s2) sarà pari a:

Ps ( s2 ) = Ps ( s1 ) +

1 2 rU Ref . 2

(7.76)

In altri termini, nel punto cosiddetto di ristagno sopra identificato, caratterizzato da ascissa curvilinea s2 e coincidente con il punto A di Figura 7.34, la velocità del flusso si annulla e la pressione dinamica che lo caratterizza nella zona sopravento indisturbata, per esempio in un generico punto di ascissa curvilinea s1 , si converte in un corrispondente incremento della pressione statica che raggiunge il massimo valore consentito dalle condizioni di ingresso definite nella sezione sopravento. In genere, assunta convenzionalmente nulla

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 189

11/24/14 5:32 PM


190  Capitolo 7 Figura 7.34 Cilindro investito da vena fluida nel caso di flusso ideale a viscosità nulla (limite a cui tende un flusso reale di Stokes a bassissimi Reynolds).

la pressione statica Ps(s1) nella sezione di riferimento, la pressione statica nel punto di ristagno avrà il valore P0 noto come pressione di ristagno o pressione d’arresto: P0 =

1 2 rU Ref . 2

(7.77)

Avendo definito quindi lungo la parete del corpo una ascissa curvilinea s con origne in A, la pressione statica a parete varierà secondo la legge (7.78) con k(s) ² 1: p = p0k ( s ) (7.78)

Si osservi che l’Equazione di Bernoulli nella versione semplificata (7.76) non può ovviamente essere applicata per punti interni allo strato limite, in quanto esso è causa di dissipazioni per effetti viscosi, ovvero la particella fluida appartenente allo strato limite avrà una PTot sicuramente inferiore a quella avuta in precedenza in condizioni di flusso indisturbato. Per casi analoghi a quello di Figura 7.33 si potrà invece ipotizzare un valore di Ps approssimativamente costante procedendo nello strato limite in direzione ortogonale al flusso, e una pressione a parete pari quindi a quella calcolabile sotto l’ipotesi di fluido non viscoso, ovvero tramite la (7.76) con riferimento alla geometria di un corpo modificata dall’aggiunta di una “pelle” di spessore equivalente a quello dello strato limite. La risultante complessiva delle azioni tangenziali e di pressione del fluido sul corpo, e il momento risultante rispetto a un punto assunto come riferimento, per esempio il baricentro G, come illustrato in Figura 7.35, possono quindi essere espressi mediante la (7.79): F = ò (-Ps N + t t ) dA

A

MG = ò (P - G )  (-Ps N + t t ) dA.

(7.79)

A

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 190

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  191 Figura 7.35 Le azioni di contatto nel caso di fluido reale viscoso.

La forza risultante F viene scomposta convenzionalmente in due componenti (Figura 7.36): una prima diretta come la direzione della vena fluida indisturbata e una seconda perpendicolare alla prima, che vengono definite rispettivamente Forza di Resistenza o Drag FD e Forza di Portanza o Lift FL . Tali forze FD ed FL , e il momento risultante MG , possono essere espressi in funzione della velocità della vena indisturbata URef , della densità del fluido r, di una superficie e di una dimensione caratteristica del corpo S e B, tramite le relazioni: FD

FL MG

1 2 SU Ref CD 2 1 2 SU Ref CL 2 1 2 SBU Ref CM . 2

(7.80)

In generale, specie per profili allungati, la dimensione di riferimento convenzionalmente scelta B è la corda del profilo indicata in Figura 7.36, la superficie S è la superficie “in pianta” del profilo S = B ⋅ L con L l’allungamento del profilo in direzione normale al piano di sezione. Per i veicoli, con riferimento alla vista in sezione longitudinale di Figura 7.37, si sceglie in genere come superficie di riferimento la superficie frontale del veicolo stesso e si preferisce utilizzare una rappresentazione delle tre quantità scalari FD, FL e MG mediante le equivalenti tre quantità scalari FD, FP-A e FP-A ovvero le forze applicate dai vincoli a terra per effetto dell’azione aerodinamica (contributo delle forze aerodinamiche alle forze complessive scambiate tra pneumatico e

Figura 7.36 Le componenti di resistenza e di portanza e coppia delle azioni aerodinamiche.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 191

11/24/14 5:32 PM


192  Capitolo 7 Figura 7.37 Tipica rappresentazione delle azioni aerodinamiche agenti sul veicolo.

terreno), secondo la formulazione (7.81): 1 2 r SU Ref CX 2 1 2 = r SU Ref C L-A (7.81) 2 1 2 = r SU Ref C L-P 2

