L’impresa sostenibile*
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1.1 L’impresa come sistema complesso e sostenibile 1.1.1 La complessità del sistema impresa 1.1.1.1 Il “sistema impresa” e le sue caratteristiche basilari L’impresa è un sistema costituito da un insieme di attori e risorse, organizzato per la realizzazione di attività finalizzate al raggiungimento di determinati obiettivi, attraverso l’interdipendenza con una molteplicità di soggetti esterni. La combinazione di attori, risorse, attività, relazioni interne ed esterne evolve nel tempo, influenzata dalle condizioni del contesto (o dei contesti) in cui l’impresa è collocata. Le connessioni tra le persone, le unità organizzative e le tecnologie all’interno dell’impresa e quelle con gli attori chiave esterni delineano quella che Kay1 ha definito l’“architettura” dell’impresa, e sono determinanti del modo in cui essa compete ed evolve. Gli attori interni che costituiscono il sistema impresa e quelli esterni con i quali esso stabilisce relazioni sono portatori di propri obiettivi. Essi rappresentano, dunque, forze che si condizionano reciprocamente e influenzano (in modo non necessariamente fisiologico) l’evoluzione dello stesso sistema aziendale. Nel corso di questa evoluzione, attraverso lo svolgimento delle sue attività, l’impresa apprende, maturando un proprio insieme di conoscenze che sono alla base del suo operare. In questo senso, essa va considerata come un sistema cognitivo. In un’epoca particolarmente complessa e in rapido mutamento come la nostra, la capacità di apprendere è del tutto decisiva; si può sostenere che il fondamentale fattore distintivo di un’organizzazione sia la sua capacità di imparare meglio, “a 360 grandi”, e più rapidamente degli altri e di saper utilizzare tale apprendimento per innovare in risposta ai cambiamenti in atto nel proprio contesto rilevante. Insieme a questo, sono *
architettura
sistema cognitivo
Il capitolo è stato curato dal prof. Matteo Caroli. Kay J.A., Foundations of corporate success, Oxford University Press, 1993.
1 Cfr.
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Parte I Gli elementi fondanti l’impresa sostenibile
spinta imprenditoriale
stabilità e routine
sistema complesso
natura autopoietica
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fondamentali: la capacità di anticipare le tendenze cruciali per il business; la condivisione dei problemi e delle soluzioni con tutti gli attori coinvolti, arrivando a un collective understanding; la trasparenza dei processi decisionali e di valutazione. Nell’evoluzione dell’impresa, è essenziale la “spinta imprenditoriale”. Tale spinta può avere natura più strettamente economica (realizzare ricchezza economica; avere un’occupazione remunerata; migliorare le condizioni economiche proprie e dei propri familiari); oppure, essere caratterizzata da aspetti anche ideali (realizzare un’idea innovativa; contribuire alla soluzione di un problema collettivo). Essa può mutare nel tempo, sia per l’evoluzione degli obiettivi personali e delle prospettive del soggetto imprenditore sia per il suo avvicendamento alla guida dell’azienda. Il sistema impresa evolve attraverso l’alternarsi di fasi di stabilità e di cambiamento. Secondo la definizione di Mintzberg e Waters (1982), esso progredisce secondo: «[…] a pattern of sprints and pauses which suggests an inchworm analogy […]». Sulla linea di pensiero di Schumpeter, per Fazzi e Pacces l’attività imprenditoriale si esplica nell’alternarsi di azioni volte a dare al sistema impresa una struttura stabile ed efficiente e azioni innovative che determinano l’evoluzione di tale struttura e della sua iniziale posizione nell’ambiente. Nel sistema impresa si alternano, dunque, fasi in cui sono ricercate stabilità e routine a fasi di impulso, in cui l’azione innovatrice dell’imprenditore modifica lo status quo. La regolazione dell’alternanza tra le fasi di stabilizzazione e quelle di impulso è funzione fondamentale dell’organo di governo dell’impresa.
1.1.1.2 I fattori di complessità del sistema impresa L’impresa è un sistema complesso, definito da Herbert Simon come «(…) un sistema composto da un gran numero di parti che interagiscono in modo non semplice. In un sistema complesso, l’insieme è qualcosa di più della somma delle parti; non in senso metaforico né metafisico, ma nell’importante senso pragmatico per il quale, date le proprietà delle parti e le leggi della loro interazione, non è semplice inferirne le proprietà del tutto». L’impresa è un sistema complesso e gerarchico, nel senso che i sottosistemi che lo costituiscono sono in rapporto fra loro; ogni sottosistema è subordinato con un certo rapporto di autorità al sistema di cui fa parte. Secondo Simon, la natura gerarchica favorisce l’evoluzione del sistema stesso poiché aumenta le sue capacità di adattamento ai cambiamenti dell’ambiente. La complessità del sistema impresa sta anche nella sua natura autopoietica. All’inizio degli anni Ottanta dello scorso secolo, Maturana e Varela introdussero questo termine per descrivere un sistema che evolve a partire da sé stesso, «per cui non c’è separazione tra produttore e prodotto». In quanto sistema autopoietico, l’impresa ha due proprietà apparentemente contrastanti: è aperta, poiché scambia risorse con l’ambiente di cui è parte; è chiusa, poiché è in grado di mantenere relativamente stabile la propria organizzazione, rendendola in una certa misura impermeabile alle spinte provenienti dall’esterno. La chiusura dell’impresa rispetto all’ambiente non va quindi intesa come isolamento, poiché coesiste con lo scambio di risorse con l’esterno. L’impresa delinea i propri confini, sulla base del proprio patrimonio
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Capitolo 1 L’impresa sostenibile
di conoscenze e, conseguentemente, delle attività che svolge nel processo di auto generazione. Nonostante la scelta del confine possa cambiare (e spesso cambi effettivamente), il suo mantenimento rimane condizione essenziale per la conservazione del sistema. Per altro, il confine di un’impresa non agisce da barriera verso l’esterno, quindi non interrompe le relazioni che questa ha con i soggetti esterni; piuttosto, distingue l’impresa dal suo ambiente, rendendola un’identità separata da esso e differenziando le connessioni esistenti al suo interno da quelle stabilite con l’esterno. Lo scambio con l’ambiente (attuato attraverso le relazioni con i sistemi che lo costituiscono) è orientato all’acquisizione delle “energie” di cui l’impresa ha bisogno nel processo di generazione delle proprie risorse. Da questo punto di vista, si può affermare che la produzione di risorse dell’impresa avviene a partire da quelle che essa già possiede, metabolizzando l’energia acquisita attraverso le relazioni con l’esterno. L’evoluzione del sistema impresa non è prodotta dalla semplice acquisizione al suo interno di determinate energie; quindi, non è il risultato della sola apertura allo scambio con l’ambiente. Essa è il risultato della metabolizzazione di quelle energie all’interno dell’impresa, realizzata sulla base delle sue specifiche caratteristiche.
1.1.1.3 Il sistema impresa “smart” La radicale e pervasiva evoluzione tecnologica in forte accelerazione da ormai due decenni2 non ha determinato solo profonde innovazioni nei processi di gestione e nelle modalità di produzione; ha anche rappresentato il fondamentale fattore di trasformazione del sistema impresa e della sua complessità. La tecnologia, in primo luogo quella digitale, sta rapidamente divenendo la componente basilare del sistema impresa; di conseguenza, distingue le aziende potenzialmente in grado di evolvere con successo da quelle tradizionali, destinate a un declino più o meno rapido. In questa prospettiva, il sistema impresa contemporaneo e del futuro deve essere smart, nel senso di essere basato sulle “intelligenze” rese possibili dalle tecnologie innovative e gestite da e attraverso sistemi artificiali sofisticati. Questa intelligenza deve, per un verso, permettere una comprensione più chiara e anticipata possibile dell’evoluzione del contesto rilevante e del mercato, possibilmente anche nei suoi aspetti meno prevedibili; dall’altro, favorire rapidi (ed eventualmente anche radicali) mutamenti del modello di business, necessari per allineare al meglio l’impresa a tale evoluzione. A ben vedere, le nuove potentissime tecnologie disponibili stanno enfatizzando la rilevanza di alcuni tratti fondamentali del sistema impresa: la sua natura “aperta”, che evolve attraverso interazioni efficaci con altri sistemi; la centralità della creazione di valore per i clienti target e per gli altri stakeholder e la conseguente necessità di comprenderne le esigenze fondamentali; l’approccio dinamico alla gestione, centrato sulla capacità di far evolvere l’offerta dell’impresa, e quindi le sue competenze e organizzazione, in relazione al cambiamento dell’ambiente competitivo.3
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scambio con l’ambiente
metabolizzazione
tecnologia digitale
intelligenze
2 Si
fa riferimento, in primo luogo, allo sviluppo delle tecnologie e applicazioni digitali e del big data management; in secondo luogo, al crescente ruolo dei sistemi artificiali nei processi produttivi e nella gestione delle attività umane. 3 Questi aspetti sono oggetto di ampia disamina nelle parti successive di questo libro.
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Parte I Gli elementi fondanti l’impresa sostenibile
big data management
sistemi artificiali
leadership
In particolare, le tecnologie digitali aumentano fortemente la portata e l’intensità del coordinamento tra attori diversi per integrare attività sinergiche nella generazione di un’offerta complessa, in grado di cogliere al meglio le specificità altrettanto complesse del mercato. Esse danno concretezza agli “ecosistemi”, rendendo efficaci ed efficienti, non di rado addirittura “semplici”, le relazioni tra gli attori che ne fanno parte. Le tecnologie di big data management, inoltre, consentono una comprensione senza precedenti di caratteristiche e tendenze dei clienti target (così come degli altri stakeholder) che sta arrivando fino al livello di poter anticipare comportamenti e decisioni del singolo individuo. Di qui, la potenzialità per l’impresa di realizzare un’offerta che risponde al meglio e continuamente alle aspettative puntuali del singolo. La diffusa presenza di articolati sistemi di intelligenza artificiale rende possibile il rapido adattamento dei sistemi produttivi, distributivi e organizzativi in generale al mutare delle condizioni di contesto o degli obiettivi di business, a partire dal modificare i contenuti dell’offerta e le modalità di sua distribuzione in relazione ai cambiamenti delle esigenze degli attori coinvolti. È evidente l’incolmabile vantaggio competitivo che imprese smart, nel senso di essere basate su questi apparati tecnologici, acquisiscono rispetto a quelle “tradizionali”. Allo stesso tempo, però, la smartness rende ulteriormente più complesso il sistema impresa. I cambiamenti radicali che dette tecnologie determinano insieme con i vantaggi in termini di efficienza ed efficacia hanno un impatto cruciale sul ruolo delle persone nel sistema impresa, sulla rilevanza delle loro competenze e in generale sull’importanza della decisione umana nei processi aziendali. Già da qualche anno è diventato evidente che molte funzioni operative e meccanismi decisionali sono svolti in modo migliore dai sistemi artificiali o comunque devono essere strettamente guidate da questi; ed è sempre più crescente l’idea che in futuro anche decisioni complesse dovranno essere basate sui risultati di adeguati algoritmi ben alimentati da dati consistenti. D’altro canto, come scritto nel primo paragrafo, le persone sono (ancora) la componente primaria del sistema impresa. Ne derivano ulteriori rilevanti complessità: la ri-definizione dei ruoli che esse devono svolgere e le competenze rilevanti che devono avere; come gestire in modo sostenibile le persone non in grado di svolgere detti nuovi ruoli; infine, come sviluppare la migliore interazione tra le persone e i sistemi artificiali.4 La questione riguarda anche chi ha funzioni di guida; mutano, infatti, gli elementi di valore che la leadership deve generare e il modo in cui essa si esprime: definizione della visione e condivisione con tutto il sistema aziendale, mobilitazione delle connessioni interne ed esterne all’organizzazione, comprensione della necessità del cambiamento continuo, condivisione e “presa in carico” di tutti, saranno sempre più i tratti salienti della leadership.5 Per un verso, è necessaria maggiore condivisione e maggiore responsabilizzazione dei collaboratori, focalizzando l’attività di alta direzione sulle questioni più strategiche e a ele4 Pur
solo come notazione teorica, non si può non osservare che tale problematica rimane fino a quando si riterrà utile o necessario che le persone continuino ad avere un ruolo nella gestione di un’impresa. 5 Il tema della leadership è approfondito nel capitolo relativo all’organizzazione e alle risorse umane.
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vato rischio; dall’altro, è altrettanto importante garantire quella “disciplina” necessaria per far accettare a tutta l’organizzazione cambiamenti significativi e per garantire la massima rapidità e precisione nella loro attuazione. Un secondo fondamentale ordine di complessità deriva dal fatto già osservato che le tecnologie disponibili rendono l’impresa incomparabilmente più capace rispetto al passato di mutare. Essa non è più semplicemente dinamica; diventa “fluida”, attribuendo a tale termine alcuni precisi significati (Figura 1.1): i) avere la capacità di disporre e comprendere delle informazioni necessarie per allinearsi al meglio (o, almeno, in una certa misura addirittura di anticipare) l’evoluzione del contesto esterno e della sua stessa organizzazione interna; ii) apprendere dal continuo confronto con gli elementi di incertezza esterna e dai risultati dell’interazione con essi, sviluppando nuove competenze; iii) sviluppare la capacità di monitoraggio puntuale e in tempo reale (attraverso l’analisi continua di dati), per adattare continuamente le azioni operative; iv) modificare con grande rapidità i processi aziendali per garantire tale allineamento; v) riconfigurare il business model e la struttura organizzativa per attuare i cambiamenti di cui al punto precedente, in particolare superando i possibili fattori di lock in; vi) aumentare la velocità e la qualità di sviluppo di nuove competenze e modalità di lavoro e la loro diffusione nel sistema aziendale. La fluidità permette all’impresa di modificare il proprio modello di business con una rapidità e incisività adeguati rispetto ai cambiamenti dei fattori di contesto rilevanti. Questa fluidità è tanto essenziale per lo sviluppo fisiologico dell’impresa, quanto rappresenta un ulteriore fattore di sua complessità. Le tecnologie
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impresa fluida
Capacità di apprendere dal continuo confronto con gli elementi di incertezza esterna e dai risultati dell’interazione con essi
Capacità di monitoraggio puntuale per adattare continuamente programmi operativi
Disponibilità di dati e informazioni per comprendere l’evoluzione del contesto e le condizioni interne Organizzazione fluida
Rapido adeguamento delle competenze e modalità di lavoro
Capacità di modificare rapidamente attività e processi aziendali
Rapida riconfigurazione del business model e dei conseguenti assetti organizzativi
Figura 1.1 Le caratteristiche di un’organizzazione “fluida”.
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persone
lock in
mettono l’impresa nella condizione potenziale di essere fluida; la misura in cui tale potenzialità diventa concreta dipende dall’atteggiamento delle persone che operano e decidono all’interno dell’impresa, dalla loro capacità di adattarsi efficacemente, continuando a generare valore in un’organizzazione fluida, e dall’adeguamento dei loro valori e comportamenti al suo interno. In definitiva, si potrebbe dire: dipende dalla capacità delle persone di diventare esse stesse “fluide”.6 Infine, vanno considerati gli investimenti; per definizione, essi caratterizzano l’evoluzione dell’impresa e possono essere alla base del suo vantaggio competitivo; al tempo stesso, possono rappresentare un ostacolo al cambiamento per il noto meccanismo di lock in.7 Questo si traduce in un ulteriore fattore di complessità del sistema, poiché diviene necessario individuare le condizioni che permettono la riconfigurazione anche degli investimenti strutturali, in relazione ai cambiamenti rilevanti.
1.1.2 Il sistema impresa sostenibile
stakeholder
purpose
1.1.2.1 I principi fondanti In passato, le teorie aziendali e i modelli gestionali prevalenti erano centrati sull’assunto che la finalità fondamentale dell’impresa fosse la massimizzazione del valore economico, per soddisfare al meglio l’aspettativa dell’azionista (in generale, di chi ha la proprietà dell’azienda), considerata come prevalente sugli interessi di altri possibili soggetti. Questo approccio è oggi ormai del tutto superato. L’impresa, infatti, deve essere “sostenibile”; operare per la soddisfazione equilibrata di tutti i suoi stakeholder, ovvero gli attori interni ed esterni coinvolti più o meno direttamente dal suo funzionamento8 (tra i quali ci sono senz’altro e in una posizione ovviamente rilevante, gli azionisti), contribuendo così al raggiungimento del “meta-obiettivo” dello sviluppo sostenibile del nostro pianeta.9 Le imprese più avanzate sul piano della sostenibilità hanno iniziato a porre alla base di tutta la loro attività un purpose, inteso come uno scopo di interesse generale che non si esaurisce nella semplice dimensione della redditività e caratterizza tutto il sistema aziendale e il suo brand.10 In questa prospettiva, l’impresa opera e cerca di svilupparsi in funzione della soddisfazione degli scopi dei sui purpose-holder. 6 Sempre
solo come notazione teorica, non si può non osservare anche che la crescente instabilità del contesto esterno e i fortissimi rischi che ne derivano per l’azienda rendono detta “fluidità” praticamente essenziale per la sopravvivenza dell’azienda. 7 Questo aspetto sarà approfondito nel terzo capitolo relativo alle risorse e competenze dell’impresa. 8 In linea generale, gli “stakeholder interni” sono i dipendenti dell’impresa (distinti nelle varie tipologie, alta dirigenza, management, livelli esecutivi) e gli azionisti di controllo. Gli stakeholder esterni sono: i finanziatori, i clienti, i fornitori, l’amministrazione pubblica, le rappresentanze degli interessi economico-produttivi, le rappresentanze della società civile. 9 Si ricorda la nota definizione data nel Bruntdland Report che indica come “sostenibile” uno sviluppo in grado di “to meet the needs of present without compromising the ability of future generation to meet their own needs”. 10 Il tema del “purpose aziendale” è approfondito nel Capitolo 6 Paragrafo 6.3.1.3.
