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Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari OBIETTIVI
DI APPRENDIMENTO
⦁ A cosa serve la finanza in seguito alla Grande Crisi Finanziaria e alla crisi da pandemia Covid-19. ⦁ Specificare i collegamenti tra circuito reale e circuito finanziario dell’economia. ⦁ Descrivere le caratteristiche dei cicli economici. ⦁ Individuare le ragioni dell’esistenza di mercati e intermediari finanziari. ⦁ Individuare i bisogni soddisfatti e le scelte finanziarie principali degli operatori economici. ⦁ Delineare il ruolo dell’alfabetizzazione finanziaria e dell’educazione finanziaria. ⦁ Identificare funzioni, struttura, componenti e orientamento dei sistemi finanziari. ⦁ Identificare i principali problemi di regolamentazione del sistema finanziario. ⦁ Delineare i principali aspetti del fenomeno FinTech. ⦁ Identificare la rilevanza della sostenibilità e dell’eticità nei processi di intermediazione.
1.1 ⦁ Dopo le crisi, a cosa serve la finanza? Per chi si accosta oggi a un manuale universitario di economia degli intermediari finanziari, è necessario, più che in passato, chiarire alcuni dubbi sulle funzioni dei mercati e degli intermediari finanziari nella società contemporanea. Per usare parole più dirette e legate al discorrere comune, a cosa serve la finanza? Il mondo della finanza, rappresentato tra gli altri da banchieri, mercati, autorità, investitori professionali, è utile alla società, oppure produce più costi che benefici? Queste domande assumono un rilievo ancor più importante alla luce delle due grandi crisi globali che ha vissuto la società e l’economia negli ultimi quindici anni: prima la Grande Crisi Finanziaria (GCF) del 2007-2008, nata all’interno del mondo della finanza, e in seguito la più recente crisi portata dalla pandemia da Covid-19 nel 2020, di origini esogene al mondo della finanza, che ha tuttora e avrà nel futuro prossimo numerose e profonde conseguenze sul funzionamento della società e dell’economia a livello globale, e anche dello stesso sistema finanziario. Le crisi sono peraltro ricorrenti nella storia delle società umane: esse sono causate da molteplici fattori politici, sociali, tecnologici, economici, che a volte agiscono contemporaneamente, altre volte secondo mutevoli sequenze. Le crisi rappresentano passaggi, più o meno discontinui rispetto al passato, che coinvolgono tutti gli attori
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
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presenti nella società, interrogandoli nei loro valori e influenzandone le decisioni e le azioni. Le domande sul ruolo della finanza non sono quindi del tutto nuove nella storia della società, se si pensa al valore attribuito al denaro e al giudizio, non sempre benevolo, sul ruolo dei soggetti che del denaro si occupano professionalmente (i banchieri, gli investitori – o come più spesso si scrive e si dice, i mercati – e i ministri delle finanze degli Stati, per definizione) e al rapporto complesso, articolato, a volte conflittuale che il mondo della finanza da sempre ha avuto con la politica e le religioni, e con l’influenza che esso ha avuto sul sorgere delle crisi e poi sulla gestione delle stesse. In senso generale, il denaro – che è il centro del mondo della finanza – se da un lato è il mezzo che ha trasformato l’economia reale da economia di baratto a economia monetaria, con evidenti benefici, dall’altro ha da sempre un rapporto molto difficile con altri valori su cui si basa la convivenza umana. La finanza e il suo mondo, come il denaro, dovrebbero essere sempre un mezzo per soddisfare e migliorare il bene comune, e non assurgere a un fine in sé e a strumento di dominio di pochi su tanti. I profili etici della finanza, come dell’economia nel suo complesso, spesso ritornano nel corso della storia a essere invocati come centrali, quando una parte rilevante del suo mondo elegge a fine ciò che dovrebbe essere sempre considerato mezzo. In altri termini, se da un lato avvertiamo le funzioni necessarie e positive che la finanza esercita per soddisfare importanti bisogni di individui e gruppi presenti nella società (si pensi, per esempio, ai mezzi di pagamento per regolare gli scambi di beni e servizi, all’investimento del risparmio a fini previdenziali, ai finanziamenti per l’acquisto dell’abitazione o di altri beni durevoli e di consumo, al finanziamento dell’innovazione e degli investimenti strutturali volti a migliorare la società), dall’altro ne possiamo percepire come molto negativi alcuni aspetti (avidità, tracotanza, prevaricazione) che portano con sé diseguaglianza, benefici per pochi e costi per molti. Avidità, tracotanza e prevaricazione – in mix variabili – sono proprie sia dei cosiddetti (c.d.) speculatori, di cui alcuni ritratti a tinte forti, del tutto rispondenti a fatti e persone realmente esistiti, sono stati presentati recentemente in film di grande successo, sia dei grandi e piccoli truffatori che hanno sottratto capitali a più o meno ingenui investitori e alle stesse banche, sia di alcuni banchieri che hanno beneficiato di lauti