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CAPITOLO 7
CATETERISMO CARDIACO E ANGIOGRAFIA CORONARICA Morton J. Kern e Spencer B. King III
INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONI AL CATETERISMO I vantaggi offerti dal cateterismo devono essere soppesati contro il rischio intrinseco di qualsiasi procedura invasiva e in ogni paziente occorre valutare attentamente il rapporto rischi-benefici. Il cateterismo cardiaco è una modalità invasiva d’imaging utilizzata per valutare e diagnosticare patologie come malattia coronarica (coronary artery disease, CAD), miocardiopatie, ipertensione polmonare e anomalie cardiache congenite e valvolari mediante monitoraggio emodinamico con catetere e angiografia con contrasto. Nella Tabella 7-1 sono elencate le indicazioni all’angiografia coronarica. Data la natura invasiva del cateterismo cardiaco, è ugualmente importante considerare le controindicazioni alla procedura. Il rifiuto del paziente è l’unica controindicazione assoluta; tuttavia, esiste un certo numero di controindicazioni relative. Nella Tabella 7-2 sono elencate le controindicazioni al cateterismo cardiaco.
PREPARAZIONE DEL PAZIENTE Prima dello studio, deve essere fornita al paziente una spiegazione completa dei rischi e dei benefici, prendendo in esame anche il rischio di complicanze. Il rischio globale di una complicanza maggiore è inferiore al 2%, il rischio di morte è dello 0,11%, quello di infarto miocardico dello 0,05% e quello di accidente cerebrovascolare dello 0,07%. È stato riscontrato che il rischio di una complicanza vascolare è dello 0,43%, quello di una reazione al mezzo di contrasto dello 0,37% e quello di complicanze emodinamiche dello 0,26%. Prima della procedura o della somministrazione di un qualsiasi sedativo, deve essere firmato un consenso scritto dal paziente o da un suo rappresentante legale (se il paziente non è in grado di firmare). Alcuni pazienti, quali gli anziani, coloro che necessitano di una procedura urgente o d’emergenza, i pazienti in shock cardiogeno o colpiti da infarto miocardico acuto e quelli con insufficienza renale o scompenso cardiaco congestizio, sono a più alto rischio di sviluppare complicanze. Nei pazienti con insufficienza renale o allergia nota al contrasto iodato, un intervento terapeutico precedente può ridurre al minimo il rischio correlato alla procedura e alla patologia. Nella Tabella 7-3 sono elencati i regimi specifici di trattamento preventivo.
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TABELLA 7-1 Raccomandazioni di classe I per l’angiografia coronarica Livello di evidenza Angina stabile o soggetti asintomatici 1. Angina di classe CCS III e IV in terapia medica 2. Criteri di alto rischio ai test non invasivi indipendentemente dalla gravità dell’angina 3. Pazienti rianimati con successo da morte cardiaca improvvisa o con tachicardia ventricolare monomorfica sostenuta (> 30 s) o tachicardia ventricolare polimorfica non sostenuta (< 30 s) Sindromi coronariche instabili 1. Rischio elevato o intermedio per esito avverso in pazienti con angina instabile refrattaria a terapia medica adeguata iniziale o con sintomi ricorrenti dopo stabilizzazione iniziale. È raccomandato il cateterismo in emergenza 2. Rischio elevato di esito avverso in pazienti con angina instabile. È raccomandato il cateterismo urgente 3. Angina instabile a rischio elevato o intermedio che si stabilizza dopo il trattamento iniziale 4. Angina instabile a rischio a breve termine inizialmente basso che risulta successivamente ad alto rischio agli esami non invasivi 5. Sospetta angina di Prinzmetal
B A B
B B A B C