FD =

FL-A FL-P

È importante sottolineare che la formulazione (7.80) o (7.81) delle forze di 2 per interazione può essere interpretata nel modo seguente: i termini 12 r SU Ref 1 2 le forze o 2 r SBU Ref per la coppia esprimono rispettivamente la forza associata a una pressione pari alla pressione di ristagno applicata su una superficie pari alla superficie di riferimento adottata per il corpo, o la coppia della stessa forza per un braccio pari alla dimensione di riferimento scelta, i coefficienti CD , CL , CM , o CX , CL-A , CL-P , sono dei coefficienti di forma adimensionali, caratteristici della specifica geometria del corpo preso in considerazione e della sua configurazione assunta relativamente alla direzione del flusso incidente. In altri termini, la formulazione di cui sopra ipotizza che la generica forza di interazione sia proporzionale al quadrato della velocità incidente, alla densità del flusso, al quadrato di una dimensione caratteristica del corpo e a un parametro adimensionale, in prima approssimazione dipendente solo dalla forma dell’oggetto considerato (e dalla configurazione relativa rispetto al flusso) ma indipendente dalla scala. L’ipotesi di cui sopra, su cui poggia ogni applicazione della teoria della similitudine e in particolare lo studio dell’aerodinamica effettuato in Galleria del Vento su modelli in scala, ha ovviamente dei precisi limiti di applicabilità, in particolare si può dire che l’estensione della formulazione verso una più solida generalità può effettuarsi scrivendo i coefficienti adimensionali come funzioni del numero di Reynolds nella forma CD (Re), CL(Re), CM (Re), o CX (Re), CL-A(Re), CL-P (Re), e osservando che, per le applicazioni pratiche, esistono campi di notevole estensione del numero di Reynolds in cui il fenomeno fluidodinamico in oggetto non cambia, dando luogo a valori dei coefficienti praticamente indipendenti da Re e consentendo quindi un diretto utilizzo dei risultati ottenuti in Galleria del Vento su modelli in scala. Il ricorso a prove in Galleria del Vento per la determinazione dei coefficienti aerodinamici stazionari (o statici secondo la terminologia corrente) è tutt’ora di gran lunga lo strumento più affidabile per una

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 192

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  193

accurata caratterizzazione delle forze di interazione. Tuttavia, la crescente disponibilità di elevatissima potenza di calcolo, consente recentemente di abbordare anche per via numerica il problema tipicamente mediante tecniche di integrazione delle equazioni di Stokes-Navier ([14]) convenzionalmente citate con l’acronimo C.F.D. (Computational Fluid Dynamics). Il riscontro sperimentale tuttavia, tipicamente nel caso di “bluff bodies”, resta un passaggio di validazione inevitabile, con riferimento soprattutto alle condizioni di elevati numeri di Reynolds e di flusso non stazionario. Dal punto di vista operativo, con riferimento a una formulazione di tipo veicolistico (7.81), ovvero utilizzando come superficie di riferimento la superficie frontale del corpo, il coefficiente di resistenza può variare da valori pari a 0.1 fino a valori pari a 2 in funzione del maggiore o minore allungamento del corpo nella direzione della vena fluida: si hanno infatti bassi coefficienti di resistenza per corpi allungati, come profili alari, in cui la vena fluida non si distacca e non si ha vorticosità in scia. Il coefficiente di portanza è nullo se il corpo investito dal fluido ammette una simmetria geometrica secondo la direzione della velocità del fluido stesso, mentre è tanto più elevato quanto maggiore è la capacità del corpo di generare nel flusso una marcata dissimmetria trasversale al flusso stesso, come tipicamente accade in un profilo alare configurato in modo da generare portanza. È bene osservare che, nel caso del profilo alare simmetrico di piccolo spessore, e per angoli di incidenza contenuti dell’ordine di -8° < a < +8°, la distribuzione di sforzi di pressione e tangenti è tale da dar luogo con ottima approssimazione a una unica forza risultante applicata a distanza di circa B/4 (un quarto corda) dal bordo d’attacco. Ne segue che, scegliendo tale punto come punto di riduzione delle forze la coppia aerodinamica risulta praticamente nulla, mentre al contrario, scegliendo come punto di riduzione delle forze un punto baricentrico supposto posizionato in mezzeria alla corda, ne risulta che, con una convenzione di rappresentazione delle forze di cui alla (7.80) in cui sia stato posto S = B ⋅ L , il coefficiente di coppia associato a tale punto di riduzione delle forze risulta valere CM(a) = CL(a)/4. In generale tuttavia, la caratterizzazione di un generico profilo aerodinamico bidimensionale (a elevato sviluppo longitudinale e sezione costante), viene effettuata in funzione dell’angolo di incidenza del profilo rispetto alla direzione del flusso incidente a, come indicato in Figura 7.38, adottando come punto di riduzione delle forze un punto generico G. Tale configurazione porta quindi alla definizione tipicamente per via sperimentale di caratteristiche aerodinamiche definite da coefficienti di resistenza (o Drag), portanza (o Lift) e coppia funzioni dell’angolo di incidenza a rappresentati tipicamente da curve simili a quelle qualitativamente illustrate in Figura 7.39. Figura 7.38 Generico profilo aerodinamico con angolo di incidenza a rispetto al flusso indisturbato.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 193

11/24/14 5:32 PM


194  Capitolo 7 Figura 7.39 Coefficienti aerodinamici CD , CL , CM funzioni dell’angolo di incidenza a.

Come già in precedenza ricordato, le funzioni CD (a), CL(a) e CM (a), mediante la formulazione (7.80), consentono di rappresentare le forze di interazione aerodinamica stazionaria sul corpo in oggetto indipendentemente dalla scala dello stesso, tuttavia, per una maggiore completezza della trattazione, si può dire che la corretta formulazione degli stessi coefficienti è nella forma CD (a; Re), CL(a; Re) e CM (a; Re) dove le informazioni inerenti la scala dell’oggetto, l’effettiva velocità, densità e viscosità del flusso sono contenute nel numero di Reynolds caratteristico dell’applicazione in oggetto, da cui i coefficienti stessi possono dipendere.