stipendi e bonus pur non avendo prodotto risultati positivi per gli azionisti e per altri portatori di interesse (stakeholder). In questo quadro negativo possono essere inserite anche le autorità di vigilanza di alcuni Paesi che non hanno fatto inizialmente il loro dovere di fronte all’emergere dell’ultima GCF (Grande Crisi Finanziaria, così definita nel report annuale del 2015 della Banca dei Regolamenti Internazionali) e alle sue conseguenze, disastrose per molte persone e molti Paesi. La reputazione del mondo della finanza, in epoca moderna, non è mai stata così bassa dai tempi della crisi del 1929, con cui la crisi tuttora in corso condivide non poche somiglianze, ma anche molte differenze legate al diverso grado di sviluppo attuale di società, economia e sistema finanziario mondiale. La crisi iniziata nel 2007 è stata caratterizzata – a dir la verità anche in anni precedenti nel corso degli ultimi 20 anni – da frodi e scandali, che hanno avuto per protagonisti non solo banche e operatori finanziari, ma anche imprese non finanziarie, società di auditing e di rating, e inoltre da errori e sottovalutazioni in cui sono incorse le autorità di controllo. Se la GFC ha mostrato i limiti del capitalismo finanziario, la crisi da pandemia Covid-19 che stiamo tuttora vivendo mostra quanto sia necessaria, e quanto nei fatti sia curata dai vari attori del sistema socio-economico, la collaborazione tra governi, autorità di controllo e banche centrali, mercati e intermediari finanziari per far fronte all’impatto recessivo della crisi e per supportare con adeguate risorse finanziarie famiglie e imprese (si veda l’Approfondimento 1.1., tratto dalle considerazioni finali del Gover-
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
Approfondimento 1.1
Alcune conseguenze della pandemia Covid-19 La pandemia ha avuto in tutto il mondo un costo altissimo in termini di vite umane. Il suo contenimento ha richiesto restrizioni alle libertà individuali e ha condizionato in modo profondo la vita di tutti. Per molti ha determinato la perdita dell’occupazione; ha modificato i rapporti interpersonali, le modalità di studio, di produzione e lavoro, di impiego del tempo libero. Sul piano economico, la recessione che ne è conseguita è la più grave dalla fine del secondo conflitto mondiale. Nel 2020 la diminuzione del prodotto globale è stata pari al 3.3%, con effetti eterogenei tra aree geografiche, settori produttivi, imprese e famiglie; ancora più ampia, quasi del 9%, è stata la caduta del commercio internazionale, caratterizzata da una temporanea interruzione delle filiere produttive, cui si è associato un forte calo dei flussi turistici. La perdita di occupazione ha colpito in misura più marcata i giovani, le donne e i lavoratori precari. Si stima che sia tornato a salire, per la prima volta in oltre 20 anni, il numero delle persone che nel mondo versano in povertà estrema, pari oggi, secondo la Banca mondiale, a circa il 10% della popolazione, con un incremento di oltre 100 milioni nell’ultimo anno. Senza la risposta decisa e tempestiva delle politiche economiche i danni sarebbero stati più gravi; la cooperazione tra Paesi e il coordinamento tra le autorità monetarie e di bilancio hanno segnato una netta inversione di tendenza rispetto al recente passato. Fino allo scorso marzo i governi avevano approvato – tra aumenti di spesa, riduzioni di imposta e garanzie sui prestiti – interventi per oltre 16 000 miliardi di dollari (il 15% del prodotto mondiale), con l’obiettivo immediato di potenziare i sistemi sanitari e sostenere i redditi delle famiglie e il finanziamento delle imprese. La liquidità fornita con prontezza e in quantità eccezionale dalle banche centrali ha contrastato le tensioni sui mercati e ripristinato condizioni finanziarie ampiamente distese. Le misure varate hanno evitato una generalizzata restrizione del credito, scongiurando il rischio di un avvitamento della crisi. Grazie agli sforzi straordinari, in primis della comunità scientifica nello sviluppo dei vaccini e nel trattamento della malattia, in molti Paesi si procede gradualmente verso l’uscita dall’emergenza sanitaria. L’efficacia delle campagne di somministrazione avviate alla fine del 2020 e le politiche economiche ancora molto accomodanti hanno indotto in aprile il Fondo monetario internazionale a rivedere al rialzo le stime di crescita mondiale per l’anno in corso al 6%. Questo scenario resta tuttavia circondato da un’elevata incertezza, legata soprattutto