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Capitolo 1 L’impresa sostenibile
In altri termini, l’impresa deve sviluppare le proprie attività in maniera da raggiungere in modo integrato ed equilibrato positivi risultati economici, sociali e ambientali. Essa si preoccupa di creare valore economico adeguato rispetto al livello dei rischi assunti; allo stesso tempo, di ottimizzare l’impatto ecologico delle scelte aziendali, in particolare di quelle relative agli investimenti strutturali, ai processi produttivi, all’utilizzazione dei materiali, alla configurazione dei prodotti, che più direttamente possono incidere sull’equilibrio dell’ambiente circostante. Infine, l’impresa deve partecipare attivamente alla soluzione dei problemi sociali; favorire la condivisione con gli attori sociali della ricchezza economica che questi contribuiscono a creare, migliorare le loro opportunità di sviluppo professionale e personale, e in generale di benessere materiale e spirituale. L’obiettivo della semplice massimizzazione del valore economico è superato a favore della massimizzazione del “valore condiviso”, definito da Porter e Kramer11 come: “le politiche e le pratiche operative che rafforzano la competitività dell’impresa e allo stesso tempo migliorano le condizioni sociali ed economiche delle Comunità in cui essa opera”. In sintesi, la creazione di valore condiviso è focalizzata sull’identificazione e sviluppo delle interdipendenze tra il progresso economico e quello sociale. L’efficacia di questa idea sta inoltre nell’estendere il parametro del “valore” dalla sfera economica a quella sociale. Il “valore condiviso” creato dall’attività d’impresa è determinato dalla differenza dei benefici (economici e non) goduti dall’insieme dei soggetti coinvolti da tale attività e i costi (anche in questo caso di varia natura) sostenuti da quegli stessi soggetti. Nell’impresa contemporanea e del futuro, la sostenibilità non è un attributo eventuale; è una sua caratteristica intrinseca e fondamentale. Mentre in passato la capacità di generare ricchezza economica era considerata la condi-
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valore condiviso
sostenibilità
STRUMENTI
L’integrazione della sostenibilità nella gestione del business Già nel 1955, uno dei massimi studiosi di management, Peter Drucker, scriveva: (…) Even the most private of business enterprise is an organ of society and serves a social function… (…) the very nature of the modern business enterprise imposes responsibilities on the managers... (…) it must consider the impact of every business policy and business action upon society... Fonte: Drucker P., The practice of Management, Harper&Row, New York 1954.
11 Cfr.
Porter M.E., Kramer M.R., "Creating shared value", Harvard Business Review, 2011, january-february, pp. 62-77.
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filantropia
leggi, regolamenti o standard
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zione necessaria e anche sufficiente per essere “impresa”, oggi tale capacità rimane assolutamente necessaria, ma non più sufficiente; l’impresa è tale se, insieme alla generazione di ricchezza economica, produce in misura adeguata valore per il sistema sociale e ambientale di cui è parte. Le aziende vanno classificate in funzione dei risultati raggiunti su tutti i tre piani indicati (economico, sociale e ambientale). L’eccellenza di un’impresa è determinata dai risultati raggiunti a livello tanto economico quanto sociale e ambientale. Per converso, un’impresa perde la sua ragion d’essere ed è destinata alla fine del suo ciclo di vita non solo quando genera risultati economici strutturalmente negativi, ma anche quando causa risultati ambientali e sociali altrettanto strutturalmente negativi. Utile precisare che la gestione sostenibile non va confusa con la filantropia. Quest’ultima prevede che l’impresa agisca spontaneamente per far fronte a precise (e spesso urgenti) esigenze sociali e/o ambientali. Tale azione può consistere nell’erogazione di risorse finanziarie, normalmente a beneficio di soggetti (in genere, organizzazioni non-profit o governative) che hanno la missione e le competenze per intervenire sulle problematiche che l’impresa vuole contribuire a risolvere; sempre più spesso le grandi aziende realizzano anche direttamente gli interventi richiesti dai soggetti che vogliono aiutare. La filantropia va certamente nella stessa direzione della gestione sostenibile, ma se ne distingue concettualmente per due ragioni fondamentali: i) non incide sul comportamento di business dell’azienda; l’azienda rimane concentrata sulla sola massimizzazione del risultato economico, pur ritenendo giusto erogare una parte di tale risultato a vantaggio di determinati stakeholder; ii) dipende interamente dalla soggettiva valutazione dell’azienda. La sostenibilità non si esaurisce nella sola adesione a determinate leggi, regolamenti o standard in materia ambientale e sociale. Certamente il rispetto di tali norme migliora i risultati appunto ambientali e sociali dell’azienda e comunque ne condiziona in qualche misura le scelte strategiche e operative. Tuttavia, le leggi e gli standard sono sostanzialmente “vincoli”, quindi fattori del contesto rilevante in cui l’impresa opera e di cui essa deve tenere conto. Ancora una volta, però, non implicano che l’impresa consideri i risultati economici, ambientali e sociali interdipendenti sullo stesso piano di rilevanza, perché i secondi due si aggiungono ai primi (che rimangono prioritari) e solo nella misura in cui è necessario per essere compliant con le norme. È essenziale osservare che concepire e gestire l’impresa nella prospettiva della massima sostenibilità rimane una libera scelta. Più avanti in questo e nel prossimo paragrafo sono chiarite le ragioni per cui questo orientamento è ormai ineluttabile, certamente per le grandi imprese e progressivamente anche per tutte le altre; tuttavia, raggiungere risultati eccellenti sul piano sociale e ambientale non è un “obbligo di legge” (come, del resto, non lo è avere eccellenti performance economiche). Del resto, nei Paesi economicamente maturi, e sempre più anche in quelli emergenti, le leggi in materia ambientale e sociale sono molto articolate e stringenti; costringono quindi le imprese a un certo grado di sostenibilità, potendo anche indirettamente favorire l’affermarsi di un generale orientamento a suo favore.
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Capitolo 1 L’impresa sostenibile
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ESPERIENZA
Testimonianza di Luigi Abete
Presidente Banca Nazionale del Lavoro, Gruppo BNP Paribas Sostenibilità è una delle parole più usate negli ultimi anni. Una ricerca su Google della parola porta a oltre 30 milioni di risultati, solo in lingua italiana. Amo scoprire l’etimo delle parole, e quello di sostenibilità è illuminante: indica il tenere in alto, portare sopra. Sostenere può essere assimilato a proteggere, difendere, conservare, ma anche nutrire e mantenere. In economia sostenibilità indica un tipo di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri. Non si tratta di un tema nuovo. La questione della compatibilità tra risorse naturali e obiettivi di sviluppo delle nazioni è un tema dibattuto dagli economisti da secoli. Penso all’economista inglese Thomas Malthus, che già alla fine del XVIII secolo teorizzava la fine dello sviluppo economico a causa della scarsità delle risorse disponibili che (in assenza di tecnologia) crescevano a quel tempo a un ritmo inferiore al tasso di crescita della popolazione. Alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, l’esplosione demografica e dei consumi portò il Club di Roma a lanciare un allarme sui rischi che correva la sopravvivenza degli ecosistemi e della stessa specie umana. Il tema però è rimasto a lungo confinato nelle stanze dell’Accademia e nei cassetti di Governi e organizzazioni internazionali, e per lungo tempo usato solo come slogan senza sfiorare il mondo delle imprese. Negli ultimi vent’anni le enormi perdite, umane ed economiche, che il disinteresse verso la sostenibilità ha causato a livello globale hanno riportato il tema in primo piano con una forza dirompente. Le catastrofi naturali interrompono le funzioni produttive delle imprese e delle famiglie, ne aumentano la vulnerabilità finanziaria e, tra le altre cose, riducono il valore delle attività date in garanzia per ottenere credito rendendo più complesso il rimborso dei prestiti. Il nostro è un Paese particolarmente esposto a questo rischio: per fare un solo esempio, secondo alcune indagini svolte dalla Banca d’Italia, oltre il 20% dei prestiti al settore produttivo in Italia viene erogato a residenti di aree a elevato rischio alluvionale. Una crescita economica stabile, equa e inclusiva, che non comprometta gli equilibri ambientali non può essere solo responsabilità del settore pubblico. Il settore pubblico deve definire la cornice a cui poi il settore privato deve adeguare i comportamenti. In questo, nel nostro Paese abbiamo fatto passi avanti importanti: è ancora la Banca d’Italia a dirci che i cosiddetti settori “verdi” oggi nel nostro Paese rappresentano un po’ più del 2% del valore aggiunto del Paese, e impiegano quasi 400.000 occupati a tempo pieno. Non è poco, soprattutto in periodi difficili come quello che stiamo vivendo (peraltro frutto di un approccio non sostenibile a produzione e consumi adottato in passato). La strategia green, d’altro canto, non è solo una necessità, ma per le imprese è anche un’opportunità straordinaria. Essere sostenibili oggi non è solo giusto, è anche utile. Un’impresa che capisce che fare profitto è possibile solo in un quadro di sostenibilità economica, ambientale e sociale si sta attrezzando per cavalcare una transizione energetica epocale. E attenzione: questa è l’ultima opportunità per adeguarsi al mutato contesto, non ce ne saranno altre. Chi rimane indietro su questo fronte non reggerà all’urto dirompente del cambiamento. Proprio per questo motivo, oggi l’attenzione alla
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Parte I Gli elementi fondanti l’impresa sostenibile
sostenibilità è divenuta patrimonio non solo di chi per propria natura ha a cuore questa tematica, ma anche del mondo della cosiddetta “finanza speculativa”, quella finalizzata al solo profitto. Il sistema finanziario negli ultimi anni ha fatto un grande sforzo a supporto delle imprese e della crescita sostenibile: sia premiando le aziende che propongono prodotti e processi sostenibili (penso, per esempio, ai piani di finanziamento a tassi agevolati alle imprese che rispettano alcuni parametri ambientali o sociali) sia attraverso la valorizzazione e il collocamento dei cosiddetti green bond, i titoli che investono in attività finalizzate alla tutela dell’ambiente. La finanza sostenibile esiste, ed è una realtà importante anche dal punto di vista quantitativo. Attenzione però: la scelta della sostenibilità non è sempre la più semplice. Non tutte le imprese finanziarie possono permettersi di essere “sostenibili”. Nel breve periodo i costi possono superare i benefici. In questo campo, le imprese internazionali, quelle che operano su più mercati e che quindi devono intercettare sensibilità diverse, sono all’avanguardia. È il caso di BNL, che ha il vantaggio di far parte del Gruppo BNP Paribas che opera a livello globale, e che proprio per questo ha sviluppato una sensibilità e una struttura manageriale in grado di fare scelte che a volte allontanano dalla comfort zone e che danno frutti dilazionati nel tempo. Ma nelle scelte che riguardano temi epocali occorre essere coraggiosi, occorre guardare oltre la congiuntura e accettare che a una potenziale perdita di breve periodo corrisponde un grande guadagno per tutti. Mai come in questo periodo decidere di investire nel futuro sostenibile è necessario. Tutti noi dobbiamo oggi capire cosa vogliamo essere dopo che questo periodo molto difficile legato alla pandemia sarà terminato. Dobbiamo evitare a tutti i costi di tornare alla vecchia “normalità” in cui la sostenibilità è vista come un “di più”, un qualcosa di superfluo. Il ritorno alla normalità nasconde il germe dell’immobilità. Nasconde il desiderio di fingere che nulla sia accaduto. Non è così. Chiediamoci quale tipo di futuro vogliamo come persone, come imprese, e come Paese. E mettiamo in campo tutte le energie perché si possa realizzare.
sostenibilità dell’impresa: le quattro dimensioni
Il grado di sostenibilità dell’impresa è la risultante di quattro dimensioni: i) la rilevanza del valore sociale e ambientale creato dall’impresa insieme a quello economico, soddisfacendo le aspettative degli stakeholder; ii) la misura in cui le strategie per la creazione di valore sociale e ambientale sono integrate con quelle strettamente di business, e tale integrazione si riflette nel sistema di valori, nell’assetto organizzativo e nei comportamenti operativi dell’impresa e al tempo stesso trae forza da questi; iii) la misura in cui i contenuti del valore sociale e ambientale creato sono decisi insieme con gli stakeholder, ovvero l’intensità del loro coinvolgimento nelle decisioni strategiche dell’impresa; iv) la misura della trasparenza nella gestione del business.
1.1.2.2 I livelli della corporate sustainability La sostenibilità di un’impresa è sviluppata su due “livelli” di fattori (Figura 1.2), con il secondo caratterizzato da una doppia articolazione: il primo livello è determinato dal sistema normativo vigente che agisce su tre direttrici prin-
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Capitolo 1 L’impresa sostenibile
Fattori di sviluppo della sostenibilità nella gestione dell’impresa
Leggi, regolamenti, incentivi in materia ambientale e sociale
Strategie, investimenti, attività finalizzate alla creazione di valore condiviso
• Misure volte a vietare o contenere gli effetti negativi sull’ambiente e sulle persone di determinate attività produttive • Misure volte a incentivare comportamenti favorevoli al miglioramento ambientale e sociale
• Iniziative strategiche e operative finalizzate a migliorare risultati ambientali e sociali, creando valore positivo per gli stakeholder • Strategia centrata sugli SDG per sviluppare una leadership basata sull’integrazione di eccellenza economica, ambientale e sociale
cipali: i) vieta determinati comportamenti dannosi per l’ambiente o per le persone (lavoratori, consumatori, residenti nei territori dove l’impresa opera); ii) condiziona determinate attività produttive al rispetto di un certo grado di impatto ambientale o di rischiosità sociale; iii) incentiva comportamenti sostenibili che rimangono però nella libera scelta dell’impresa. Il secondo livello è costituito da strategie, investimenti, attività che l’impresa realizza per aumentare il valore sociale e ambientale, in modo integrato con quello economico, della sua attività. Si distinguono qui due ulteriori livelli; il primo prevede la realizzazione da parte dell’impresa di una serie più o meno articolata di iniziative e progetti di rilievo strategico e/od operativo finalizzate a soddisfare questioni prioritarie sia per gli stakeholder sia per l’impresa, quindi con valenza allo stesso tempo ambientale/sociale e di business. Sono interventi che possono incidere sulla gestione aziendale ma che non necessariamente implicano cambiamenti significativi nel modello competitivo e di crescita dell’azienda; il cambiamento del business model caratterizza invece il secondo livello della gestione sostenibile, in cui l’impresa centra la strategia aziendale sul raggiungimento di determinati Sustainable Development Goals (SDG).12 In questo approccio, l’azienda interpreta la propria leadership non più solo sulla base delle tradizionali variabili economico-finanziarie (quota di mercato, redditività, valore azionario ecc.) ma anche in funzione di precise grandezze ambientali e sociali. In altri termini, l’impresa cerca di affermarsi anche in relazione al contributo primario alla soluzione delle problematiche dello sviluppo sostenibile. In linea generale, il sistema normativo vieta o contiene entro limiti considerati “accettabili” i possibili effetti negativi direttamente o indirettamente generati da certe attività d’impresa. In molti casi, esso recepisce e attua nel Paese direttive o indirizzi generali fissati dalle istituzioni internazionali: per quanto riguarda l’Italia, innanzi tutto dall’Unione Europea. Il secondo livello della gestione sostenibile, oltre a ridurre ulteriormente (in alcuni casi, cerca12 Il
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Figura 1.2 I livelli della corporate sustainability.
Sustainable Development Goals (SDG)
significato e l’articolazione di questi SDG, sono illustrati nel Paragrafo 1.2.2.1.
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Parte I Gli elementi fondanti l’impresa sostenibile
Global Compact
re di annullare) gli effetti negativi, è focalizzata sulla generazione di specifico valore per i diversi stakeholder, secondo il principio della massimizzazione del valore condiviso. La semplice necessità di essere compliant con le norme implica che tutte le imprese devono avere un grado di sostenibilità adeguato al primo livello. Tuttavia, la misura in cui l’impresa è orientata alla sostenibilità dipende soprattutto da quanto essa realizza al secondo livello. Un recente documento13 del Global Compact14 istituito presso le Nazioni Unite precisa i seguenti cinque aspetti caratterizzanti l’azione strategica dell’impresa “sostenibile”: i) principled business; ii) strengthening society; iii) leadership committment; iv) supporting progess; v) locale action. I contenuti principali sono ripresi nel box qui di seguito. STRUMENTI
1: PRINCIPLED BUSINESS For any company seeking to be sustainable, it begins with operating with integrity – respecting fundamental responsibilities in the areas of human rights, labour, environment and anticorruption. The Global Compact’s Ten Principles provide a universal language for corporate responsibility (…). Principles are about far more than compliance. They provide common ground for partners, a moral code for employees, an accountability measure for critics. A growing number of companies are seeing beyond risk, finding real value in actively addressing social, environmental and governance issues. 2: STRENGTHENING SOCIETY Sustainable companies look beyond their own walls and take actions to support the societies around them. Poverty, conflict, an uneduca ted workforce, and resource scarcity, for example, are also strategic issues for busi ness success and viability. (….) (Companies) cannot thrive when the world around them is deteriorating. (…) Collaboration, in particular, is essential. Companies and stakeholders are co ming together to provide a collective voice and share risks in tackling major chal lenges that no single player can overcome, such as corruption, climate change and discrimination. 3: LEADERSHIP COMMITMENT Effecting change begins with the company’s leader ship. (…) Leadership must send a strong signal throughout the organization that sustai nability counts, and all responsibilities are important. This means instigating action in key areas: Board ownership of the agenda; adjustments to policies and practices; alignment of government affairs; training and motivating employees; pushing sustai nability into the supply chain; and disclosing efforts and outcomes. 4: REPORTING PROGRESS Non-financial reporting expectations have evolved from a feel-good supplement to a strategic report showing measurable gains and losses. (…) A number of stakeholders are driving businesses to be more transparent – from investors and consumers, to citizens and civil society groups. A top priority is to
13 Guide
to corporate sustainability – shaping a sustainable future – 2015 https://d306pr3pise04h. cloudfront.net/docs/publications%2FUN_Global_Compact_Guide_to_Corporate_Sustainability.pdf. 14 Il Global Compact è illustrato al successivo Paragrafo 1.2.2.2.
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find ways to better measure sustainability impacts, which will help to direct effective corporate strategies, inform community and stakeholder dialogues, and guide inve stor decision-making. 5: LOCAL ACTION While the Global Compact principles are universal, companies exist and act within nations and communities with highly varying expectations of what responsible business means. Additionally, the types of issues a company faces and how it can actively support local and national priorities ranges greatly. (…) Global Compact networks foster learning, reporting, networking, partnerships and advocacy – all with the goal of advancing sustainability understanding and per formance country by country. Fonte: UN Global Compact, “Guide to corporate sustainability”, 2015, pp. 7-9.
Così come i risultatati economici e finanziari dell’impresa sono misurati attraverso numerose grandezze e indici quantitativi, anche per quelli ambientali e sociali vanno definiti e rilevati specifici indicatori. La valutazione della complessiva qualità di un’impresa deve essere quindi basata sull’analisi integrata dei risultati economico-finanziari, ambientali e sociali; a questo si aggiunge la valutazione della trasparenza e qualità della governance.
