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CAPITOLO
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Il marketing nell’economia e nella gestione d’impresa
Obiettivi del capitolo • Inquadrare il concetto di marketing nell’insieme dei rapporti tra impresa e mercato. • Comprendere le fasi storiche dello sviluppo del marketing. • Definire gli obiettivi di marketing dell’impresa, partendo dal presupposto della customer satisfaction. • Considerare i diversi atteggiamenti che l’impresa può assumere in riferimento all’applicazione del concetto di marketing. • Individuare le aree di applicazione del marketing, anche al di fuori dell’economia dell’impresa. • Sottolineare come il valore per il cliente costituisca l’elemento aggregante del concetto e delle politiche di marketing delle imprese. • Attribuire al marketing un ruolo di rilievo a supporto del perseguimento di obiettivi di corporate sustainability.
Il marketing è “l’insieme delle conoscenze, delle competenze, delle attività e degli strumenti utilizzati dall’impresa ai fini della creazione di valore per i diversi stakeholder e per la società in generale attraverso la comprensione, la gestione e il controllo delle relazioni con il mercato”. Considerando questa definizione si comprende quanto sia importante per l’impresa agire considerando la centralità delle dinamiche di mercato. L’impresa, infatti, deve essere gestita partendo dalla considerazione che la soddisfazione dei clienti rappresenta un punto di riferimento indispensabile al successo delle sue iniziative. Dalla customer satisfaction derivano la capacità di ottenere un vantaggio sui concorrenti e la possibilità di raggiungere performance economiche positive. In funzione dei mercati in cui l’impresa opera possono esistere diversi atteggiamenti e orientamenti nei confronti dell’applicazione del concetto di marketing. Si parla di orientamento alla produzione, al prodotto, alle vendite e al mercato. L’importanza del marketing non si limita alla sola gestione delle imprese, ma la sua applicabilità investe tematiche e aree diverse: i settori no-profit, la cultura, gli aspetti
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sociali ecc. Alla guida delle decisioni di marketing vi è il concetto di valore per il cliente che presuppone un’attenta considerazione del ruolo attivo che può svolgere il cliente nella relazione con l’impresa. Inoltre, in un contesto in cui le risorse sono sempre più limitate, il marketing è chiamato a supportare il crescente orientamento delle imprese verso un approccio in chiave di sostenibilità attraverso il perseguimento contestuale della protezione ambientale, dell’equità e giustizia sociale e dello sviluppo economico.
1.1
Il concetto e le caratteristiche del marketing
Nessuna impresa può esistere senza clienti e senza un mercato. La finalità dell’impresa è infatti quella di “creare e mantenere i clienti”. Con questa espressione, coniata nel 1954 da Peter Drucker, uno dei padri fondatori delle discipline di management, e spesso richiamata a proposito dello scopo e delle finalità dell’impresa, si evidenzia la centralità di un rapporto solido e continuativo con il mercato e con i clienti. Il rapporto impresa-mercato è dunque vitale per l’impresa e il marketing, che tale rapporto interpreta e gestisce, è fondamentale per l’economia di qualsiasi impresa. Il marketing, inteso sia come logica di management sia come insieme di tecniche e di strumenti di gestione, consente all’impresa di analizzare i mercati, di formulare le decisioni più adeguate e di verificare i risultati che l’impresa ha ottenuto con le sue politiche di mercato. Le definizioni di marketing che negli anni sono state proposte dai diversi autori sono assai numerose e qualificano, sottolineandone vari e differenti aspetti, la multiformità della disciplina. Una definizione abbastanza ampia, e pertanto sufficientemente completa, dalla quale partire può essere la seguente: «per marketing s’intende l’insieme delle conoscenze, delle competenze, delle attività e degli strumenti utilizzati dall’impresa ai fini della creazione di valore per i diversi stakeholder e per la società in generale attraverso la comprensione, la gestione e il controllo delle relazioni con il mercato». Tale definizione richiama alla mente alcuni concetti base, intorno ai quali si sviluppa questo libro. •
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Marketing è un orientamento complessivo dell’impresa, prima ancora di essere un insieme di tecniche e di strumenti. In modo forse un po’ aulico, alcuni si sono espressi in termini di “filosofia di marketing”. Il richiamo alla filosofia evoca, comunque, l’ampiezza del territorio disciplinare e, soprattutto, sottolinea l’accezione che il marketing è una logica d’impresa in grado di orientarne le attività al mercato in modo completo e consapevole. Marketing non è quindi unicamente una funzione organizzativa e l’orientamento al mercato non deve essere limitato solo a quelle componenti dell’impresa che sono maggiormente a diretto contatto con il mercato stesso. È semmai opportuno che tutta l’impresa condivida la necessità di svolgere le diverse attività e operazioni avendo nel mercato e nelle sue esigenze il punto di riferimento principale. Il marketing è una disciplina d’impresa con connotati e caratteristiche d’intensa interdisciplinarità. Per gestire le relazioni di mercato è indispensabile conoscere
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innanzitutto l’economia, e in particolare l’economia d’azienda e d’impresa, ma risultano altrettanto utili conoscenze in campo sociologico e psicologico, oltre a quelle concernenti gli aspetti quantitativi, dalla statistica all’informatica, e infine gli elementi relativi al contesto ambientale: la storia economica, la politica, il diritto ecc. I fenomeni che caratterizzano i mercati sono così complessi che non possono essere compresi e interpretati avendo come unico riferimento una sola disciplina. E, ancor meno, ancorandosi alle conoscenze e alle competenze del passato. Marketing significa anche interpretazione dei fenomeni e dei cambiamenti sociali, per la cui comprensione sono necessarie conoscenze e sensibilità adeguate. Quando si parla di “insieme di competenze, conoscenze, attività e strumenti” si fa esplicito riferimento alla suddivisione delle azioni di marketing in due componenti: la prima di carattere conoscitivo, volta soprattutto all’individuazione e alla comprensione analitica delle caratteristiche dell’ambiente e del mercato in cui l’impresa opera; la seconda di tipo strategico e operativo nella quale vengono predisposte le decisioni e i metodi atti al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il mercato è il punto di riferimento dell’attività dell’impresa ed è costituito da un insieme d’attori – i clienti, gli intermediari, i concorrenti ecc. – con i quali l’impresa sviluppa una serie di relazioni. Gestire il mercato significa allora, in primo luogo, gestire le relazioni tra gli attori che lo compongono. Tra queste, assumono un rilievo particolare quelle con i clienti. La capacità di gestire al meglio le relazioni di mercato consente all’impresa di ottenere un vantaggio concorrenziale ed è elemento determinante di un migliore risultato economico. Le relazioni intrattenute con i clienti assumono un peso maggiore nei mercati caratterizzati da un forte grado di concorrenza. Ciò comporta una continua relatività nel modo con cui si sviluppa il marketing dell’impresa. Relatività significa che non vi può essere un’attività di marketing ottima o pessima in assoluto ma, piuttosto, migliore o peggiore rispetto a quella attuata dai concorrenti. Il rilievo dato alla concorrenza nelle decisioni di marketing focalizza l’attenzione sulle diverse forme di mercato e sulle caratteristiche strutturali e di comportamento del mercato e del settore in cui opera l’impresa. Solo riferendosi alle caratteristiche del settore, infatti, l’impresa può comprendere quali possono essere le modalità più idonee e vantaggiose per ottenere un vantaggio competitivo. Una gestione approfondita e appropriata delle relazioni di mercato si basa sulla conoscenza, oltre che del mercato, anche delle caratteristiche, delle capacità e delle potenzialità dell’impresa. Elemento fondamentale della logica di marketing è quindi la conoscenza dell’impresa e la presa di coscienza di quanto essa sia in grado di produrre, sul piano manageriale, tecnologico, finanziario, delle risorse umane e così via. Le decisioni di marketing possono essere classificate in base alla rilevanza, alla quale spesso si collegano difficoltà e rischio. Per consuetudine, si distingue tra marketing strategico e marketing operativo, volendo in generale comprendere nella parte strategica le decisioni, il cui impatto si ripercuote nel lungo periodo e dalla cui correttezza può dipendere il successo o l’insuccesso dell’impresa. Al marketing operativo spetta, invece, il compito d’attuare le decisioni prese a livello strategico utilizzando nel modo più appropriato, gli strumenti e le tecniche di