Durante il trattamento iniziale dell’IM acuto (IM sospetto e presenza di sopraslivellamento del tratto ST o BB): angiografia coronarica associata a PTCA primaria programmata 1. In alternativa alla terapia trombolitica nei pazienti che possono essere sottoposti ad A angioplastica dell’arteria tributaria dell’infarto entro 12 ore dall’esordio dei sintomi od a oltre 12 ore se i sintomi ischemici persistono, se eseguita tempestivamente da medici con esperienza nella procedura, coadiuvati da personale esperto in una struttura adeguata 2. In pazienti colpiti nelle 36 ore precedenti da IM acuto con sopraslivellamento del tratto A ST/onda Q o BBS di nuova insorgenza che sviluppano shock cardiogeno, di età < 75 anni e nei quali la rivascolarizzazione può essere eseguita entro 18 ore dall’esordio dello shock Durante la fase di stratificazione del rischio di IM (pazienti colpiti da tutti i tipi di IM) Ischemia a bassi livelli di sforzo con alterazioni ECG (depressione del tratto ST di 1 mm o altri fattori predittivi di esito avverso) e/o anomalie all’imaging Valutazione perioperatoria prima (o dopo) chirurgia non cardiaca: pazienti con malattia coronarica sospetta o nota 1. Evidenza di rischio elevato di esito avverso in base ai risultati degli esami non invasivi 2. Angina refrattaria a terapia medica adeguata 3. Angina instabile, in particolare quando si deve affrontare un intervento chirurgico non cardiaco a rischio elevato o intermedio 4. Risultato equivoco di test non invasivo in un paziente ad alto rischio clinico che deve essere sottoposto a chirurgia ad alto rischio Pazienti con cardiopatia valvolare 1. Prima di intervento chirurgico valvolare o valvulotomia con palloncino in un adulto con malessere toracico, ischemia identificata all’imaging non invasivo o entrambi 2. Prima di chirurgia valvolare in un adulto libero da dolore toracico ma anziano e/o con fattori di rischio multipli per malattia coronarica 3. Endocardite infettiva con evidenza di embolizzazione coronarica
C C C C
B C C (Segue)
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TABELLA 7-1 Raccomandazioni di classe I per l’angiografia coronarica (Continua) Livello di evidenza Pazienti con SCC 1. SCC da disfunzione sistolica con angina o con anomalie della cinesi parietale regionale e/o evidenza scintigrafica di ischemia miocardica reversibile quando si consideri l’intervento di rivascolarizzazione 2. Prima di trapianto cardiaco 3. SCC secondario ad aneurisma ventricolare post-infarto o altre complicanze meccaniche di IM
B C C
BB, blocco di branca; BBS, blocco di branca sinistra; CCS, Canadian Cardiovascular Society; IM, infarto miocardico; PTCA, angioplastica coronarica transluminale percutanea; SCC, scompenso cardiaco congestizio. a Performance standard: entro 90 minuti. Soggetti che eseguono più di 75 procedure di PTCA/anno. Centri che eseguono più di 200 procedure di PTCA/anno e sono dotati di strutture cardiochirurgiche. Fonte: American College of Cardiology: Scanlon PJ, Faxon DP, Audet AM, et al. ACC/AHA Guidelines for Coronary Angiography: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee on Coronary Angiography). J Am Coll Cardiol 1999;33:1756-1824; con modifiche, riproduzione autorizzata.
TABELLA 7-2 Controindicazioni relative al cateterismo cardiaco Insufficienza renale acuta Insufficienza renale cronica secondaria a diabete Sanguinamento gastrointestinale attivo Febbre inspiegabile che può essere causata da infezione Infezione attiva non trattata Ictus in fase acuta Anemia grave Ipertensione non controllata grave Squilibrio elettrolitico sintomatico grave Grave mancanza di collaborazione da parte del paziente a causa di patologia psicologica o sistemica grave Grave malattia concomitante che abbrevia drasticamente l’aspettativa di vita o aumenta il rischio di interventi terapeutici Rifiuto del paziente a considerare terapie definitive come PTCA, CABG o sostituzione valvolare Intossicazione digitalica Reazione anafilattoide documentata ai mezzi di contrasto angiografico Grave vasculopatia periferica che limita l’accesso vascolare Insufficienza cardiaca congestizia scompensata o edema polmonare acuto Coagulopatia grave Endocardite valvolare aortica BPAC, bypass aorto-coronarico; PTCA, angioplastica coronarica percutanea transluminale. Fonte: American College of Cardiology: Scanlon PJ, Faxon DP, Audet AM, et al. ACC/AHA Guidelines for Coronary Angiography: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee on Coronary Angiography). J Am Coll Cardiol 1999;33:1756-1824; con modifiche, riproduzione autorizzata.
