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Pensare da economisti
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Obiettivi Dopo aver letto il capitolo, lo studente dovrà essere in grado di: / /
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spiegare e applicare il principio di scarsità, in base al quale per ottenere un’unità in più di un qualunque bene bisogna rinunciare a qualcos’altro; spiegare e applicare il principio costi-benefici, in base al quale un’azione andrebbe intrapresa se e solo se i benefici aggiuntivi sono almeno pari ai costi aggiuntivi; discutere e identificare i quattro errori comuni nel processo decisionale degli esseri umani che applicano il principio costi-benefici in maniera inconsistente; spiegare e applicare il principio degli incentivi, in base al quale un buon punto di partenza per comprendere e predire le scelte degli individui consiste nell’analizzare gli incentivi a cui rispondono.
Da quanti studenti è seguito il vostro corso introduttivo di economia? Vi sono corsi che contano 20 partecipanti o poco più, altri mediamente 100 o 300. In alcune facoltà è possibile trovare corsi frequentati da 2000 persone. Qual è dunque il numero ideale di posti da prevedere per ogni singolo corso? Se i costi non avessero peso, la dimensione ottimale per un corso di livello introduttivo di economia (o di qualsiasi altra disciplina) potrebbe essere un unico studente. Provate a pensarci: per l’intera durata del corso solo voi e il professore. Il lavoro potrebbe venire adattato alla vostra preparazione di partenza e alle vostre capacità, in modo che siate in grado di affrontare i vari argomenti procedendo con il ritmo a voi più congeniale. Le lezioni e le esercitazioni individuali favorirebbero anche un contatto più stretto e un rapporto di fiducia reciproca fra voi e il docente. Inoltre, sul voto finale avrebbe peso più l’effettiva preparazione conseguita durante il corso che la fortuna nelle prove con esercizi a scelta multipla. Potremmo persino supporre, ai fini di questa discussione, che la
validità dell’insegnamento individuale quale formula che garantisce agli studenti i migliori risultati in termini di apprendimento, e cioè i maggiori benefici, sia misurata oggettivamente e dimostrata in maniera definitiva da studi di psicologia dell’educazione. Perché dunque tante università continuano a pianificare corsi introduttivi con centinaia di studenti? Perché i costi hanno importanza. E non solo per gli amministratori che devono procurare le aule e versare gli stipendi del personale docente, ma anche per voi. In Italia, i costi diretti da sostenere per offrirvi un corso personale di economia a livello introduttivo (in particolare lo stipendio del professore, le spese necessarie per mettervi a disposizione un’aula per le lezioni, la corrente elettrica ecc.) potrebbero con buona probabilità raggiungere i 13 000 o 20 000 euro a semestre. Chi sosterrà tali costi? Nelle università private dell’America settentrionale, queste uscite verrebbero recuperate in gran parte direttamente applicando tasse universitarie più elevate; nelle università statali o in quelle che ricevono
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Concetti fondamentali
notevoli finanziamenti pubblici, come accade più di frequente in Europa, i costi sarebbero ripartiti fra un aumento delle tasse universitarie e un aumento dell’imposizione fiscale. Sia in un caso sia nell’altro, tuttavia, il corso risulterà economicamente inaccessibile per molti, se non per la maggioranza degli studenti. Oppure, qualora non fossero previste tasse universitarie, manderà in rovina i contribuenti. Aumentando il numero di posti disponibili, i costi individuali scendono. In un corso introduttivo di economia seguito da 300 persone, per esempio, il costo per ogni singolo studente in Italia potrebbe ridursi a 100 euro. Di certo, il maggiore affollamen-
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economia lo studio di come gli individui scelgono in condizioni di scarsità e degli esiti delle loro scelte
principio di scarsità (o principio secondo cui nessun pasto è gratis) benché i nostri bisogni e desideri siano illimitati, le risorse disponibili sono limitate. Pertanto avere una quantità maggiore di qualcosa significa generalmente disporre di una quantità minore di qualcos’altro principio costibenefici un individuo (o un’impresa oppure una società) dovrebbe intraprendere un’azione se, e solo se, i benefici aggiuntivi sono almeno pari ai costi aggiuntivi a essa associati
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to comprometterà la qualità degli studi. Tuttavia, rispetto all’insegnamento individuale, questo tipo di soluzione risulterà economicamente molto più accessibile. Nella scelta delle dimensioni di un corso introduttivo di economia, in termini di studenti frequentanti, gli amministratori delle università si trovano dunque di fronte a un classico trade-off: alzando il numero di posti disponibili, abbassano la qualità dell’insegnamento e, quindi, i benefici per gli studenti (elemento negativo), ma al tempo stesso riescono a ridurre i costi e, di conseguenza, le tasse universitarie (elemento positivo).
L’economia: lo studio delle scelte in condizioni di scarsità
In base agli standard storici o a confronto con i Paesi in via di sviluppo, agli inizi del XXI secolo società come quelle degli Stati Uniti e dei Paesi europei occidentali sono ricche. Tuttavia anche in queste società il problema della scarsità è un dato di fatto incontrovertibile. Non si hanno mai tempo, denaro o energie sufficienti per fare o procurarsi tutto ciò che si desidera e, quindi, occorre scegliere. L’economia è lo studio del modo in cui gli individui effettuano scelte in condizioni di scarsità e dei risultati di tali scelte per la società. Nell’esempio portato in precedenza, disegnato sulle dimensioni di un corso di studio in termini di studenti frequentanti, certamente uno studente motivato preferirebbe un corso seguito da 20 anziché da 100 persone, a parità di ogni altra circostanza. Nella realtà, però, le altre circostanze non rimangono invariate. Gli studenti possono godere dei benefici derivanti dal frequentare corsi meno affollati, ma solo pagando il prezzo di una minore quantità di denaro disponibile per altre attività. La scelta dello studente si riduce alla questione dell’importanza relativa assegnata ad attività alternative, o meglio ai benefici tratti da queste ultime a parità di spesa a loro dedicata. Il fatto che tali trade-off siano diffusi e importanti costituisce uno dei principi fondamentali dell’economia. Viene denominato principio di scarsità, poiché è la mera condizione di scarsità a rendere i trade-off necessari. Questo concetto viene anche espresso come principio secondo cui nessun pasto è gratis, in base all’osservazione che, anche quando si mangia senza pagare, il pasto non è mai veramente gratuito (vi è sempre qualcuno che in qualche modo lo deve pagare). Perciò, di fronte a richiami al bene comune o all’interesse generale, l’economista si chiede: chi paga? Chi ci guadagna? Nel concetto di trade-off è implicito il fatto che la scelta comporta un compromesso fra interessi alternativi. Per risolvere tali trade-off gli economisti ricorrono all’analisi costi-benefici, basata sul principio, disarmante nella sua semplicità, secondo cui un’azione dovrebbe essere intrapresa se, e solo se, i benefici superano i costi a essa associati. Si definisce questa affermazione come principio costi-benefici, che rappresenta un altro dei principi fondamentali dell’economia. Tenendo presente il principio appena enunciato, si provi ora a riconsiderare il problema del numero di studenti partecipanti ai corsi. Si immagini che siano disponibili esclusivamente due tipi di strutture in termini di capienza, ovvero sale da 100 posti e aule da 20 posti, e che l’università attualmente offra corsi introduttivi di economia che prevedono la frequenza di 100 persone. È conveniente che l’amministrazione decida di ridurre a 20 il numero di iscritti a ciascun corso? La risposta è sì se, e solo se, il valore del miglioramento nella qualità dell’insegnamento supera i costi aggiuntivi derivanti da tale scelta.