7.5.2  Azioni fluidodinamiche in condizioni non stazionarie Le espressioni sopra riportate delle forze fluidodinamiche, tipicamente applicate nel caso del profilo alare o in quello del veicolo, hanno validità in condizioni di flusso stazionario, ovvero quando la velocità del flusso relativamente all’oggetto ha un orientamento costante nel tempo. Se per effetto del moto dell’oggetto o per variazioni della direzione della velocità della vena, varia la velocità relativa tra flusso e oggetto, le espressioni sopra riportate mantengono in genere validità per la sola porzione media del forzamento, con riferimento al valore medio di velocità e direzione del flusso interagente. Per quanto riguarda invece la parte non stazionaria del forzamento, vengono sviluppati modelli di maggiore complessità, in genere specifici della particolare geometria del corpo. Solo per citare un esempio, nel caso di corpi allungati quali profili alari o sezioni di impalcati di ponte, è largamente utilizzato il modello noto con il nome di flutter derivatives, in grado di fornire, sulla base di opportuna caratterizzazione sperimentale della sezione in Galleria del Vento, la parte non stazionaria del forzamento a effetto del moto relativo della sezione rispetto al flusso uniforme. Nella presente trattazione ci si limita a osservare che il parametro adimensionale fondamentale nell’ambito dei fenomeni non stazionari è noto con il nome di velocità ridotta V * o il suo reciproco frequenza ridotta f  *. Con riferimento alla Figura 7.36, avendo definito con B la corda del profilo alare (o della sezione di impalcato di ponte), con URef la velocità del flusso indisturbato, con f0 e T0 rispettivamente la frequenza di oscillazione del profilo e il suo reciproco, ovvero il periodo di oscillazione, si definiscono rispettivamente la velocità ridotta e la frequenza ridotta nel modo seguente:

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 194

V* =

U Ref f0B

f* =

f0B . U Ref

(7.82)

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  195

È utile osservare che la velocità ridotta ha fisicamente il significato di rapporto tra il periodo di oscillazione del corpo T0 = 1/f0 e un altro intervallo di tempo caratteristico del fenomeno, detto periodo fluidodinamico TF = B/URef , corrispondente al tempo impiegato dalla particella di fluido dotata di velocità URef a “scavalcare” il corpo di estensione B. Alti valori di velocità ridotta corrispondono a situazioni in cui il periodo di oscillazione del corpo è molto lungo rispetto al periodo fluidodinamico, ovvero la frequenza di oscillazione del corpo è molto bassa rispetto al reciproco del periodo fluidodinamico, ovvero il fenomeno è quasi stazionario. Ovviamente condizioni quasi stazionarie corrispondono a valori bassi di frequenza ridotta. Ne segue quindi che, in prima approssimazione si può ritenere che le espressioni stazionarie di cui alle (7.80) e (7.81) possono essere applicata anche in presenza, per esempio di angolo di incidenza del corpo variabile nel tempo, purché il parametro velocità ridotta assuma valori sufficientemenete elevati.

7.5.3  Distacco di vortici Nei modelli ed esempi ad ora introdotti, si è analizzato il comportamento del fluido in corrispondenza della sezione “di attacco” in cui esso investe il solido, dando luogo a uno strato limite che si mantiene generalmente “attaccato” al corpo; se si passa ad analizzare il comportamento del fluido nella zona in cui questo sta abbandonando il corpo (Figura 7.40a), si possono distinguere due casi. Se il profilo è di tipo alare e l’angolo di incidenza è contenuto, il flusso si chiude mantenendosi attaccato al corpo, con una distribuzione di pressione necessariamente analoga qualitativamente a quella di Figura 7.40b. Accade tuttavia che, nel caso in cui l’angolo di incidenza del profilo alare superi una certo valore di soglia (funzione della forma del profilo, del numero di Reynolds, della turbolenza del flusso incidente e della rugosità superficiale del profilo), lo strato limite a parete può dar luogo a separazione, generando in uno dei due lati del profilo (superiore o inferiore in funzione dell’angolo di incidenza se positivo o negativo) un flusso separato sede di alti valori di turbolenza e distacco di vortici (vedi Figure 7.40c e d).

Figura 7.40 Profilo alare con flusso attaccato per piccoli angoli di incidenza; separazione dello strato limite e distacco di vortici al crescere dell’angolo di incidenza.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 195

11/24/14 5:32 PM


196  Capitolo 7 Figura 7.41 Separazione dello strato limite dovuto a gradiente di pressione statica avverso.

Una interpretazione qualitativa del fenomeno è illustrata in Figura 7.41 dove si mostra che, a causa degli elevati gradienti negativi di pressione statica causati dalla geometria locale del corpo, il profilo di velocità dello strato limite a parete si porta ad avere derivata nulla (rispetto alla coordinata z ortognale localmente al profilo) e quindi a invertirla, richiedendo flusso a parete di verso opposto rispetto a quello medio esterno al corpo. Tale condizione porta alla separazione dello strato limite e alla formazione di una zona locale di “contro-flusso” a parete nota anche come “bolla di separazione”. Una situazione del tutto simile si manifesta nel caso di “corpi tozzi”, quali il cilindro, dove nell’estradosso superiore e inferiore si manifesta sempre una situazione di flusso separato, talvolta con formazione di evidenti strutture di vortici altamente correlate spazialmente come illustrato in Figura 7.32 o in Figura 7.43. Il distacco della vena e la formazione di vortici a valle è responsabile della formazione di una estesa depressione sulla superficie posteriore del corpo e di un importante allargamento della scia a valle del corpo, con associati elevati valori del coefficiente di resistenza. È doveroso accennare a questo punto che, tipicamente nel caso di “corpi tozzi” o “bluff bodies”, i vortici si distaccano alternativamente dal corpo e sono responsabili di un importante forzamento non stazionario periodico e alternato, in direzione normale alla velocità della vena indisturbata. Con riferimento alla Figura 7.42, è possibile affermare che le strutture coerenti di vortici rilasciate a valle del “bluff body” (in campi di numeri di Reynolds generalmente abbastanza estesi) hanno una lunghezza d’onda caratteristica funzione della sola forma dell’oggetto che le ha generate, e proporzionali a una sua dimensione trasversale caratteristica convenzionalmente indicata con D, secondo una legge di proporzionalità così formulata:

