Metodologia della ricerca in psicologia 2e

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Disegni fattoriali

Introduzione 9.1 Descrizione degli effetti in un disegno fattoriale 9.1.1 Un esempio di disegno 2  2 9.1.2 Gli effetti principali e gli effetti di interazione 9.1.3

Descrizione degli effetti di interazione

9.1.4 Disegni fattoriali con tre variabili indipendenti 9.2 Analisi dei disegni fattoriali 9.2.1 Piano di analisi dei dati quando l’effetto di interazione è significativo 9.2.2 Piano di analisi dei dati quando l’effetto di interazione non è significativo 9.3 Interpretazione degli effetti di interazione 9.3.1

Effetti di interazione e verifica della teoria

9.3.2

Effetti di interazione e validità esterna

9.3.3

Effetti di interazione ed effetti soffitto e pavimento

9.3.4

Effetti di interazione e disegno a gruppi naturali

Introduzione Nei Capitoli 7 e 8 abbiamo focalizzato la nostra attenzione sui disegni sperimentali di base utilizzati dai ricercatori per studiare l’effetto di una variabile indipendente, e abbiamo descritto come si possa valutare l’effetto di una variabile indipendente impiegando un gruppo di partecipanti per ogni condizione (disegni a gruppi indipendenti) o un partecipante che sperimenta tutte le condizioni (disegni a misure ripetute). Abbiamo limitato la nostra dissertazione agli esperimenti con una sola variabile indipendente perché volevamo concentrare l’attenzione sugli aspetti fondamentali della ricerca sperimentale. Gli esperimenti con una sola variabile indipendente non sono però il tipo di esperimento più comune nella ricerca psicologica contemporanea. I ricercatori usano spesso disegni complessi in cui due o più variabili indipendenti vengono studiate simultaneamente in un esperimento. Tali disegni di ricerca sono chiamati disegni fattoriali, perché implicano la combinazione fattoriale di variabili indipendenti. La combinazione fattoriale comporta l’abbinamento di ciascun livello di una variabile indipendente con ciascun livello di una seconda variabile indipendente. Questo rende possibile

Disegni fattoriali


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PARTE

TERZA

– Metodi sperimentali

determinare l’effetto di ogni variabile indipendente da sola (effetto principale) e l’effetto delle variabili indipendenti in combinazione (effetto di interazione). I disegni fattoriali possono sembrare un po’ complicati, ma i concetti diventeranno più chiari nelle prossime pagine di questo capitolo. Cominceremo con una descrizione degli effetti dei disegni fattoriali focalizzando la nostra attenzione sul disegno fattoriale più semplice. Descriveremo poi le procedure per produrre, analizzare e interpretare gli effetti principali e gli effetti di interazione. Introdurremo infine i piani di analisi dei dati impiegati con i disegni fattoriali e concluderemo il capitolo prestando un’attenzione particolare all’interpretazione degli effetti di interazione dei disegni fattoriali.

9.1 ● ● ● ●

Descrizione degli effetti in un disegno fattoriale

I ricercatori utilizzano i disegni fattoriali per studiare gli effetti di due o più variabili indipendenti in un esperimento. Nei disegni fattoriali, ogni variabile indipendente può essere studiata con un disegno a gruppi indipendenti o con un disegno a misure ripetute. Il disegno fattoriale più semplice è il disegno 2 × 2: due variabili indipendenti, ciascuna con due livelli. Il numero di condizioni diverse in un disegno fattoriale può essere calcolato moltiplicando il numero dei livelli di ogni variabile indipendente (per esempio, 2 × 2 = 4). Disegni fattoriali più efficaci ed efficienti possono essere creati inserendo più livelli di una variabile indipendente o inserendo nel disegno più variabili indipendenti.

Un esperimento con un disegno fattoriale ha, per definizione, più di una variabile indipendente. Ogni variabile indipendente in un disegno fattoriale deve essere resa operativa impiegando o un disegno a gruppi indipendenti o un disegno a misure ripetute, secondo le procedure descritte nei Capitoli 7 e 8. Quando un disegno fattoriale ha almeno una variabile a gruppi indipendenti e almeno una variabile a misure ripetute, viene definito disegno misto. L’esperimento più semplice con disegno fattoriale ha due variabili indipendenti, ognuna con due livelli. I disegni fattoriali si indicano utilizzando il numero di livelli di ognuna delle variabili indipendenti previste dall’esperimento. Per esempio, un disegno 2 × 2 (che si legge “due per due”) identifica il disegno fattoriale più semplice, caratterizzato da due variabili indipendenti (indicate dal numero di numeri presenti nell’espressione), ciascuna delle quali con due livelli (i numeri delle due variabili indipendenti sono entrambi 2). Teoricamente esiste un numero illimitato di disegni fattoriali, poiché può essere studiato qualsiasi numero di variabili indipendenti e ogni variabile indipendente può avere qualsiasi numero di livelli. In pratica, però, è insolito trovare degli esperimenti con più di quattro o cinque variabili indipendenti, e due o tre è il numero di variabili più utilizzato. A prescindere dal numero di variabili indipendenti, il numero di condizioni in un disegno fattoriale può essere calcolato moltiplicando il numero dei livelli delle variabili indipendenti. Per esempio, se ci sono 2 variabili indipendenti ognuna delle quali ha 2 livelli (un disegno 2 × 2) ci sono 4 condizioni. In un disegno 3 × 3 ci sono 2 variabili indipendenti con 3 livelli ognuna: così ci sono 9 condizioni. In un disegno 3 × 4 × 2 ci sono 3 variabili indipendenti con 3, 4 e 2 livelli, rispettivamente, e un totale di 24 condizioni. Il vantaggio principale


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

dei disegni fattoriali è la possibilità di identificare le interazioni tra le variabili indipendenti. Ci soffermeremo sulla spiegazione di un disegno fattoriale 2 × 2, poiché la comprensione di questo disegno fattoriale di base pone le fondamenta per poter comprendere le potenzialità dei disegni fattoriali. Gli stessi possono essere estesi oltre il disegno 2 × 2 in due modi. I ricercatori possono aggiungere dei livelli a una o a entrambe le variabili indipendenti nel disegno, ottenendo disegni come il 3 × 2, il 3 × 3, il 4 × 2, il 4 × 3 e così via. Oppure i ricercatori possono estendere il disegno 2 × 2 aumentando il numero di variabili indipendenti nello stesso esperimento. Il numero di livelli di ogni variabile può andare da 2 a un certo limite superiore non specificato. L’aggiunta di una terza o quarta variabile indipendente produce dei disegni come il 2 × 2 × 2, il 3 × 3 × 3, il 2 × 2 × 4, il 2 × 3 × 3 × 2 e così via. Illustriamo subito gli effetti principali e gli effetti di interazione nei disegni fattoriali con un esempio di disegno 2 × 2.

9.1.1

Un esempio di disegno 2  2

La natura degli effetti principali e degli effetti di interazione è essenzialmente la stessa in tutti i disegni fattoriali, ma tali effetti possono essere visti più facilmente in un disegno 2 × 2. Per un esempio di questo disegno, attingiamo dalla ricca letteratura nel campo della psicologia giuridica. Ci sono poche aree in ambito giuridico che non siano state toccate degli scienziati sociali. La selezione della giuria, la natura e la credibilità dei testimoni, l’etnia dell’imputato, la presa di decisioni della giuria, le argomentazioni dell’avvocato sono solo alcuni dei molti argomenti studiati dai ricercatori. Nello studio che discuteremo in questo capitolo, i ricercatori hanno esaminato le variabili che potrebbero indurre i sospettati a rilasciare false confessioni durante un interrogatorio. Kassin et al., 2003) hanno impiegato un disegno 2 × 2 per vedere se le aspettative dell’inquirente, rispetto alla colpevolezza o all’innocenza di un indagato, influenzino le tattiche dell’interrogatorio. Kassin e collaboratori hanno condotto molti studi per identificare i fattori che inducono persone innocenti a rilasciare false confessioni. In questo studio, Kassin et al. (2003) hanno ipotizzato che una spiegazione possibile delle false confessioni sia il fatto che gli inquirenti abbiano un bias di conferma, ovvero le loro convinzioni iniziali sulla colpevolezza di un sospettato li indurrebbero a condurre interrogatori più aggressivi, a porre domande che presumono colpevolezza e a indurre i sospettati a comportarsi in maniera difensiva (che viene interpretata come colpevolezza). In genere, la teoria del bias di conferma prevede tre passaggi: (1) l’inquirente si forma un’idea sulla persona target; (2) l’inquirente si comporta verso la persona in modo coerente con la sua convinzione; (3) la persona target risponde in modo da supportare le convinzioni dell’inquirente. Nell’ambito della giustizia criminale, il risultato finale di questo processo può essere una confessione di colpevolezza da parte di una persona innocente. Kassin et al. (2003) hanno verificato la teoria del bias di conferma con un ingegnoso esperimento che coinvolgeva studenti universitari in qualità di partecipanti. Coppie di studenti partecipavano come inquirenti e sospettati. Agli “inquirenti” veniva chiesto di ricoprire il ruolo di un detective che cercava di risolvere un caso riguardante il furto di 100 dollari da un armadietto chiuso a chiave.

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PARTE

TERZA

– Metodi sperimentali

È importante sottolineare che i ricercatori hanno manipolato le aspettative dell’inquirente per quel che riguarda la colpevolezza del sospettato. Metà degli studenti inquirenti venivano assegnati casualmente alla condizione di “aspettativa di colpevolezza”, in cui lo sperimentatore diceva che 4 sospettati su 5 nell’esperimento avevano realmente commesso il crimine. Perciò, i partecipanti alla ricerca erano indotti a credere che le loro possibilità di interrogare un sospettato colpevole fossero alte (80%). Nella condizione “aspettativa di innocenza”, i ricercatori dicevano ai partecipanti che la loro probabilità di interrogare un sospettato colpevole era bassa perché solo 1 sospettato su 5 era davvero colpevole (20%). Questa variabile indipendente, “aspettativa dell’inquirente”, veniva manipolata per suscitare un bias di conferma tra gli inquirenti. Altri studenti rivestivano il ruolo dei sospettati. Poiché il comportamento dei sospettati in un interrogatorio reale è influenzato dalla loro colpa o innocenza reali, Kassin et al. (2003) manipolavano la colpevolezza o l’innocenza degli studenti usando la variabile indipendente “status del sospettato”. Nella condizione “colpevolezza”, agli studenti veniva chiesto di commettere un falso furto, ed erano istruiti a entrare in una stanza, trovare una chiave nascosta dietro a un videoregistratore, usare la chiave per aprire un armadietto, prendere 100 dollari, rimettere a posto la chiave e uscire con i 100 dollari. Agli studenti nella condizione “innocenza” veniva chiesto di avvicinarsi alla stessa stanza, bussare alla porta, aspettare la risposta (che non arrivava) e poi incontrare lo sperimentatore. Metà degli studenti ingaggiati come sospettati venivano assegnati casualmente al ruolo di colpevoli e metà al ruolo di innocenti. Tutti i sospettati venivano istruiti a convincere l’inquirente della propria innocenza e a non confessare. Gli interrogatori venivano registrati. La combinazione fattoriale delle due variabili indipendenti creava quattro condizioni in questo disegno fattoriale 2 × 2: 1. 2. 3. 4.

Davvero colpevole/Aspettativa di colpevolezza Davvero colpevole/Aspettativa di innocenza Davvero innocente/Aspettativa di colpevolezza Davvero innocente/Aspettativa di innocenza

Ricorda che ogni gruppo formato dalla combinazione delle variabili rappresenta un gruppo casuale di partecipanti. Il disegno appare così: Aspettativa dell’inquirente Status del sospettato

Colpevole

Innocente

Davvero colpevole

1

2

Davvero innocente

3

4

Kassin et al. (2003) hanno misurato alcune variabili dipendenti per poter stabilire se esistessero prove convergenti a sostegno della teoria del bias della conferma. Per esempio, hanno misurato le variabili dipendenti per gli inquirenti e i sospettati, e per altri partecipanti che ascoltavano gli interrogatori registrati (molto simili a quelli che potrebbero ascoltare dei potenziali giurati). Ci focalizzeremo su tre delle variabili dipendenti del loro esperimento per illustrare gli effetti principali e le interazioni.


