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Capitolo
Introduzione alla finanza aziendale
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La finanza aziendale oggi è molto diversa da quella che era anni fa e, per un lettore nuovo all’argomento, è molto difficile comprendere quanto sia cambiata dal 2007 a oggi. Tornando al 2007, il modello di business e di governo delle D Valore di mercato aziende era dominato dall’archetipo anglosassone. Gli apparentemente indistrutdel debito tibili pilastri su cui erano basati l’Unione Europea e gli Stati Uniti dominavano E Valore di mercato dell’equity la finanza internazionale, e l’Unione Europea e i suoi governi erano in grado di V Valore dell’impresa attingere debito in modo economico da mercati dei capitali alquanto liquidi in tutto il mondo. Inoltre, le aspettative di crescita delle aziende europee erano ottime, mentre i Paesi emergenti cominciavano a sviluppare le proprie economie domestiche. Purtroppo l’ambiente nel quale le aziende operano ora è significativamente cambiato e più rischioso, e molte delle certezze che le aziende avevano durante il periodo del boom di inizio 2000 sono svanite. L’Unione Monetaria Europea è sotto pressione da diversi anni. Gli Stati Uniti stanno perdendo parzialmente il loro predominio economico e finanziario a favore di altri Paesi. Il credito ottenuto dall’oramai screditato sistema bancario è in parte sostituito da forme di finanziamento ottenute da altre fonti. Anche nei Paesi emergenti, quali Cina e India, le aspettative di crescita sono incerte a causa della debolezza dei mercati dell’export del mondo occidentale. Con prezzi dell’energia e delle commodities elevati, basse opportunità di crescita e di ricavi, combinate a una situazione politica incerta in molti Paesi, i manager finanziari di oggi devono essere dotati di strumenti che consentano loro di gestire il contesto economico mutevole nel quale le aziende operano. Il manager finanziario deve essere un imprenditore che non solo comprende il rischio, ma sa anche come usarlo a proprio vantaggio. Inoltre, il manager finanziario deve essere capace di implementare in piena fiducia nuove decisioni di investimento e finanziamento in grado di incorporare pienamente tali rischi. Il manager finanziario di oggi deve conoscere bene la finanza internazionale, i differenti sistemi aziendali e le culture esistenti nel mondo. Comprendere questi aspetti e integrarli in una struttura decisionale coerente è l’obiettivo di questo testo. Tuttavia, prima è necessario comprendere cos’è la finanza aziendale e cos’è un’azienda, argomenti discussi nel Capitolo 1. SIMBOLI CHIAVE
1.1 Che cos’è la finanza aziendale? Supponiamo che, decidendo di avviare un’impresa per la produzione di palle da tennis, assumiate dei dirigenti per l’acquisto di materie prime, organizzando allo stesso tempo una forza lavoro deputata a realizzare le palle da tennis e venderle. Orbene, nel linguaggio della finanza, state effettuando un investimento in attività come scorte, impianti, terreno e personale. L’ammontare di denaro investito nelle suddette attività deve uguagliare l’ammontare di denaro raccolto tramite il finanziamento. Quando cominciate a vendere le palle da tennis, la vostra azienda inizierà a generare liquidità. Questa è la base della creazione di valore. Lo scopo dell’impresa è creare valore per voi, ossia per chi ne è il proprietario. Tale valore viene riflesso nel quadro del semplice schema di stato patrimoniale dell’impresa.
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1.1.1 Lo schema di stato patrimoniale dell’impresa Immaginate di voler “fotografare” la situazione finanziaria dell’impresa e delle sue attività in un certo momento. La Figura 1.1 mostra una concettualizzazione grafica dello stato patrimoniale e servirà a introdurvi nel mondo della finanza aziendale. Le attività dell’impresa sono rappresentate nella parte sinistra dello stato patrimoniale. Esse possono essere suddivise in attività a breve termine e a lungo termine (fisse). Le attività fisse sono quelle, come gli immobili, destinate a durare nel tempo. Alcune di queste attività sono tangibili, come i macchinari e gli impianti; altre sono intangibili, come i brevetti e i marchi. Le attività a breve sono quelle che, come le scorte, hanno una vita breve. Le palle da tennis prodotte, ma non ancora vendute, andranno a costituire le scorte. Eccetto l’ipotesi di sovrapproduzione, tali scorte usciranno dall’impresa in poco tempo. Prima di poter investire in un’attività, è necessario che l’azienda abbia ottenuto un finanziamento, ovvero abbia reperito il denaro per finanziare il progetto. Le forme di finanziamento sono rappresentate nella parte destra dello stato patrimoniale. Un’impresa emetterà (venderà) effetti denominati debito (contratti di prestito) oppure capitale azionario (o capitale proprio o equity). Analogamente alle attività, anche le passività si distinguono fra quelle a breve e quelle a medio-lungo termine. Le prime sono costituite da prestiti e altre obbligazioni il cui rimborso deve avvenire entro un anno. Le seconde includono il debito che non deve essere rimborsato entro un anno. L’equity esprime la differenza fra il valore delle attività e delle passività dell’impresa, e in questo senso indica un diritto residuale sulle attività aziendali. Partendo dallo schema di stato patrimoniale dell’impresa, è intuitivo comprendere la ragione per cui la finanza involve lo studio delle seguenti tre questioni. 1 In quali attività a lungo termine dovrebbe investire l’impresa? Tale domanda concerne la parte sinistra dello stato patrimoniale. Naturalmente, le tipologie e le proporzioni di attività di cui l’impresa necessita variano a seconda della specificità dell’impresa. Usiamo il termine capital budgeting per descrivere il processo di realizzazione e gestione degli impieghi di capitale su attività di lunga durata. 2 Come può l’impresa raccogliere la liquidità necessaria a realizzare le proprie spese in conto capitale? Tale domanda concerne la parte destra dello stato patrimoniale. Per dare una corretta risposta, occorrerà riferirsi alla struttura fi nanziaria, cioè al rapporto fra debiti finanziari (a breve e lungo termine) ed equity con i quali l’impresa soddisfa il proprio fabbisogno di finanziamento.
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1.1
Attività a breve termine
Capitale circolante netto
Passività a breve termine Passività a medio-lungo termine
Attività fisse 1. Tangibili 2. Intangibili Valore totale delle attività
Capitale proprio Valore totale dell’impresa per gli investitori
Figura 1.1 Schema di stato patrimoniale dell’impresa.
