Contabilità e bilancio 5/ed di: Fabrizio Cerbioni

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Il ruolo della normativa e dei principi contabili nelle valutazioni

Il bilancio d’esercizio deve assolvere contemporaneamente a due finalità: • una finalità conoscitiva interna all’impresa; • una finalità informativa verso l’esterno. Conoscere il reddito d’esercizio e il capitale di funzionamento alla fine dell’esercizio è un’esigenza fondamentale dei soggetti che guidano l’impresa, come gli amministratori, i soci di maggioranza, il top management. Nel bilancio d’esercizio, infatti, essi trovano le principali informazioni per valutare l’andamento della gestione e – quindi – i risultati delle politiche gestionali adottate. Tuttavia le performance dell’impresa non interessano solo i soggetti che la gestiscono. Vi è una serie di soggetti “esterni” all’impresa (nel senso che non ne possono definire le scelte gestionali, anche se in molti casi possono condizionarle) che sono altrettanto interessati ad avere informazioni sul reddito d’esercizio e sul capitale di funzionamento. Tra questi soggetti ricordiamo i soci di minoranza attuali o potenziali (cioè coloro che stanno valutando l’acquisto di quote o di azioni della società), i finanziatori a titolo di credito, i fornitori, i clienti, i dipendenti, l’amministrazione finanziaria. Come si è detto nel capitolo precedente, la redazione del bilancio non si esaurisce nella raccolta e presentazione di valori aventi natura di quantità oggettive, ma richiede necessariamente l’impiego di quantità soggettive (stime e congetture) per la valutazione dei processi in corso al termine dell’esercizio. Se il bilancio avesse solamente finalità conoscitive interne, i soggetti che guidano l’impresa avrebbero la possibilità di definire secondo le proprie esigenze le linee guida per effettuare le valutazioni di fine esercizio. Per esempio, potrebbero stabilire di assegnare alle merci in rimanenza presso i magazzini dell’impresa un valore pari al prezzo al quale si prevede che saranno vendute. Ma, avendo il bilancio anche finalità informative verso l’esterno, vi è un interesse pubblico da tutelare, anche per evitare che imprese spregiudicate utilizzino i margini lasciati aperti dalla soggettività per mostrare all’esterno un’immagine migliore di quella reale.


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14.1 ▮▮▮ La normativa civile Nel nostro Paese la tutela di questo interesse è stata finora esercitata in primo luogo dalla normativa civile, che nel tempo ha affinato – anche sulla spinta delle direttive dell’Unione Europea – le norme volte a tutelare i soggetti esterni interessati al bilancio d’esercizio: • rendendo obbligatoria la diffusione dei bilanci delle società di capitali (Spa, Srl, Sapa), attraverso il deposito in pubblici uffici (ora presso le camere di commercio) dove chiunque può prenderne visione; • definendo i principi generali a cui deve informarsi il bilancio e i criteri per la sua redazione (di cui parleremo nel prossimo capitolo); • definendo i criteri per la valutazione delle poste del bilancio (che saranno esaminati nei restanti capitoli di questa parte del testo); • definendo la struttura e il contenuto dei conti di sintesi e dei documenti informativi che compongono e accompagnano il bilancio (di cui parleremo nella Parte quarta del libro); • obbligando le imprese con titoli quotati in borsa alla revisione del bilancio da parte di soggetti esterni abilitati (società di revisione iscritte in un apposito albo). Come si era anticipato al Paragrafo 1.4, a partire dal 2006 alcuni tipi di imprese non devono più attenersi, nella redazione del bilancio, alla normativa civilistica, bensì ai principi contabili internazionali IFRS emanati dallo IASB (International Accounting Standard Board). Ma questo cambiamento riguarda solamente le imprese di grandi dimensioni oppure con titoli quotati sui mercati dei capitali, mentre i principi del Codice civile interessano ancora numerose imprese italiane per le quali l’adozione degli IFRS resta facoltativa o è addirittura preclusa, se la loro dimensione è tale da poter essere ammesse alla redazione del bilancio in forma abbreviata1.