all’evoluzione della pandemia e al ritmo diseguale delle vaccinazioni tra le diverse aree del mondo: ne potrebbero derivare marcate divergenze nell’andamento delle economie e bruschi movimenti dei capitali. L’esperienza maturata dopo la crisi finanziaria globale del 2008-09 mostra che una riduzione prematura dello stimolo monetario accresce i rischi per l’economia e per la stabilità dei prezzi. L’incertezza sui tempi e sull’intensità della ripresa richiede che le condizioni di finanziamento restino a lungo accomodanti: aumenti ampi e persistenti dei tassi di interesse non sono giustificati dalle attuali prospettive economiche e andranno contrastati, anche con il pieno utilizzo dei programmi di acquisto di titoli già definiti. Oltre a contenere gli effetti della pandemia, l’orientamento espansivo della politica monetaria resta volto a garantire che la dinamica dei prezzi, dopo tanti anni di debolezza, si riporti, al più presto e stabilmente, su valori prossimi al 2%. Anche l’azione delle autorità di vigilanza è stata orientata a contenere la severità della recessione. Modificando i tempi dell’entrata in vigore di alcune regole prudenziali si è evitato di incidere sulla capacità delle banche di erogare prestiti e assorbire le perdite in una fase così delicata; misure temporanee sulle riserve e sui requisiti di capitale hanno contrastato potenziali effetti prociclici della regolamentazione. La supervisione bancaria sta ora contemperando l’esigenza di assicurare che le banche continuino a fornire il necessario sostegno all’economia con quella di presidiare adeguatamente i rischi. Dopo la sospensione del 2020 è ripreso il regolare processo di revisione e valutazione prudenziale con il quale i supervisori determinano i requisiti patrimoniali specifici per ciascuna banca. Sotto il coordinamento dell’Autorità bancaria europea sono in corso prove di stress per valutare la solidità degli intermediari anche in uno scenario economico particolarmente avverso. Seppure in una forma meno rigida di quanto deciso per lo scorso anno, è stata rinnovata fino a settembre la raccomandazione di limitare la distribuzione degli utili. Le politiche di bilancio straordinarie adottate con tempestività dai governi hanno fortemente limitato i danni della recessione. La risposta dell’Unione Europea è stata diversa da quelle, insufficienti, fornite in occasione della crisi finanziaria globale e della successiva crisi dei debiti sovrani. All’inizio dell’emergenza, la sospensione dell’applicazione delle regole del Patto di stabilità e crescita, il temporaneo allentamento delle restrizioni sugli aiuti di Stato e la maggiore flessibilità nell’utilizzo dei
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
fondi di coesione hanno permesso a tutti gli Stati membri di intraprendere politiche espansive di ampia portata. Il sistema produttivo ha affrontato la crisi pandemica in condizioni migliori di quelle prevalenti durante la crisi finanziaria globale. Da allora ha avuto luogo, pur con insufficienze e ritardi, un processo di selezione delle imprese e di riallocazione delle risorse che ha portato all’affermarsi in particolare nell’industria manifatturiera, di aziende più competitive e dalla struttura finanziaria più solida. Le banche rappresentano e continueranno a rappresentare il principale canale di finanziamento per le imprese. Vanno però colte le opportunità, oggi più favorevoli che in passato, offerte dall’ampia liquidità disponibile per gli investitori nel mercato dei capitali, colmando il ritardo rispetto alle imprese delle altre principali economie europee. Dall’inizio del 2020 le emissioni nette di titoli di debito e di azioni quotate effettuate da società italiane sono ammontate a 16 miliardi, contro 101 per quelle francesi e 87 per quelle tedesche. La diversificazione delle fonti di finanziamento trarrebbe beneficio dal completamento dell’unione dei mercati dei capitali, un obiettivo che al momento trova ostacolo sia nella legislazione frammentata tra gli Stati membri in ambiti chiave come il diritto fallimentare, quello societario e la fiscalità, sia nella limitata disponibilità di informazioni comparabili sulle imprese. Lo sviluppo della finanza di mercato in Italia richiede comunque la rimozione di vincoli esterni e interni al sistema produttivo. Rileva in particolare, come noto, la dimensione estremamente ridotta della maggior parte delle nostre aziende, la cui crescita è spesso frenata, oltre che da un ambiente poco favorevole alla loro attività, dalla scarsa diffusione di buone prassi gestionali. Anche se l’Italia può contare su un segmento in crescita di imprese dinamiche e innovative – cui si deve il recupero di competitività sui mercati internazionali nell’ultimo decennio e un contributo importante al ritorno in attivo, dopo 30 anni, della nostra posizione netta sull’estero – persistono gli elementi di fragilità del tessuto produttivo. Il numero di microimprese con livelli di produttività modesti rimane estremamente elevato, mentre si è ridotta la presenza di aziende medio-grandi, che pure hanno un’efficienza comparabile a quella delle maggiori economie a noi vicine. Nei servizi non finanziari le imprese con meno di 10 dipendenti impiegano quasi il 50% degli addetti, il doppio che in Francia e Germania. La specializzazione in attività tradizionali e la piccola dimensione riducono la domanda di lavoro qualificato, generando un circolo vizioso di bassi salari e modeste opportunità di impiego che scoraggiano gli stessi investimenti in istruzione. Nonostante i progressi stimolati anche dalle politiche economiche, la spesa privata in ricerca e sviluppo resta molto più bassa di quella di Francia e Germania, nonché della media dei Paesi avanzati.