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3 Come dovrebbero essere gestiti i flussi di cassa operativi a breve termine dell’impresa? Tale domanda concerne la parte superiore dello stato patrimoniale. Nel corso della sua operatività ordinaria, spesso l’impresa sperimenta una discrasia temporale fra i flussi di cassa in entrata e quelli in uscita. Inoltre, l’ammontare e il momento in cui vengono generati i flussi di cassa operativi non sono noti con certezza. Invero, i manager finanziari devono sempre cercare di gestire i gap inerenti ai flussi di cassa. Da un punto di vista contabile, la gestione di breve periodo dei flussi di cassa è associata al capitale circolante netto, definito come la differenza fra attività a breve termine e passività a breve termine. Da un punto di vista finanziario, la gestione dei flussi di cassa di breve periodo deriva dalla sincronizzazione fra flussi in entrata e flussi in uscita, e costituisce l’ambito di intervento principale della pianificazione finanziaria a breve termine. Nel maggio del 2013, Eni S.p.A., società multinazionale attiva nel settore energy, annunciò i suoi risultati per l’anno 2012. I dati, estrapolati dal bilancio della società, sono semplificati per rendere l’esempio più accessibile. Al 31 dicembre 2012 l’azienda aveva € 63.466 miliardi di immobilizzazioni materiali e soltanto € 19.942 miliardi di immobilizzazioni immateriali. Le attività a breve termine ammontavano a € 56.884 miliardi e le passività a breve termine erano € 33.392 miliardi. Eni S.p.A. aveva € 22.211 miliardi di passività a lungo termine. Di seguito presentiamo uno schema dello stato patrimoniale di Eni S.p.A. ESEMPIO
1.1
Attività a breve termine: € 56.884 miliardi Capitale circolante netto: € 56.884 - € 33.392 = € 23.492 miliardi
Passività a breve termine: € 33.392 miliardi; a lungo termine: € 22.211 miliardi
Attività fisse tangibili: € 63.466 miliardi; intangibili: € 19.492 miliardi
Capitale proprio: € 84.239 miliardi
Valore totale delle attività: € 139.842 miliardi
Valore totale dell’impresa per gli investitori: € 139.842 miliardi
1.1.2 La struttura finanziaria Le modalità di finanziamento determinano il modo in cui il valore dell’impresa è ripartito. I soggetti o le istituzioni che acquistano il debito aziendale (per esempio, prestando denaro all’impresa) sono chiamati creditori, obbligazionisti o detentori del debito. I possessori delle azioni sono chiamati azionisti. È possibile immaginare l’impresa come una torta. Inizialmente, la sua dimensione dipenderà dalla correttezza delle decisioni di investimento effettuate. Dopo aver adottato tali decisioni, l’impresa procederà a determinare il valore delle sue attività (per esempio, immobili, terreni e scorte). L’impresa può, altresì, scegliere la propria struttura finanziaria. Essa può avere inizialmente reperito la liquidità necessaria per investire nelle sue attività, emettendo più debito che equity, ma successivamente può riservarsi di variare questo mix emettendo nuovo equity e utilizzando i proventi per riacquistare parte del debito. Simili decisioni finanziarie possono essere prese indipendentemente dalle decisioni di investimento originarie. Ne discende che le scelte di emettere debito oppure equity influenzeranno il modo con cui la torta sarà tagliata. La torta in questione è illustrata nella Figura 1.2. La sua dimensione rappresenta il valore dell’impresa sui mercati finanziari. Possiamo dunque esprimere il valore dell’impresa, V, come:
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V=D+E
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dove D (“debito”) è il valore di mercato del debito ed E (“equity”) è il valore di mercato dell’equity. Nella nostra figura, il diagramma a torta considera due differenti possibilità di ripartizione: 50% debito e 50% equity; 25% debito e 75% equity. Le modalità con cui la torta viene tagliata possono influenzarne il valore, e quindi il compito del manager finanziario sarà quello di scegliere il rapporto fra debito ed equity che massimizzi il valore della torta (cioè il valore dell’impresa, V).
25% debito
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1.2
50% debito
50% equity
Struttura finanziaria 1
75% equity
Struttura finanziaria 2
Figura 1.2 Due modelli “a torta” dell’impresa.
Ogni azienda che necessita liquidità ha bisogno di attingerla da qualche fonte. Consideriamo Filtronic, la società britannica di investimento nel wireless, che ha ottenuto £ 1.3 milioni nel 2011 emettendo nuove azioni per i suoi investitori. Filtronic avrebbe potuto ricorrere a prestiti bancari o emettere obbligazioni per lo stesso importo. Perché ha scelto l’equity? Chiaramente, la decisione era basata sulla soluzione che avrebbe massimizzato il valore aziendale e, nel caso in questione, l’equity era la risposta più ragionevole. L’emissione azionaria è avvenuta dopo una perdita annua di £ 7 milioni nel 2011 e £ 1 milione nel 2010. Sarebbe stato davvero difficile attingere denaro da fonte diversa dall’equity dopo queste deludenti performance economiche. Cercate Filtronic su Google e osservate cosa è successo all’azienda dopo l’emissione azionaria. È stata una scelta lungimirante per gli investitori? ESEmPiO
1.2
1.1.3 il manager finanziario Nelle grandi imprese, l’attività finanziaria è solitamente svolta da un alto dirigente, come il vicepresidente o il CFO (Chief Financial Officer), e da un gruppo ristretto di altri funzionari. Il tesoriere e il controller dipendono direttamente dal CFO: il tesoriere è responsabile della gestione dei flussi di cassa, delle decisioni di investimento e della programmazione finanziaria; il controller si occupa della gestione della contabilità finanziaria e dei costi, oltre che degli adempimenti fiscali e dei sistemi informativi. Nelle imprese più piccole, invece, molti dei differenti ruoli organizzativi sono ricoperti da un’unica persona. Benché ogni impresa abbia una propria fisionomia, ci sarà sempre qualcuno che assolve i compiti del manager finanziario. Fra tali compiti, quello più importante consiste nel creare valore dalle attività di capital budgeting, di finanziamento e di gestione del capitale circolante. In sostanza, i manager finanziari creano valore facendo sì che l’impresa: (a) cerchi di acquistare attività che fruttino un rendimento superiore al loro costo; (b) venda obbligazioni, azioni e altri strumenti finanziari che raccolgano più denaro di quanto costano. L’impresa dovrebbe così generare più flussi di cassa di quelli che impiega, mentre i flussi erogati a obbligazionisti e azionisti dovrebbero essere maggiori di quelli immessi nell’azienda dagli investitori. Per vedere il funzionamento di questo processo, possiamo tracciare i flussi di cassa che vanno dall’impresa ai mercati finanziari e viceversa.
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Con parole loro Le competenze richieste a un CFO Per rendersi conto di quante competenze siano necessarie per ricoprire con successo l’incarico di CFO, basta aprire una qualsiasi delle pagine che la stampa finanziaria dedica alle opportunità di impiego. Di seguito è riportato un annuncio, apparso nel 2008, relativo a una posizione di CFO all’interno di un’azienda con sede in Europa. L’impresa è di grandi dimensioni, e quindi il candidato ideale avrebbe dovuto possedere una significativa esperienza in questo ruolo. Da manager finanziari in erba quali siete, potrebbe esservi d’aiuto conoscere il curriculum che dovrete costruirvi per diventare un candidato adeguato a rivestire un tale incarico. In questo momento l’obiettivo vi sembrerà irraggiungibile, tuttavia, attraverso lo studio e l’esperienza riuscirete ad acquisire il livello di competenze richieste. Il nome dell’azienda in questione è stato cambiato in FM GmbH per garantirne l’anonimato. Società: FM GmbH Sede: Francoforte, Germania Il CFO sarà responsabile, sia all’interno sia all’esterno dell’organizzazione, dei reporting finanziari e contabili. L’incarico richiede un soggetto dotato di senso degli affari, attitudine per la finanza e spirito di iniziativa, capace, quindi, di incrementare le performance aziendali nonché valorizzare i talenti individuali presenti nell’organizzazione. Il CFO dovrà, altresì, prestare attenzione ai risultati e avere una spiccata propensione alla responsabilità personale nei riguardi dell’andamento dell’impresa. Attitudine finanziaria e abilità analitiche dovranno tradursi in efficaci azioni correttive e miglioramento proattivo del business. FM promuove sia le capacità tattiche sia le capacità strategiche del CFO. Il candidato dovrà quindi mantenere una visione d’insieme dei problemi, ma anche porre un’attenzione particolare ai dettagli. Responsabilità principali: • Sovrintendere alla gestione finanziaria delle operazioni aziendali fino a includere lo sviluppo di politiche e procedure sia finanziarie che contabili. • Occuparsi della gestione della liquidità, delle relazioni con le banche e della gestione del debito, ma anche intervenire responsabilmente in qualunque operazione di fusione e acquisizione. • Creare, coordinare e valutare i programmi finanziari e supportare i sistemi informativi dell’azienda, nonché i piani di budgeting, fiscali, immobiliari e la conservazione dei beni. • Garantire la conformità agli obblighi di reporting contabili locali e internazionali. • Sovrintendere alla approvazione e alla elaborazione dei documenti di ricavo, di spesa, dei bilanci dipartimentali, degli aggiornamenti salariali, dei libri mastri e della contabilità. • Coordinare la preparazione dei rendiconti d’esercizio, dei report finanziari, di analisi specifiche e di relazioni informative. • Gestire il dipartimento contabile, comprendente il controller e lo staff contabile. • Implementare le procedure finanziarie, contabili, di fatturazione e di auditing. • Stabilire e mantenere adeguate garanzie di controllo interno. • Interagire con altri manager per supportare la pianificazione di iniziative basate su analisi finanziarie e gestionali, report e raccomandazioni. • Assicurarsi che i sistemi di gestione della documentazione siano conformi agli standard di auditing generalmente riconosciuti a livello internazionale. • Adottare un pensiero strategico in grado di affrontare i problemi in una prospettiva operativa. • Approvare e coordinare i cambiamenti e i miglioramenti necessari nell’ambito dell’automatizzazione dei sistemi informativi finanziari e gestionali dell’azienda. • Analizzare i flussi di cassa, unitamente ai sistemi di controllo dei costi, al fine di proporre linee di indirizzo all’alta dirigenza. Analizzare i rendiconti d’esercizio per individuare potenziali aree di debolezza. • Fissare e implementare gli obiettivi dipartimentali di breve e di lungo periodo, gli scopi, le politiche e le procedure operative. • Riferire ai comitati che si occupano di pianificazione e policy-making.