14.2 ▮▮▮ I principi contabili nazionali Nell’opera di tutela del pubblico interesse alla conoscenza, attraverso il bilancio d’esercizio, dell’andamento della gestione, la normativa civile è affiancata – e in un certo senso completata, per tutti gli aspetti tecnici che la normativa civile non riesce a definire – da un insieme di regole che hanno origine nell’iniziativa privata, che vengono indicate come principi contabili. Nel nostro Paese, quando si parla di principi contabili, si fa generalmente riferimento ai principi contabili emanati dagli organi profes-

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Sul bilancio in forma abbreviata e sui limiti dimensionali che consentono la sua redazione vedi il Paragrafo 26.8.


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Capitolo 14

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sionali e in particolare a quelli che in passato erano stati emanati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dal Consiglio Nazionale dei Ragionieri e che ora vengono rivisti e completati dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC)2. Questi principi, oggetto di un lavoro costante di aggiornamento e di revisione in relazione ai cambiamenti della norma giuridica e all’evoluzione della dottrina ragioneristica, si sono sviluppati in un contesto internazionale, tenendo conto cioè di quanto dispongono i principi dello IASB, alla luce però dei vincoli posti dal quadro normativo civilistico italiano. Il ruolo istituzionale dell’OIC nello sviluppo dei principi contabili è stato più volte riconosciuto anche dalle norme. Basta in proposito segnalare come il D.Lgs. 139/2015, che ha introdotto numerose modifiche al testo degli articoli del Codice civile che riguardano il bilancio d’esercizio, abbia imposto all’OIC di aggiornare i principi contabili nazionali sulla base delle nuove disposizioni introdotte. Come segnala la relazione illustrativa al suddetto decreto, tale attività è svolta dall’Organismo Italiano di Contabilità nell’ambito di quelle a cui è istituzionalmente preposto ai sensi dell’articolo 9-bis del D.Lgs. 38/2005 (vedi box di approfondimento). In sintesi, le imprese che applicano i principi del Codice civile integrano tali principi con i principi OIC qualora dalle norme del Codice civile non sia possibile desumere una regola di comportamento. Integrano, eventualmente, con i principi IFRS quando né i principi del Co-

Il ruolo istituzionale dei principi contabili dell'OIC La relazione illustrativa al D.Lgs. 139/2015 chiarisce che l'articolo 9-bis del D.Lgs. 38/2005, oltre che riconoscere nell'Organismo Italiano di Contabilità il soggetto istituzionalmente preposto a fornire supporto sia al Parlamento sia agli Organi Governativi nel processo di formazione della normativa e della regolamentazione contabile, individua in tali attività un interesse pubblico, al cui soddisfacimento deve essere quindi improntata l'esecuzione delle funzioni assegnate. La suddetta relazione riafferma che l'attività di elaborazione di principi contabili, coerenti con quanto previsto in materia di bilancio dal Codice civile, costituisce la codificazione delle migliori prassi operative preordinate a fornire elementi interpretativi e applicativi nella redazione dei documenti contabili.

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Inoltre, ai principi contabili nazionali occorrerà fare riferimento per quanto riguarda la necessaria declinazione pratica, ivi compresa la descrizione delle possibili casistiche, di norme di carattere generale che, per loro intrinseca natura e finalità (quali per esempio quelle relative ai principi della rilevanza e della sostanza economica), recano criteri generali e non una descrizione di dettaglio che, inevitabilmente, non potrebbe essere esaustiva delle diverse fattispecie e dei fatti gestionali a cui sono rivolte. Analogamente, i principi contabili nazionali potranno fornire elementi applicativi e indicazioni per aspetti specifici di carattere tecnico riguardanti, per esempio, le operazioni di copertura, il costo ammortizzato e l'attualizzazione.

Si veda in proposito il box L’Organismo Italiano di Contabilità al termine del Capitolo 1.


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dice né i principi nazionali intervengono a risolvere una situazione specifica (sempre che il principio possa essere considerato compatibile con la normativa nazionale). Le imprese che adottano i principi IFRS sono invece “sganciate” dai principi civilistici.