1.1.2.3 Le fasi tipiche dell’evoluzione verso la sostenibilità L’orientamento alla sostenibilità è il risultato di un percorso evolutivo che ogni impresa compie con modalità e rapidità diverse in relazione alle specificità proprie e del contesto in cui opera; in questo percorso, si individuano quattro fasi tipiche. Nella fase inziale, l’impresa non ha una strategia ben definita per la sostenibilità; la proprietà e l’alta dirigenza sono comunque orientati a cercare di migliorare l’impatto sociale e ambientale dell’attività aziendale. Sono acquisite certificazioni di qualità relative appunto all’impatto ambientale, alla sicurezza del lavoro, all’anti-corruzione; sono anche predisposti documenti aziendali come il codice etico o la “carta dei valori” che indirizzano i comportamenti della popolazione aziendale verso i valori della trasparenza e della sostenibilità. Sono anche introdotte “buone pratiche” nelle procedure interne per migliorare l’impatto ambientale delle attività produttive e le condizioni di lavoro. È anche frequente che l’impresa offra un supporto concreto a organizzazioni specializzate non‑profit per la realizzazione di progetti/iniziative a vantaggio di soggetti deboli o per la soluzione di problemi rilevanti per la Comunità ospitante. Si tratta spesso di iniziative di carattere filantropico. Nella fase successiva, l’impresa elabora una strategia per migliorare i propri risultati ambientali e sociali: fissa quindi degli obiettivi relativamente precisi, e stabilisce un insieme di azioni, progetti e collaborazioni con soggetti terzi per il loro raggiungimento. A questo corrisponde, normalmente, un’importante evoluzione organizzativa, con la creazione di un’unità operativa cui è formalmente affidata la responsabilità di predisporre e implementare la strategia per la sostenibilità e monitorarne i risultati. È una struttura snella, costituita da persone fortemente specializzate; nelle aziende di grandi
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fase inziale
fase successiva
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ulteriore avanzamento
ultima fase logica
ragione morale
benefit corporation
dimensioni, è guidata da un manager che solitamente risponde direttamente a un direttore centrale. In questa fase si procede anche a rendicontare le attività relative alla sostenibilità e i risultati raggiunti, redigendo quello che è normalmente chiamato un “bilancio sociale” o “bilancio di sostenibilità”. Nel caso delle grandi aziende quotate, la legge prevede che tale rendicontazione sia realizzata in modo integrato con quella relativa ai risultati economici e finanziari; questo per evidenziare come valore economico, sociale e ambientale non siano separati, ma siano componenti di un unico valore.15 Un ulteriore avanzamento dell’approccio alla sostenibilità si manifesta quando l’impresa coinvolge direttamente gli stakeholder nella definizione degli obiettivi di sostenibilità, delle conseguenti azioni strategiche e operative con i cambiamenti organizzativi eventualmente conseguenti; si tratta dello: stakeholders’ engagement.16 L’impresa non si limita ad assumere obiettivi di miglioramento ambientale e sociale, e a impegnarsi per il loro raggiungimento, ma si apre all’esterno, per condividere con i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti le priorità ambientali e sociali e le modalità per raggiungerle. L’ultima fase logica del percorso verso la sostenibilità è raggiunta quando l’impresa innova il suo business model in modo che le misure per raggiungere il vantaggio competitivo sono efficaci anche per sviluppare benefici collettivi e viceversa. La distinzione tra la prospettiva del business e quella dell’apporto allo sviluppo sostenibile della propria Comunità (considerata in maniera più o meno estesa) tende così a essere superata. In questa fase, evolve in modo significativo anche il modello di governance aziendale; tra i Comitati istituiti in seno al Consiglio di Amministrazione, ve ne è uno con il compito di orientare il sistema impresa verso lo sviluppo sostenibile e rafforzare l’endorsement a favore degli obiettivi anche ambientali e sociali presso l’alta direzione. Il responsabile della sostenibilità assume una posizione gerarchica primaria, rispondendo direttamente all’amministratore delegato e in molti casi estendendo il suo ambito di competenze all’innovazione (appunto, sostenibile).
1.1.2.4 Perché l’impresa non può non essere sostenibile Il considerare la sostenibilità nell’accezione sopra illustrata, una caratteristica intrinseca e basilare dell’impresa, ha ragioni concettuali e pratiche molto robuste; poiché non è negli obiettivi di questo volume illustrarle nel dettaglio, ci si limita a un loro richiamo sintetico. Ci può essere innanzi tutto una ragione “morale” nel ritenere che l’impresa debba comportarsi “bene”, facendo in modo di essere un motore di sviluppo sostenibile e non semplicemente uno strumento per creare ricchezza economica concentrata presso relativamente pochi soggetti. Proprio questa visione è alla base del crescente fenomeno delle forme “ibride” di impresa, in particolare delle imprese sociali e delle “benefit corporation”. Del resto, nei sistemi sociali e politici complessi, caratterizzati da attori con esigenze crescenti e in una certa parte contrastanti, l’impresa deve par15 Nel
2015, il Governo italiano ha recepito una direttiva comunitaria che rende tale rendicontazione obbligatoria per le imprese di grande dimensione e di interesse pubblico. 16 Lo stakeholders’ engagement è approfondito nell’ultimo paragrafo di questo capitolo.
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tecipare attivamente alla soddisfazione di tali esigenze come condizione per poter svolgere efficacemente ed efficientemente la propria attività economica. Va considerato che gli attori rappresentanti interessi diffusi e sociali hanno un crescente potere di “interdizione”, che a volte va anche oltre i confini strettamente normativi, o, al contrario, hanno capacità di supporto a favore di determinate attività economiche. Possono quindi influenzare le condizioni di realizzazione degli investimenti e dei business. L’impresa che, pur rispettando le norme, non si preoccupa di contribuire attivamente al superamento almeno delle problematiche ambientali e sociali più rilevanti nel settore e nel contesto geografico dove opera, rischia di vedere quantomeno affievolito il riconoscimento della sua ragion d’essere da parte degli altri attori sociali. Nei casi in cui appare che determinate problematiche ambientali e/o sociali siano di fatto un’esternalità negativa insita nell’attività tipica dell’impresa, questa rischia di perdere, almeno agli occhi di certi stakeholder, la “patente sociale” per operare.
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patente sociale
ESPERIENZA
Un caso di perdita (e possibile futuro recupero) della patente sociale: l’industria del gioco Fino all’inizio di questo secolo, il settore del gioco (lotterie, scommesse ecc.) era considerato in chiave tutto sommato positiva; il numero complessivamente limitato di opportunità e la loro semplicità non generavano particolari problematiche e viveva di piccoli riti che coinvolgevano in modo quasi sempre innocuo larghi strati sociali. Tutto ciò che poteva diventare dannoso era nettamente distinto nella sfera del gioco illegale. Il rapido sviluppo dell’industria con un notevole incremento e differenziazione dell’offerta che ha stimolato l’esplosione del mercato ha causato l’emergere del grave problema della ludopatia. Pur essendo una percentuale molto modesta del totale dei giocatori, il numero assoluto dei soggetti affetti o a rischio di ludopatia è elevato e costituisce una questione sociale rilevante. Nel giro di appena dieci anni circa, questo problema ha completamente cambiato in chiave fortemente negativa la percezione che il settore del gioco ha presso la maggior parte dell’opinione pubblica e di molti stakeholder. La percezione delle imprese in questo settore è diventata tendenzialmente negativa per la semplice ragione che il successo del business, pur raggiunto nel rispetto delle leggi, ha causato un serio problema sociale di cui esse si sono prese cura in una maniera che molti stakeholder hanno percepito essere non adeguata. Significativo è anche il fatto che la percezione fortemente avversa ha riguardato il prodotto “gioco” in senso generale, a prescindere dalla natura del suo fornitore. Di conseguenza, si è ridotta la capacità delle aziende comunque operanti nel perimetro legale di far valere questo come elemento positivo di distinzione e quindi di “accettazione” sociale. Si evidenzia quindi che il semplice rispetto della legge (anche quando, come nel caso del settore dei giochi, essa è divenuta molto stringente) può non essere sufficiente a rendere accettabile una determinata attività d’impresa nel caso in cui a essa siano imputate gravi esternalità sociali o ambientali. Proprio per questo, da qualche anno, i market leader del settore stanno agendo in modo strutturato per evitare che il gioco abbia impatti negativi sulle fasce deboli della popolazione e torni a essere un positivo motivo di divertimento; stanno quindi operando per recuperare la “patente sociale” della loro attività.
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corporate citizenship
In chiave positiva, queste spinte vanno ricondotte alla necessità che l’impresa percepisca la propria corporate citizenship. In modo analogo a una persona fisica, essa deve comportarsi come un “buon” membro della Comunità di cui è parte; quindi, non solo rispettarne le leggi e gli usi, ma anche contribuire attivamente alla sua crescita organica, e in misura ovviamente proporzionale alla rilevanza non solo economica che essa ha. L’impresa deve quindi maturare un forte senso di responsabilità verso il sistema sociale ed economico di cui è parte; non solo evitare di danneggiarlo, ma anche contribuire al suo sviluppo appunto “sostenibile”. Non deve avvantaggiarsi del suo eventuale potere economico ed extraeconomico, ma utilizzare le proprie risorse e competenze con modalità che generino benefici alla massima parte degli altri attori della Comunità di cui è parte. La corporate sustainability ha un’ulteriore ragion d’essere: contribuendo alla soluzione dei problemi sociali e ambientali, l’impresa crea le condizioni per la sua evoluzione migliore e di lungo termine. Per un verso, essa deve quindi operare per disinnescare i rischi ambientali e sociali che in maniera più o meno rapida e diretta hanno effetti negativi (e sempre più pesanti) anche sulle sue prospettive di redditività e di crescita; per l’altro, deve sostenere il miglioramento ambientale e sociale in quanto determinante delle condizioni rilevanti per lo sviluppo della propria attività.17 STRUMENTI
Due esempi evidenti sono: nel caso di un’azienda alberghiera in una località turistica balneare, il suo impegno a favore della pulizia del mare e del litorale, attività che migliora l’attrattività turistica della destinazione e quindi la sua competitività; per un’impresa impegnata in produzioni ad alta tecnologia, il sostegno alle strutture di formazione specialistica nel proprio territorio, essenziale per disporre del capitale umano con elevate competenze di cui ha necessità. In linea generale, le imprese hanno successo quando operano in un contesto equilibrato, “sano” e di elevata qualità appunto ambientale e sociale. Del resto, il successo dell’impresa e la sua capacità di creare valore avvantaggia per molti aspetti il contesto che la ospita; viceversa, i fattori di forza di tale contesto rappresentano condizioni spesso essenziali per la competitività delle imprese che ne sono parte.
sistema di governo
1.1.2.5 La quarta dimensione della sostenibilità: qualità della governance e trasparenza La sostenibilità dell’impresa si sviluppa su un’ulteriore quarta dimensione, in un certo modo trasversale alle tre già evidenziate (economica, ambientale e sociale), rappresentata dal sistema di governo dell’impresa.18 In sintesi, il governo dell’impresa è l’insieme di organismi, regole e processi interni attraverso cui l’azienda è diretta e amministrata, ovvero attraverso cui sono stabiliti gli indirizzi strategici dell’impresa, le modalità di loro attuazione e sono attuati i relativi controlli. Esso 17 La
traduzione nella pratica di questa argomentazione incontra un limite importante a causa dell’opportunità di free riding per ciascun attore. Una determinata impresa può decidere di non contribuire alla soluzione dei problemi ambientali e sociali che mettono a rischio il suo stesso business, contando sul fatto che altre imprese nel suo stesso settore lo faranno. Dal punto di vista dell’interesse del sistema delle imprese nella sua generalità è quindi importante attivare meccanismi che impediscano il free riding. 18 Si usa spesso il termine di corporate governance.
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è essenziale poiché è dagli organi di governo dell’impresa che promanano i suoi orientamenti strategici, compresi quelli relativi alla sostenibilità. L’ultima versione del “Codice di corporate governance”, adottato nel gennaio del 2020,19 pone per la prima volta enfasi sull’integrazione tra la sostenibilità e la strategia aziendale, la gestione dei rischi e anche le politiche di remunerazione, ovviamente con riferimento alle società quotate. La sostenibilità dell’attività d’impresa diviene: “obiettivo centrale del Consiglio di amministrazione. Esso deve considerare l’impatto dell’attività di impresa e i suoi rischi nella prospettiva non solo della creazione di valore a beneficio degli azionisti, ma anche gli interessi di tutti gli stakeholder, in una logica di lungo periodo”. Questo nuovo orientamento trova espressione concreta tra le “raccomandazioni” del nuovo Codice relativi ai compiti dell’organo di amministrazione e alla politica di remunerazione (Tabella 1.1).
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Codice di corporate governance
Tabella 1.1 Le raccomandazioni del Codice di corporate governance inerenti la sostenibilità Definizioni (introduzione del Codice) Piano industriale: il documento programmatico nel quale sono definiti gli obiettivi strategici dell’impresa e le azioni da compiere al fine di raggiungere tali obiettivi in coerenza con il livello di esposizione al rischio prescelto, nell’ottica di promuovere il successo sostenibile della società (come appresso definito). Successo sostenibile: obiettivo che guida l’azione dell’organo di amministrazione e che si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società. Art.1: L’organo di amministrazione – raccomandazioni (…) definisce la natura e il livello di rischio compatibile con gli obiettivi strategici della società, includendo nelle proprie valutazioni tutti gli elementi che possono assumere rilievo nell’ottica del successo sostenibile della società; (…) L’organo di amministrazione, su proposta del presidente, formulata d’intesa con il chief executive officer, adotta e descrive nella relazione sul governo societario una politica per la gestione del dialogo con la generalità degli azionisti, anche tenendo conto delle politiche di engagement adottate dagli investitori istituzionali e dai gestori di attività. Il presidente assicura che l’organo di amministrazione sia in ogni caso informato, entro la prima riunione utile, sullo sviluppo e sui contenuti significativi del dialogo intervenuto con tutti gli azionisti. Art.5: Remunerazione – raccomandazioni La politica per la remunerazione degli amministratori esecutivi e del top management definisce: (…) obiettivi di performance, cui è legata l’erogazione delle componenti variabili, predeterminati, misurabili e legati in parte significativa a un orizzonte di lungo periodo. Essi sono coerenti con gli obiettivi strategici della società e sono finalizzati a promuoverne il successo sostenibile, comprendendo, ove rilevanti, anche parametri non finanziari. Fonte: Codice di corporate governance – gennaio 2020.
19 Il
codice di corporate governance è elaborato e approvato dal Comitato per la corporate governance, costituito, nell’attuale configurazione, nel giugno del 2011 a opera delle Associazioni di impresa (ABI, ANIA, Assonime, Confindustria), Borsa Italiana S.p.A. e l’Associazione degli investitori professionali (Assogestioni). Il Comitato ha quale scopo istituzionale la promozione del buon governo societario delle società italiane quotate. Il Codice è rivolto a tutte le società con azioni quotate sul Mercato Telematico Azionario (MTA) gestito da Borsa Italiana (“società”). L’adesione al presente Codice è volontaria ed è esplicitata nella relazione sul governo societario e gli assetti proprietari (“relazione sul governo societario”). Ciascun articolo del Codice è suddiviso in princìpi, che definiscono gli obiettivi di una buona governance, e in raccomandazioni, che indicano i comportamenti che il Codice reputa adeguati a realizzare gli obiettivi indicati nei princìpi. Utile ricordare che l’adesione al Codice è volontaria, ma quanto esso dispone è considerato in linea con le migliori pratiche di corporate governance a livello internazionale.
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Parte I Gli elementi fondanti l’impresa sostenibile
qualità della governance
La qualità della governance è essenziale per rendere l’orientamento alla sostenibilità concreto e radicato nel sistema aziendale; tale qualità si esprime su tre piani interdipendenti:
• la compliance sia con le leggi (in particolare negli ambiti rilevanti per gli
stakeholder: riduzione dell’impatto ambientale, qualità e sicurezza delle condizioni di lavoro, diritti umani, salute delle persone, integrità ed eticità dei comportamenti di business ecc.), sia con gli standard definiti in tali ambiti dalle istituzioni internazionali; • la trasparenza dei meccanismi decisionali e gestionali e delle responsabilità; • il concreto coinvolgimento degli stakeholder nella definizione dell’orientamento strategico dell’impresa, in particolare nelle strategie finalizzate alla creazione di valore ambientale e sociale.
compliance
green washing
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L’impresa può essere strutturalmente sostenibile solo se ha una governance di elevata qualità, nel senso che è tale da garantire sia la concreta aderenza alle norme e agli standard internazionali, in particolare sulle tematiche rilevanti per la sostenibilità, sia l’effettiva e diffusa trasparenza dei comportamenti degli attori aziendali apicali, in particolare negli ambiti “sensibili” e dove sono più consistenti le asimmetrie informative a svantaggio dei soggetti esterni o in posizione di minoranza. È anche essenziale che questi ultimi siano messi nella condizione di partecipare alle decisioni strategiche sui temi ambientali e sociali, di esercitare controlli consistenti sull’attuazione di tali strategie, ma anche di intervenire in maniera efficace nel caso si osservino difformità rilevanti. Un sistema di governo dell’impresa che permetta il raggiungimento di compliance, trasparenza e coinvolgimento degli stakeholder è una fondamentale condizione “abilitante” la gestione sostenibile dell’impresa, nel senso che determina le condizioni per la sua effettiva e diffusa attuazione: rende non praticabili o almeno molto difficili comportamenti difformi da parte del vertice aziendale. Questo è cruciale per prevenire il rischio di comportamenti gravemente contraddittori: da un lato, l’impresa si impegna in modo significativo e palese nella direzione della sostenibilità, magari raggiungendo anche risultati consistenti; dall’altro, nel caso di rilevanti interessi di business, commette comunque violazioni significative delle norme anche in campo ambientale o sociale, oppure sfrutta il proprio potere extra-economico a danno degli interessi di attori in posizione debole. Anche in questi ultimi anni, casi di questo genere sono accaduti, persino tra aziende di grande rilievo; nonostante si tratti di una minima percentuale del totale delle imprese esplicitamente orientate alla sostenibilità, questi casi hanno determinato una percezione comunque negativa presso una parte di stakeholder e di opinione pubblica. Di qui un certo scetticismo verso le politiche di sostenibilità, definite come green washing, ovvero modalità che l’impresa utilizza per mascherare o per “farsi perdonare” azioni finalizzate a massimizzare il profitto “a qualsiasi costo” o addirittura illecite. L’adozione di un sistema di governo dell’impresa di qualità nel senso descritto sopra è quindi molto importante perché esclude o almeno minimizza la possibilità per l’impresa di avere comportamenti difformi; costringe infatti i vertici aziendali e tutto il management ad adottare comportamenti
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trasparenti, che quindi non possono non essere coerenti con i principi e gli impegni di sostenibilità dichiarati.