l=

D St

St =

D (7.83) l

in cui, al parametro di proporzionalità St viene dato il nome di numero di Strouhal. La formulazione puramente geometrica di cui sopra, in cui “la struttura” del campo di moto è supposta invariata al variare della velocità media URef del flusso indisturbato, può essere sostituita da un’altra orientata invece ai parametri cinematici e di frequenza associati tipicamente al forzamento. Date le ovvie relazioni seguenti (in cui il pedice Vs sta per “Vortex Shedding”) in cui si indicano con TVs e fVs rispettivamente il periodo e la frequenza del fenomeno di distacco di vortici alternato:

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 196

TVs =

l U ref

fVs =

1 (7.84) TVs

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  197 Figura 7.42 Distacco di vortici da cilindro fermo: strutture coerenti di lunghezza d’onda l presenti nella scia (detta scia di Von Karman).

è possibile formulare la seguente relazione nella versione più correntemente in uso, ovvero: URef (7.85) fVs St D in cui il numero di Strouhal è visto come il coefficiente di proporzionalità tra la frequenza associata al periodo fluidodinamico TF = B/URef e la frequenza del distacco alternato di vortici dal corpo stesso, ovvero la frequenza fondamentale del forzamento periodico associato al fenomeno fluidodinamico non stazionario in oggetto. Nel caso in cui il corpo possa vibrare elasticamente trasversalmente al flusso con una frequenza di vibrazione caratteristica fs , esisterà una velocità critica del flusso incidente detta “velocità di Strouhal” USt tale da determinare un forzamento a frequenza identica a quella di oscillazione libera del corpo fs , ovvero in grado di mandarlo in risonanza con possibili grandi ampiezze di oscillazione:

U St = St

fs D . St

(7.86)

Figura 7.43 Campo di moto non stazionario con distacco di vortici e flusso turbolento per cilindro fermo ad alti Reynolds (Re @ 7000)

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 197

11/24/14 5:32 PM


198  Capitolo 7

I fenomeni di interazione flusso struttura in cui l’oscillazione della struttura (tipicamente il cilindro) è associata al distacco di vortici sono particolarmente complessi e di notevole interesse applicativo. Si cita soltanto in questa sede che, se il corpo è libero di vibrare e la frequenza del forzamento da distacco di vortici può sincronizzarsi sulla frequenza (o su una delle frequenze) del corpo, il movimento del corpo ha l’effetto di accrescere l’efficacia del fenomeno fluidodinamico. In altri termini, il distacco di vortici, che avveniva disordinatamente nelle varie sezioni prima che il corpo oscillasse, per effetto della vibrazione del corpo si sincronizza generando un forzamento dotato di grande coerenza spaziale lungo l’estensione del corpo, non più quindi aleatorio ma effettivamente armonico e in grado quindi di determinare importanti effetti dinamici sullo stesso.

7.5.4  Cenni alla lubrificazione Per lubrificazione si intende la riduzione dell’attrito tra superfici a contatto in moto relativo mediante l’interposizione tra esse di un appostito mezzo, detto appunto lubrificante. Si distinguono due tipi di lubrificazione. • Lubrificazione limite: tra le superfici affacciate sono interposte delle epilamine di lubrificante di spessore molecolare (qualche micron) che aderiscono alle superfici stesse. L’aderenza avviene o per fenomeni elettrostratici di assorbimento, o per attrazione elettrostatica di molecole elettricamente non neutre o, infine, per reazioni chimiche (le epilamine reagiscono con il materiale costituente le superfici a contatto formando, nel caso in cui si usano lubrificanti a base di acidi grassi, saponi che facilitano il moto relativo). In fase di rodaggio, per esempio, vengono usati additivi EP (Exteme Pressure), che, reagendo con le superfici, formano solfuri o cloruri che vanno a usurare le superfici stesse, sopperendo così alle imperfezioni dovute ai limiti tecnici di lavorazione superficiale. La lubrificazione limite è in genere utilizzata per basse velocità di funzionamento e permette di ottenere coefficienti di attrito pari a 0.1. • Lubrificazione mediata: tra le superfici affacciate viene interposto uno strato di lubrificante (con spessore dell’ordine di un decimo di millimetro) che separa completamente le superfici formando tra esse un meato. A seconda delle modalità con cui viene formato questo meato si parla di lubrificazione idrodinamica naturale o lubrificazione idrostatica forzata. Nel primo caso, il moto relativo tra le superfici inclinate tra loro provoca la formazione spontanea dello strato in pressione e il fluido viene così “invitato” a inserirsi tra le due superfici. Nel caso di lubrificazione idrostatica forzata, il lubrificante viene introdotto in pressione tra le superfici a contatto in moto relativo. Il coefficiente di attrito nel caso di lubrificazione mediata si riduce a valori dell’ordine di 0.01. Tale parametro varia in funzione della velocità relativa nel caso di lubrificazione naturale: è possibile osservare come si passi da una lubrificazione limite (a velocità relativa nulla) attraverso una condizione di lubrificazione combinata (tra lubrificazione limite e mediata) fino a una lubrificazione mediata, che necessita una velocità relativa al di sopra di un valore limite per potersi stabilire. Al di sotto di tale valore di velocità,