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1.3
Titoli emessi dall’impresa (A) L’impresa investe in attività (B)
Mercati finanziari
Flussi di cassa trattenuti (E)
Valore totale delle attività
Pagamenti per dividendi e debito (F) Imposte (D)
Flussi di cassa dell’impresa (C)
Attività a breve termine Attività fisse
Stato
Passività a breve termine Passività a m/l termine Azioni
Valore totale dell’impresa per gli investitori sui mercati finanziari
Figura 1.3 Flussi di cassa fra l’impresa e i mercati finanziari. L’interazione delle attività aziendali con i mercati finanziari è illustrata nella Figura 1.3. Le frecce indicano la direzione dei flussi di cassa dall’impresa ai mercati e viceversa. Supponiamo di iniziare il nostro percorso dalle attività di finanziamento. Per raccogliere liquidità, l’azienda emette debito (obbligazioni) ed equity (azioni) che verrano sottoscritti dagli investitori presenti nei mercati finanziari. Ciò produce un flusso dai mercati all’impresa (A). Questa liquidità è impiegata dal management per effettuare investimenti in attività (B). Con il denaro generato dall’impresa (C) vengono remunerati gli azionisti e gli obbligazionisti (F). Gli azionisti ricevono liquidità sotto forma di dividendi; gli obbligazionisti, avendo prestato fondi all’impresa, ricevono degli interessi e, alla scadenza del prestito, l’intero capitale. Non tutto il denaro raccolto dall’azienda viene ridistribuito. Una parte è trattenuta (E) e una parte va allo Stato sotto forma di imposte (D). A lungo andare, se la liquidità distribuita ad azionisti e obbligazionisti (F) è maggiore di quella raccolta nei mercati finanziari (A), verrà creato del valore. ’identifi cazione dei fl ussi di cassa. Sfortunatamente, non è semplice osservare direttamenL te i flussi di cassa. Infatti, la maggior parte delle informazioni disponibili proviene dai bilanci, e il lavoro più rilevante degli analisti finanziari consiste nell’estrarre le informazioni sui flussi di cassa dai dati contabili. Il seguente esempio illustrerà come procedere in merito.
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Profitti contabili e flussi di cassa a confronto
1.3
Gold & Gems srl è un’azienda italiana, controllata dalla casa madre indiana Luxury Gems Pvt, che lavora e commercia oro. Alla fine dell’anno vende 2500 once per un controvalore di € 1.67 milioni. All’inizio dell’anno, l’oro era stato acquistato per € 1 milione, e il pagamento era stato effettuato in contanti. La società deve tuttavia ancora riscuotere i corrispettivi delle vendite. Il prospetto contabile della situazione finanziaria di Gold & Gems è il seguente. Prospetto contabile di Gold & Gems: conto economico al 31 dicembre ricavi − Costi Profitto
€ 1 670 000 −€ 1 000 000 € 670 000
Secondo gli IFRS (International Financial Reporting Standards), le vendite sono registrate anche se i clienti non hanno ancora pagato, ipotizzando che i pagamenti avvengano a breve. Da un punto di vista contabile, Gold &
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Gems sembrerebbe essere profittevole. Ma dal punto di vista finanziario la situazione è differente, poiché riflette l’analisi dei flussi di cassa in entrata e in uscita. Prospetto finanziario di Gold & Gems: flussi di cassa al 31 dicembre Flussi di cassa in entrata Flussi di cassa in uscita
€0 −€ 1 000 000 −€ 1 000 000
La finanza aziendale si chiede se le operazioni commerciali di Gold & Gems generino flussi di cassa, in quanto la creazione di valore dipende da tali flussi. In definitiva, per la società la creazione di valore dipende dal fatto di ricevere effettivamente € 1.67 milioni e dal momento in cui ciò avviene. La collocazione temporale dei fl ussi di cassa. È noto come il valore di un investimento effettuato da un’impresa dipenda dal timing dei flussi di cassa: è un principio indiscusso della finanza affermare infatti che gli individui preferiscono ricevere denaro prima piuttosto che dopo, dal momento che un euro oggi vale più di un euro domani.
ESEmPiO
Timing dei flussi di cassa
1.4
L’azienda vivaistica Palme & Fiori SpA si trova a dover scegliere fra due proposte di nuovi prodotti. Entrambe le proposte forniranno flussi di cassa incrementali per un periodo di quattro anni, e comportano un costo iniziale di € 10 000. I flussi di cassa derivanti dalle due proposte sono i seguenti. Anno
Nuovo prodotto A (€)
1 2 3 4 totale
Nuovo prodotto B (€)
0
4000
0 0 20 000 20 000
4000 4000 4000 16 000
A prima vista, il nuovo prodotto A sembrerebbe il migliore. Tuttavia, i flussi di cassa derivanti dal prodotto B vengono generati prima di quelli del prodotto A. Senza disporre di altre informazioni, non possiamo decidere quale proposta creerebbe il maggior valore per gli obbligazionisti e gli azionisti. La decisione dipende dalla preferenza nel ricevere in anticipo il denaro prodotto da B rispetto alla somma maggiore prodotta più tardi da A. Il rischio dei fl ussi di cassa. L’impresa deve inoltre considerare il profilo di rischio di un progetto, dal momento che l’ammontare e l’andamento temporale dei flussi di cassa non sono noti con certezza e la maggior parte degli investitori è avversa al rischio.
ESEmPiO
Rischio
1.5
L’azienda norvegese Fjell ASA sta valutando l’opportunità di espandere il proprio business all’estero, e in particolare ha individuato i Paesi Bassi e il Sudafrica come possibili aree geografiche. I Paesi Bassi sono considerati relativamente sicuri, mentre il Sudafrica è ritenuto un Paese molto più rischioso per intraprendere operazioni commerciali. In entrambi i casi l’impresa concluderebbe le proprie attività nell’arco di un anno.
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Parte prima Panoramica
Dopo aver svolto un’analisi finanziaria completa, Fjell è giunta a stimare i seguenti flussi di cassa (in corone norvegesi, NOK) inerenti ai due piani di espansione alternativi nell’ipotesi di tre differenti scenari (pessimistico, più probabile, ottimistico).
Paesi Bassi Sudafrica
Pessimistico
Più probabile
Ottimistico
750 000 0
1 000 000 1 500 000
1 250 000 2 000 000
Se ignoriamo lo scenario pessimistico, forse il Sudafrica rappresenta l’alternativa migliore; considerando invece tale scenario, la scelta diventa incerta. Il Sudafrica appare più rischioso, ma offre anche flussi di cassa attesi più elevati. Che cos’è il rischio e come può essere definito? Al fine di rispondere a questa importante domanda, dedicheremo gran parte del presente volume allo sviluppo dei metodi di valutazione e stima del rischio (delle diverse opportunità di investimento).
1.2 L’obiettivo fondamentale del management finanziario Limitandoci ad analizzare le aziende con scopo di lucro, l’obiettivo fondamentale del management finanziario è di creare ricchezza o aggiungere valore per i proprietari dell’impresa. Per valutare razionalmente le decisioni finanziarie, è necessario formulare con precisione un simile obiettivo.