14.3 ▮▮▮ I principi contabili internazionali Anche se vi sono stati altri organismi internazionali che si sono occupati della statuizione di principi contabili (ONU, OCSE ecc.), quando si fa menzione – senza ulteriori specificazioni – ai principi contabili internazionali ci si vuole riferire agli standard contabili dell’International Accounting Standards Board (IASB) che prendono il nome di: •

IAS (International Accounting Standards), con riferimento a quei documenti ancora in vigore, emanati in precedenza dallo International Accounting Standards Committeed (IASC), che ora vengono aggiornati dallo IASB; • IFRS (International Financial Reporting Standards), con riferimento ai nuovi documenti direttamente emanati dallo IASB e ai documenti che sono frutto di una rielaborazione sostanziale di “vecchi” IAS compiuta dallo IASB.

Come è già emerso in precedenza, il ruolo degli IAS e degli IFRS (che nel loro complesso vengono indicati semplicemente come IFRS) assume rilevanza anche nel nostro Paese per due distinti motivi. In primo luogo perché essi costituiscono un punto di riferimento imprescindibile nel processo di sviluppo e di aggiornamento della prassi contabile, come emerge anche dall’esplicito impegno dell’OIC di curare l’armonizzazione dei principi contabili nazionali con quelli internazionali e dagli espliciti richiami alle definizioni dei principi contabili internazionali operate dallo stesso Codice civile3. In secondo luogo a motivo del fatto che – per alcuni tipi di imprese – essi hanno di fatto completamente “soppiantato” la normativa civile e i principi contabili nazionali. Questo secondo ruolo dei principi internazionali ha avuto origine dall’emanazione da parte del Consiglio d’Europa, su proposta della Commissione Europea, del regolamento 1606/2002 (d’immediata applicazione negli Stati membri) che – oltre a rendere obbligatoria l’adozione degli IFRS che abbiano superato la procedura di omologazione 3

Così recita il 2° c. dell’art. 2426 del Codice civile: ai fini della presente Sezione, per la definizione di “strumento finanziario”, di “attività finanziaria” e “passività finanziaria”, di “strumento finanziario derivato”, di “costo ammortizzato”, di “fair value”, di “attività monetaria” e “passività monetaria”, “parte correlata” e “modello e tecnica di valutazione generalmente accettato” si fa riferimento ai principi contabili internazionali adottati dall'Unione Europea.


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europea4 per la redazione del bilancio consolidato delle società con titoli quotati – ha previsto che gli Stati membri possano consentire o prescrivere la loro adozione anche per la redazione del bilancio d’esercizio individuale. In attuazione di quest’ultima disposizione l’Italia ha emanato il DL 38/2005 secondo il quale: • le società con titoli quotati, le società con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, le banche, le Società di Intermediazione Mobiliare (SIM), le Società di Gestione del Risparmio (SGR) e altri enti finanziari vigilati hanno l’obbligo di redigere il bilancio d’esercizio in base agli IFRS; • le società controllate (anche congiuntamente) da una delle società di cui sopra o collegate a essa, oppure controllate da una società che redige il bilancio consolidato o collegate a essa (con l’esclusione di quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata), hanno la facoltà (ma non l’obbligo) di redigere il bilancio d’esercizio in base agli IFRS; • anche le società diverse da quelle precedentemente indicate (sempre con l’esclusione di quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata) hanno la facoltà di redigere il bilancio d’esercizio in base agli IFRS. In definitiva – come è illustrato in Figura 14.1 – l’adozione obbligatoria dei principi contabili internazionali riguarda direttamente le imprese di grandi dimensioni e quelle che operano sui mercati dei capitali, che in Italia costituiscono un’esigua minoranza (poche migliaia), mentre per tutte le altre imprese del nostro Paese l’adozione è facoltativa o rimane addirittura preclusa. Per queste altre imprese (circa un milione) continuano quindi a essere applicati i principi del Codice civile. Per questo motivo si è scelto nel seguito della trattazione di presentare i criteri per la contabilizzazione e la valutazione delle diverse poste di bilancio facendo riferimento ai principi del Codice civile e alla loro interpretazione/integrazione da parte dei principi contabili nazionali. Dato il rilievo che gli IFRS rivestono, anche dal punto di vista dell’armonizzazione delle prassi contabili nazionali, si è voluto però dedicare il paragrafo finale di ciascun capitolo per evidenziare le loro principali differenze rispetto alle regole contabili derivanti dal Codice civile e dai principi contabili nazionali, che possono essere individuate principalmente nelle seguenti categorie: • differenze da riconoscimento, riguardanti divergenze in merito al “se, come e quando” contabilizzare una determinata operazione di

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Al regolamento europeo 1606/2002 ha fatto seguito un’ampia serie di altri regolamenti attraverso i quali la Commissione Europea ha provveduto a omologare la maggior parte degli IFRS e dei loro aggiornamenti. Sono tutti consultabili sul sito www.fondazioneoic.it alla sezione Normativa/Normativa comunitaria/Regolamenti.