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marketing, il cosiddetto marketing mix. La distinzione tra strategico e operativo non deve però sottostimare l’importanza del marketing operativo, cioè della fase esecutiva delle decisioni. Infatti, anche le migliori strategie falliscono se non si è in grado di tramutarle in azioni efficaci. La relazione con il mercato va impostata e condotta con grande continuità. Il successo dell’impresa, infatti, dipende primariamente da due componenti: anzitutto un posizionamento distintivo che consenta all’offerta dell’impresa di rispondere con attenzione e soddisfare adeguatamente le esigenze dei clienti, meglio di quanto possano proporre i concorrenti; contemporaneamente l’offerta deve essere caratterizzata da eccellenza esecutiva nella quotidianità delle relazioni con il mercato, in assenza della quale anche il miglior posizionamento non genera risultati positivi Obiettivo ultimo del marketing è la gestione dei processi di generazione di valore non solo per il cliente e l’impresa stessa ma per tutti gli stakeholder di riferimento fino a comprendere la società nel suo complesso. Lo spostamento dell’attenzione dall’output dell’attività dell’impresa, tipicamente il prodotto o il servizio, al valore a esso connesso legato alla progettazione e realizzazione, distribuzione, acquisto, uso e dismissione costituisce uno dei temi di maggiore attualità con i quali le imprese e in particolare i marketing manager si stanno confrontando. Marketing è esercizio di metodo e di rigore e, al contempo, di inventiva e di creatività. Il metodo e il rigore devono guidare lo svolgimento del processo di marketing. Le analisi devono essere compiute conoscendo i metodi che si possono applicare, le decisioni si devono fondare su un accurato confronto tra le alternative praticabili, il controllo dei risultati ottenuti deve utilizzare tutte le strumentazioni idonee alle verifiche necessarie. Ma, nello stesso tempo, marketing è anche esercizio di creatività e di inventiva. Saper leggere e re-interpretare il mercato, i consumatori e le loro esigenze, individuare i modi migliori e diversi per soddisfare i clienti, saper anticipare le mosse dei concorrenti ecc. sono attività che necessitano intuito che, se adeguatamente associato al rigore d’analisi e di decisione, può condurre a risultati di ordine superiore. Metodo e rigore devono accompagnare tutte le attività di marketing, non solo sul piano delle tecniche e delle loro applicazioni. In primo luogo il rigore deve pervadere i comportamenti dell’impresa nei confronti del mercato e deve accompagnarsi all’equilibrio e alla correttezza. Le leve su cui può contare il marketing sono numerose e fortemente pervasive. Il rischio di eccedere, di trascurare gli interessi del cliente e, con essi, quelli dell’impresa, la tentazione di promettere più di quanto sia possibile mantenere, gli eccessi nei messaggi di comunicazione, la tentazione di perseguire falsi riferimenti e di cercare di suggerire comportamenti eticamente discutibili sono sempre in agguato. Il marketing deve essere anzitutto responsabile e operare nella logica della sostenibilità perché solo in questo modo può generare una condizione positiva per il mercato e per l’impresa. La perdita di questi riferimenti fondamentali genera condizioni negative che, prima o poi, ricadono su chi le ha promosse e determinano il fallimento di qualsiasi proposta al mercato. Il tema, qui solo accennato, riguarda l’etica di marketing, da inquadrarsi nel più ampio e complesso argomento dell’etica economica e d’impresa.
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1.2 L’evoluzione del pensiero e della pratica di marketing Non è facile definire con precisione una data cui fare riferimento quale inizio della disciplina del marketing. Come ogni attività umana, anche il marketing è il frutto di una continua evoluzione che si è probabilmente manifestata in epoche antiche, anche se in modi ovviamente diversi da quelli ai quali siamo oggi abituati. La stessa parola marketing (da “to market”: portare al mercato) evoca la stretta vicinanza tra il marketing e i commerci e la considerazione che il marketing è logicamente collegato con le attività e con le relazioni di scambio. In effetti, fin dagli inizi della storia dell’uomo si sono svolti processi di scambio, prima sotto forma di baratto e poi con l’introduzione della moneta, in modo simile a quanto avviene oggi. L’utilizzo di alcuni tipici strumenti di marketing, quale la pubblicità, è di facile riscontro ai tempi della civiltà greca e romana e poi in modo crescente nel Medioevo, durante il Rinascimento e, soprattutto, nell’epoca dei grandi viaggiatori e dei mercanti. Ma è con la Rivoluzione Industriale e la nascita delle prime imprese modernamente organizzate che s’intravedono le forme iniziali di un orientamento al marketing, anche se ancora poco strutturate. Le prime forme codificate di marketing, sia sul piano applicativo sia su quello teorico, apparvero negli Stati Uniti agli inizi del Novecento e si compirono in modo più puntuale negli anni Trenta. Il riferimento è strettamente legato all’affermazione delle tecniche di produzione di massa favorite da un costante eccesso di domanda rispetto all’offerta, a sua volta determinato dai continui incrementi di reddito disponibile. La rappresentazione tipica del lavoro d’impresa di quegli anni è codificata nei paradigmi dell’organizzazione del lavoro di stampo tayloristico. Con l’avvento delle tecniche di produzione di massa i problemi di produzione erano, almeno in parte, risolti; ma le tecniche produttive adottate generavano prodotti molto standardizzati, quindi in gran parte uguali tra loro, che non sempre incontravano i gusti dei clienti. Per questo motivo diveniva necessario riorientare il processo produzione-consumo, garantendo al consumo, e quindi al mercato, un ruolo di maggiore rilievo. Fu infatti in quel periodo che le imprese, nel difficile tentativo di risollevarsi dalle condizioni negative determinate dalla Grande Crisi del 1929, iniziarono a interrogarsi su come rivitalizzare il loro rapporto con il mercato. Non bastava più, infatti, produrre per poter collocare i prodotti sul mercato; era necessario, in primo luogo, individuare le necessità presenti nei mercati, per poi dare inizio alla fase produttiva. Le prime concettualizzazioni teoriche a cui si possono riferire gli studi di marketing sono rinvenibili nella “Teoria della concorrenza monopolistica” di E. Chamberlin (1936). Dopo aver individuato nella concorrenza monopolistica la via intermedia tra monopolio e concorrenza perfetta, Chamberlin cita in modo esplicito alcune leve di marketing (“le spese di vendita e, in particolare, la pubblicità”), come una modalità con cui l’impresa può ottenere e consolidare una condizione di vantaggio sui concorrenti. Il richiamo concettuale alle condizioni di concorrenza monopolistica è essenziale per il marketing, il quale, infatti, si sviluppa in modo completo in ambienti economici dove la concorrenza tra imprese è molto forte. Inoltre tra le finalità del marketing vi è in posizione primaria la capacità di generare condizioni d’isolamento monopolistico, quindi di un vantaggio concorrenziale.