Il superamento degli ampi divari nel funzionamento della giustizia civile rispetto agli altri Paesi europei accrescerebbe l’efficienza dell’allocazione delle risorse nel settore produttivo, incentivando anche l’investimento in strumenti finanziari emessi delle imprese. I tempi di recupero dei crediti per via giudiziale sono quasi doppi rispetto alla media dei Paesi dell’Unione Europea. Vi contribuiscono, tra l’altro, la complessità delle procedure, il limitato grado di specializzazione dei giudici e l’incompleta digitalizzazione delle attività. Le forti differenze tra tribunali nella durata dei procedimenti, sulle quali da molti anni richiamiamo l’attenzione, suggeriscono che fattori di natura organizzativa svolgono un ruolo di rilievo. I trasferimenti pubblici alle famiglie hanno raggiunto livelli imponenti nel 2020, con un aumento di oltre 30 miliardi al netto delle pensioni. Questo eccezionale sostegno ha richiesto il forte ampliamento degli ammortizzatori sociali, anche per raggiungere persone non altrimenti coperte. La riduzione del numero degli occupati è stata molto inferiore a quella delle ore lavorate, ma risultata comunque pesante per la caduta delle assunzioni a tempo determinato e la forte flessione della natalità delle imprese. Ne sono stati penalizzati soprattutto i giovani e le donne, la cui presenza è elevata nei comparti dei servizi più colpiti dalla crisi, quali quelli legati al turismo e al tempo libero. La grave recessione generata dalla pandemia ha ridato centralità all’azione dello Stato sia negli interventi di emergenza a favore di famiglie e imprese, sia nel disegno e nell’attuazione di una strategia per la ripresa e il rilancio dello sviluppo. L’ampiezza della risposta alla crisi ha rinnovato il dibattito sul ruolo del settore pubblico nell’economia. È fuorviante la contrapposizione tra Stato e mercato, che sono invece complementari. Un’economia sana ha bisogno di entrambi: di buone regole, servizi pubblici di qualità e interventi in aree in cui i rendimenti sociali sono alti ma l’attività privata è insufficiente, così come di imprese dinamiche e innovative, in grado di valorizzare il lavoro ed essere premiate per la qualità della loro produzione. Questa complementarità non si limita allo Stato e al mercato; abbraccia anche le molte organizzazioni che nel mondo contemporaneo, e sempre più nel nostro Paese, agiscono senza fini di lucro, spesso grazie al lavoro volontario, per il perseguimento del benessere collettivo. Dopo la pandemia deve aprirsi una nuova epoca, un’epoca di cooperazione multilaterale intensa, di riduzione delle ingiustizie diffuse, di creazione di nuove opportunità. Non dovrà mancare la partecipazione, responsabile ed equilibrata, dell’Europa. Per rispondere agli effetti economici e sociali della crisi sanitaria, gravi per tutti i Paesi e per alcuni gravissimi, sono state assunte decisioni coraggiose, introdotti nuovi strumenti comuni di intervento. È questa la vera forza di un’unione; le premesse per uscire con rinnovata energia, insie-
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
me, dalla crisi sono incoraggianti; le aspettative non devono andare deluse. Abbiamo spesso ricordato che per conseguire pienamente i benefici della moneta unica, per evitare passi indietro, non si può che procedere verso un’unione di bilancio, nella prospettiva di una vera unione politica, di diritti e doveri comuni per tutti i cittadini dell’Unione Europea. Bisogna costruire su quanto di buono è stato fatto
durante questa emergenza e su quanto di buono era stato immaginato in precedenza – dopo un’altra emergenza – con le proposte per muovere verso una “genuina unione economica e monetaria”. L’Italia ha la responsabilità di mostrare i vantaggi che possono venirne per tutti i Paesi. Fonte: adattato da Banca d’Italia, Considerazioni finali del Governatore, Relazione annuale 2020, 31 maggio 2021.