1.2.1 alcuni possibili obiettivi specifici Prendendo in considerazioni alcuni possibili obiettivi finanziari, è possibile individuare le seguenti motivazioni sottostanti: • sopravvivere; • evitare il dissesto finanziario e il fallimento; • battere la concorrenza; • massimizzare le vendite o la quota di mercato; • minimizzare i costi; • massimizzare i profitti; • mantenere una crescita costante degli utili. L’elenco potrebbe certamente essere ampliato, e ognuna di queste possibilità, in quanto obiettivo del management finanziario, non risulterà certamente scevra da eventuali problemi. Per esempio, è facile incrementare la quota di mercato o il numero di prodotti venduti abbassando i prezzi o allentando le condizioni di credito. Analogamente, è sempre possibile tagliare i costi, sopprimendo, per esempio, funzioni come la ricerca e sviluppo. Si può evitare il fallimento non prendendo a prestito nemmeno un centesimo o non assumendosi alcun rischio, e così via. Resta, peraltro, da appurare se tali azioni corrispondano realmente agli interessi degli azionisti. La massimizzazione dei profitti costituisce forse l’obiettivo finanziario più comunemente citato, ma anch’esso pecca di imprecisione: si intendono i profitti dell’anno in corso o quelli di medio-lungo periodo? In tal caso, bisognerebbe rilevare che il rinvio della manutenzione, la riduzione delle scorte, e altre misure di breve periodo atte a tagliare i costi, tenderanno ad aumentare i profitti nel presente, pur non essendo necessariamente desiderabili. L’obiettivo della massimizzazione dei profitti può invece riferirsi in qualche modo a quelli di “lungo” o “medio” periodo, senza, però, che anche in questo caso sia immediatamente chiaro il significato da attribuire a tali termini. In primo luogo, abbiamo in mente il reddito netto contabile o gli utili per azione? Come vedremo più in dettaglio nel Capitolo 4, queste misure contabili possono non rispecchiare fedelmente il reale stato di salute dell’impresa. In secondo luogo, che cosa intendiamo esattamente con “lungo periodo”? Come una volta sottolineò John Maynard
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Capitolo 1 Introduzione alla finanza aziendale
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Keynes, nel lungo periodo saremo tutti morti! Più precisamente, questo obiettivo non ci dice quale possa essere il giusto compromesso fra i profitti correnti e quelli futuri. Gli obiettivi precedentemente elencati sono fra loro diversi, ma riconducibili all’alveo di due categorie. La prima è identificabile con la redditività: gli obiettivi concernenti le vendite, la quota di mercato e il controllo dei costi sono tutti associati, almeno potenzialmente, a modi differenti di ottenere o incrementare dei profitti (cioè del reddito). Invece, gli obiettivi raggruppabili nella seconda categoria, per esempio quelli che riguardano la necessità di evitare il fallimento e di garantire la stabilità e la sicurezza, sono riconducibili all’esigenza di contenere il rischio. Sfortunatamente, queste due categorie di obiettivi risultano alquanto in conflitto fra loro. La ricerca del profitto implica normalmente qualche elemento di rischio, e dunque è in realtà impossibile massimizzare sia la sicurezza sia il profitto. Da qui, la necessità di formulare un obiettivo che racchiuda in sé entrambi i fattori.
1.2.2 L’obiettivo del management finanziario In una società per azioni, il manager finanziario deve prendere decisioni avendo come riferimento primario gli azionisti. In questo senso, invece di elencare i possibili obiettivi del management, occorre chiedersi qual è la decisione manageriale più corretta da assumere dal punto di vista degli azionisti. Se ipotizziamo che gli azionisti comprino quote azionarie per ottenere un guadagno finanziario, la risposta è ovvia: le buone decisioni aumentano il valore delle azioni dell’impresa, mentre quelle cattive lo diminuiscono. Dalle nostre osservazione consegue che il manager finanziario agisce negli interessi migliori degli azionisti solo se prenderà decisioni che incrementeranno il valore delle azioni dell’impresa. Possiamo, quindi, giungere facilmente alla definizione fornita di seguito. L’obiettivo del management finanziario consiste nel massimizzare il prezzo delle azioni dell’impresa. Questa definizione supera i problemi connessi con i diversi obiettivi specifici elencati più sopra, poiché non presenta ambiguità e non pone questioni di conflitto fra breve e lungo periodo. Sosteniamo infatti esplicitamente che l’obiettivo del management è quello di massimizzare il valore corrente delle azioni. Se tale criterio può apparirvi eccessivamente monolitico e unidimensionale, considerate che gli azionisti sono i “proprietari residuali” (residual owner) dell’impresa, e, in quanto tali, essi hanno diritto a ricevere ciò che eccede dopo che sono stati pagati dipendenti, fornitori e creditori (e chiunque altro avanzi pretese legittime). Se a qualcuno di questi gruppi di soggetti non viene corrisposto il dovuto, gli azionisti non ottengono nulla. Dunque, se le cose andranno al meglio per gli azionisti (nel senso che la parte residuale di valore cresce), ne discende che anche tutti i restanti soggetti avranno raggiunto il loro interesse. Posto che l’obiettivo del management finanziario è quello della massimizzazione del valore dell’equity, dobbiamo imparare a identificare le iniziative di investimento e di finanziamento che influenzano positivamente il valore delle azioni. Questo è precisamente il tema che ci accingiamo ad approfondire. In effetti, avremmo potuto definire la finanza aziendale come lo studio delle relazioni fra le decisioni aziendali e il valore delle azioni di un’impresa.
1.2.3 Un obiettivo più generale Accettando la definizione formulata in neretto nel paragrafo precedente, ci chiediamo quale sia l’obiettivo appropriato dell’impresa che non possiede azioni negoziate sul mercato, tenendo presente che le società per azioni non sono certamente le uniche forme di organizzazione imprenditoriali ipotizzabili. Inoltre, in molte corporation le azioni vengono scambiate raramente, cosicché è difficile quantificare, in un dato momento, l’esatto valore azionario. Finché consideriamo le imprese a scopo di lucro, occorre modificare lievemente la nostra definizione. Il valore totale delle azioni è semplicemente uguale al valore del capitale proprio.
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Parte prima Panoramica
Perciò, un modo più generale per esporre il nostro obiettivo è “riuscire a massimizzare il valore di mercato del capitale proprio esistente”. Sulla scorta dei rilievi suesposti, non dobbiamo preoccuparci della struttura organizzativa assunta dall’azienda, dato che le buone decisioni finanziarie aumentano il valore di mercato del capitale proprio, mentre quelle cattive lo diminuiscono. Infatti, benché nei prossimi capitoli la nostra scelta sarà quella di focalizzarci sulle società per azioni, i principi che svilupperemo si applicano a tutte le forme di impresa (e alcuni di essi anche al settore no-profit). Infine, l’obiettivo sopra descritto non implica ovviamente che il manager finanziario adotti comportamenti illegali, o non etici, nella speranza di accrescere il valore dell’equity dell’impresa; bensì che questi riesca a soddisfare al meglio gli interessi dei proprietari dell’azienda identificando i beni e i servizi che sono accolti e valutati favorevolmente sul libero mercato, e che conferiscono valore all’impresa.