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Caratteristica comune dei primi studi riconducibili al marketing è l’attenzione posta da un lato alle dimensioni economiche e sociali, quindi di ordine molto generale, e dall’altro agli aspetti prettamente tecnici e strumentali, spesso collegati alla distribuzione delle merci. Bisognerà aspettare gli anni Sessanta perché il marketing assuma una connotazione di tipo manageriale, simile a quella che oggi conosciamo, fondata sui principi dell’analisi, pianificazione e controllo delle attività. Si sostanzia la possibilità di definire principi normativi e regole di comportamento che si concretizzano nella pianificazione delle attività e nell’assunzione di decisioni razionali. Il marketing diviene il campo di intervento deputato alla differenziazione dell’offerta e il marketing mix costituisce l’insieme degli strumenti che la possono attuare. In Italia il marketing è giunto qualche anno dopo. Un ritardo che non è certo da imputare a una presunta miopia delle imprese italiane, quanto al fatto che lo sviluppo industriale italiano, dopo i primi tentativi di inizio Novecento, si è in parte interrotto durante gli anni dell’autarchia, del fascismo e dei conflitti mondiali. Solo nei primi anni Sessanta ci si pose il problema di come gestire le relazioni con il mercato, né più né meno di come se l’erano poste, anni prima, le imprese statunitensi. In realtà la struttura del sistema industriale italiano, allora come oggi, non ha favorito l’applicazione di una logica manageriale. La posizione di “comando intuitivo” di molti degli imprenditori degli anni Sessanta tendeva a privilegiare logiche gestionali basate sull’interpretazione individuale dei mercati (in molti casi, comunque, di successo), piuttosto che affidarsi a una disciplina (il marketing) che appariva di “importazione” e scarsamente idonea a comprendere e a gestire i mercati e le imprese italiane. Inoltre lo sviluppo vorticoso della domanda degli anni Sessanta, che coincise con gli anni del boom economico, garantì a molte imprese un periodo di intensa crescita, in una situazione del tutto indipendente dall’applicazione, più o meno cosciente, di logiche gestionali di tipo manageriale. In compenso, però, le imprese italiane si avvicinarono al marketing potendo approfittare dell’esperienza già sviluppata in altri contesti: alcune imprese multinazionali avevano, infatti, iniziato a considerare l’Italia come uno dei mercati di sbocco delle loro produzioni e, di conseguenza, applicarono in Italia le stesse tecniche di marketing già sperimentate con successo nei loro paesi d’origine. In Italia, comunque, il concetto e l’applicazione del marketing non si inserirono in maniera acritica nell’insieme delle conoscenze di gestione d’impresa. Al contrario, il contributo degli studiosi italiani e, più in generale, europei è stato assai significativo, in particolare su due versanti. Da un lato, il marketing si inserì, e ne ha goduto gli effetti positivi, nel contesto degli studi dell’economia d’azienda, in particolare usufruendo appieno della concezione sistemica dell’impresa, che si applica in modo puntuale all’idea di un marketing con forti connotati interdisciplinari. Dall’altro, il marketing si è arricchito e completato con gli studi d’economia industriale e con le analisi dei settori tra i quali primeggia quello distributivo e lo studio dei rapporti industria-distribuzione. Il risultato è che il marketing in Italia non è la banale trasposizione di studi e di ricerche altrui, ma è forte di una rilevante dose d’originalità e d’autonomia concettuale. Il dibattito sulla natura e sulle caratteristiche del marketing in Italia è, comunque, ancora in corso. Ci si domanda, infatti e giustamente, come siano riuscite molte imprese italiane a ottenere successi così vistosi e in tanti diversi settori (dalla moda al design, alle macchine utensili, all’arredamento, ai prodotti alimentari ecc.) tanto nei
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mercati nazionali quanto a livello internazionale senza applicare in maniera esplicita le logiche codificate di marketing. L’affermazione di molte imprese italiane nel mondo, lo sviluppo delle logiche network alla base dei distretti industriali, le capacità di adattamento continuo tipiche delle imprese di piccole e medie dimensioni testimoniano l’esistenza di un “marketing all’italiana” che, forse, avrebbe solo bisogno di una maggiore presa di coscienza da parte degli imprenditori e dei manager e di un po’ di “promozione del marketing italiano” per affermarsi compiutamente a livello internazionale, sia nella prassi delle imprese, sia negli ambiti teorici. La rilettura e le nuove concettualizzazioni del marketing, d’altra parte, sono numerose e continue e alimentano un fecondo dibattito tra gli studiosi. È questo, in un certo senso, il destino di una disciplina che per sua naturale collocazione deve incessantemente tener conto delle evoluzioni che si registrano nei mercati e nelle imprese, particolarmente intense soprattutto negli anni più recenti.
1.3 Presupposti e obiettivi di marketing Il marketing si fonda su un ampio insieme di presupposti. Alcuni di questi sono a ragione considerati dei punti di riferimento indiscussi, quasi degli assiomi fondanti il concetto di marketing. Il primo presupposto è legato alla domanda che si origina dai consumatori e dai clienti. Man mano che si consolidano esigenze più elevate, bisogni più intensi e personalizzati, diventa maggiore la necessità per l’impresa di affinare le sue capacità di lettura e di interpretazione del mercato e, in parallelo, di generare elementi di differenziazione concorrenziale volti all’incremento del valore per il cliente. Il secondo elemento è la concorrenza. È già stato evidenziato come esista una correlazione positiva tra intensità e dinamismo concorrenziale e fabbisogno di marketing. Nei settori caratterizzati da una elevata intensità competitiva, l’utilizzo di una logica di gestione guidata dal marketing tende a essere indispensabile e, molto spesso, le attività di marketing risultano anche molto visibili. Continuo lancio di nuovi prodotti o di nuove proposte commerciali, intense campagne promozionali e pubblicitarie, ricorso a ricerche di mercato di tipo continuativo, sono solo alcune delle manifestazioni che tipicamente si osservano nei settori molto concorrenziali. Ma non è detto che situazioni contrarie determinino la negazione dell’importanza del marketing. Anzi, proprio in presenza di condizioni concorrenziali statiche e in apparenza bloccate si possono generare le condizioni affinché una nuova e diversa lettura dei mercati possa determinare una forza innovativa, di cambiamento e di migliore interpretazione dei mercati. Si tratta di un marketing latente, ma non per questo meno importante. Un ulteriore presupposto è rintracciabile nella presenza di continue condizioni che provocano situazioni di cambiamento. Il cambiamento è uno dei fattori di maggiore stimolo allo sviluppo del marketing. Questo è vero soprattutto qualora si determinino situazioni congiunte di cambiamento sia sul lato delle imprese, sia su quello dei mercati. E poiché il marketing si colloca come una sorta di trait d’union relazionale tra impresa e mercato, è naturale che, quando l’ambiente di mercato da un lato e il sistema d’impresa dall’altro sono soggetti a forti elementi di natura evolutiva, i punti di contatto abbiano un’importanza particolare e il loro utilizzo sia maggiore, pena la rottura della relazione.
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Anche in questo caso, però, è necessario relativizzare il discorso. Ciò che conta non è tanto l’esistenza del cambiamento in sé, ma piuttosto il fatto che il cambiamento determini il rischio di un sostanziale allontanamento tra impresa e mercato. In tutto ciò, in un’ottica anche di natura prospettica, si situa il concetto di finestre strategiche. Le finestre strategiche possono essere considerate come le opportunità “visibili”, ma di breve durata, che si presentano all’impresa, la quale deve essere nelle condizioni di poterle cogliere. Se così non accade, le finestre si chiudono e risulta difficile forzare l’ambiente alla ricerca di nuove opportunità. Se, inoltre, i concorrenti colgono l’occasione derivante dall’apertura di una finestra strategica, l’immobilismo dell’impresa trasforma un’opportunità del passato in una minaccia del presente e del futuro. L’emergere di finestre strategiche può essere principalmente ricondotto a tre fattori: • •
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i consumatori, intendendo soprattutto i loro comportamenti d’acquisto e di consumo oltre che l’evolversi dei gusti e delle esigenze espresse dal mercato; la tecnologia, sia di prodotto sia di processo, elemento determinante del potenziale innovativo, che si può tradurre in nuovi prodotti e in più efficienti ed efficaci processi produttivi; l’evoluzione del sistema distributivo che, a vario titolo e con peso differente, incide sulla vicinanza tra domanda e offerta e sulle possibilità di definire e trasferire valore economico al cliente.