1.2 Il ruolo degli stakeholder nell’orientamento dell’impresa alla sostenibilità Gli stakeholder non sono solo il riferimento centrale dell’attività d’impresa, in quanto questa deve essere finalizzata a una corretta soddisfazione delle loro aspettative. Essi sono anche propulsori dell’evoluzione verso la gestione sostenibile dell’impresa. Le autorità di governo (sovranazionale, nazionale e locale), le grandi istituzioni internazionali, le organizzazioni che promuovono cause sociali e ambientali, sono gli stakeholder che per loro natura sono da sempre direttamente impegnati nell’indirizzare l’impresa verso la sostenibilità. In questi anni, un ruolo primario è stato assunto anche dagli investitori finanziari che con ogni probabilità saranno sempre più decisivi anche su questo fronte. Tutt’ora, è invece più controverso e comunque differenziato l’impatto effettivamente esercitato dagli acquirenti e consumatori in genere; la sostenibilità dell’impresa e dei suoi prodotti o servizi ha una rilevanza sul valore attribuito dal mercato e sulla comparazione con i concorrenti ancora molto disomogenea, e in vari business o segmenti di mercato, tutto sommato non primaria.
1.2.1 Le principali spinte esercitate dagli stakeholder Nella Tabella 1.2 sono illustrate le modalità attraverso cui i diversi stakeholder possono influenzare l’orientamento dell’impresa alla sostenibilità. Di seguito, si approfondisce il ruolo e le azioni che le grandi istituzioni internazionali da un lato e gli investitori dall’altro hanno nell’orientamento delle imprese alla sostenibilità, in considerazione del rilievo che tali attori hanno assunto in questi anni e prevedibilmente avranno in futuro.
grandi istituzioni internazionali investitori
1.2.2 L’impulso delle istituzioni internazionali a favore dell’impresa sostenibile Può essere fatto risalire al 1987 con la pubblicazione del Rapporto della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (“Commissione Bruntdland”) l’avvio da parte dei grandi organismi internazionali di un’azione sistematica a favore dello sviluppo sostenibile. In Europa, una data significativa è il 2001, quando l’Unione Europea pubblicò il Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale dell’impresa”, di cui si parla più avanti in questo paragrafo.
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Commissione Bruntdland
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Parte I Gli elementi fondanti l’impresa sostenibile
Tabella 1.2 Le principali spinte verso la sostenibilità esercitate dagli stakeholder Stakeholder
Spinta verso la sostenibilità
Il Governo nazionale e quelli regionali/ locali
• Attuano normative su questioni di rilievo ambientale e sociale che “alzano l’asticella” dei comportamenti sostenibili richiesti alle imprese, appunto per legge • Attivano meccanismi incentivanti a favore delle imprese sostenibili (per esempio, green procurement) • Svolgono azioni di moral suasion sulle grandi imprese e/o promuovono iniziative divulgative a favore della corporate sustainability
Le istituzioni e le autorità di governo sovranazionale
• Fissano e diffondono a livello internazionale i principi guida, gli obiettivi strategici gli standard di misurazione nei diversi ambiti dello sviluppo sostenibile • Indirizzano o influenzano le normative dei Governi nazionali sulle questioni ambientali e sociali (in particolare, ambiente, sicurezza del lavoro e diritti dei lavoratori, anti-corruzione)
Organizzazioni a sostegno delle cause ambientali/ sociali
• Attuano iniziative volte a richiamare l’attenzione delle autorità di Governo e dell’opinione pubblica su problematiche ambientali/sociali causate da determinate imprese o settori produttivi • Attuano attività di lobbying presso la Politica e gli organi di Governo per rafforzare le norme a favore dell’ambiente/attori sociali • Esercitano una pressione diretta su grandi imprese perché assumano comportamenti “virtuosi” dal punto di vista ambientale/sociale • Orientano l’opinione pubblica e in certi casi i consumatori a favorire le imprese sostenibili e penalizzare quelle che non lo sono
Investitori finanziari (fondi d’investimento, banche, istituzioni finanziarie)
• Raccolgono e gestiscono risorse finanziarie per investimenti esplicitamente finalizzati a generare anche significativi risultati ambientali/sociali (impact investing) • Stabiliscono e attuano proprie strategie di asset management che privilegiano l’investimento nel capitale di rischio o di debito di imprese “sostenibili” • Attraverso la propria presenza negli organi di governo dell’impresa ne orientano la gestione verso un elevato grado di sostenibilità
Soggetti che costituiscono il mercato dell’impresa
• Considerano un elevato grado di sostenibilità dell’impresa e dei suoi prodotti/servizi un importante elemento di valore che si riflette nella brand equity • Considerano il grado di sostenibilità dell’impresa e dei suoi prodotti/servizi una variabile fondamentale nella decisione di acquisto e nella valutazione del prezzo • Aderiscono a iniziative di sostenibilità promosse dall’impresa
sustainable development goals
Transforming our world agenda al 203
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1.2.2.1 The 2030 agenda for sustainable development La 2030 agenda for sustainable development è stata promulgata nel 2015 e adottata da tutti gli Stati membri come agenda “universale”; pur essendo relativamente recente è ormai diventata il riferimento strategico tanto per i Governi e le istituzioni pubbliche, quanto per le grandi imprese e il sistema economico in generale. È articolata in diciassette sustainable development goals (Figura 1.3) riferiti alle grandi questioni ambientali e sociali che occorre gestire al meglio come condizione necessaria per l’evoluzione positiva dell’umanità. Ciascuno di questi obiettivi generali è articolato in complessivi 169 target specifici. I diciassette obiettivi sono stati ordinati su tre livelli gerarchici (Figura 1.4), il primo relativo al miglioramento della biosfera, il seguente relativo alla società umana e l’ultimo agli aspetti economici. La descrizione di questi obiettivi e degli specifici target a essi riferiti è oggetto del documento strategico Transforming our world che spiega anche la visione e i principi guida dell’agenda al 2030, nonché le modalità di sua implementazione. Si vuole mobilitare tutti gli attori pubblici e privati nell’impegnarsi secondo le proprie risorse e aree di attività, e collaborando tra loro, al perseguimento degli obiettivi e dei target descritti. Come si legge nel documento, nel loro insieme questi obiettivi stimolano l’azione strategica
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Figura 1.3 I diciassette sustainable development goals. Fonte: https://www.un.org/sustainabledevelopment/. The content of this publication has not been approved by the United Nations and does not reflect the views of the United Nations or its officials or Member States.
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PARTNERSHIPS FOR THE GOALS
ECONOMY 8
DECENT WORK AND ECONOMIC GROWTH
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INDUSTRY, INNOVATION AND INFRASTRUCTURE
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REDUCED INEQUALITIES
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RESPONSIBLE CONSUMPTION AND PRODUCTION
SOCIETY 1
NO POVERTY
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SUSTAINABLE CITIES AND COMMUNITIES
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PEACE, JUSTICE AND STRONG INSTITUTIONS
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AFFORDABLE AND CLEAN ENERGY
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GOOD HEALTH AND WELL-BEING
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QUALITY EDUCATION
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GENDER EQUALITY
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ZERO HUNGER
BIOSPHERE 15
LIFE ON LAND
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LIFE BELOW WATER
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CLEAN WATER AND SANITATION
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CLIMATE ACTION
Figura 1.4 La gerarchia tra i diciassette SDG.29 Fonte: adattato da Pavan Sukhdev.
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nelle seguenti quattro direttrici decisive per l’evoluzione sostenibile dell’umanità e del pianeta. People We are determined to end poverty and hunger, in all their forms and dimensions, and to ensure that all human beings can fulfil their potential in dignity and equality and in a healthy environment. Planet We are determined to protect the planet from degradation, including through sustainable consumption and production, sustainably managing its natural resources and taking urgent action on climate change, so that it can support the needs of the present and future generations. Prosperity We are determined to ensure that all human beings can enjoy prosperous and fulfilling lives and that economic, social and technological progress occurs in harmony with nature. Peace We are determined to foster peaceful, just and inclusive societies which are free from fear and violence. There can be no sustainable development without peace and no peace without sustainable development.20 Il documento si sofferma anche sulle modalità e i mezzi per l’implementazione degli obiettivi e dei target di sviluppo sostenibile, evidenziando il ruolo fondamentale delle imprese e delle istituzioni finanziarie, oltre che delle organizzazioni filantropiche e della società civile: We recognize that each country has primary responsibility for its own economic and social development. The new Agenda deals with the means required for implementation of the Goals and targets. We recognize that these will include the mobilization of financial resources as well as capacity-building and the transfer of environmentally sound technologies to developing countries on favourable terms, including on concessional and preferential terms, as mutually agreed. Public finance, both domestic and international, will play a vital role in providing essential services and public goods and in catalyzing other sources of finance. We acknowledge the role of the diverse private sector, ranging from micro-enterprises to cooperatives to multinationals, and that of civil society organizations and philanthropic organizations in the implementation of the new Agenda.21 L’agenda al 2030 per lo sviluppo sostenibile rappresenta in un certo modo una grande sintesi di varie altre iniziative e dichiarazioni assunte negli ultimi venti-trent’anni dalle principali istituzioni internazionali. Le principali sono descritte nei seguenti punti.
Global Compact
1.2.2.2 Il Global Compact L’impegno delle istituzioni a livello mondiale nel promuovere lo sviluppo dei principi di sostenibilità presso gli attori economici ha avuto un impulso fondamentale nell’avvio del Global Compact, avvenuto nel luglio del 2000 per iniziativa dell’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Il Global Compact intende promuovere una cittadinanza d’impresa responsabile, in modo che il mondo del business contribuisca insieme alle 20 Cfr. 21 Cfr.
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documento citato sopra, p. 6. documento citato sopra, p.14.
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istituzioni ai vari livelli all’individuazione di soluzioni alle sfide ambientali e sociali conseguenti alla globalizzazione. Tale impegno deve manifestarsi all’interno dell’organizzazione aziendale, attraverso l’inclusione dei valori di sostenibilità nella sua visione strategica, nella cultura organizzativa e nelle operazioni quotidiane. Raggiunto questo consolidamento interno, i progetti per la comunità e altre azioni a favore di soggetti esterni diventano un ampliamento naturale dei valori aziendali. Il Global Compact ha elaborato dieci principi universali relativi ai diritti umani, al lavoro e all’ambiente e all’anti-corruzione; per ciascuno di questi principi sono anche suggerite una serie di azioni per la loro attuazione concreta; è anche auspicata la costituzione all’interno delle imprese di strutture gestionali per la realizzazione di programmi attuativi e per l’integrazione dei principi nell’intera organizzazione aziendale e nel suo sistema di valori. Il Global Compact opera attraverso un sistema di partenariati con istituzioni internazionali e l’attivazione di reti tra attori locali, ed è costituito da un ufficio ad hoc direttamente collegato con sei agenzie delle Nazioni Unite (Ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani; Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente; Organizzazione Internazionale del Lavoro; Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo; Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale; Ufficio delle Nazioni Unite per le Droghe e il Crimine). STRUMENTI
I dieci principi del Global Compact Alle imprese è richiesto di: Diritti umani Principio 1 Promuovere e rispettare i diritti umani universalmente riconosciuti nell’ambito delle rispettive sfere d’influenza. Principio 2 Assicurarsi di non essere, seppure indirettamente, complici negli abusi dei diritti umani. Lavoro Principio 3 Sostenere la libertà di associazione dei lavoratori e riconoscere il diritto alla contrattazione collettiva. Principio 4 Eliminare tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio. Principio 5 Eliminare il lavoro minorile. Principio 6 Eliminare ogni forma di discriminazione in materia di impiego e professione. Ambiente Principio 7 Sostenere un approccio preventivo nei confronti delle sfide ambientali. Principio 8 Intraprendere iniziative che promuovano una maggiore responsabilità ambientale. Principio 9 Incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che rispettino l’ambiente. Lotta alla corruzione Principio 10 Contrastare la corruzione in ogni sua forma, incluse l’estorsione e le tangenti.
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Libro Verde
Europe 2020
1.2.2.3 Il “Libro Verde” dell’Unione Europea L’Unione Europea ha delineato i principi basilari relativi all’impresa sostenibile nel Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale dell’impresa, pubblicato nel 2001. Nel testo si individua il concetto di responsabilità sociale22 dell’impresa come «l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate». Si precisa che: «essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là, investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate». Il Libro Verde evidenzia anche che le prassi socialmente responsabili riguardano innanzi tutto la dimensione interna dell’azienda, in particolare: la gestione delle risorse umane, la salute e la sicurezza nel lavoro, l’adattamento del lavoro alle trasformazioni dei settori o delle grandi aziende, la riduzione dei consumi di risorse naturali e dell’impatto delle attività produttive sull’ambiente. Riguardano al contempo il modo in cui l’azienda si rapporta con l’ambiente esterno e, in particolare, con la comunità locale in cui è inserita, con i fornitori e i consumatori, soprattutto quelli con cui si possono sviluppare partnership significative, e con la società civile in generale. Un altro importante riferimento dell’orientamento dell’Unione Europea a favore dello sviluppo sostenibile è la strategia Europe 2020 relativa al modello di crescita di lungo termine del continente. I tre pilastri di tale modello sono, infatti:
• smart growth: promuovendo la conoscenza, l’innovazione e l’istruzione e
la società digitale; growth: rendendo la produzione più efficiente nell’uso delle risorse e rilanciando allo stesso tempo la competitività; • inclusive growth, incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, l’acquisizione delle competenze e la lotta alla povertà.
• sustainable
direttiva UE n.95/2014
1.2.2.4 La direttiva UE “non financial and diversity information” A dicembre 2014 è entrata in vigore la direttiva UE n.95/2014 finalizzata a migliorare la consistenza e la qualità delle informazioni di natura non-finanziaria fornite dalle grandi imprese operanti nell’Unione Europea. Tali informazioni riguardano essenzialmente i risultati realizzati dall’impresa in campo ambientale e sociale (ovvero il valore creato per gli stakeholder), nonché i meccanismi di governo e la trasparenza nella conduzione del business. La direttiva intende stimolare l’uniformazione delle società europee agli standard europei in materia appunto di informativa “non finanziaria”. Al fine di favorire la comparazione tra le aziende, la rendicontazione delle informazioni deve avvenire secondo uno standard di riferimento; il GRI (Global Reporting Initiative) è quello attualmente maggiormente utilizzato a livello internazionale. 22 Soprattutto
in passato, i termini di “responsabilità sociale” d’impresa e impresa “sostenibile” sono stati utilizzati come sinonimi. Oggi, sia la letteratura scientifica sia la pratica manageriale preferiscono utilizzare il secondo.
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Il legislatore italiano ha recepito tale direttiva con il d.lgs. 30 dicembre 2016, n. 254; esso prevede23 che gli “enti di interesse pubblico di grandi dimensioni” (in sostanza, le società quotate, le banche e le assicurazioni) rendicontino le specifiche informazioni finanziarie, redigendo anche una specifica “dichiarazione consolidata di carattere non finanziario”. Le tematiche di cui occorre dare informazioni sono:
• caratteristiche del modello organizzativo e gestionale dell’azienda; • caratteristiche degli organi di governo (composizione degli organi, qualità delle persone coinvolte, diversità di genere);
• i principali rischi, generati o subiti, che derivano dalle attività dell’impre-
sa, dai suoi prodotti, servizi o rapporti commerciali, incluse, ove rilevanti, le catene di fornitura e subappalto; • ambiente; in particolare, consumo di materie prime, utilizzo di acqua consumi energetici e utilizzo energia da fonti alternative, emissioni di gas inquinanti, inquinamento; • questioni sociali; in particolare, progetti a favore delle Comunità e delle persone, relazioni con i clienti, i fattori di rischio ambientale, sanitario e sociale; • gestione delle catene di fornitura e stimolo allo sviluppo sostenibile dei fornitori; • personale; in particolare, salute e sicurezza sul lavoro, pari opportunità, crescita professionale e personale, benessere aziendale; • diritti umani: rispetto dei diritti umani in tutti i Paesi, azioni per prevenire violazioni e comportamenti discriminatori; • corruzione: trasparenza nelle gestione del business, lotta alla corruzione sia attiva sia passiva, con l’indicazione degli strumenti adottati a tal fine. La legge di bilancio 2019 ha esteso il contenuto della dichiarazione non finanziaria, precisando che la descrizione dei principali rischi deve includere anche l’indicazione della loro modalità di trattamento; nello specifico, vanno indicate le “linee guida per la gestione dei rischi principali”.
1.2.2.5 Le linee guida di ILO e OCSE L’ILO (International Labour Office) è un altro organismo internazionale che svolge un’importante azione di spinta per la sostenibilità delle imprese, naturalmente nell’ambito delle condizioni di lavoro. Particolarmente rilevante a riguardo è la “convenzione” Tripartite Declaration of Principles concerning Multinational Enterprise and Social Policy, emanata nel 1977 e ultimamente revisionata nel 2006. Indica le linee guida di comportamento che le imprese internazionali, in particolare se operanti in Paesi in via di sviluppo o emergenti, dovrebbero avere nei rapporti con i lavoratori e con le loro rappresentanze sindacali. I temi oggetto delle linee guida sono: promozione dell’occupazione; sicurezza dell’occupazione; pari opportunità; formazione; condizioni del lavoro (sicurezza, condizioni igieniche); qualità della vita (età
ILO (International Labour Office)
23 Il
decreto prevede che tale obbligo entri in vigore per le rendicontazioni relative all’esercizio iniziato l’1 gennaio 2017.