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IAS

IFRS

Bilancio singola impresa

IFRS

Bilancio consolidato

Codice civile e norme speciali (*)

Bilancio singola impresa

Codice civile

Bilancio singola impresa

Facoltà Facoltà di applicazione di applicazione degli IFRS degli IFRS

D.Lgs 127/91

Bilancio consolidato

Facoltà di applicazione degli IFRS

Codice civile

Bilancio singola impresa

Fonti normative per la redazione del bilancio delle diverse categorie di imprese.

Codice civile

Bilancio singola impresa

• Società minori (art. 2435-bis)

obbligatori dal 2006 nella redazione del bilancio individuale per le assicurazioni quotate che non redigono il bilancio consolidato.

Figura 14.1

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IFRS

Bilancio consolidato

• Altre società non consolidate da società che redigono il bilancio consolidato (escluse quelle minori ex art. 2435-bis)

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• Società consolidate da: – società quotate; – società con strumenti finanziari diffusi; – banche ed enti finanziari vigilati. • Altre società che redigono il bilancio consolidato (escluse quelle minori) • Altre società consolidate da società che redigono il bilancio consolidato (escluse quelle minori)

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• Assicurazioni quotate e non quotate

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• Società quotate • Società con strumenti finanziari diffusi • Banche ed enti finanziari vigilati

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gestione (si pensi per esempio alla capitalizzazione dei costi di impianto e di ampliamento – cioè alla loro iscrizione nell’attivo dello stato patrimoniale – piuttosto che la loro immediata imputazione a conto economico, di cui parleremo nel Paragrafo 16.7); • differenze da valutazione, che derivano dall’applicazione di approcci diversi alla valutazione di una medesima posta di bilancio (si pensi per esempio al caso dell’applicazione del LIFO nella determinazione del costo delle rimanenze, di cui parleremo nel Paragrafo 17.7); • differenze relative alle modalità di rappresentazione in bilancio di un certo fatto di gestione, in relazione anche alla presenza – o meno – di schemi vincolanti per la redazione del conto economico e dello stato patrimoniale; • differenze a livello di informazioni integrative, da riportare nei documenti che accompagnano il conto economico e lo stato patrimoniale.

14.4 ▮▮▮ La normativa fiscale Il bilancio è anche la fonte di dati indicata dalla normativa tributaria per la determinazione del reddito imponibile, cioè il reddito a partire dal quale vengono calcolate le imposte sui redditi. Infatti: • le società di capitali sono assoggettate all’Imposta sul Reddito delle Società (IRES), che si calcola in modo proporzionale a partire dal reddito imponibile risultante dalla dichiarazione dei redditi5; • l’articolo 83 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) precisa che il reddito imponibile “è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni …”. Le imprese sono assoggettate anche all’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) che, pur avendo una base imponibile diversa dal reddito imponibile (si tratta di una sorta di valore aggiunto), è sempre calcolata a partire da componenti di reddito desunti dal bilancio d’esercizio. In passato questo ruolo del bilancio di fonte di dati per la determinazione del reddito imponibile era entrato pesantemente in conflitto con la finalità informativa tutelata dalla norma civile e dai principi contabili, poiché sovrapponeva legittimi interessi di contenimento del prelievo fiscale (facendo ricorso alla possibilità di effettuare ammortamenti, accantonamenti e rettifiche di valori nei limiti massimi 5

Per le società di persone, invece, il reddito d’impresa non viene tassato in capo all’impresa, ma in capo ai singoli soci, sempre a partire dal reddito imponibile risultante dalla dichiarazione dei redditi.

