05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 181
Resistenza ai carichi statici
Nel Capitolo 1 si è visto che la resistenza è una proprietà dei componenti meccanici. Questa proprietà dipende da un insieme di fattori, quali il materiale impiegato, i trattamenti e il processo di lavorazione utilizzati, la tipologia dei carichi e la presenza di zone particolarmente critiche. In aggiunta allo studio della resistenza di una singola parte, si deve anche considerare la variabilità statistica tipica delle produzioni di serie, perché variazioni anche minime di dimensioni, processo di fabbricazione e composizione dei materiali possono avere effetti non trascurabili sulla resistenza dei pezzi. Per questo motivo, le caratteristiche di resistenza di un componente possono essere convenientemente descritte in modo statistico, individuandone la distribuzione di probabilità, il valore medio e la deviazione standard. Si definisce carico statico quell’insieme di forze e momenti che sono applicati a un componente in modo costante nel tempo. In particolare, essendo grandezze vettoriali, forze e momenti statici devono mantenere costanti l’intensità, il punto di applicazione e la direzione. Un carico statico può produrre stati tensionali di trazione o compressione assiali, di taglio, di flessione, di torsione, oppure una qualsiasi combinazione di questi. Un carico statico non ammette alcun tipo di variazione, sia nelle forze applicate sia nelle tensioni risultanti. “Guasto” è la parola chiave di questo capitolo. Può indicare la rottura brutale di un componente in più parti, la deformazione permanente e la conseguente distorsione della sua geometria, o il degrado dell’affidabilità. Parlando di guasti, si può intendere una qualsiasi di queste possibilità. Qualsiasi ne sia stata la causa, il guasto comporta l’impossibilità di continuare a fare fronte alla funzione richiesta con prestazioni accettabili. In questo capitolo, la nostra attenzione è rivolta allo studio e alla previsione delle situazioni che possono comportare deformazioni permanenti o la separazione in più parti. Nei problemi in cui la resistenza del componente svolge un ruolo fondamentale, il progettista deve distanziare adeguatamente il valore medio della resistenza, nel punto critico, dal valore medio della tensione, in modo da rispettare i vincoli progettuali. Le Figure da 5-1 a 5-5 mostrano fotografie di alcuni pezzi meccanici rotti. Sono un buon esempio per sottolineare l’importanza di una corretta prevenzione dei guasti in fase progettuale. Si prendono in considerazione, a tal proposito, stati tensionali mono-, bi- e tri-dimensionali, in presenza o meno di concentrazioni di tensione, per materiali sia duttili sia fragili.
5-1 Progettazione e resistenza Idealmente, progettando un elemento di macchina, l’ingegnere dovrebbe avere accesso ai risultati di un numero molto elevato di prove meccaniche di resistenza del particolare materiale scelto. Le prove dovrebbero essere effettuate su provini caratterizzati dallo
5
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 182
182
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Figura 5-1 (a) Rottura dell’albero motore di un camion per fatica in presenza di corrosione. Si noti che i singoli pezzi vengono tenuti in posizione con nastro adesivo trasparente; (b) vista frontale della frattura. (Cortesia del prof. Larry D. Mitchell, coautore di Mechanical Engineering Design, 4th ed., McGrawHill, New York, 1983.)
(a)
(b)
Figura 5-2 Rottura di schianto del mozzo che trascina le lame di una motofalciatrice, a seguito dell’impatto con un picchetto di riferimento di una tubazione. (Cortesia del prof. Larry D. Mitchell, coautore di Mechanical Engineering Design, 4th ed., McGrawHill, New York, 1983.)
Figura 5-3 Rottura del bullone di fissaggio di una carrucola di testa di una macchina di sollevamento pesi. Un errore nel processo di fabbricazione ha lasciato un gioco tale da scaricare sul bullone tutto il momento flettente. (Cortesia del prof. Larry D. Mitchell, coautore di Mechanical Engineering Design, 4th ed., McGraw-Hill, New York, 1983.)
Figura 5-4 Afferraggio per prove su catene, che ha ceduto al primo ciclo. Per ridurre le lamentele a seguito di eccessiva usura del pezzo, il costruttore ha deciso di cementare il materiale. (a) Vista delle due metà del pezzo che mostrano segni di frattura; questo è un esempio tipico di frattura fragile iniziata per errato trattamento termico; (b) vista ingrandita di una parte che evidenzia le cricche sul foro di (a) (b) supporto del perno. (Cortesia del prof. Larry D. Mitchell, coautore di Mechanical Engineering Design, 4th ed., McGraw-Hill, New York, 1983.)
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 183
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
I
183
Figura 5-5 Rottura della molla a elica cilindrica di una valvola, a causa del sovraccarico dovuto a un fuorigiri motore. La frattura mostra le superfici di frattura classiche inclinate di 45°. (Cortesia del prof. Larry D. Mitchell, coautore di Mechanical Engineering Design, 4th ed., McGrawHill, New York, 1983.)
stesso trattamento termico eseguito sul pezzo, dalla stessa finitura e dimensione delle superfici del pezzo, e utilizzando le stesse configurazioni di carico delle reali condizioni di funzionamento. Per esempio, se il pezzo deve resistere al momento flettente, allora sarebbe opportuno realizzare prove di flessione sul materiale, e così via per combinazioni diverse di carico. Allo stesso modo, se il componente deve essere realizzato in acciaio AISI 1040 lavorato a caldo e trafilato a 500 °C, con un certo grado di finitura superficiale, i provini dovrebbero essere ottenuti dallo stesso materiale con lo stesso processo di fabbricazione. Queste prove si rivelerebbero molto utili e ricche di informazioni di dettaglio, tali da garantire l’esecuzione ottimale del progetto. L’elevato costo di una campagna sperimentale di questo tipo, tuttavia, può essere giustificato nel caso in cui un’eventuale guasto possa compromettere la sicurezza, oppure nel caso di produzioni in grande serie. I manufatti di largo consumo, per esempio i frigoriferi, sono tipicamente caratterizzati da valori di affidabilità molto elevati, in quanto la produzione di massa è tale da permettere l’esecuzione di prove complete e accurate di ogni singola parte. In questo caso, infatti, il costo dell’esecuzione delle prove, diviso per il numero complessivo delle unità prodotte, è molto basso. È possibile individuare quattro distinte categorie progettuali. 1.
2. 3.
4.
Gli effetti dei guasti possono ledere la sicurezza, o il pezzo è prodotto in grande serie; di conseguenza è possibile avvalersi di un programma di prove elaborato e completo durante la progettazione. Il pezzo è realizzato in quantità sufficientemente elevate da permettere l’esecuzione di una modesta campagna sperimentale. Il pezzo è realizzato in quantità talmente ridotte da non giustificare l’esecuzione delle prove, oppure il progetto deve essere completato così rapidamente da non lasciare il tempo necessario per condurre la sperimentazione. Il pezzo è già stato progettato, messo in produzione, provato e giudicato insoddisfacente. In questo caso è necessaria un’analisi volta a cercare le possibili cause dell’insuccesso e a porvi rimedio.
Nella maggioranza dei casi pratici, tuttavia, il progettista può avvalersi dei soli dati disponibili nella letteratura tecnica, quali i valori della resistenza allo snervamento, la tensione di rottura, l’allungamento percentuale e la percentuale di strizione della sezione, del tipo elencati nell’Appendice A. Come è possibile utilizzare una fonte di dati così misera, progettando in presenza di carichi statici e affaticanti, stati tensionali bi- e tri-dimensionali, forti escursioni termiche e dimensioni disomogenee fra pezzi molto grandi e pezzi molto piccoli? Nel corso di questo e dei prossimi capitoli saranno affrontati i metodi di progettazione che permettono di affrontare questi problemi.
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 184
184
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
5-2 Concentrazione delle tensioni La concentrazione delle tensioni (si veda il Paragrafo 3-13) è un effetto di carattere fortemente locale. In alcuni casi può essere dovuta a difetti superficiali (abrasioni o incisioni). Se il materiale è duttile e i carichi sono statici, la tensione nominale può generare una plasticizzazione localizzata in corrispondenza dell’intaglio. Ne consegue un incrudimento localizzato del materiale, a cui corrisponde un incremento della resistenza allo snervamento nella zona stessa. Il pezzo può quindi sopportare i carichi statici senza essere soggetto a un’estesa plasticizzazione del materiale. In questi casi il progettista può considerare il fattore geometrico (teorico) di concentrazione delle tensioni Kt pari all’unità. Si può giustificare tale assunzione come segue. Si consideri il caso peggiore di un materiale duttile che non presenti incrudimento a seguito della plasticizzazione (comportamento elastico-perfettamente plastico), secondo il diagramma di Figura 5-6. La tensione cresce linearmente, in funzione della deformazione, fino a raggiungere il valore della tensione di snervamento Sy, mentre si mantiene costante per incrementi successivi della deformazione, fino alla rottura del pezzo. Si consideri, ora, una barretta intagliata a sezione rettangolare, come nella Tavola A-15-5, di sezione pari a 1 mm2. Il materiale sia duttile, con una tensione di snervamento di 400 MPa, e il fattore geometrico di concentrazione delle tensioni (FCT) teorico Kt sia pari a 2. •
•
•
Un carico di 200 N produce una tensione di 200 MPa nel gambo, raffigurata dal punto A di Figura 5-6. Nel punto critico del raccordo, la tensione vale 400 MPa, essendo il fattore di concentrazione delle tensioni K = smaxsnom = 400200 = 2. Incrementando il carico a 300 N, si induce una tensione di 300 MPa nel gambo, rappresentata dal punto B del diagramma. In corrispondenza dell’intaglio si sarà verificata una plasticizzazione locale, con conseguente ridistribuzione delle tensioni. Il valore massimo è ancora pari a 400 MPa (punto D), quindi il FCT effettivo è K = smaxsnom = 1.33. Raggiungendo il carico di 400 N, la tensione indotta nel gambo vale 400 MPa (punto C). Nel punto critico dell’intaglio, la tensione è ancora pari a 400 MPa, con una certa deformazione plastica (punto E), da cui il FCT effettivo è K = smaxsnom = 1.
Questo è il motivo per cui i progettisti non considerano l’effetto della concentrazione delle tensioni per materiali duttili, quando sono soggetti a carichi statici nominalmente entro i limiti di elasticità; è quindi lecito porre Kt = 1. Nel caso dei materiali duttili che incrudiscono con la deformazione plastica, il ragionamento si ripete in modo pressoché identico, salvo il fatto che la ridistribuzione delle tensioni comporta un fattore di concentrazione delle tensioni leggermente superiore. Anche in questo caso si può porre Kt = 1. Quando si applica questa ipotesi, per materiali duttili e carichi statici, occorre tuttavia essere ben sicuri che nelle condizioni operative il materiale non possa in alcun Figura 5-6 500 Tensione (trazione) σ, MPa
Diagramma tensione-deformazione ideale. I materiali che presentano l’incrudimento a seguito dello snervamento seguono l’andamento rappresentato in tratteggio.