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 198

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  199

il lubrificante non riesce a formare il meato in grado di separare le due superfici. Per quanto riguarda i lubrificanti, le sostanze più usate risultano essere: • lubrificanti gassosi: utilizzati per alte velocità relative o interposti in pressione; • lubrificanti liquidi: sono i più utilizzati, tra cui gli olii vegetali (utilizzati per l’elevata untuosità, ovvero capacità di aderire alle pareti) per la lubrificazione limite e gli olii minerali (idrocarburi liquidi a elevata viscosità, ovvero alta resistenza allo scorrimento) per quella idrodinamica naturale; • lubrificanti semisolidi: grassi che si sciolgono con il riscaldamento assicurando una lubrificazione limite; • lubrificanti solidi: utilizzati per elevate temperature, tra i più usati la grafite e il trifosforo di molibdeno.

7.5.5  La lubrificazione mediata idrodinamica Si consideri ora un meato interposto tra due superfici di cui la superiore si muova con velocità v, supponiamo inoltre che il lubrificante fluido abbia velocità parallela al piano x-y e che si muova di moto laminare unidirezionale, trascurando in tal modo i moti nella direzione y e quindi le fuoriuscite laterali. Si trascurino inoltre le inerzie del fluido e il suo peso proprio. Facendo riferimento a un elementino di fluido all’interno del meato la cui parete superiore è in moto rispetto a quella inferiore con velocità v parallela all’asse x, mettiamo in evidenza le forze elementari che agiscono su tale elementino (Figura 7.44). Sulle facce corte agiscono due sforzi p e p + dp dovuti alle pressioni, sulle pareti laterali, trascurando la variazione di pressione dovuta alla variazione di quota, agiscono due sforzi t e t + dt tangenti dovuti alle differenti velocità tra le lamine di fluido a contatto con la parete inferiore e quelle a contatto con la parete superiore (per esempio la lamina di fluido sovrastante la parete superiore ha velocità maggiore della velocità che ha la parete stessa, ecco allora che sull’elementino agisce uno sforzo tangente t + dt che tende a “tirare” l’elementino nella direzione di moto del fluido). Scrivendo l’equilibrio alla traslazione in direzione x per l’elementino di figura: si ottiene:

pdz - ( p + dp) dz - t dx + (t + dt ) dx = 0 (7.87)

dp dt = . dx dz

(7.88) Figura 7.44 Il meato.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 199

11/24/14 5:32 PM


200  Capitolo 7

Al fine di avere un gradiente di pressione necessario al sostentamento, nella lubrificazione idrodinamica è dunque necessario utilizzare fluidi viscosi. Ricordando la legge di Petroff (Equazione 7.68) si può esprimere il gradiente di pressione come: dp d 2u = m 2 . (7.89) dx dz Integrando l’Equazione (7.89) due volte rispetto a z e ponendo come condizioni al contorno u = 0 per z = 0 e u = v per z = h si ottiene: p¢ =

u=

p¢ v z ( z - h ) + z. 2m h

(7.90)

Si osservi che l’espressione della velocità u contiene un termine lineare in z dovuto all’azione di trascinamento esercitata dal componente mobile sul film di lubrificante e un termine parabolico in z proporzionale al gradiente di pressione p¢ dovuto alla presenza di un campo di pressioni entro il meato. Scrivendo l’equazione di continuità, che impone che la portata volumetrica G sia costante, e sostituendovi l’Equazione (7.90) si ottiene: h

G = ò udz = 0

p¢ 3 v h + h = cost. 12m 2

(7.91)

Anche in tale espressione si riconoscono due contributi alla portata: il secondo dovuto al trascinamento e dipendente dalla velocità v della parete superiore, il primo al gradiente di pressione necessario al sostentamento. Si nota che dove vi è una diminuzione di altezza del meato h il gradiente di pressione deve essere negativo perché si mantenga costante la portata; viceversa, dove aumenta l’altezza del meato il gradiente di pressione deve essere positivo. Esprimendo il gradiente di pressione in funzione della portata G: 6m (vh - 2G ). (7.92) h3 Si ricorda che si tratta di lubrificazione naturale, ovvero alimentata solo dalle velocità relative dei due elementi a contatto, e che pertanto le pressioni del fluido in ingresso e uscita del meato sono pari a quella atmosferica. In base a tali considerazioni, la Figura 7.45 mostra l’andamento delle pressioni in funzione delle varie sezioni del meato stesso, andamento che possiamo ottenere integrando l’Equazione (7.92):

p¢ =

x

p = ò p¢dx .

(7.93)

0

Tale andamento di pressioni è responsabile dell’azione N di sostentamento che si può ottenere come:

(7.94)

L’azione N è da intendersi per unità di larghezza del meato.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 200

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  201

Figura 7.45 Profilo di velocità e di pressione nel meato: x0 è la sezione in cui si annulla il gradiente di pressione e di conseguenza la distribuzione di velocità risulta lineare.