In sintesi, i presupposti del marketing determinano una forte presa di coscienza, da parte dell’impresa, sulla necessità di un intenso orientamento al mercato e sono riassumibili nelle condizioni di incertezza, instabilità e complessità. Come si avrà modo di argomentare nei capitoli successivi, tanto più l’ambiente che circonda l’impresa è incerto, instabile e complesso, tanto maggiore è la necessità di analizzarlo, conoscerlo e di agire, in senso strategico e operativo, per posizionare al meglio l’offerta dell’impresa sul mercato cercando di ottenere le migliori performance possibili. È questa la sintesi, ancorché non esaustiva, dei compiti del marketing. Ben si capisce da queste ultime parole quanto esso sia importante per l’impresa e per il mercato, a condizione, naturalmente, che l’impostazione della politica di marketing sia subordinata a condizioni di responsabilità e di correttezza e che coloro che agiscono sulle leve di marketing sappiano far leva sulle conoscenze, sul metodo, sulle idee, sull’originalità delle proposte al mercato, sulla creatività ecc. Si è detto che il marketing, in quanto logica di gestione e di funzionamento dell’impresa e in quanto insieme di strumenti, si colloca in una posizione centrale nell’ambito dei processi decisionali e manageriali delle imprese moderne. Questo assunto dovrebbe chiarire che non vi può essere differenza tra obiettivi d’impresa e obiettivi di marketing. Come abbiamo visto, obiettivo prioritario della gestione marketing è quello di generare valore per il cliente e per l’impresa. E poiché ci troviamo in un ambito economico, il valore generato è in primis “valore economico”. La coincidenza di obiettivi tra marketing e impresa è più che evidente. Ogni disciplina, comunque, tende ad articolare i propri obiettivi in termini più specifici perché, così facendo, si riescono a cogliere alcune particolarità che altrimenti rimarrebbero celate. Anche per il marketing si evidenziano alcuni obiettivi particolari, pur se tutti riconducibili all’obiettivo primario della generazione di valore. L’orien-
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tamento al marketing nelle decisioni d’impresa contribuisce alla generazione di valore, evidenziando l’esistenza di tre obiettivi specifici: • • •
la ricerca continua della soddisfazione del cliente; l’ottenimento di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile; il perseguimento della redditività di lungo periodo.
L’obiettivo della soddisfazione del cliente è fortemente connesso con lo stesso concetto di marketing e si manifesta tramite uno sforzo continuo per l’impresa affinché tutte le sue decisioni considerino come prioritario l’ottenimento di elevati livelli di customer satisfaction. La soddisfazione del cliente è il punto d’avvio per ottenere un’elevata performance d’impresa. Numerose ricerche realizzate in tempi differenti e in diversi contesti settoriali e d’impresa, testimoniano infatti l’esistenza di una correlazione positiva tra customer satisfaction e business performance. In particolare, si è evidenziato che superiori livelli di customer satisfaction determinano, per le imprese che li ottengono, un maggiore ritorno sul capitale investito (ROI) e un più elevato tasso di crescita della quota di mercato. Le evidenze quantitative presentate in Figura 1.1 sono inconfutabili: l’impresa i cui clienti sono soddisfatti esprime una performance superiore sia in termini di redditività sia di continuo miglioramento della quota di mercato. Naturalmente questa considerazione va mediata anche da altri elementi non compresi in quanto evidenziato nella Figura 1.1: il settore in cui opera l’impresa, il livello di investimenti necessari al suo buon funzionamento, il dinamismo della domanda, il potere contrattuale e negoziale dei clienti e dei fornitori ecc. sono tutti fattori che possono, intersecandosi tra loro, incidere sulle performance dell’impresa. Di questi fattori parleremo nel corso del libro, nei vari capitoli che seguono, ma il riferimento alla customer satisfaction deve rimanere come un elemento indiscutibile nella corretta concezione ed esecuzione del marketing management.
12 Reddittività 1
Tasso di crescita annuo della quota di mercato
6
-2
Clienti soddisfatti
Clienti non soddisfatti
Figura 1.1 Relazione tra livello di customer satisfaction, redditività (ROI) e impatto sulla quota di mercato.
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La correlazione tra customer satisfaction e performance d’impresa è semplice da spiegare sul piano logico. Se l’impresa riesce a soddisfare i suoi clienti ottiene maggiori volumi di vendita, a costi minori e a prezzi superiori. S’innesca infatti un meccanismo cognitivo e affettivo nel cliente, che si affiderà all’impresa dalla quale ha ottenuto risposte positive alle sue esigenze e sarà pertanto disposto anche a pagare un prezzo superiore rispetto a quello di un concorrente che invece non è stato altrettanto orientato alla ricerca della soddisfazione dei suoi clienti. Il cliente riconosce infatti che, oltre al prodotto in sé, sta acquisendo una garanzia di risultato positivo e per questo motivo è disposto a pagare un prezzo più elevato. L’impresa, inoltre, non deve dispiegare tutte le sue capacità d’offerta per convincere il cliente all’acquisto; di conseguenza, i costi che deve sopportare sono più contenuti. L’esistenza di prezzi relativamente più alti e di costi più bassi, oltre alla possibilità di generare maggiori volumi di vendita nel lungo periodo (per effetto di elevati tassi di riacquisto), generano una maggiore redditività. Effetti altrettanto positivi sulla crescita continua dell’impresa sono ascrivibili alla customer satisfaction. Anzitutto, un cliente soddisfatto induce l’impresa a ricercare in modo continuo ulteriori modalità per poterne soddisfare le esigenze. Poiché le esigenze dei consumatori sono in costante evoluzione, l’impresa è indotta a perseguire una logica di innovazione e di differenziazione continua dell’offerta. In questo processo l’impresa è spesso aiutata dai suoi stessi clienti che, in modi e con intensità diversi, “consigliano” l’impresa a percorrere determinate vie di differenziazione e di innovazione. Un ulteriore vantaggio che l’impresa ottiene dai suoi clienti soddisfatti è legato ai processi di comunicazione. Il cliente condivide con altre persone le esperienze d’acquisto e di consumo e se queste sono positive, convince facilmente altri consumatori alla prova. Si tratta di una comunicazione, chiamata in termini tecnici wordof-mouth o passaparola, estremamente efficace perché molto credibile e molto efficiente, in quanto a costo nullo per l’impresa. Inoltre, un cliente soddisfatto si forma un’opinione e un’immagine positiva dell’impresa che va al di là dello specifico prodotto. L’immagine positiva trascende le specificità dell’esperienza e consente una più facile accettazione di prodotti nuovi e diversi, offerti dalla stessa impresa. Questo meccanismo genera la cosiddetta “estensione della fiducia”, che può aiutare l’impresa nei suoi processi innovativi consentendole di lanciare nuovi prodotti e di operare in nuovi territori di business e in nuovi mercati. Grazie a tutti questi fattori, comunque dipendenti dalla soddisfazione del cliente, l’impresa può crescere e, come noto, la crescita è una componente fondamentale della performance complessiva d’impresa. Quanto migliore è la performance dell’impresa generata dalla sommatoria degli effetti positivi sulla redditività e sulla crescita, tanto più elevato è il valore economico dell’impresa stessa. Non a caso, molto spesso si ritiene opportuno stimare il valore dell’impresa partendo da una valutazione del livello di customer satisfaction, e dal correlato effetto di customer retention e customer loyalty, cioè la sua capacità di trattenere i clienti, fidelizzandoli. Gli altri due obiettivi dell’orientamento dell’impresa al marketing – ottenimento di un vantaggio competitivo ed elevati livelli di redditività – sono da considerarsi implicitamente raggiunti nel momento in cui si persegue in modo corretto l’obiettivo della customer satisfaction.