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

9.1.2 ●

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Gli effetti principali e gli effetti di interazione

L’effetto complessivo di ogni variabile indipendente in un disegno fattoriale prende il nome di effetto principale, e rappresenta le differenze tra le prestazioni medie di ogni livello di una variabile indipendente a prescindere dai livelli dell’altra variabile indipendente. Un effetto di interazione tra le variabili indipendenti si presenta quando l’effetto di una variabile indipendente differisce a seconda dei livelli assunti dalla seconda variabile indipendente.

In qualsiasi disegno fattoriale complesso è possibile verificare le predizioni che riguardano l’effetto globale di ogni variabile indipendente nell’esperimento ignorando l’effetto dell’altra variabile indipendente (o delle altre variabili indipendenti). L’effetto complessivo di una variabile indipendente in un disegno fattoriale prende il nome di effetto principale. Esamineremo i due effetti principali che Kassin et al. (2003) hanno osservato nel loro esperimento per due variabili dipendenti diverse. Prima del loro interrogatorio al sospettato, gli studenti inquirenti ricevevano delle informazioni sulle tecniche di interrogatorio, inclusa una lista di possibili domande che avrebbero potuto porre sul furto. Erano dodici domande organizzate a coppie (ma presentate casualmente in una lista). Una domanda della coppia era impostata in modo da presumere la colpevolezza del sospettato (per esempio, “Come hai fatto a trovare la chiave nascosta dietro al videoregistratore?”), mentre la seconda domanda non presumeva una colpa (per esempio, “Sai qualcosa della chiave nascosta dietro al videoregistratore?”). Agli studenti inquirenti veniva chiesto di selezionare 6 domande che avrebbero potuto porre più avanti. Perciò gli studenti potevano scegliere da 0 a 6 domande che presumessero la colpa del sospettato. Basandosi sulla teoria del bias comportamentale, Kassin et al. (2003) hanno predetto che gli inquirenti nella condizione “aspettativa di colpevolezza” avrebbero selezionato più domande che presumevano la colpa di quanto avrebbero fatto gli inquirenti nella condizione “aspettativa di innocenza”. Perciò, prevedevano la presenza di un effetto principale della variabile indipendente “aspettativa dell’inquirente”. I dati per questa variabile dipendente, numero di domande con presunzione di colpa selezionate, sono presentati nella Tabella 9.1. Il numero medio delle domande con presunzione di colpa, per i partecipanti nella condizione “aspettativa di colpevolezza” (3,62), è ottenuto calcolando le medie delle condizioni “davvero colpevole” e “davvero innocente” per gli inquirenti assegnati alla condizione

Tabella 9.1 Effetto principale dell’aspettativa dell’inquirente sul numero di domande formulate con presunzione di colpa Aspettativa dell’inquirente Status del sospettato Davvero colpevole Davvero innocente Medie per le aspettative dell’inquirente Fonte: Medie ipotetiche basate su Kassin et al. (2003)

Colpevole

Innocente

3,54 3,70 3,62

2,54 2,66 2,60

Effetto principale


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PARTE

TERZA

– Metodi sperimentali

“aspettativa di colpevolezza”: (3,54 + 3,70)/2 = 3,62. Analogamente, la media complessiva della condizione “aspettativa di innocenza” è 2,60 : (2,54 + 2,66)/2 = 2,60.1 Le medie di un effetto principale rappresentano la prestazione complessiva per ciascun livello di una particolare variabile indipendente senza tener conto dei livelli dell’altra variabile indipendente. In questo caso abbiamo calcolato le medie senza tener conto della variabile “status del sospettato”, ottenendo le medie dell’effetto principale della variabile “aspettativa dell’inquirente”. L’effetto principale della variabile aspettativa dell’inquirente è la differenza tra le medie dei due livelli della variabile (3,62 – 2,60 = 1,02). Nell’esperimento di Kassin et al. (2003), l’effetto principale della variabile “aspettativa dell’inquirente” indica che il numero complessivo delle domande con presunzione di colpa era maggiore quando gli inquirenti si aspettavano che un sospettato fosse colpevole (3,62) rispetto a quando si aspettavano che il sospettato fosse innocente (2,60). I test di statistica inferenziale confermavano che l’effetto principale dell’aspettativa dell’inquirente era statisticamente significativo. Questo risultato supportava l’ipotesi dei ricercatori basata sulla teoria del bias della conferma. Occupiamoci ora della variabile dipendente “numero di tecniche persuasive”, per la quale esisteva un effetto principale statisticamente significativo della variabile indipendente “status del sospettato”. I ricercatori hanno codificato le interviste registrate per analizzare le tecniche impiegate dagli inquirenti per ottenere una confessione. Gli studenti inquirenti avevano ricevuto delle brevi istruzioni scritte riguardanti le potenti tecniche usate dalla polizia per spezzare la resistenza di un sospettato. I ricercatori contavano il numero di affermazioni dell’inquirente che riflettevano queste tecniche persuasive, come la costruzione di un rapporto, l’ammissione di colpa del sospettato o il non credere alle dichiarazioni del sospettato, gli appelli all’interesse personale o alla coscienza del sospettato, le minacce di punizione, le promesse di clemenza e la presentazione di prove false. I dati, per la variabile dipendente “numero di tecniche persuasive”, sono presentati nella Tabella 9.2. Il numero medio complessivo delle tecniche persuasive utilizzate dagli inquirenti per interrogare i sospettati davvero colpevoli è 7,15. Questo valore è ricavato calcolando la media tra i due livelli della variabile “aspettativa dell’inquirente” nella condizione “davvero colpevole”: (7,71 + 6,59)/2. Il numero medio complessivo delle tecniche persuasive usate dagli inquirenti per intervistare un sospettato davvero innocente era 11,42, ricavato calcolando il vaTabella 9.2 Effetto principale dello status del sospettato sul numero di tecniche persuasive utilizzate Aspettativa dell’inquirente Status del sospettato Davvero colpevole Davvero innocente

Colpevole

Innocente

Medie per lo status del sospettato

7,71 11,96

6,59 10,88

7,15 11,42

Fonte: Medie ipotetiche basate su Kassin et al. (2003)

1

Il semplice calcolo della media dei valori all’interno di ogni riga e colonna per ottenere le medie degli effetti principali è possibile solo quando ci sono numeri uguali di partecipanti che contribuiscono a ogni media nella tabella. Per le procedure del calcolo della media ponderata quando le celle nella tabella hanno un numero di osservazioni diverso, vedi Keppel (1991).


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

lore medio della variabile “aspettativa dell’inquirente” nella condizione “davvero innocente”: (11,96 + 10,88)/2. La differenza tra queste medie (11,42 – 7,15 = 4,27) rappresenta l’effetto principale della variabile indipendente “status del sospettato”. In media, gli inquirenti hanno usato 4,27 tecniche persuasive in più quando il sospettato era davvero innocente rispetto a quando era davvero colpevole. Kassin et al. rimasero sorpresi dal risultato che i sospettati innocenti, in entrambe le condizioni di aspettativa dell’inquirente, fossero interrogati con più aggressività dei sospettati colpevoli. Infine, possiamo esaminare i dati in cui Kassin et al. (2003) hanno osservato un effetto di interazione tra l’aspettativa dell’inquirente e le variabili indipendenti dello status del sospettato. In una seconda fase dell’esperimento, a un nuovo campione di studenti è stato chiesto di ascoltare un interrogatorio registrato e di esprimere dei giudizi sul comportamento dell’inquirente e del sospettato. Una domanda chiedeva agli studenti di valutare, su una scala a 10 punti, con quanta determinazione un inquirente avesse lavorato per ottenere la confessione dal sospettato (i numeri più alti indicavano una determinazione maggiore). Questi dati sono presentati nella Tabella 9.3. Quando due variabili indipendenti interagiscono, sappiamo che entrambe le variabili, insieme, influenzano la prestazione dei partecipanti nella variabile dipendente (in questo caso le valutazioni della determinazione degli inquirenti a ottenere una confessione). Detto in modo più formale, un effetto di interazione si presenta quando l’effetto di una variabile indipendente differisce a seconda del livello di una seconda variabile indipendente. Per comprendere l’interazione, esaminiamo la prima fila di dati della Tabella 9.3. Se fossero stati esaminati nell’esperimento solo i sospettati davvero colpevoli, avremmo concluso che le aspettative degli inquirenti non avevano avuto nessun effetto sulle valutazioni della determinazione, poiché le medie per le condizioni “aspettativa di colpevolezza” e “aspettativa di innocenza” sono quasi identiche. D’altra parte, se fossero stati presi in considerazione solo i sospettati davvero innocenti (seconda fila di dati nella Tabella 9.3), avremmo deciso che le aspettative degli inquirenti avevano avuto un ampio effetto sulla determinazione degli inquirenti a ottenere una confessione. Un effetto di interazione si vede più facilmente quando le medie per le condizioni vengono rappresentate in modo grafico. La Figura 9.1 rappresenta graficamente le quattro medie viste nella Tabella 9.3. Questi risultati indicano che la valutazione della determinazione degli inquirenti dipende dal fatto che il sospettato sia davvero innocente o davvero colpevole, e che l’inquirente si aspetti che il sospettato sia colpevole o innocente; cioè, per spiegare l’effetto, sono necessarie entrambe le variabili indipendenti. Descriveremo l’analisi statistica degli effetti di interazione nei disegni fattoriali nel successivo Paragrafo 9.2. Per ora è sufficiente imparare che si verifica un effetto di interazione quando l’effetto di una variabile Tabella 9.3 Effetto di interazione tra aspettativa dell’inquirente e status del sospettato rispetto alla determinazione a ottenere una confessione Aspettativa dell’inquirente Status del sospettato Davvero colpevole Davvero innocente Fonte: Medie fornite dal Dr. Saul Kassin

Colpevole

Innocente

5,64 7,17

5,56 5,85

271

Effetto di interazione


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PARTE

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– Metodi sperimentali

Determinazione a ottenere una confessione

Figura 9.1

TERZA

Il grafico illustra l’effetto di interazione tra aspettativa dell’inquirente e status del sospettato rispetto alla determinazione a ottenere una confessione. Fonte: Dati forniti dal Dr. Saul Kassin.

10

Davvero colpevole Davvero innocente

9 8 7 6 5 4 3 2 1

Colpevole Innocente Aspettativa dell’inquirente

indipendente differisce a seconda dei livelli di una seconda variabile indipendente e questo rende la relazione moderata (vedi il Capitolo 6). Quando una variabile indipendente interagisce con una seconda variabile indipendente, la seconda variabile indipendente deve interagire con la prima (cioè, l’ordine delle variabili indipendenti non ha importanza). Per esempio, abbiamo descritto l’interazione nella Tabella 9.3 affermando che l’effetto delle aspettative degli inquirenti dipende dallo status del sospettato. È vero anche il contrario: l’effetto dello status del sospettato dipende dalle aspettative degli inquirenti. Ora possiamo descrivere le conclusioni che Kassin et al. (2003) hanno tratto basandosi sulle analisi di tutti i loro dati. Riferendosi alla teoria del bias della conferma, hanno ipotizzato che le aspettative di colpevolezza degli inquirenti li avrebbero indotti a condurre un interrogatorio che avrebbe confermato le loro convinzioni. I loro risultati confermavano questa ipotesi: complessivamente, gli inquirenti che sospettavano che l’indagato fosse colpevole conducevano interrogatori più aggressivi. A loro volta, i sospettati nella condizione “aspettativa di colpevolezza” si mettevano sulla difensiva, e gli osservatori neutrali li percepivano come colpevoli. Il fatto che gli inquirenti nella condizione “aspettativa di colpevolezza” fossero ancora più aggressivi quando cercavano di ottenere una confessione dai sospettati che erano in realtà innocenti, dimostra il potere delle loro aspettative di colpevolezza e il potere del bias di conferma. In ambito giudiziario, gli interrogatori della polizia, che sono basati su un bias di colpevolezza del sospettato, possono scatenare una catena di eventi pregiudiziali che possono condurre a tragiche conclusioni, incluse false confessioni da parte di persone innocenti.