natore della Banca d’Italia Ignazio Visco, 31 maggio 2021). In un certo senso si può affermare che la attuale crisi sociale ed economica, indotta da cause esterne (la pandemia) al mondo dell’economia e della finanza, sta mettendo alla prova le critiche rivolte alla finanza da larghi strati della società. Come si vedrà più oltre nel capitolo (Paragrafo 1.10), i temi della sostenibilità e dell’eticità nell’influenzare le scelte anche del mondo della finanza, confermano e rinforzano la percezione di un cambiamento di orientamento deciso del mondo della finanza dopo la GCF, pur permanendo sempre il rischio di utilizzo distorto di mercati e strumenti finanziari. D’altra parte, una visione critica del mondo della finanza non è stata propria, soprattutto dopo la GCF, solo di soggetti avversi ideologicamente al capitalismo finanziario ma anche di coloro che ne sono a tutti gli effetti attori importanti e consapevoli. Considerazioni assai critiche sono state fatte proprie da esponenti delle élite finanziarie, da illustri economisti e banchieri centrali. Di conseguenza, la crisi di fiducia nei confronti del sistema finanziario è stato il punto fondamentale, dal 2007, nell’agenda delle autorità di regolamentazione e di supervisione, dei governi, dei vertici delle società di gestione dei mercati e degli intermediari finanziari. Solo ricostruendo tale fiducia è stato possibile evidenziare i benefici prodotti dal sistema finanziario e così si è potuto sostenere la forza positiva della (buona) finanza, che si è orientata sempre più a valorizzare i profili di sostenibilità ed eticità. La ricostruzione della fiducia è passata attraverso l’intervento su profili tecnici e operativi, su normative e valori presenti nel mondo della finanza, al fine di colmare la “grande divisione” tra addetti ai lavori e società, ampiamente intesa (si vedano le opinioni riportate nell’Approfondimento 1.2). La crisi attuale da pandemia è un banco di prova molto importante per confermare questa maggiore fiducia. Appurata la crisi di fiducia e lo scetticismo diffuso nei confronti del mondo della finanza in seguito alla GCF, ci si può porre almeno quattro grandi ordini di domande, che già erano state indicate nella precedente edizione e che ora vengono riprese, anche alla luce della crisi aperta dalla pandemia Covid-19. ⦁ ⦁ ⦁ ⦁
Quali Quali Quali Quali
sono le possibili interpretazioni della crisi? ne sono le cause e le responsabilità? sono i rimedi e gli sforzi ancora da compiere? sono gli attori rilevanti nella prospettiva di uscita dalla crisi?
Le risposte a tali domande non sono immediate né semplici: molti studiosi e osservatori del sistema finanziario hanno cercato di fornirle in seguito alla GCF, così come ora le affrontano considerando gli effetti della pandemia. Molte risposte fornite nel dibattito pubblico sono spesso superficiali o colgono solo alcuni aspetti, spesso legati a comportamenti fraudolenti e professionalmente scorretti, che sono certamente stati presenti (e, in una certa misura, purtroppo, sem-
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Approfondimento 1.2
Finanza e società In seguito alla Grande Crisi Finanziaria del 2007, sono stati pubblicati migliaia tra articoli, saggi e libri volti a trattare – spesso polemicamente – il ruolo della finanza nella società contemporanea. Qui di seguito offriamo, per la riflessione sul tema: alcuni brani tratti da una relazione tenuta dal Governatore della Banca d’Italia (Ignazio Visco, Economia e finanza dopo la crisi, Accademia Nazionale dei Lincei Roma, 8 marzo 2013, https://www. bancaditalia. it/pubblicazioni/interventi-governatore/integov2013/Visco_Lincei_087 032 013. pdf) e un estratto (nostra traduzione) da una conversazione tenuta da Andrew G. Haldane, Chief Economist della Bank of England (The Great Divide, 18 may 2016, https://www. bankofengland. co. uk/speech/2016/the-great-divide). La (buona) finanza è una forza positiva (I. Visco) La finanza è stata a lungo considerata come un’attività moralmente dubbia. Amartya Sen, nell’intervento tenuto oltre vent’anni fa per la prima Lezione Paolo Baffi di Moneta e Finanza in Banca d’Italia, si chiedeva: “Com’è possibile che un’attività tanto utile sia stata giudicata così dubbia sotto il profilo etico?”. Sen ricordava una serie di episodi della storia antica: Gesù che caccia i mercanti di denaro dal tempio, Solone che cancella i debiti e vieta molte forme di credito nell’antica Grecia, Aristotele che definisce l’interesse come un’innaturale e ingiustificata riproduzione del denaro dal denaro. Sullo sfondo di questa sfiducia “strutturale”, l’atteggiamento del pubblico riguardo alla finanza oscilla a seconda delle condizioni dei sistemi finanziari e dei mutamenti nell’umore politico riguardo all’intervento dello Stato nell’economia. Fino agli anni Settanta si dava per scontato che i fallimenti del mercato richiedessero la presenza e l’azione di un regolatore che permettesse di evitare risultati sub-ottimali. Con la grande inflazione e il forte aumento della disoccupazione degli anni Settanta l’enfasi si spostò, tuttavia, sui fallimenti dello Stato. I governi, le banche centrali e gli altri regolatori vennero accusati di non essere riusciti a evitare tali sviluppi. Ciò finì per provocare un mutamento ideologico, un impulso a ridurre l’entità dell’intervento dello Stato nell’economia. I fallimenti dell’“economia regolamentata”, il ritmo del progresso tecnologico e la rapida espansione del commercio internazionale dopo la fine della Guerra Fredda alimentarono un lungo processo di deregolamentazione finanziaria, interrotto soltanto dalla crisi scoppiata nel 2007. Questa ha a sua volta innescato una tendenza alla ri-regolamentazione, o a una migliore