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Infatti, un’elevata customer satisfaction genera maggiori profitti, quindi si raggiunge l’obiettivo di redditività, e una maggiore capacità di crescita dell’impresa sul mercato, quindi un’evidente misura delle capacità di acquisire e mantenere una favorevole posizione concorrenziale. Nelle prassi d’impresa è bene che questi obiettivi siano chiaramente esplicitati e perseguiti con determinazione, anche perché rappresentano una misura indiscutibile dell’efficacia dell’azione di marketing. L’esistenza di una così evidente correlazione positiva tra customer satisfaction e performance d’impresa aiuta l’impresa a orientarsi al mercato e al cliente. Inoltre, le misure della customer satisfaction, pur precise sul piano del metodo, sono spesso oggetto di interpretazioni soggettive da parte degli imprenditori e dei manager. Soggettività di interpretazione che, invece, non riguarda i dati di redditività e di quota di mercato che sono, nella maggior parte dei casi, considerati i fattori quantitativi più affidabili per poter giudicare della salute di un’impresa. Mentre la soddisfazione del cliente, pur misurabile con una certa sicurezza, può essere considerata come un obiettivo in parte qualitativo, crescita e profitto sono, senza dubbio, quantitativi. Poter disporre di un obiettivo chiaramente quantificabile aiuta l’impresa nel suo percorso di generazione di valore economico e facilita l’accettazione e la diffusione di un orientamento complessivo al mercato.
1.4 Diversi orientamenti e applicazione del concetto di marketing Nelle pagine precedenti si è sostenuto che il ruolo principale del marketing è di consentire e sviluppare in modo continuo le relazioni tra imprese e ambiente di mercato. Tali relazioni si svolgono tra due organismi, l’impresa e il mercato, entrambi “viventi”, cioè che manifestano continui segni di vitalità e di dinamismo. Da questa osservazione derivano due importanti conseguenze: la prima è che il marketing è sempre una funzione molto attiva perché solo in presenza di una forte capacità d’adattamento può assolvere il compito di mantenere il collegamento tra l’impresa e il mercato, soprattutto quando si manifesta un intenso dinamismo. La seconda conseguenza riguarda il fatto che non può esistere un solo tipo di marketing. La sua caratterizzazione, in termini di strumenti che lo compongono e di intensità di utilizzo delle leve di marketing, deve infatti adattarsi alle peculiarità dell’impresa e del mercato. Infatti, osservando i comportamenti delle imprese è possibile rilevare che non tutte manifestano il medesimo atteggiamento nei confronti del mercato. Di solito, si distinguono quattro tipi di orientamento nella gestione dei rapporti di mercato. 1.
2.
L’orientamento alla produzione è tipico delle relazioni di mercato molto statiche, dove l’intensità della concorrenza è minima e le esigenze della domanda non risultano particolarmente evolute e sofisticate. In questi casi, il successo dell’impresa è soprattutto legato all’ottenimento di elevati livelli d’efficienza tecnica e organizzativa e alla conseguente capacità di ridurre costi e prezzi. L’orientamento al prodotto si riscontra quando gli aspetti tecnici e di performance del prodotto tendono a prevalere e si verifica allorché il cliente è in grado di comparare i diversi prodotti e, soprattutto, quando è interessato a ottenere livelli
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4.
Capitolo 1
adeguati di qualità. Di conseguenza, l’impresa tende a concentrarsi sul continuo miglioramento del prodotto, sulle innovazioni di prodotto, sull’adeguamento dei processi produttivi e così via. Nell’orientamento alla vendita si osserva la presenza di una struttura commerciale e di vendita molto ampia, con notevoli investimenti in attività di promozione delle vendite. Tale situazione si verifica nei mercati caratterizzati da ampi volumi, premiati dall’esistenza di economie di dimensione, e nei quali il mantenimento di elevati e sempre crescenti livelli di vendita rappresenta la condizione di successo dell’impresa. L’orientamento al mercato è il più completo e le imprese che lo adottano si avvalgono di tutte le loro capacità d’analisi e di gestione delle relazioni di mercato. L’orientamento al mercato è presente proprio nelle imprese operanti in settori caratterizzati da una concorrenza molto intensa e dinamica, che si confrontano con una domanda molto sofisticata ed esigente. Il successo concorrenziale in questi casi può essere raggiunto solo cercando di comprendere al meglio le esigenze dei clienti e di adeguare l’offerta alle mutevoli necessità della domanda, differenziandola nella logica dell’adattamento continuo fino al limite della personalizzazione.
I diversi atteggiamenti e orientamenti non devono indurre a formulare giudizi di valori per cui, per esempio, l’orientamento al mercato è sempre e comunque positivo e quello alla produzione e al prodotto è necessariamente indicativo di una miopia di marketing. Il ricorso alle logiche e agli strumenti di marketing deve essere infatti contestualizzato alle condizioni dei mercati per cui in alcuni ambiti possono essere preferibili certi orientamenti piuttosto che altri. I quattro orientamenti ora definiti attribuiscono al marketing ruoli e importanza differenti. Queste diversità trovano un immediato riscontro sia nei processi decisionali dell’impresa, sia nelle strutture e nei processi organizzativi. Per quanto attiene i processi decisionali, è naturale pensare che, nelle imprese orientate al mercato, il marketing sia la funzione aziendale guida delle decisioni d’impresa. Negli altri orientamenti, il marketing è spesso meno visibile, pur mantenendo il suo grado d’importanza. Si noti, infatti, che anche nell’orientamento alla produzione, dove la rilevanza del marketing parrebbe minore, il successo dell’impresa è comunque legato alla comprensione dei fattori che caratterizzano le esigenze della domanda e il comportamento dei concorrenti. Le capacità interpretative proprie del marketing risultano quindi in ugual modo importanti. Riguardo gli aspetti organizzativi, è facile osservare che, nelle imprese più orientate al mercato, la funzione marketing è più importante per dimensioni, in termini di numero di persone e di qualificazione professionale, mentre sul piano organizzativo è collocata molto vicino al vertice aziendale. L’importanza del mercato e le necessità di rendere conformi i comportamenti dell’intera impresa alle esigenze del mercato orientano e determinano infatti il modo in cui l’impresa si organizza.
1.5
Ampliamento e diffusione del marketing
Il concetto e le finalità del marketing sono di così ampia portata che nel tempo hanno trovato applicazione in campi sempre più estesi.