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Questa regola pare semplice, tuttavia per applicarla è necessario in qualche modo poter misurare i costi e i benefici in gioco, il che nella pratica risulta spesso difficile. Una serie di ipotesi semplificatrici ci possono aiutare nell’analisi. Dal lato dei costi, la prima spesa legata alla riduzione da 100 a 20 studenti per ogni singolo corso consiste nel fatto che ora saranno necessari cinque professori anziché di uno soltanto. Ci serviranno, inoltre, cinque aule più piccole al posto di un’unica struttura di grandi dimensioni, e anche questo potrebbe far aumentare lievemente le uscite. Ai fini della nostra discussione si ipotizzi che, in un corso seguito da 20 persone, il costo per ogni singolo studente risulti di 1000 euro superiore rispetto a quello sostenuto nel caso in cui vi fossero 100 persone frequentanti. È opportuno che gli amministratori riducano le dimensioni dei corsi? Se applicano il principio costi-benefici, arriveranno alla determinazione che la riduzione del numero di studenti per corso è ragionevole solo se il valore derivante dal frequentare il corso meno affollato supera di almeno 1000 euro per studente il valore di seguire il corso più affollato. Voi (o i vostri genitori) sareste disposti a pagare 1000 euro in più per frequentare un corso di economia con un numero inferiore di iscritti? Se non siete d’accordo, e gli altri studenti sono dello stesso parere, allora è ragionevole mantenere il corso più affollato. Viceversa, se voi e altri colleghi foste disponibili a far fronte alle tasse aggiuntive, la riduzione a 20 del numero di partecipanti a ciascun corso sarebbe un’operazione sensata dal punto di vista economico. Osservate che il concetto di dimensione ottimale per numero di studenti in ciascun corso, dal punto di vista economico, in genere non corrisponderà a quello formulato nell’ambito della psicologia dell’educazione. Le differenze sono dovute al fatto che nella definizione economica di “ottimale” vengono valutati sia i benefici sia i costi associati alle diverse soluzioni. In psicologia, invece, i costi vengono trascurati e sono presi in considerazione esclusivamente i benefici dal punto di vista dell’apprendimento. Nella pratica, persone diverse valutano in maniera diversa la validità di frequentare corsi con un numero ridotto di studenti. Le famiglie con un reddito elevato, per esempio, tendono a dimostrarsi disponibili a pagare di più per ottenere tale vantaggio; anche per questo motivo, infatti, i corsi contano in media un numero inferiore di iscritti e le tasse sono più elevate nelle università private, frequentate in prevalenza da studenti appartenenti a famiglie abbienti. Il problema della scarsità e dei trade-off che ne derivano trova applicazione anche nel caso di risorse diverse dal denaro. Jeff Bezos è uno degli uomini più ricchi della Terra. Una volta il suo patrimonio è stato stimato in 180 miliardi di dollari, ovvero superiore alla totalità delle risorse possedute dal 54% degli statunitensi meno abbienti. Bezos ha i mezzi per acquistare più case, automobili, vacanze e altri beni di consumo di quanti non possa realmente utilizzarne. Infatti anche per lui, come per tutti noi, le giornate sono di 24 ore e la quantità di energie disponibile è limitata. Pertanto anch’egli deve fare i conti con continui trade-off, poiché qualsiasi attività intraprenda (che si occupi di far crescere la sua società o di tinteggiare la propria residenza) dovrà consumare tempo ed energie che potrebbe impiegare in altro modo. In verità, qualcuno ha calcolato che il valore del tempo di Jeff Bezos è tale che, nel caso in cui trovasse una banconota da 100 dollari sul marciapiede, per lui non sarebbe conveniente fermarsi per raccoglierla.
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L’applicazione del principio costi-benefici
Nello studio delle scelte in condizioni di scarsità si partirà dall’ipotesi che gli individui siano razionali, ovvero abbiano obiettivi ben definiti e cerchino di raggiungerli nel miglior modo possibile. Il principio costi-benefici, illustrato nell’esempio relativo ai corsi universitari, è uno strumento fondamentale per studiare in che modo gli individui razionali effettuano le loro scelte. Come nell’esempio succitato, spesso l’unica reale difficoltà nell’applicazione di questo principio consiste nel riuscire a ottenere una stima ragionevole dei costi e
individuo razionale chi ha obiettivi ben definiti, che cerca di raggiungere nel miglior modo possibile
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Concetti fondamentali
dei benefici in gioco. Solo in rari casi, infatti, questi ultimi possono essere misurati in termini monetari con precisione. Ciononostante il modello costi-benefici costituisce uno schema utile per l’analisi, anche quando non sono disponibili gli opportuni dati numerici. Per vedere come procedere in casi come questi, nell’Esempio 1.1 vi viene chiesto di decidere se eseguire o meno un’azione i cui costi sono indicati solo in modo impreciso e in termini qualitativi.
Esempio 1.1
Vi conviene andare a piedi in centro per risparmiare 10 euro sull’acquisto di una tastiera wireless che ne costa 25? Immaginate di essere in procinto di acquistare una tastiera wireless da 25 euro in un negozio vicino casa, quando un amico vi informa che lo stesso articolo è in vendita in un negozio in centro a soli 15 euro. Se per arrivare in centro impiegate mezz’ora a piedi, dove vi conviene comperare la tastiera wireless? In base al principio costi-benefici, dovreste effettuare l’acquisto in centro, se il beneficio supera il costo associato a questa scelta. Il beneficio insito in un’azione rappresenta il valore monetario di tutto ciò che si ottiene compiendo tale azione. In questo esempio il beneficio derivante dall’acquistare la tastiera wireless in centro è pari esattamente a 10 euro, poiché questo è ciò che risparmierete sul prezzo. Il costo associato a un’azione costituisce il valore monetario di tutto ciò a cui si rinuncia eseguendo tale azione. Nel nostro caso, il costo derivante dal fare l’acquisto in centro è dato dal valore monetario che voi attribuite al tempo necessario per spostarvi e al relativo disagio. Ma come è possibile stimare questo valore monetario? Una possibilità consiste nel procedere alla seguente asta ipotetica. Immaginate che una persona a voi sconosciuta vi abbia offerto denaro chiedendovi di eseguire una commissione per la quale dovreste compiere lo stesso tragitto fino in centro (magari per ritirare dei pantaloni presso un sarto). Se vi offrisse 1000 euro, accettereste? Se sì, è chiaro che per voi il costo di andare in centro a piedi e tornare indietro dev’essere minore di 1000 euro. Ora, supponete che l’offerta venga ridotta gradualmente fino ad arrivare a una cifra che voi rifiutate. Se, per esempio, accettaste di eseguire la commissione per 9 euro, ma non per 8,99, significherebbe che il costo che voi associate all’azione è pari a 9 euro. In questo caso, vi conviene acquistare la tastiera in centro, poiché i 10 euro che risparmierete (il vostro beneficio) superano i 9 euro che rappresentano per voi il costo del viaggio. In alternativa, ipotizzate che il costo del tragitto per voi fosse stato maggiore di 10 euro. In questo caso la scelta migliore sarebbe stata quella di acquistare la tastiera nel negozio vicino casa. In una situazione di questo tipo, la decisione varia da persona a persona, a seconda del costo che viene attribuito al fatto di doversi recare in centro. Benché non esista un’unica scelta corretta, la maggioranza di coloro a cui viene chiesto come si comporterebbe in simili circostanze sostiene che farebbe l’acquisto in centro. Tuttavia, il criterio di decisione è per tutti il principio costi-benefici.
1.2.1
surplus economico beneficio dato dal compiere un’azione meno i costi associati alla stessa
Il surplus economico
Tornando all’Esempio 1.1, supponete che per voi il “costo” derivante dal fatto di andare in centro sia pari a 9 euro. Rispetto all’alternativa di comperare la tastiera wireless nel negozio vicino casa, fare l’acquisto in centro comporterebbe un surplus economico di 1 euro, pari alla differenza fra il beneficio e il costo associati al viaggio. In generale, nel prendere decisioni di carattere economico, l’obiettivo è quello di scegliere le azioni che generano il maggiore surplus economico possibile. Ciò significa intraprendere tutte le azioni che determinano un surplus economico totale positivo: semplicemente un altro modo di formulare il principio costi-benefici. Il fatto che la scelta migliore, dal vostro punto di vista, fosse comperare la tastiera in centro non implica che per voi sia piacevole effettuare il viaggio, così come optare
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per un corso di studi con molti studenti frequentanti non indica che preferiate i corsi affollati a quelli seguiti da poche persone. La scelta di recarsi in centro significa solo che dovervi spostare risulta meno sgradevole della prospettiva di pagare 10 euro in più per avere la tastiera. Ancora una volta avete affrontato un trade-off: in questo caso si trattava di scegliere tra un acquisto a un prezzo più conveniente e il tempo libero che avreste guadagnato evitando di recarvi in centro.
1.2.2
Il costo opportunità
Naturalmente la vostra asta immaginaria avrebbe potuto produrre un risultato diverso. Ipotizzate, per esempio, che la mezz’ora necessaria per andare in centro rappresenti l’unico periodo di tempo che vi è rimasto per prepararvi a una prova impegnativa da sostenere il giorno dopo, oppure che stiate guardando uno dei vostri film preferiti su Netflix, o ancora, che siate stanchi e desideriate fare un sonnellino. In questi casi si dice che il costo opportunità associato al fatto di spostarvi, ovvero il valore di ciò a cui dovete rinunciare per intraprendere tale azione, è elevato, pertanto è più probabile che decidiate di rimanere dove siete. In questo esempio, se guardare il film fino alla fine costituisce per voi l’alternativa migliore rispetto al giro in centro, il costo opportunità della seconda alternativa è il valore monetario che voi attribuite alla prima; in altri termini, il costo opportunità rappresenta l’importo massimo che sareste disposti a pagare per evitare di perdere la fine del film. Osservate che il costo opportunità del fatto di dovervi spostare non rappresenta il valore complessivo di tutte le possibili attività cui altrimenti avreste potuto dedicarvi, ma soltanto il valore dell’alternativa migliore, ossia di quella che avreste scelto se non foste andati a fare il vostro acquisto in centro. Nel testo vi saranno proposti esercizi simili all’Esercizio 1.1. Vi renderete conto che svolgendoli avrete modo di acquisire una buona padronanza dei concetti chiave dell’economia via via illustrati. Poiché non si tratta di prove molto pesanti (anzi, vari studenti le trovano divertenti), in base al principio costi-benefici vi conviene senz’altro svolgerle.
Esercizio 1.1 Riprendendo l’esempio avanzato nel testo, se faceste l’acquisto in centro anziché nel punto vendita vicino casa risparmiereste sempre 10 euro, ma questa volta il costo associato al viaggio è pari a 12 anziché a 9 euro. Quale surplus economico otterreste comperando la tastiera wireless in centro? Dove vi conviene acquistarla?