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TABELLA 7-3 Regimi di pretrattamento per pazienti che devono essere sottoposti a cateterismo cardiaco/angiografia coronarica Pazienti con insufficienza renale Sospendere i farmaci nefrotossici prima della procedura e fino a che la funzione renale si stabilizza dopo la procedura (per es., metformina, FANS) Idratazione Somministrare soluzione isotonica (fisiologica o bicarbonato di sodio) per 12 ore prima della procedura e per 6-12 ore dopo, con l’obiettivo di infondere 1 litro prima della procedura a velocità di 100-150 ml/ora N-acetilcisteina 600 mg per os due volte/die per due somministrazioni prima e dopo il cateterismo Altre considerazioni Impiego di mezzo di contrasto iso-osmolare Aggiustare il dosaggio rispetto alla funzione renale MRCD = 5 ml peso in kg/creatinina sierica Pazienti con allergia al mezzo di contrasto radiografico Corticosteroidi Somministrazione per os di corticosteroidi (metilprednisone 32 mg o prednisone 50 mg) 6-24 ore e 2 ore prima del mezzo di contrasto. Un regime a tre dosi va applicato 13 ore, 7 ore e 1 ora prima della somministrazione del contrasto Antagonisti H1 Difenidramina 50 mg ev/im/per os 1 ora prima del mezzo di contrasto FANS, farmaci antinfiammatori non steroidei; MRCD (maximum radiographic contrast dose), massimo dosaggio del contrasto radiografico. Fonte: Schweiger MJ, Chambers CE, Davidson CJ, et al. Prevention of contrast induced nephropathy: recommendations for the high risk patient undergoing cardiovascular procedures. Catheter Cardiovasc Interv. 2007;69:135–140; Tramer MR, von Elm E, Loubeyre P, et al. Pharmacological prevention of serious anaphylactic reactions due to iodinated contrast media: systemic review. BMJ. 2006;333:675–681.
ACCESSO VASCOLARE Accesso arterioso L’accesso arterioso percutaneo può essere ottenuto dalle estremità superiori o inferiori. Nell’arto superiore si utilizzano le arterie radiale, brachiale o ascellare, mentre la sede preferita nell’arto inferiore è l’arteria femorale comune. Il polso della femorale si palpa 1-2 cm sotto al legamento inguinale, in sede prossimale alla biforcazione delle arterie femorale superficiale e profonda. Il legamento inguinale decorre dalla spina iliaca superiore anteriore al ramo pubico superiore (Fig. 7-1); può essere utilizzato come punto di repere al posto della piega inguinale, che può essere fuorviante, soprattutto nei pazienti obesi. La sede in cui va eseguita la puntura arteriosa può essere confermata mediante fluoroscopia dell’inguine destro con una pinza metallica posizionata sul punto sopra l’area proposta. La sede della puntura arteriosa dovrebbe essere situata al di sopra del punto medio della testa del femore, localizzazione ideale per comprimere la zona dell’arteriotomia durante la compressione manuale. Dopo la somministrazione di 10-20 ml di lidocaina 1%, un ago introduttore da 18 gauge viene inserito nella cute e diretto con un angolo di 30° verso la pulsazione palpata dell’arteria femorale. Prima di inserire l’ago si può effettuare una piccola incisione cutanea con un bisturi per facilitarne il passaggio attra-
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Spina anteriore Legamento inguinale Piega cutanea
3 cm Arteria femorale comune
Arteria femorale profonda
Arteria femorale superficiale
X
X
Vena safena Vena femorale
FIGURA 7-1 Decorso dell’arteria e della vena femorale destre sotto il legamento inguinale, che connette la spina iliaca anteriore-superiore e il tubercolo pubico. L’incisione cutanea arteriosa (indicata dalla X a sinistra) va effettuata approssimativamente 3 cm sotto il legamento inguinale e direttamente sopra il punto in cui si palpa il polso dell’arteria femorale. L’incisione cutanea venosa va effettuata allo stesso livello, ma approssimativamente un dito in direzione mediale. Da: Kim D, Orron DE, Skillman JJ, et al. Role of superficial femoral artery puncture in the development of pseudoaneurysm and arteriovenous fistula complicating percutaneous transfemoral cardiac catheterization, Cathet Cardiovasc Diagn 1992 Feb;25(2):91-97. Copyright John Wiley&Sons, Inc., riproduzione autorizzata.