Sy
C D
E
B
A
0 Deformazione (allungamento), ε
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 185
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
caso essere soggetto a cedimenti per frattura fragile (si veda il Paragrafo 5-12). Si è soliti definire il fattore di concentrazione geometrico delle tensioni, normali Kt, o di taglio Kts, come segue smax = Ktsnom
(a)
tmax = Ktstnom
(b)
Dal momento che la nostra attenzione è solitamente rivolta al fattore di concentrazione delle tensioni, e la definizione operativa della snom o della tnom è indicata nella didascalia del diagramma o nel manuale del codice di calcolo utilizzati, occorre anche essere sicuri che la sezione resistente sia in grado di sopportare il carico nominale. I materiali fragili non plasticizzano. Di conseguenza un materiale fragile è sempre sensibile ai fattori di concentrazione delle tensioni Kt o Kts, definiti nelle Equazioni (a) e (b). Fa eccezione a questa regola il comportamento di alcuni materiali fragili, la cui struttura interna contiene difetti e micro-discontinuità tali da causare una concentrazione di tensione ben maggiore rispetto alla macro-discontinuità geometrica che ha in mente il progettista. Le colate di ghisa in sabbia, per esempio, introducono nella fusione particelle di sabbia, aria, e bolle di vapore acqueo. La microstruttura dei grani di ghisa fusa contiene floculi di grafite (di scarsa resistenza), che sono a tutti gli effetti delle micro-cricche generatesi durante il processo di solidificazione del getto. Le prove effettuate sulle ghise permettono di ottenere valori di resistenza che tengono automaticamente conto dell’effetto di questa concentrazione di tensioni interna. In questi casi non è necessario applicare i fattori di concentrazione Kt e Kts. Un’importante fonte di diagrammi dei fattori di concentrazione delle tensioni, è stata raccolta per diverse geometrie da R.E. Peterson, grazie al proprio lavoro e ai contributi di altri studiosi.1 Peterson adottò la notazione secondo la quale il fattore Kt viene moltiplicato per la tensione nominale snom, in modo da stimare l’intensità massima della tensione che si verifica localmente all’intaglio. Le sue approssimazioni sono basate su esperienze di fotoelasticità realizzate principalmente con modelli bidimensionali (Hartman e Leven, 1951; Wilson e White, 1973), e in alcuni casi, con misure fotoelastiche tridimensionali (Leven, 1955). Ogni caso viene presentato con i relativi diagrammi. Studi sugli alberi in trazione, con raccordi e intagli, sono basati su modelli in materiale fotoelastico bidimensionali. La Tavola A-15 fornisce alcuni diagrammi dei fattori geometrici di concentrazione delle tensioni per i casi più comuni di geometria e carico. Altri diagrammi sono disponibili nel Peterson.2 Analisi agli elementi finiti (FEA) possono essere efficacemente utilizzate per ottenere fattori di concentrazione delle tensioni per geometrie complesse. Alcuni miglioramenti per i fattori Kt e Kts di alberi con raccordi sono dovuti al contributo di Tipton, Sorem e Rolovic.3
5-3 Criteri di resistenza Nel Paragrafo 5-1 sono illustrate alcune tipiche tipologie di guasto. Eventi quali distorsioni e deformazioni permanenti, fessurazioni e rotture, sono fra i modi di guasto classici di un elemento di macchina. Quando le macchine di prova materiali fecero la loro comparsa, nel 1700, le provette venivano sottoposte a trazione, flessione o torsione con semplici attrezzature per trasmettere loro queste componenti di carico. Se il meccanismo di guasto è semplice, un banale esperimento può fornirne la chiave. Tuttavia non è chiaro distinguere a priori ciò che è semplice da ciò che non lo è. Si consideri, per esempio, la più semplice tra le prove, quella di trazione uniassiale. Si può osservare che gli allungamenti sono massimi lungo la direzione assiale. Si possono quindi misurarne le deformazioni, calcolare le tensioni e riferirle alla rottura. 1
Peterson R.E., Design Factors for Stress Concentration, “Machine Design”, vol. 23, n. 2, febbraio 1951; n. 3, marzo 1951; n. 5, maggio 1951; n. 6, giugno 1951; n. 7, luglio 1951. 2 Pilicey W.D., Peterson’s Stress Concentration Factors, 2a ed., John Wiley & Sons, New York 1997. 3 Tipton S.M., Sorem J.R. Jr. e Rolovic R.D., Updated Stress-Concentration Factors for Filleted Shafts in Bending and Tension, “Trans. ASME, Journal of Mechanical Design”,vol. 118, settembre 1996, pp. 321-327.
I
185
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 186
186
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Tuttavia ci si può chiedere cosa sia veramente importante: un valore critico di tensione, piuttosto che di deformazione o di energia accumulata? Nei prossimi paragrafi verranno introdotti i criteri di resistenza per rispondere ad alcune di queste domande. Occorre dire subito, però, che sfortunatamente non esiste una teoria universale in grado di individuare le situazioni potenziali di guasto per qualsiasi materiale e qualsiasi stato tensionale. Al contrario, molti modelli di guasto sono stati formulati e passati al vaglio dell’esperienza, lungo il corso degli anni, fino a divenire parte integrante della pratica dei progettisti moderni. Come è prassi nella progettazione, verranno accettati questi metodi empirici consolidati dall’esperienza e verranno presentati come “teorie” o “criteri” di resistenza. Il comportamento strutturale dei materiali metallici viene tipicamente classificato in duttile o fragile, anche se in alcune particolari situazioni si verificano cedimenti fragili di materiali normalmente duttili (si veda il Paragrafo 5-12). I materiali duttili sono tipicamente caratterizzati da un allungamento percentuale alla rottura εf ≥ 0.05 e presentano un valore della tensione di snervamento identificabile in modo chiaro e di solito simile in trazione e in compressione (Syt = Syc = Sy). Al contrario, i materiali fragili sono caratterizzati da allungamenti εf < 0.05, non snervano, o almeno non mostrano un valore della tensione di snervamento chiaramente identificabile, e sono tipicamente classificati sulla base delle tensioni ultime di resistenza a trazione e compressione, Sut e Suc, rispettivamente (dove Suc è generalmente indicata come positiva). I criteri di validità generalmente accettata sono i seguenti. Materiali duttili (criteri allo snervamento). • • •
Tensione tangenziale massima (TTM), Paragrafo 5-4. Energia di distorsione (ED), Paragrafo 5-5. Mohr-Coulomb duttile (MCD), Paragrafo 5-6.
Materiali fragili (criteri di frattura). • • •
Massima tensione normale (MTN), Paragrafo 5-8. Mohr-Coulomb Fragile (MCF), Paragrafo 5-9. Mohr-Coulomb Modificato (MM), Paragrafo 5-9.
Sarebbe interessante utilizzare un solo criterio di resistenza per un dato materiale, ma per svariati motivi si vedrà che vengono utilizzati tutti quanti. Si forniranno, in seguito, indicazioni pratiche per la corretta scelta di un criterio di resistenza, dopo avere descritto le basi di ogni singola teoria, applicandola a esempi pratici.
5-4 Criterio della tensione tangenziale massima per materiali duttili Il criterio della tensione tangenziale massima (TTM) assume che lo snervamento inizia quando la massima tensione tangenziale in un punto materiale raggiunge o supera la tensione tangenziale che provoca l’inizio dello snervamento in un provino dello stesso materiale soggetto a una prova di trazione semplice. Il criterio TTM è anche conosciuto come criterio di Tresca. Diverse teorie sono state postulate sulla base delle osservazioni delle prove di trazione. Quando una barretta di materiale duttile viene sottoposta a trazione, si formano delle linee di scorrimento (chiamate linee di Lüder) a circa 45° rispetto all’asse della barretta stessa. Queste linee sono il risultato del principio dello snervamento, e quando la barretta è portata a rottura si osservano linee di frattura orientate approssimativamente allo stesso modo. Dal momento che la tensione tangenziale massima giace sulle facce degli elementi orientati a 45° rispetto all’asse, risulta naturale pensare che quest’ultima sia intimamente legata al meccanismo di rottura. Nel prossimo paragrafo si mostrerà che questa idea può essere sviluppata più a fondo. L’esperienza dimostra che il criterio TTM fornisce previsioni accettabili e conservative, e dal momento che gli ingegneri amano essere conservativi, questo metodo viene largamente utilizzato.
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 187
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
Si ricordi che nel caso di tensione monoassiale semplice, s = PA, la massima tensione tangenziale si verifica su superfici inclinate di 45° rispetto alla superficie di massima tensione normale, con intensità pari a tmax = s2. In particolare, la massima tensione tangenziale quando comincia lo snervamento vale tmax = Sy2. Nel caso più generale di stato di tensione triassiale, è possibile determinare le componenti principali di tensione e ordinarle in modo che sia s1 ≥ s2 ≥ s3. La massima tensione tangenziale vale allora tmax = (s1 - s3)2 (si veda la Figura 3-13). Per il caso generale di stato di tensione triassiale, il criterio TTM prevede lo snervamento quando τ max =
σ1 − σ 3 S y ≥ 2 2
o
σ1 −σ 3 ≥ S y
(5-1)
Si noti che ciò implica che la resistenza allo snervamento per stato di tensione di puro taglio sia tsy = 0.5Sy che, come si vedrà in seguito, è sottostimata (e quindi conservativa) di circa il 15%. Per le necessità di progetto, l’Equazione (5-1) può essere modificata aggiungendo il coefficiente di sicurezza n. Ci si troverà quindi in condizione di sicurezza se è verificata la seguente disuguaglianza σ1 − σ 3 ≤
Sy n
(5-2)
dove il termine Syn assume il significato di tensione ammissibile, come definita al Capitolo 1. L’Equazione (5-2) porta alla naturale definizione della cosiddetta tensione equivalente secondo Tresca s = s1 - s3
(5-3)
da confrontarsi appunto con la tensione ammissibile. In altre parole, secondo il criterio di Tresca, il grado di pericolosità di uno stato tensionale triassiale generico è misurato dalla s che risulta pari alla differenza tra la massima e minima tensione principale s1 - s3; si noti che la tensione principale intermedia, s2, non ha alcun effetto. Nella pratica sono molto comuni problemi in tensione piana, in cui una componente principale di tensione è nulla, mentre le rimanenti due vengono determinate dall’Equazione (3-13). Assumendo sA ≥ sB, possono verificarsi tre casi da considerare, utilizzando l’Equazione (5-1): •
I caso: sA ≥ sB ≥ 0. In questo caso, s1 = sA e s3 = 0. L’Equazione (5-1) fornisce la seguente condizione di snervamento s A ≥ Sy
•
II caso: sA ≥ 0 ≥ sB. Qui s1 = sA e s3 = sB, e l’Equazione (5-1) diventa s A - sB ≥ Sy
•
(5-4)
(5-5)
III caso: 0 ≥ sA ≥ sB. In questo caso, s1 = 0 e s3 = sB, e l’Equazione (5-1) fornisce sB ≥ -Sy
(5-6)
Le Equazioni dalla (5-4) alla (5-6) sono rappresentate nella Figura 5-7 dalle tre linee tracciate sul piano sA,sB al di sotto della bisettrice del 1° e 3° quadrante. Le restanti linee sono relative al caso in cui sB ≥ sA, e rendono il diagramma simmetrico rispetto alla stessa bisettrice. Le suddette equazioni possono essere utilmente convertite in equazioni di progetto, sostituendo un uguale ai segni di disuguaglianza e dividendo Sy per n. Si noti che dalla prima delle Equazioni (5-1) si ottiene, tmax = Sy2n. Tale reazione è utilizzabile nella progettazione a condizione che il progettista ponga sufficiente attenzione nella determinazione della tmax. Nel caso di tensione piana, l’Equazione (3-14) non sempre predice la tmax. Tuttavia si prenda in considerazione il caso particolare in cui una tensione normale è uguale a zero: per esempio, sx e txy hanno un valore non nullo mentre sy = 0. Si può facilmente dimostrare che questo è un problema di tensione piana e la tensione di taglio determinata con l’Equazione (3-14) è tmax. Nella progettazione degli
I
187
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 188
188
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti σB
Figura 5-7 Il criterio della massima tensione tangenziale (TTM) nel caso di tensione piana, dove sA e sB sono le due componenti principali di tensioni non nulle.
Sy
Caso 1 Sy
σA
– Sy
Caso 2 – Sy
Caso 3
alberi normalmente ci si trova in questa situazione in cui è presente una tensione normale dovuta alla flessione e/o allo sforzo assiale, e una tensione di taglio dovuta alla torsione.
5-5 Criterio dell’energia di distorsione per materiali duttili Il criterio dell’energia di distorsione (ED) assume che lo snervamento avvenga quando l’energia di distorsione per unità di volume raggiunge o oltrepassa l’energia di distorsione per unità di volume necessaria a snervare lo stesso materiale durante la prova di trazione o compressione semplice. La formulazione di questo criterio nasce dall’osservazione che materiali duttili soggetti a uno stato di tensione idrostatico mostrano una resistenza allo snervamento di gran lunga superiore al valore misurabile nella prova di trazione semplice. È stato quindi postulato che lo snervamento fosse legato, in qualche modo, all’effetto della distorsione, piuttosto che all’effetto della trazione o della compressione. Per svilupparne la teoria, si consideri, nella Figura 5-8a, l’elemento di volume unitario soggetto al generico stato di tensione triassiale, rappresentato dalle componenti principali di tensione s1, s2 e s3. Lo stato di tensione rappresentato nella Figura 5-8b è idrostatico, e cioè caratterizzato dalla stessa componente di tensione principale sm agente nelle tre direzioni (in particolare le stesse della Figura 5-8a). sm si scrive, semplicemente σm =
σ1 + σ 2 + σ 3 3
(a)
In tal modo, l’elemento raffigurato nella Figura 5-8b è soggetto alla sola variazione complessiva di volume, senza distorsioni. Possiamo considerare la sm come una componente delle s1, s2 e s3 e sottrarla a queste ultime, ottenendo lo stato tensionale di Figura 58c, caratterizzato da pura distorsione angolare, senza variazioni di volume. L’energia di deformazione per unità di volume per la trazione semplice è u = 12εs. Per l’elemento di Figura 5-8a l’energia di deformazione per unità di volume è u = 12[ε1s1 + ε2s2 + ε3s3]. Introducendo le Equazioni (3-19) relative alle deformazioni principali si ottiene u= Figura 5-8 (a) Elemento in stato triassiale di tensione; questo elemento è soggetto sia a variazioni di volume sia a distorsioni; (b) elemento in stato idrostatico di tensione, soggetto a sole variazioni di volume; (c) elemento soggetto a distorsioni senza variazioni di volume.