1.3 I mercati finanziari Quando l’impresa ha bisogno di contanti per investire in nuovi progetti, deve scegliere l’opzione di finanziamento più efficiente e meno onerosa nell’ambito di più alternative appropriate. Innanzi tutto, l’impresa deve decidere se indebitarsi o cedere una quota di proprietà dell’azienda. Indebitandosi, la proprietà contrae un prestito e accetta di restituire, in seguito, il capitale ricevuto comprensivo degli interessi; rinunciando invece a una quota delle azioni in suo possesso, la proprietà vende una parte di società per un determinato ammontare di denaro. In entrambi i casi, la nostra impresa si ritroverà con la liquidità di cui necessita. Se l’impresa sceglie di ricorrere a un prestito, può rivolgersi a una banca oppure può emettere titoli di debito sui mercati finanziari. I titoli di debito sono obbligazioni contrattuali a rimborsare l’indebitamento aziendale. Se l’impresa sceglie la strada della cessione di una quota proprietaria, può farlo tramite una negoziazione privata oppure una vendita pubblica. Quest’ultima avviene attraverso il collocamento sul mercato di azioni ordinarie che rappresentano diritti non contrattuali sui flussi di cassa residuali dell’impresa. Le emissioni di debito ed equity vendute al pubblico vengono poi negoziate sui mercati finanziari. In molte regioni del mondo i mercati finanziari presentano uno sviluppo ben lontano da quello tipicamente europeo. Per esempio, in Africa la maggior parte delle Borse valori ha dimensioni ridottissime, e soltanto poche società possiedono titoli di debito o azionari. Per queste imprese, è più conveniente ottenere fondi dalle banche e da altri investitori strategici. I mercati finanziari si dividono in mercati monetari e mercati dei capitali. Nei primi vengono negoziati i titoli di debito a breve scadenza (generalmente quelli rimborsabili entro un anno), mentre nei secondi sono scambiati i titoli di debito a lunga scadenza (con rimborso superiore a un anno) e i titoli azionari. La locuzione mercati monetari si applica a un insieme di mercati non rigidamente interconnessi. Essi sono noti come dealer market, nei quali cioè operano imprese che offrono quotazioni continue alle quali si impegnano ad acquistare e vendere strumenti del mercato monetario per il proprio portafoglio, assumendosene completamente il rischio. Nei termini della teoria dell’agenzia, che descriveremo nel Capitolo 2, il dealer rappresenta il principale (principal) nella maggior parte delle transazioni. Tale figura si differenzia da quella del broker, il quale agisce come agente (agent) per conto di un cliente nell’acquisto o nella vendita di titoli sulla maggior parte delle Borse mondiali, senza acquisire personalmente la proprietà dei titoli stessi. La Figura 1.4 illustra la principale differenza fra dealer market e agency market. In ogni caso, il trader A vuole vendere al trader B. Inoltre, in entrambe le situazioni il trader A vende titoli per € 100 e il trader B acquista titoli per € 110. Qual è dunque la differenza fra i due tipi di mercati? Nel dealer market, il dealer sopporta il rischio di detenere i titoli prima di poter trovare una controparte che li acquisti. Nella Figura 1.4, il dealer trova qualcuno disposto ad acquistarli per € 110. Tuttavia, se egli non è in grado di individuare una controparte, si ritroverà con titoli che valgono meno del prezzo al quale sono stati acquistati (€ 100). Si tratta del cosiddetto inventory risk (“rischio di giacenza”), che costituisce un costo per il dealer. La differenza fra il
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Capitolo 1 introduzione alla finanza aziendale
F iG U r a
1.4
Dealer market
Agency market
Trader A
Trader A
Vende al dealer titoli per € 100
Ingaggia un agent per vendere titoli
Il dealer realizza un profitto di € 10
L’agent trattiene una commissione di € 10
Vende al trader B per € 110
Vende al trader B per € 110
Trader B
Trader B
Il trader A riceve € 100 Il trader B paga € 110 Il dealer realizza un profitto di € 10
Il trader A riceve € 100 Il trader B paga € 110 L’agent guadagna una commissione di € 10
11
Figura 1.4 Dealer market e agency market a confronto.
prezzo al quale il dealer acquista e il prezzo al quale vende è nota come bid-ask spread (“scarto denaro-lettera”), che nel nostro esempio è € 10. In un agency market, il trader A ingaggia un agent (o broker) per trovare una controparte. Il broker, auspicabilmente, la troverà, e a quel punto tratterrà una commissione sul prezzo di vendita, che nel nostro esempio è di € 10. In nessun momento il broker possiede i titoli che sta cercando di vendere, e perciò non sopporta alcun “rischio di giacenza”. Il nucleo dei mercati monetari è costituito da banche (solitamente grandi istituti con sede a Francoforte, Londra e New York), dealer in titoli di Stato (alcuni dei quali sono le grandi banche stesse) e numerosi money broker (ovvero operatori specializzati nel reperire denaro a breve termine per chi cerca fondi e nel convogliarlo per chi vuole prestarli). I mercati finanziari, inoltre, possono essere classificati ulteriormente in mercati primari e mercati secondari.
1.3.1 il mercato primario: le nuove emissioni Il mercato primario è utilizzato quando lo Stato e le imprese emettono per la prima volta titoli. Nel processo di emissione di debito ed equity, le imprese partecipano a due tipi di mercati primari: l’offerta pubblica e il collocamento privato. La maggior parte delle azioni e delle obbligazioni societarie offerte al pubblico giungono sul mercato sottoscritte da un consorzio di banche di investimento. Il consorzio di collocamento acquista per proprio conto i nuovi titoli dall’impresa rivendendoli a un prezzo superiore. Le obbligazioni e le azioni offerte al pubblico devono essere registrate presso l’autorità di regolamentazione locale, e comportano l’obbligo da parte dell’impresa a divulgare, attraverso un’apposita dichiarazione, tutte le informazione relative all’offerta. I costi (legali, amministrativi ecc.) associati alla preparazione della dichiarazione di registrazione sono rilevanti. Per evitare tali costi, le obbligazioni e le azioni possono essere vendute ricorrendo a negoziazioni private con grandi istituzioni finanziarie, come le compagnie assicurative, i fondi comuni e altre categorie di investitori. Al contrario delle emissioni pubbliche, i collocamenti privati non sono soliti essere registrati.
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Parte prima Panoramica
Ogni Paese prevede l’istituzione di un’apposita autorità di regolamentazione che si occupa della registrazione dei titoli negoziati pubblicamente. Pertanto, le imprese che intendessero quotare i propri titoli presso una determinata Borsa, dovranno aver cura di registrarli presso l’organo di controllo competente. La Tabella 1.1 presenta le denominazioni di tali autorità per un campione di Paesi.
1.3.2 i mercati secondari Una transazione sul mercato secondario implica che il possessore o il creditore di un titolo lo venda a qualcun altro. Perciò i mercati secondari forniscono i mezzi per trasferire la proprietà dei titoli societari. Sebbene un’impresa sia direttamente coinvolta soltanto nella transazione sul mercato primario (quando emette titoli per raccogliere liquidità), i mercati secondari risultano comunque cruciali per le grandi società. Il motivo è che gli investitori sono molto più disposti ad acquistare titoli in una transazione sul mercato primario se sanno che quegli stessi titoli, in caso di bisogno, potranno essere successivamente rivenduti con facilità.
ta B E L L a
1.1
Paese
Autorità
Paese
Autorità
australia
australian Securities and investment Commission
italia
austria
Financial market authority
Paesi Bassi
Bahrain Belgio
Norvegia Polonia
Danimarca
Central Bank of Bahrain Banking, Finance and insurance Commission China Securities regulatory Commission Finanstilsynet
Egitto
Capital market authority
Spagna
Finlandia Francia
Financial Supervision authority autorité des marchés Financiers
Svezia Svizzera
Germania
Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht (BaFin) Hellenic republic Capital market Commission Securities and Exchange Board of india Central Bank and Financial Services authority israel Securities authority
tanzania
CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) the Netherlands authority for the Financial markets Kredittilsynet Financial Supervision authority Comissão do mercado de Valores mobiliários Financial Services Board Comisión Nacional del mercado de Valores Finansinspektionen Commission fédérale des banques Capital markets and Securities authority Securities and Exchange Commission Capital markets Board
Cina
Grecia india irlanda israele
Portogallo Sudafrica
thailandia turchia regno Unito Stati Uniti
Financial Services authority SEC (Securities and Exchange Commission)
Tabella 1.1 autorità di regolamentazione societaria e finanziaria.