verso la cute. La puntura deve interessare una sola parete del vaso con reflusso di sangue nell’ago a getto e pulsante. Successivamente, attraverso l’ago si fa avanzare con cautela un filo guida con punta a J da 0,89 mm. Se si avverte resistenza, la guida va ritirata, va riconfermata la posizione intraluminale della punta grazie al flusso ematico pulsante e va fatto avanzare di nuovo l’ago sotto guida fluoroscopica. Una volta che la guida è arrivata a livello dell’arteria iliaca o dell’aorta, l’ago viene rimosso e sostituito con un introduttore di calibro appropriato, in base alle misure dei cateteri da utilizzare. Per l’angiografia coronarica diagnostica vengono comunemente utilizzati cateteri con diametri variabili da 4 a 6 Fr, anche se alcune situazioni anatomiche complesse possono richiedere cateteri da 7 o 8 Fr per un ulteriore supporto. L’accesso dall’arteria radiale permette un ritorno più rapido alla deambulazione e si associa a minori complicanze emorragiche. L’adozione di questa tecnica è piuttosto limitata per il fatto che il cateterismo coronarico dall’estremità superiore presenta maggiori difficoltà. Prima di ottenere un accesso vascolare dall’arteria radiale è necessario determinare la pervietà dell’arco palmare, poiché un’occlusione dell’arteria radiale durante o dopo la procedura può causare lesioni ischemiche delle dita, se l’arco palmare non è intatto. La pervietà deve essere determinata mediante il test di Allen modificato. Si posiziona il pulsossimetro sul pollice mentre si comprime l’arteria radiale: la presen-
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za di un’onda arteriosa, anche se di ampiezza ridotta o a comparsa ritardata, e una saturazione di emoglobina superiore al 90% (Barbeau tipo A, B, C) confermano l’adeguatezza del flusso arterioso nell’arco palmare. Successivamente si punge l’arteria radiale 12 cm prossimalmente allo stiloide radiale, con un kit da micropuntura da 4 Fr. L’arteria radiale, in particolare nei maschi robusti, può contenere un introduttore di calibro fino a 7 o 8 Fr. Si raccomanda l’impiego di una guaina con rivestimento idrofilo e l’infusione di eparina e vasodilatatori intra-arteriosi immediatamente dopo che l’accesso è stato confermato, per evitare spasmi e trombosi e facilitare la rimozione della guaina.
Accesso venoso L’accesso dalla vena femorale viene ottenuto approssimativamente 1 cm medialmente e 1 cm inferiormente alla sede dell’accesso arterioso. Si utilizza un ago da 18 gauge collegato a una siringa. Dopo aver praticato una piccola incisione sulla cute, l’ago viene fatto avanzare con un angolo di 30-45°, aspirando leggermente con la siringa. Non appena si entra in vena, sangue venoso scuro dovrebbe essere facilmente aspirato. Si inserisce quindi una guida con punta a J da 0,89 mm e, dopo rimozione dell’ago, si posiziona un introduttore nella vena, sopra la guida.
EMOSTASI L’emostasi dopo la procedura è estremamente importante. Le complicanze più comuni dell’angiografia coronarica diagnostica sono correlate alla sede vascolare d’ingresso.
Compressione manuale La compressione manuale si applica su un’area dell’estensione tre dita sopra la sede della puntura. In caso di accesso venoso, una lieve compressione manuale della durata di 5-10 minuti dopo la rimozione della guaina è generalmente sufficiente per l’emostasi. In caso di accesso arterioso, va applicata una decisa compressione manuale dopo la rimozione dell’introduttore sull’area di pulsazione dell’arteria femorale e sulla sede della puntura, dell’estensione di due dita sopra questa. La pressione deve inizialmente essere abbastanza forte da eliminare il polso pedidio e va ridotta lentamente dopo 10 minuti. La durata della compressione dipende dalle dimensioni della guaina e dall’assunzione di farmaci anticoagulanti o antitrombotici. Un’utile regola empirica consiste nell’applicare la compressione manuale per 3 minuti ogni French; per esempio, un introduttore da 6 Fr richiederebbe 18 minuti di compressione manuale, aumentando un po’ il tempo nei pazienti scoagulati. La compressione non deve essere interrotta. Se si osserva sanguinamento dopo aver attenuato la pressione, bisogna ricominciare da zero e la pressione può essere completamente allentata solo dopo che sia trascorso tutto il tempo previsto.
Dispositivi di chiusura vascolare Esiste in commercio una serie di dispositivi che favoriscono l’emostasi arteriosa dopo il completamento di un cateterismo cardiaco. I dispositivi di chiusura vascolare permettono un ritorno più rapido alla deambulazione, ma non è dimostrato che riducano il sanguinamento o le complicanze vascolari. Questi dispositivi devono essere utilizzati con estrema cautela nei pazienti in cui è stata effettuata una puntura arteriosa bassa, sotto alla biforcazione dell’arteria femorale, e nei soggetti con arteriopatia periferica.