1 ⎡ 2 σ1 + σ 22 + σ 32 − 2ν (σ1σ 2 + σ 2σ 3 + σ 3σ 1 ⎤⎥⎦ 2 E ⎢⎣
σ3
(b)
σ3 – σm σm
σ2
=
σm
+
σ2 – σm
σm σ1 – σm
σ1
σ1 > σ2 > σ3 (a) Tensioni triassiali
(b) Componente idrostatica
(c) Componente di distorsione
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 189
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
L’energia di deformazione necessaria a produrre la sola variazione di volume si ottiene sostituendo sm in luogo di s1, s2 e s3 nell’Equazione (b). Ne risulta uv =
2 3σ m (1 − 2ν ) 2E
(c)
sostituendo il quadrato dell’Equazione (a) in (c) e semplificando, si ottiene uv =
1 − 2ν 2 (σ1 + σ22 + σ 32 + 2σ1σ 2 + 2σ 2σ 3 + 2σ 3σ 1 ) 6E
(5-7)
L’energia di distorsione si ottiene, infine, sottraendo l’Equazione (5-7) dalla (b) come segue ud = u − uv =
1+ν 3E
⎡ (σ − σ )2 + (σ − σ )2 + (σ − σ )2 ⎤ 2 2 3 3 1 ⎥ ⎢ 1 ⎢ ⎥ 2 ⎢⎣ ⎥⎦
(5-8)
Si noti che l’energia di distorsione è nulla quando s1 = s2 = s3. Nel caso della prova di trazione quasi statica, allo snervamento, s1 = Sy e s2 = s3 = 0. Dall’Equazione (5-8) l’energia di distorsione vale ud =
1+ν 2 Sy 3E
(5-9)
In conclusione, per il caso generale dell’Equazione (5-8), lo snervamento comincia quando i termini dell’Equazione (5-8) sono uguali o superano quelli dell’Equazione (5-9). In formule ⎡ (σ − σ )2 + (σ − σ )2 + (σ − σ )2 ⎤ 1/2 2 2 3 3 1 ⎥ ⎢ 1 ⎢ ⎥ ≥ Sy 2 ⎢⎣ ⎥⎦
(5-10)
Nel caso si abbia una singola componente di trazione s si ritrova che lo snervamento ha luogo per s ≥ Sy. Analogamente a quanto visto nel paragrafo precedente, il termine sinistro dell’Equazione (5-10) assume il significato di tensione equivalente, o tensione efficace, del generico stato tensionale dato da s1, s2 e s3. Questa tensione equivalente è anche conosciuta con il nome di tensione di von Mises, s, da R. von Mises, che ha contribuito allo sviluppo della teoria. L’Equazione (5-10) per lo snervamento può quindi essere riscritta come σ′ ≥ S y
(5-11)
⎡ (σ − σ )2 + (σ − σ )2 + (σ − σ )2 ⎤ 1/2 2 2 3 3 1 ⎥ σ ′ = ⎢⎢ 1 ⎥ 2 ⎢⎣ ⎥⎦
(5-12)
dove la tensione di von Mises vale
Consideriamo, ora, il caso piano di tensione, e siano sA e sB le due componenti principali di tensione non nulle. Dall’Equazione (5-12) si ottiene, allora s = (sA2 - sAsB + sB2)12
(5-13)
Si può vedere che l’Equazione (5-13) rappresenta un’ellisse ruotata nel piano sA e sB, come si mostra nella Figura 5-9, dove si è posto s = Sy. Il contorno tratteggiato sovrapposto nella figura rappresenta il limite di resistenza allo snervamento calcolato secondo la teoria TTM, che sottende un’area inferiore, risultando, quindi, più conservativa.4 È possibile disegnare il grafico tridimensionale delle equazioni ED e TTM nelle coordinate s1, s2 e s3. La superficie di guasto dell’ED è rappresentata da un cilindro con l’asse inclinato di 45° rispetto alle tre direzioni principali, mentre la superficie della TTM, di sezione esagonale, risulta inscritta nel cilindro stesso. Si veda Boresi A.P. e Schmidt R.J., Advanced Mechanics of Materials, 6a ed., John Wiley & Sons New York 2003, Paragrafo 4.4.
4
I
189
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 190
190
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti σB
Figura 5-9 Criterio dell’energia di distorsione (ED) per stati piani di tensione. Questo diagramma si ottiene dall’Equazione (5-13) ponendo s = Sy.
Linea dei cerchi equibiassiali
Si
cu re zz a
Ce di m en to
Sy
– Sy
Sy
σA
Linea di carico di taglio puro – Sy
ED TTM
La tensione di von Mises può essere espressa anche nella forma canonica della generica giacitura xyz come σ′ =
1/2 1 ⎡ 2 ⎤ (σ x −σ y )2 + (σ y −σ z )2 + (σ z −σ x ) 2 + 6 (τ 2xy +τ 2yz + τ zx )⎥⎦ 2 ⎢⎣
(5-14)
e per il caso di tensione piana 2 12 s = (sx2 - sxsy + sy2 + 3txy ) Il criterio dell’energia di distorsione prende anche il nome di:
• • •
(5-15)
teoria di von Mises, o von Mises-Hencky; teoria dell’energia di distorsione; teoria della tensione tangenziale ottaedrica.
La comprensione del criterio della tensione tangenziale ottaedrica può essere utile per capire quanto sia conservativa la TTM. Si consideri un elemento isolato, nel quale le tensioni normali su ciascuna faccia siano uguali alla tensione idrostatica sm. Esistono otto superfici simmetriche rispetto alle direzioni principali, sulle quali insiste tale componente di tensione, che formano l’ottaedro di Figura 5-10. Le tensioni tangenziali su queste superfici sono uguali e prendono il nome di tensioni tangenziali ottaedriche (nella Figura 5-10 si mostrano le tensioni che agiscono sulla generica faccia di un elemento a forma di ottaedro). Previa trasformazione di coordinate, la tensione tangenziale sull’ottaedro è data da5 τ ott =
1/2 1⎡ (σ1 − σ 2 )2 + (σ 2 − σ 3 )2 + (σ 3 − σ1 )2 ⎤⎦⎥ ⎢ ⎣ 3
(5-16)
Secondo il criterio della teoria della tensione tangenziale ottaedrica, il cedimento avviene quando la tensione tangenziale massima che si produce sulle facce dell’elemento ottaedrico uguaglia o supera la tensione tangenziale ottaedrica di rottura della prova di trazione semplice. σ2
Figura 5-10 Superfici ottaedriche. σm
τott
σ3
5
Per la derivazione si veda Boresi A.P., op. cit., pp. 36-37.
σ1
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 191
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
Come prima, si assume che durante la prova di trazione, lo snervamento cominci quando s1 = Sy e s2 = s3 = 0. Dall’Equazione (5-16), la tensione tangenziale ottaedrica che ne risulta vale τ ott =
2 Sy 3
(5-17)
Applicando il criterio di resistenza per lo stato generico di tensione, la condizione limite di snervamento si scrive ⎡ (σ − σ )2 + (σ − σ )2 + (σ − σ )2 ⎤ 1/2 2 2 3 3 1 ⎥ ⎢ 1 ⎢ ⎥ ≥ Sy 2 ⎢⎣ ⎥⎦
(5-18)
che è identica all’Equazione (5-10), da cui si dimostra l’equivalenza dei criteri della massima tensione tangenziale ottaedrica e dell’energia di distorsione. Il criterio della TTM, nel caso della prova di trazione, non prende in considerazione il contributo della tensione normale, di intensità pari a P2A, che nasce sulle superfici inclinate di 45° rispetto alla direzione di applicazione del carico. Qui sta la differenza basilare fra la teoria della TTM e quella dell’ED, che trascura, invece, il contributo della componente idrostatica di tensione, di intensità pari a P3A. La complessità dei passaggi matematici necessari per formulare la condizione di resistenza del criterio dell’ED, non deve far perdere di vista l’importanza e l’estrema utilità del risultato, che permette di sintetizzare la criticità di un generico stato di tensione in un singolo valore numerico. Si può infatti confrontare la tensione equivalente di von Mises, con il valore della tensione di snervamento del materiale, tramite l’Equazione (5-11). In termini progettuali, conviene scrivere l’equazione come segue σ′ =
Sy n
(5-19)
Il criterio dell’ED prevede che carichi di tipo idrostatico non siano in grado di mettere in crisi le strutture, inoltre presenta un ottimo accordo con i dati sperimentali di resistenza dei materiali duttili, per i quali è ormai largamente utilizzato. Quando non sia diversamente specificato, questo criterio può essere efficacemente applicato in tutti i problemi pratici di dimensionamento. Sottolineiamo, per la sua importanza, la differenza nella previsione dello snervamento fra la teoria della TTM e dell’ED, nel caso di stato piano di tensione di puro taglio txy, dove sx = sy = 0. L’Equazione (5-15) con l’Equazione (5-11) fornisce, per lo snervamento Sy 3τ 2xy = S y oppure τ xy = = 0.577 S y (5-20) 3 Dalla teoria dell’energia di distorsione segue che il limite di resistenza allo snervamento, per la tensione tangenziale, vale ty = 0.577Sy (5-21) che è maggiore di circa il 15%, come si è visto, rispetto al limite previsto secondo la teoria della TTM. Nel caso di taglio puro txy, le tensioni principali in base all’Equazione (3-13) sono sA = -sB = txy. La linea di carico in questo caso si trova nel quarto quadrante a un angolo di 45° con gli assi sA e sB come illustrato nella Figura 5-9. Un acciaio laminato a caldo presenta una resistenza allo snervamento, in trazione e compressione, pari a Syt = Syc = 700 MPa, e una deformazione vera, a rottura, pari a εf = 0.05. Si calcoli il coefficiente di sicurezza per i seguenti stati principali di tensione: (a) 500, 500, 0 MPa; (b) 200, 500, 0 MPa;
Esempio 5-1
I
191
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 192
192
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
(c) 0, 500, -200 MPa; (d) 0, -200, -500 MPa; (e) 200, 200, 200 MPa. Soluzione Essendo εf > 0.05 e Syc uguale a Syt, il materiale si comporta in modo duttile, ed è quindi lecito applicare il criterio dell’energia di distorsione (ED). Si confronteranno i risultati con quelli ottenuti applicando la teoria della tensione tangenziale massima (TTM). Si noti, per inciso, che gli stati di tensione dalla (a) alla (d) sono stati piani. (a) Le componenti principali di tensione, in ordine, sono ED Dall’Equazione (5-13) σ ′ = [5002 − 500(500) + 5002 ]1/2 = 500 MPa S y 700 = = 1.40 σ ′ 500
n= TTM
Caso 1, si applica l’Equazione (5-4) n=
S y 700 = = 1.40 σ A 500
(b) Le tensioni principali, nell’ordine, sono sA = s1 = 500, sB = s2 = 200, s3 = 0 MPa. ED
s = [5002 - 500(200) + 2002]12 = 436 MPa n=
TTM
S y 700 = = 1.61 σ ′ 436
Caso 1, si applica l’Equazione (5-4) n=
S y 700 = = 1.4 σ A 500
(c) Le componenti principali di tensione, nell’ordine, sono sA = s1 = 500, s2 = 0, sB = s3 = -200 MPa. ED
s = [5002 - 500(-200) + (-200)2]12 = 624 MPa n=
TTM
S y 700 = = 1.12 σ ′ 624
Caso 2, si applica l’Equazione (5-5) n=
Sy 700 = = 1.00 σ A − σ B 500 − (−200)
(d) Le componenti principali di tensione, nell’ordine, sono s1 = 0, sA = s2 = -200, sB = s3 = -500 MPa ED
σ ′ = [(−500)2 − (−500)(−200) + (−200)2 ]1/2 = 436 MPa n=
S y 700 = = 1.61 σ ′ 436
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 193
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
σB
Figura 5-11 (a)
Linee di carico.