Quanto sopra detto è estendibile anche ad altre situazioni, quali la lubrificazione tra perno e cuscinetto o il fenomeno dell’acquaplaning. Per quanto riguarda il primo, il meato si forma nello spazio compreso tra la superficie esterna del perno, e quella interna del cuscinetto (Figura 7.46). Il perno stesso si dispone in modo da realizzare un meato con forma convergente nella prima parte, così da realizzare l’azione di sostentamento. Dato che lo spessore del meato è sempre molto piccolo rispetto alla dimensione del perno, si può ancora considerare valida la trattazione fatta nel caso del meato piano, mentre divengono significativi i fenomeni legati alla fuoriuscita laterale del lubrificante. Nel caso del fenomeno dell’acquaplaning, che si può instaurare al contatto pneumatico-terreno in caso di pioggia mentre un’autovettura percorre la strada a elevata velocità, si ha la formazione di un velo d’acqua, non rotto dal battistrada del pneumatico, che si interpone tra pneumatico e strada. Si realizza così un meato d’acqua, che applica un’azione di sostentamento al pneumatico, facendo perdere sia l’aderenza sia la direzionalità.

Figura 7.46 a) meato nell’accoppiamento perno-cuscinetto, e b) nel fenomeno dell’acquaplaning.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 201

11/24/14 5:32 PM


202  Capitolo 7

ESERCIZI SVOLTI Resistenza al rotolamento 7.1  Considerando il sistema meccanico a un grado di libertà indicato nella Figura 7.47, per cui: q = p6 rad ; q = 1 rad/s ; q = 5 rad/s2 , si calcoli la coppia motrice Mm necessaria alla realizzazione delle condizioni di moto descritte, in presenza di attrito volvente, il cui coefficiente è fv = 0.01. Si effettui inoltre la verifica di aderenza considerando il coefficiente di attrito statico pari a fs = 0.5. Dati: R  =  5  m raggio della guida circolare; r  =  0.5  m raggio del disco; M = 5 kg massa del disco; J = 0.625 kgm2 momento d’inerzia del disco. Figura 7.47 Rotolamento su guida circolare.

Risoluzione Nella Figura 7.48 è evidenziato il sistema di forze che agisce sul disco; per calcolare la coppia motrice necessaria si scrive il bilancio di potenze, secondo il quale:  + Ma ( t ) v -Mg sen (q )v + Mm w - Nf vv = J ww

dove con v e a(t). sono indicate rispettivamente la velocità e l’accelerazione tangenziale del centro del disco, mentre w e w sono la velocità e l’accelerazione angolare del disco. Figura 7.48 Il sistema di forze agenti sul disco.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 202

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  203 Esplicitando le relazioni cinematiche dovute al vincolo di rotolamento senza strisciamento si ha: v = wr la velocità del centro del disco può essere in modo analogo espressa in funzione della velocità angolare q ottenendo la relazione cinematica: v = wr = q (R - r ) .

Per quanto concerne l’accelerazione del centro del disco, essa si può esprimere nelle sue due componenti normali e tangenti secondo le espressioni: a (t ) = w r = q( R - r ) v2 a(n ) = = q( R - r ). (R - r )

Sostituite tali relazioni cinematiche nel bilancio di potenze si ottiene: æ Ja ( t ) ö÷ Mm = ççç 2 + Ma (t ) + Mg sen (q ) + Nf v ÷÷ r èç r ø÷

che mostra come la coppia motrice Mm risulta funzione della azione normale N. Questa può essere calcolata ricavando l’equilibrio dinamico alla traslazione in direzione radiale, da cui: Fr + FiN + Mg cos(q ) = N  Fr + q 2 ( R - r ) M + Mg cos(q ) = N  N = 564.98 N

L’azione normale sostituita nell’equazione del bilancio di potenze permette di calcolare la coppia motrice Mm = 99.5 Nm. Verifica di aderenza Perché sia verificata la condizione di rotolamento senza strisciamento deve essere verificata la relazione seguente: T £ fs N

Il valore dell’azione tangenziale T si ottiene dall’equilibrio dinamico alla rotazione rispetto al centro del disco: -Mm + J w + Tr + Nu = 0  T =

C M - J w - Nu = 137N r

da cui si ricava che è verificata l’aderenza. 7.2  Considerando il sistema meccanico nella Figura 7.49 si calcoli, in presenza di attrito volvente tra disco e piano inclinato con coefficiente di attrito fv = 0.02, la coppia motrice, applicata alla puleggia, necessaria al moto a regime in salita del disco e la coppia necessaria affinché il disco percorra in salita il piano inclinato con un’accelerazione pari a 1 m/s2. Si calcolino, inoltre, nelle condizioni di moto vario i tiri nei due tratti della fune. Dati: R = 1 m raggio del disco; M = 20 kg massa del disco; Jd = 0.625 kgm2 momento d’inerzia del disco; r = 0.5 m raggio della puleggia; Jp = 0.45 kgm2 momento d’inerzia della puleggia; m = 3 kg massa del contrappeso; a = 20° angolo formato dal piano con l’orizzontale.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 203

11/24/14 5:32 PM


204  Capitolo 7 Figura 7.49 Il sistema meccanico dell’Esercizio 7.2.

Risoluzione La scrittura del bilancio di potenze permette di analizzare il moto del sistema sia in moto vario, cioè nel transitorio di avvio, che, tenendo conto delle opportune semplificazioni, a regime: C m wp - Mg sen av + mgv - f v | N | v = J p w p w p + J d w d wd + Mav + mav

dove con v e a sono indicate rispettivamente la velocità e l’accelerazione del centro del disco, e quindi della massa m, mentre wd e w d sono la velocità e l’accelerazione angolare del disco; wp e w p sono le medesime quantità riferite alla puleggia. I legami cinematici dovuti ai vincoli di puro rotolamento della fune sulla puleggia e del disco sul piano inclinato sono: v = wp r

v = wd R

a = w p r

a = w d R.