MISURAZIONI EMODINAMICHE Durante il cateterismo del cuore destro le misurazioni emodinamiche, come la determinazione diretta della pressione arteriosa, vengono effettuate a livello dell’atrio e del
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ventricolo destri e dell’arteria polmonare e nella posizione d’incuneamento in arteria polmonare. Le misurazioni emodinamiche sono importanti per la valutazione della volemia, di lesioni valvolari o di shunt e per il calcolo della portata (o gittata) cardiaca. Un cateterismo del cuore destro viene eseguito ottenendo un accesso a una vena centrale, di solito la femorale o la giugulare interna, e facendo avanzare un catetere con punta a palloncino, come un catetere di Swan-Ganz, fino all’atrio destro. Occorre fare attenzione a guidare il catetere dall’atrio destro al ventricolo destro e, ruotandolo in senso orario, a farlo avanzare attraverso la valvola polmonare e nell’arteria polmonare. Può essere necessaria una guida da 0,53 mm per favorire l’avanzamento in arteria polmonare. L’ulteriore progressione del catetere permetterà al palloncino insufflato di incunearsi in un ramo più piccolo dell’arteria polmonare, per ottenere la pressione approssimativa nell’atrio sinistro attraverso il foro terminale del catetere. Nella Tabella 7-4 sono riportati i valori normali del cateterismo del cuore destro. Oltre a rilevare misurazioni pressorie, che aiutano a determinare lo stato emodinamico di un paziente, si prelevano campioni di sangue dalle vene cave superiore e inferiore, dall’atrio e dal ventricolo destri e dall’arteria polmonare anche in posizione d’incuneamento. Le misurazioni della saturazione di emoglobina in questi campioni ematici possono identificare e valutare uno shunt intracardiaco e possono essere utilizzate nel calcolo della portata cardiaca e della resistenza vascolare sistemica e polmonare.
Portata cardiaca e resistenze vascolari La portata cardiaca, cioè il volume di sangue espulso dal cuore in un determinato intervallo di tempo, può essere misurata nel laboratorio di emodinamica con due metodi: il metodo di termodiluizione e il calcolo di Fick. Il metodo di termodiluizione utilizza un volume noto di soluzione fisiologica, 10 ml, a temperatura ambiente, che viene iniettato rapidamente all’estremità prossimale di un catetere in arteria polmonare. Un termistore all’estremità distale registra il calo di temperatura che si verifica nel passaggio del liquido quando passa dall’estremità prossimale all’estremità distale del catetere. Il computer del laboratorio, mediante l’equazione di termodiluizione, calcola la portata cardiaca. In generale, le misurazioni della portata cardiaca con termodiluizione possono presentare un errore del 5-10%, anche se eseguite con attenzione. L’altro metodo comunemente utilizzato per il calcolo della portata cardiaca è l’equazione di Fick. In questo caso, anche per il calcolo degli shunt, non deve essere in corso una terapia con ossigeno. L’equazione di Fick è la seguente: portata cardiaca =
consumo di O2 (ml/min) (saturazione arteriosa - saturazione venosa mista) ì Hgb ì1,35ì10
TABELLA 7-4 Valori normali al cateterismo cardiaco destro Atrio destro Ventricolo destro Arteria polmonare Pressione d’incuneamento capillare polmonare Portata cardiaca Indice cardiaco Resistenza vascolare sistemica Resistenza vascolare polmonare
8-10 mmHg 25/4 mmHg 25/9 mmHg 9 mmHg 3–7 l/min 2,5–4 l/min/m2 900–1300 dyne·s/cm5 155–250 dyne·s/cm5
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Il consumo di O2 può essere misurato; tuttavia, molti laboratori di emodinamica presumono negli adulti un consumo di 125 ml/m2 e negli anziani di 110 ml/m2. La saturazione venosa mista viene calcolata utilizzando le saturazioni di emoglobina della vena cava superiore (VCS) e inferiore (VCI). Il sangue della VCI ha una saturazione dell’emoglobina più alta rispetto a quello della VCS, perché i reni utilizzano meno ossigeno in relazione al loro flusso ematico: saturazione venosa mista =
2 VCS + VCI 3
Una saturazione venosa mista normale va dal 60 all’80%. La portata cardiaca può essere corretta in base alle dimensioni corporee ed espressa come indice cardiaco: indice cardiaco =
portata cardiaca area di superficie corporea (m 2 )
Dopo aver calcolato la portata cardiaca, è possibile calcolare le resistenze vascolari sistemica e polmonare: pressione arteriosa pressione venosa − media centrale resistenza vascolare sistemica = portata cardiaca
resistenza vascolare polmonare =
pressione arteriosa pressione atriale − sinistra polmonare media portata cardiaca
Calcolo degli shunt e dell’area valvolare Le saturazioni di ossigeno dell’emoglobina sono utilizzate per determinare la presenza di uno shunt intracardiaco. Si sospetta uno shunt sinistra-destra quando si nota una differenza > 6% tra la saturazione venosa mista e quella arteriosa polmonare. È possibile utilizzare una formula semplificata per il calcolo del rapporto di flusso tra i territori sistemico e polmonare, al fine di stimare l’entità di uno shunt sinistra-destra: QP (SAO2 - MVO 2 ) = (PVO 2 - PAO2 ) QS