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OCSE
minima dei dipendenti); relazioni industriali (libertà di associazione sindacale, contrattazione collettiva). Rivolto ancora alle imprese internazionali sono le OCSE guidelines on multinational enterprises, il cui ultimo aggiornamento è stato pubblicato nel 2011. STRUMENTI
Le “general policies” suggerite alle imprese internazionali nel OCSE guidelines on multinational enterprises Enterprises should take fully into account established policies in the countries in which they operate, and consider the views of other stakeholders. In this regard, enterprises should: 1. Contribute to economic, environmental and social progress with a view to achieving sustainable development. 2. Respect the internationally recognised human rights of those affected by their activities. 3. Encourage local capacity building through close co-operation with the local community, including business interests, as well as developing the enterprise’s activities in domestic and foreign markets, consistent with the need for sound commercial practice. 4. Encourage human capital formation, in particular by creating employment opportunities and facilitating training opportunities for employees. 5. Refrain from seeking or accepting exemptions not contemplated in the statutory or regulatory framework related to human rights, environmental, health, safety, labour, taxation, financial incentives, or other issues. 6. Support and uphold good corporate governance principles and develop and apply good corporate governance practices, including throughout enterprise groups. 7. Develop and apply effective self-regulatory practices and management systems that foster a relationship of confidence and mutual trust between enterprises and the societies in which they operate. 8. Promote awareness of and compliance by workers employed by multinational enterprises with respect to company policies through appropriate dissemination of these policies, including through training programmes. 9. Refrain from discriminatory or disciplinary action against workers who make bona fide reports to management or, as appropriate, to the competent public authorities, on practices that contravene the law, the Guidelines or the enterprise’s policies. 10. Carry out risk-based due diligence, for example by incorporating it into their enterprise risk management systems, to identify, prevent and mitigate actual and potential adverse impacts as described in paragraphs 11 and 12, and account for how these impacts are addressed. The nature and extent of due diligence depend on the circumstances of a particular situation. 11. Avoid causing or contributing to adverse impacts on matters covered by the Guidelines, through their own activities, and address such impacts when they occur. 12. Seek to prevent or mitigate an adverse impact where they have not contributed to that impact, when the impact is nevertheless directly linked to their operations, products or services by a business relationship. This is not intended to shift responsibility from the entity causing an adverse impact to the enterprise with which it has a business relationship. 13. In addition to addressing adverse impacts in relation to matters covered by the Guidelines, encourage, where practicable, business partners, including suppliers and sub-contractors, to apply principles of responsible business conduct compatible with the Guidelines. 14. Engage with relevant stakeholders in order to provide meaningful opportunities for their views to be taken into account in relation to planning and decision making for projects or other activities that may significantly impact local communities. 15. Abstain from any improper involvement in local political activities. Fonte: http://mneguidelines.oecd.org/2011GeneralPolicies.pdf
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1.2.2.6 Il Global Reporting Initiative Per favorire l’effettiva e diffusa applicazione dei principi di sostenibilità è stato essenziale lo sviluppo di una metrica standard che permettesse la misurazione del grado di raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità da parte delle imprese e un confronto sulle relative performance anche tra le imprese. Il sistema oggi più diffuso è il Global Reporting Initiative (GRI), creato nel 1997 e da allora più volte aggiornato anche grazie ai contributi delle stesse imprese aderenti e dei diversi attori impegnati nelle cause ambientali e sociali. Questo sistema fornisce un frame work standardizzato a livello internazionale per la misurazione e la comunicazione agli stakeholder delle performance aziendali con riferimento agli obiettivi di sostenibilità.24 Il GRI fornisce una struttura di indicatori, relativi all’impatto economico, ambientale e sociale dell’attività svolta dall’impresa. Gli indicatori di natura sociale sono poi articolati in alcune sottocategorie (lavoro, diritti umani, società, responsabilità verso il consumatore). Accanto agli indicatori ritenuti fondamentali (core), sono previsti alcuni indicatori additional relativi a questioni emergenti o che potrebbero essere rilevanti solo in alcuni comparti; per ogni sezione è anche prevista la descrizione qualitativa di: approcci manageriali adottati, obiettivi e risultati di carattere generale, politiche aziendali e altre informazioni relative alla posizione competitiva (fattori critici di successo, maggiori fattori di rischio, opportunità, principali cambiamenti del contesto competitivo). L’azienda sceglie su quali tematiche offrire informazioni relative al suo profilo e alle modalità di gestione e quali indicatori di performance economica, ambientale, sociale misurare. I GRI pongono attenzione anche allo stakeholders’ engagement, inteso come l’impegno dell’impresa a coinvolgere i diversi stakeholder interni ed esterni nell’attuazione degli obiettivi di sostenibilità.
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Global Reporting Initiative (GRI)
stakeholders’ engagement
1.2.3 Il rilievo degli investitori finanziari Il sistema finanziario ha un ruolo decisivo nello sviluppo della corporate sustainability per la semplice ragione che gli investitori orientano il comportamento strategico delle imprese alle quali forniscono le risorse finanziarie (nella forma sia di capitale di rischio sia di credito). In particolare, determinano gli obiettivi di valore e, attraverso i meccanismi di governance, condizionano le decisioni strategiche dell’azienda, almeno quelle più direttamente rilevanti per detti obiettivi.
1.2.3.1 La sostenibilità del valore nel lungo termine, priorità degli investitori finanziari Durante l’ultimo decennio dello scorso secolo, diversi soggetti finanziari di dimensione rilevante hanno iniziato ad avere strategie finalizzate non più alla semplice ottimizzazione del profilo di rischio-rendimento finanziario dei propri investimenti. In una prima fase, essi hanno allocato le loro risorse su 24 A
fine 2016, lo stesso GRI rilevava che il 93% dei primi 250 gruppi mondiali avesse un report strutturato del loro grado di sostenibilità e l’82% utilizzasse per tale rapporto gli standard GRI.
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Dow Jones Sustainability Index
investitori etici
imprese in grado di massimizzare la creazione di valore economico, attraverso strategie che non creassero gravi danni ambientali e sociali; in una seconda fase (avviata in modo generalizzato nei primi anni di questo secolo), hanno richiesto un impegno sempre più consistente a favore della soluzione dei problemi sociali e ambientali. Si è iniziato a misurare la qualità di un investimento non solo in termini di rischio/rendimento finanziario, ma anche di impatto sociale e ambientale. Questo nuovo approccio ha trovato notevole supporto (e del resto, ha a sua volta stimolato) nello sviluppo di sistemi internazionali di misurazione degli effetti ambientali e sociali dell’attività produttiva,25 nonché nella nascita e rapida crescita di indici di mercato finanziario costituiti da sole imprese considerate “sostenibili” (il Dow Jones Sustainability Index è probabilmente il più rilevante). Questo nuovo modo di valutare la qualità di un investimento ha implicato un fondamentale cambiamento della prospettiva temporale. Mentre in passato, proprio per la pressione della finanza, le imprese cercavano di raggiungere risultati ottimali anche nel breve e medio termine, oggi si cerca di dare maggior rilievo alle performance di lungo termine. Del resto, la finanza sta ponendo al centro della sua attenzione la “sostenibilità” nel tempo della redditività realizzata dall’impresa. Negli ultimi dieci anni, questo nuovo approccio ha avuto uno sviluppo esponenziale: il numero di investitori “etici” e la massa di investimenti realizzati sulla base dei nuovi principi sono diventati molto consistenti (anche se non ancora preponderanti) nei mercati finanziari in tutto il mondo.26 Inoltre, la concreta attenzione verso il bilanciamento di risultati finanziari, ambientali e sociali insieme alla massima trasparenza dell’azienda si è diffusa tra la maggior
25 Il
più noto e oggi consolidato è il sistema GRI, come descritto nella nota precedente. global sustainable investment alliance ha stimato a inizio 2018 i capitali “sostenibili e responsabili” complessivamente investiti nel mondo considerando i criteri Environment, Social and Governance (ESG) nella selezione e gestione del portafoglio in oltre 30.000 miliardi di dollari, con una crescita del 34% rispetto al biennio precedente e di oltre il 50% nel quadriennio. La percentuale degli investimenti “sostenibili” sul totale degli asset gestiti è in forte crescita ed è stimata nel 2018 tra il 18% in Giappone (che è però risultata nell’ultimo anno una delle aree a maggior crescita), il 49% in Europa, il 26% negli Stati Uniti e il 63% in Australia e Nuova Zelanda. In Europa, il valore totale degli asset rientranti negli investimenti sostenibili è aumentato dell’11% tra il 2016 e il 2018, superando i €12.000 miliardi, pari a poco meno della metà degli attivi “sostenibili”. In questi anni, gli investimenti sostenibili hanno avuto anche una crescita molto consistente; tra il 2014 e il 2018, il CAGR è stato del 6% in Europa e del 16% negli Stati Uniti, e addirittura del 50% in Australia e Nuova Zelanda e del 308% in Giappone. Il Global Impact Investment Network (GIIN) stima che alla fine del 2018, nel mondo vi siano circa 1350 organizzazioni che gestiscono attività finanziarie di natura specificatamente “social impact” per un valore di circa 502 miliardi di dollari. Il valore mediano degli investimenti gestiti da ciascun soggetto è pari a 29 milioni di dollari, evidenziando una forte presenza di soggetti relativamente piccoli. La media è invece di oltre 450 milioni, testimoniando che vi sono comunque un certo numero di soggetti con portafogli molto grandi. Quasi due terzi dei 1.340 soggetti considerati sono “asset managers”; un altro 21% è costituito da fondazioni e il 4% da banche e altre istituzioni finanziarie. Il rimanente 10% comprende fondi pensione, compagnie assicurative, fondi individuali ecc.
26 La
Environment, Social and Governance (ESG)
Global Impact Investment Network (GIIN)
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parte degli attori finanziari. Questa evoluzione è arrivata proprio in questi ultimissimi anni a rendere la “finanza sostenibile” il paradigma primario.27
1.2.3.2 I criteri ESG nella valutazione degli investimenti La maggior parte delle istituzioni finanziarie riconosce che le scelte di investimento (asset allocation) non possono essere più basate solo sugli aspetti meramente economico-finanziari, dovendo considerare insieme a questi anche i criteri Environment, Social, Governance (ESG). L’integrazione dei criteri ESG con quelli economico-finanziari migliora il profilo di rischio-rendimento dei portafogli. In linea generale, si ritiene che le imprese che si impegnano per migliorare le performance ESG sono più competitive e nel lungo termine più profittevoli. Sono anche molto più in grado di prevenire o affrontare i rischi e le crisi. La correlazione positiva tra criteri ESG e redditività ha trovato anche alcune conferme empiriche.28 ESPERIENZA
Una completa trasformazione della finanza
Estratti dalla comunicazione di Larry Fink agli AD delle società partecipate dal fondo BlackRock (2020) (…) I dati sui rischi climatici obbligano gli investitori a riconsiderare le fondamenta stesse della finanza moderna. Ricerche di varie organizzazioni rafforzano la nostra comprensione di come il rischio climatico avrà un impatto non solo sul mondo fisico, ma anche sul sistema globale che finanzia la crescita economica. (…) Sempre più gli investitori si rendono conto che rischio climatico significa rischio d’investimento. In effetti, i cambiamenti climatici sono quasi invariabilmente la prima problematica che i clienti, in tutto il mondo, ci pongono innanzi. (…) Questi interrogativi stanno comportando una profonda rivalutazione del rischio e del valore degli asset. E poiché i mercati dei capitali anticipano il rischio futuro, registreremo i cambiamenti nell’allocazione di capitali più rapidamente rispetto a quelli nel clima. (…) Riteniamo che tutti gli investitori, insieme alle autorità regolamentari, agli assicuratori e al pubblico, debbano avere un quadro più chiaro di come le aziende gestiscono le questioni legate alla sostenibilità. Queste informazioni dovrebbero andare oltre le problematiche legate al clima, illustrando come ciascuna azienda sia al servizio di tutti i propri stakeholder, divulgando anche le informazioni necessarie a spiegare le questioni relative alla diversità della sua forza lavoro, alla sostenibilità della sua catena di approvvigionamento e al grado di protezione dei dati dei clienti. Le prospettive di crescita di ogni azienda sono indissolubili dalla sua capacità di operare in modo sostenibile e di servire l’intera comunità dei suoi stakeholder. (…) L’importanza di portare beneficio alle parti interessate e di perseguire uno scopo, rappresentano aspetti sempre più centrali del modo in cui le aziende definiscono il proprio ruolo nella società. Come ho scritto nelle lettere precedenti, un’azienda non può ottenere profitti a lungo termine senza perseguire uno scopo e senza considerare le esigenze di tutta la vasta gamma di stakeholder.
27 Il
contenuto della comunicazione di Larry Fink, amministratore delegato di BlackRock, il più grande fondo di investimenti nel mondo, ai vertici delle aziende su cui il Fondo ha investito, è una traccia significativa di questa svolta definitiva, a partire dal suo titolo: “Una completa trasformazione della finanza”. 28 Si veda, per esempio: Bassen, Alexander, Busch, Timo und Friede, Gunnar: “ESG and financial performance: aggregated evidence from more than 2.000 empirical studies”, Journal of Sustainable Finance & Investment, 2015.
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(…) Nel tempo, le aziende e i Paesi che non portano beneficio agli stakeholder e non gestiscono i rischi legati alla sostenibilità incontreranno un crescente scetticismo da parte dei mercati e, a loro volta, un costo del capitale più elevato. Le aziende e i Paesi che promuovono la trasparenza e dimostrano la propria capacità di risposta agli stakeholder, al contrario, attireranno investimenti in modo più efficace, e attireranno un capitale umano di qualità superiore. (…) Riteniamo che quando una società non affronta efficacemente un problema materiale, i suoi amministratori debbano essere ritenuti responsabili. L’anno scorso BlackRock ha votato contro o negato i voti a 4.800 amministratori di 2.700 società. Laddove riteniamo che le società e i consigli di amministrazione non stiano producendo informative efficaci sulla sostenibilità o non stiano implementando procedure per la gestione di questi problemi, considereremo i membri del consiglio di amministrazione responsabili. Alla luce del lavoro già effettuato nella divulgazione, e considerando i crescenti rischi di investimento che circondano la sostenibilità, saremo sempre più propensi a votare contro i dirigenti e i consiglieri di amministrazione quando le società non svolgeranno progressi sufficienti in materia di informativa sulla sostenibilità e non predisporranno linee guida e piani aziendali a essa connessi. (…) Durante i 40 anni della mia carriera in finanza, ho assistito a una serie di crisi finanziarie: i picchi di inflazione degli anni ‘70 e primi anni ‘80, la crisi valutaria asiatica nel 1997, la bolla delle dot-com e la crisi finanziaria globale. Anche quando queste situazioni sono durate molti anni, erano tutte, in generale, per loro natura di breve termine. Il cambiamento climatico è diverso. Anche se si verificassero solo una parte degli impatti previsti, si tratta di una crisi a lungo termine molto più strutturale. Le aziende, gli investitori e i Governi devono prepararsi per una significativa riallocazione del capitale.
Affinché l’adesione sempre più convinta e diffusa degli investitori finanziari ai criteri ESG abbia un impatto concreto sui comportamenti delle imprese occorrono due condizioni fondamentali: i) il consolidamento di una metrica per misurare e comparare le performance ESG di un determinato investimento; ii) la concreta adozione da parte delle imprese (in generale di tutti i prenditori di risorse finanziarie) di detti criteri e la disponibilità alla loro misurazione e certificazione indipendente. Per quanto riguarda la prima condizione, anche se i parametri GRI sono divenuti un riferimento primario, la definizione dei criteri per valutare le performance ESG rimane nella discrezionalità dell’impresa; per altro, tale definizione risente inevitabilmente delle caratteristiche del settore di appartenenza. Per quanto concerne il secondo punto, una recente analisi29 del grado di applicazione del d.lgs. 254/2016 tra le grandi imprese italiane mostra un notevole aumento dell’integrazione dei criteri ESG nella pianificazione strategi29 Cfr:
KPMG (2020) Informativa extra finanziaria (ESG): survey del terzo anno di applicazione del d.lgs. 254/2016. Su un campione di 200 imprese, il 75% redige la dichiarazione non finanziaria, in quanto azienda quotata, e solo un ulteriore 7% in forma volontaria. L’80% ha formalizzato almeno una policy inerente i temi del decreto e il 70% ha sviluppato sistemi di gestione dei rischi ESG integrati. Circa la metà del campione ha delineato una strategia di sostenibilità e il 40% ha formalizzato un piano di sostenibilità. I board delle aziende sono sempre più attivamente coinvolti nei temi di sostenibilità: nel 49% del campione considerato, esiste un comitato endoconsiliare con precise responsabilità sui temi della sostenibilità. Si osserva tuttavia anche un 39% di aziende che non hanno definito formalmente una governance della gestione sostenibile.
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ca e nella gestione dei rischi, anche se il numero totale di aziende coinvolte è ancora piuttosto limitato. Naturalmente questo processo ha riguardato essenzialmente le grandi e grandissime imprese e soprattutto le public companies; in linea generale, quelle imprese che necessitano di rilevanti risorse finanziarie e che, per risolvere tale esigenza si rivolgono appunto a investitori istituzionali e ai mercati finanziari. Nonostante il notevole e crescente interesse del sistema finanziario, tuttavia, la finanza rimane ancora un fattore di complessità nella transizione verso la sostenibilità e in particolare l’economia circolare. Questo problema è enfatizzato nel caso delle imprese di dimensione minore che in quanto tali scontano una liabilities of smallness rilevante anche sul piano finanziario.
1.2.3.3 Principi fondamentali e dimensione della finanza sostenibile La finanza sostenibile (Sustainable and Responsible Investment, SRI) riguarda gli investimenti valutati integrando criteri ambientali, sociali e di governance (o Environmental, Social and Governance) nella ricerca, nell’analisi e nella selezione dei titoli. Si tratta di un approccio che interviene a monte delle scelte di investimento, arricchendo la tradizionale analisi economico-finanziaria degli emittenti con considerazioni riguardanti gli aspetti di sostenibilità. Si declina in tutte le classi di attivo (titoli sovrani, azionario, obbligazionario quotato, private equity, private debt, ETF ecc.). L’investimento sostenibile ha dunque l’obiettivo di creare valore sia per l’investitore sia per la società nel suo complesso attraverso una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo che integra il risultato finanziario con quello ambientale, sociale e con la qualità della governance. Gli SRI hanno le seguenti caratteristiche generali.30
31
public companies
Sustainable and Responsible Investment (SRI)
• Esclusione esplicita di singoli emittenti, settori o Paesi in quanto ritenuti
intrinsecamente avversi ai principi dello sviluppo sostenibile. Per quanto riguarda le industrie, oltre ai casi ormai consolidati di pornografia, armi, test sugli animali, si sta diffondendo la tendenza a non investire nei settori legati ai combustibili fossili. • Focalizzazione su investimenti tematici a favore della sostenibilità. Per converso, sono selezionati gli emittenti secondo criteri ambientali e sociali, cioè che operano esplicitamente a favore del superamento di problematiche di interesse globale (efficienza energetica, salute, acqua, sana alimentazione ecc.). • Rispetto degli standard internazionali, tra i quali in particolare il Global Compact, le linee guida OCSE per le imprese multinazionali, le convenzioni ILO sul lavoro, i GRI. In modo prioritario per i grandi gruppi, è sempre più essenziale integrare gli SDG negli obiettivi strategici e di business. Inoltre, operare in maniera trasparente e con una governance efficace.