Sy
σA
– Sy
σB
(b) σA
Sy
(c) ED TTM Linee di carico
– Sy
(d)
TTM
Caso 3, si applica l’Equazione (5-6) n =−
Sy 700 =− = 1.40 σB −500
(e) Le componenti principali di tensione, nell’ordine, sono s1 = 200, s2 = 200, s3 = 200 MPa
ED
⎡ (200 − 200)2 + (200 − 200)2 + (200 − 200)2 ⎤ 1/2 ⎥ = 0MPa σ′ = ⎢ ⎥ ⎢ 2 ⎦ ⎣ n=
TTM
S y 700 = →∞ σ′ 0
Dall’Equazione (5-3) n=
Sy 700 = →∞ σ1 − σ 3 200 − 200
Si riporta in tabella il sommario dei fattori di sicurezza, per un confronto.
ED TTM
(a)
(b)
(c)
(d)
(e)
1.40 1.40
1.61 1.40
1.12 1.00
1.61 1.40
Come si è visto, i fattori di sicurezza calcolati secondo il criterio della TTM sono più conservativi, e quindi sempre minori, o al limite uguali, a quelli calcolati secondo l’ED. Nella Figura 5-11 si mostrano le curve che inviluppano la zona di sicurezza, secondo le due teorie. Il contorno esagonale della TTM è quindi inscritto nella curva ellittica della ED. Si mostrano sul piano sA,sB, le linee di carico e le coordinate dei punti di lavoro relative a ogni caso dell’esempio di cui sopra, a eccezione del caso (e) che non è uno stato piano di tensione. Si noti che la linea di carico del caso (a) è l’unica, fra quelle proposte, per la quale le due teorie, e quindi i relativi fattori di sicurezza, coincidono.
5-6 Criterio di Mohr-Coulomb per materiali duttili (MCD) Nella pratica, non tutti i materiali duttili presentano la stessa resistenza a trazione e a compressione. Per esempio, la tensione di snervamento delle leghe di magnesio, in compressione, è tipicamente inferiore del 50% rispetto alla tensione di snervamento a trazione. La tensione ultima di rottura delle ghise grigie in compressione è dalle tre alle
I
193
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 194
194
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
quattro volte più grande della tensione ultima di rottura a trazione. In questo paragrafo saremo quindi interessati ai criteri di resistenza adatti ai materiali caratterizzati da un diverso comportamento a trazione e compressione. Storicamente, la teoria di Mohr è stata sviluppata nel 1900, quando non esistevano elaboratori elettronici, ma soltanto regoli calcolatori, compassi e curvilinei. I metodi grafici, indispensabili a quei tempi, sono ancora utili a tutt’oggi, principalmente per scopi di visualizzazione. L’idea di Mohr si basa sull’esecuzione di tre semplici prove: trazione, compressione e taglio, condotte fino allo snervamento, se il materiale può snervare, oppure fino alla rottura. Occorre osservare, per inciso, che l’esecuzione di una prova di taglio non è così semplice come può essere la definizione della resistenza allo snervamento per taglio, Ssy. Al di là delle difficoltà pratiche, l’ipotesi di Mohr consiste nell’utilizzare i risultati di queste tre prove per costruire i tre cerchi di Figura 5-12, definendo, per inviluppo, la curva di guasto indicata dai punti ABCDE, sopra l’asse delle s. Si noti che la curva di inviluppo non deve essere necessariamente rettilinea. Prendiamo in considerazione i tre cerchi di Mohr di Figura 3-13; secondo il criterio di Mohr, la rottura si verifica quando, durante l’applicazione del carico, i tre cerchi si espandono fino a che uno di essi, il più grande, diventa tangente all’inviluppo di guasto. Una variante alla teoria del Mohr, chiamata il criterio di Mohr-Coulomb, o teoria degli attriti interni, assume che l’inviluppo BCD di Figura 5-12 sia rettilineo. Sotto questa ipotesi, la curva inviluppo di guasto può essere tracciata previa esecuzione delle sole due prove di trazione e di compressione. Si considerino ora le componenti principali di tensione, ordinate convenzionalmente come s1 ≥ s2 ≥ s3, di uno stato tensionale triassiale in condizione critica di guasto incipiente. Il cerchio maggiore collega s1 e s3, come nella Figura 5-13. I centri dei cerchi di Figura 5-13 sono C1, C2 e C3. I triangoli OBiCi sono simili, quindi B2C2 − B1C1 B3C3 − B1C1 = OC2 − OC1 OC3 − OC1
A Curva di guasto di Mohr
B C
D
–Sc
E σ
St
τ
Figura 5-13 Cerchio di Mohr massimo per un generico stato di tensione.
o
τ
Figura 5-12 Il limite di rottura secondo l'ipotesi di Mohr è ottenuto dall'inviluppo di tre cerchi di Mohr, uno ottenuto dalla prova di compressione monoassiale, uno dalla trazione monoassiale, e uno dal puro taglio.
σ 1 − σ 3 St St σ 1 + σ 3 − − 2 2 = 2 2 Sc St Sc St − + 2 2 2 2
Curva di guasto di Mohr-Coulomb
–Sc
σ3
σ1
O St
σ
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 195
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici σB
Diagramma delle curve limite di resistenza, secondo il criterio di Mohr-Coulomb, per stati piani di tensione.
St
σA
–Sc
Effettuando il prodotto incrociato e semplificando, si trova che si è in condizione di guasto quando si verifica la seguente disuguaglianza σ1 σ 3 − ≥1 St Sc
(5-22)
in cui si possono usare sia le resistenze allo snervamento sia quelle alla rottura. Per gli stati piani di tensione ci troviamo in una situazione simile a quanto visto per la TTM, dove, indicando le due componenti di tensione principali non nulle come sA ≥ sB, si possono verificare i tre casi seguenti. •
Caso 1: sA ≥ sB ≥ 0. In questo caso, s1 = sA e s3 = 0. L’Equazione (5-22) si riduce alla seguente condizione s A ≥ St
•
•
(5-23)
Caso 2: sA ≥ 0 ≥ sB. Qui, s1 = sA e s3 = sB, e l’Equazione (5-22) diventa σ A σB − ≥1 St S c
(5-24)
Caso 3: 0 ≥ sA ≥ sB. In questo caso, s1 = 0 e s3 = sB, e l’Equazione (5-22) diventa sB ≥ -Sc
(5-25)
Si veda la rappresentazione grafica di questi tre casi nella Figura 5-14, dove viene rappresentata anche la parte generalmente non utilizzata, in cui sB ≥ sA. Per le esigenze di dimensionamento, occorre considerare anche il coefficiente di sicurezza n, che va a dividere i valori delle tensioni di resistenza del materiale. L’Equazione (5-22) si può scrivere quindi nella forma seguente σ1 σ 3 1 − = St Sc n
(5-26)
Poiché in base alla teoria di Mohr-Coulomb non si ha la necessità di effettuare la prova di taglio, il cerchio a essa riferito si può determinare dall’Equazione (5-22). Nel caso di taglio puro t, si ha s1 = -s3 = t e lo snervamento si ha per tmax = Ssy. Sostituendo s1 = -s3 = Ssy nell’Equazione (5-22) e semplificando si ottiene S sy =
S yt S yc S yt + S yc
195
Figura 5-14
St
–Sc
I
(5-27)
Un albero di 25 mm di diametro è soggetto a un momento torcente statico pari a 230 N · m. L’albero è realizzato per fusione, in lega di alluminio 195-T6, e lavorato alla macchina utensile. La tensione di snervamento del materiale a trazione è di 160 MPa, mentre a compressione è di 170 MPa. Si stimi il fattore di sicurezza.
Esempio 5-2
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 196
196
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Soluzione La massima tensione di taglio è data da τ=
16T 16(230×103 ) = = 75 MPa π d3 π 253
Le due componenti principali di tensione non nulle sono 75 e -75 MPa, per cui, nell’ordine, s1 = 75, s2 = 0, e s3 = -75 MPa. Dall’Equazione (5-26), allo snervamento, risulta n=
1 1 = = 1.10 σ1 / S yt − σ 3 / S yc 75 /160 − (−75) /170
In alternativa, dall’Equazione (5-27) S sy =
S yt S yc 160(170) = = 82.4 MPa S yt + S yc 160 + 170
essendo tmax = 75 MPa risulta n=
S sy 82.4 = = 1.10 τ max 75
5-7 Sintesi delle tipologie di guasto dei materiali duttili Nei paragrafi precedenti sono stati presentati alcuni fra i criteri di resistenza più interessanti, che verranno messi ora a confronto per verificarne l’utilità nella pratica dei calcoli strutturali e della progettazione. In questo paragrafo verranno presi in considerazione i soli materiali duttili. I materiali fragili saranno trattati in un paragrafo a parte, dopo avere introdotto i relativi criteri di resistenza. Per favorire la scelta più appropriata e funzionale del criterio di resistenza, Marin6 si è dedicato alla raccolta di dati sperimentali da varie fonti. Se ne mostra un esempio nel diagramma di Figura 5-15.7 Mann ha raccolto molti dati per il caso delle leghe di rame e nichel, che se rappresentati, andrebbero a confondersi perfettamente fra gli altri punti del diagramma. La Figura 5-15 mostra come il criterio della tensione tangenziale massima (TTM), e il criterio dell’energia di distorsione (ED) si prestino molto bene al calcolo di resistenza per materiali che si rompono in modo duttile. Il lettore può disegnare le curve limite di altre teorie, sovrapponendole in colori diversi al diagramma, per verificare perché non siano accettabili e non vengano usate. La scelta del criterio di resistenza ottimale è lasciata al senso critico e all’esperienza dell’ingegnere progettista. Per le esigenze di progetto, il criterio della TTM è pratico, semplice da utilizzare e conservativo. Se il problema, invece, consiste nello studio delle cause di rottura di un pezzo, allora il criterio della massima energia di distorsione può risultare quello più indicato allo scopo. Nella Figura 5-15 si vede che la curva limite del criterio della massima energia di distorsione approssima al meglio i punti sperimentali, per cui è lecito aspettarsi che fornisca migliori previsioni di rottura. Nel caso di materiali duttili caratterizzati da differenti valori delle tensioni di snervamento in trazione e compressione, come si è visto, il migliore criterio di resistenza 6
Joseph Marin è stato uno dei pionieri della raccolta, dello sviluppo e della divulgazione di materiale relativo alle rotture degli elementi delle macchine. Al riguardo ha pubblicato parecchi libri e articoli, fra i quali facciamo qui riferimento a Marin J., Engineering Materials, Prentice-Hall, Englewood Cliffs, N.J. 1952 (si veda alle pp. 156 e 157 per i dettagli sulle fonti dei dati presentati). 7 Si noti che nella Figura 5-15, alcuni dati sono rappresentati al di sopra della bisettrice del primo e del terzo quadrante, nel semipiano sB ≥ sA. Si sfrutta tale parte del diagramma, ribaltando i punti rispetto alla retta sB = sA, per evitare un’inutile congestione dei dati nella parte bassa del grafico.
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 197
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici σ2 /Sc Max. σ normale
Taglio ott.
Snervamento (Sc = Sy )
1.0
Acciaio Ni-Cr -Mo Acciaio AISI 1023 Al 2024-T4 Al 3S-H
Taglio max. –1.0 0
I
Figura 5-15 Confronto fra i dati sperimentali di rottura e le curve limite dei criteri di resistenza classici. (Riprodotto dalla Figura 7-11, p. 257, Dowling N.E., Mechanical Behavior of Materials, 2a ed., Prentice Hall, Englewood Cliffs, N.J. 1999.)
σ1 /Sc
1.0
Frattura (Sc = Sut ) Ghisa grigia
–1.0
applicabile è quello di Mohr. Il criterio richiede, tuttavia, l’esecuzione di prove di resistenza secondo tre diverse modalità di carico, la costruzione grafica della curva limite di guasto e l’individuazione del massimo cerchio di Mohr ammissibile. Una buona alternativa consiste nell’impiegare il criterio di Mohr-Coulomb, che richiede l’esecuzione delle due sole prove del materiale in trazione e compressione, e fornisce una descrizione analitica semplice delle curve di guasto.
Questo esempio illustra come impiegare la teoria per determinare la resistenza di un elemento di macchina. L’esempio è utile anche per sottolineare la differenza che sussiste fra la resistenza di un elemento di macchina, la resistenza del materiale e la resistenza di un pezzo in un punto. Una certa forza F sia applicata al punto D vicino all’estremità di una leva simile a una chiave di manovra, di 400 mm di braccio, rappresentata nella Figura 5-16. Un certo
Chiave di manovra.