Un rapporto di shunt inferiore a 1,5 denota la presenza di un piccolo shunt sinistradestra. Un rapporto superiore a 2 indica un ampio shunt sinistra-destra ed è considerato un elemento sufficiente a raccomandare la correzione del difetto. Misurazioni dirette della pressione possono anche essere utilizzate per calcolare l’area di un orifizio valvolare stenotico. Utilizzando misurazioni pressorie prossimali e distali alla valvola stenotica e una delle due formule sotto riportate, è possibile stimare l’area di una valvola aortica o mitralica stenotica. La formula di Gorlin è la seguente: A=
PC/(PRD o PES)(FC) 44,3C ∆P
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dove A è l’area valvolare (cm2), PC è la portata cardiaca (cm3/min), PRD è il periodo di riempimento diastolico (s/battito) per le aree valvolari mitraliche, PES è il periodo di eiezione sistolica (s/battito) per le aree valvolari aortiche, FC è la frequenza cardiaca (battiti/minuto), C è una costante empirica (0,85 per i calcoli sulla valvola mitralica) e DP è il gradiente pressorio. È disponibile anche una formula semplificata sviluppata da Hakki e collaboratori: A=
PC ∆P
ANGIOGRAFIA CORONARICA L’angiografia coronarica rimane la modalità diagnostica d’elezione per identificare la coronaropatia. L’angiografia fornisce una rappresentazione visiva delle strutture vascolari. Nel corso di un cateterismo cardiaco, il paziente viene posto in posizione supina sul lettino. All’estremità craniale vi è la sorgente di raggi X sotto il tavolo e l’intensificatore d’immagini, o un detettore digitale “a pannello piatto” nelle apparecchiature di ultima generazione, sopra il tavolo. Questi elementi si muovono appaiati ma in direzione opposta, permettendo di visualizzare le arterie coronarie e altre strutture vascolari in proiezioni multiple. L’orientamento è descritto dalla posizione del detettore in relazione al paziente. Nell’angolazione craniale il detettore è inclinato verso il capo del paziente, mentre in caso di angolazione caudale è flesso verso i piedi. Nella posizione obliqua anteriore destra (right anterior oblique, RAO), il detettore è inclinato sul lato destro del paziente, mentre nella posizione obliqua anteriore sinistra (left anterior oblique, LAO) è inclinato a sinistra. Per opacizzare le arterie coronarie si utilizza un mezzo di contrasto radio-opaco, iniettato selettivamente nelle coronarie mediante cateteri appositamente conformati. Inizialmente il cateterismo cardiaco veniva eseguito attraverso incisioni brachiali utilizzando un catetere singolo (Sones), che veniva manovrato in modo da imboccare entrambi gli osti coronarici, destro e sinistro, così come per la ventricolografia. Successivamente sono stati ideati numerosi cateteri preformati per incannulare le coronarie di destra e di sinistra (Fig. 7-2). I più utilizzati sono i cateteri Judkins destri e sinistri. Altri cateteri spesso utilizzati sono l’Amplatz destro o sinistro e cateteri multiuso. I cateteri vengono fatti avanzare dalla sede dell’accesso vascolare su una guida con punta a J da 0,89 mm fino all’aorta ascendente. I principi su cui si basa un’angiografia coronarica ottimale consistono nell’ottenere un allineamento coassiale di catetere e ostio coronarico, una piena opacizzazione del lume coronarico, assenza di vasi o altre strutture (cateteri, cerotti da ECG, fili ecc.) sovrapposti all’immagine coronarica, e un minimo di due proiezioni ortogonali per ciascun vaso, con minima distorsione.
Arteria coronaria sinistra L’arteria coronaria sinistra ha origine dal seno di Valsalva sinistro, vicino alla giunzione sinotubulare. L’arteria coronaria principale sinistra (left main, LM) si biforca dando origine all’arteria discendente anteriore sinistra (left anterior descending, LAD), che decorre nel solco interventricolare emettendo rami settali perforanti e diagonali che irrorano la parete laterale, e all’arteria circonflessa sinistra (left circumflex, LCX), che decorre nel solco atrioventricolare e genera rami marginali ottusi che irrorano le pareti laterale e posterolaterale. Il tronco comune può essere incannulato, nella maggioranza dei pazienti, con un catetere Judkins sinistro con curvatura di 4 cm (JL 4), facendo avanzare il catetere verso il basso da un punto appena distale rispetto alla giunzione sinotubulare e visualizzandolo secondo un’angolazione RAO o LAO. Il catetere JL 4 dovrebbe avanzare facilmente e la punta “salta” dopo aver oltrepassato il margine sino-
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JR 3.5
JL 3.5
JR 4
JR 4 ST
JL 4
AR I
AR I MOD
AL I
AL II
JR 4 MOD
JL 4.5
AR II
JR 5 MOD
JL 5
JR 5
JR 6
JL 6
AR II MOD AR III
AR MOD
AL III
FIGURA 7-2 Diagramma schematico che illustra i diversi cateteri Judkins e Amplatz per arterie coronarie destre e sinistre e le loro differenti misure.