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Il ruolo dei modelli economici
Gli economisti utilizzano il principio costi-benefici come un modello astratto per studiare in che modo un ipotetico individuo razionale effettuerebbe le proprie scelte fra alternative in contrasto tra loro. Per “modello astratto” si intende una descrizione semplificata del mondo reale, che tenga conto degli elementi essenziali che caratterizzano una data situazione e ci consenta di analizzarli in modo logico. Un esempio di modello astratto è un modello realizzato al computer che cerca di spiegare un fenomeno complesso quale quello dei mutamenti climatici, tralasciando necessariamente molti dettagli e considerando solo le principali forze in azione. Coloro che non si occupano di economia talvolta criticano l’impiego del modello costi-benefici da parte degli economisti, sostenendo che nel mondo reale le persone non penserebbero mai di ricorrere ad aste immaginarie prima di decidere se recarsi in centro o meno. Tali critiche rivelano però un equivoco di fondo circa i criteri di uti-
costo opportunità valore della migliore alternativa cui bisogna rinunciare per compiere un’azione
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Concetti fondamentali
lizzo dei modelli astratti per spiegare il comportamento umano e formulare previsioni al riguardo. Gli economisti, infatti, sanno benissimo che gli individui non applicano il metodo delle aste ipotetiche per decidere sulle questioni di ogni giorno. In realtà, il principio costi-benefici afferma semplicemente che una decisione razionale è basata, in modo esplicito o implicito, sulla valutazione di costi e benefici. La maggior parte delle persone compie quasi sempre scelte sensate, senza rendersi conto che, nel far questo, ha valutato i benefici e i costi in gioco, così come quasi tutti coloro che vanno in bicicletta non sono consapevoli dei principi della fisica che impediscono loro di cadere. Procedendo per tentativi, a poco a poco si impara a individuare i tipi di scelte che tendono a risultare più adeguati nei diversi contesti; analogamente, chi usa la bicicletta interiorizza, di norma in maniera inconsapevole, le leggi fisiche che entrano in azione durante tale attività. Ciononostante, apprendere i principi espliciti dell’analisi costi-benefici ci può aiutare a prendere decisioni migliori, così come la conoscenza della fisica può essere di aiuto a chi sta imparando a correre in bicicletta o a guidare l’automobile. Sotto molti punti di vista, un modello è per un economista ciò che un esperimento di laboratorio è per un fisico. Noi viviamo in un mondo reale dove pressione atmosferica e resistenza influenzano le modalità di caduta degli oggetti. Per verificare la teoria della gravità, il fisico crea dunque un mondo semplificato dove gli effetti di pressione e resistenza sono eliminati. Sareste d’accordo con chi dicesse che non ha molto senso parlare dell’impatto della gravità perché nel mondo reale noi non viviamo in condizioni di vuoto?
1.4
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Quattro errori comuni nel processo decisionale1
Gli individui, agendo in modo razionale, applicano quasi sempre il principio costi-benefici, sia pure in maniera intuitiva e approssimativa, anziché con calcoli espliciti e precisi. Il fatto di sapere che gli individui razionali tendono a confrontare benefici e costi mette gli economisti in grado di formulare previsioni circa il loro comportamento. Come osservato in precedenza, per esempio, è possibile aspettarsi che i giovani appartenenti a famiglie benestanti abbiano maggiori probabilità rispetto ad altri di frequentare università che offrono corsi poco affollati. Mentre i costi da affrontare per usufruire di corsi con pochi iscritti sono analoghi per tutte le famiglie, i relativi benefici, misurati in termini di spesa che gli individui sono disposti a sostenere, tendono a essere maggiori per le famiglie più ricche.
1.4.1
Errore n. 1: misurare costi e benefici in proporzione anziché in termini monetari assoluti
Come risulterà chiaro dall’Esempio 1.2, il principio costi-benefici si dimostra utile in un altro modo. Si vedrà, infatti, che le persone non hanno una capacità innata di valutare in maniera corretta i costi e i benefici di molte decisioni quotidiane. Uno dei vantaggi dello studio dell’economia è proprio quello di metterci in grado di migliorare la qualità delle nostre decisioni.
Esempio 1.2
Vi conviene andare a piedi in centro per risparmiare 10 euro sull’acquisto di un laptop che ne costa 999? State per acquistare un laptop da 999 euro nel punto vendita vicino all’università, quando un amico vi informa che lo stesso computer è in vendita in un negozio in 1
Gli esempi qui avanzati si ispirano alle ricerche di Daniel Kahneman e a quelle, successive, di Amos Tversky. Gli sforzi per integrare un approccio psicologico nello studio dell’economia valsero a Kahneman il premio Nobel per l’economia nel 2002. Un approfondimento dei suoi studi si può trovare nell’opera Thinking Fast and Slow (2011).
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Capitolo 1
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Pensare da economisti
centro a soli 989 euro. Se per arrivare in centro impiegate mezz’ora a piedi, dove vi conviene fare l’acquisto? Ipotizzando che il laptop sia abbastanza leggero da essere trasportato senza difficoltà, l’impostazione di questo esempio è identica a quella dell’Esempio 1.1. L’unica differenza consiste nel fatto che il computer ha un prezzo notevolmente più alto rispetto alla tastiera wireless. Come in precedenza, il beneficio derivante dal fare l’acquisto in centro è dato dall’importo monetario che potete risparmiare, ovvero 10 euro. Poiché il viaggio è esattamente lo stesso, anche il relativo costo deve rimanere invariato. Di conseguenza, se seguite un comportamento perfettamente razionale, dovreste prendere la stessa decisione in entrambe le situazioni. Eppure, quando nel mondo reale viene chiesto alle persone come agirebbero in questi due casi, la stragrande maggioranza risponde che per acquistare la tastiera wireless andrebbe a piedi fino in centro, mentre per il laptop si rivolgerebbe al negozio dell’università. Se si chiede di motivare la risposta, quasi tutti affermano che varrebbe la pena fare il viaggio per l’acquisto della tastiera wireless, perché si ha un risparmio del 40%, ma non per quello del laptop, in quanto si risparmierebbe l’1%. Questo tipo di ragionamento è scorretto. Il beneficio associato al fatto di recarsi in centro non è la percentuale di risparmio sul prezzo originale, bensì l’importo monetario assoluto che viene risparmiato. Poiché il beneficio di spostarsi per l’acquisto del laptop è pari a 10 euro (esattamente come nel caso della tastiera) e anche il costo associato a tale azione è identico per entrambi i beni, si avrà necessariamente il medesimo surplus economico sia nel primo sia nel secondo caso. Ciò significa che un individuo razionale prenderebbe la stessa decisione in entrambe le situazioni. Eppure, come è stato rilevato, la maggior parte delle persone sceglie in modo diverso. Il tipo di errore appena illustrato rappresenta solo una delle numerose trappole in cui gli individui spesso tendono a cadere quando devono prendere una decisione. Di seguito si individueranno altri tre errori comuni; come si vedrà, in alcuni casi vengono ignorati costi o benefici che dovrebbero essere tenuti in considerazione, mentre in altri ci si lascia influenzare da costi o benefici che sono irrilevanti.
Esercizio 1.2 Preferireste risparmiare 50 € sull’acquisto di un biglietto aereo per Tokyo il cui prezzo è 1500 € oppure risparmiare 40 € sull’acquisto di un biglietto aereo che costa 150 €?
1.4.2
Errore n. 2: ignorare i costi opportunità
Sherlock Holmes, il leggendario detective creato da Arthur Conan Doyle, aveva successo nella soluzione dei casi perché riusciva a individuare dettagli che sfuggivano a quasi tutti gli altri. Nel racconto Silver Blaze, Holmes viene convocato per indagare sul furto di un costoso cavallo da corsa. Un ispettore di Scotland Yard cui è assegnato il caso chiede a Holmes se vi sia qualche particolare elemento che richieda ulteriori indagini. L’investigatore risponde in modo affermativo, facendo riferimento allo stravagante comportamento del cane durante la notte. A quel punto l’ispettore replica perplesso che il cane non aveva fatto nulla durante la notte. Come Holmes ha capito, il problema sta proprio lì: il fatto che il cane da guardia non avesse abbaiato durante il furto del cavallo significa che conosceva il ladro. Questo indizio, alla fine, si dimostra la chiave per la soluzione del caso. Come spesso non ci si accorge quando un cane non abbaia, così molti di noi tendono a non considerare il valore implicito di attività che non hanno luogo. Si è visto
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Concetti fondamentali
in precedenza, tuttavia, che per prendere decisioni in maniera intelligente è necessario tenere nel debito conto il valore delle alternative cui si rinuncia. Il costo opportunità di una data azione, vale la pena ribadirlo, è il valore della migliore alternativa che viene sacrificata per intraprendere tale azione. Se andare a comperare un gioco per PC in centro significa perdere l’ultima ora di un film, il valore che attribuite al fatto di guardare il film fino alla fine è un costo opportunità associato al viaggio. Molte persone prendono decisioni inopportune perché tendono a non considerare il valore delle alternative a cui rinunciano. Per non trascurare i costi opportunità, gli economisti spesso riformulano una domanda quale “Mi conviene andare a piedi al bar?” in “Mi conviene andare a piedi al bar o guardare il film fino alla fine?”.