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Questo percorso si è prima concentrato nella ricerca degli elementi peculiari e di differenziazione dell’applicazione del marketing in diversi settori delle attività d’impresa. Si è così sviluppato il business marketing, intendendo con quest’espressione la gestione delle relazioni nei mercati formati da altre imprese e non dai consumatori finali. In modo parallelo, grande impulso ha avuto l’applicazione del marketing nel settore dei servizi. Negli anni, sia il business marketing sia il marketing dei servizi, pur rifacendosi alle comuni radici del concetto generale di marketing, hanno approfondito e specializzato il loro specifico campo conoscitivo a tal punto che oggi possono essere considerati come discipline in parte autonome e fondate su elementi concettuali originali e di tutto rilievo. Un altro filone di primaria importanza riguarda la gestione dei rapporti di canale e le relazioni tra industria e distribuzione. Soprattutto negli ultimi decenni, a motivo dell’accresciuta importanza dell’intermediazione commerciale, si è reso necessario lo sviluppo di logiche e tecniche originali per gestire la relazione con la distribuzione. Questi temi rientrano nel cosiddetto ambito del trade marketing. Infine, sempre restando nel campo dell’impresa, un’area di specializzazione di grande importanza riguarda il marketing internazionale, indispensabile supporto metodologico e di conoscenza per le imprese che operano nei mercati internazionali. All’ampliamento di campi applicativi del marketing ha fatto riscontro un ingente interesse per gli aspetti specialistici di cui si compone il processo di marketing. Notevoli studi e ricerche hanno riguardato il comportamento del consumatore, l’analisi della concorrenza, le ricerche di marketing e il sistema informativo e le varie componenti del marketing mix, dal prodotto al prezzo, dalle reti di vendita alla comunicazione di marketing, alla pubblicità ecc. Tutti questi ampliamenti e approfondimenti hanno comunque un riferimento comune fondamentale: l’impresa. Il marketing nasce come disciplina d’impresa e in questo contesto si sviluppa senza dover mettere in discussione i riferimenti concettuali di base. Negli anni più recenti, la diffusione e l’applicazione dei principi di marketing hanno avuto nuovi impulsi e il marketing ha “invaso” territori non sempre collegabili all’impresa. Si parla allora di marketing sociale, marketing no-profit, marketing territoriale, marketing dell’arte e della cultura e così via. Si tratta di estensioni più che legittime e non prive d’interesse, in alcuni casi affascinanti. D’altra parte, esse dimostrano quanto la disciplina del marketing sia vitale e quanto i suoi principi possano essere di valido ausilio nella gestione di situazioni anche così diverse da quelle tipiche d’impresa. Tuttavia, è raccomandabile che non si scordino i principi di base del marketing, già menzionati nelle pagine precedenti. Se questo avvenisse, si rischierebbe di utilizzare a sproposito questa disciplina a danno sia delle attività gestite sia, in ultima analisi, della disciplina stessa.
1.6
Dal concetto generale di valore ai valori d’impresa, di mercato e per il cliente
Affrontare il tema del valore è sempre arduo, poiché in esso si sintetizzano concetti che spaziano, senza soluzione di continuità, dalla filosofia all’etica, dall’economia al management. La stessa parola “valore” ha in sé una pluralità di significati; deriva dal
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latino valeo (sono forte, sono capace) e, in seguito, le sono stati associati significati più o meno nobili, ma sempre di ordine superiore. In economia aziendale, d’impresa e in management – la trasversalità del concetto è tale da non consentire una collocazione specifica in una delle tre aree, ancorché tra loro non prive di importanti differenze concettuali – il concetto di valore è presente da tempo. Si può anzi presumere che le discipline in esame siano nate al fine di generare valore, sostenendo concettualmente le attività d’impresa. Come a volte accade ai concetti fondativi, esso non è stato esplicitato fino in fondo. Era, e per molto tempo è rimasto, implicito. In anni più recenti, non più di una ventina, due scuole di pensiero manageriale hanno maggiormente approfondito e concettualizzato il tema del valore nell’impresa. Non a caso rappresentative dei momenti iniziali e finali di qualsiasi processo aziendale: il mercato, da cui l’impresa si genera, e la finanza, espressiva delle performance che hanno rilevanza in impresa. Se si accetta l’ipotesi che l’impresa deve essere guidata verso una continua creazione di valore per il mercato, per i clienti e per se stessa, si determina automaticamente l’esistenza di numerosi processi che possono consentire all’impresa il raggiungimento di questa fondamentale finalità. Il processo di creazione del valore prende avvio dall’individuazione delle fonti del valore. Il valore si genera e viene accresciuto in diversi momenti e in occasioni e circostanze differenti. I primi processi da analizzare sono quelli che mettono l’impresa in relazione con l’ambiente esterno, in particolare con i mercati dei “fornitori delle risorse”. L’espressione “fornitori delle risorse” non deve essere intesa in senso limitativo, cioè riferita esclusivamente ai fornitori di risorse tangibili quali possono essere le materie prime, i semilavorati, gli impianti di produzione ecc. Rilievo primario assumono le risorse intangibili riferite alle conoscenze, alle competenze, alla cultura d’impresa, alle relazioni, alla fiducia ecc. L’impresa deve essere quindi intesa come un attrattore di risorse, tangibili e intangibili, che riesce a ottenere i risultati che si propone anche in relazione all’ammontare di risorse di cui può disporre, di come riesce a mobilitarle e attrarle dall’esterno e di come è in grado di organizzarle in attività di produzione e di cessione al mercato. È in questo modo che l’impresa si colloca nella logica della creazione di valore economico, per il mercato e per se stessa. Nei mercati delle risorse, più o meno vicini all’impresa e da essa non sempre presidiati in modo diretto, si possono manifestare interessanti novità che possono concretizzarsi in utili innovazioni atte a rinforzare le capacità competitive dell’impresa. Affinché le fonti esterne possano generare valore per l’impresa, è necessario che essa abbia costruito e sappia gestire le relazioni con i fornitori di risorse. Il ruolo primario di queste relazioni è quello di far conoscere ai fornitori le esigenze dell’impresa in termini di risorse necessarie e di far giungere, attraendole, all’impresa le risorse che essi sono in grado di generare e che possono cedere all’impresa stessa. Una relazione, come noto, comporta investimenti non indifferenti, spesso di lunga durata e di ritorno incerto. Proprio in questo, però, l’impresa può trovare un’inimitabile fonte di vantaggio. Le fonti esterne di generazione del valore possono essere assai numerose e, come si diceva prima, possono trovarsi in luoghi anche molto distanti e differenziati. È bene allora che l’impresa individui anzitutto l’esistenza di partner potenziali, cerchi di comprendere in quale misura possano contribuire al processo di creazione di
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valore e, solo dopo aver tracciato una sorta di mappa, si può accingere a definire le azioni più opportune per instaurare una serie di proficue relazioni. È naturale pensare che le fonti esterne vadano presidiate anche sul piano organizzativo dall’interno dell’impresa. A volte, le imprese affidano questo compito a strutture interne dedicate, in altri casi ogni funzione aziendale interessata si “appropria” delle fonti esterne che ritiene più utili per conseguire le sue finalità. Prescindendo da come l’impresa si organizza per interagire con le fonti esterne, è sempre assai opportuna una ricognizione delle fonti che possono generare valore. Si possono distinguere fonti di varia natura: • • • • •
conoscitive, legate ai processi cognitivi dell’impresa; interpretative, dell’ambiente esterno e delle capacità interne; organizzative, volte a trovare i migliori meccanismi atti a dispiegare il valore nell’organizzazione e verso il mercato; imprenditoriali, dalle quali dipende in massima parte il fatto che le idee trovino una soluzione conveniente per l’impresa e per il mercato; di controllo, tanto su tutte le fonti interne ora citate, quanto sui flussi provenienti dall’esterno, quanto sui costi e sugli investimenti che il presidio delle diverse fonti comporta.