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Capitolo 1 Introduzione alla finanza aziendale
13
I mercati di negoziazione e i mercati ad asta. Esistono due tipi di mercati secondari: quelli di negoziazione (dealer market) e quelli ad asta (auction market). In linea generale, i dealer acquistano e vendono per proprio conto, assumendosene il rischio. Un commerciante di automobili, per esempio, compra e vende vetture. Al contrario, un broker mette in contatto compratori e venditori, ma di fatto non ha la disponibilità del bene oggetto della negoziazione. Così come un agente immobiliare solitamente non compra e vende case. I mercati di negoziazione in azioni e obbligazioni a lungo termine sono chiamati mercati OTC (Over-The-Counter). La maggior parte delle compravendite di titoli di debito avviene OTC. L’espressione “over-the-counter” trae origine dal fatto che in passato i titoli venivano letteralmente acquistati e venduti sopra i banconi degli uffici attigui alle sale di scambio ufficiali. Oggi una frazione significativa del mercato azionario, incluso quasi tutto il mercato delle obbligazioni a lungo termine, non ha una localizzazione fisica centralizzata, atteso che i numerosi dealer sono connessi fra loro elettronicamente. Nei mercati ad asta, invece, gli scambi si realizzano in un luogo fisico (come Wall Street nel caso della Borsa di New York). Inoltre, se in un mercato di negoziazione la maggior parte delle compravendite è effettuata dai dealer, lo scopo principale di un mercato ad asta consisterà nel fare incontrare domanda e offerta. La compravendita di titoli societari. Le azioni della maggior parte delle grandi imprese sono negoziate in mercati ad asta organizzati. Il più vasto mercato di questo tipo è il NYSE (New York Stock Exchange). Altri mercati ad asta sono l’Euronext (comprendente le Borse di Amsterdam, Bruxelles, Parigi e Lisbona) e il London Stock Exchange (soltanto per i titoli maggiori). Oltre alle Borse valori organizzate, esiste un ampio mercato OTC per i titoli azionari. Il NASDAQ (National Association of Securities Dealers Automated Quotation) negli Stati Uniti e molti titoli azionari trattati sul London Stock Exchange sono esempi di mercati OTC. Il fatto che i mercati OTC non abbiano una puntuale localizzazione fisica significa che i confini nazionali non costituiscono un ostacolo insormontabile. Del resto, attualmente, si sta rafforzando ed espandendo anche un mercato OTC dei titoli di debito a livello internazionale. La liquidità dei mercati azionari è molto importante per un manager finanziario, perché tanto più facile ed economico è negoziare le azioni di una società, tanto più alta sarà la domanda. Studi recenti indicano che le aziende con valori più alti sono quelle con azioni frequentemente negoziate e molto liquide, anche dopo aver rimosso tutti gli altri fattori che potrebbero influenzare differenze di valore. Inoltre, avere numerose opzioni rispetto a dove negoziare le azioni non è un danno per il valore dell’azienda, in quanto può rendere la modalità di fissazione del prezzo delle azioni più efficiente.
1.3.3 La trattazione delle azioni delle società quotate in Borsa La principale differenza tra i mercati ad asta e quelli di negoziazione consiste nel fatto che le compravendite avvengono in un unico luogo adibito alle contrattazioni. Inoltre, i prezzi delle azioni scambiate in un’asta sono comunicati quasi immediatamente al pubblico via computer per mezzo di altri sistemi informativi. Il London Stock Exchange può essere preso a esempio di Borsa nella quale i sistemi ad asta e di negoziazione operano simultaneamente. All’inizio del 2013 i titoli trattati sul listino londinese erano più di 2900, la maggior parte dei quali (i titoli maggiori) venivano scambiati tramite il sistema ad asta (SETS, Stock Exchange Trading System) e il resto tramite dealer. Sul SETS gli operatori possono proporre, in un certo lasso temporale, ordini di acquisto o vendita a un prezzo determinato (limit order, “ordine con limite di prezzo”) oppure decidere di acquistare o vendere, tempestivamente, un dato numero di azioni al prezzo migliore (market order, “ordine senza indicazione di validità”). Se un limit order non può essere eseguito immediatamente (perché, per esempio, non esistono azioni sufficienti per soddisfare l’ordine al prezzo determinato), esso verrà iscritto nel limit order book, comprendente tutti gli ordini con limite di prezzo in circolazione. Le azioni di società di dimensioni minori sono trattate mediante un sistema di negoziazione chiamato SEAQ (Stock Exchange Automated Quotation). Qui i vari dealer competono l’uno con
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l’altro immettendo le proprie proposte di acquisto e vendita di una certa quantità di azioni in un circuito automatizzato che le registra senza interruzioni (sistema quote-driven). La proposta con il più alto prezzo di acquisto e il più basso prezzo di vendita è quella che avrà maggiori probabilità di essere eseguita.
1.3.4 L’ammissione a quotazione Le azioni scambiate presso una Borsa organizzata si dicono quotate su quella Borsa. Le società, per essere quotate, dovranno possedere dei requisiti minimi concernenti, per esempio, la dimensione delle attività e il numero di azionisti; tali requisiti possono differire da una Borsa all’altra. Euronext, per esempio, prevede tre criteri per l’ammissione. In primo luogo, un’impresa deve avere quotato almeno il 25% delle sue azioni e il loro valore deve essere almeno pari a € 5 milioni; contrariamente ad altre Borse, Euronext non contempla alcuna soglia minima per la dimensione delle attività. Il secondo requisito stabilisce che la società quotata abbia almeno tre anni di bilanci certificati. Infine, tutti i rendiconti d’esercizio devono essere redatti secondo le norme IFRS. La Tabella 1.2 riporta la classifica delle Borse mondiali per capitalizzazione nel 2012. La Tabella 1.3 è un riassunto delle aziende europee quotate nel periodo 1994-2004, prese da uno studio di Bris et al. (2009). Se ne evince che il numero di aziende in Europa è ampio e che il Regno Unito rimane il principale centro finanziario del continente. La tabella include l’analisi di molte variabili importanti, come la Tobin’s q, che esprime la differenza tra il valore di mercato e il valore contabile di un’azienda, il leverage finanziario, le CAPEX (Capital Expenditure, spese in conto capitale), le spese in ricerca e sviluppo (R&D) e le immobilizzazioni materiali (NPPE).