O A
300 mm B
40 mm D. z
Esempio 5-3
Figura 5-16
y 50 mm
50 C mm
3 mm R. 25 mm D.
400 mm F
x 40 mm D.
D
197
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 198
198
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
stato tensionale si produce, quindi, sul tratto di trave a mensola OABC. Il materiale è un acciaio AISI 1035, forgiato e trattato termicamente in modo da garantire una resistenza minima allo snervamento, secondo le ASTM, di 560 MPa. Assumiamo che le condizioni di funzionamento impongano che non si raggiunga in nessun punto della barra lo snervamento. Sotto tali ipotesi, si determini l’intensità della forza F necessaria a raggiungere la condizione critica di snervamento della leva. Soluzione Concentriamo l’attenzione sul tratto AB, nell’ipotesi che la leva CD sia sufficientemente resistente. L’acciaio AISI 1035, a seguito del trattamento termico, può presentare una riduzione di sezione del 50%, o più, e alle normali temperature di esercizio; può quindi essere considerato un materiale duttile. Ciò significa anche che il fattore di concentrazione delle tensioni nel punto A non deve essere considerato. Lo stato tensionale, in tal punto, sarà caratterizzato da una componente flettente e da una torcente. È questo il punto più debole, che governa quindi la resistenza complessiva dell’assieme. La sezione della barra, nel punto A, è di 25 mm di diametro, e le tensioni normale e tangenziale risultano le seguenti σx =
M 32 M 32(350 F ) = = = 0.228 F I / c π d3 π (253 )
τ zx =
Tr 16T 16(400 F ) = = = 0.130 F J π d3 π (253 )
Applicando il criterio dell’energia di distorsione si trova, dall’Equazione (5-15) 2 12 ) = [(0.228F)2 + 3(0.130F)2]12 = 0.320F s = (sx2 + 3tzx
Uguagliando la tensione equivalente di von Mises alla Sy, si risolve per F F=
Sy 560 = = 1750 N 0.320 0.320
In questo esempio, la resistenza del materiale nel punto A è Sy = 560 MPa. Per contro, la resistenza del pezzo vale F = 1850 N. Il componente risulta, cioè, in grado di resistere a un carico massimo di 1750 N. Vediamo ora come applicare il criterio della TTM. Nel nostro caso, in cui il punto A è soggetto a uno stato di tensione piano con una sola componente di tensione normale non nulla e una tensione tangenziale, le due tensioni principali non nulle, sA e sB, avranno segni opposti. Si ricade nel secondo caso della TTM, da cui, secondo l’Equazione (3-13), si ha ⎡⎛ σ ⎞2 ⎤ 1/2 1/2 x 2 ⎢ ⎟ σ A − σ B = 2 ⎢⎜⎜⎜ ⎟⎟ + τ zx ⎥⎥ = (σ 2x + 4τ 2zx ) ⎢⎣⎝ 2 ⎠ ⎥⎦ Si può applicare l’Equazione (5-5), da cui segue
(σ x 2 + 4τ zx 2 )
1/2
= Sy
[(0.228 F )2 + 4(0.130 F )2 ]1/2 = 0.346 F = 560 F = 1619 N che è circa del 7% inferiore al valore trovato applicando il criterio dell’energia di distorsione. Come si è visto in precedenza, il criterio della TTM è sempre più conservativo rispetto a quello della ED.
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 199
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
Il tubo incastrato a mensola, di Figura 5-17, è in lega di alluminio 2014, trattata per raggiungere una tensione minima di snervamento di 276 MPa. Si desidera effettuare la scelta di un tubo commerciale secondo le dimensioni disponibili nella Tavola A-8, impiegando un fattore di sicurezza pari a nd = 4. Il carico in estremità è pari a F = 1.75 kN, lo sforzo assiale pari a P = 9.0 kN e il momento torcente T = 72 Nm. Quanto vale il fattore di sicurezza, una volta effettuato il dimensionamento?
Esempio 5-4
Soluzione Il momento flettente massimo all’incastro vale M = 120F, la tensione normale è massima sulla superficie esterna del tubo, in corrispondenza della sezione di incastro. È diretta lungo l’asse del tubo e vale σx =
P Mc 9000 120(1750)( do / 2) 9000 105 000do + = + = + A I A I A I
(1)
dove, avendo usato i N per le forze e i mm per le lunghezze, le tensioni risulteranno espresse in MPa. La tensione di taglio per torsione, nello stesso punto, vale τ zx =
Tr 72 000(do / 2) 36 000do = = J J J
(2)
Si utilizza il criterio dell’energia di distorsione, per una maggiore accuratezza. La tensione equivalente secondo von Mises si calcola con la formula seguente 2 12 s = (sx2 + 3tzx )
(3)
Dove, sulla base della specifica di progetto, che impone il valore del fattore di sicurezza, s sarà σ′ ≤
S y 276 = = 69.0 MPa nd 4
(4)
Si noti che s viene espressa in MPa. Inserendo le Equazioni dalla (1) alla (3) in un foglio di calcolo, si vede che dalla Tavola A-8 è possibile scegliere un tubo di 42 5 mm. La tensione di von Mises vale, per queste dimensioni, s = 60.43 MPa. Ne segue che il fattore di sicurezza effettivo vale n=
Sy 276 = = 4.57 σ ′ 60.43 Figura 5-17
y
Tubo Incastrato a mensola. 120
mm
F z
P T x
I
199
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 200
200
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Per il tubo immediatamente più piccolo, scelto da catalogo con dimensioni pari a 42 4 mm, s = 71.05 MPa, con un fattore di sicurezza pari a n=
Sy 276 = = 3.88 σ ′ 71.05
5-8 Criterio della massima tensione principale per materiali fragili Il criterio della massima componente di tensione normale (MTN) prevede la rottura quando una qualsiasi delle tre componenti principali di tensione uguaglia o supera la tensione ultima di rottura del materiale. Si possono ancora una volta ordinare le tensioni principali di un generico stato tensionale come s1 ≥ s2 ≥ s3. Il criterio prevede che si raggiunga la rottura quando si verifica una delle due condizioni seguenti s1 ≥ Sut
oppure
s3 -Suc
(5-28)
dove Sut e Suc sono, rispettivamente e in valore assoluto, le tensioni ultime a rottura in trazione e compressione. Nel caso di stati piani di tensione, dove le tensioni principali sono espresse dall’Equazione (3-13), con sA ≥ sB, l’Equazione (5-28) può essere riscritta come sA ≥ Sut
oppure
sB -Suc
(5-29)
di cui si mostra una rappresentazione grafica nella Figura 5-18a. Come si è visto, le equazioni del criterio di resistenza possono essere rese in una forma più efficace per la progettazione. S σ A = ut n σB = −
sA ≥ sB ≥ 0 σ A ≥ 0 ≥σB e
Suc σ A ≥ 0 ≥ σ B e n 0 ≥ s A ≥ sB
Linea di carico 1 σB S ≤ uc σ A Sut
Linea di carico 2
σB S > uc σ A Sut
Linea di carico 3
(5-30a)
(5-30b)
Linea di carico 4
dove le linee di carico sono rappresentate nella Figura 5-18b. Prima di commentare ulteriormente il criterio della MTN, si introducono alcune modificazioni al criterio di Mohr, valide per il caso dei materiali fragili. σB
Figura 5-18 (a) Diagramma del criterio della massima tensione normale (MTN) per il caso di stati di tensione piani. Gli stati tensionali che ricadono all’esterno del diagramma portano alla rottura; (b) linee di carico.
Linea di carico 1
σB Sut O
Sut
– Suc
Sut
σA Linea di carico 2
– Suc
– Suc Linea di carico 4 (a)
σA
Linea di carico 3 (b)
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 201
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
I
201
5-9 Estensione del criterio di Mohr ai materiali fragili Si prenderanno in considerazione due varianti del criterio di Mohr per i materiali fragili: il criterio di Mohr-Coulomb fragile (MCF) e il criterio di Mohr modificato (MM). Si forniranno poi le equazioni necessarie a trattare il caso degli stati piani di tensione, nella forma progettuale che include il fattore di sicurezza. Il criterio di Mohr-Coulomb è stato presentato nel Paragrafo 5-6 con le Equazioni dalla (523) alla (5-25); scritte in termini di equazioni di progetto per materiali fragili, le equazioni prevedono l’utilizzo delle tensioni di rottura, e diventano
Mohr-Coulomb fragile σA =
Sut n
σ A σB 1 − = Sut Suc n σB = −
Suc n
σ A ≥σB ≥ 0
(5-31a)
σ A ≥ 0 ≥σB
(5-31b)
0 ≥σ A ≥σB
(5-31c)
Sulla base delle osservazioni sperimentali nel quarto quadrante, il criterio di Mohr modificato estende la zona di sicurezza come si mostra nella Figura 5-19.
Mohr modificato Sulla base delle osservazioni sperimentali nel quarto quadrante, il criterio di Mohr modificato estende la zona di sicurezza come si mostra nella Figura 5-19. Le equazioni che ne derivano sono ⎛ ⎞ σB S σ A = ut σ A ≥ σ B ≥ 0, oppure, ⎜⎜⎜σ A ≥ 0 ≥ σ B e ≤ 1⎟⎟⎟ (5-32a) ⎟⎠ ⎜⎝ σA n
(Suc − Sut )σ A
−
Suc Sut
σB 1 = Suc n
σB = −
Suc n
σ A ≥ 0 ≥σB e
σB >1 σA
0 ≥σ A ≥σB
(5-32c)
σB , MPa
Figura 5-19
300 max σ normale
hr Mo –Suc –700
mo
Sut
d.
b ulom r-Co Moh
–300
Sut 0
300
– Sut
rs To ne io
–300 Dati per ghisa grigia
–Suc –700
(5-32b)
σA, MPa
Dati di frattura per prove biassiali su ghisa grigia, sovrapposti a diversi criteri di resistenza. (Fonte: Grassi R.C. e Cornet I., Fracture of Gray Cast Iron Tubes under Biaxal Stress, J. of Applied Mechanics, vol. 16, Giugno 1949, 178182.)
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 202
202
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
I punti sperimentali restano tuttavia ancora al di fuori della zona di sicurezza. Per rappresentare meglio alcuni dati sperimentali, la curva limite introdotta dal criterio di Mohr modificato, per sA ≥ 0 ≥ sB e sBsA > 1, può essere rimpiazzata da una relazione parabolica che può rappresentare meglio alcuni dati sperimentali. Tuttavia, questo introduce un’equazione non lineare con il solo vantaggio di una minima correzione, e quindi non verrà presentato in questo testo.
Esempio 5-5
Considerare la chiave dell’Esempio 5-3, Figura 5-16, questa volta realizzata in ghisa e lavorata alla macchina utensile. La forza F necessaria a rompere la chiave misura la resistenza di questo componente. Trovare il valore della forza F nel caso di una ghisa di classe 30 ASTM, usando i criteri di resistenza: (a) Mohr-Coulomb; (b) Mohr modificato. Soluzione Ancora una volta si assume che la leva DC sia sufficientemente resistente da non far parte del problema in esame. Il materiale è una ghisa di classe 30, fragile, per cui occorre tenere in considerazione il fattore di concentrazione delle tensioni. Dalla Tavola A-13-9 si ricava, considerando Dd = 1.6 e rd = 0.12, Kt = 1.65 e dalla Tavola A-13-8 si ricava Kts = 1.4. Dalla Tavola A-24 si legge che la tensione ultima di rottura a trazione è di 214 MPa, contro i 752 MPa a compressione. Il punto maggiormente sollecitato, sulla superficie superiore in corrispondenza della sezione A, sarà soggetto a momento flettente e a momento torcente. La resistenza del pezzo dipende dalla sezione A, che è quella più debole. Le componenti di tensione normale sx e di taglio sx in A sono date da σ x = Kt
M 32 M 32(350 F ) = Kt = (1.65) = 0.376 F 3 I /c πd π (25)3
τ xy = Kts
Tr 16T 16(400 F ) = Kts 3 = (1.4) = 0.182 F J πd π (25)3
Dall’Equazione (3-13), le componenti principali di tensione non nulle, risultano σ A ,σ B =
0.376 F + 0 ± 2
⎛ 0.376 F − 0 ⎞⎟2 ⎜⎜ ⎟⎟ + (0.182 F )2 = 0.450 F ,−0.074 F ⎜⎝ ⎠ 2
Siamo dunque nel quarto quadrante del piano sA,sB. (a) Nel caso di MCF, l’Equazione (5-31b) si può applicare con n = 1, ricercando, in tal senso, la condizione di rottura σ A σ B 0.450 F (−0.074 F ) − = − =1 Sut Suc 214 752 Risolvendo per F si ottiene F = 454 N (b) Nel caso MM la pendenza della linea di carico è: sBsA = 0.0740.450 = 0.164 < 1. Si può applicare l’Equazione (5-32a) σ A 0.450 F = =1 Sut 214 F = 475 N Come ci aspettavamo, vista la Figura 5-19, il criterio di Mohr-Coulomb è più conservativo.