A questo punto termina il momento analitico e di ricognizione delle fonti generatrici di valore e prende avvio la concretizzazione delle analisi e delle conoscenze in decisioni e in azioni volte alla costruzione del valore. L’impresa è in grado di generare un continuo valore per il cliente se riesce a svolgere in modo opportuno tre macroprocessi critici: l’innovazione, la differenziazione e la comunicazione. Sono necessari tutti e tre per riuscire a incorporare in un prodotto/servizio tutto ciò che l’impresa è in grado di offrire e, auspicabilmente, tutto ciò che il mercato e i clienti desiderano. Proprio perché si tratta di tre macroprocessi, in essi si può individuare un certo numero di processi più elementari. I processi elementari, altrettanto fondamentali nella prospettiva della creazione del valore economico per il cliente, possono essere analizzati in modo sequenziale, avendo quindi cura di osservare la progressione sia temporale sia di crescita, o di perfezionamento, del valore creato. S’inizia con i processi che consentono all’impresa di venire in possesso, in modo più o meno incessante in funzione della stabilità delle relazioni, di valori dall’esterno – processi d’acquisizione del valore. Dai risultati generati da questi processi – knowhow, brevetti, ma anche, e soprattutto, saperi incorporati nell’organizzazione – prendono avvio i processi d’innovazione sia con finalità di creazione ex novo di soluzioni adatte ai clienti, sia di differenziazioni incrementali dei valori già in essere. L’una o l’altra strada conducono, comunque, a un processo di progettazione durante il quale le verifiche e le prove tecniche, di mercato ed economiche, consentono all’impresa di comprendere se di fatto le idee innovative proposte hanno uno spazio di fattibilità tecnica, d’attenzione da parte del mercato e di rilevanza economica per l’impresa. Il momento successivo riguarda la produzione fisica del valore incorporato nel prodotto/servizio. Si tratta di un processo spesso assai delicato, anche a motivo dei costi che genera e dei “disturbi” che può provocare all’organizzazione, soprattutto se non abituata a sviluppare novità.
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Una volta compiute tutte le operazioni necessarie, si passa ai processi di trasferimento dei valori al mercato. Il valore può essere trasferito – e con questo ulteriormente creato – sia in senso fisico, tramite i processi logistici e distributivi, sia con le attività di comunicazione, aumentando la notorietà e l’immagine del prodotto/servizio. Gli interventi tecnici e gli strumenti disponibili in questa fase sono molto numerosi e, spesso, le imprese ne conoscono i dettagli anche più elementari. Altrettanto spesso, però, non pongono attenzione alle conseguenze di certe azioni comunicative o distributive sul valore percepito da parte del cliente e, se tali azioni non sono improntate alla massima coerenza possibile, rischiano di deprimere il valore creato in precedenza. Da questo momento in avanti, il processo di creazione di valore esce, almeno in parte, dalle responsabilità dell’impresa e viene gestito in prima persona dal cliente. È il cliente che decide se prendere in considerazione il prodotto offerto, se accettarne l’immagine proposta e i servizi aggiuntivi e, soprattutto, se reputa il prezzo definito dall’impresa adeguato. Il ruolo attivo del cliente nella definizione del valore rappresenta una delle frontiere concettuali più attuali e di maggiore rilevanza. Si viene infatti affermando una nuova centralità del cliente, e del consumatore in particolare, non più interpretato come elemento passivo della relazione con l’impresa, ma come soggetto attivo, interessato a un coinvolgimento diretto nella generazione del valore. Questa prospettiva non è nuova nei mercati business-to-business e dei servizi, nei quali da sempre si è riconosciuto il ruolo attivo del cliente, sia nella fase di specificazione delle esigenze che di co-progettazione del prodotto/servizio stesso, ma, più recentemente, la centralità attiva e propositiva del cliente ha iniziato a investire anche i mercati dei beni di consumo, quindi i consumatori finali. L’orientamento al mercato non può allora prescindere dal coinvolgimento del cliente che gioca un ruolo attivo all’interno della filiera di produzione del valore. È bene sottolineare che i clienti non sono in cerca di specifici prodotti, ma di soddisfazione, generata dalla capacità di “problem solving” dell’impresa. I prodotti quindi rappresentano dei veicoli per la cessione di un “servizio intangibile”, poiché aiutano i clienti ad acquisire la propria soddisfazione individuale. Secondo alcuni recenti filoni di ricerca, quali la Service-Dominant logic, le imprese sono infatti in grado di generare valore a livello “potenziale”, ma è solo attraverso il consumo e l’uso che avvengono nella sfera del cliente, che si può parlare di vera “creazione del valore”. Il valore esiste solo se “percepito” dal cliente, non solo se è “costruito” dall’impresa. La filiera del valore dunque non si arresta nella sfera dell’impresa di produzione e/o di distribuzione, ma deve includere a pieno titolo il ruolo del cliente: è solo quest’ultimo infatti che può conferire un “significato” di valore all’offerta. La nuova focalizzazione sul value-in-use piuttosto che sul tradizionale value–inexchange, che da sempre ha creato un orientamento verso il prodotto e la transazione anziché sulla relazione con il cliente, consente di adottare una prospettiva realmente customer centric. Mentre la visione tradizionale ha sempre posto l’accento sulla sequenza di passaggi che consente al produttore di erogare valore a un cliente che poi lo acquista e consuma, questa nuova prospettiva accoglie la visione di un cliente direttamente coinvolto nella co-produzione del valore e sottolinea l’importanza dell’interazione tra il ruolo del cliente e quello del produttore all’interno del processo di co-generazione: il valore “intangibile” non è più semplicemente creato e distribuito
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dall’impresa al mercato, ma rappresenta l’output di un processo di co-creazione tra imprese e clienti. La rilevanza del ruolo attivo e propositivo svolto dal cliente induce a ripensare in modo radicale alla configurazione dei processi di marketing, evidenziandone la continua e inarrestabile sequenza circolare, dal cliente all’impresa e dall’impresa al cliente, e, soprattutto, conferisce all’orientamento al mercato e al cliente un significato meno legato alle “buone intenzioni” e più strutturalmente inserito nelle pratiche di un “buon management”.
1.7
Il marketing a supporto della sostenibilità d’impresa
In linea con quanto abbiamo visto sinora, non vi è dubbio che il marketing abbia avuto un ruolo significativo nel contribuire allo sviluppo economico e sociale del contesto in cui viviamo. Ciononostante non si può negare che le attività poste in essere alle imprese nella elazione con il mercato, abbiamo contribuito, seppure a vario titolo a determinare quelli che Scott (2003) definisce i tre divari fondamentali che caratterizzano il mondo contemporaneo: • • •
divario fra il grado di sfruttamento delle risorse fisiche e naturali della Terra e la disponibilità delle stesse (divario ecologico). divario fra il grado di soddisfacimento dei bisogni individuali e quello dei bisogni collettivi (divario di qualità della vita). divario fra “ricchi” e “poveri” (divario sociale, politico e strategico).