tubulare, posizionandosi a livello dell’ostio del tronco comune. Nell’imaging del sistema coronarico sinistro, le immagini craniali visualizzano i segmenti medi e distali della LAD, mentre le immagini caudali evidenziano LM, LCX e segmenti prossimali della LAD; si utilizzano angolazioni RAO e LAO per ridurre al minimo la sovrapposizione e per una migliore visualizzazione di segmenti arteriosi specifici. È così possibile visualizzare tutta la LM e i segmenti prossimali di LAD e LCX, che irrorano oltre il 70% del miocardio. Le proiezioni RAO craniale e LAO craniale evidenziano bene la LAD media e distale, con un’angolazione laterale (LAO a 90°) per visualizzare una LAD che risulta sovrapposta in altre proiezioni tradizionali. Le proiezioni caudali RAO o LAO permettono di visualizzare la LCX, oltre alla LM e alla LAD prossimale.
Arteria coronaria destra L’arteria coronaria destra ha origine dal seno di Valsalva destro, vicino alla giunzione sinotubulare; tuttavia, la posizione del suo punto d’inizio può variare nell’ambito del
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seno. L’arteria decorre lungo il solco atrioventricolare (AV) verso la parete posteriore del ventricolo sinistro (VS), dove nell’85% dei casi dà luogo all’arteria discendente posteriore (posterior descending artery, PDA), che emette rami perforanti che irrorano il terzo basale e posteriore del setto, l’arteria del nodo AV e rami ventricolari sinistri posterolaterali (posterolateral left ventricular, PLLV). La dominanza delle arterie coronarie è ascritta al vaso da cui hanno origine PDA, PLLV e arteria del nodo AV. In un sistema dominante destro, partono dall’arteria coronaria destra, mentre in un sistema dominante sinistro originano dalla LCX. L’angolazione LAO craniale può essere usata per determinare facilmente se la LCX è dominante. L’arteria coronaria destra viene incannulata facendo avanzare un catetere Judkins destro con curva di 4 cm (JR 4) verso le cuspidi della valvola aortica. Ritirando delicatamente il catetere e mentre si effettua una rotazione oraria, la punta del catetere si rivolge anteriormente e permette di incannulare la coronaria destra. Le proiezioni RAO o LAO evidenziano le porzioni prossimali dell’arteria coronaria destra; tuttavia, la porzione distale, la biforcazione della PDA e i rami PLLV si visualizzano meglio con un’angolazione craniale. Nella Figura 7-3 sono illustrate schematizzazioni utili per valutare segmenti specifici di ciascuna arteria coronaria.
Graft per bypass coronarici I graft della vena safena e dell’arteria radiale originano per lo più dall’aorta ascendente. Occasionalmente, marker radiopachi vengono suturati vicino alla sede d’impianto, segnalando la loro localizzazione. I graft possono essere incannulati utilizzando un catetere JR 4. Vengono posizionati dalla porzione prossimale alla porzione distale, sull’aorta ascendente nel seguente ordine: graft all’arteria coronaria destra, graft alla LAD, 30° LAO, 30° Craniale oppure 30° RAO,15° Caudale oppure 30° RAO, 15° Craniale D
30° LAO, 20-30° Craniale oppure 20° RAO, 0-15° Caudale 30-60° LAO CONALE
A SN
LCA 30° RAO 15° Caudale
RV
RCA
S
LC PL V
S
S
D LA
LAO e RAO
D
20° LAO
OM
PLV PLV
AM PD A
30° RAO, 15-20° Caudale
30° LAO 20° Craniale
FIGURA 7-3 Rappresentazione schematica delle arterie coronarie destre e sinistre. Proiezioni approssimate su piano frontale e sagittale per la visualizzazione di varie porzioni delle arterie coronarie. D, rami diagonali; LAD, arteria discendente anteriore sinistra; LAO, posizione obliqua anteriore sinistra; LCA, arteria coronaria sinistra; LCX, arteria circonflessa; OM, marginale ottuso; PLV, rami postero-laterali; RAO, posizione obliqua anteriore destra; RCA, arteria coronaria destra; S, rami settali. (Da: Pepine CJ, Hill JA. Lambert CR. Coronary angiography. In: Pepine CJ, e. Diagnostic and Therapeutic Coronary Catheterization. 3rd e. Baltimora, MD: Lippincott Williams & Wilkins, 1998; riproduzione autorizzata).