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consentiti dalle norme tributarie) alla finalità di una neutrale rappresentazione della situazione e dell’andamento dell’impresa. Infatti, in tema di valutazioni di bilancio la natura delle norme civili è assai diversa da quella delle norme fiscali. Le disposizioni del Codice civile, riconoscendo la complessità della realtà aziendale e l’impossibilità di codificare analiticamente le complesse regole che presiedono alla redazione di un bilancio corretto, non prevedono predeterminazioni rigide dei criteri di valutazione. Lasciano invece spazi notevoli ai giudizi del redattore del bilancio di fronte ai singoli casi. Basti pensare alla genericità di locuzioni quali “residua possibilità di utilizzazione” riferita all’ammortamento delle immobilizzazioni, o “presumibile valore di realizzazione” riferito ai crediti. Anche l’interpretazione delle norme civili attraverso corretti principi contabili non sempre porta a soluzioni definite in modo preciso dal punto di vista quantitativo ma conduce spesso, più che a un valore preciso, a una fascia di valori ragionevolmente accettabili. Invece, la principale preoccupazione delle norme fiscali è di ridurre le incertezze e le controversie applicative. Per questa ragione il diritto tributario è diffidente verso gli apprezzamenti caso per caso e favorevole a delimitare le zone di incertezza, creando confini tendenzialmente precisi tra ciò che è consentito e ciò che è vietato. Difatti il TUIR dispone che il reddito (imponibile) sia sì determinato a partire dall’utile o dalla perdita risultante dal conto economico dell’esercizio, ma apportando le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri che lo stesso TUIR prevede per delimitare gli effetti della soggettività delle valutazioni presenti in bilancio. Ne sono tipici esempi i limiti massimi alla deducibilità (cioè alla possibilità di considerarli come componenti negativi in sede di calcolo del reddito imponibile) degli ammortamenti, delle svalutazioni e degli accantonamenti o il limite minimo al valore delle rimanenze finali. In alcuni casi, sempre nell’intento di rendere meno complessi i rapporti con il contribuente, la norma tributaria accoglie soluzioni chiaramente ispirate all’esigenza di maggiore semplicità, come la possibilità di svalutare i crediti non appena il debitore è assoggettato a procedura concorsuale o la possibilità di ammortizzare in un unico esercizio i costi dei beni strumentali di valore inferiore a 516,46, la possibilità di dedurre integralmente nell’esercizio le spese di ricerca ecc. Va anche considerata l’esistenza di una diversa motivazione che potrebbe giustificare divergenze fra norme civilistiche ispirate alla rappresentazione veritiera e corretta e norme tributarie: quella di rendere possibile per i contribuenti l’utilizzo di alcune disposizioni di natura sovvenzionale previste dalle norme fiscali. Così la possibilità, in deroga al principio di competenza, di ripartire in cinque anni le plusvalenze patrimoniali derivanti dalla cessione dei beni posseduti per un periodo non inferiore a tre anni si giustifica con la finalità di promuovere un frequente rinnovo delle immobilizzazioni. La diversità tra i criteri di valutazione previsti dalle norme civili e quelli ammessi dalle norme fiscali non deve provocare interferenze


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Capitolo 14

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La fiscalità differita: le imposte differite e anticipate

Le imposte sul reddito che vengono determinate con riferimento a ogni specifico esercizio, hanno natura diversa a seconda del documento da cui derivano: •

nel bilancio d’esercizio devono essere rilevate, come imposte sul reddito dell’esercizio, le imposte di competenza dell’esercizio, cioè le imposte che verranno pagate per effetto del reddito prodotto in quell’esercizio; nella dichiarazione dei redditi vengono invece rilevate le cosiddette imposte correnti, cioè le imposte che vengono liquidate sulla base del reddito imponibile determinato con riferimento al medesimo esercizio.