9.1.3 ●

Descrizione degli effetti di interazione

Le prove per gli effetti di interazione possono essere identificate usando le statistiche descrittive presentate nei grafici (per esempio, linee non parallele) o nelle tabelle (metodo sottrattivo). La presenza di un effetto di interazione viene confermata impiegando la statistica inferenziale.


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

273

PER FARE PRATICA 9.1

In questo esercizio ti viene chiesto di esaminare le Tabelle 9.1, 9.2 e 9.3 e di rispondere alle seguenti domande. 1. a. Nella Tabella 9.1, quali sono le medie per l’effetto principale della variabile indipendente status del sospettato? b. Come si confronta l’effetto principale della variabile status del sospettato con l’effetto principale della variabile aspettativa dell’inquirente in questi dati? c. È probabile che sia presente un effetto di interazione? 2. a. Nella Tabella 9.2, quali sono le medie per l’effetto principale della variabile indipendente aspettativa dell’inquirente? b. Come si confronta l’effetto principale della variabile aspettativa dell’inquirente con l’ef-

c. 3. a.

b. c.

fetto principale della variabile status del sospettato in questi dati? È probabile che sia presente un effetto di interazione? Nella Tabella 9.3, quali sono le medie per l’effetto principale della variabile indipendente aspettativa dell’inquirente? Quali sono le medie per l’effetto principale della variabile indipendente status del sospettato? Kassin et al. (2003) hanno osservato che questi effetti principali sono statisticamente significativi. Usando le medie che hai calcolato, descrivi gli effetti principali delle variabili aspettativa dell’inquirente e status del sospettato così come risultano definite nella Tabella 9.3.

La scelta di come descrivere i risultati di un effetto di interazione dipende da quale aspetto dell’effetto di interazione si vuole enfatizzare. Per esempio, Kassin et al. (2003) enfatizzavano l’effetto della variabile “aspettativa dell’interrogatorio” con sospettati innocenti e colpevoli per verificare le loro predizioni basate sulla teoria del bias comportamentale. La manipolazione delle aspettative degli inquirenti di colpevolezza o innocenza di un sospettato, infatti, permetteva loro di verificare la predizione secondo cui gli inquirenti cercherebbero di confermare le proprie aspettative. Aggiungendo la seconda variabile indipendente, Kassin et al. (2003) hanno conseguito due obiettivi: innanzitutto, una situazione sperimentale più aderente agli interrogatori reali in cui i sospettati sono colpevoli o innocenti; in secondo luogo, sono stati in grado di dimostrare che gli inquirenti con un’aspettativa di colpevolezza sono più determinati a ottenere una confessione a dispetto delle prove contrarie (per esempio, le dichiarazioni di innocenza del sospettato). Questi risultati dimostrano chiaramente come lo studio degli effetti di interazione, nei disegni fattoriali, permetta ai ricercatori di raggiungere una maggiore comprensione rispetto a quella che si può raggiungere facendo esperimenti con una sola variabile indipendente. Il ricercatore, per riportare sinteticamente le statistiche descrittive relative ai dati di un disegno sperimentale, può scegliere fra tre diversi strumenti: le tabelle, i grafici a barre e i grafici a linee. Le procedure per preparare tali tabelle e figure e i criteri per decidere quale tipo di presentazione sia meglio usare sono descritti nel Capitolo 13. In genere, le tabelle possono essere usate per qualsiasi disegno fattoriale, e sono veramente utili quando è necessario conoscere i valori esatti per ogni condizione dell’esperimento. I grafici a barre e i grafici a linee, d’altra parte, sono particolarmente utili per mostrare le tendenze dei risultati senza enfatizzarne i valori esatti. I grafici a linee sono molto utili per rappresentare i risultati dei disegni fattoriali, perché un effetto di interazione ha un’immediata vi-


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PARTE

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TERZA

– Metodi sperimentali

sibilità nel grafico a linee. Le linee non parallele nel grafico indicano un effetto di interazione; le linee parallele indicano che non c’è un effetto di interazione (vedi, per esempio, la Figura 9.1). Quando i risultati di un disegno 2 × 2 sono riassunti in una tabella, è più facile valutare la presenza o l’assenza di un effetto di interazione utilizzando il metodo sottrattivo. Col metodo sottrattivo si confrontano le differenze tra le medie di ogni riga (o colonna) della tabella. Se le differenze sono diverse, è probabile che ci sia un effetto di interazione. Nell’applicare il metodo sottrattivo, è essenziale che le differenze siano calcolate nella stessa direzione. Per esempio, per usare il metodo sottrattivo con i dati riportati nella Tabella 9.3, si possono sottrarre i punteggi medi per i due livelli dello status del sospettato (davvero colpevole e davvero innocente) nella condizione aspettativa di colpevolezza (5,64 –7,17 = –1,53) e poi fare lo stesso per la condizione aspettativa di innocenza (5,56 – 5,85 = –0,29). Anche il segno della differenza ottenuta va osservato attentamente. Il metodo sottrattivo mostra che queste differenze sono diverse, e perciò è probabile un effetto di interazione tra le due variabili. Il metodo sottrattivo può essere usato solo quando una delle variabili indipendenti ha due livelli. Nei disegni fattoriali, quando entrambe le variabili indipendenti hanno tre o più livelli, andrebbero usati i grafici per identificare gli effetti di interazione.

PER FARE PRATICA 9.2

In questo esercizio avrai la possibilità di fare pratica nell’identificare gli effetti principali e gli effetti di interazione nei disegni fattoriali 2 × 2 usando solo la statistica descrittiva.

conda del livello dell’altra variabile indipendente. In altre parole, c’è un effetto di interazione? Dopo aver verificato se ci sia l’effetto di interazione, puoi anche verificare se ogni variabile indipendente, considerata a prescindere dall’altra variabile indipendente, abbia prodotto un effetto. Cioè, c’è un effetto principale di una o entrambe le variabili indipendenti? L’esercizio sarà più utile se ti impratichisci a trasformare i dati presentati nella tabella in grafico (Figura 9.2) e i dati presentati nei grafici (Figure 9.3 e 9.4) in tabelle. Lo scopo dell’esercizio è acquisire familiarità con i vari modi di rappresentare i risultati di un disegno complesso.

Partendo dal presupposto che la pratica sia alla base della perfezione, esamina con attenzione l’esercizio che abbiamo preparato per aiutarti a imparare a identificare gli effetti principali e gli effetti di interazione. Il tuo compito è di identificare gli effetti principali e gli effetti di interazione in ognuno dei sei disegni fattoriali (da A a F). Per ogni tabella o grafico di questo riquadro, devi determinare se l’effetto di ogni variabile indipendente differisca a seFigura 9.2

Basso

3.3

3.3

5.6

1.2

Difficoltà del compito Facile

Difficile

Basso

Difficile

b

6.2

3.1

Alto

Facile

Alto

Difficoltà del compito

Livello d’ansia

a

Livello d’ansia

Numero medio di risposte corrette in funzione della difficoltà del compito e del livello d’ansia.

4.2

1.1


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

275

Violento

5

Non violento

4 3 2 1 0

TV

Videogame Tipo di media

d

Numero medio di risposte aggressive

Numero medio di risposte aggressive

Figura 9.3 c

5 4

Violento Non violento

Numero medio di risposte aggressive in funzione del tipo di media e del contenuto.

3 2 1 0

TV

Videogame Tipo di media

9.1.4

800

Complesso

700 600

Semplice

500 30 60 Ritardo (secondi)

Tempo di reazione medio (millisecondi)

Tempo di reazione medio (millisecondi)

Figura 9.4 e

f 800 Complesso 700 Semplice 600 500 30 60 Ritardo (secondi)

Disegni fattoriali con tre variabili indipendenti

La complessità e il potere dei disegni fattoriali aumentano in modo considerevole quando il numero di variabili indipendenti nell’esperimento passa da due a tre. Nel disegno a due fattori ci può essere solo un effetto di interazione, ma nel disegno a tre fattori ogni variabile indipendente può interagire con ognuna delle altre due variabili indipendenti, e tutte e tre le variabili indipendenti possono interagire insieme. Perciò il passaggio da un disegno a due fattori a un disegno a tre fattori permette di ottenere quattro effetti di interazione diversi. Se le tre variabili indipendenti fossero indicate con le lettere A, B e C, il disegno a tre fattori permetterebbe: un test degli effetti principali di A, B e C; gli effetti di interazione a due vie di A × B, A × C, B × C; l’effetto di interazione a tre vie di A × B × C. L’efficienza di un esperimento con tre variabili indipendenti è davvero notevole. Un esperimento che studia la discriminazione sul posto di lavoro ci darà il senso di quanto possano essere efficaci i disegni fattoriali. Pingitore et al., 1994) hanno studiato la possibile discriminazione nei confronti delle persone moderatamente obese in un colloquio di lavoro simulato. I partecipanti all’esperimento guardavano delle interviste videoregistrate di colloqui di lavoro. In uno dei loro esperimenti gli autori hanno usato un disegno 2 × 2 × 2. La prima variabile indipendente era il peso del candidato (normale o sovrap-

Tempo di reazione medio in funzione del ritardo e della complessità.


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PARTE

276

TERZA

– Metodi sperimentali

peso). Il ruolo del candidato nella videoregistrazione era rivestito da un attore professionista di peso normale. Nella condizione di moderata obesità, gli attori erano truccati e avevano delle protesi in modo da apparire il 20% più pesanti. La seconda variabile indipendente nell’esperimento era il sesso del candidato (maschio o femmina). La terza variabile indipendente era la preoccupazione dei partecipanti rispetto al proprio corpo e l’importanza della consapevolezza del corpo per il concetto di sé (alto o basso). Questa variabile veniva definita usando una misura di autodescrizione del proprio corpo da parte dei partecipanti. È stato impiegato un disegno a gruppi naturali per studiare la variabile “immagine corporea”. I partecipanti venivano assegnati casualmente alle diverse condizioni, e dovevano quindi valutare i candidati maschi o femmine di peso normale o moderatamente obesi (disegno a gruppi casuali). La variabile dipendente era il punteggio espresso dai partecipanti, su una scala a 7 punti, in merito alla possibilità di assumere il candidato (1 = assolutamente no e 7 = assolutamente sì). I risultati dell’esperimento di Pingitore et al. (1994) per queste tre variabili sono rappresentati nella Figura 9.5. Come si può vedere, per mostrare le medie di un esperimento a tre variabili è necessario un grafico con più di un “pannello”. Un pannello della figura mostra i risultati di due delle variabili a un livello della terza variabile, e l’altro pannello mostra i risultati delle stesse due variabili a un secondo livello della terza variabile indipendente. Avendo ormai familiarizzato con gli effetti principali e gli effetti di interazione semplici (a due vie), concentriamoci sulla comprensione dell’effetto di interazione a tre fattori o a tre vie. Come si può vedere nella Figura 9.5, un effetto di interazione a due vie fra la variabile peso e la variabile sesso del candidato si presentava solo con i partecipanti che erano molto preoccupati del proprio corpo, ossia quelli con punteggi alti nella variabile “immagine corporea” (pannello a destra nella Figura 9.5). Questi ultimi assegnavano alle candidate sovrappeso dei punteggi particolarmente bassi, ma valutavano allo stesso modo candidati e candidate normopeso. I partecipanti con punteggi bassi nella variabile “immagine corporea” (pannello a sinistra nella Figura 9.5), d’altra parte, davano

a

b

Partecipanti bassi in immagine corporea

6 5 4 3 2 1

Figura 9.5

Partecipanti alti in immagine corporea

7

Candidato Candidata Normale Sovrappeso Peso del candidato

Punteggio medio di assunzione

Punteggio medio di assunzione

7

6 5 4 3 2 1

Illustrazione di un effetto di interazione per un disegno fattoriale 2 × 2 × 2.