Esempio 1.3
Vi conviene utilizzare il biglietto premio del programma Mille Miglia per andare a Parigi per festeggiare la notte di San Silvestro? A una settimana dalle vacanze di Natale non avete ancora deciso se andare a festeggiare la notte di San Silvestro a Parigi con un gruppo di amici. Il biglietto di andata e ritorno da Milano costa 600 euro, ma avete un biglietto premio gratuito del programma Mille Miglia che potreste utilizzare. Il totale dei costi rimanenti per il soggiorno a Parigi ammonta a 1000 euro. La spesa massima che siete disposti a sostenere è di 1350 euro e questo importo rappresenta dunque il beneficio da voi associato a tale azione. Come unica alternativa potreste utilizzare il biglietto gratuito il mese successivo, per andare a Palermo al matrimonio di vostro fratello. Il biglietto premio scade, infatti, a fine febbraio. Se la tariffa di andata e ritorno Milano-Palermo è pari a 400 euro, vi converrà utilizzare il biglietto gratuito per andare a Parigi? In base al principio costi-benefici, vi converrà andare a Parigi se i relativi benefici superano i costi. Se non ci fosse il biglietto premio a complicare le cose, per risolvere la questione sarebbe sufficiente fare un confronto tra benefici e costi della vacanza. In questo caso, dal momento che la somma del biglietto e di tutti gli altri costi ammonterebbe a 1600 euro, ossia 150 euro in più rispetto ai benefici da voi associati al viaggio, dovreste decidere di non andare a Parigi. Come cambia la situazione, dal momento che avete a disposizione il biglietto premio? Se decideste di utilizzarlo, il viaggio a Parigi sembrerebbe gratuito e in tal caso otterreste un surplus economico pari a 350 euro. Così facendo, dovreste però pagare in seguito 400 euro per andare a Palermo. Ciò significa che il costo opportunità derivante dal fatto di usare il biglietto gratuito per andare a Parigi ammonta in realtà a 400 euro. Se decideste di usarlo per la vacanza, alla fine comunque ci rimettereste, poiché il costo totale, che a questo punto è pari a 1400 euro, supera di 50 euro il beneficio. In situazioni simili è più probabile che decidiate in modo sensato ponendovi la domanda nei seguenti termini: “Mi conviene utilizzare il biglietto premio per questo viaggio o conservarlo per il prossimo?”. Non si potrà mai sottolineare a sufficienza che l’elemento chiave per applicare il concetto di costo opportunità in maniera corretta consiste nel riconoscere con precisione a che cosa è necessario rinunciare se si decide di intraprendere una certa azione. L’Esercizio 1.3 illustra questo punto modificando leggermente i dettagli dell’Esempio 1.3.
Esercizio 1.3 Vi trovate nella stessa situazione in cui eravate nell’Esempio 1.3, ma ora il biglietto premio scade tra una settimana, quindi l’unica opportunità che avete per utilizzarlo è il viaggio a Parigi. Vi conviene farlo?
1.4.3
Errore n. 3: non ignorare i costi non recuperabili
L’errore relativo ai costi opportunità si verifica quando vengono ignorati costi che, invece, dovrebbero essere tenuti in considerazione. Un altro errore comune consiste nel
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Pensare da economisti
contrario, ovvero nel lasciarsi influenzare da costi che andrebbero trascurati. Gli unici costi di cui tener conto nel decidere se intraprendere o meno un’azione sono quelli che è possibile evitare rinunciando a tale azione. Nella pratica, tuttavia, molte persone si lasciano influenzare dai costi non recuperabili (o sunk cost), ovvero dai costi che devono comunque affrontare nel momento in cui prendono una decisione. Un esempio è il denaro speso per un biglietto aereo non trasferibile né rimborsabile. Poiché i costi non recuperabili devono essere sostenuti indipendentemente dal fatto che una certa azione venga intrapresa o meno, essi sono irrilevanti ai fini della decisione. L’Esempio 1.4 chiarisce in maniera precisa questo tipo di errore. Quanto dovreste mangiare in un ristorante con buffet a prezzo fisso? Da Checco a Trastevere, una trattoria romana con cucina tipica, si offre la possibilità di gustare un pasto a un prezzo fisso di 20 euro; pagando questa somma si ha la possibilità di servirsi più volte a piacere di qualsiasi pietanza. Un giorno il proprietario annuncia che a 10 persone scelte a caso il pranzo viene offerto gratuitamente, mentre tutti gli altri pagano il prezzo consueto. Se tutti gli individui sono razionali, vi sarà qualche differenza nella quantità di cibo consumata dai due gruppi di clienti? Dopo essersi serviti una prima volta, tutti indistintamente si chiederanno se prendere un’altra porzione. Ipotizzando di seguire un comportamento razionale, se il beneficio di tale azione supera il relativo costo, la risposta sarà positiva; altrimenti, negativa. Osservate che, al momento di prendere questa decisione, i 20 euro pagati all’entrata costituiscono un costo non recuperabile; in altri termini, coloro che li hanno versati non hanno modo di recuperarli. Di conseguenza, per entrambi i gruppi di clienti, il costo (aggiuntivo) associato al fatto di servirsi una seconda volta è esattamente pari a zero. Inoltre, dato che le persone cui viene offerto il pasto gratuitamente sono state scelte a caso, non vi è alcun motivo di ritenere che il loro appetito o il loro reddito siano diversi da quelli degli altri clienti. Pertanto tutti, in media, dovrebbero ottenere il medesimo beneficio nel prendere un’altra porzione. Dato che i rispettivi costi e benefici sono analoghi, i due gruppi di individui dovrebbero consumare mediamente la stessa quantità di cibo. Studi di psicologia ed economia presentano dati dai quali risulta tuttavia che, in simili circostanze, non tutte le persone si servono in egual misura. In particolare, i clienti che hanno pagato tendono a mangiare molto di più di coloro ai quali il pasto viene offerto gratuitamente, quasi fossero in un certo modo determinati a spendere bene i propri soldi. A quanto sembra, costoro mirano implicitamente a minimizzare il costo medio per boccone ingerito, comportamento che non è razionale, come si vedrà.
9
costo non recuperabile (o sunk cost) costo da cui non si può rientrare nel momento in cui la decisione deve essere presa
Esempio 1.4
Il fatto che, nell’Esempio 1.4, il criterio costi-benefici sia stato smentito rispetto alle previsioni non ne intacca affatto la validità quale indicatore del modo in cui gli individui dovrebbero agire. Se, nel prendere le vostre decisioni, vi lasciate influenzare dai costi non recuperabili, fareste bene a cambiare atteggiamento.
1.4.4
Errore n. 4: non distinguere tra valori medi e valori marginali
Spesso ci si trova a dover scegliere se intraprendere un’attività, per esempio se andare a fare acquisti in centro, oppure no. In molti casi, tuttavia, il problema non è decidere se compiere o meno una certa azione, bensì piuttosto fino a che punto portarla avanti. In situazioni del genere è possibile applicare il principio costi-benefici chiedendoci se sia opportuno incrementare il livello a cui si sta svolgendo una certa attività. Per cercare di trovare una risposta, è opportuno considerare sempre il costo e il beneficio derivanti da un’unità aggiuntiva di attività. Per evidenziare tale concetto, il costo di un’unità in più di attività viene denominato in economia costo marginale di un’attività. Analogamente, il beneficio di un’unità in più di attività prende il nome di beneficio marginale di un’attività.
costo marginale variazione nel costo totale causata dallo svolgimento di un’unità in più di un’attività beneficio marginale variazione nel beneficio totale provocata dallo svolgimento di un’unità in più di un’attività
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Parte 1
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Concetti fondamentali
Quando si tratta di stabilire il livello corretto al quale portare avanti un’attività, il principio costi-benefici suggerisce di continuare ad aumentare il livello finché il beneficio marginale supera il costo marginale. Come mostra l’Esempio 1.5, tuttavia, spesso questa regola non viene applicata in maniera corretta.