regolamentazione, tuttora in atto. Il pendolo ancora oscilla e certo continuerà a farlo in futuro. La crisi finanziaria internazionale, e i costi enormi che ha comportato per l’intera società, hanno eroso ulteriormente e profondamente la fiducia nelle istituzioni finanziarie. Ne sono testimonianza le diffuse proteste contro il settore finanziario, dal movimento Occupy Wall Street agli Indignados della Spagna e ai loro omologhi in altri Paesi europei. Il sentimento di rabbia è stato alimentato non soltanto dalla rivelazione di comportamenti scorretti e dall’esistenza di incentivi perversi, ma anche dalla percezione di una certa indulgenza nei confronti dei responsabili, in un contesto di remunerazioni eccezionalmente elevate. L’integrità della condotta degli intermediari finanziari è stata messa in discussione sotto vari aspetti: l’onestà, la capacità di gestire i rischi finanziari e l’impegno a curare gli interessi della propria clientela. A catturare l’attenzione del pubblico sono stati anzitutto i casi di frode in cui, mediante schemi c.d. “di Ponzi” o altri simili, molte persone hanno perso i propri risparmi. Gli animi sono stati esacerbati dalla generosità delle liquidazioni corrisposte ai dirigenti di istituzioni finanziarie in difficoltà salvate con il denaro dei contribuenti. Gli episodi di dubbia correttezza non hanno risparmiato alcuni elementi chiave del sistema finanziario, come i rating creditizi e i tassi di riferimento interbancari, senza contare i casi di presunto coinvolgimento di istituzioni finanziarie in attività collegate al riciclaggio di denaro sporco o in altri illeciti comportamenti. Ciò che più conta, la crisi ha mostrato che gli operatori di mercato non erano in grado di gestire l’intrinseca complessità del sistema che loro stessi avevano contribuito a elaborare negli ultimi due decenni. Favorita dai progressi nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, la cartolarizzazione delle attività delle banche è notevolmente cresciuta, e con essa l’offerta di strumenti finanziari c.d. “strutturati” (ABS, CDO ecc.). Dal tradizionale modello di intermediazione creditizia si è quindi passati – in particolare negli Stati Uniti, ma anche in altri Paesi – a un sistema in cui i prestiti concessi venivano rapidamente trasformati in altri prodotti finanziari garantiti da quegli stessi prestiti, e quindi ceduti sul mercato: il c.d. modello originate-to-distribute (OTD). Con questi sviluppi, all’intrinseca difficoltà di valutare la qualità dei prestiti si è aggiunta quella di comprendere appieno l’effettivo ruolo dei prodotti finanziari strutturati. […] Riassumendo, l’innovazione finanziaria può consentire un’allocazione più efficiente del rischio di credito, ma comporta svariati pericoli, alcuni dei quali sono
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
a essa connaturati, mentre altri sono collegati più in generale alla crescente interdipendenza tra le componenti del sistema finanziario. Il processo di consolidamento finanziario in atto e il modello di intermediazione bancaria OTD hanno dato luogo a una forte interconnessione fra intermediari e mercati dei capitali, con importanti conseguenze per la stabilità finanziaria: una maggiore interconnessione migliora infatti la diversificazione dei rischi e può rendere i mercati più resistenti a shock, ma in caso di problemi favorisce la diffusione del contagio. Ma la percezione negativa delle banche e della finanza non deve portare a una reazione eccessiva e priva di discernimento. Come ricorda Amartya Sen, la finanza “svolge un ruolo importante per la prosperità e il benessere delle nazioni”. È fondamentale per la condivisione e l’allocazione dei rischi, specie per le società e gli individui meno abbienti, poiché l’avversione al rischio diminuisce all’aumentare della ricchezza. È fondamentale per trasferire le risorse nel tempo e rimuovere i vincoli di liquidità che ostacolano lo svolgimento dell’attività economica e la messa a frutto delle idee, per promuovere lo sviluppo, specie favorendo l’innovazione. […] La crisi finanziaria globale ha mostrato i limiti dell’idea che l’autoregolamentazione e la disciplina di mercato siano sufficienti ad assicurare la stabilità dei sistemi finanziari. Regolamentazione e vigilanza devono mantenere il passo con l’evoluzione del settore finanziario. Le autorità nazionali devono essere consapevoli del rischio che i loro poteri divengano limitati rispetto alla sfera di influenza di operatori