Sostitunedoli nell’equazione del bilancio di potenze e semplificando la velocità si ha che æ Jp ö J Cm - Mg sen a + mg - f v | N | = ççç 2 + d2 + M + m÷÷÷ a. r R èç r ø÷ L’equazione presenta quindi due incognite: la coppia motrice e l’azione normale che si scambiano disco e piano inclinato; la seconda si calcola considerando il sistema di forze cha agiscono sul solo disco e scrivendo l’equilibrio dinamico alla traslazione in direzione ortogonale al piano inclinato: N = Mg cos a = 184.36 N.

La coppia motrice da applicare alla puleggia per ottenere una accelerazione pari a 1 m/s2 è allora: é æ Jp ö ù J C m = êê Mg (sen a + f v cos a ) - mg + ççç 2 + d2 + M + m÷÷÷ a úú r  ÷ø ú çè r R êë û C m = 33.4 Nm.

La stessa equazione permette di calcolare la coppia necessaria al moto a regime, in questa condizione si ha che l’accelerazione è nulla, quindi i termini inerziali a destra dell’uguale si annullanno, cioè: C m = [ Mg(sen a + f v cos a ) - mg ]r  C m = 20.7 Nm.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 204

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  205 Per il calcolo dei tiri nei due tratti di fune si considera dapprima la sola massa m e attraverso l’equilibrio dinamico alla traslazione in direzione verticale si ha: T2 + ma - mg = 0  T2 = 26.4 N.

Dall’equilibirio dinamico alla rotazione rispetto al centro della puleggia si ottiene: J p w p + T1r - T2 r - C m = 0

da cui si calcola che il tiro T1 = 91.4 N. Figura 7.50 Le forze agenti sui corpi rigidi dell’Esercizio 7.2.

Attrito radente in un meccanismo a glifo oscillante 7.3  Del sistema articolato nella Figura 7.51, posto in un piano verticale, sono note: la lunghezza della manovella AB = 1 m, la lunghezza OG = 1 m e la lunghezza del telaio AO = 0.8 m; sono inoltre note la posizione angolare a = 0, la velocità angolare costante a = 1rad/s. Sapendo che la massa del glifo è m = 0.5 kg e che il suo momento d’inerzia è J = 0.2 kgm2, si calcoli la coppia motrice Mm necessaria al mantenimento delle condizioni di moto indicate considerando la presenza di attrito dinamico, con coefficiente fd = 0.3 tra il glifo e il corsoio. Figura 7.51 Il meccanismo a glifo oscillante.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 205

11/24/14 5:32 PM


206  Capitolo 7 Risoluzione Al fine di calcolare la coppia motrice necessaria al moto del sistema si utilizza il bilancio di potenze, questo significa che devono essere preventivamente calcolate le velocità dei punti di applicazione delle forze esterne e le accelerazioni che permettono di definire la derivata dell’energia cinetica rispetto al tempo; vanno quindi calcolate: la velocità del baricentro del glifo e l’accelerazione dello stesso punto. Per definire la cinematica del sistema è necessario scrivere l’equazione di chiusura del sistema: ( A - 0) + ( B - A ) = ( B - O ). Sostituendo i vettori a, b e c alle aste che compongono il sistema, secondo la Figura 7.52: l’equazione di chiusura riscritta in termini di numeri complessi sarà: ce ig + ae ia = be ib

da cui si ricava che le incongnite b e b sono rispettivamente pari a 1.29 m e 0.67 rad. Figura 7.52 L’equazione di chiusura del glifo oscillante.

Per calcolare le velocità è necessario derivare l’equazione di chiusura rispetto al tempo:  ib + ib e ib ia ae ia = be ⋅ da cui si ricava la velocità di allungamento del glifo b pari a 0.62 m/s e la velocità angolare del glifo b pari a 0.6 rad/s. L’ulteriore operazione di derivazione permette di calcolare le accelerazioni del sistema:  ib - b 2 be ib + ibbe ib + i 2b be  ib iaae ia - a 2 ae ia = be 2 da cui b = -0.102 rad/s e b = -0.308m/s2 .

Figura 7.53 Le forze agenti sul glifo.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 206

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  207 In questo modo sono state calcolate tutte le quantità cinematiche di interesse e si può scrivere il bilancio di potenze:

che dipende dalla forza assiale N che si trasmettono il glifo e la manovella attraverso il corsoio; questa si calcola considerando il sottosistema composto dal solo glifo e scrivendo un equilbrio dinamico alla rotazione rispetto al punto O: J b + mbOG 2 + mg cos bOG + Nb = 0  N = -2.91 N.

L’accoppiamento prismatico tra corsoio e glifo imporrebbe tra le azioni interne anche una coppia che risulta nulla in quanto si considera il corsoio di dimensioni trascurabili. Una volta calcolato il valore dell’azione normale N, sostituendo nel bilancio di potenze si ottiene il valore della coppia motrice necessaria:

Profili coniugati in strisciamento relativo 7.4  Il sistema descritto in Figura 7.54 è costituito da due camme incerniarate a terra soggette a strisciamento relativo nel punto di contatto. Note tutte le grandezze geometriche le velocità angolari dei due corpi W1 e W2 e la coppia resistente Mr applicata al corpo (1), si richiede di calcolare la velocità relativa di strisciamento nel punto di contatto e la potenza dissipata per attrito. Figura 7.54 Profili coniugati.