30 Cfr.
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www.investireresponsabilmente.it.
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• Privilegio dei best in class. Gli investimenti sono orientati in via prioritaria
social impact investments
United Nations Environment Programme (UNEP)
verso gli emittenti che all’interno della propria industria (o classe di attivo) mostrano performance ESG migliori e certificate. • Attenzione a investimenti “tematici”, cioè esplicitamente finalizzati a intervenire su uno specifico “tema” ambientale e sociale, dove l’impresa/ investitore intende svolgere un ruolo positivo. • Attuazione di concrete misure di coinvolgimento degli stakeholder. Nell’ambito della valutazione delle best in class è posta rilevanza alle modalità di stakeholders’ engagement attuate dall’impresa. Il coinvolgimento riguarda anche gli azionisti, secondo il principio di “azionariato attivo”, per cui gli investitori hanno un concreto potere di influenza attraverso l’esercizio dei diritti connessi alla partecipazione al capitale azionario. • Focalizzazione sui social impact investments. Si tratta appunto di investimenti di soggetti privati realizzati con l’intento di generare un risultato (misurabile) di natura sociale e ambientale, e in grado allo stesso tempo di produrre un ritorno economico per gli investitori, pur normalmente inferiore a quello di mercato. In questi anni, le principali istituzioni internazionali hanno intrapreso una chiara strategia a favore della finanza sostenibile. Nel 2014, il United Nations Environment Programme (UNEP) ha iniziato a studiare un possibile modello di sistema finanziario sostenibile, con l’obiettivo di identificare politiche che favorissero l’impiego dei capitali nell’ambito della green and inclusive economy. Nel 2017, in collaborazione con la World Bank, UNEP ha anche delineato una “roadmap” di iniziative a breve, medio e lungo termine per lo sviluppo della finanza sostenibile.31 Nel 2016 la Commissione Europea ha costituito l’High-Level Expert Group (HLEG) on Sustainable Finance, un gruppo di esperti incaricati di elaborare raccomandazioni per una strategia europea sulla finanza sostenibile. Nel suo Final Report, pubblicato a gennaio 2018, l’HLEG sottolinea come una gestione inefficiente delle risorse naturali costituisca un grave rischio per il sistema economico-finanziario. Di conseguenza, occorre fare in modo che i modelli di produzione e di business siano tali da garantire la stabilità e la resilienza dei sistemi sociali e ambientali. Nel 2018, la Commissione Europea ha pubblicato l’action plan “Financing sustainable growth”, articolato sulle seguenti linee strategiche: i) orientare i flussi di capitale verso gli investimenti sostenibili; ii) gestire in modo più efficace i rischi finanziari che derivano dal cambiamento climatico, dal consumo di risorse, dal degrado ambientale e dalle disuguaglianze sociali; iii) migliorare la trasparenza e incoraggiare un approccio di lungo periodo nelle attività economico-finanziarie. Infine, va ricordato che nei primi mesi del 2020, l’autorità europea sugli strumenti e mercati finanziari (ESMA)32 ha pubblicato la sua “strategia sulla finanza sostenibile”, finalizzata a incorporare i fattori ESG nella gestione degli 31 Cfr.
http://unepinquiry.org/wp-content/uploads/2017/11/Roadmap_for_a_Sustainable_Financial_ System_ES.pdf. 32 European Securities and Markets Authority (ESMA).
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investitori e delle imprese. Tra le altre priorità, l’ESMA evidenzia: i) il completamento del quadro normativo in materia di obblighi di trasparenza; ii) il rafforzamento della convergenza delle vigilanze nei vari Paesi sui fattori ESG, con specifico riferimento alla prevenzione del green washing, la promozione della trasparenza nelle pratiche di business e dell’affidabilità delle informazioni non finanziarie; iv) garantire il rispetto dei criteri ESG nelle organizzazioni direttamente vigilate dall’ESMA.
1.3 I principi della gestione strategica sostenibile dell’impresa La gestione strategica è finalizzata a raggiungere determinati obiettivi relativi alla creazione di valore nel medio lungo termine e all’evoluzione sostenibile dell’impresa, sfruttando al meglio le sue risorse distintive e in relazione all’evoluzione del contesto ampio, di quello competitivo e del mercato in cui essa opera. A tal fine, la strategia individua le tematiche prioritarie su cui concentrare l’attenzione, delinea i principali progetti (appunto “strategici”) da attuare e valuta i conseguenti investimenti; stabilisce le “invarianti”, ovvero gli aspetti basilari e irrinunciabili del proprio modo di condurre il business; infine, le “cose da non fare”.33 Queste scelte possono essere deliberate ex ante (pianificate) o essere emergenti, in reazione al modificarsi di condizioni rilevanti. Proprio il rapido aumento della complessità delle problematiche ambientali e sociali e del loro impatto diretto sui rischi aziendali rende necessario per l’impresa ampliare la sua prospettiva oltre quella semplicemente economica. I nuovi scenari hanno anche aumentato la rilevanza, la complessità e in molti casi, il potere degli stakeholder. Di conseguenza, l’impresa non può non tenere conto delle loro aspettative, integrandole con i propri specifici obiettivi.
1.3.1 Le quattro articolazioni della strategia d’impresa La complessiva strategia aziendale è la risultante di quattro tipi di strategie specifiche, interdipendenti, che possono essere ordinate su due dimensioni: la prima comprende le strategie per la creazione di valore (economico, sociale e ambientale, o “condiviso”), e in particolare:
strategie
• le strategie competitive, finalizzate a mettere l’impresa nella condizione
strategie competitive
di raggiungere un vantaggio sui concorrenti e massimizzare il suo risultato economico; • le strategie di creazione di valore per gli stakeholder, finalizzate a mettere l’impresa nelle condizioni di massimizzare i suoi risultati ambientali e sociali.
valore per gli stakeholder
33 Interessante
ricordare quanto Porter ha affermato riguardo la strategia: “the essence of strategy is choosing what not to do”.
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Parte I Gli elementi fondanti l’impresa sostenibile
La seconda dimensione riguarda le strategie volte a “potenziare” le condizioni dell’impresa favorevoli alla sua creazione di valore; esse sono: strategie di crescita
• le strategie di crescita, attraverso cui l’impresa espande il suo raggio di
strategie cooperative
• le
invarianti
strategia flessibile
azione, aumentando le opportunità di creazione di valore; strategie cooperative, attraverso cui l’impresa rafforza le condizioni interne ed esterne per la creazione di valore.34
In ciascuna di queste articolazioni, la strategia deve essere allineata con il modello organizzativo. Per avere successo, una strategia deve dunque essere coerente con: i) le caratteristiche organizzative dell’impresa, ii) il suo patrimonio di risorse; iii) il contesto competitivo e di mercato ove essa opera. La strategia, inoltre, deve essere fortemente collegata all’operatività aziendale: dovrebbe delineare i principi guida, le priorità, l’orientamento su determinate questioni chiave, le eventuali forti discontinuità e le possibili invarianti nel comportamento aziendale; tutto questo finalizzato a far sì che la gestione operativa attui costantemente le finalità stabilite dagli stakeholder, sfruttando nel modo migliore le condizioni interne ed esterne con cui le scelte aziendali devono via via fare i conti. È abbastanza comune, invece, distinguere il momento della decisione strategica e quello della sua implementazione operativa, considerando la prima focalizzata sul cosa fare e la seconda sul come farlo. Questa distinzione è accettabile sul piano logico a condizione che non se ne faccia derivare un primato del momento dell’elaborazione strategica su quello della sua implementazione. Va, infatti, sottolineato che anche con una visione strategica un po’ incerta, l’impresa può evolvere positivamente, soprattutto in condizioni di forte instabilità, e a condizione che riesca a sviluppare notevole efficacia operativa;35 al contrario una visione strategica anche molto chiara non è generalmente sufficiente a raggiungere risultati positivi se manca un’adeguata capacità di implementazione. L’efficacia della strategia (e del modo in cui è implementata) è misurata con riferimento al valore economico, ambientale e sociale creato dall’impresa nel medio-lungo termine. Nella prospettiva resource based,36 tale efficacia va considerata anche in relazione al rafforzamento del patrimonio di risorse disponibili e soprattutto di risorse distintive. In condizioni di rapido e continuo cambiamento, è anche essenziale che la strategia sia flessibile: possa, cioè, essere modificata, senza peggiorare le opportunità competitive e di sviluppo dell’azienda. Al cambiamento strategico deve corrispondere il cambiamento organizzativo, per quel principio di allineamento fra strategia e organizzazione illustrato prima. La letteratura nel 34 Le
quattro articolazioni della strategia aziendale sono discusse in dettaglio nel Capitolo 5. esempio storico – non aziendale – di successo anche in mancanza di strategia chiara è la vicenda di Cristoforo Colombo. È noto che il navigatore genovese nel suo grande viaggio nelle Americhe fu mosso da obiettivi strategici molto diversi da quelli che poi raggiunse; grazie alle sue notevoli doti marinare e alla capacità di adeguarsi alle opportunità offerte da uno scenario non previsto, raggiunse un risultato straordinario ma completamente diverso da quello al quale tendeva il suo originario progetto. 36 Questa prospettiva sarà illustrata e approfondita nel Capitolo 3. 35 Un
Cristoforo Colombo
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campo dell’organizzazione e la pratica manageriale hanno ampiamente posto in evidenza una serie di fattori di vischiosità che rallentano o impediscono il cambiamento organizzativo che sarebbe necessario a fronte dell’evoluzione della strategia. In estrema sintesi, questi fattori possono essere: i) interessi costituiti degli attori aziendali; ii) routine consolidate che spingono l’impresa a perpetuare determinati modi di procedere (soprattutto quando questi si sono mostrati efficienti); iii) focalizzazione sui clienti e sui concorrenti attuali; iv) avversione “culturale” al cambiamento: v) mancanza delle competenze necessarie per attuare il cambiamento e operare con efficacia nel nuovo contesto.
1.3.2 Gli obiettivi dell’impresa sostenibile Gli obiettivi dell’impresa derivano dal suo fine generale di contribuire positivamente allo sviluppo sostenibile creando valore economico, sociale e ambientale insieme. Lo sviluppo sostenibile è la meta-condizione primaria ed essenziale per l’evoluzione fisiologica di lungo termine dell’impresa (come di qualsiasi organizzazione). Questo principio si traduce in tre obiettivi-chiave che dovrebbero quindi guidare l’impresa.
• Generare valore economico in misura adeguata a remunerare il capitale investito (proporzionalmente ai rischi), gli altri fattori della produzione e rafforzare le opportunità di crescita dell’impresa. • Generare valore per la (le) Comunità di cui l’impresa è membro, partecipando attivamente e in modo proporzionato alla propria dimensione alla soluzione delle problematiche ambientali e sociali, e in particolare di quelle più direttamente attinenti la propria attività produttiva e commerciale. • Rafforzare progressivamente il proprio patrimonio di risorse e competenze, e in particolare di competenze distintive che permettano all’impresa di raggiungere e mantenere nel tempo un vantaggio sul proprio mercato.
valore economico
valore per la (le) Comunità
risorse e competenze
1.3.3 Questioni rilevanti nell’elaborazione della strategia In linea generale, la strategia delinea un percorso di azioni di medio e lungo termine per raggiungere i suddetti obiettivi di natura, appunto, “strategica”. In base a quanto illustrato sopra, questo percorso deve portare l’impresa a evolvere in modo sostenibile, ovvero generando il massimo valore condiviso. Il percorso delineato dalla strategia si dispiega nell’azione (orientata al medio-lungo termine) degli attori del sistema impresa. Tale azione deve connettere le risorse e le competenze chiave dell’impresa con le condizioni rilevanti del contesto in cui opera, in particolare con i fattori chiave per avere successo.
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Parte I Gli elementi fondanti l’impresa sostenibile
Per favorire un’evoluzione di successo dell’impresa, il complesso delle scelte strategiche deve essere rilevante in termini di: rischi stakeholder
1. ottimizzazione dei risultati aziendali; 2. gestione dei rischi; 3. risposta ai vincoli e alle opportunità determinati dall’innovazione; 4. sviluppo della fiducia di tutti gli stakeholder. STRUMENTI
Le sei domande chiave per un capo azienda a inizio mandato 1. 2. 3. 4. 5. 6.
breakthrough strategies
Quali sono gli obiettivi fondamentali dell’impresa e dei suoi stakeholder? Quali sono le criticità (negative/positive) e quindi i rischi più rilevanti? Quali strategie per raggiungere gli obiettivi e gestire le criticità? Quali sono i valori e i comportamenti consolidati all’interno dell’impresa? Quali sono le competenze fondamentali che distinguono l’impresa? Quale evoluzione dell’organizzazione e dei valori per attuare la strategia?
1.3.3.1 I possibili approcci per elaborare una strategia innovativa In modo particolare in contesti in forte mutamento, per poter generare risultati positivi consistenti, le strategie devono essere fortemente innovative; essere cioè in grado di condurre l’impresa verso posizioni diverse e migliori di quelle ormai consolidate e attuate più o meno efficacemente dai concorrenti. In altri termini, l’impresa deve pensare e attuare breakthrough strategies.37 Una strategia del genere può innanzi tutto consistere nel superamento delle assunzioni fondamentali su cui poggia il funzionamento del business in questione e quindi l’introduzione di una modalità radicalmente diversa di soddisfare i bisogni chiave del mercato. Un esempio evidente a riguardo è stato PayPal: il suo business model parte dal superamento del precetto che il trasferimento di soldi può avvenire solo tra imprese, o tra queste e individui, introducendo invece il trasferimento diretto tra individui. Netflix rappresenta un altro caso ben evidente: la (oggi) semplice considerazione che per mettere un film a disposizione di un fruitore non è necessario uno spazio fisico (e che tutto il resto che può essere venduto in tale spazio aggiunge un valore per il cliente target, tutto sommato non fondamentale) ha annientato in pochissimo tempo il modello fino ad allora vincente (Blockbuster) e fatto nascere un nuovo leader di mercato (appunto, Neflix). Questo approccio strategico parte dall’identificazione dei principi chiave sui quali poggia la strategia competitiva prevalente e il vantaggio competitivo; quindi trova il modo di rendere tali principi non più necessari o addirittura non più validi e introduce delle alternative migliori. Come entrambi gli esempi citati mostrano chiaramente, queste innovazioni strategiche sono 37 Cfr.
Bradenburger A., “Strategy Needs Creativity” Harvard Business Review, 2019, march-april pp. 60-65.
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basate sulla disponibilità di nuove tecnologie. Inoltre, sono più frequentemente attuate da new-comers, intrinsecamente meno influenzati (anche culturalmente) dallo status quo e con maggiore facilità di intuire modalità di soddisfare il mercato alternative a quelle anche fino ad allora ben consolidate. Individuare i pilastri di una strategia di successo e capire come abbatterli per imporne una completamente diversa è piuttosto “contro-intuitivo”; lo stesso vale per il secondo approccio che consiste nel focalizzare le principali “mancanze” o debolezze che il business model dell’impresa ha rispetto a quelli consolidati e identificare una strategia che poggia su tale debolezza relativa, trasformandola in un punto di forza. Si intuisce che questo modo di operare si interseca con il precedente, poiché implica un cambiamento delle “regole del gioco” prevalenti nel business o almeno tra i leader del mercato. Alla fine degli anni ’70 dello scorso secolo, l’idea di Benetton di introdurre un prodotto di buona qualità e con una forte brand identity doveva superare il problema di entrare in un mercato, quello dell’abbigliamento “casual”, già molto affollato da un elevato numero di piccoli e medi produttori con relazioni consolidate con un sistema di vendita al dettaglio molto frammentato. Con poche eccezioni, i mercati erano strutturalmente “locali” e quindi molto difficili da penetrare per un produttore con ambizioni come minimo nazionali. il franchising fu la strategia, allora fortemente innovativa, che Benetton potè attuare proprio perché non aveva una sua rete distributiva e relazioni con il piccolo dettaglio, e che rappresentò una frattura totale rispetto alle dinamiche di mercato in essere al tempo. Una strategia centrata sul trasformare i vincoli in opportunità può partire dalla deliberata determinazione di alcuni vincoli attorno ai quali appunto individuare nuove modalità di creare valore. Un esempio semplice e ormai diffuso è la ristorazione “a chilometro zero”, in cui l’azienda dichiara di usare solo materie prime di provenienza locale, condizionando a questo limite tutta la sua offerta e ovviamente costruendo su questo la sua differenziazione competitiva. Questo è un approccio strategico tipico delle imprese “follower” condizionate da fattori di debolezza rispetto ai leader non colmabili (almeno nel medio termine); piuttosto che cercare di recuperare lo svantaggio, si opera per trasformare questo svantaggio in un fattore di forza. La combinazione di cose normalmente separate e magari anche distanti è una terza strada. Può riguardare tipologie di prodotti e/o di servizi, aziende, attori diversi. Anche questo approccio richiede un notevole sforzo creativo,38 perché occorre capire come tale integrazione possa in primo luogo creare valore e in secondo luogo essere realizzata in maniera efficace. La combinazione nella gestione di una certa attività di aziende diverse nello stesso settore evidenzia la possibilità che esse competano e cooperino allo stesso tempo.39 La combinazione di prodotti e servizi diversi comporta la collaborazione tra attori operanti in settori diversi, quindi abituati a modelli produttivi e problemi di mercato differenti. È particolarmente efficace quando si riesce a
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new-comers
brand identity
chilometro zero
38 A riguardo, è utile richiamare la nota affermazione di Steve Jobs “creativity is just connecting things. When you ask creative people how they did something (…) it seemed obvious to them; that’s because they were able to connect experiences they have had and synthesize new things”. 39 Si parla di co-opetition, tema trattato nel Capitolo 5.