Esempio 1.5
costo medio costo totale derivante dalla produzione o dall’acquisto di n unità diviso per n beneficio medio beneficio totale derivante dalla produzione o dall’acquisto di n unità diviso per n
All’Agenzia Spaziale Europea (ESA) conviene estendere da quattro a cinque il numero di lanci annuali previsti nell’ambito del programma Ariane? Si supponga che gli economisti dell’ESA abbiano stimato che, su base annua, i benefici derivanti dal suddetto programma attualmente ammontano a 12 miliardi di euro (una media di 3 miliardi di euro per lancio) e i costi a 10 miliardi di euro (in media 2,5 miliardi di euro per lancio). Sulla base di queste stime, l’ESA invia il capo economista a Bruxelles allo scopo di convincere la Commissione a incrementare i finanziamenti europei per ampliare il programma di lanci. È opportuno che la Commissione dia il proprio consenso? Per capire se questa proposta è ragionevole dal punto di vista economico, è ncessario confrontare il costo e il beneficio marginali di un lancio. Le stime ci informano solo sul costo medio e sul beneficio medio del programma, che rappresentano, rispettivamente, il costo totale e il beneficio totale divisi per il numero di lanci. Conoscere i valori medi per ciascuno dei satelliti finora lanciati nello spazio non è utile per poter decidere se ampliare o meno il programma. Il costo medio dei lanci effettuati fino a questo momento potrebbe essere pari al costo di un lancio in più; tuttavia, potrebbe risultare anche superiore o inferiore al costo marginale. Considerazioni analoghe valgono per il beneficio medio e il beneficio marginale. Si supponga, ai fini di questa discussione, che il beneficio di un lancio in più sia effettivamente uguale al beneficio medio di ognuno dei lanci fin qui effettuati, ovvero 3 miliardi di euro. È opportuno che l’ESA inserisca un quinto lancio? Non se il relativo costo superasse i 3 miliardi di euro. E il fatto che il costo medio per lancio ammonti a soli 2,5 miliardi di euro non ci dice nulla sul costo marginale del quinto lancio. Applicando la definizione di costo marginale alle voci relative al costo totale nella seconda colonna della Tabella 1.1, si ottengono i costi marginali indicati nella quarta colonna della stessa (poiché il costo marginale indica la variazione del costo totale quando il numero di lanci aumenta di una unità, ogni voce della quarta colonna è posizionata a metà fra le righe corrispondenti riferite ai costi totali). Quindi, per esempio, il costo marginale necessario per passare da uno a due lanci ammonta a 2,25 miliardi di euro, ovvero la differenza tra 4,25 miliardi di euro, che sono il costo totale di due lanci, e i 2 miliardi di euro da spendere per un unico lancio. Come si nota, mettendo a confronto il beneficio marginale di un lancio (3 miliardi di euro) con i costi marginali nella quarta colonna della Tabella 1.1, i primi tre lanci soddisfano il principio costi-benefici, il quarto e il quinto no. Pertanto all’ESA conviene lanciare tre satelliti spaziali ed è opportuno che la Commissione riduca i finanziamenti. Tabella 1.1
Relazione tra costo totale, costo marginale e numero di lanci Costo totale (miliardi euro)
Costo medio (miliardi euro)
0
0
0
1
2,0
2,0
2
4,25
2,125
3
6,75
2,25
Numero di lanci
Costo marginale (miliardi euro) 2,0 2,25 2,5 3,25
4
10,0
2,5
5
15,0
3,0
5,0
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Capitolo 1
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Pensare da economisti
Esercizio 1.4 Se il beneficio marginale fosse stato pari a 3,5 miliardi anziché 3 miliardi di euro, quanti satelliti avrebbe dovuto lanciare l’ESA?
Il modello costi-benefici mette in evidenza che gli unici costi e benefici rilevanti all’atto di decidere se proseguire ulteriormente in un’attività sono i costi e i benefici marginali, ovvero valori che misurano la variazione dei costi e dei benefici derivante dall’incremento dell’attività in questione. In molte circostanze, tuttavia, sembra che le persone tendano piuttosto a confrontare costi e benefici medi. Come è emerso dall’Esempio 1.5, aumentare il livello di un’attività potrebbe non essere una scelta giustificata, anche se il beneficio medio, al momento, è notevolmente superiore al costo medio. Gli esempi fin qui condotti mettono in evidenza il fatto che le persone talvolta scelgono in modo irrazionale. Va precisato, però, che non intendevamo affermare che le scelte compiute dagli individui sono generalmente irrazionali. Al contrario, nella maggior parte dei casi vengono prese decisioni sensate, in particolare quando si tratta di questioni importanti o legate alla vita quotidiana. Lo studio delle scelte razionali fornisce quindi agli economisti non solo indicazioni utili su come migliorare la qualità delle decisioni, ma anche una base da cui partire per prevedere e spiegare il comportamento umano praticamente in qualsiasi ambito. Nel processo decisionale alcuni costi e benefici, in particolare i costi e benefici marginali e i costi opportunità, sono importanti, mentre altri, per esempio i costi non recuperabili e i costi e benefici medi, sono sostanzialmente irrilevanti. Questa conclusione è implicita nella formulazione iniziale del principio costi-benefici (un’azione dovrebbe essere intrapresa se, e solo se, i benefici aggiuntivi superano i costi aggiuntivi a essa associati). Tuttavia gli errori consistenti nel considerare i valori proporzionali anziché quelli monetari assoluti, nell’ignorare i costi opportunità, nel tenere conto dei costi non recuperabili, nonché nel confondere valori medi e valori marginali sono talmente significativi che, per metterli ulteriormente in evidenza, li si sintetizza in uno dei concetti di base del testo. Principio secondo cui non tutti i costi e i benefici hanno lo stesso peso: nel processo decisionale alcuni costi e benefici (per esempio, i costi opportunità e i costi e benefici marginali) contano, altri (per esempio, i costi non recuperabili e i costi e benefici medi) no.
Esercizio 1.5 Un nuovo assistente-allenatore entra a far parte dello staff tecnico di una squadra di basket che gioca a livello professionistico. Durante gli allenamenti nota che un giocatore mette a segno una percentuale più elevata di canestri rispetto agli altri cestisti. Suggerisce così di far tirare sempre e solo il miglior giocatore. Il ragionamento dell’assistente è molto semplice: in questo modo la squadra segnerà più punti e vincerà più partite. Una volta proposta questa strategia al capo allenatore, l’assistente viene immediatamente licenziato per incompetenza. In cosa è sbagliato il suo ragionamento?
1.5
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L’evoluzione delle idee degli economisti
L’analisi economica, come le altre scienze, accumula conoscenze attraverso l’elaborazione di nuove idee, il loro confronto con l’evidenza dei fatti, il loro rapporto con il contesto
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Parte 1
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Concetti fondamentali
storico. Secondo Joseph Alois Schumpeter la storia dell’analisi economica (in Schumpeter J.A., Storia dell’analisi economica, Oxford University Press, New York 1954) è fatta di un alternarsi di rivoluzioni e di assestamenti intellettuali; secondo Maffeo Pantaleoni essa corrisponde più alla progressiva accumulazione di conoscenze; invece per Mark Blaug la storia e critica dell’analisi economica (in Blaug M., Storia e critica dell’analisi economica, Boringhieri, Torino 1977) si comprendono solo con riferimento ai cambiamenti nelle reali strutture economiche e sociali che pongono interrogativi a cui l’analisi lavora per fornire risposte. A partire dal XVI secolo, l’Europa, con Gran Bretagna e Francia come capofila, ha sperimentato significativi mutamenti economici, sociali e culturali. In campo economico quel periodo prende il nome di mercantilismo: il pensiero economico mercantilista (Thomas Mun, Antoine de Montchrétien) individua nello scambio, o meglio nell’eccedenza delle vendite sugli acquisti, il fondamento del profitto individuale e della ricchezza nazionale, la quale è identificata con il fondo di metalli preziosi; perciò è interesse dello Stato proteggere i mercanti. In seguito, la rivoluzione agraria e lo sviluppo della produzione artigiana su larga scala accentuano la concorrenza e spingono il pensiero economico fisiocratico (François Quesnay) a riconoscere il lavoro produttivo, in quanto creatore di surplus, come base del profitto e della ricchezza; questa è intesa come flusso di merci prodotte in un processo circolare che lo Stato non è in grado di influenzare e da cui dovrebbe astenersi. La rivoluzione industriale è accompagnata dalla nascita dell’economia politica come disciplina scientifica autonoma, avvenimento che si fa risalire alla pubblicazione, nel 1776, della Ricerca sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni di Adam Smith. Smith pone a fondamento dell’economia l’interesse individuale, la divisione del lavoro (che genera surplus, il cui valore si riflette nei prezzi) e il libero mercato; quest’ultimo porta tutti, come guidati da una “mano invisibile”, al benessere collettivo, che cresce in quanto il surplus si trasforma in nuova capacità produttiva. Nei primi decenni del XIX secolo, di fronte all’evidenza delle crisi che punteggiano la crescita economica, Thomas Malthus formula una teoria della sovrapproduzione favorevole ai proprietari terrieri, che subiranno una sconfitta politica e intellettuale da parte degli imprenditori industriali, sostenuti intellettualmente da David Ricardo. Per primo, Ricardo fa discendere una pluralità di applicazioni da una teoria generale; nel fare ciò tratta rigorosamente i temi dei vantaggi comparati alla base della specializzazione produttiva internazionale, della distribuzione del surplus prodotto, e quindi del reddito e della relazione fra accumulazione di capitale produttivo e crescita. A Ricardo si accompagna Jean-Baptiste Say, formulatore della legge degli sbocchi, in base alla quale, a livello di sistema economico, offerta e domanda sono sempre in equilibrio, perché la prima crea la seconda. A metà del XIX secolo, mentre John Stuart Mill funge da anello di congiunzione fra Smith e Ricardo e fra l’economia politica classica e la futura economia marginalista, Karl Marx sviluppa una teoria centrata sul lavoro come generatore di un surplus di merci, del cui valore questi non gode, perché è il proprietario dei mezzi di produzione (il “capitale”) ad appropriarsene con la finalità di espandere ulteriormente la propria capacità produttiva. Preceduti da alcuni precursori su punti specifici (fra gli altri Antoine Augustin Cournot e Hermann Heinrich Gossen), subito dopo il 1870, William Stanley Jevons, Carl Menger e Léon Walras pubblicano, indipendentemente l'uno dall’altro, tre volumi che segnano l’inizio della rivoluzione marginalista e di ciò che oggi viene detta microeconomia. Introducendo l’uso della matematica come modalità espressiva della scelta razionale, la nuova disciplina considera come centrale il problema dell’ottima allocazione di risorse scarse fra i molteplici usi possibili; “ottima” nel senso che, in condizioni di equilibrio, massimizza il benessere generale (efficienza) come apprezzato dalla domanda, e non dall’offerta di prodotti. Centrale nel rivelare la fecondità di questo approccio sarà l’opera di molti, fra cui spiccano Vilfredo Pareto, che si concentra sull’ottimalità delle scelte individuali, Ar-