Candidato Candidata Normale Sovrappeso Peso del candidato


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

punteggi bassi ai candidati sovrappeso, ma la differenza tra i loro punteggi per i candidati maschi e le candidate femmine era la stessa a prescindere dal peso del candidato. Potremmo riassumere i risultati di Pingitore et al. (1994) mostrati nella Figura 9.5 dicendo che l’effetto di interazione delle variabili indipendenti peso e sesso dei candidati dipende dall’immagine corporea dei candidati. Definiamo questo tipo di risultato un effetto di interazione a tre vie (o triplo). Come si può vedere, quando abbiamo un effetto di interazione a tre vie devono essere tenute in considerazione, nel descrivere i risultati, tutte e tre le variabili indipendenti contemporaneamente. In genere, quando ci sono due variabili indipendenti, si verifica l’effetto di interazione quando l’effetto di una delle variabili indipendenti differisce a seconda del livello della seconda variabile indipendente. Quando in un disegno fattoriale ci sono tre variabili indipendenti, si presenta un effetto di interazione a tre vie quando l’interazione di due delle variabili indipendenti differisce a seconda del livello della terza variabile indipendente. I risultati mostrati nella Figura 9.5 lo illustrano bene. L’andamento dei risultati delle prime due variabili indipendenti (peso e sesso dei candidati) differisce a seconda del livello della terza variabile (immagine corporea dei partecipanti). Includendo la terza variabile indipendente, l’immagine corporea, Pingitore et al. (1994) hanno potuto approfondire maggiormente la discriminazione basata sul peso di un candidato.

9.2 ●

● ●

Analisi dei disegni fattoriali

In un disegno fattoriale con due variabili indipendenti, la statistica inferenziale viene impiegata per esaminare tre effetti: gli effetti principali per ogni variabile indipendente e l’effetto di interazione tra le due variabili indipendenti. La statistica descrittiva è necessaria per interpretare i risultati della statistica inferenziale. Il modo di interpretare i risultati di un disegno fattoriale da parte dei ricercatori cambia a seconda che nei dati sia presente o assente un effetto di interazione statisticamente significativo.

Come ormai è chiaro, un disegno fattoriale con due variabili ha tre potenziali fonti di variazione sistematica. Ci sono due potenziali effetti principali e un possibile effetto di interazione. Nel Capitolo 12 descriveremo le procedure specifiche per utilizzare il test dell’ipotesi nulla (e il test F). Un effetto statisticamente significativo in un disegno fattoriale (come in qualsiasi analisi) è un effetto associato alla probabilità che l’ipotesi nulla abbia una probabilità inferiore al livello accettato di 0,05 (vedi Capitolo 7). I test di statistica inferenziale sono impiegati, insieme alle statistiche descrittive, per determinare se un effetto di interazione si sia, di fatto, verificato. Dopo aver esaminato i dati per l’effetto di interazione, i ricercatori possono esaminarli per verificare la presenza degli effetti principali di ogni variabile indipendente. In un disegno fattoriale, proprio come in un esperimento con una variabile indipendente, possono essere necessarie ulteriori analisi per interpretare i risultati. Per esempio, un ricercatore potrebbe usare gli intervalli di confidenza per esaminare le differenze tra le medie. Il piano di analisi per gli esperimenti a disegno fattoriale differisce a seconda della presenza o meno di un effetto di interazione statisticamente significativo. La Tabella 9.4 fornisce le linee guida per in-

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278

PARTE

TERZA

– Metodi sperimentali

CENNI STATISTICI

L’analisi dei disegni fattoriali si basa sulla logica utilizzata nell’analisi degli esperimenti con una sola variabile indipendente (vedi Capitoli 7 e 12). Dopo aver verificato che nei dati non ci siano errori o anomalie, il passo successivo nell’analisi è descrivere i risultati usando le statistiche descrittive come media, deviazione standard e misure della dimensione dell’effetto. La statistica inferenziale, come il test dell’ipotesi nulla e gli intervalli di confidenza, viene utilizzata successivamente per determinare se uno qualsiasi degli effetti sia statisticamente attendibile. I ricercatori possono fare delle dichiarazioni su ciò che hanno trovato basandosi sulla statistica descrittiva e inferenziale. In questo paragrafo cercheremo di far comprendere come l’analisi dei dati venga applicata ai dise-

gni fattoriali e in particolare il modo in cui un ricercatore interpreta gli effetti di interazione e gli effetti principali. Può essere utile leggere prima l’introduzione di questo paragrafo e poi vedere la discussione su questo argomento affrontata nel Capitolo 12. L’enfasi, in entrambi i capitoli, è posta sull’approccio razionale e logico di queste analisi, piuttosto che sui dettagli del calcolo. Fortunatamente il computer ci risparmia la necessità di fare a mano i calcoli richiesti dai dati ottenuti con disegni fattoriali. D’altra parte, i computer non possono interpretare il risultato di questi calcoli: qui interveniamo noi. Procedi lentamente, studiando con attenzione questo materiale e assicurandoti di esaminare le tabelle e le figure che accompagnano la descrizione del testo.

Tabella 9.4 Linee guida per l’analisi di un esperimento a due fattori L’effetto di interazione A × B è significativo?

No

Gli effetti principali di A e B sono significativi?

Gli effetti semplici sono significativi?

No Stop

Sì Confronta le due medie

No Stop

Confronta le due medie

terpretare un esperimento a disegno fattoriale quando si presenta un effetto di interazione e quando non si presenta. Illustreremo entrambi i percorsi della Tabella 9.4, descrivendo un esperimento in cui è presente un effetto di interazione statisticamente significativo e poi uno studio in cui l’effetto di interazione non è statisticamente significativo.

9.2.1

Piano di analisi dei dati quando l’effetto di interazione è significativo

Se l’analisi di un disegno fattoriale rivela la presenza di un effetto di interazione statisticamente significativo, la fonte dell’effetto di interazione viene identificata usando le analisi degli effetti semplici e il confronto di due medie. Un effetto semplice è l’effetto di una variabile indipendente in uno specifico livello di una seconda variabile indipendente.


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

Per comprendere l’analisi degli effetti di interazione all’interno di un disegno fattoriale, esamineremo un approccio recente alla comprensione dell’effetto del pregiudizio sugli individui che vengono stigmatizzati. Gli psicologi sociali sostengono che un effetto del pregiudizio è lo sviluppo, da parte di persone appartenenti a gruppi stigmatizzati (per esempio, minoranze etniche, gay e lesbiche), di sistemi di credenze relativi all’essere svalutati dalla società. Con questa “minaccia di identità sociale”, gli individui stigmatizzati sviluppano aspettative che li inducono a essere particolarmente attenti ai segnali di giudizio negativo del loro ambiente (Kaiser et al., 2006). Questa attenzione ai segnali può avvenire a livello conscio, e allora gli individui sono consapevoli della loro particolare attenzione ai segnali di stigma. Più recentemente, però, i ricercatori hanno verificato quanto una minaccia di identità sociale renda le persone attente a informazioni potenzialmente stigmatizzanti senza esserne realmente coscienti. Un metodo per esaminare l’attenzione non cosciente è il test emozionale di Stroop. Forse conosci già la versione originale del test di Stroop, in cui ai partecipanti si chiede di pronunciare a voce alta il colore con cui sono stampate delle parole. Il test di Stroop è stato ideato per dimostrare che la lettura è automatica (almeno per gli adulti). Le persone trovano impossibile ignorare le parole stampate mentre assegnano il nome ai colori; questo effetto di elaborazione automatica è ancora più evidente nella condizione in cui le parole sono stampate in un colore diverso da quello indicato dalla parola scritta (per esempio, la parola rosso stampata in blu). Ci vuole più tempo per i partecipanti a pronunciare il nome dei colori, in questa condizione “discordante”, perché leggere la parola interferisce con l’assegnare il nome al colore. Ulteriori studi mostrano che questo effetto appare anche quando le parole sono presentate troppo velocemente (per esempio, 15 millisecondi) perché i partecipanti abbiano coscienza che è stata presentata una parola. Nel test emozionale di Stroop, le parole che indicano nomi di colori sono sostituite con parole a contenuto particolarmente rilevante per i partecipanti. Per esempio, un esperimento che esamini l’attenzione inconscia nelle persone con fobie può usare parole come serpente e ragno. Per i partecipanti fobici, ci vuole più tempo per identificare il colore di queste parole che per identificare parole con contenuto neutro, anche quando le parole sono presentate in maniera subliminale (al di fuori dell’attenzione conscia). Kaiser et al. (2006) hanno usato il test emozionale di Stroop per studiare se le donne con un’aspettativa di stigmatizzazione di genere dimostrino una maggiore attenzione inconscia alle parole sessiste che alle parole non sessiste. Hanno esaminato 35 donne con un disegno fattoriale 2 × 3. La prima variabile indipendente manipolata è stata l’identità sociale, con due condizioni, “minaccia” e “sicurezza”, in un disegno a gruppi casuali. Le partecipanti erano indotte a credere che, dopo aver completato il compito al computer, sarebbero state in coppia con un partecipante maschio (in realtà fittizio) per completare un progetto di gruppo. Alle donne venivano fornite alcune informazioni sul loro partner, in modo che si potessero fare un’idea delle sue caratteristiche personali. Nella condizione “minaccia d’identità”, il partner aveva una visione sessista (per esempio, concordava pienamente con dichiarazioni come “Non potrei lavorare per un direttore femmina perché le donne possono essere eccessivamente emotive”); nella condizione “sicurezza d’identità”, il partner veniva presentato come non sessista e del tutto in disaccordo con affermazioni sessiste. La seconda variabile indipendente nel loro disegno 2 × 3 era il tipo di parola con tre livelli: minaccia all’identità sociale, minaccia di malattia o non minac-

279


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PARTE

TERZA

– Metodi sperimentali

cia. Le parole di minaccia all’identità sociale avevano un contenuto sessista, come puttana e tettona. Le parole di minaccia di malattia (per esempio, cancro e mononucleosi) venivano usate come condizione di controllo per determinare se le donne, nella condizione “minaccia di identità”, prestassero attenzione a parole genericamente minacciose e non solo a parole di minaccia all’identità sociale. Le parole non minacciose, che rappresentavano anch’esse una condizione di controllo, descrivevano oggetti domestici comuni, come scopa o tende. Questa variabile veniva manipolata usando un disegno a misure ripetute; perciò tutti i partecipanti venivano sottoposti a tutti i tre tipi di parole in un ordine completamente controbilanciato. In una parte dell’esperimento di Kaiser et al. (2006), tutti e tre i tipi di parole venivano presentati in maniera subliminale (15 millisecondi) in diversi colori (rosso, giallo, blu, verde) e il compito dei partecipanti era di identificare i colori. I test mostrarono che i partecipanti non erano consapevoli delle parole presentate. La variabile dipendente in questo studio era il tempo di risposta per identificare il colore (in millisecondi). La misura del tempo di risposta valutava la quantità di attenzione subliminale prestata ai differenti tipi di parole; tempi di risposta più lunghi indicavano una maggior attenzione subliminale alla parola e perciò un tempo più lungo per identificare il colore. I tempi di risposta medi per ognuna delle sei condizioni sono presentati nella Tabella 9.5. Come avevano predetto Kaiser et al. (2006), si è presentato un effetto di interazione tra le due variabili indipendenti. Le donne nella condizione “minaccia d’identità” (prima riga nella Tabella 9.5) hanno impiegato un tempo maggiore a pronunciare il nome dei colori alla presenza di parole di minaccia d’identità sociale rispetto a parole di minaccia di malattia e di non minaccia. Tempi di risposta più lunghi per pronunciare il nome dei colori indicavano che le donne prestavano più attenzione subliminale alle parole. Perciò, le donne che si aspettavano di interagire con partner sessisti prestavano più attenzione subliminale alle parole che minacciavano la loro identità sociale. Invece, le donne che si attendevano l’interazione con un uomo non sessista, nella condizione “sicurezza d’identità” (seconda riga della Tabella 9.5), non differivano sostanzialmente nell’attenzione data ai tre diversi tipi di parole. Era presente un effetto di interazione, dato che l’effetto della variabile “tipo di parola” differiva a seconda del livello della variabile “identità sociale” (minaccia, sicurezza). I test di statistica inferenziale, che utilizzavano la significatività dell’ipotesi nulla, applicati a questi dati, hanno confermato che l’effetto di interazione era statisticamente significativo. Una volta che un effetto di interazione viene confermato dai dati, la fonte specifica dell’interazione viene localizzata usando ulteriori test statistici. Come Tabella 9.5 Tempi di risposta medi (in millisecondi) a seconda dell’identità sociale e del tipo di parola (presentazione subliminale) Tipo di parole Condizione di identità sociale Minaccia Sicurezza