Nei diversi esercizi si possono manifestare differenze tra le imposte di competenza e le imposte correnti. Ciò dà origine al fenomeno delle imposte differite e anticipate. Le imposte differite sono imposte sul reddito dell’esercizio, determinate secondo il principio di competenza economica, che diventeranno correnti in esercizi successivi, cioè emergeranno dalla dichiarazione dei redditi in esercizi successivi a quello nel quale l’effetto dell’evento che le ha generate è stato rilevato nel conto economico. Le imposte anticipate sono imposte che risultano dalla dichiarazione dei redditi dell’esercizio, ma non sono ancora state rilevate nel conto economico come imposte sul reddito dell’esercizio, poiché non sono di competenza dell’esercizio stesso, bensì di esercizi successivi. Supponiamo, per esempio, che in bilancio siano iscritti utili su cambi derivanti dalla valutazione di cre-

diti in valuta estera determinati secondo le norme civili. Poiché le norme fiscali prevedono la tassazione degli utili su cambi solo quando i crediti vengono incassati, le imposte sul reddito che vengono determinate nella dichiarazione fiscale (imposte correnti) risultano inferiori a quelle che – sulla base dei ricavi iscritti in conto economico – sono di competenza dell’esercizio. Devono perciò essere contabilizzate anche le imposte differite, cioè le imposte di competenza dell’esercizio che risulteranno dalle successive dichiarazioni dei redditi, quando – incassando i crediti in valuta – gli utili su cambi verranno considerati ricavi ai fini fiscali. Le imposte di competenza dell’esercizio in cui sono rilevati in bilancio gli utili su cambi corrispondono quindi alla somma tra le imposte correnti e quelle differite. Se supponiamo, invece, che in bilancio siano iscritti costi per un ammontare superiore a quello massimo previsto dalle norme fiscali, si presenta la situazione opposta. In questo caso nella dichiarazione dei redditi la parte eccedente di quei costi dovrà essere ripresa a tassazione, cioè stornata ai fini del calcolo del reddito imponibile, che risulta così più alto. Di conseguenza le imposte sul reddito che vengono determinate nella dichiarazione fiscale (imposte correnti) risultano superiori a quelle di competenza. Vengono quindi pagate delle imposte anticipate, che vanno considerate come rettifica delle imposte da iscrivere in conto economico nella misura in cui si ritiene che siano successivamente recuperabili, cioè se si prevede in futuro di realizzare un reddito imponibile sufficiente a generare imposte almeno pari a quelle che si erano anticipate. Le imposte di competenza saranno quindi pari alle imposte correnti meno quelle anticipate.

delle norme fiscali sulla redazione del bilancio, che risponde unicamente alle predette esigenze di verità e correttezza. È invece il reddito imponibile che si determina nei limiti delle determinazioni civilistiche. Infatti, ai fini tributari (TUIR, art. 109), non sono ammessi in detrazione componenti negativi che non risultano imputati al conto economico dell’esercizio di competenza o di esercizi precedenti6.

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Sono altresì deducibili i componenti negativi che, pur non essendo imputabili al conto economico, sono deducibili per disposizione di legge.


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Valutazioni e rilevazioni di fine periodo

Nei capitoli successivi, trattando della valutazione delle poste di bilancio, faremo riferimento alla normativa civilistica e alla sua interpretazione e integrazione da parte della dottrina e dei principi contabili, limitandoci a segnalare i principali vincoli posti dalla normativa tributaria alla deducibilità fiscale dei costi. Tali vincoli sono rilevanti anche per valutare gli eventuali fenomeni di fiscalità differita, cioè l’eventualità che una parte del reddito venga sottoposta a tassazione in esercizi successivi (o precedenti) a quello di competenza7.

Le soluzioni sono disponibili sul sito www.ateneonline.it/cerbioni5e

Domande di riepilogo 1. In che modo la normativa civile si preoccupa di tutelare l’interesse dei terzi alla conoscenza sulla situazione e sull’andamento delle società di capitali? 2. Che cosa si intende per principi contabili? Quali sono gli organi che si occupano di emanare i principi contabili? 3. Quale rilievo assumono nel nostro Paese i principi contabili internazionali (IFRS)? 4. Quale rapporto esiste tra la redazione del bilancio e la determinazione delle imposte sul reddito? 5. Che cosa si intende per fiscalità differita?

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Un’adeguata trattazione della fiscalità differita richiede un livello di approfondimento che esula dalle finalità di questo libro. Ci limitiamo pertanto a un semplice accenno al tema nel box La fiscalità differita: le imposte differite e anticipate. Per maggiori dettagli rinviamo ai testi indicati in bibliografia.


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