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connettere e integrare prodotti o servizi altrimenti sostitutivi, ovvero in prima battuta alternativi tra loro. L’evoluzione dell’intelligenza artificiale apre un enorme spazio di innovazione strategica, favorendo modalità di integrazione molto più intensa e in grado di creare valore tra essere umano e macchine. Una quarta strada consiste nell’attuare nel proprio business l’approccio strategico (o l’intero business model) che ha avuto successo in contesti (di business, in alcuni casi, eventualmente anche geografici) diversi. Si tratta di traslare criteri e fattori competitivi che hanno funzionato altrove; anche in questo caso, è essenziale comprendere come modificare lo status quo nel mercato e nelle sue abitudini. La banana Chiquita è un esempio ante litteram di questo approccio: dai business dove il mercato attribuisce elevato valore alle componenti immateriali del prodotto, si adotta la strategia di branding per applicarla a un prodotto fino ad allora strutturalmente indifferenziato. Proprio questo approccio, inoltre, ha spinto in questi anni i grandi gruppi internazionali a localizzare le attività di R&D (Research and Development) in molte aree diverse: essere presenti in contesti diversi, dove si possono acquisire stimoli differenti, magari lontani dai mainstream dell’azienda, ma invece fondamentali per individuare opportunità di innovazione strategica.
1.3.3.2 La strategia tra condizioni interne all’impresa e caratteristiche del contesto La strategia stabilisce, dunque, un percorso per il raggiungimento degli obiettivi di medio-lungo termine e in senso più ampio della visione dell’impresa. L’elaborazione di una strategia (a livello generale, così come in tutte le quattro specifiche articolazioni indicate sopra) è dunque la risultante di quattro condizioni (Figura 1.5): 1. l’ambiente in cui l’impresa opera; 2. le sue condizioni interne, in particolare il complesso di risorse disponibili; 3. la vision, la mission e i conseguenti obiettivi di medio-lungo termine; 4. il sistema di valori degli attori chiave dell’impresa e in primo luogo di coloro che esercitano le funzioni imprenditoriali. SWOT (Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats)
In questa prospettiva, è utile l’analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats). Essa, infatti, esplicita da un lato i punti di forza e di debolezza dell’impresa; dall’altro, le condizioni del contesto (allargato e competitivo) descritte in termini di minacce e opportunità per l’impresa stessa. L’elaborazione della strategia prende le mosse proprio dall’analisi integrata dei primi due fattori con i secondi due. Si tratta di comprendere come, date determinate condizioni esterne (minacce e opportunità che influenzano in modo rilevante le dinamiche del business), l’impresa può sfruttare al meglio i propri punti di forza e superare quelli di debolezza. Viceversa, deve capire come, sulla base delle sue caratteristiche interne (positive e negative), può sfruttare determinate opportunità e neutralizzare le eventuali minacce caratterizzanti il contesto ove opera.40 Si accenna qui che la strategia può cercare di influenzare l’ambiente competitivo in maniera tale da renderlo più coerente possibile con i propri fattori 40 Le caratteristiche del contesto e le condizioni interne saranno approfondite nei due successivi capitoli.
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Figura 1.5 Il sistema logico della strategia.
AMBIENTE
CONDIZIONI INTERNE
VISION, MISSION, OBIETTIVI
MODELLO ORGANIZZATIVO
STRATEGIA
CORE ACTIVITIES
SISTEMI DI VALORI
CORE BUSINESS
Implementazione
di forza. Delineando una certa strategia competitiva, l’impresa definisce il perimetro del proprio ambiente rilevante, quindi i soggetti con cui si troverà a interagire in modo (cooperativo o antagonistico) più intenso. Attraverso un comportamento proattivo, essa può anche far evolvere una parte dell’ambiente verso le condizioni a essa più favorevoli; per esempio, in una direzione tale da neutralizzare i fattori di forza dei propri avversari. Le condizioni interne si riferiscono alla dimensione dell’impresa, all’ambito geografico delle sue attività, alla struttura organizzativa e al complesso di risorse e competenze disponibili, in primo luogo quelle che hanno natura “distintiva” e possono essere all’origine di un vantaggio competitivo. La strategia individua sempre un percorso volto al raggiungimento di una vision, all’attuazione di una certa mission41 e di finalità di medio-lungo termine. Ne deriva che l’elaborazione strategica risente degli indirizzi di fondo e dei conseguenti obiettivi di medio-lungo termine fissati dall’imprenditore e dell’equilibrio tra questi e quelli degli altri stakeholder rilevanti. Bisogna, infine, tenere conto del sistema di valori consolidati nell’impresa, sia perché questi influenzano la determinazione degli stessi obiettivi, sia perché determinano i comportamenti prevalenti tra gli attori aziendali tanto sulle questioni strategiche quanto nella gestione quotidiana; sia, infine, perché influenzano il modo in cui i soggetti decisori all’interno dell’impresa “interpretano” le condizioni ambientali e in particolare le opportunità e le minacce per l’impresa. 41 I
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mission
concetti di “vision” e “mission” sono approfonditi nel Paragrafo 6.3.1.
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sistema di valori
principi etici
carta dei valori
corruzione
1.3.3.3 I valori aziendali come fattore di orientamento delle scelte strategiche Il sistema di valori o principi guida che devono ispirare il comportamento di tutti i membri della comunità aziendale si manifestano in tre ambiti principali (Figura 1.6): 1. i principi etici applicati nei vari ambiti dell’azione d’impresa e attesi nei comportamenti di tutti i collaboratori interni e anche esterni all’organizzazione; 2. gli orientamenti comportamentali sui temi di fondo della gestione: la qualità, l’innovazione, l’orientamento al cliente, l’apertura internazionale, l’eccellenza competitiva, la collaborazione; la trasparenza e correttezza; l’inclusione; 3. gli aspetti cruciali che guidano il rapporto tra l’impresa e i suoi principali stakeholder: dipendenti, clienti e azionisti; il conseguente orientamento alla sostenibilità. La “carta dei valori” è un documento sintetico ove i valori chiave sono illustrati attraverso poche proposizioni. In molti casi, questo documento è affiancato da un codice etico che esprime in maniera estesa i contenuti dei principi etici di comportamento cui tutti gli attori aziendali devono attenersi. Esso è adottato formalmente dall’impresa (approvato dal CdA); ha, quindi forza di normativa interna, è un riferimento importante nel modello organizzativo ex d.lgs. 231/91 e nei sistemi di controllo interno; può essere oggetto di adesione esplicita da parte dei dipendenti. In alcuni casi, l’impresa elabora ulteriori documenti relativi ai principi guida in ambiti specifici, particolarmente delicati ai fini della corretta gestione; si fa riferimento in particolare ai temi della corruzione, della sicurezza nel lavoro, del miglioramento dell’ambiente. Anche questi documenti possono essere oggetto di approvazione da parte degli organi di governo dell’impresa.
Storia dell’impresa
Aspettative degli stakeholder
Sistema di valori Purpose, Visione e missione
Figura 1.6 I contenuti del sistema di valori dell’impresa e i fattori determinanti.
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Principi etici Modello comportamentale nel business e nelle relazioni interne Relazioni con gli stakeholder
Orientamenti culturali del contesto rilevante
Caratteristiche prevalenti della popolazione aziendale
Comportamenti dei concorrenti leader
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Il codice etico, come anche gli altri codici su materie specifiche, ha da un lato un obiettivo interno di forte sensibilizzazione di tutti i collaboratori dell’impresa sui principi di correttezza e trasparenza, e, in generale, di compliance con le normative; dall’altro, quello di comunicare agli stakeholder l’impegno dell’impresa a favore di tali principi. Il sistema di valori è il risultato prodotto nel tempo da diverse forze interne ed esterne all’impresa. In primo luogo, dalla sua stessa storia, in cui si sintetizzano i modelli, le esperienze, le idee vissute e metabolizzate nel tempo dal sistema aziendale, in secondo luogo dalle spinte di carattere culturale e ideale che permeano l’ambiente in cui l’impresa è inserita. Le aspettative degli stakeholder, soprattutto dei principali tra questi, costituiscono un terzo fattore rilevante: i principi, le convinzioni e le istanze di cui essi sono portatori influenzano in modo significativo il sistema di valori dell’impresa. Sono particolarmente rilevanti le attese della popolazione aziendale e quindi le sue caratteristiche a livello aggregato. Anche i valori e i modelli di comportamento dei concorrenti, in particolare di quelli che occupano posizioni di leadership nel mercato, hanno rilievo. Da un lato costituiscono una componente significativa di quell’orientamento culturale espresso dall’ambiente nel suo insieme che è stato già richiamato, dall’altro determinano un punto di riferimento per tutte le altre imprese operanti nello stesso mercato. Infine, vanno considerati il “purpose”, la visione e la missione dell’impresa; essi influenzano naturalmente i valori poiché esprimono lo scopo “alto” che l’impresa vuole contribuire a raggiungere; ciò che intende diventare e la funzione che intende assolvere nel contesto competitivo ma anche sociale di cui è parte. È evidente che i valori consolidati nel sistema aziendale, a loro volta, influenzano la scelta del purpose, della visione e della missione.
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codice etico
1.3.4 La descrizione di attività e relazioni aziendali per l’elaborazione della strategia Nel 1985, Michael Porter ha introdotto la “catena del valore” per descrivere le attività attraverso cui l’impresa crea valore per il mercato e raggiunge un vantaggio competitivo. È anche utile considerare la “catena delle relazioni” che individua le relazioni con determinati attori attraverso cui l’impresa svolge le varie attività. Infine, si possono considerare le attività e le relazioni per la creazione di valore per i vari stakeholder. In questo paragrafo è descritta sinteticamente la catena del valore, la sua evoluzione nella “costellazione del valore”, e quella delle relazioni; nel prossimo, la catena del valore e quella delle relazioni sono approfondite nella prospettiva della creazione di valore “condiviso” (per tutti gli stakheolders).
Michael Porter catena del valore
1.3.4.1 La catena del valore La catena del valore può essere riferita all’intera azienda o a ogni singola area di business; scompone l’impresa (o la singola area di business) nell’insieme di attività e di sotto-attività attraverso cui si crea valore per il mercato. Queste
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Figura 1.7 La catena del valore proposta da Porter.
Valore
Attività infrastrutturali Gestione delle risorse umane Sviluppo della tecnologia Approvvigionamenti
Logistica in entrata
Attività produttive
Logistica in uscita
Marketing e vendite
Servizi Valore
attività primarie attività di supporto
attività sono distinte in due categorie generali: le attività primarie e le attività di supporto (o secondarie). Nella prima categoria rientrano le attività in cui si articola il processo di produzione e vendita in senso stretto; quelle del secondo tipo sono finalizzate a rendere possibile il migliore svolgimento delle attività primarie e sono trasversali a tutto il sistema aziendale (Figura 1.7). Si sottolinea che entrambe le categorie di attività possono influenzare la creazione di valore dell’impresa. Le categorie di attività primarie normalmente considerate sono:
• logistica in entrata; • attività produttive; • logistica in uscita; • marketing e vendite; • servizi al cliente. Le categorie di attività di supporto normalmente considerate sono:
• approvvigionamento; • sviluppo della tecnologia; • gestione delle risorse umane; • attività infrastrutturali. Ciascuna di queste categorie comprende una serie di attività specifiche. Per quanto concerne la categoria delle attività primarie si identificano le seguenti.
• Logistica in entrata. Pianificazione e gestione delle consegne dai fornitori;
gestione dei vettori di trasporto dei materiali in entrata; ricezione fisica dei materiali (materie prime e semilavorati); controlli di conformità; destinazione dei materiali ricevuti al magazzino; smistamento dei materiali agli impianti di produzione; gestione dei magazzini materie prime e semilavorati. • Attività operative. Predisposizione degli impianti, organizzazione del ciclo produttivo; trasformazione fisica degli input; assemblaggio dei semilavorati; collaudo; manutenzione degli impianti; controllo di qualità; movimentazione degli ouput verso i magazzini prodotti finiti. • Logistica in uscita. Gestione dei magazzini prodotti finiti; pianificazione e gestione delle consegne ai distributori; movimentazione dei prodotti in uscita; evasione degli ordini.
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• Marketing e vendite. Gestione della forza vendita; attuazione delle politiche commerciali; politica di prezzo; azioni di comunicazione.
• Servizi. Assistenza post-vendita; analisi della soddisfazione del cliente; svi-
luppo delle relazioni con i clienti; fornitura di servizi volti a incrementare il valore del prodotto.
Un’importante precisazione riguarda l’attività di marketing e vendite. Nella realtà, una parte consistente delle attività di marketing è attuata a monte di produzione e vendita del prodotto o servizio. In particolare, la creazione del prodotto e, quindi, l’acquisizione degli input necessari sono avviate sulla base della strategia di marketing e delle conseguenti decisioni operative (politica di prodotto, di prezzo, di comunicazione e di distribuzione). Il collocamento dell’attività di marketing e vendite tra le attività primarie successive a quelle relative alla trasformazione fisica dei prodotti, significa che tale attività individua l’implementazione delle decisioni strategiche di marketing e le attività strettamente connesse alla distribuzione e vendita dei prodotti. Per quanto concerne le attività specifiche relative alla categoria delle attività secondarie, si identificano le seguenti.
• Approvvigionamenti. Analisi e selezione dei fornitori; gestione delle rela-
zioni con i fornitori; gestione degli acquisti finalizzati alla produzione e alle altre attività; determinazione del prezzo di fornitura. • Sviluppo della tecnologia. Sviluppo della conoscenza; ricerca di base e applicata; innovazione di processo; innovazione di prodotto. • Gestione delle risorse umane. Selezione del personale; addestramento; sviluppo delle carriere; retribuzione e incentivazione; relazioni sindacali. • Attività infrastrutturali. Pianificazione strategica e di marketing; programmazione e controllo di gestione; amministrazione; gestione finanziaria; rapporti istituzionali e affari legali; corporate governance; politiche per la sostenibilità; scelta delle localizzazioni produttive. Il rilievo e l’estensione di ciascuna attività della catena del valore varia da impresa a impresa, in funzione del settore di appartenenza, della missione aziendale, della dimensione e del modello organizzativo, del grado di esternalizzazione delle operation. Per un’impresa di distribuzione alimentare, per esempio, l’attività di approvvigionamento, la logistica in entrata e in uscita e i servizi rappresentano le attività più complesse, dalle quali dipende maggiormente la creazione di valore. La produzione, insieme con la programmazione e il controllo, sono, invece, le attività centrali della catena del valore di un’impresa di costruzioni.
1.3.4.2 Il sistema e la costellazione del valore La catena del valore (a livello sia di business sia di intera impresa) va considerata anche in relazione a quella di altri business/imprese collegati, in particolare a monte o a valle (Figura 1.8). Si utilizza il termine sistema del valore per indicare, appunto, il fatto che la catena del valore di un’impresa (o di un suo business) si inserisce in una filiera che comprende a monte le catene dei fornitori degli input produttivi e a valle quelle degli utilizzatori dell’output
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sistema del valore
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Figura 1.8 Il sistema del valore.
Catene del valore degli altri business dell’impresa
Catena del valore dei fornitori
sistemi integrati
costellazione del valore
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Catena del valore di un business dell’impresa
Catena del valore dei clienti
realizzato fino a quelle dei clienti del prodotto finale; essa può essere inoltre connessa con la catena del valore di altri business della stessa impresa. Va osservato che la competizione nei mercati finali avviene sempre più tra sistemi tendenzialmente integrati di imprese e vede il diffondersi di forme sempre più strutturate di cooperazione. I legami tra le diverse catene del valore si sostanziano sui seguenti cinque flussi che tendono a coesistere e a influenzarsi: i) flusso di beni; ii) flusso di informazioni; iii) flusso di competenze; iv) flusso monetario; v) flusso di valori di natura non economica. Il “sistema del valore” enfatizza una logica relazionale di tipo sequenziale e unidirezionale che coglie, però, in maniera solo parziale le opportunità che le imprese, singolarmente o come sistema, hanno di creare valore. Una prospettiva più ampia è offerta dall’idea di costellazione del valore elaborata inizialmente da R. Normann e R. Ramirez a metà degli anni Novanta dello scorso secolo. La costellazione del valore supera il presupposto implicito nella catena di Porter secondo il quale il valore finale risulta dalla somma del valore realizzato progressivamente nelle singole fasi. Ipotizza, invece, che esso derivi dalla co-produzione realizzata da attori diversi che confluiscono all’interno di un territorio comune; questi attori distribuiscono a sé stessi e agli altri i compiti necessari per la creazione di un valore complesso; questo può avvenire sulla base di procedure formalizzate o sulla base di relazioni informali. Nel tempo, gli attori coinvolti nella costellazione del valore possono mutare o cambiare il loro apporto/ruolo. Questo principio implica l’allargamento dell’insieme di attività rilevanti per raggiungere la posizione di vantaggio competitivo. La strategia deve definire ruoli e posizione dell’impresa in tutti i contesti dove si crea una certa parte del valore rilevante nel proprio business; ricerca le opportunità attraverso varie forme di interazione in ambiti che possono essere anche “lontani” dal punto di vista delle attività strettamente operative, ma possono risultare molto “vicini” ai fini della costruzione di un vantaggio competitivo nel mercato finale. Per esempio, molte strutture alberghiere arricchiscono il loro servizio core con altri elementi finalizzati a rendere l’albergo il fulcro dell’esperienza turistica vissuta dai loro clienti; a tal fine, stabiliscono varie forme di collaborazione con le imprese della filiera agroalimentare o con i gestori dell’of-
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ferta culturale. Ambiti molto diversi dal comparto ricettivo, ma fortemente interdipendenti ai fini appunto della generazione di un’esperienza turistica competitiva. L’estensione delle attività considerate rilevanti non necessariamente si riflette nell’ampliamento delle attività direttamente svolte dall’impresa. Anzi, anche in un contesto strategico esteso, l’impresa tende a specializzarsi su alcune core activities, attivando numerose relazioni di collaborazione di varia natura per raggiungere un adeguato presidio delle altre. L’estensione delle attività rilevanti per il vantaggio competitivo rende, dunque, sempre più necessario saper far parte di reti di soggetti partner e definire le modalità di creazione di valore nell’ambito di tali reti. Si configurano due tipologie di imprese: da un lato quelle che “organizzano” la rete; dall’altro, quelle che giocano un ruolo “specialistico” al suo interno. Le prime sono normalmente di dimensione maggiore, hanno quindi la forza per guidare le relazioni nel mercato degli input produttivi e in quello finale, oltre ad avere una forte competenza di “integrazione”. Le seconde sono più spesso di dimensione media o piccola, capaci di giocare un ruolo specialistico nella rete, grazie all’apporto di specifiche competenze distintive e difficili da reperire altrove.