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Capitolo 1
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Pensare da economisti
thur Cecil Pigou, che si occupa dei casi in cui l’equilibrio di mercato genera inefficienze, e soprattutto Alfred Marshall, che privilegia l’analisi dei singoli mercati (equilibrio parziale) e pubblicherà già nel 1890 l’influentissimo manuale Principi di economia. Pochi anni dopo Schumpeter riprende la riflessione dinamica sullo sviluppo economico, attribuendo un ruolo decisivo all’innovazione e all’imprenditore. Gli sviluppi del marginalismo in Inghilterra e la Grande Depressione (1929-1939) stimolano la pubblicazione, nel 1936, dell’opera di John Maynard Keynes intitolata Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, base di ciò che oggi viene detta macro-economia. Nel proprio lavoro, Keynes sostiene che, anche in condizioni di equilibrio, l’economia di mercato non riesce a impiegare pienamente le risorse disponibili, prima fra tutte il lavoro, ed è dunque opportuno, per garantire la prosperità generale, l’intervento pubblico dal lato della domanda. Gli approcci di Keynes, Marshall e Walras, armonizzati da pensatori come John Hicks e Paul Anthony Samuelson – autore fra l’altro nel 1948 di Economia, il primo manuale introduttivo a diffusione globale –, conoscono notevoli sviluppi nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, in seguito alla quale l’avanguardia della riflessione economica si è spostata dall’Europa agli Stati Uniti d’America. Fra i nuovi indirizzi di ricerca, spicca lo sforzo di dare strumenti concettuali ed empirico-quantitativi, da un lato, alla politica macro-economica congiunturale (Wassily Leontief, Richard Stone, Jan Tinbergen) e, dall’altro, alle politiche di sviluppo (Arthur Lewis, Robert Solow). Negli stessi anni proseguono le analisi marginaliste sui mercati (John Nash), le loro interdipendenze (Kenneth Arrow), le loro imperfezioni (George Joseph Stigler, Joseph Stiglitz) e i loro fallimenti (Paul Anthony Samuelson), nonché sulla regolamentazione pubblica (Ronald Coase, George Joseph Stigler), sull’integrazione economica internazionale (Bertil Ohlin) e su temi a prima vista extra-economici, come il “capitale umano” e la famiglia (Gary Stanley Becker). Le crisi petrolifere (1973-1983) provocano reazioni critiche a diversi argomenti del pensiero keynesiano, mettendo fra l’altro in rilievo le conseguenze negative sia dell’inflazione, anche dovuta alla politica monetaria (Milton Friedman), sia della fiducia nel governo pubblico dell’economia (Robert Lucas, James McGill Buchanan); inoltre si riprende il tema schumpeteriano dell’innovazione e si raffinano le analisi delle scelte individuali e della regolazione dei mercati. Molti di questi sviluppi si fondano sugli strumenti della teoria marginalista, ma tendono a impiegarli in modi non convenzionali. Dal 1969 la Regia Accademia delle Scienze svedese assegna ogni anno il “Premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel”: in quaranta anni sono stati premiati, attraverso i loro primi proponenti, quasi tutti i grandi filoni dell’analisi economica successiva alla Grande Depressione. Si concluda notando che qui e nel resto del libro sono menzionati solo alcuni grandi economisti, ma numerosi altri, anche se individualmente meno importanti, sono stati e sono determinanti nel processo di approfondimento, verifica e interconnessione delle grandi idee che costituisce l’accumulazione delle conoscenze scientifiche.2
1.6
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Gli approcci all’analisi economica
Una delle intuizioni più importanti dell’analisi economica è quella secondo cui il perseguimento dell’interesse individuale è spesso non solo compatibile con obiettivi sociali di più ampia portata, ma addirittura necessario per il conseguimento degli stessi. 2
Per ulteriori approfondimenti, oltre ai volumi citati nel testo si vedano http://it.wikipedia.org/ wiki/Portale: Economia; Backhouse R.E., Breve storia del pensiero economico, Il Sole 24 Ore, Milano 2003; Vaggi G., Groenewegen P.D., Il pensiero economico: dal mercantilismo al monetarismo, Carocci, Roma 2003; Ranchetti F., Silva F., Antologia del pensiero economico, Einaudi scuola, Milano 2002; Faucci R., Breve storia dell’economia politica, Giappichelli, Torino 2002; Roncaglia A., La ricchezza delle idee: storia del pensiero economico, Laterza, Bari 2001; Screpanti E., Zamagni S., Profilo di storia del pensiero economico, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1994.
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Parte 1
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microeconomia lo studio delle scelte individuali in condizioni di scarsità e delle loro implicazioni sui prezzi e le quantità in specifici mercati macroeconomia lo studio del funzionamento del sistema economico nel suo complesso
domanda normativa una domanda che coinvolge i valori, in quanto si chiede che cosa si deve fare
domanda positiva una domanda che ha per oggetto le conseguenze di fatto di determinati comportamenti
Concetti fondamentali
Pur essendo inconsapevoli degli effetti delle loro azioni, i soggetti che perseguono il proprio interesse agiscono spesso come se fossero guidati da quella che Adam Smith chiamava una “mano invisibile”, in grado di produrre il risultato più favorevole per il bene comune (della mano invisibile descritta da Smith si parlerà più dettagliatamente nel Capitolo 7). Per convenzione, si indica con il termine microeconomia l’analisi delle scelte individuali, del comportamento di gruppi in singoli mercati e degli effetti delle regole del gioco sugli esiti di mercato. La microeconomia indaga le determinanti di grandezze quali la quantità scambiata sul mercato e il prezzo a cui viene scambiata. La macroeconomia, invece, studia il funzionamento del sistema economico nel suo complesso. Il campo di indagine della macroeconomia riguarda le determinanti di grandezze quali il tasso di disoccupazione nazionale, il livello generale dei prezzi e il valore complessivo del prodotto nazionale. In entrambi i casi, il criterio di valutazione resta il bene comune. Inizialmente ci si concentrerà sugli elementi che entrano in gioco nel processo decisionale dei singoli individui, nel caso di decisioni di carattere personale, familiare, di lavoro, di politica economica o di qualsiasi altro tipo. In seguito, si tratteranno i modelli economici applicati a gruppi di individui, per esempio tutti i compratori o tutti i venditori in un mercato specifico. In un momento successivo, infine, si passerà a occuparci di temi e di indicatori economici di carattere più generale. Indipendentemente dall’ambito di analisi, si partirà sempre dal fatto per cui, benché i nostri bisogni e desideri siano illimitati, le risorse materiali e umane utilizzabili per soddisfarli sono limitate. Pertanto, un approccio corretto ai problemi economici non prescinde mai dal concetto di trade-off, ovvero dall’idea che ottenere una quantità maggiore di un bene, in genere, implica avere una quantità minore di un altro bene. Il sistema economico e la società in cui si vive sono in buona parte il risultato delle scelte compiute dai singoli di fronte ai vari trade-off affrontati. Nella sfera pubblica si deve spesso dare risposta a una domanda normativa, ossia una domanda che coinvolge i nostri valori in quanto mira a sapere che cosa si deve o si dovrebbe fare. Di per sé, l’analisi economica non è in grado di rispondere a una domanda di questo tipo. Di fronte a uno stesso problema, società con valori differenti possono prendere decisioni differenti, anche se i membri di entrambe le società concordano nella valutazione dei fatti economici. L’analisi economica opera su basi più solide quando si tratta di rispondere a una domanda positiva, che ha per oggetto le conseguenze di determinate politiche o di determinate soluzioni istituzionali. Tuttavia, le risposte alle domande positive risultano importanti anche per la domanda normativa sottesa a esse. Solo una volta condivisi gli obiettivi, e quindi i valori sottostanti, l’analisi economica può essere normativa, nel senso che può indicare il modo più efficiente per realizzarli.
1.7
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L’approccio del testo
La scelta delle dimensioni di ciascun corso di studio in termini di numero di studenti frequentanti è soltanto una delle numerose decisioni da prendere quando si pianifica un corso introduttivo di economia. Un’altra decisione, per la quale il principio di scarsità risulta altrettanto calzante, riguarda quali fra i molti argomenti possibili sia opportuno inserire nel programma del corso. Le questioni e i problemi che potrebbero essere affrontati in un corso di livello introduttivo sono praticamente infiniti, mentre il tempo a disposizione è limitato. Non ci sono pasti gratis: il fatto di trattare alcuni argomenti porta inevitabilmente a tralasciarne altri. Tutti gli autori di libri di testo sono costretti a compiere selezioni; per un manuale che trattasse tutti i problemi via via affrontati in economia non basterebbe un intero piano della biblioteca universitaria. Siamo fermamente convinti che, in genere, i testi introduttivi pretendano di coprire uno spettro di argomenti troppo ampio. Uno dei
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Capitolo 1
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Pensare da economisti
motivi per cui ci siamo appassionati allo studio dell’economia è stato il fatto che un insieme di pochi principi fondamentali consente di spiegare tanta parte dei comportamenti e delle vicende che avvengono nel mondo intorno a noi. Pertanto, anziché presentare una grande quantità di concetti a livello superficiale, la nostra strategia consiste nel focalizzare l’attenzione su questo numero limitato di principi di base, tornando su ciascuno di essi ripetutamente, in molti contesti diversi. Questo metodo vi permetterà di assimilarli in modo efficace nel breve arco di tempo di un singolo corso. Inoltre, il beneficio di studiare poche idee importanti supererà di gran lunga il costo di doverne tralasciare molte altre, meno rilevanti.3 Ci basiamo, dunque, su un ben articolato elenco di sette principi fondamentali, che rinforziamo, di volta in volta, applicando l’uno o l’altro in numerosi e vari contesti. Finora abbiamo già incontrato tre principi fondamentali: il principio di scarsità, il principio costi-benefici e il principio secondo cui non tutti i costi e i benefici hanno lo stesso peso. Quando riaffioreranno nel corso del testo lo faremo notare. Quando invece comparirà un nuovo concetto basilare, lo metteremo in rilievo riprendendolo con una definizione formale. 1. 2. 3.