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 203
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
I
203
5-10 Sintesi delle tipologie di guasto dei materiali fragili Nei paragrafi precedenti si sono discussi i criteri di resistenza dei materiali che si comportano in modo fragile, intendendo per “fragile” un materiale che presenta una deformazione permanente a rottura inferiore al 5%. Occorre inoltre essere a conoscenza del fatto che alcuni materiali duttili, se impiegati a temperature di esercizio inferiori alla temperatura di transizione, possono cedere per rotture fragili. La Figura 5-20 riporta i dati sperimentali di prove di rottura in condizioni di carico biassiale per una ghisa di classe 30, assieme ad alcune curve limite dei criteri di resistenza per materiali fragili. Si nota che: • • •
nel primo quadrante i criteri della massima tensione normale, di Mohr-Coulomb e di Mohr modificato coincidono, e approssimano bene le osservazioni sperimentali; nel quarto quadrante il criterio di Mohr modificato rappresenta meglio i dati sperimentali; nel terzo quadrante, i quattro punti A, B, C e D sono pochi per giustificare una qualsiasi congettura sull’andamento della curva limite di frattura in tale zona.
5-11 Scelta del criterio di resistenza ottimale Nel caso di materiali duttili, di solito il criterio di resistenza preferito è quello dell’energia di distorsione, anche se alcuni progettisti sono soliti utilizzare il criterio della massima tensione di taglio, più semplice e di natura più conservativa. Nei rari casi in cui Syt Syc è utilizzato il criterio di Mohr-Coulomb per materiali duttili. Nel caso dei materiali fragili, il criterio di Mohr costruito con i dati di rottura a trazione, compressione e torsione, è indubbiamente il più preciso, anche se risulta di difficile applicazione. Gli ingegneri progettisti sono perciò portati a utilizzare il criterio in una delle sue forme approssimate, e precisamente nella formulazione di Mohr-Coulomb o Mohr modificato. Si veda nella Figura 5-21 un diagramma di flusso che sintetizza le possibili scelte del criterio di resistenza in funzione delle caratteristiche del materiale e per il caso di carichi di tipo statico.
5-12 Introduzione alla meccanica della frattura L’idea che il materiale presenti difetti strutturali, quali fessure o crepe, e che questi possano crescere durante l’esercizio, ha portato allo sviluppo delle tecniche di progettazione di sistemi a “danneggiamento tollerato”. Il punto essenziale della metodologia consiste nelσB
Mohr modificato
Figura 5-20
250
– Sut
30 Sut –750 –120
– Suc –90
–250
–250
–500 –60
–30
ASTM N. 30 C.I. Sut = 31 kpsi, Suc = 109 kpsi
30
–30
Sut
– Sut
–250
Sut = 214 MP a, Suc = 752 MP a Mohr-Coulomb
σB
–500 Massima tensione normale –90
C D
–1000 –150
σB σA = –1 σA
–60
B –750 –120 A
σA
– Suc
Diagramma dei punti sperimentali ottenuti dalle prove sulle ghise. Si mostrano anche le curve limite delle tre teorie valide per i materiali fragili. Si notino i punti A, B, C e D. Per evitare l’eccessivo addensarsi dei dati, i punti vengono disegnati sia per sA > sB, sia per il senso opposto. (Fonte: Walton C.F. (a cura di), Iron Castings Handbook, Iron Founders’ Society, Cleveland, Ohio 1971, pp. 215, 216.)
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 204
204
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Figura 5-21
Comportamento fragile
Diagramma di flusso per la scelta del criterio di resistenza.
< 0.05
No
Conservativo?
Mohr modificato (MM) Equazione (5-34)
Sì
Mohr-Coulomb fragile (MCF) Equazione (5-31)
Comportamento duttile
εf
≤ 0.05
No
Sì
Syt Syc?
Mohr-Coulomb duttile (MCD) Equazione (5-26)
No
Conservativo?
Energia di distorsione (ED) Equazioni (5-15) e (5-19)
Sì
Massima tensione di taglio (TTM) Equazione (5-3)
l’assumere che i difetti possano crescere fino a raggiungere una dimensione critica tale da richiedere la sostituzione del pezzo. Il metodo di analisi che può essere utilizzato, in questo senso, prende il nome di Meccanica della Frattura Lineare Elastica (MFLE). Gli interventi di ispezione periodici diventano uno strumento essenziale per riconoscere le situazioni di guasto incipienti e rimuovere i componenti dal servizio prima che le crepe rilevate possano raggiungere le dimensioni critiche. Quando sono in gioco vincoli di sicurezza o di protezione ambientale, le ispezioni periodiche delle macchine, o di parti di esse, possono essere oggetto di una rigida quanto necessaria regolamentazione normativa. Si introdurranno alcune nozioni di base e alcuni riferimenti alla terminologia necessari per un primo approccio alla materia. Lo scopo consiste nel rendere il lettore consapevole dei rischi inerenti le rotture fragili, istantanee e catastrofiche dei cosiddetti materiali duttili. In realtà l’argomento è così vasto da non potere essere trattato in modo esaustivo in questo testo, per cui si rimanda alla letteratura specialistica per uno studio di dettaglio.8 L’uso dei coefficienti di concentrazione delle tensioni, in campo elastico, indica il valore nominale del carico necessario a favorire l’innesco della deformazione plastica, o snervamento; questi coefficienti sono altresì molto utili nell’analisi dei carichi affaticanti, con cedimento per frattura dei pezzi. Tuttavia, i fattori di concentrazione di tensione possono essere utilizzati per componenti strutturali le cui dimensioni siano tutte conosciute, con particolare riferimento ai raggi di raccordo delle zone altamente sollecitate. In presenza di una crepa, di una fessura, di un’inclusione, o più in generale di un difetto del quale non si conosca l’esatto valore del raggio di curvatura, il fattore di concentrazione delle tensioni tende rapidamente all’infinito per valori del raggio che tendono a zero. In questo caso, questo tipo di approccio è quindi privo di senso. Di più, anche se fosse possibile misurare l’ampiezza del raggio di curvatura, le tensioni all’apice dell’intaglio sarebbero così elevate da indurre una deformazione plastica localizzata, circondata da una zona ancora in deformazione elastica. I fattori geometrici di concentrazione delle tensioni non sono pertanto più validi in queste situazioni, e non possono 8
I principali riferimenti sulla meccanica della frattura includono, fra gli altri: Tada H. e Paris C., The stress analysis of Cracks Handbooks, 2a ed., Paris Production, St. Louis 1985. Broek D., Elementary Engineering Fracture Mechanics, 4a ed., Martinus Nijhoff, London 1985. Broek D., The Practical Use of Fracture Mechanics, Kluwar Academic Pub., London 1988. Felbeck D.K. e Atkins A.G., Strength and Fracture of Engineering Solids, Prentice-Hall, Englewood Cliffs, N.J. 1984. Hellan K., Introduction to Fracture Mechanics, McGraw-Hill, New York 1984.
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 205
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
fornirci alcun criterio di resistenza utile per valutare la resistenza strutturale di un pezzo in presenza di crepe o, dette in termine più tecnico, cricche. Sottoponendo un pezzo a un carico affaticante in grado di accrescere progressivamente le dimensioni di una cricca pre-esistente, e misurandone la deformazione elastica e l’energia necessaria a generare le nuove superfici di frattura, è possibile calcolare il valore della tensione nominale (sul pezzo idealmente non fratturato) che è in grado di far avanzare la crepa nel componente. Questo tipo di analisi è possibile per tutti quei componenti e quelle condizioni al contorno che ammettono una soluzione nota ai problemi della teoria dell’elasticità, per i quali la frattura cresce in modo relativamente fragile e con contributi energetici misurabili. Il termine relativamente fragile viene rigorosamente definito, in modo quantitativo, nelle procedure di esecuzione delle misure sperimentali.9 Dal punto di vista fisico occorre prestare attenzione a che la frattura prosegua senza causare deformazioni plastiche apprezzabili a livello della sezione di frattura stessa. Materiali quali il vetro, gli acciai di elevata durezza e le leghe di alluminio particolarmente resistenti possono essere analizzati in questo modo. Anche acciai a basso tenore di carbonio possono essere analizzati, se mantenuti a temperature inferiori alla temperatura di transizione duttile-fragile. Fortunatamente, per il caso dei materiali duttili, si assiste a un fenomeno di deformazione plastica localizzata, che comporta la ridistribuzione delle tensioni all’apice della cricca, in modo tale che la rottura avviene per valori della tensione nominale prossimi allo snervamento. Per il caso dei materiali con comportamento intermedio fra quello “relativamente fragile” e quello “duttile”, non si hanno a tutt’oggi a disposizione dei criteri stabili per la verifica di resistenza.
Frattura quasi statica Gli esempi di frattura fragile sono molto comuni nella vita di tutti i giorni. Non è necessario recarsi in laboratorio per vedere la rottura di una provetta in ghisa sottoposta a trazione. È sufficiente osservare la frattura di un comune pezzetto di gesso. Il fenomeno è così rapido che si può pensare sia dovuto alla separazione istantanea delle due superfici di frattura. Alcuni di noi avranno provato a pattinare, da soli, lungo una pozza d’acqua ghiacciata, in inverno. Avranno anche forse udito il rumore del ghiaccio mentre si fratturava, e si saranno fermati a osservare. In tal caso le fratture si propagano abbastanza lentamente da permetterci di seguirne l’evoluzione. Il fenomeno, allora, non è istantaneo, dal momento che è necessaria una certa quantità di energia per alimentare la propagazione della crepa. Occorre quantificare tutti questi singoli aspetti per poter comprendere i dettagli della meccanica della frattura, e studiare le condizioni in cui una frattura risulta stabile e non si propaga. Le basi della meccanica della frattura risalgono al lavoro di Griffith del 1921, che utilizza i calcoli sviluppati da Inglis nel 1913, sul campo di tensioni che nasce attorno a una fessura ellittica di una lastra in stato di carico monoassiale. Nelle ipotesi di Figura 5-22, che illustra una lastra di dimensioni infinite soggetta alla tensione monoassiale s, il picco di tensione si verifica nei punti di coordinate ( a, 0), e vale ⎛ a⎞ (σ y )max = ⎜⎜⎜1 + 2 ⎟⎟⎟σ ⎝ b⎠
(5-33)
Si noti che per a = b, l’ellisse degenera in un cerchio, e l’Equazione (5-33) fornisce un valore del fattore geometrico di concentrazione delle tensioni pari a 3, in perfetto accordo con il risultato ben noto del foro circolare in una lastra infinita di Tavola A-13-1. Per il caso di una crepa sottile, ba 0, e l’Equazione (5-33) indica che (sy)max . In realtà, a livello microscopico l’apice della crepa, per quanto possa essere acuto, mantiene sempre dimensioni finite. Il fenomeno di plasticizzazione locale, inoltre, provvederà a ridistribuire le tensioni, in modo tale che l’effettivo valore della tensione all’apice sarà sempre finito. Griffith dimostrò che la crescita della cricca avviene quando, a seguito del carico applicato, l’energia potenziale elastica accumulata supera l’energia necessaria a far propagare il fronte della fessura; a questo punto, la crescita della cricca può essere stabile 9
BS 5447:1977 e ASTM E399-78.
I
205
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 206
206
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Figura 5-22
y
Lastra di dimensioni infinite soggetta a trazione con cricca ellittica.
σ
b x a
σ
oppure instabile. Durante la propagazione la superficie di frattura cresce, e l’energia potenziale accumulata varia, così come varia l’energia necessaria a fare avanzare la cricca. Se la variazione dell’energia potenziale è inferiore rispetto alla variazione dell’energia di fratturazione, la cricca si propaga in modo stabile; in caso contrario si ha la propagazione instabile, tipicamente verso una rottura rapida e catastrofica, anche se il carico era stato applicato lentamente o, per così dire, in modo “quasi-statico”. Il lavoro sperimentale di Griffith si rivolgeva per lo più ai materiali fragili, quali il vetro, per i quali l’ipotesi dell’energia di formazione della superficie di frattura era perfettamente verificata. Nel caso dei materiali duttili, si è trovato che il contributo energetico necessario a plasticizzare la zona all’apice della cricca può essere importante quanto il contributo necessario per separare le superfici di frattura.