Il problema dell’eliminazione, o quantomeno della riduzione, di tali divari può essere considerato come la sfida del prossimo futuro che le imprese dovranno affrontare, e in questo un ruolo particolare potrà essere svolto proprio dagli operatori di marketing, quali detentori del patrimonio relazionale tra i diversi soggetti con cui l’impresa s’interfaccia nel proprio agire economico. Le imprese ormai stanno iniziando a comprendere che l’apparente paradosso tra capacità di competere in un ambiente complesso e investimento sul capitale ambientale e sociale è in realtà risolvibile attraverso l’adozione di una prospettiva di interdipendenza tra le ragioni del business e le istanze dello sviluppo sostenibile. Non si tratta quindi di ragionare in termini di costi legati all’adozione di un approccio in chiave di sostenibilità d’impresa ma di come essa possa rappresentare per le imprese una reale opportunità che consenta di esplorare modi nuovi per competere sul mercato. L’approccio strategico e la proattività che costituiscono alcuni dei tratti distintivi delle imprese che meglio stanno interpretando tali istanze, implicano l’attribuzione di un ruolo di rilievo alle funzioni che, all’interno dell’impresa, presidiano la dimensione relazionale con il mercato. Appare evidente, infatti, come la necessità di indirizzare in modo efficace, efficiente, coerente e continuativo gli sforzi del management nella direzione della sostenibilità necessiti di un presidio allargato che consenta di contemperare le esigenze e i sistemi di valori interni con le dinamiche in costante evoluzione che caratterizzano il contesto esterno. Obiettivo del marketing potrebbe quindi essere quello di funzione equilibratrice tra gli interessi delle aziende, i bisogni delle entità individuali (persone e organizzazioni) e la società nel suo complesso. Il vantaggio da ricercarsi non s’identifica più
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Capitolo 1
solo con la massimizzazione nel profitto, prospettiva in qualche modo miope che ha portato agli squilibri che abbiamo appena evidenziato, ma, piuttosto, con la creazione di un valore equilibrante, che media il raggiungimento del profitto con la soddisfazione degli individui, l’utilità sociale, il rispetto dell’ambiente. Non si tratta di una prospettiva del tutto nuova dal momento che fin dagli anni ’60 i padri fondatori del marketing hanno evidenziato che il fine autentico dell’attività di marketing consiste nella diffusione di un accettabile standard di vita, basato sia sulla quantità dei beni disponibili sia sulla qualità e la dignità della vita. Se guardiamo a cosa sta avvenendo nei contesti aziendali, ciò che emerge è che le strategie di sostenibilità adottate attualmente dalle imprese risultano avere, in generale, almeno tre punti di debolezza: non sono direttamente incentrate sul cliente, non considerano appieno le minacce derivanti da un globale eccesso di consumo, e non utilizzano un approccio olistico. In questa prospettiva, il marketing può fornire efficacemente il suo contributo alla sostenibilità d’impresa in quattro aree prioritarie che possono rappresentare una sorta di rilettura delle tradizionali leve del marketing mix (Figura 1.2). La prima area, che possiamo definire sistema integrato di offerta, vede il marketing concentrarsi sulla reale armonizzazione tra la qualità del prodotto/servizio sotto il profilo della sostenibilità, la coerente trasparenza nella determinazione e comunicazione del prezzo e le modalità di interazione a livello negoziale tali da riequilibrare
Applicazione delle logiche di sostenibilità a tutto il processo di progettazione e delivery del sistema di offerta
Sistema integrato di offerta
Gestione integrata e coordinata delle relazioni con gli stakeholder
Attivazione di relazioni integrate e coordinate, basate su chiarezza, trasparenza e bidirezionalità
Figura 1.2
Monitoraggio costante del processo di generazione del valore e della sua equa ridistribuzione tra i diversi stakeholder
Presidio del valore creato
Educazione alla sostenibilità
Sviluppo della conoscenza e consapevolezza delle istanze della sostenibilità presso i diversi stakeholder
Le leve del marketing nella prospettiva della sostenibilità.
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le posizioni di potere tra le parti. Tale coerenza e integrità a livello generale deve essere garantita dalla marca e dalle certificazioni cui si aggiungono servizi a latere legati all’intero ciclo di acquisto e utilizzo, per giungere fino alla fase di dismissione dei prodotti stessi. La seconda dimensione si riferisce alla capacità del marketing di presidiare la creazione del valore sia nella sua dimensione di processo generativo di valore, sia, ancor più, nella definizione delle modalità di ridistribuzione del valore creato secondo principi di eticità tra i diversi stakeholder coinvolti, fornitori, intermediari, clienti e così via. Tale ambito di attività, rispetto al quale la trasparenza delle condizioni costituisce un presupposto necessario, è teso a eliminare, in una prospettiva di reale sostenibilità dell’agire d’impresa, gli squilibri di potere e le asimmetrie esistenti tra l’impresa e i suoi stakeholder. La connotazione della terza area è riconducibile all’opportunità per il marketing di gestire in modo coordinato e integrato la dimensione relazionale con gli stakeholder di riferimento: si tratta infatti di porsi in una posizione di attenzione nei confronti degli stimoli che provengono dal mercato, nei confronti del quale il marketing è chiamato a fornire informazioni chiare e in linea con le esigenze conoscitive espresse dai diversi stakeholder, non dimenticando nel contempo di attivare dei canali bidirezionali di interazione anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie abilitanti in tal senso. Questa area enfatizza l’importanza per il marketing di lavorare in modo più convinto e convincente nella direzione di una interazione con il mercato sempre più stretta e fattiva sulla sostenibilità, in cui i meccanismi monodirezionali (dall’una e dall’altra parte) della comunicazione trovino un superamento nell’attivazione di partnership strutturate e continuative attorno a piattaforme relazionali condivise e stabili. Infine, particolarmente ricco di suggestioni è il presidio, riconducibile alla quarta area di intervento, di un ruolo più trasversale per il marketing in qualità di educatore alla sostenibilità, sia nei confronti di un mercato che è ancora in evoluzione, sia nei confronti delle persone che operano all’interno dell’impresa (e in senso più lato anche della filiera). Obiettivo finale è quello di diffondere la consapevolezza in tutti gli stakeholder delle logiche e delle ragioni della sostenibilità e dell’importanza del contributo che ciascuno è chiamato a fornire, affinché essa non rappresenti solo un intento astratto, ma si traduca in un risultato concreto, quello dello sviluppo sostenibile. Si tratta quindi di costituire un “ponte” valoriale tra l’interno e l’esterno dell’impresa per massimizzare la consapevolezza della rilevanza dell’agire sostenibile in entrambi i fronti.
RIEPILOGO • L’impresa esiste per “creare e mantenere i clienti” attraverso relazioni costruttive e stabili nel tempo; da questa affermazione si deduce la centralità del marketing. • Il concetto di marketing si sviluppa a partire dalla considerazione che il successo dell’impresa è determinato dalla soddisfazione dei clienti. • Quanto più i clienti sono soddisfatti, tanto maggiori sono i livelli di redditività di lungo periodo e la capacità dell’impresa di acquisire un vantaggio competitivo duraturo e difendibile. • In relazione alle caratteristiche del mercato possono esistere diversi atteggiamenti nei confronti del concetto di marketing.
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Capitolo 1
• Il marketing non limita la sua area di intervento alle sole imprese, ma viene ampiamente utilizzato anche in contesti diversi, quali il no-profit, il settore della cultura, quello sociale ecc. • Alla base del concetto di marketing c’è la considerazione che l’impresa deve creare valore per il cliente, considerandolo un attore attivo del processo di marketing. • Il ruolo che il marketing sta sempre più svolgendo estende il tema della creazione del valore oltre i confini della relazione diadica tra impresa e cliente per ricomprendere tutti gli stakeholder di riferimento per l’impresa fino a giungere alla società nel suo complesso.
DOMANDE 1. 2. 3. 4. 5.
Quali sono le componenti del concetto di marketing? Come è nato e come si è sviluppato il marketing nella storia delle imprese? Quali obiettivi deve perseguire il marketing? Quali caratteristiche ha il marketing nel contesto delle imprese italiane? Cosa si intende per orientamento alla produzione, al prodotto, alle vendite e al mercato? 6. Quali sono gli ambiti di applicazione del marketing al di fuori dell’economia delle imprese? 7. Cosa si intende per valore d’uso per il cliente? 8. Quali sono le aree in cui il marketing può esprimere le sue potenzialità a supporto del perseguimento di obiettivi di sostenibilità d’impresa?