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CAPITOLO 7
i diagonali, e graft ai rami marginali ottusi. I graft all’arteria coronaria destra o alla LCX vanno visualizzati in proiezione RAO caudale e LAO craniale; ciò permette di identificare facilmente i vasi nativi riforniti da ogni specifico graft. Anche le arterie mammarie interne, tipicamente la mammaria interna sinistra (left internal mammary artery, LIMA), sono utilizzate come graft per i bypass, spesso per la LAD. La LIMA origina anteriormente dalla porzione caudale della succlavia, distalmente all’origine dell’arteria vertebrale. Può essere incannulata per l’angiografia selettiva con un catetere JR 4 o con un catetere speciale per arteria mammaria. Dopo l’avanzamento del catetere verso l’arteria succlavia distale con guida con punta a J da 0,89 mm utilizzando una proiezione LAO, il catetere viene lentamente ritirato fino a che non penetra nell’arteria mammaria interna. Questa manovra viene eseguita in proiezione antero-posteriore. Il catetere preformato per l’arteria mammaria interna è spesso adatto per penetrare facilmente nella LIMA.
Ventricolografia sinistra La ventricolografia è eseguita quando è necessario determinare la funzione o la cinesi parietale del VS. Un catetere angolato (pigtail) viene fatto avanzare fino alla valvola aortica e spinto attraverso i lembi valvolari. Occasionalmente è necessario un filo guida diritto per facilitare il passaggio attraverso una valvola stenotica, ma questa procedura deve essere eseguita da un operatore esperto per il rischio di lesioni coronariche ed eventi embolici cerebrali. Una volta giunto nel VS, il catetere è posizionato in una sede stabile per evitare l’induzione di aritmie, inclusa la fibrillazione ventricolare. Il mezzo di contrasto (almeno 20 ml, meglio 30-40 ml) viene iniettato nel ventricolo mediante un iniettore automatico alla velocità di 10-15 ml/s e 450-600 psi. Una proiezione a 30° RAO permette la visualizzazione delle pareti anteriore e inferiore, oltre che dell’atrio sinistro. L’insufficienza mitralica viene valutata in base alla quantità di mezzo di contrasto visualizzato nell’atrio sinistro. Una proiezione LAO a 60° si utilizza per visualizzare le pareti settali e laterali, che risultano difficili da distinguere in proiezione RAO.
Aortografia L’aortografia è eseguita per visualizzare la radice aortica, l’aorta ascendente e l’origine dei grandi vasi. Una proiezione LAO di 30-45°, con orientamento craniale a 10° del detettore e con l’iniezione di 40-60 ml di mezzo di contrasto a 20 ml/s e 600 psi permette l’opacizzazione dell’aorta per valutare il rigurgito aortico, l’ampiezza della radice aortica e dell’aorta ascendente e l’origine dei grandi vasi. Può risultare utile la sottrazione digitale. Il paziente va istruito a trattenere il respiro durante la procedura, così da ridurre al minimo gli artefatti da movimento.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Il laboratorio emodinamico è un luogo in cui vengono eseguite procedure ponderate, tempestive e meticolose. Un’accurata preparazione del paziente e la scelta appropriata dei dispositivi sono essenziali per la buona riuscita. Prima di avviare una procedura, occorre essere certi che il laboratorio sia equipaggiato con tutti gli strumenti necessari per trattare eventuali complicanze. Per evitarle, sono estremamente importanti un uso attento di tutti i dispositivi intravascolari e il monitoraggio continuo della pressione arteriosa e dei tracciati elettrocardiografici. Con movimenti delicati, lenti e ben indirizzati del catetere si riesce di solito ad accedere al vaso desiderato; se ciò non avviene al primo tentativo, occorre riportare il catetere in posizione neutra e ripetere la manovra. Se non si riesce neppure dopo tre o quattro tentativi, è meglio sostituire
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Cateterismo cardiaco e angiografia coronarica
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il catetere con un altro di forma o curvatura diversa. Il mezzo di contrasto va limitato al minimo necessario per formulare la diagnosi. Non iniettare mai il mezzo di contrasto in un’arteria che mostra un’onda attenuata, perché si potrebbe causare una dissezione o, nel caso della coronaria destra, fibrillazione ventricolare. L’introduttore va aspirato e successivamente lavato con soluzione fisiologica eparinizzata dopo ogni cambio di catetere, per evitare la formazione di coaguli.
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