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core activities
1.3.4.3 La catena delle relazioni La catena delle relazioni descrive l’insieme di relazioni stabilite dall’impresa con soggetti diversi, per realizzare le attività della catena del valore e/o per acquisire le risorse necessarie alla loro realizzazione. Si può allora descrivere una catena delle relazioni che ordina l’insieme dei rapporti che l’impresa stabilisce con i vari soggetti interni ed esterni per realizzare al meglio le sue attività (Figura 1.9). La catena delle relazioni offre un’ulteriore prospettiva per spiegare come l’impresa arrivi alla creazione del valore. Nel tempo, l’impresa sviluppa dunque un certo mix di relazioni caratterizzato dalla loro estensione e intensità; attraverso queste relazioni, essa acquisisce fattori di vantaggio competitivo e/od opzioni di crescita; sviluppa le proprie attività; apporta valore ai propri
relazioni
Relazioni con gli attori rilevanti nel contesto in cui l’impresa opera Relazioni con gli attori rilevanti nel contesto competitivo Relazioni interne/esterne per la realizzazione delle attività di supporto della catena del valore
Relazioni con i fornitori
Relazioni interne/esterne per la realizzazione del processo produttivo
V
A
L
O
R
E
Relazioni con i clienti
Figura 1.9 La catena delle relazioni.
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interlocutori nella “costellazione” di cui è parte o al proprio mercato target. Nella catena del valore, l’enfasi è posta sulle attività (primarie e di supporto); nella catena delle relazioni si fa riferimento alle relazioni tra i soggetti interni all’impresa e a quelle poste in essere da questi ultimi con gli attori esterni. L’insieme delle relazioni attivate consente all’impresa di acquisire, controllare e sviluppare le risorse e le competenze attraverso cui sono svolte le attività che producono il valore. Come sintesi conclusiva, si può dunque affermare che tale valore è il risultato di un determinato insieme di attività, basate su un certo insieme di relazioni stabilite tra le unità organizzative all’interno dell’impresa e tra queste e soggetti esterni.
1.3.5 La gestione strategica sostenibile strategia sostenibile
tecnologie rinnovabili
La strategia sostenibile orienta l’impresa verso la creazione di un valore economico, ambientale e sociale di lungo termine; in particolare, delinea l’insieme di attività e progetti complessi da attuare nell’arco di un periodo di tempo non breve per raggiungere una posizione di stabile vantaggio competitivo (e quindi di elevata redditività) e allo stesso tempo per contribuire al raggiungimento di rilevanti miglioramenti ambientali e sociali. Va osservato che, in alcuni casi, il vantaggio competitivo può derivare proprio da attività o progetti realizzati per generare valore ambientale o sociale o da particolari competenze sviluppate in questo ambito e rilevanti anche nel business. Questo meccanismo è abbastanza frequente nell’innovazione tecnologica per migliorare l’impatto ambientale di una certa attività produttiva che favorisce anche un notevole risparmio di costi rispetto alle tecnologie tradizionali. Nel comparto della generazione di energia elettrica, le imprese che hanno puntato strategicamente sulle tecnologie “rinnovabili” oggi possono avere un vantaggio rilevante perché il costo di produzione dell’elettricità da queste fonti inizia a essere inferiore a quello da fonti “termiche”. Sulla base dei due livelli di approccio alla sostenibilità descritti in precedenza,42 la gestione strategica sostenibile può essere attuta nel senso di ricercare una posizione di vantaggio competitivo, riuscendo a essere conforme sia alle norme sia alle aspettative generali degli stakeholder anche internazionali; in primo luogo negli ambiti di maggior rilievo per il benessere collettivo e per lo sviluppo sostenibile: diritti umani; rispetto dell’ambiente; condizioni del lavoro; anti-corruzione e trasparenza. L’impresa può inoltre adottare una strategia volta a migliorare strutturalmente determinate problematiche sociali e ambientali, supportando i soggetti che maggiormente e più direttamente ne subiscono le conseguenze. In altri termini, la strategia delinea la gestione del business in modo che l’impresa abbia successo economico e allo stesso tempo sia motore del miglioramento ambientale e sociale. Questo secondo approccio poggia su una visione della leadership dell’azienda, centrata non più solo sulle consuete grandezze economiche e finan42 Si
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veda il Paragrafo 1.1.2.2.
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ziarie (dimensione delle vendite, quota di mercato, redditività ecc.), ma su queste e sulla rilevanza dell’impatto positivo sull’ambiente e sulla Comunità dell’attività svolta dall’impresa. È una leadership “responsabile” basata sul principio che l’impresa debba avere uno scopo43 più ampio della semplice (ma comunque fondamentale) creazione di ricchezza economica; uno scopo che comprenda appunto il miglioramento di determinate problematiche di interesse generale, insieme al rafforzamento delle opportunità di sviluppo sostenibile della Comunità di cui l’impresa è parte. Con questo approccio, la leadership dell’impresa è riconosciuta non solo dal mercato, ma dalla maggior parte almeno delle istituzioni e degli attori della Comunità.
1.3.5.1 Quattro implicazioni strategiche della gestione sostenibile Orientare l’attività d’impresa al raggiungimento di un “purpose” di rilievo collettivo ha quattro importanti implicazioni sulla sua gestione strategica (Figura 1.10):
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Comunità
purpose
• assumere obiettivi di lungo termine; in particolare, cercare di massimiz-
zare i risultati strettamente economici appunto nel medio-lungo termine;
• estendere la gestione dei rischi (analisi, valutazione e mitigazione) a quelli ambientali e sociali, facendosene carico oltre quanto strettamente necessario per essere conformi con le norme; • adottare una struttura di governo che favorisca l’effettiva trasparenza e integrità dei comportamenti aziendali, permettendo un coinvolgimento attivo degli stakeholder nella definizione degli orientamenti strategici e nel controllo degli effettivi comportamenti dell’impresa; • orientare l’innovazione al miglioramento delle performance ambientali e sociali dell’impresa, oltre che al rafforzamento competitivo.
trasparenza coinvolgimento degli stakeholder
Gestione strategica sostenibile IMPRESA ORIENTATA ALLA REALIZZAZIONE DI UN “PURPOSE” DI RILIEVO COLLETTIVO (PIÙ AMPIO DELLA SOLA CREAZIONE DI RICCHEZZA ECONOMICA)
Orientamento ai risultati di medio-lungo termine
43 Si
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Impegno nella gestione rischi ambientali e sociali connessi al business
Trasparenza, integrità e coinvolgimento attivo degli stakeholder
Innovazione per il miglioramento ambientale e sociale oltre che competitivo
Figura 1.10 Le quattro implicazioni strategiche della gestione sostenibile.
usa frequentemente il termine “purpose”.
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valore condiviso
1.3.5.2 La catena del valore e la catena delle relazioni nella prospettiva della gestione sostenibile La catena del valore e quella delle relazioni, illustrate nel precedente paragrafo, possono essere adattate per descrivere le concrete attività che l’impresa può attuare nei vari ambiti della gestione per creare “valore condiviso”. Infatti, in ciascuna delle attività descritte dalla prima e degli ambiti relazionali descritti dalla seconda è possibile individuare potenziali ambiti di gestione sostenibile, ovvero di orientamento alla creazione di valore condiviso. 1.3.5.2.1 Gli ambiti di gestione sostenibile delle attività della catena del valore Logistica in entrata e in uscita • smart mobility: utilizzo di mezzi non inquinanti; efficientamento energetico dei magazzini. Attività produttive • applicazione modalità produttive proprie dell’economia circolare (utilizzo energia da fonti rinnovabili; efficientamento energetico; utilizzo materie rinnovabili o riciclate; riduzione degli scarti; simbiosi industriale); minimizzazioni emissioni inquinanti.
cause related marketing
Marketing e vendite • design, progettazione e distribuzione del prodotto secondo obiettivi di economia circolare; aumento della componente di servizi nell’offerta; ottimizzazione del packaging in chiave ambientale; salute del consumatore; trasparenza sui contenuti del prodotto; riduzione degli sprechi; disponibilità del prodotto/servizio per fasce deboli; cause related marketing. Servizi post vendita • allungamento del ciclo di vita del prodotto; educazione dei clienti a ottimizzare l’impatto ambientale dell’utilizzo del prodotto; recupero prodotti a fine vita; efficacia ed efficienza del CRM: concreto rispetto della privacy dei consumatori.
siti brownfield
smart working
open source
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Attività infrastrutturali • qualità della corporate governance; ottenimento delle certificazioni di qualità ambientale, anti-corruzione, safety e igiene sul lavoro e attuazione delle procedure previste; localizzazione attività produttive in siti brownfield e in aree ecologicamente attrezzate; emissioni di obbligazioni “green” e/o “social”. Gestione delle risorse umane • politica di “incidenti zero”; sviluppo professionale delle persone; riqualificazione delle figure professionali deboli od obsolete; minimizzazione impatto sociale ristrutturazioni organizzative; pari opportunità; smart working; valorizzazione delle diversità; sostegno alle persone con handicap. Innovazione e sviluppo delle tecnologie • Innovazione per l’economia circolare; innovazione sociale; strategie di innovazione open source; collaborazione con organismi non-profit.
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Approvigionamenti • politiche di indirizzo e sostegno allo sviluppo sostenibile dei fornitori; non sfruttamento del potere negoziale verso fornitori di piccole dimensioni; acquisti eco-solidali o da soggetti in condizioni di debolezza. 1.3.5.2.2 Gli ambiti di gestione sostenibile nella catena delle relazioni La catena delle relazioni descrive l’insieme delle relazioni stabilite dall’impresa con soggetti diversi per realizzare le attività della catena del valore e/o per acquisire le risorse necessarie a tal fine. Nella prospettiva della gestione sostenibile, i diversi soggetti con i quali l’impresa attua tali relazioni vanno considerati nella loro qualità di stakeholder con i quali interagire per la generazione di valore condiviso. Relazioni con gli attori nel contesto “allargato” in cui opera l’impresa • stakeholders’ engagement; partecipazione attiva a iniziative (gruppi di lavoro, comitati, grandi eventi) promosse dalle istituzioni internazionali; iniziative e progetti a favore del territorio ospitante le strutture produttive del gruppo o dove questo ha una significativa presenza di mercato; lobbying presso il Governo nazionale o regionale a favore di normative in campo ambientale o sociale; realizzazione o partecipazione a grandi progetti internazionali. Relazioni con gli attori nell’ambiente competitivo • cooperazione con altre imprese del settore o della filiera per la realizzazione di progetti di generale rilevanza ambientale o sociale; intesa con altre imprese del settore o della filiera per bandire comportamenti dannosi per l’ambiente o determinati stakeholder e per raggiungere standard uguali su specifiche questioni ambientali o sociali (per esempio, trasparenza verso i consumatori; pratiche anticoncorrenziali; riduzione dei consumi di materie ecc.).
stakeholders’ engagement
cooperazione
Relazioni con attori interni/esterni per la realizzazione delle attività di supporto della catena del valore • quanto già indicato nella catena del valore sostenibile relativamente alla gestione delle risorse umane e degli approvvigionamenti. Relazioni con i fornitori • quanto già indicato nella catena del valore sostenibile, relativamente alla gestione degli approvigionamenti. Relazioni con attori interni/esterni per la realizzazione delle attività produttive • quanto già indicato nella catena del valore sostenibile relativamente alla gestione delle attività produttive. Relazioni con i clienti e gli utilizzatori finali • collaborazione con le associazioni dei consumatori per favorire il consumo consapevole e l’utilizzo “sostenibile” dei prodotti; collaborazione con partner dell’ingrosso e del dettaglio per ridurre l’impatto ambientale della distribuzione.
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1.3.6 La governance dell’impresa sostenibile Nel precedente Paragrafo 1.1.2.5 è stato illustrato come la qualità della governance sia la quarta dimensione della sostenibilità, trasversale a quella economica, ambientale e sociale; in questo paragrafo se ne descriveno le principali caratteristiche.
GRI standards
1.3.6.1 Le caratteristiche fissate dai GRI standards Per delineare le caratteristiche della governance dell’impresa sostenibile si può far riferimento ai GRI standards relativi appunto alla governance dell’azienda; in particolare, il set GRI 102 “General disclosures”44 considera ben ventuno questioni rilevanti sulle quali l’impresa dovrebbe impegnarsi (dal punto 18 al punto 39, richiamati nel box qui di seguito). STRUMENTI
I punti rilevanti la governance aziendale nel GRI 102 i) struttura della governance e in particolare presenza di comitati responsabili sulle questioni economiche, ambientali e sociali; ii) meccanismi di delega dagli organi di governo ai senior manager; iii) l’esistenza o meno di un manager apicale con esplicita responsabilità sulla sostenibilità;45 iv) i processi di consultazione tra gli organi di governo e i rappresentanti degli stakeholder sulle questioni rilevanti per la sostenibilità dell’impresa e, nel caso in cui tale consultazione sia delegata al management, i flussi informativi da questo agli organi di governo; v) la composizione dell’organo di amministrazione (presenza di amministratori indipendenti, esecutivi e non esecutivi, competenze professionali anche sulle questioni inerenti sostenibilità, genere, altri impegni rilevanti) e la presenza di rappresentanti degli stakeholder e di attori sociali sotto-rappresentati; vi) i processi di selezione e nomina dei membri dell’organo di governo, i criteri utilizzati e l’eventuale coinvolgimento degli stakeholder; vii) le modalità per evitare i conflitti di interesse nell’ambito dell’organo di amministrazione e come eventuali conflitti siano concretamente portati all’evidenza degli stakeholder; viii) il ruolo degli organi di governo e dei senior manager nella definizione e aggiornamento di visione, missione, scopo, strategie e obiettivi aziendali collegati alla sostenibilità; ix) le iniziative per rafforzare le conoscenze sui temi della sostenibilità tra i membri degli organi di governo; x) i processi di valutazione delle performance degli organi di governo e le misure prese a seguito della valutazione; xi) il ruolo dell’organo di amministrazione nell’identificare le questioni fondamentali nella sostenibilità e l’impatto sui rischi e sulle opportunità aziendali, nonché il coinvolgimento degli stakeholder; xii) il ruolo dell’organo di amministrazione nel verificare l’efficacia dei processi di gestione dei rischi in particolare inerenti le tematiche di sostenibilità; xiii) la frequenza con cui l’organo di amministrazione rivede le questioni inerenti la sostenibilità e il loro impatto sui rischi e le opportunità aziendali; xiv) il coinvolgimento dell’organo di amministrazione nella revisione e approvazione dl rapporto di sostenibilità; xv) i flussi informativi verso gli organi di governo inerenti specifiche questioni critiche; xvi) il numero e la natura di questioni critiche effettivamente comunicate agli organi di governo e le modalità adottate per risolverle; xvii – xix) le politiche di remunerazione per i membri degli organi di governo e per i senior manager; i processi per determinare la remunerazione, il coinvolgimento degli stakeholder in tali processi; xx – xxi) in ciascun Paese, il rapporto tra il compenso totale della persona con compenso più alto e la mediana del compenso di tutti i dipendenti (escluso il più pagato) nello stesso Paese, e la percentuale di incremento annuo di tale rapporto.
44 Si
fa riferimento all’ultima versione emanata nel 2016. for economic, envrionmental and social topics.
45 Responsability
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1.3.6.2 I comitati endoconsiliari con competenze sulla sostenibilità Nell’arco degli ultimi dieci anni, quasi tutte le imprese quotate e molte anche tra quelle non quotate hanno sviluppato una governance funzionale alla sostenibilità nei numerosi ambiti sopra descritti. Tra l’altro, vi è stata notevole diffusione dei comitati endoconsiliari con specifiche competenze e funzioni per le politiche di sostenibilità e il monitoraggio delle relative performance. In molti casi, si tratta di un comitato con competenze specifiche sulla sostenibilità; in altri, le competenze su questa tematica sono affidate al comitato Controllo e rischi o a quello sulla Governance. Normalmente, questi comitati si occupano di: i) formulazione di proposte per strategia ambientale e sociale del gruppo; ii) monitoraggio della progressiva attuazione della strategia di sostenibilità; iii) supervisione e parere esperto su questioni di etica e sostenibilità nell’esercizio dell’attività d’impresa; iv) esame preventivo sull’impostazione del bilancio di sostenibilità, articolazione e completezza contenuti, trasparenza informativa e parere preventivo a CdA; v) presidio dell’evoluzione degli orientamenti e principi internazionali in materia di sostenibilità, monitorando la posizione dell’azienda; vi) supervisione del processo di gestione relazioni con gli stakeholder (stakeholders’ engagement); vii) esame di relazioni, documenti e report di internal audit su salute, sicurezza, impatto ambientale e sociale. Negli ultimi anni, ha iniziato a diffondersi tra i grandi gruppi internazionali uno specifico comitato Environment, sustainability and governance che appunto integra l’attenzione sui temi ambientali e sociali con quelli di governo dell’impresa. In particolare, sul fronte della sostenibilità, questo comitato si occupa di monitorare: le politiche del gruppo e la loro attuazione, relative a conformità ai principi del codice etico, responsabilità sociale delle imprese e sviluppo sostenibile; le problematiche più rilevanti e le performance nell’area “salute, sicurezza e ambiente”; la strategia di sostenibilità dell’azienda, valutandone anche il grado di conformità ed efficacia nella creazione di valore condiviso. Si occupa inoltre di: i) gestire il contributo del gruppo allo sviluppo economico sostenibile, in particolare mediante strumenti di finanza etica, promuovendo lo sviluppo e l’impegno dei dipendenti, la protezione dell’ambiente, la lotta ai cambiamenti climatici, lo sviluppo organico delle Comunità locali; ii) sottoporre al board proposte e iniziative per rafforzare la creazione di valore condiviso; iii) proporre al consiglio l’insieme di informazioni che la società rilascia annualmente agli azionisti in merito ale politiche di sostenibilità. Per quanto riguarda il governo societario, questo comitato ha normalmente il compito di: i) monitorare il rispetto delle regole di governo societario della società, valutando periodicamente l’adeguatezza del sistema di governo societario; ii) avanzare proposte e riferire al board in merito al governo societario; iii) monitorare l’evoluzione della disciplina sulla governance a livello nazionale e internazionale, aggiornando in merito il board; iv) analizzare e avanzare proposte sull’autovalutazione periodica del board; v) esaminare il progetto di relazione sul governo societario; vi) monitorare periodicamente l’aggiornamento del codice di condotta del gruppo.
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governance
Environment, sustainability and governance
board
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