1.4 La finanza aziendale in pratica: il caso di Google Il verbo “to google” è definito nel Webster’s New MilleniumTM come “cercare informazioni su Internet”. L’integrazione del termine nel linguaggio quotidiano rappresenta uno dei tanti segnali del successo eccezionale conseguito dal motore di ricerca in Rete lanciato nel 1996 dai due studenti della Stanford Unversity Sergey Brin e Larry Page. A maggio 2014 il valore di Google è di circa 360 miliardi. Durante la sorprendente crescita dell’azienda, il management di Google ha dovuto affrontare e gestire molti problemi, che noi a nostra volta illustreremo nel presente manuale. Gli inizi. Sulla base delle loro analisi, Brin e Page ritenevano di disporre di un modello di ricerca via Internet più efficiente di quelli in auge fino al 1996. Armati unicamente di questa idea e di pochi algoritmi operativi, contattarono diversi potenziali investitori e riuscirono a ottenere $ 100 000 da uno dei fondatori di Sun Microsystem per sviluppare il business concept. Nell’arco di un anno, ricevettero altri $ 25 milioni tramite venture capital. Per raccogliere questi finanziamenti, Brin e Page formularono un business plan e una previsione dei flussi di cassa al fine di stimare i costi e i ricavi futuri. Sulla scorta di tali piani gli investitori sono in grado di valutare una nuova impresa. La valutazione di un’impresa, o di un progetto, costituirà l’oggetto di approfondimento della Parte seconda di questo testo. L’emissione azionaria di Google. Nel 2004 il modello di business di Google aveva raggiunto un tale successo e un tale livello di crescita che necessitava di ingenti iniezioni di liquidità per catturare le opportunità emergenti nel settore in cui l’impresa operava. I due fondatori, Brin e Page, volevano mantenere il controllo della società, ma al tempo stesso erano consapevoli del fatto che avrebbero dovuto emettere molte azioni in favore degli investitori per ricevere adeguati finanziamenti. Decisero, così, di ristrutturare la proprietà di Google creando due tipologie di azioni (dual class shares). Alle azioni di classe B, possedute in gran parte da Brin e Page, furono assegnati 10 diritti di voto per ogni certificato azionario da far valere alle assemblee societarie, mentre alle azioni di classe A venne assegnato solo un diritto di voto per ogni certificato. In questo modo, anche se il numero di azioni detenute da investitori esterni era superiore a quello delle azioni complessivamente in mano ai due fondatori, durante le assemblee della società
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Capitolo 1 introduzione alla finanza aziendale
ta B E L L a
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Capitalizzazione di mercato (US$)
Totale aziende
Aziende nazionali
Aziende straniere
13 358 346.5 4 540 577.2 3 625 480.7 3 505 651.1 2 710 311.6 2 547 053.9 2 460 183.4 2 033 828.9 1 400 999.2 1 400 030.3 1 306 479.9 1 219 931.5 1 196 686.1 1 190 215.2 1 119 494.8 1 107 693.8 1 044 883.1
2325 2665 2288 2845 1106 1510 934 3972 372 740 2080 5133 1646 276 1814 1455 3250
1798 2368 2277 2252 964 1485 934 3872 363 668 1986 5133 1645 244 1797 1455 3217
527 297 11 593 142 25 0 100 9 72 94 0 1 32 17 0 33
968 939.3 906 229.1
766 324
737 323
29 1
Johannesburg SE (Sudafrica) taiwan SE Corp. (taiwan) Singapore Exchange (Singapore) mexican Exchange (messico) indonesia SE (indonesia) Saudi Stock market – tadawul (arabia Saudita) the Stock Exchange of thailand (thailandia) Santiago SE (Cile)
870 964.9 733 249.1 692 591.7 468 158.3 424 053.2 410 507.5
388 824 768 474 442 152
341 773 460 128 442 152
47 51 308 346 0 0
321 688.9
546
546
0
316 910.8
272
228
44
istanbul SE (turchia)
252 373.9
265
264
1
Oslo Børs (Norvegia)
251 474.8
235
191
44
1.2
NYSE Euronext (Stati Uniti) NaSDaQ OmX (Stati Uniti) tokyo SE Group (Giappone) London SE Group (regno Unito) NYSE Euronext (Europa) Hong Kong Exchanges (Hong Kong) Shanghai SE (Cina) tmX Group (Canada) Bm&FBOVESPa (Brasile) Deutsche Börse (Germania) australian SE (australia) Bombay SE (india) National Stock Exchange india (india) SiX Swiss Exchange (Svizzera) Korea Exchange (Corea del Sud) Shenzhen SE (Cina) BmE Spanish Exchanges (Spagna) NaSDaQ OmX Nordic Exchange (Paesi nordici/baltici) miCEX / rtS (russia)
Fonte: World Federation of Exchanges (aprile 2012). © 2010 WFE.
Tabella 1.2 Classifica delle Borse mondiali per capitalizzazione nel 2012, miliardi di euro.
Brin e Page conservavano ancora la maggioranza dei voti. La relazione fra emissioni azionarie e struttura proprietaria sarà esaminata nel prossimo capitolo. Quando Google realizzò di dover raccogliere nuovo capitale, si prospettarono due possibili soluzioni. Avrebbe potuto indebitarsi (ricorrendo a un prestito bancario o al mercato del debito) oppure emettere equity (attraverso i mercati azionari). Alla fine si decise di procedere esclusivamente al finanziamento tramite equity (in effetti, Google non ha debito a lungo termi-
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1.526 1.070 1.481 0.985
18 746 36 246
2586.6 4419.2 4413.4 1603.8 4829.5 2848.7 4927.7 1143.3 3870.7 4119.3 941.6 1599.7 2761.5 3308.6 2723.8
798.0 2623.9 1131.6 3445.7
971.4 1548.9 1530.1 935.6 2115.6 1499.4 2046.0 567.3 1528.1 1489.0 396.1 480.7 1107 1234 786.6
549.4 1037.1 949.8 2438.7
0.098 0.106
0.141 0.111 0.119 0.102 0.089 0.143 0.140 0.107 0.108 0.115 0.098 0.098 0.112 0.114 0.094
0.108 0.117
Media
0.115 0.105
0.087 0.089 0.104 0.096 0.081 0.121 0.095 0.075 0.074 0.093 0.093 0.116 0.111 0.083 0.121
0.076 0.092
Std. dev.
0.327 0.312
0.368 0.230 0.321 0.416 0.245 0.252 0.328 0.383 0.380 0.297 0.289 0.344 0.320 0.367 0.325
0.369 0.232
Media
0.274 0.254
0.232 0.213 0.218 0.265 0.213 0.258 0.234 0.223 0.248 0.229 0.228 0.290 0.267 0.240 0.282
0.217 0.211
Std. dev.
0.207 0.222
0.266 0.242 0.211 0.268 0.283 0.145 0.237 0.288 0.224 238 0.256 0.306 0.253 0.260 0.179
0.249 0.225
Media
0.171 0.177
0.181 0.181 0.196 0.142 0.174 0.143 0.172 0.180 0.165 0.182 0.173 0.210 0.203 0.162 0.155
0.168 0.170
Std. dev.
Std. Media dev.
Std. dev.
0.066 0.057 0.065 0.063 0.053 0.052 0.055 0.058 0.054 0.061 0.057 0.084 0.061 0.043 0.060 0.058 0.061 0.060 0.061
0.072 0.050 0.064 0.063 0.042 0.035 0.065 0.047 0.047 0.061 0.052 0.079 0.060 0.047 0.054
0.027 0.021 0.025 0.013 0.013 0.001 0.020 0.000 0.009 0.020 0.024 0.031 0.032 0.031 0.030 0.013 0.030 0.009 0.026
0.013 0.006 0.009 0.004 0.004 0.000 0.006 0.000 0.001 0.006 0.007 0.009 0.012 0.016 0.010
0.062 0.054 0.006 0.014 0.055 0.068 0.002 0.010
Media
Tabella 1.3 Caratteristiche delle aziende europee.
Nota: tobin's Q è (capitalizzazione di mercato + valore contabile del debito)/totale attività; EBitDa/totale attività è il margine operativo lordo diviso il totale dell'attivo; Leva finanziaria è intesa come totale dei debiti finanziari diviso il totale dell'attivo; CaPEX/totale attività indica le spese annuali per investimenti diviso totale attività.
Fonte: Bris, a., Y. Koskinen and m. Nilsson (2009). “the Euro and Corporate Valuations”, Review of Financial Studies, vol. 22, n. 8, pp. 3171-3209.
0.732 0.782 1.077 0.716 0.682 1.039 1.063 0.572 0.690 0.883 0.831 1.090 1.057 0.930 1.108
1.375 1.371 1.643 1.396 1.261 1.447 1.573 1.127 1.328 1.434 1.299 1.531 1.631 1.451 1.549
915 4936 4741 380 1589 85 1440 578 1256 17 500 1630 1234 1659 1551 12 672
Finlandia 100 Francia 598 Germania 535 irlanda 41 italia 175 Lussemburgo 11 Paesi Bassi 166 Portogallo 73 Spagna 138 Paesi Area Euro 2017 Danimarca 183 Norvegia 159 Svezia 201 Svizzera 169 regno Unito 1513 Paesi non Area Euro 2225 Totale Paesi 4242
1205 0.602 1.375 0.781
671 909
79 101
Std. dev.
EBITDA/totale Immob. materiali/ Leva finanziaria CAPEX/totale Spese in ricerca attività totale attività attività e sviluppo/ totale attività
1.3
Media
Ricavi (milioni di euro)
ta B E L L a
austria Belgio
Paese
Tobin's Q Numero di Numero osservazioni di annue aziende per azienda Media Std. dev.