Minaccia di identità sociale

Minaccia di malattia

Nessuna minaccia

598,9 603,9

577,7 615,0

583,9 614,5

Fonte: Dati adattati da Kaiser et al. (2006)


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

illustrato nella Tabella 9.4, i test specifici per rintracciare la fonte di un’interazione significativa sono definiti effetti semplici e confronti fra due medie (Capitolo 12). Un effetto semplice è l’effetto di una variabile indipendente a un livello di una seconda variabile indipendente. Possiamo illustrare l’uso degli effetti semplici ritornando ai risultati dell’esperimento di Kaiser et al. (2006). Ci sono cinque effetti semplici nella Tabella 9.5: l’effetto del tipo di parola in ognuno dei due livelli dell’identità sociale e l’effetto dell’identità a ognuno dei tre livelli del tipo di parola. Kaiser et al. (2006) avevano predetto che l’effetto attenzione subliminale (la differenza tra medie per i tre diversi tipi di parole) si sarebbe presentato per le donne nella condizione “minaccia d’identità” ma non per quelle nella condizione “sicurezza d’identità”. Perciò avevano scelto di esaminare gli effetti semplici del tipo di parola a ogni livello della variabile indipendente “identità sociale”. Trovarono, come predetto, che l’effetto semplice del tipo di parola era statisticamente significativo nella condizione “minaccia d’identità”, ma l’effetto semplice del tipo di parola non era statisticamente significativo nella condizione “sicurezza d’identità”. Quando vengono prese in considerazione tre o più medie in un effetto semplice, come avviene per la variabile “tipo di parola” nell’esperimento di Kaiser et al. (2006), si possono confrontare le medie due alla volta per identificare la fonte dell’effetto semplice (Capitolo 12). Prima di tutto, non sono necessarie ulteriori analisi per la condizione “sicurezza d’identità”, perché l’effetto semplice del tipo di parola non è statisticamente significativo. Il passo successivo è analizzare le medie con maggiore attenzione rispetto alla condizione “minaccia d’identità”, dove l’effetto semplice è statisticamente significativo. Nelle loro analisi delle medie considerate due alla volta, Kaiser et al. (2006) avevano notato sia un effetto atteso sia uno inatteso per le donne nella condizione minaccia d’identità. Come si aspettavano, i tempi di risposta medi erano più lunghi per le parole di minaccia all’identità sociale rispetto alle parole di minaccia di malattia. Inaspettatamente, i tempi di risposta medi non differivano quando venivano confrontate parole senza minaccia sia a parole di minaccia all’identità sociale sia a parole di minaccia di malattia. Questo solleva un’importante questione: perché le donne assegnano un’analoga attenzione subliminale alle parole non minacciose e alle parole di minaccia all’identità sociale? Kaiser et al. hanno concluso che, quando le donne si aspettavano di interagire con un maschio sessista, potevano aver associato inconsciamente le parole che descrivono oggetti di uso domestico (per esempio, cucina a gas, scopa, microonde), nella condizione non minacciosa, a compiti domestici tipizzati per sesso, come il cucinare e il pulire. Secondo Kaiser et al. (2006), “A posteriori, queste parole non minacciose potrebbero non aver rappresentato il confronto migliore” (p. 336). La loro interpretazione di questo risultato inaspettato illustra come l’interpretazione di un esperimento dipenda anche da come è condotto l’esperimento, dal tipo di stimoli utilizzati e da come vengono analizzati i dati. Una volta analizzato accuratamente l’effetto di interazione, i ricercatori possono anche esaminare gli effetti principali di ogni variabile indipendente. Tuttavia, gli effetti principali sono molto meno interessanti quando sappiamo che è avvenuto un effetto di interazione. Per esempio, l’effetto di interazione in questo esperimento ci dice che l’attenzione subliminale prestata ai diversi tipi di parole differisce a seconda del livello della minaccia di identità sociale. Una volta che sappiamo questo, non aggiungerebbe molto il sapere che, complessivamente, le donne nella condizione di sicurezza d’identità avevano tempi di risposta più lunghi

281

Effetto semplice


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PARTE

TERZA

– Metodi sperimentali

in tutti i tipi di parole, rispetto alle donne nella condizione minaccia d’identità. Nello studio di Kaiser et al. (2006), gli effetti principali del tipo di parola e le variabili indipendenti dell’identità sociale non erano statisticamente significativi. Tuttavia, ci sono esperimenti in cui sia l’effetto di interazione sia gli effetti principali destano interesse.

9.2.2

Piano di analisi dei dati quando l’effetto di interazione non è significativo

Se l’analisi di un disegno fattoriale indica che l’effetto di interazione tra le variabili indipendenti non è statisticamente significativo, il passaggio successivo nel piano di analisi è determinare se gli effetti principali delle variabili siano statisticamente significativi. La fonte di un effetto principale statisticamente significativo può essere specificata con più precisione effettuando i confronti tra due medie o usando gli intervalli di confidenza per confrontare le medie due a due.

Possiamo usare i risultati di una parte diversa dell’esperimento dell’identità sociale condotto da Kaiser et al. (2006) per esaminare l’analisi di un disegno fattoriale quando un effetto di interazione non è statisticamente significativo. I risultati che abbiamo appena descritto riguardavano le parole presentate in maniera subliminale, cioè a una velocità troppo rapida (15 millisecondi) perché i partecipanti potessero rilevare la presenza delle parole. Tuttavia, i partecipanti a questo esperimento venivano esaminati anche con parole presentate a livello cosciente. Nella condizione attenzione cosciente, le donne guardavano delle parole su uno schermo fino a quando rispondevano pronunciando il colore della parola.2 I tempi medi di risposta per i tre tipi di parole (minaccia identità sociale, minaccia malattia e nessuna minaccia) per i due differenti gruppi di donne (minaccia d’identità, sicurezza d’identità) sono presentati nella Figura 9.6. L’effetto di interazione, o, più precisamente, la mancanza di un effetto di interazione, può essere osservata nella figura. Sebbene le due linee nella figura non siano perfettamente parallele, i tempi di risposta medi sembrano decrescere in entrambi i gruppi all’incirca con lo stesso andamento. I test di statistica inferenziale confermavano che l’effetto di interazione non era statisticamente significativo. I dati mostrati nella Figura 9.6 illustrano un principio generale dell’analisi dei dati: la direzione dei risultati, come appare dalla statistica descrittiva, non è sufficiente per decidere se nell’esperimento sia presente un effetto di interazione. Devono essere fatti dei test di statistica inferenziale, come il test F, per confermare che gli effetti siano statisticamente attendibili.

2

Il lettore più attento avrà notato che lo studio di Kaiser et al. (2006) è un disegno (misto) fattoriale a 2 (identità sociali) × 3 (tipo di parola) × 2 (presentazione della parola: subliminale, cosciente). I due livelli di presentazione della parola sono stati manipolati usando un disegno a misure ripetute. L’interazione 2 × 3 × 2 tra queste variabili indipendenti era statisticamente significativa. Per analizzare ulteriormente la fonte di questa interazione a tre vie, Kaiser et al. (2006) hanno analizzato l’interazione 2 (identità sociale) × 3 (tipo di parola) separatamente per la presentazione subliminale e la presentazione cosciente. Come descritto qui, l’interazione 2 × 3 era statisticamente significativa per la presentazione subliminale ma non per la presentazione cosciente.


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

283 Figura 9.6

Tempi di risposta medi (millisecondi)

700

Risultati di un disegno fattoriale 2 × 3 senza effetto di interazione ma con effetto principale.

675 650

Fonte: Dati forniti dal Dr. Cheryl R. Kaiser.

625 600 575 550 Minaccia Sicurezza

525 500

Identità sociale

Malattia

Nessuna minaccia

Tipo di parola

Quando l’effetto di interazione non è statisticamente significativo, il passaggio successivo è quello di esaminare gli effetti principali di ogni variabile indipendente (Tabella 9.4). Nella Tabella 9.6 vengono presentate nuovamente le medie per l’esperimento di Kaiser et al. (2006) sull’attenzione consapevole, per rendere più semplice l’identificazione degli effetti principali. Facendo la media delle due condizioni di identità sociale, otteniamo i tempi di risposta medi per ogni tipo di parola (cioè, per l’effetto principale della variabile tipo di parola). Queste medie sono 637,5 per le parole di minaccia d’identità sociale, 617,6 per le parole minaccia di malattia e 610,8 per le parole senza minaccia. L’effetto principale del tipo di parola è statisticamente significativo. La fonte di un effetto principale statisticamente significativo con tre o più medie può essere specificata con più precisione confrontando le medie due a due (Capitolo 12). Questi confronti possono essere fatti usando i test t o gli intervalli di confidenza. Kaiser et al. (2006) hanno visto che, complessivamente, le donne facevano più attenzione (cioè avevano tempi di risposta più lunghi) ai segnali di minaccia d’identità sociale (M = 637,5) che ai segnali di minaccia di malattia (M = 617,6) e non minacciosi (M = 610,8). Tabella 9.6 Tempi di risposta medi (in millisecondi) a seconda dell’identità sociale e del tipo di parola (presentazione cosciente) Tipo di parola Condizione identità sociale Minaccia (n = 18) Sicurezza (n = 16) Medie per tipo di parola

Minaccia identità sociale

Minaccia di malattia minaccia

Nessuna

Medie per identità sociale

625,9 650,6 637,5*

607,4 629,0 617,6*

607,5 614,5 610,8*

613,6 631,4

Fonte: Dati forniti dal Dr. Cheryl R. Kaiser * Sono state calcolate le medie ponderate per via della disparità nelle dimensioni del campione per le condizioni di identità sociale


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284

PARTE

TERZA

– Metodi sperimentali

Non c’era differenza, tuttavia, tra le ultime due condizioni. Questi risultati indicano che, quando hanno un’attenzione consapevole ai tipi di parole, le donne prestano maggiore attenzione alle parole che indicano una minaccia alla loro identità sociale. Possiamo anche verificare l’effetto principale della variabile “identità sociale” usando le medie nella Tabella 9.6. Facendo la media della variabile “tipo di parola”, otteniamo le medie per la condizione di “minaccia d’identità” (613,6) e per la condizione “sicurezza d’identità” (631,4). L’effetto principale della variabile “identità sociale” non era statisticamente significativo, indicando che, in media, i tempi di risposta erano simili per le donne nelle condizioni di minaccia e di sicurezza. Il fatto che le due medie sembrino essere diverse, aumenta la necessità di analisi statistiche per determinare se le differenze medie siano significative. L’analisi dell’esperimento dell’identità sociale di Kaiser et al. illustra che si può imparare molto da un disegno fattoriale anche quando non c’è un effetto di interazione statisticamente significativo.