Modi di frattura e fattore di intensificazione degli sforzi Esistono tre distinti modi secondo cui si può propagare una frattura, come mostrato nella Figura 5-23. Uno stato tensionale di trazione ricade nel modo I, modo di propagazione per apertura, rappresentato nella Figura 5-23a. Questa è la modalità più comune nella pratica, e più critica, in quanto richiede la minima quantità di energia. Il modo II, o modo di propagazione per scorrimento, di Figura 5-23b, si verifica per stati tensionali di taglio nel piano della frattura. Il modo III, o modo di propagazione per strappo, di Figura 5-23c, corrisponde a uno stato tensionale di taglio fuori dal piano della frattura. Si possono verificare anche combinazioni miste dei tre modi di frattura principali. In questo paragrafo prenderemo in considerazione il modo I che, oltre a essere la modalità di frattura più frequente, è anche la più importante. Si consideri una cricca di lunghezza 2a nella lastra di dimensioni infinite della Figura 5-24. Si può dimostrare, esprimendo le tensioni come funzioni complesse, che lo stato tensionale in un elemento di dimensioni infinitesime dx e dy, in prossimità dell’apice della crepa, vale σx =σ
θ⎛ θ a 3θ ⎞ cos ⎜⎜⎜1 − sin sin ⎟⎟⎟ ⎝ 2r 2 2 2⎠
(5-34a)
Figura 5-23 Modi di propagazione della frattura.
Modo I
Modo II
Modo III
(a)
(b)
(c)
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 207
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
σ
Frattura secondo il modo I.
dx
dy
r θ
x
a
σ
θ⎛ θ a 3θ ⎞ cos ⎜⎜⎜1 + sin sin ⎟⎟⎟ ⎝ 2r 2 2 2⎠
(5-34b)
a θ θ 3θ sin cos cos 2r 2 2 2
(5-34c)
τ xy = σ
⎪⎧⎪ 0 (in tensione piana) σ z = ⎪⎨ ⎪⎪ ν (σ x + σ y ) (in deformazione piana) ⎪⎩
(5-34d)
La tensione sy all’apice della cricca, per q = 0 vale σ y θ=0 = σ
a 2r
(a)
Come per il caso della fessura ellittica, osserviamo che syq=0 per r 0, che è un risultato ancora inadeguato a descrivere l’andamento delle tensioni nelle immediate vicinanze della cricca. La quantità σ y θ=0 2r = σ a , tuttavia, resta costante per r 0, per cui è pratica comune definire un coefficiente K, chiamato fattore di intensificazione degli sforzi, come K =σ πa
(b)
espresso nelle unità di misura MPa m o kpsi in . Dal momento che si sta considerando il modo I di frattura, l’Equazione (b) si scrive KI = σ π a
(5-35)
Il fattore di intensificazione degli sforzi non deve essere confuso con i coefficienti geometrici di concentrazione delle tensioni Kt e Kts, definiti nel Paragrafo 3-13. Si possono riscrivere le Equazioni (5-34) come σx =
θ⎛ θ KI 3θ ⎞ cos ⎜⎜⎜1 − sin sin ⎟⎟⎟ 2⎝ 2 2⎠ 2π r
(5-36a)
σy =
θ⎛ θ KI 3θ ⎞ cos ⎜⎜⎜1 + sin sin ⎟⎟⎟ ⎝ 2 2 2⎠ 2π r
(5-36b)
KI θ θ 3θ sin cos cos 2 2 2 2π r
(5-36c)
τ xy =
207
Figura 5-24
y
σy =σ
I
⎧⎪ 0 (in tensione piana) ⎪ σ z = ⎪⎨ ⎪⎪ ν (σ x + σ y ) (in deformazione piana) ⎪⎩
(5-36d)
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 208
208
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Il fattore di intensificazione degli sforzi dipende dalla geometria del sistema, dalla forma e dalle dimensioni della cricca e dal tipo di carico. Nel caso più generale possiamo riscrivere l’Equazione (5-35) in modo che sia valida per diverse configurazioni di carico e di geometria K I = βσ π a
(5-37)
dove b è un coefficiente di adattamento dell’intensificazione degli sforzi o fattore di forma. I valori di b sono disponibili, in letteratura, per i casi più frequentemente riscontrati nella pratica.10 Le Figure dalla 5-25 alla 5-30 presentano alcuni esempi di b per il modo I di propagazione della frattura.
Tenacità alla frattura Prendendo come riferimento il I modo di frattura, quando il fattore di intensificazione degli sforzi raggiunge il valore critico KIc, la frattura comincia a propagarsi. Il fattore di intensificazione degli sforzi critico KIc è una proprietà del materiale che dipende dal modo di propagazione della frattura, dal processo di fabbricazione, dalla temperatura di esercizio, dalla velocità di applicazione del carico e dal tipo di sollecitazione nell’intorno dell’apice della crepa (se stato piano di tensione o stato piano di deformazione). KIc viene anche chiamato tenacità alla frattura del materiale. La tenacità alla frattura in condizioni di stato piano di deformazione è normalmente inferiore alla tenacità in condizioni di stato piano di tensione. Per questo motivo, il coefficiente KIc Figura 5-25
2.2
Cricche fuori asse, in una lastra soggetta a tensione longitudinale; le curve in tratto continuo valgono per l’apice della crepa nel punto A; le curve tratteggiate valgono per il punto B.
A A σ
2.0 2a A
A
B d
1.8
2b
β 1.6
σ
0.4 1.4
d /b = 1.0
B
0.2 B 0.4
1.2 0.2
1.0
10
0
0.2
0.4 Rapporto a /d
0.6
0.8
Si consultino, per esempio: Tada H. e Paris P.C., The Stress Analysis of Cracks Handbook, 2a ed., Paris Productions, St. Louis 1985. Sib G.C., Handbook of Stress Intensity Factors for Researchers and Engineers, Institute of Fracture and Solid Mechanics, Lehigh University, Bethlehem, Pa. 1973. Murakami Y. (a cura di), Stress Intensity Factors Handbook, Pergamon Press, Oxford, U.K. 1987. Pilkey W.D., Formulas for Stress, Strain, and Structural Matrices, 2a ed., John Wiley & Sons, New York 2005.
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 209
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
I
Figura 5-26
7.0
Lastra in tensione longitudinale con una fessura sul bordo; le curve in tratto continuo valgono per una lastra libera di inflettersi, mentre quelle tratteggiate sono state ottenute vincolando la lastra in modo da impedire deformazioni flessionali.
σ
6.0 h a
b
h
5.0
σ β 4.0
3.0 h /b = 0.5
1.0 2.0
1.0
209
0
0.2
0.4 Rapporto a /b
0.6
0.8
Figura 5-27 2.0
Barre di sezione rettangolare con uno spigolo fessurato.
h
a M
M F
1.8 h
a F 2
l
l
F 2
1.6 β
Flessione pura 1.4
l =4 h 1.2 l =2 h
1.0
0
0.2
0.4 Rapporto a /h
0.6
0.8
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 210
210
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Figura 5-28
3 σ
Lastra in tensione, con due fessure al bordo del foro circolare.
2a
r = 0.5 b
2
r
β
r = 0.25 b
2b σ 1 r =0 b
0
Figura 5-29
0
0.2
0.4 Rapporto a /b
4.0
Cilindro cavo soggetto a tensione assiale, con fessura radiale di profondità a estesa all’intera circonferenza del cilindro.
0.6
0.8
σ
r i /r o = 0
a
a
3.0
0.1 β 0.4
σ 2.0
1.0
Figura 5-30 Cilindro soggetto a pressione interna p, con frattura radiale in direzione longitudinale di profondità a. Si usi l’Equazione (3-52) per calcolare la tensione circonferenziale per r = r0.
0.8
ro
ri
0
0.2
0.4 0.6 Rapporto a /(ro – ri )
0.8
3.4
a 3.0 pi
ri ro 2.6
β 2.2
1.8
ri /ro = 0.9
0.75
0.35 1.4
1.0
0
0.2
0.4 Rapporto a /(ro – ri )
0.6
0.8
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 211
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
Materiale
KIc, MPa
Alluminio 2024 7075 7178 Titanio Ti-6AL-4V Ti-6AL-4V Acciaio 4340 4340 52 100
m
Tabella 5-1
Sy, MPa
26 24 33
455 495 490
115 55
910 1035
99 60 14
860 1515 207 0
Valori di KIc e Sy a temperatura ambiente per alcuni materiali di uso pratico nell’ingegneria
viene anche indicato come tenacità alla frattura in stato piano di deformazione secondo il modo I. Per il caso dei materiali metallici di uso comune, il fattore KIc è tipicamente compreso nell’intervallo 20 ≤ K Ic ≤ 200 MPa ⋅ m ; per materiali polimerici e ceramici, 1 KIc 5 MPa ⋅ m . Per un acciaio 4340, con tensioni di snervamento a seguito del trattamento termico comprese fra 800 e 1600 MPa, KIc diminuisce da circa 190 a 40 MPa m . Nella Tabella 5-1 sono elencati dei valori approssimati di KIc, alle temperature tipiche di esercizio, per alcuni materiali. Come è stato già osservato, la resistenza alla frattura dipende da molti fattori, tuttavia la tabella è utile per sensibilizzarsi agli ordini di grandezza tipici del fattore KIc. Per le applicazioni reali è preferibile certificare il materiale impiegato usando le procedure di prova standard specificate dalle normative (si veda lo standard ASTM E399, dell’American Society for Testing and Materials). Uno dei problemi più critici per il progettista consiste nel riconoscere se esistono le condizioni perché si possano verificare rotture per frattura fragile. Temperature di esercizio particolarmente basse, tipicamente inferiori ai 20 °C, possono essere un indicatore chiave sulla possibilità che si inneschi un modo di guasto per frattura fragile. Le tabelle delle temperature di transizione di vari metalli non sono state pubblicate, probabilmente a causa dei forti scostamenti nelle misure sperimentali, per cui, in molte situazioni, l’esecuzione di prove di laboratorio dedicate resta l’unica possibilità per valutare quantitativamente la possibilità di rottura fragile del componente. Un altro parametro interessante come indicatore del comportamento fragile del materiale è il rapporto fra la tensione di snervamento e la tensione ultima a rottura. Un valore prossimo all’unità del rapporto SySu indica che il margine per assorbire energia per deformazione plastica è molto piccolo, e quindi il pezzo sarà probabilmente soggetto a rottura per frattura fragile. Nel caso della frattura fragile si può utilizzare il rapporto KIcKI, come coefficiente di sicurezza n=
K Ic KI
I
(5-38)
Si consideri una lastra del ponte di una nave, in acciaio da 30 mm, larga 12 m e caricata in trazione uniassiale a 50 MPa. La temperatura di esercizio è inferiore alla temperatura di transizione duttile-fragile, con KIc uguale a 28.3 MPa m . Nell’ipotesi che al centro della lastra sia presente una fessura trasversale lunga 65 mm, si calcoli la tensione di trazione necessaria a portare la lastra alla rottura fragile catastrofica. Si confronti il valore ottenuto con la resistenza allo snervamento di 240 MPa per questo acciaio.
Esempio 5-6
211
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 212
212
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Soluzione Dal diagramma di Figura 5-25, per d = b, 2a = 65 mm e 2b = 12 mm, db = 1 e ad = 6512(103) = 0.005. Il rapporto ad è così piccolo che b può essere scelto pari a 1. Segue che K I = σ π a = 50 π (32.5×10−3 ) = 16.0 MPa m Dall’Equazione (5-38) n=
K Ic 28.3 = = 1.77 K I 16.0
La tensione alla quale si verifica la rottura catastrofica vale σc =
K Ic 28.3 σ= (50) = 88.4 MPa KI 16.0
La tensione di snervamento vale 240 MPa, mentre la rottura fragile si verifica per 88.4240 = 0.37, quindi al 37% dello snervamento. Il fattore di sicurezza in queste condizioni vale KlcKl = 28.316 = 1.77, che è ben diverso da 24050 = 4.8.