16 Parte prima Panoramica
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Capitolo 1 Introduzione alla finanza aziendale
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ne). Alla base di questa decisione specifica esistono diversi motivi, ed esistono, altresì, molteplici fattori da considerare nel caso in cui un’impresa si trovi a scegliere il proprio mix di debito ed equity (cioè la propria struttura finanziaria). L’argomento della struttura finanziaria verrà analizzato nella Parte quarta del volume. Al di là del modo alquanto inusuale con cui Google organizzò la propria emissione azionaria (utilizzando unicamente il canale di Internet per la sottoscrizione), la società di Brin e Page (al pari di ogni altra impresa) doveva affrontare alcune questioni fondamentali. In primis, si sarebbe dovuto decidere il valore delle nuove azioni, oltre a risolvere l’interrogativo se conferire alle azioni di classe A un valore diverso da quelle di classe B calcolando, unitamente, il relativo grado di rischio assegnabile ai vari tipi di titoli. È facile comprendere che tali aspetti assumono un’enorme importanza per coloro che si accingono a impiegare il loro denaro in un nuovo investimento. La valutazione del rischio di un investimento sarà trattata nella Parte terza. Google come impresa. Benché il suo business si esplichi su Internet, il successo e le dimensioni di Google la rendono del tutto simile alle altre grandi imprese operanti nei settori che sfruttano un’alta intensità di capitale. Alla fine del 2011, Google aveva più di $ 9 miliardi investiti in asset immobili e quasi 24 000 dipendenti. In effetti, il suo management era così preoccupato dell’eventualità che la società stesse perdendo gran parte della cultura e dei valori originari, che nominò un CCO (Chief Cultural Officier) con il compito di sviluppare e mantenere lo spirito e l’ambiente lavorativo degli inizi. Google e il finanziamento di breve termine. Inoltre, come in ogni altra impresa, Google deve assicurarsi la liquidità sufficiente per pagare i propri creditori, e dunque predisporre una pianificazione finanziaria a breve termine, cruciale per garantire la continuità della propria sopravvivenza nel corso del tempo. A differenza di altre aziende, Google ha molta cassa. Dal bilancio 2011, emerge che l’azienda aveva quasi $ 40 miliardi di cassa e altra liquidità. È troppo o troppo poco? Google e le acquisizioni. Infine, Google ha effettuato più di 100 acquisizioni dal 2001, le più significative delle quali hanno riguardato Motorola Mobility (per $ 12.5 miliardi) nel 2011, YouTube (per $ 1.65 miliardi) nel 2006 e DoubleClick (per $ 3.1 miliardi) nel 2007. Il raggio di azione di Google copre innumerevoli Paesi, rendendo la penetrazione del suo business pressoché globale e le sue dimensioni societarie fra le più grandi al mondo. Ma se vorrà continuare a evolvere e a svilupparsi in futuro, dovrà necessariamente affrontare tutte le questioni concernenti l’organizzazione, la ristrutturazione aziendale e la finanza internazionale che ogni grande impresa operante in un ambito di business più tradizionale si trova ad affrontare. Che cos’è dunque la finanza aziendale? Molti, pensando alla finanza aziendale, tendono a considerare la determinazione del valore dell’impresa come l’aspetto più importante su cui soffermarsi. Altri pongono una particolare enfasi sulla valutazione e gestione del rischio. Altri ancora ritengono che sia la struttura finanziaria il tema da investigare maggiormente. Come in questo capitolo abbiamo cercato di illustrare succintamente, in realtà il successo di un’impresa, per essere veramente tale, implica che il management e gli azionisti possiedano una solida comprensione di tutte le aree di interesse finanziario, e non solo di uno o due argomenti privilegiati. La fortuna di Google non è dipesa unicamente dalla fantastica idea dei suoi fondatori, ma soprattutto dalle spiccate conoscenze qualificate e dai fondamentali del buon business e della finanza aziendale.
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Parte prima Panoramica
Riepilogo e conclusioni Questo capitolo vi ha presentato alcune idee fondamentali della finanza aziendale. 1 La finanza aziendale ha tre principali aree di interesse. (a) Capital budgeting: quali investimenti a lungo termine dovrebbe effettuare l’impresa? (b) Struttura finanziaria: dove dovrebbero essere reperiti i capitali necessari per finanziare gli investimenti dell’impresa? E ancora, quale mix di debito ed equity dovrebbe essere utilizzato dall’impresa per finanziare le proprie attività? (c) Gestione del capitale circolante: come dovrebbero essere gestite le attività finanziarie quotidiane dell’impresa? 2 L’obiettivo del management finanziario in un’impresa a scopo di lucro è quello di adottare decisioni capaci di aumentare il valore di mercato delle azioni o, più in generale, il valore di mercato dell’equity. Tra gli argomenti discussi nel seguente capitolo, il più importante riguarda l’obiettivo del management finanziario: massimizzare il valore delle azioni. Nel corso del testo analizzeremo molte decisioni finanziarie differenti, ma ci chiederemo sempre in che modo la decisione in questione influenza il valore dell’equity.
Caso di studio Un abile manager finanziario deve essere in grado di reperire e comprendere le informazioni finanziarie. Visitare i siti web di Volkswagen AG, Daimler AG e Renault SA e scaricare i bilanci degli ultimi anni. Per quanto possa a prima vista sembrarvi difficile trovarli, non desistete: le informazioni importanti stanno tutte lì. 1 Date uno sguardo al bilancio di ciascuna società e prendete nota delle seguenti voci: (a) attività fisse; (b) attività a breve termine; (c) passività a breve termine; (d) passività a m/l termine. Costruite lo schema di stato patrimoniale delle tre società e calcolate il valore dell’equity. Che cosa ci rivelano tali dati riguardo a ognuna di queste imprese? 2 Visitate il sito http://finance.yahoo.com e trovate il prezzo dei titoli azionari delle tre società. Che cosa ci rivela la storia dei prezzi azionari riguardo a ognuna di queste imprese? 3 Sullo stesso sito web leggete le notizie riferite alle tre società. Che cosa ci rivelano tali notizie riguardo alle vicende di ognuna di queste imprese? 4 Mettendo insieme tutte queste informazioni, in quale società ritenete che sarebbe meglio investire? Fornite una spiegazione.
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Letture consigliate Il campo della finanza aziendale è vastissimo ed evolve congiuntamente agli eventi che accadono nell’ambiente del business globale. Di seguito riportiamo un interessante articolo per chi intenda approfondire i fondamenti della disciplina. Malgrado la ricerca nel settore della finanza aziendale (come scoprirete nei prossimi capitoli) abbia fatto molti progressi dal 2000, anno di pubblicazione dell’articolo seguente, gli elementi di discussione in esso contenuti non hanno perso di attualità. Zingales, L. (2000). “In search of new foundations”, Journal of Finance, vol. 55, n. 4, pp. 1623-1653. Anche i seguenti studi sono interessanti. Bris, A., Y. Koskinen and M. Nilsson (2009). “The Euro and Corporate Valuations”, Review of Financial Studies, vol. 22, n. 8, pp. 3171-3209. Doidge, C., G.A. Karolyi and R.M. Stulz (2009). “Has New York Become Less Competitive than London in Global Markets? Evaluating Foreign Listing Choices over Time”, Journal of Financial Economics, vol. 91, n. 3, pp. 253-277. Demyanyk, Y. and O. van Hemert (2011). “Understanding the Subprime Mortgage Crisis”, Review of Financial Studies, vol. 24, n. 6, pp. 1848-1880. Fang, V.W., T. Hoe and S. Tice (2009). “Stock Market Liquidity and Firm Value”, Journal of Financial Economics, vol. 94, pp. 150-169. Kaplan, S., B. Sensoy and P. Stromberg (2009). “Should Investors Bet on the Jockey or the Horse? Evidence from the Evolution of Firms from Early Business Plans to Public Companies”, Journal of Finance, vol. 64, pp. 75-115. O’Hara, M. and M. Ye (2011). “Is Market Fragmentation Harming Market Quality?”, Journal of Financial Economics, vol. 100, pp. 459-474. Pukthuanthong, K. and R. Roll (2009). “Global Market Integration: An Alternative Measure and its Application”, Journal of Financial Economics, vol. 94, pp. 214-232. Sarkissian, S. and M.J. Schill (2009). “Are There Permanent Valuation Gains to Overseas Listing?” Review of Financial Studies, vol. 22, n. 1, pp. 372-412.
Sul sito web del volume sono a disposizione per studenti e docenti numerose risorse didattiche www.ateneonline.it/ross2e
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