9.3

Interpretazione degli effetti di interazione

9.3.1

Effetti di interazione e verifica della teoria

Le teorie spesso predicono che due o più variabili indipendenti interagiscono per influenzare il comportamento; perciò i disegni fattoriali sono necessari per verificare le teorie. Gli esperimenti condotti per verificare delle teorie possono qualche volta produrre risultati contraddittori. Gli effetti di interazione possono essere utili per risolvere queste contraddizioni.

Le teorie giocano un ruolo importante nel metodo scientifico. I disegni fattoriali aumentano la possibilità dei ricercatori di verificare le teorie, poiché possono analizzare sia gli effetti principali sia gli effetti di interazione. Per esempio, Kaiser et al. (2006) hanno verificato le ipotesi sull’attenzione ai segnali di pregiudizio nell’ambiente, basate sulla teoria dell’identità sociale. Le ricerche precedenti avevano dimostrato che, quando l’identità sociale degli individui è minacciata, c’è un’attenzione conscia ai segnali dell’ambiente, relativi a potenziali pregiudizi. Kaiser et al. (2006) hanno esteso questa ricerca verificando l’ipotesi che gli individui minacciati prestino attenzione ai segnali di pregiudizio inconsciamente, senza consapevolezza. Poiché hanno usato un disegno fattoriale, i dati di Kaiser et al. (2006) mostrano che le donne che si aspettano di sperimentare il sessismo, confrontate alle donne che si aspettano una situazione “sicura”, prestano maggior attenzione subliminale alle parole sessiste che ad altre parole. I loro dati supportano la teoria dell’identità sociale del pregiudizio, in cui “membri di gruppi stigmatizzati sviluppano sistemi di credenze relativi all’essere svalutati, e queste aspettative li inducono a essere particolarmente attenti o vigili ai segnali di svalutazione” (Kaiser et al., 2006, p. 332). Inoltre, Kaiser et al. (2006) fanno notare che le teorie sui processi attenzionali sostengono che l’attenzione sia una risorsa limitata. Le persone che sperimentano il pregiudizio possono prestare attenzione ai segnali che minacciano la loro


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

identità sociale e perciò avere meno risorse attenzionali disponibili per altri compiti. Per esempio, gli studenti di una classe che percepiscono un possibile pregiudizio possono dirigere la loro attenzione, consciamente o inconsciamente, a possibili minacce alla loro identità sociale, e questo spostamento di attenzione potrebbe pregiudicare la loro prestazione in aula. Da notare, tuttavia, che siccome Kaiser et al. (2006) hanno manipolato la variabile indipendente della minaccia all’identità sociale con due livelli, minaccia e sicurezza, sono stati in grado di dimostrare che le risorse attenzionali non vengono distolte da potenziali minacce, quando gli individui ritengono di essere al sicuro da minacce di identità sociale. Questi risultati confermano l’importanza di creare ambienti il più liberi possibile da pregiudizi. Le teorie psicologiche che riguardano argomenti come l’identità sociale e il pregiudizio sono spesso complesse. Per spiegare il pregiudizio, per esempio, gli psicologi hanno bisogno di descrivere i processi comportamentali, cognitivi ed emotivi a livello individuale, di gruppo e societario. Come si può immaginare, le verifiche sperimentali delle teorie complesse possono condurre a risultati contraddittori. Per esempio, consideriamo un ipotetico studio sul pregiudizio in cui i membri di un gruppo svalutato non sperimentano un’attenzione inconscia accentuata verso le minacce di identità sociale. Come può questo risultato apparentemente contraddittorio essere incorporato in una teoria del pregiudizio che affermi che gli individui stigmatizzati prestano attenzione alle potenziali minacce alla loro identità? Come suggeriscono i dati dell’esperimento di Kaiser et al. (2006), un’interpretazione di questo risultato potrebbe interessare le condizioni della variabile indipendente “identità sociale, minaccia o sicurezza”. Il risultato contraddittorio potrebbe essere interpretato proponendo che i partecipanti allo studio ipotetico si sentano al sicuro dalle minacce dell’identità sociale e perciò non prestino attenzione alle potenziali fonti di svalutazione. Un approccio comune per risolvere i risultati contraddittori è quello di includere nel disegno di ricerca variabili indipendenti che controllino le potenziali variabili intervenienti (per esempio, includendo nel disegno condizioni di minaccia e sicurezza). Più in generale, i disegni fattoriali possono essere estremamente utili nel rintracciare le ragioni dei risultati apparentemente contraddittori degli esperimenti. Il processo può essere estremamente laborioso ma può anche produrre buoni frutti.

9.3.2 ●

Effetti di interazione e validità esterna

Quando non c’è l’effetto di interazione in un disegno fattoriale, gli effetti di ogni variabile indipendente possono essere generalizzati tra i livelli dell’altra variabile indipendente, aumentando così la validità esterna delle variabili indipendenti. La presenza di un effetto di interazione identifica i limiti per la validità esterna di un risultato, specificando le condizioni in cui avviene un effetto di una variabile indipendente.

Nel Capitolo 7 abbiamo trattato in modo approfondito le procedure per stabilire la validità esterna di un risultato di ricerca quando un esperimento comporta una sola variabile indipendente. Abbiamo descritto come si potrebbero fare delle repliche parziali per stabilire la validità esterna, ovvero la misura in cui possono essere generalizzati i risultati della ricerca. Abbiamo anche visto come gli esperimenti sul

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TERZA

– Metodi sperimentali

campo permettano ai ricercatori di esaminare le variabili indipendenti in situazioni reali. Ora possiamo esaminare il ruolo dei disegni fattoriali nello stabilire la validità esterna di un risultato. La presenza o l’assenza di un effetto di interazione è importante per determinare la validità esterna dei risultati in un disegno fattoriale. Quando non c’è effetto di interazione in un disegno fattoriale, sappiamo che gli effetti di ogni variabile indipendente possono essere generalizzati tra i livelli dell’altra variabile indipendente. Per esempio, pensiamo ai risultati dello studio di Kassin et al. (2003) sulle aspettative degli inquirenti quando interrogano un sospettato. Gli autori hanno visto che, quando gli inquirenti si aspettavano che il sospettato fosse colpevole, selezionavano più domande in cui c’era presunzione di colpa rispetto a quando si aspettavano che il sospettato fosse innocente, indipendentemente dal fatto che il sospettato fosse davvero colpevole o davvero innocente; non c’era dunque un effetto di interazione tra la variabile “aspettative dell’inquirente” e la variabile “status del sospettato”. Perciò la selezione di domande con maggior presunzione di colpa da parte degli inquirenti che si aspettavano la colpevolezza può essere generalizzata alle situazioni in cui il sospettato è davvero colpevole o innocente. Naturalmente, non possiamo generalizzare i nostri risultati oltre i limiti o le condizioni previste dall’esperimento. Per esempio, l’assenza di un effetto di interazione tra le aspettative dell’inquirente e lo status del sospettato non ci permette di concludere che la selezione di domande con presunzione di colpa sarebbe stata simile se fossero stati esaminati altri gruppi, per esempio, i poliziotti. Analogamente, non sappiamo se gli stessi effetti si sarebbero presentati se fossero state usate altre manipolazioni delle aspettative degli inquirenti. Dobbiamo anche ricordare che non trovare un effetto di interazione statisticamente significativo non significa necessariamente che davvero non sia presente un effetto di interazione: possiamo non aver eseguito un esperimento dotato di sufficiente sensibilità per rilevarlo. Come abbiamo visto, l’assenza di un effetto di interazione aumenta la validità esterna degli effetti di ogni variabile indipendente nell’esperimento. Forse ancora più importante, la presenza di un effetto di interazione identifica i limiti per la validità esterna di un risultato. Per esempio, Kassin et al. (2003) hanno anche visto che gli inquirenti che si aspettavano che il sospettato fosse colpevole, piuttosto che innocente, facevano più pressione per ottenere una confessione sui sospettati che erano in realtà innocenti rispetto a quelli che erano colpevoli. Questo effetto di interazione stabilisce chiaramente i limiti della validità esterna dell’effetto delle aspettative degli inquirenti sulla pressione per ottenere una confessione. Alla luce di questo risultato, il modo migliore per rispondere a una domanda che riguardi l’effetto generale delle aspettative degli inquirenti sul loro sforzo per ottenere una confessione è dire “dipende”. In questo caso, dipende dal fatto che il sospettato sia in realtà colpevole o innocente. La presenza di un effetto di interazione stabilisce i limiti per la validità esterna, ma l’effetto di interazione specifica anche quali siano questi limiti. La possibilità che vi siano effetti di interazione tra le variabili indipendenti dovrebbe renderci cauti nel dire che una variabile indipendente non ha un effetto sul comportamento. Le variabili indipendenti che influenzano il comportamento sono definite variabili indipendenti rilevanti. In genere, una variabile indipendente rilevante è quella che influenza direttamente il comportamento (determina un effetto principale) o produce un effetto di interazione quando studiata in combinazione con una seconda variabile indipendente. La distinzione tra i fattori che influiscono


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

sul comportamento e quelli che non influiscono è essenziale per sviluppare delle teorie adeguate a spiegare il comportamento e a progettare interventi efficaci per affrontare problemi in contesti naturali quali scuole, ospedali e fabbriche (Capitolo 11). Ci sono varie ragioni del perché dovremmo essere cauti nell’identificare una variabile indipendente come irrilevante. Innanzitutto, se è dimostrato che una variabile indipendente non ha effetto in un esperimento, non possiamo assumere che questa variabile non avrebbe un effetto se fossero testati livelli diversi della variabile indipendente. In secondo luogo, se una variabile indipendente non ha effetto in un esperimento a fattore singolo, questo non significa che non interagirebbe con un’altra variabile indipendente se usata in un disegno fattoriale. In terzo luogo, se una variabile indipendente non ha un effetto in un esperimento, si sarebbe forse potuto osservare un effetto con variabili dipendenti diverse. Quarto, l’assenza di un effetto statisticamente significativo può significare o può non significare che l’effetto non sia presente. Come minimo, dovremmo prendere in considerazione la sensibilità del nostro esperimento e il potere della nostra analisi statistica prima di decidere di aver identificato una variabile irrilevante (vedi Capitolo 12 per una dissertazione sul potere di un’analisi statistica). Per ora, è meglio evitare di essere categorici nel dire che una qualsiasi variabile indipendente non ha alcun effetto.

9.3.3 ●

Effetti di interazione ed effetti soffitto e pavimento

Quando la prestazione dei partecipanti raggiunge un massimo (effetto soffitto, o ceiling effect) o un minimo (effetto pavimento, o floor effect) in una o più condizioni di un esperimento, i risultati per un effetto di interazione non sono interpretabili.

Consideriamo i risultati di un esperimento 3 × 2 che studia gli effetti di una quantità crescente di pratica sulla prestazione durante un test di efficienza fisica. Sei gruppi di partecipanti sono stati coinvolti in questo plausibile, ma ipotetico, esperimento. I partecipanti venivano prima assegnati a un allenamento di 10, 30 o 60 minuti, con esercizi facili o difficili. Poi facevano un test di fitness usando esercizi facili o difficili (gli stessi su cui si erano allenati). La variabile dipendente era la percentuale di esercizi che ogni partecipante era in grado di completare in un periodo di 15 minuti. I risultati dell’esperimento sono presentati nella Figura 9.7. L’andamento dei risultati nella Figura 9.7 sembra un classico effetto di interazione; l’effetto della quantità di tempo di allenamento differiva per gli esercizi facili e difficili. Un tempo maggiore di allenamento migliorava il test di prestazione per gli esercizi difficili, ma la prestazione si stabilizzava dopo 30 minuti di allenamento per gli esercizi facili. Se a questi dati fosse applicata un’analisi standard, l’effetto di interazione sarebbe molto probabilmente statisticamente significativo. Sfortunatamente, questo effetto di interazione non sarebbe interpretabile. Per i gruppi che si esercitavano con esercizi facili, la prestazione raggiungeva il livello massimo dopo 30 minuti di pratica, così non poteva esserci alcun miglioramento oltre questo punto nel gruppo dei 60 minuti. Anche se i partecipanti con pratica di 60 minuti avessero ulteriormente beneficiato dall’esercizio extra, lo sperimentatore non avrebbe potuto misurare il miglioramento nella variabile dipendente scelta.