4. 5.
6.
7.
Principio di scarsità: avere un po’ più di un bene significa avere un po’ meno di un altro bene. Principio costi-benefici: si deve compiere un’azione finché il suo beneficio marginale non pareggia il suo costo marginale. Principio degli incentivi: il confronto tra i costi e i benefici è rilevante non solo per individuare quale decisione dovrebbe prendere un individuo, ma anche per predire le scelte che compie effettivamente. Principio del vantaggio comparato: tutti migliorano la propria condizione quando ciascuno viene impiegato nell’attività in cui risulta più produttivo. Principio del costo opportunità crescente: bisogna utilizzare le risorse con il costo opportunità più basso prima di passare a quelle con costi opportunità più elevati. Principio dell’efficienza: l’efficienza è un importante obiettivo sociale, anche perché quanto più grossa è la torta economica, tanto più grande sarà la fetta che ciascuno otterrà. Principio di equilibrio: un mercato in equilibrio non lascia inesplorata alcuna opportunità di guadagno per gli individui, anche se non tutti i guadagni possono essere raggiunti senza l’azione collettiva.
Secondo elemento importante nella filosofia di questo libro: crediamo nell’importanza dell’apprendimento attivo. Come valida maniera per apprendere un’altra lingua è parlarla e scriverla, o per imparare uno sport praticarlo, così si può imparare l’economia solo mettendola in pratica. E poiché desideriamo che voi impariate a utilizzare l’economia, anziché leggere passivamente gli autori o ascoltare il docente mentre la spiega, cercheremo di stimolarvi a rimanere attivamente coinvolti. Invece di limitarci a presentarvi un concetto, per esempio, ne chiariremo dapprima l’utilità inserendolo nel contesto di un esempio specifico. Gli esempi saranno spesso seguiti da esercizi che vi consentiranno di mettervi alla prova, nonché da applicazioni che dimostreranno la rilevanza del principio teorico nel mondo reale. Riflettete in modo critico sulle applicazioni: riuscite a vedere come illustrano il punto in questione? Vi consentono di capire meglio l’argomento? Risolvete i problemi alla fine di ciascun capitolo, prestando particolare attenzione a quelli riferiti a punti 3
L’economista australiano W.M. Corden, brillante come insegnante quanto innovativo come ricercatore, amava dire agli studenti, in una serie di seminari seguiti da uno degli autori di questo testo presso il Nuffield College di Oxford, che, se una cosa non è spiegabile utilizzando gli strumenti e i concetti di base della domanda e dell’offerta, probabilmente non vale la pena tentare di spiegarla.
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Concetti fondamentali
che non vi risultano del tutto chiari. Applicate i principi economici al mondo reale: torneremo su questo aspetto nel Paragrafo 1.8, dove illustreremo il concetto di naturalismo economico. Più attivamente vi lascerete coinvolgere, più efficace sarà l’apprendimento.
1.8
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Il naturalismo economico
Ora che avete acquisito i rudimenti del modello costi-benefici, siete pronti per diventare naturalisti economici, ovvero persone che applicano le chiavi di lettura offerte dall’economia per interpretare i più svariati aspetti della vita di ogni giorno. Coloro che hanno studiato biologia sono in grado di notare e apprezzare molti particolari del mondo della natura che altrimenti sarebbero loro sfuggiti. Durante una passeggiata nel bosco a inizio aprile, per esempio, il profano vede una moltitudine di alberi, mentre lo studente di biologia sa distinguere fra le diverse specie e capisce perché alcune piante hanno già messo le foglie mentre altre non ancora. Analogamente, chi non ha conoscenze specifiche nota forse che in alcune specie animali il maschio è molto più grosso della femmina, mentre chi studia biologia sa che ciò accade solo nelle specie in cui il maschio si accoppia con più partner. In questi casi, la selezione naturale favorisce i maschi che sono più grandi, perché grazie alle loro dimensioni hanno maggiori probabilità di avere la meglio nella lotta, spesso cruenta, per la conquista della femmina. Per contro, maschi e femmine tendono ad avere all’incirca le stesse dimensioni nelle specie animali monogame, dove gli scontri per la conquista del partner sono molto più limitati. Allo stesso modo, lo studio di alcuni semplici principi di economia consente di vedere molti dettagli della vita di ogni giorno sotto una luce nuova. Mentre il profano spesso non è nemmeno in grado di notare questi particolari, il naturalista economico non solo li vede, ma si impegna attivamente per cercare di comprenderli. Il naturalista economico, e spesso l’economista, fa economia positiva, ossia scienza, in quanto usa l’economia per stabilire cause ed effetti, possibili scelte alternative e loro conseguenze. L’economista fa invece economia normativa quando combina le conoscenze positive con i giudizi di valore per suggerire quale, fra le possibili scelte, dovrebbe essere compiuta (politica economica). A titolo di esempio, si considerino ora alcune delle domande che il naturalista economico potrebbe porsi. Il box Naturalista economico 1.1 illustra un caso in cui il beneficio di un bene dipende da quante altre persone posseggono tale prodotto. Come mostra il box Naturalista economico 1.2, la stessa regola può valere anche per il costo di un prodotto. L’esempio portato nel box Naturalista economico 1.2 è stato suggerito da uno studente dell’Università di Cornell per svolgere l’Esercizio 1.6.
Esercizio 1.6 In un massimo di 500 parole, utilizzate l’analisi costi-benefici per spiegare un fatto o un comportamento osservato nell’ambiente in cui vivete.
Probabilmente, arrivati a questo punto, la cosa migliore che possiate fare è provare a svolgere più volte l’Esercizio 1.6. Gli studenti che seguono questo consiglio iniziano un percorso in cui la loro padronanza dei principi economici, anziché indebolirsi nel tempo, continuerà a migliorare, trasformandoli in naturalisti economici “a vita”. Vi esortiamo a fare questo investimento, anche se non sempre questo modo di impostare i problemi, e le loro soluzioni, vi renderà popolari.
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Capitolo 1
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Pensare da economisti
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Naturalista economico 1.1 Perché molti produttori di software concedono di scaricare “gratuitamente” dal proprio sito web prodotti del valore di centinaia di euro? Quando le imprese immettono sul mercato un nuovo prodotto, solitamente stanno mettendo in commercio il risultato di processi di ricerca e sviluppo costosi. Perché allora può accadere che un’impresa fornisca gratuitamente il frutto di tanto sforzo? Si tratta di implementare il modello di business freemium, in base al quale il prodotto viene commercializzato in due o più versioni con diversi prezzi. La versione base è gratuita, proprio per raggiungere più consumatori possibili permettendo a tutti di coloro che lo desiderano di usufruire del bene senza vincoli. Una volta provato il bene, ci sarà chi si accontenterà della versione base e chi invece deciderà di investire in versioni più ricche e costose. Esem-
pi sono iCloud e Dropbox. Entrambi sono servizi che offrono un ammontare fisso di spazio online in cui archiviare i propri file e di cui esiste una versione base gratuita e una versione premium a pagamento per chi vuole avere maggiore spazio di archiviazione e attraverso la quale viene finanziato l’intero servizio. Ecco quindi che il modello freemium assume un significato strategico ben preciso e risulta essere efficace se la natura del bene e la tecnologia di produzione permettono di avere un certo grado di controllo sul consumo della versione premium. In altri termini, l’impresa deve essere in grado di impedire che alcuni consumatori utilizzino il prodotto senza aver pagato.
Naturalista economico 1.2 Perché i tasti degli sportelli automatici destinati agli automobilisti sono provvisti di rilievi per la lettura in Braille? Gli sportelli automatici drive-in sono una realtà inusuale in Europa, ma molto diffusa nell’America settentrionale. Curiosamente, le tastiere di questi impianti sono provviste di rilievi in codice Braille, presenti anche sui pulsanti di ascensori e simili. Mentre in questi ultimi casi l’utilità di tali rilievi è evidente, non è così chiara in riferimento, appunto, agli sportelli destinati agli automobilisti. I rilievi in codice Braille consentono alle persone cieche di partecipare in maniera più completa alle normali attività della vita quotidiana. Tuttavia, nonostante i non vedenti abbiano raggiunto un notevole livello di autonomia, non sono in grado di guidare. Perché, dunque, vengono installate tastiere con i rilievi in codice Braille anche negli sportelli automatici destinati agli
automobilisti, situati in apposite piazzole lungo le strade? La risposta a questa domanda curiosa è che, una volta prodotti gli stampi delle tastiere, i costi per la produzione di tasti con i rilievi in Braille non sono maggiori di quelli necessari per produrre tasti lisci. Metterli in produzione entrambi richiederebbe stampi separati e due diversi tipi di scorte. Se gli automobilisti che abitualmente si rivolgono agli sportelli automatici a loro destinati dovessero notare che i tasti con i rilievi in codice Braille sono più difficili da usare, potrebbe sussistere un motivo valido per affrontare tali costi aggiuntivi. Poiché, invece, le persone vedenti non hanno problemi, la soluzione più opportuna ed economica consiste nel produrre solo tastiere complete di codice Braille.