finanziari globali; il coordinamento della supervisione finanziaria fra Paesi e fra settori rappresenta un presupposto chiave per la stabilità del sistema finanziario internazionale. Ma è ancora più importante che i regolatori e i supervisori siano attenti a mantenere a debita distanza le lobby del settore finanziario. Tutto ciò richiede un impegno straordinario e spiega perché il lavoro svolto a vari livelli nelle competenti sedi internazionali sia così importante. La grande frattura (A. G. Haldane) Nel novembre dell’anno scorso, la Banca d’Inghilterra ha organizzato un Open Forum a cui, per la prima volta nei suoi oltre 300 anni di storia, ha invitato tutti i più importanti portatori di interesse del sistema finanziario: non solo i policymaker, le banche e gli investitori, ma anche i politici, la società civile, le imprese, i rappresentanti regionali, i gruppi religiosi e i media. Insomma, volontariamente una chiesa ampia, un’eclettica congregazione comprendente zeloti religiosi, alti prelati, regolari frequentatori della chiesa, agnostici e atei. La Banca d’Inghilterra ha condotto alcuni sondaggi per comprendere le percezioni del sistema finanziario da parte del pubblico, per esempio chiedendo quale
parola meglio descrivesse il futuro dei mercati finanziari. Tra i contatti usuali della Banca, inclusi quelli del settore finanziario, la parola più citata è stata “regolato”. Molti di noi avevano udito questo messaggio da insider del sistema finanziario, preoccupati dai pericoli di regolatori troppo zelanti. La parola più usata dal pubblico dei consumatori è stata molto differente: “corrotto”. A poca distanza si trovano parole come “manipolato”, “egoistico”, “distruttivo”, “avido”. Prendendo a prestito il titolo di un libro recente del premio Nobel per l’economia Joe Stiglitz, questi risultati mi suggeriscono una Grande Frattura tra le visioni degli insider e degli outsider, tra i produttori e i consumatori dei servizi finanziari, tra la maggioranza silenziosa che compra e la minoranza vociante che vende prodotti finanziari, tra l’autoreferenzialità delle élite e la più ampia società degli elettori. Le élite non considerano quanto lunga sia la strada che il mondo della finanza deve percorrere per riconquistare la propria patente di legittimità sociale. Cosa può essere fatto per colmare questa frattura, per recuperare la fiducia nel sistema finanziario, per cambiare l’identità sociale dell’attività bancaria? Non vi è stato risparmio di inchiostro nel confezionare una risposta alla crisi. In essa è inclusa la risposta regolamentare, attraverso una profonda riforma della vigilanza prudenziale e della protezione dei consumatori. Queste iniziative sono importanti per colmare il deficit di fiducia. Ma se esse sono necessarie, sono anche sufficienti? L’Open Forum organizzato dalla Banca ha suggerito che sarebbe una conclusione ottimistica. Quali altre iniziative potrebbero contribuire a colmare la Grande Frattura? Si potrebbe essere tentati di rispondere che il gap di fiducia possa essere colmato con un pubblico meglio educato. In realtà il gap di percezione dipende dalla mancata comprensione del pubblico da parte degli insider e dalla mancata comprensione della finanza da parte del pubblico. Occorre uno sforzo da entrambe le parti. Ecco quindi come procedere. ⦁ Migliorare l’educazione del pubblico. In sintesi: la finanza è percepita come noiosa e complicata. Bisogna intervenire sulle competenze matematiche di base della popolazione, nel contempo riducendo la complessità tecnica dell’offerta e aumentandone la comparabilità. Inoltre, oltre alle richieste di maggiore trasparenza imposte dalle autorità, occorrono iniziative volontarie da parte del mondo della finanza. La Banca d’Inghilterra sta investendo per supportare interventi educativi con nuovi mezzi (video, cartoni animati, social media). ⦁ Creare lo “scopo” (il senso) nell’attività bancaria. In sintesi: le banche debbono ricreare la fiducia per-
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
sonale con i propri clienti, il modello futuro dell’attività bancaria consiste nel “conoscere il proprio cliente” non per obbligo, ma per scelta di business. La fiducia può essere costruita anche senza il contatto personale, ma anche attraverso la tecnologia, come insegnano le esperienze di piattaforme peerto-peer che fanno incontrare risparmiatori con richiedenti finanziamenti. Inoltre, occorre considerare alternative al modello di governance della public company, orientato al breve termine e alla creazione
https://www.bis.org/publ/ bisbull33.pdf
di valore per l’azionista, anche intervenendo sui meccanismi di remunerazione dei top manager. ⦁ Comunicare lo “scopo”. In sintesi, se è importante ricostruire la fiducia e lo scopo, occorre farlo bene. Per esempio, le relazioni di bilancio sono spesso sempre più lunghe e complesse, con un linguaggio non chiaro. Occorre che le banche esplorino alternative di comunicazione (tipo Open Forum, pubblicazione di report appositi per la clientela, pubblicazione di autovalutazioni della cultura aziendale) da destinare ai clienti.