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TERZA

– Metodi sperimentali

Figura 9.7 Illustrazione di un effetto soffitto.

100

Percentuale di esercizi completati

90 80 70 60 50 40 30 Esercizi facili 20

Esercizi difficili

10 10

30

60

Quantità di pratica (in minuti)

Effetto soffitto

Effetto pavimento

L’esperimento precedente illustra il problema generale di misurazione indicato come effetto soffitto. Ogni volta che la prestazione raggiunge il massimo risultato possibile in qualsiasi condizione di un esperimento, c’è il pericolo dell’effetto soffitto. Quando, all’opposto, la prestazione raggiunge il minimo risultato possibile (per esempio, zero errori in un test), si ha l’effetto pavimento. I ricercatori possono evitare gli effetti soffitto e pavimento selezionando variabili dipendenti che abbiano un’ampia gamma di punteggi per misurare le differenze di prestazione nelle diverse condizioni. Per esempio, nell’esperimento prima descritto sarebbe stato meglio verificare la performance dei partecipanti con un numero maggiore di esercizi di quelli che ognuno potrebbe aspettarsi di completare nel tempo assegnato per il test. Il numero medio di esercizi completato in ogni condizione potrebbe poi essere usato per valutare gli effetti delle due variabili indipendenti senza il pericolo di un effetto soffitto. È importante notare che gli effetti soffitto possono anche porre un problema negli esperimenti che non comportano un disegno fattoriale. Anche se l’esperimento fitness avesse incluso solo gli esercizi facili, ci sarebbe stato lo stesso un effetto soffitto nell’esperimento.

9.3.4 ●

Effetti di interazione e disegno a gruppi naturali

I ricercatori usano i disegni fattoriali per poter trarre inferenze causali sulle variabili dei gruppi naturali quando verificano una teoria sul perché i gruppi naturali differiscono. I tre passaggi necessari per poter trarre un’inferenza causale con una variabile dei gruppi naturali sono: esporre una teoria del perché esistono differenze di gruppo; manipolare una variabile indipendente che dovrebbe dimostrare il processo teorizzato; verificare se si presenti un effetto di interazione tra la variabile indipendente manipolata e la variabile che crea i gruppi naturali.


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

Il disegno a gruppi naturali, descritto brevemente nel Capitolo 7, è uno dei disegni di ricerca più popolari in psicologia. Vengono formati gruppi di persone selezionando individui che differiscono per alcune caratteristiche come il genere, l’età, l’introversione-estroversione o l’aggressività, per nominare solo alcune variabili delle differenze individuali. I ricercatori poi cercano relazioni sistematiche tra queste variabili relative alle differenze individuali e ad altri aspetti del comportamento. Il disegno a gruppi naturali è un disegno efficace per stabilire correlazioni tra le caratteristiche degli individui e le loro prestazioni. Come abbiamo descritto anche nel Capitolo 7, tuttavia, il disegno a gruppi naturali è forse il disegno più impegnativo quando si tratta di trarre conclusioni sulle cause del comportamento. La difficoltà nell’interpretare il disegno a gruppi naturali sorge quando cerchiamo di concludere che le differenze nella prestazione sono causate dalle caratteristiche delle persone che abbiamo usato per definire i gruppi. Per esempio, prendiamo in considerazione un esperimento in cui i partecipanti sono selezionati per la loro formazione musicale. Un gruppo di partecipanti è costituito da persone con dieci o più anni di formazione musicale accademica, e un altro gruppo da persone senza formazione accademica. Entrambi i gruppi vengono testati sulla loro abilità a ricordare le note musicali per semplici melodie a 10 note. Non sorprende che i risultati di questi test mostrino che chi ha una formazione musicale accademica abbia prestazioni molto migliori di chi non ce l’ha. Possiamo concludere sulla base di questi risultati che la memoria per melodie semplici varia con (è correlata a) la quantità di formazione musicale. Ma non possiamo concludere che la formazione musicale causa una prestazione mnemonica superiore. Perché no? Ci sono probabilmente molti altri modi in cui le persone con dieci anni di formazione musicale differiscono da quelle senza tale formazione. I gruppi possono differire per la quantità e il tipo di istruzione generale, il contesto familiare, lo status socioeconomico e la quantità e il tipo di esperienza avuto nell’ascolto della musica. Inoltre, quelli che hanno una formazione musicale possono avere in genere una memoria migliore di chi non ha questa formazione, e la loro maggiore memoria per semplici melodie può riflettere questa capacità mnemonica generale. Infine, quelli che hanno perseguito la propria formazione musicale possono averlo fatto perché avevano una speciale attitudine per la musica. Di conseguenza, avrebbero potuto fare meglio sul compito di memoria anche se non avessero avuto alcuna formazione musicale. In breve, ci sono molte cause possibili, oltre alle differenze individuali nella formazione musicale, per la differenza osservata nella prestazione musicale. C’è una possibile soluzione al problema di trarre delle inferenze causali basate su un disegno a gruppi naturali (Underwood e Shaughnessy, 1975). La chiave è sviluppare una teoria per quel che riguarda la variabile relativa alla caratteristica delle differenze individuali considerate. Per esempio, Halpern e Bower (1982) erano interessati a capire come la memoria per le note musicali differisse tra musicisti e non musicisti; essi hanno sviluppato una teoria sull’influenza della formazione musicale nell’elaborazione cognitiva delle notazioni musicali. La loro teoria era basata su un concetto di memoria detto chunking. Ci si può fare un’idea del vantaggio mnemonico fornito dal chunking provando a immaginare di memorizzare la seguente stringa di 15 lettere: HBOFBICNNUSAWWW. Il chunking aiuta la memoria cambiando la stessa stringa di lettere in una serie di frammenti più facilmente memorizzabili: HBO-FBI-CNN-USA-WWW.

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TERZA

– Metodi sperimentali

Halpern e Bower (1982) hanno teorizzato che la formazione musicale alleni i musicisti a “spezzare” le note musicali in unità musicali significative, riducendo perciò la quantità di informazioni da ricordare per riprodurre le note di una semplice melodia. Inoltre se questo processo fosse responsabile della differenza tra la prestazione mnemonica di musicisti e non musicisti, allora la differenza tra musicisti e non musicisti dovrebbe essere maggiore per le melodie con una bella struttura musicale che per le melodie con una brutta struttura. Halpern e Bower (1982) hanno manipolato la variabile indipendente della struttura musicale per verificare la loro teoria. Per farlo, hanno usato tre tipi diversi di melodie per verificare i loro gruppi di musicisti e non musicisti. Hanno preparato dei set di semplici melodie le cui note avevano strutture visive simili ma che erano belle, brutte o casuali nella loro struttura musicale. Halpern e Bower (1982) nel loro esperimento volevano vedere se avrebbero ottenuto un effetto di interazione tra le due variabili indipendenti: la formazione musicale e il tipo di melodie. In particolare, si aspettavano che la differenza nella prestazione mnemonica tra musicisti e non musicisti sarebbe stata maggiore per le melodie con una bella struttura, media per le melodie con una brutta struttura e minore per le melodie casuali. I risultati dell’esperimento hanno confermato esattamente le loro previsioni. Ottenere l’effetto di interazione ha permesso a Halpern e Bower (1982) di escludere molte ipotesi alternative per la differenza nella prestazione mnemonica tra musicisti e non musicisti. Caratteristiche quali la quantità e il genere di istruzione generale, lo status socioeconomico, il contesto familiare e una buona memoria è probabile che non spieghino perché ci sia una relazione sistematica tra la struttura delle melodie e la dimensione della differenza nella prestazione mnemonica tra musicisti e non musicisti. Queste potenziali ipotesi alternative non riescono a spiegare perché ci fosse una piccola differenza nella prestazione mnemonica dei due gruppi per le melodie casuali. L’effetto di interazione rende tali semplici spiegazioni correlazionali molto meno plausibili. Ci sono varie fasi che il ricercatore deve affrontare nel portare a termine la procedura generale per trarre inferenze causali basate sul disegno a gruppi naturali. Il primo passaggio è quello di sviluppare una teoria che spieghi perché dovrebbe esserci una differenza nella prestazione di gruppi che sono stati differenziati sulla base di una variabile relativa a caratteristiche individuali. Per esempio, Halpern e Bower (1982) hanno teorizzato che i musicisti e i non musicisti differissero nell’esecuzione musicale per il modo in cui questi gruppi organizzano cognitivamente (chunk) le melodie. Fase uno: sviluppare una teoria

Il secondo passaggio è quello di selezionare una variabile indipendente che possa essere manipolata e che si presume influenzi la probabilità che avvenga questo processo teorico. Halpern e Bower (1982) hanno suggerito che questo tipo di struttura musicale sia una variabile associata alla facilità di chunking. Fase due: identificare una variabile rilevante da manipolare

L’aspetto più importante è cercare di produrre un effetto di interazione tra la variabile manipolata e la variabile “individuale”. Perciò, la variabile indipendente rilevante manipolata è applicata a entrambi i gruppi naturali. Halpern e Bower (1982) hanno cercato un effetto Fase tre: verificare l’effetto di interazione


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

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di interazione tra la variabile “individuale” (musicisti vs non musicisti) e la variabile manipolata (“tipo di struttura musicale”) nel disegno fattoriale 2 × 3. Il ricercatore può approfondire i fattori che spieghino le differenze tra i gruppi naturali esaminando le predizioni degli effetti di interazione di tre variabili indipendenti: due variabili indipendenti manipolate e la variabile delle differenze individuali (vedi, per esempio, Anderson e Revelle, 1982).

RIASSUNTO

Un disegno fattoriale è quello in cui vengono studiate, nello stesso esperimento, due o più variabili indipendenti. Un disegno fattoriale con due variabili indipendenti permette ai ricercatori di determinare l’effetto complessivo di ogni variabile indipendente (l’effetto principale di ogni variabile). Ancor più importante, i disegni fattoriali possono essere usati per determinare l’effetto di interazione tra le variabili indipendenti. Gli effetti di interazione si presentano quando l’effetto di ogni variabile indipendente dipende dal livello dell’altra variabile indipendente. Il disegno fattoriale più semplice è il disegno 2 × 2, in cui due variabili indipendenti sono entrambe studiate a due livelli. Il numero di condizioni in un disegno fattoriale è uguale al prodotto dei livelli delle variabili indipendenti (per esempio, 2 × 3 = 6). I disegni fattoriali superiori al 2 × 2 possono essere ancora più utili per comprendere il comportamento. Possono essere aggiunti ulteriori livelli di una o entrambe le variabili indipendenti per produrre disegni come il 3 × 2, il 3 × 3, il 4 × 2, il 4 × 3 e così via. Possono essere incluse ulteriori variabili indipendenti per produrre disegni come il 2 × 2 × 2, il 2 × 3 × 3 e così via. Gli esperimenti con tre variabili indipendenti sono molto efficienti. Permettono ai ricercatori di determinare gli effetti principali di ognuna delle tre variabili, i tre effetti di interazione a due vie e l’effetto di interazione simultanea di tutte e tre le variabili. Quando vengono studiate due variabili indipendenti in un disegno fattoriale, possono essere interpretate tre potenziali fonti della variazione sistematica. Ogni variabile indipendente può produrre un effetto principale statisticamente significativo e le due variabili indipendenti possono combinarsi per produrre un effetto di interazione statisticamente significativo. Gli effetti di interazione possono essere inizialmente identificati col metodo sottrattivo quando

la statistica descrittiva è riportata in una tabella, o con la presenza di linee non parallele quando i risultati appaiono in un grafico a linee. Se l’effetto di interazione si dimostra statisticamente significativo, possiamo analizzare ulteriormente i risultati esaminando gli effetti semplici e, se necessario, confrontando le medie a due a due. Quando non si presenta un effetto di interazione, esaminiamo gli effetti principali di ogni variabile indipendente e quando necessario possiamo usare i confronti delle due medie o gli intervalli di confidenza. I disegni fattoriali giocano un ruolo importante nel verificare le predizioni derivate dalle teorie psicologiche. I disegni fattoriali sono essenziali anche per risolvere le contraddizioni che nascono quando vengono testate le teorie. Quando viene usato un disegno fattoriale e non si presenta un effetto di interazione, sappiamo che gli effetti di ogni variabile possono essere generalizzati tra i livelli dell’altra variabile indipendente (o delle altre variabili indipendenti). Quando si presenta un effetto di interazione, tuttavia, i limiti della validità esterna di un risultato possono essere chiaramente specificati. La possibilità che si presentino effetti di interazione ci richiede di espandere la definizione di una variabile indipendente rilevante per includere le variabili che influenzano direttamente il comportamento (producono effetti principali) e quelle che producono un effetto di interazione quando studiate in combinazione con un’altra variabile indipendente. Gli effetti di interazione che possono presentarsi a causa di problemi di misurazione, come gli effetti soffitto e pavimento, non devono essere confusi con gli effetti di interazione che riflettono il vero effetto combinato delle due variabili indipendenti. Gli effetti di interazione possono anche essere molto utili nel risolvere il problema di trarre inferenze causali basate sul disegno a gruppi naturali.