Esempio 5-7
Una lastra larga 1.4 m e lunga 2.8 m deve resistere a una forza di trazione di 4.0 MN nella direzione della lunghezza. Le ispezioni sul materiale sono in grado di rilevare crepe passanti, al bordo della lastra, di lunghezza minima pari a 2.7 mm. Per questo tipo di applicazione occorre scegliere una delle due leghe di titanio Ti-6AL-4V di Tabella 5-1, minimizzando il peso per un fattore di sicurezza pari a 1.3. Quale lega conviene usare? Soluzione (a) Scegliamo la prima lega per calcolare lo spessore della lastra che permette di resistere allo snervamento. Essendo s = Pwt, si ha t = Pws. Per la lega di titanio più debole si ha, dalla Tabella 5-1, Sy = 910 MPa. Quindi σ all =
S y 910 = = 700 MPa n 1.3
Da cui t=
P 4.0(10)3 = = 4.08 mm o superiore wσ all 1.4(700)
Per il caso della lega più resistente, dalla Tabella 5-1 si ha σ all =
1035 = 796 MPa 1.3
da cui risulta uno spessore di t=
P 4.0(10)3 = = 3.59 mm o superiore wσ all 1.4(796)
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 213
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
(b) Consideriamo, adesso, lo spessore della lastra necessario a impedire la propagazione instabile di fessure di dimensioni inferiori alla dimensione minima rilevabile durante le ispezioni. Dal diagramma di Figura 5-26 si ha h 2.8 / 2 = =1 b 1.4
a 2.7 = = 0.001 93 b 1.4(103 )
In corrispondenza di questi valori, dalla Figura 5-26 si ottiene b 1.1, e KI = 1.1 σ πa n=
K Ic 115 103 = , K I 1.1σ π a
σ=
K Ic n1.1 π a
Dalla Tabella 5-1, K Ic = 115 MPa m per il caso della lega più debole. Risolvendo per s con n = 1, si ottiene la tensione critica di frattura σ=
115 1.1 π (2.7 ×10−3 )
= 1135 MPa
che è maggiore della tensione di snervamento di 910 MPa, che rappresenta, quindi, il vincolo per il dimensionamento. Per il caso della lega più resistente, Sy = 1035 MPa, e per n = 1, la tensione di frattura vale σ=
K Ic 55 = = 542.9 MPa nK I 1(1.1) π (2.7 ×10−3 )
che è inferiore alla tensione di snervamento. Lo spessore della lastra, allora, è t=
P 4.0(103 ) = = 6.84 mm o superiore wσ all 1.4(542.9 /1.3)
Questo esempio mostra che il fattore di intensificazione degli sforzi critico KIc è il limite che vincola il dimensionamento se si decide di usare la lega più resistente, nel qual caso è necessario impiegare uno spessore di almeno 6.84 mm. Se, al contrario, si decide di utilizzare la lega meno resistente, il dimensionamento è vincolato dalla tensione di snervamento, e lo spessore minimo ammissibile per la lastra è di 4.08 mm. In questo caso, viste le diverse modalità di rottura, la scelta della lega apparentemente più debole è in realtà vantaggiosa, in quanto permette di costruire una lastra più leggera.
I
213
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 214
214
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Esempio trasversale di riepilogo E-5-1 Considerando la trave AC della gru dell’Esempio trasversale E-3-1 determinare il coefficiente di sicurezza nei punti più sollecitati della trave con il criterio della tensione tangenziale massima (TTM) e con il criterio dell’energia di distorsione (ED), considerando il carico massimo P = 20 000 N applicato nella sezione C e nella sezione E. Soluzione Con il carico massimo applicato nella sezione C i punti maggiormente sollecitati risultano essere i punti a, d e b della sezione immediatamente a destra di B e per il punto g della sezione immediatamente a sinistra di B (Figura E3-6a). Per tali punti i valori di tensione ottenuti nell’esercizio sono riepilogati nella seguente tabella Punto
sx(MPa)
txy(MPa)
a b d g
0 30.75 37.11 -49.21
22.56 20.36 0 0
Applicando il criterio dell’energia di distorsione per il punto a si trova σ ′ = (σ 2x + 3τ 2xy )
12
2 12 = ⎡⎢02 + 3(22.56) ⎤⎥ = 39.12 MPa ⎣ ⎦
Ne segue che il fattore di sicurezza vale n=
Sy 235 = = 6.01 σ ' 39.12
Vediamo ora come applicare il criterio della TTM. Nel nostro caso, in cui il punto a è soggetto a uno stato di taglio puro con le componenti di tensione normale nulle e una tensione tangenziale diversa da zero, le due tensioni principali non nulle, sA e sB, saranno uguali in valore assoluto ma avranno segni opposti. Si ricade nel secondo caso della TTM, da cui si ha σ A − σ B = (σ 2x + 4τ 2xy )
12
2 12 = ⎡⎢02 + 4 (22.56) ⎤⎥ = 45.17 MPa ⎣ ⎦
In questo caso il fattore di sicurezza vale n=
Sy 235 = = 5.20 σ ' 45.17
Applicando il criterio dell’energia di distorsione per il punto b si trova σ ′ = (σ 2x + 3τ 2xy )
12
2 12 = ⎡⎢30.752 + 3(20.36) ⎤⎥ = 46.79 MPa ⎣ ⎦
Il fattore di sicurezza vale n=
Sy 235 = = 5.02 σ ' 46.79
Il punto b è soggetto a uno stato di tensione piano con una sola componente di tensione normale non nulla e una tensione tangenziale diversa da zero; le due tensioni principali
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 215
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
non nulle, sA e sB, hanno segni opposti: per il criterio della TTM si ricade nel secondo caso per cui si ha σ A − σ B = (σ 2x + 4τ 2xy )
12
2 12 = ⎡⎢30.752 + 4 (20.36) ⎤⎥ = 51.03 MPa ⎣ ⎦
e il fattore di sicurezza vale n=
Sy 235 = = 4.61 σ ' 51.03
I punti d e g sono soggetti a uno stato di tensione monoassiale, rispettivamente a trazione e a compressione. Nel punto d si ha per il criterio dell’ED s = 37.11 MPa e n = 6.33, per il criterio della TTM si ottiene sA - sB = 37.11 MPa e n = 6.33. Nel punto g si ha per il criterio dell’ED s= 49.21 MPa e n = 4.77, per il criterio TTM si ottiene sA - sB = 49.21 MPa e n = 4.77. Si riporta nella tabella seguente il sommario dei fattori di sicurezza, per un confronto Punto
ED
TTM
a
6.01
5.20
b d g
5.02 6.33 4.77
4.61 6.33 4.77
In base al criterio dell’energia di distorsione il punto più critico risulta essere il punto g della sezione immediatamente a sinistra di B mentre per il criterio della tensione di taglio massimo il punto più critico risulta essere il punto b della sezione immediatamente a destra di B. Si noti inoltre, come era lecito aspettarsi, che i fattori di sicurezza calcolati secondo il criterio della TTM sono più conservativi, e quindi sempre minori, o al limite uguali, a quelli calcolati secondo l’ED. Con il carico massimo applicato nella sezione E il punto più critico risulta essere il punto d della sezione E stessa: in tale punto si ha tensione tangenziale nulla e tensione normale data dalla somma del contributo dovuto allo sforzo normale di compressione e al momento flettente: sx = -56.15 MPa. In tale condizione di carico si ha per il criterio dell’ED s = 56.15 MPa e n = 4.19, per il criterio della TTM analogamente si ottiene sA - sB = 56.15 MPa e n = 4.19. In conclusione, per la trave AC, la condizione più critica si ha con il carico massimo applicato in E: in tale situazione per il punto d si ha un coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento di 4.19. Si lascia al lettore come esercizio la possibilità di calcolare il coefficiente di sicurezza, con il criterio della tensione di taglio massimo (TTM) e con il criterio dell’energia di distorsione (ED), nel punto più sollecitato della colonna FG.
I
215
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 216
216
I
Parte 2 I Prevenzione dei guasti
Esempio trasversale di riepilogo E-5-2 Riprogettare la colonna FG determinando lo spessore s della nuova sezione in modo da avere un coefficiente di sicurezza uguale a 4 rispetto allo snervamento, applicando il criterio dell’energia di distorsione. Soluzione In base ai risultati dell’Esempio trasversale E-3-1, la sezione più sollecitata della colonna FG risulta essere la sezione H quando il carico massimo P è applicato in C. In tale situazione nella sezione H si ha un momento flettente massimo pari a 59 091 Nm, uno sforzo assiale massimo di compressione uguale a 23 636.3 N e un taglio massimo di 52 000 N. Il calcolo delle tensioni per il dimensionamento verrà fatto per il punto b (Figura E5-1) della sezione, in cui è presente, oltre alla tensione normale dovuta al momento flettente e allo sforzo normale, anche una tensione tangenziale dovuta allo sforzo di taglio. La tensione normale può essere calcolata sommando all’Equazione (3-27) l’Equazione (3-22) σb =
N Myb 23 636.3 59 091 000 yb + =− + A I A I
(a)
dove l’area A, il momento d’inerzia I e la distanza ya dipendono dallo spessore s A = 4002 −( 400 − 2 s)
(b)
400 4 ( 400 − 2 s) − 12 12
(c)
2
4
I=
yb =
400 −s 2
(d)
La tensione tangenziale nel punto b dovuta al taglio può essere calcolata applicando l’Equazione (3-33) τb =
VQb (52 000)Qb = Ib I ×2 s
(e)
dove I è il momento d’inerzia calcolato con l’Equazione (c) e Qb è il momento statico calcolato nel punto b ⎛ 400 s ⎞⎟ − ⎟⎟ Qb = ( 400× s)⎜⎜⎜ ⎝ 2 2⎠
(f)
Applicando il criterio dell’energia di distorsione per il punto b e ponendo il coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento (Sy = 235 MPa) uguale a 4 si ha σ ′ = (σ b2 + 3τ b2 )
12
=
a
Figura E5-1
Sy 4
(g)
s
Dimensioni in millimetri.
b 400
400
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 217
Capitolo 5 I Resistenza ai carichi statici
Sostituendo le Equazioni (a) ed (e) all’interno dell’Equazione (g) e inserendo le grandezze geometriche espresse dalle Equazioni (b), (c), (d) e (f) si ottiene ⎡ ⎤2 ⎢ 12 (59 091 000)(200 − s) ⎥ 23 636.3 ⎢− ⎥ + 4 ⎢ 4002 −( 400 − 2 s)2 400 4 −( 400 − 2 s) ⎥⎥ ⎢⎣ ⎦
(
)
⎡ ⎤2 ⎛ S ⎞2 ⎢ 12 (52 000)( 400 s)(200 − s 2) ⎥ ⎥ = ⎜⎜ y ⎟⎟⎟ +3 ⎢ ⎜⎝ 4 ⎠ ⎢ 2 s 400 4 −( 400 − 2 s)4 ⎥ ⎢⎣ ⎥⎦
(
)
(h)
La precedente equazione, dipendente dall’unica incognita s, non è facilmente risolvibile in forma chiusa, pertanto per ricavare la soluzione si rende necessario l’utilizzo di un qualsiasi foglio di calcolo elettronico (Excel, Matlab, Mathematica ecc…). L’Equazione risolutiva (h) è di 8° grado quindi utilizzando un programma di calcolo si otterranno 8 soluzioni, 4 reali e 4 complesse: dei 4 valori reali 3 sono privi di senso fisico in quanto o negativi o perché forniscono un valore del momento d’inerzia privo di senso fisico; il restante valore sarà la soluzione del problema. Per esempio, utilizzando la funzione Ricerca Obiettivo di Excel si ricava s = 4.74943 mm Arrotondando a 4.8 mm si ottiene per la tensione normale complessiva il valore sb = 55.27 MPa e per la tensione tangenziale il valore tb = 10.40 MPa. La tensione equivalente di Von Mises vale: s= (55.272 + 3 10.402)0.5 = 58.13 MPa, da cui si ricava il coefficiente di sicurezza n=
235 = 4.04 58.13
Il valore ricavato è di poco superiore alla richiesta del problema e quindi accettabile. Lo spessore per la sezione della trave FG (Figura E5-1) è stato ricavato calcolando le tensioni nel punto b; è comunque necessario verificare anche il punto a in cui, pur essendo la tensione tangenziale nulla, si ha un valore maggiore della tensione normale dovuta al momento flettente. In tale punto si ha σa =
N Mya 23 636.3 59 091 000(200) + =− + = 56.71 MPa A I 7587.84 197 544 457
In a lo stato tensionale è monoassiale, quindi s= 56.71 MPa e n = 4.14. Il valore dello spessore ricavato soddisfa la specifica di resistenza rispetto allo snervamento richiesta dall’esercizio, tuttavia la sezione risultante potrebbe non essere sufficientemente rigida e quindi essere soggetta a spostamenti eccessivi: si lascia al lettore come esercizio la verifica della freccia della trave FG con la nuova sezione.
I
217
05txtI.qxp_Layout 1 06/05/20 10:33 Pagina 218