Riepilogo / Scarsità, razionalità e scelte economiche L’economia studia come gli individui compiono le proprie scelte in condizioni di scarsità e come queste scelte influenzano il benessere della società. La scarsità è un dato di fatto imprescindibile nella vita
economica: le risorse materiali e umane sono limitate. Ne consegue che gli individui, nel tentativo di raggiungere i propri obiettivi al fine di massimizzare il proprio benessere, si troveranno sempre a dover rinunciare a qualcosa per ottenere qualcos’altro (principio di scarsità).
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Parte 1
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Concetti fondamentali
Analisi costi-benefici
Il principio costi-benefici afferma che a un individuo razionale (o a un’impresa oppure a una società) conviene intraprendere un’azione se, e solo se, i benefici aggiuntivi a essa associati sono almeno pari ai costi aggiuntivi. La differenza fra il beneficio e il costo di un’azione prende il nome di surplus economico di tale azione. In base al principio costi-benefici, dovremmo intraprendere solo le azioni che creano un surplus economico totale positivo.
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/ Quattro errori significativi nel processo decisionale
Nonostante la teoria economica sia principalmente basata sul concetto di homo oeconomicus razionale, l’evidenza empirica suggerisce che gli individui incorrono in quattro errori ben specifici quando applicano un’analisi costi-benefici. 1.
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Misurare costi e benefici in proporzione. Nel prendere una decisione molte persone ritengono che una variazione del costo o del beneficio sia insignificante se rappresenta solo una piccola proporzione della cifra originale. I costi e i benefici dovrebbero essere misurati in termini di importi monetari assoluti e non di percentuali. Ignorare i costi opportunità. Quando si prende in esame un’azione dal punto di vista dei costi e dei benefici, è importante tenere conto di tutti i relativi costi opportunità, che rappresentano il valore delle migliori alternative cui è necessario rinunciare per effettuare tale azione. Una certa risorsa può avere un costo opportunità alto, anche se in origine è stata ottenuta gratuitamente,
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nel caso in cui la migliore alternativa per utilizzarla abbia un valore elevato. È possibile, tuttavia, che la stessa risorsa abbia un costo opportunità basso, qualora non sussistano valide opportunità alternative per utilizzarla. Non ignorare i costi non recuperabili. Al momento di decidere se intraprendere o meno un’azione, è importante ignorare i costi non recuperabili, ovvero quei costi che devono essere sostenuti anche se l’azione non viene compiuta. Un biglietto per un concerto potrebbe esservi costato 100 euro; se, una volta acquistato, non avete modo di rivenderlo, quei 100 euro rappresentano un costo non recuperabile e non dovrebbero influenzarvi al momento di decidere se andare o meno al concerto. Considerare costi e benefici medi anziché marginali. Quando si deve prendere una decisione si hanno spesso a disposizione i dati relativi ai costi e ai benefici totali di una data attività, dai quali è facile calcolare i corrispondenti valori medi. Un errore comune consiste nel concludere che un’attività vada incrementata se i benefici medi superano i costi medi a essa associati. In base al principio costi-benefici, il livello di un’attività dovrebbe essere aumentato se, e solo se, il beneficio marginale è superiore al costo marginale. Microeconomia e Macroeconomia
La microeconomia è l’analisi delle scelte individuali in condizioni di scarsità e delle loro implicazioni sui prezzi e le quantità in specifici mercati. La macroeconomia, invece, studia il funzionamento del sistema economico nel suo complesso.
Domande 1.
2.
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Un vostro amico, che appartiene alla squadra di tennis dell’università, afferma che le lezioni di tennis individuali sono senz’altro meglio di quelle di gruppo. Spiegate che cosa, a vostro parere, egli intenda dire. Quindi utilizzate il principio costi-benefici per dimostrare perché le lezioni individuali non sono necessariamente la scelta migliore per tutti. Per decidere se andare in centro per risparmiare 30 euro sull’acquisto di un nuovo strumento dovreste calcolare quale percentuale rappresentano i 30 euro sul prezzo di vendita totale. Vero o falso? Spiegate la vostra risposta. Perché, nel decidere se andare al cinema, è possibile che una persona tenda più facilmen-
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te a considerare i 9 euro del biglietto da pagare piuttosto che i 20 euro cui rinuncerebbe se non utilizzasse quelle stesse ore per lavorare come baby sitter? Molti, quando utilizzano un biglietto premio del programma Mille Miglia, pensano che il viaggio aereo sia gratuito. Spiegate perché è probabile che costoro non utilizzino i biglietti in modo assennato. Le tasse universitarie non rimborsabili che avete versato questo semestre sono un costo non recuperabile? Come cambierebbe la vostra risposta se fosse previsto il rimborso totale delle tasse agli studenti che si siano ritirati durante i primi due mesi del semestre?
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Capitolo 1
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Pensare da economisti
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Problemi 1.
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La somma più alta che siete disposti a spendere per far lavare l’auto prima di un appuntamento è 6 euro. La cifra minima per la quale accettereste di lavare la macchina di qualcun altro è 3,50 euro. Stasera dovete uscire e avete la macchina sporca. Quale surplus economico otterreste lavandola? Per guadagnare qualcosa durante l’estate coltivate pomodori per poi venderli al mercato a 30 centesimi al chilo. Con l’utilizzo del concime potete incrementare la produzione come indicato nella tabella. Se il concime costa 50 centesimi al chilo e il vostro obiettivo è di guadagnare il più possibile, quanti chili di concime dovreste aggiungere? kg di concime
kg di pomodori
0 1 2 3 4 5 6
100 120 125 128 130 131 131,5
Leonardo e Riccardo sono tifosi della stessa squadra di calcio e abitano a Milano. Leonardo acquista al Ticketmarket vicino a casa un biglietto non rimborsabile per una partita che la squadra del cuore giocherà a Torino settimana successiva. Il costo del biglietto è di 70 euro. Riccardo decide di acquistare il biglietto direttamente davanti allo stadio. Il costo del biglietto acquistato in loco è 60 euro ma non c’è la possibilità di scegliere il posto a sedere come invece può fare chi acquista in prevendita in un Ticketmarket. Il giorno della partita inizia a nevicare pesantemente e viaggiare da Milano a Torino diventa un serio problema. Se Lorenzo e Riccardo sono entrambi razionali, è possibile che uno dei due amici sia più propenso a prendere la decisione di andare a vedere la partita? Bruno è un coltivatore di funghi. Investe tutti i risparmi disponibili nel potenziamento di questa attività, per la quale utilizza un appezzamento di terreno dietro il granaio che altri-
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menti rimarrebbe incolto. Il peso dei funghi raddoppia nel corso del primo anno, dopo di che essi vengono raccolti e venduti a un prezzo al chilo costante nel tempo. Antonio, un amico di Bruno, gli chiede un prestito di 200 euro, che promette di restituirgli dopo un anno. Quale interesse dovrà pagare Antonio a Bruno, affinché quest’ultimo recuperi il costo opportunità del prestito? Fornite una breve spiegazione. Supponete che negli ultimi pochi secondi dedicati alla prima domanda dell’esame di matematica avete ottenuto 4 punti in più, mentre negli ultimi pochi secondi utilizzati per la seconda domanda avete guadagnato 10 punti in più. Sulle prime due domande avete così ottenuto un totale di 48 e 12 punti, rispettivamente, mentre il tempo complessivo che avete dedicato a ciascuna di esse è identico. Se poteste ripetere l’esame, in che modo (se necessario) dovreste ridistribuire tra i due quesiti il tempo che avete a disposizione? Marta e Sara hanno le stesse preferenze e lo stesso livello di reddito. Appena arrivata a teatro per vedere uno spettacolo, Marta ha scoperto di avere perduto il biglietto da 10 euro acquistato in precedenza. Allo stesso modo, una volta arrivata a teatro con l’intenzione di comperare un biglietto per assistere al medesimo spettacolo, Sara si è resa conto di avere perso una banconota da 10 euro. Se entrambe sono razionali e hanno ancora denaro sufficiente per acquistare un biglietto, è più probabile che una delle due scelga di vedere lo spettacolo comunque? Supponete che nella città dove abita Adriana ci sia un’unica ditta che ha installato stazioni di noleggio per e-bike. Al momento, il costo del noleggio è pari a 0,20 euro al minuto e non viene richiesto alcun pagamento per sbloccare la bici. Tuttavia, la ditta sta pensando di modificare le tariffe fissando un costo pari 1 euro per sbloccare la bici e 10 centesimi per ogni minuto di noleggio. Se Adriana noleggia ogni volta la e-bike per non meno di 10 minuti, in che modo si modificheranno mediamente i periodi di noleggio se la nuova tariffa viene applicata?