Il centro di istantanea rotazione del moto relativo tra il corpo (1) e il corpo (2) risulta essere l’intersezione tra la retta che congiunge le cerniere a terra con la retta normale ai due corpi nel punto di contatto (vedi Esercizio 2.5). Pertanto la velocità angolare W2 è calcolabile come: W2 = -W1

| (O3 - O1 ) | | ( O3 - O 2 ) |

e la velocità relativa tra i due corpi nel punto di contatto risulta essere pari a: VP 21 = VP 2 - VP1 = W21  ( P2 - O 3 )

avendo definito con W21 la velocità angolare relativa tra i due corpi (vedi Figura 7.55): W21 = W2 - W1 .

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 207

11/24/14 5:32 PM


208  Capitolo 7 Figura 7.55

Definito in modulo, direzione e verso il vettore velocità relativa VP21 è possibile calcolare la forza di attrito agente sul corpo (1):

Per calcolare i valori delle forze N1 e T1 si può usare il metodo degli equilibri dinamici. In particolare è sufficiente scrivere l’equazione di equilibrio alla rotazione rispetto al punto O1 (Figura 7.56):

å MO

=0 T1bt + N1bn - Mr = 0. 1

Sostituendo l’espressione di T1: T1 = f d N1

si ottiene: N1 =

Mr bn + f d bt

da cui: T1 = f d

Mr . bn + f d bt

La potenza persa per attrito, pertanto, risulta essere: Wd = -T2 ´ VP 21 = - f d

Mr VP 21 . bn + f d bt

Figura 7.56 Le azioni di contatto tra i profili coniugati.

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 208

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  209 Dinamica del manovellismo con attrito 7.5  Il meccanismo indicato di Figura 7.57 è costituito dalle aste AB = BC = 2 (formanti un angolo pari a 45° con l’asse orizzontale) ed è ipotizzato in moto con velocità W e accelerazione angolare W imposta all’asta AB, tali da realizzare una velocità e una accelerazione del corsoio dirette nel verso di Figura 7.58 con valori:

Figura 7.57

Il sistema, rappresentato nel piano orizzontale è caricato delle forze esterne, FB e FC ipotizzate e agenti nella direzione delle frecce indicate in figura con valori numerici: FB = 10 N FC = 2 N

Si ipotizza che il corsoio sia dotato di massa Mc = 5 kg e che fra corsoio e terreno ci sia strisciamento con attrito dinamico fc = 0.05. Calcolare il valore della coppia CM necessaria a rendere equilibrata la condizione cinematica imposta. Figura 7.58

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 209

11/24/14 5:32 PM


210  Capitolo 7 Risoluzione L’osservatore a bordo del corsoio in C vede una velocità di strisciamento V21 = - VC da cui segue che la forza di attrito applicata al corsoio sarà espressa dal modello di attrito dinamico come:

ovvero la forza TC ha verso opposto alla velocità del corsoio VC e il verso di tale forza dipende unicamente dalle condizione cinematiche del moto del meccanismo, ovvero dal verso della velocità di strisciamento indicato. Il corsoio come rappresentato in Figura 7.59 è caricato anche da una forza d’inerzia -Mcac di verso opposto alla accelerazione ac e da una forza esterna Fc con Fc , Tc e -Mcac equiverse nelle direzione indicata in Figura 7.59. Il corsoio è infine caricato dalla forza normale Nc il cui verso è tuttavia incognito (si sottolinea che il vincolo di strisciamento del corsoio è ipotizzato bilatero) e si ipotizza, come indicato in figura, positivo il verso indicato dalla freccia. Si scrivono quindi equazioni di equilibrio dinamico per esempio nella sequenza proposta, che consente di calcolare le grandezze incognite risolvendo in successione equazioni in una sola incognita. Momento rispetto al polo (B) per l’asta BC (ac ipotizzata positiva nel verso indicato in figura): da cui, sostituendo i valori numerici si ottiene:

da cui si ottiene un valore di Nc < 0, ovvero: æ L ö M a L + Fc L3 N c çç1 - f d 3 ÷÷÷ = - c c 3 çè L2 ÷ø L2 Nc = -

M c ac L3 + Fc L3 = -38.94 N L L2 éê1 - f d L3 ùú 2û ë

Figura 7.59

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 210

11/24/14 5:32 PM


Azioni mutue tra elementi di macchine  211 È importante sottolineare che nella espressione del contributo della forza tangenziale Tc alla equazione di momento è di fondamentale importanza la presenza dell’operatore “modulo” della forza normale Nc . Nel caso infatti si trascurasse l’utilizzo del “modulo” della forza normale, l’inversione di segno della reazione normale Nc , certamente prevista dal vincolo bilatero e ovviamente ininfluente sul verso della forza tangente, causerebbe invece erroneamente l’inversione di verso delle forze tangenti e il cambiamento di segno della potenza delle forze scambiate al contatto, portando a un risultato ovviamente errato del calcolo. Noto quindi il valore di Nc è possibile procedere al calcolo della coppia CM mediante una equazione di momento per l’intero sistema rispetto al polo (A). C M - FB L1 + N c ( L1 + L2 ) = 0

da cui si ottiene: C M = FB L1 - N c ( L1 + L2 ) = 87.88 N

Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 211

11/24/14 5:32 PM


Bach_CH07_153-212v1.1.0_pv1.0.4.indd 212

11/24/14 5:32 PM


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.