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TERZA

– Metodi sperimentali

CONCETTI CHIAVE

Disegni fattoriali.....................................................................265 Effetto principale ..................................................................269 Effetto di interazione ..........................................................271

Effetto semplice .....................................................................281 Effetto soffitto .........................................................................288 Effetto pavimento .................................................................288

DOMANDE DI VERIFICA

1. Identifica il numero di variabili indipendenti, il numero di livelli per ogni variabile indipendente e il numero totale di condizioni per ognuno dei seguenti esempi di esperimenti con disegno complesso: (a) 2 × 3; (b) 3 × 3; (c) 2 × 2 × 3; (d) 4 × 3. 2. Identifica le condizioni di un disegno fattoriale quando le seguenti variabili indipendenti siano combinate in modo fattoriale: (1) tipo di compito con tre livelli (visivo, uditivo, tattile) e (2) gruppo di bambini esaminati con due livelli (normale, sviluppo ritardato). 3. Usa i risultati di Kassin et al. (2003) sulla determinazione degli inquirenti a ottenere una confessione, riportati nella Tabella 9.3, per mostrare che ci sono due possibili modi per descrivere l’effetto di interazione. 4. Descrivi come useresti il metodo sottrattivo per decidere se sia presente un effetto di interazione nella tabella che mostra i risultati di un disegno complesso 2 × 2. 5. Descrivi l’andamento in un grafico a linee che indichi la presenza di un effetto di interazione in un disegno complesso.

6. Delinea le fasi del programma di analisi per un disegno complesso con due variabili indipendenti quando ci sia un effetto di interazione e quando non esista un effetto di interazione. 7. Usa un esempio per illustrare come possa essere utilizzato un disegno complesso per verificare predizioni derivate da una teoria psicologica. 8. Com’è la validità esterna dei risultati in un disegno complesso influenzato dalla presenza o assenza di un effetto di interazione? 9. Spiega perché i ricercatori dovrebbero essere cauti nel dire che una variabile indipendente non ha un effetto sul comportamento. 10. Descrivi il modello di statistica descrittiva che indicherebbe che un effetto soffitto (o pavimento) possa essere presente in un set di dati e descrivi come questo andamento dei dati possa influire sulla loro interpretazione effettuata impiegando statistiche inferenziali (per esempio, il test F). 11. Spiega come possano essere usati gli effetti di interazione in un disegno complesso per risolvere il problema di trarre inferenze causali sulla base di un disegno a gruppi naturali.

PER RIFLETTERE

1. Esamina un esperimento in cui siano state manipolate due variabili indipendenti. La variabile A è stata manipolata a tre livelli e la variabile B è stata manipolata a due livelli. A. Disegna un grafico che mostri un effetto principale della variabile B, assenza di effetto

principale della variabile A e assenza di effetto di interazione tra le due variabili. B. Disegna un grafico che mostri l’assenza di effetto principale per la variabile A, l’assenza di effetto principale per la variabile B ma un effetto di interazione tra le due variabili.


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali C. Disegna un grafico che mostri un effetto principale della variabile A, un effetto principale della variabile B e nessun effetto di interazione tra le variabili A e B. 2. Un ricercatore ha utilizzato un disegno fattoriale per studiare gli effetti della formazione (non formato vs formato) e la difficoltà del problema (facile vs difficile) sulla capacità di problem solving dei partecipanti. Il ricercatore ha esaminato complessivamente 80 partecipanti, con un’assegnazione casuale di 20 a ognuno dei quattro gruppi che risultavano dalla combinazione fattoriale delle due variabili indipendenti. I dati, presentati nella tabella sottostante, rappresentano la percentuale media dei problemi che i partecipanti hanno risolto in ognuna delle quattro condizioni. Formazione Difficoltà del problema

Non formato

Facile

90 95

Difficile

30 60

Formato

A. C’è la prova di un possibile effetto di interazione in questo esperimento? B. Quale aspetto dei risultati proposti ti farebbe esitare nell’interpretare un effetto di interazione, ammesso che ce ne sia uno, in questo esperimento? C. Come potrebbe il ricercatore modificare l’esperimento così da essere in grado di interpretare un effetto di interazione, qualora dovesse presentarsi? 3. Uno psicologo vuole capire se le persone anziane soffrono di un deficit del tempo di reazione nell’elaborare modelli visivi complessi. 50 sessantacinquenni e 50 giovani adulti in età universitaria si offrono come volontari per partecipare all’esperimento. I partecipanti vengono esaminati utilizzando un compito con figure a incastro. Gli psicologi presentano una figura semplice a ogni partecipante seguita immediatamente da un modello complesso che contiene la figura semplice. Il partecipante deve indicare, il più velocemente possibile, dov’è localizzata la figura semplice nel modello complesso. I partecipanti sono cronometrati dal momento della presentazione del modello complesso fino a quando localizzano la fi-

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gura semplice. Come ipotizzato dallo psicologo, i tempi di reazione medi per gli adulti anziani sono decisamente più lunghi di quelli dei giovani adulti. Qualunque sia il criterio utilizzato i risultati sono statisticamente significativi. A. Lo psicologo dichiara, basandosi su questi risultati, che le differenze nei tempi di reazione in questo esperimento sono causate da un deficit nell’abilità dell’adulto anziano di elaborare informazioni complesse. Riconoscerai che avrebbe bisogno di fare un esperimento con disegno complesso prima di poter concludere che gli adulti anziani soffrono di un deficit nell’elaborazione di un modello visivo complesso. Quale ulteriore prova sui tempi di reazione potrebbe somministrare lo psicologo a entrambi i gruppi al fine di trasformare il suo esperimento in un disegno complesso? Descrivi il risultato di un esperimento con disegno complesso che supporterebbe l’affermazione secondo cui gli adulti anziani soffrirebbero di un deficit nell’elaborazione di informazioni complesse e un altro risultato che ti indurrebbe a dubitare di tale affermazione. B. Riconoscendo che il suo studio originale è imperfetto, lo psicologo cerca di classificare a posteriori i partecipanti (per classificazione a posteriori o post hoc si intende qualunque modo di classificare i partecipanti non previsto nel disegno sperimentale e attuato dopo che sono stati raccolti i dati) nel tentativo di equilibrare i suoi due gruppi. Decide per abbinamento una classificazione in base allo stato di salute generale (assumendo cioè che migliore è lo stato di salute generale, più veloci siano i tempi di reazione). Sebbene non possa ottenere un equilibrio perfetto tra i gruppi con la classificazione post hoc, trova che quando prende in considerazione solo i risultati dei 15 anziani più sani, i loro tempi di reazione sono solo leggermente più lunghi della media dei giovani adulti. Spiega come questo risultato cambierebbe la conclusione dello psicologo per quel che riguarda l’effetto dell’età sui tempi di reazione. Potrebbe lo psicologo raggiungere la conclusione generale che gli adulti anziani non soffrono di un deficit nel tempo di reazione in questo compito? Perché o perché no?


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TERZA

– Metodi sperimentali

RISPOSTE ALLE DOMANDE PER FARE PRATICA 9.1 1. (a) Davvero colpevole: M = 3,04. Davvero innocente: M = 3,18. (b) La differenza tra le medie per la variabile indipendente “status del sospettato” è 0,14, che è una differenza molto piccola confrontata con la differenza media osservata per l’effetto, statisticamente significativo, dell’aspettativa dell’inquirente sul numero di domande che presuppongono la colpevolezza (3,62 – 2,60 = 1,02). (c) Usando il metodo sottrattivo, la differenza tra le condizioni “davvero colpevole” e “davvero innocente” nella condizione “aspettativa di colpevolezza” è –0,16 (3,54 – 3,70). Nella condizione “aspettativa di innocenza”, questa differenza è –0,12 (2,54 – 2,66). Poiché queste differenze sono molto simili, è improbabile che ci sia un effetto di interazione. 2. (a) Aspettativa di colpevolezza: M = 9,84. Aspettativa di innocenza: M = 8,74. (b) La differenza tra le medie per le condizioni “aspettativa di colpevolezza” e “aspettativa di innocenza” è 1,1 (cioè, circa 1 tecnica persuasiva in più nella condizione “aspettativa di colpevolezza” che nella condizione “aspettativa di innocenza”). Al contrario, per l’effetto principale, statisticamente significativo, della variabile indipendente “status del sospettato”, la differenza nel numero di tecniche persuasive usate tra le condizioni di “davvero colpevole” e “davvero innocente” è 4,27 (11,42 – 7,15). (c) È improbabile un effetto di interazione. Usando il metodo sottrattivo, la differenza tra le condizioni “davvero colpevole” e “davvero innocente” nella condizione “aspettativa di colpevolezza” (7,71 – 11,96 = -4,25) è molto simile al valore calcolato per la condizione “aspettativa di innocenza” (6,59 – 10,88 = -4,29). 3. (a) Aspettativa di colpevolezza: M = 6,40. Aspettativa di innocenza: M = 5,70. (b) Davvero colpevole: M = 5,60. Davvero innocente: M = 6,51. (c) L’effetto principale, statisticamente significativo, della variabile “aspettativa dell’inquirente” indica che la determinazione a ottenere una confessione (la variabile dipendente) è maggiore nella condizione “aspettativa di colpevolezza” (M = 6,40) che nella condizione “aspettativa di innocenza” (M = 5,70). L’effetto principale, statisticamente significativo, della variabile status del sospettato indica che la determinazione a ottenere una confessione è maggiore nella condizione “davvero innocente” (M = 6,51) che nella condizione “davvero colpevole” (M = 5,60).

RISPOSTE ALLE DOMANDE PER FARE PRATICA 9.2 A. Effetto di interazione, effetto principale della difficoltà del compito. B. Nessun effetto di interazione, effetti principali della difficoltà del compito e livello d’ansia. C. Nessun effetto di interazione, effetti principali del tipo di media e contenuto. D. Effetto di interazione, effetti principali del tipo di media e contenuto. E. Effetto di interazione, effetti principali del ritardo e della complessità del modello (ulteriori analisi statistiche sono necessarie per verificare questi effetti). F. Nessun effetto di interazione, effetti principali di ritardo e complessità del modello.


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CAPITOLO 9 – Disegni fattoriali

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