pre lo saranno). Una trattazione di taglio universitario della disciplina dell’economia degli intermediari finanziari può cercare di fornire riflessioni e qualche risposta, attraverso un graduale processo di apprendimento. Le domande poste ci sembrano importanti per guidare la comprensione profonda e critica delle conoscenze sviluppate nei capitoli succesivi. La crisi può essere interpretata da diversi punti di vista: economici, normativi, culturali. In questo libro si privilegia il primo punto di vista, anche se già da questo primo paragrafo si avverte quanto gli altri due punti siano estremamente rilevanti. Ciò non deve stupire: qualsiasi attività umana in campo economico può essere regolata (e coordinata con altre) sia attraverso norme di legge e regolamenti generali o specifici di singole realtà aziendali e associative (si pensi ai codici di comportamento) sia mediante norme culturali o valori (spesso formalizzati in codici etici). Anche per il sistema finanziario, leggi e valori sono le basi di un funzionamento efficace ed equo per i diversi attori e portatori di interesse. La crisi da pandemia ha rafforzato la percezione diffusa dell’utilità congiunta di norme e valori, essendo tale crisi di origine esogena – e quindi non limitata al mondo della finanza – e avendo avuto una portata globale e recessiva sull’economia del pianeta, pur con impatti diversi tra i diversi Paesi e tra i diversi settori (per un interessante studio al riguardo si veda il bollettino n. 33 della Banca dei Regolamenti Internazionali del 2 dicembre del 2020). Il mondo della finanza (pubblica e privata) ha visto governi, autorità, mercati e intermediari impegnati in uno sforzo comune per sostenere con misure di diversa natura (provvedimenti fiscali agevolativi, sussidi, moratorie, revisione dei processi operativi degli intermediari) gli operatori – famiglie e imprese, pubbliche amministrazioni – tutti con varia intensità colpiti dalle conseguenze economiche della pandemia sul reddito prodotto e sulla ricchezza posseduta. Tale sforzo ha comportato interventi normativi, ma anche il richiamo a indispensabili valori di solidarietà e collaborazione tra persone, organizzazioni, istituzioni. La GCF, che ha attraversato i Paesi avanzati, e in particolare Stati Uniti, Europa e Giappone, ha avuto cronologie e manifestazioni caratterizzanti diversi da Paese a Paese. In linea generale si possono svolgere alcune considerazioni interpretative, anticipando quanto riportato in seguito in questo capitolo e in altre parti del libro. La crisi si è manifestata inizialmente come finanziaria, legata in particolare all’eccessivo indebitamento privato (famiglie e imprese) e all’esposizione in strumenti derivati collegati al credito (in particolare CDOs – Collateralised Debt Obligations) degli intermediari finanziari. Assicurarsi la crescita con il debito è legittimo, ma trova limiti ovvi nella misura dell’indebitamento e nella capacità di rimborso dei soggetti che a esso fanno ricorso. La crescita del peso del sistema finanziario sul complessivo sistema economico è aumentata quasi del doppio dagli anni Ottanta rispetto a quanto avvenuto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale agli anni Ot-
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
tanta. Ciò si è manifestato soprattutto nei Paesi anglosassoni (Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada) e in Paesi come la Svizzera dove il sistema finanziario riveste un ruolo centrale nell’economia, ma in tutti i Paesi la tendenza è stata di forte crescita. Il disallineamento tra crescita reale e crescita finanziaria ha messo in dubbio i benefici apportati dalla crescita dimensionale del sistema finanziario, nelle sue componenti di intermediari (Capitolo 7), strumenti e mercati (Capitoli 4 e 6): in estrema sintesi, la grande disponibilità di liquidità, in particolare nei quindici anni precedenti la crisi, e la crescita delle attività finanziarie (in particolare quelle negoziate sui mercati dai trader e dagli asset manager) e del credito (soprattutto alle famiglie per l’acquisto di immobili a uso abitativo) ha finito per distribuire in modo sbilanciato costi e benefici. I benefici – almeno sino allo scoppio della crisi – sembravano equamente distribuiti tra intermediari, investitori in attività finanziarie e soggetti indebitati, ma una non corretta – e spesso fraudolenta – valutazione dei rischi fronteggiati (Capitoli 2 e 3) ha provocato – caso tipico di tutte le crisi finanziarie della storia – lo scoppio delle bolle finanziarie createsi. A crisi conclamata, è apparsa chiara la situazione: i benefici erano andati a pochi (ad alcuni attori del sistema finanziario, in particolare nel settore bancario tradizionale e dell’asset management; alla porzione della popolazione più ricca dal punto di vista dei patrimoni e dei redditi), i costi alle fasce più deboli della popolazione e in genere ai contribuenti e ai governi dei Paesi i cui intermediari erano stati più coinvolti dalla crisi. In tal senso la crisi finanziaria ha contribuito a rafforzare le ineguaglianze economiche e sociali nelle società dei Paesi avanzati ed è poi sfociata in una crisi dei debiti sovrani, cioè degli Stati, molti dei quali non coinvolti in modo diretto nella crisi finanziaria: si pensi, in Europa, alla Grecia, al Portogallo e alla stessa Italia. Le ragioni di questa crisi sono in parte diverse rispetto a quelle sottostanti alla crisi finanziaria, riguardando il modo in cui è stata gestita la finanza pubblica, sia per gli aspetti di spesa e investimento sia per quelli di natura fiscale. Il nesso tra le due crisi è giustificato dalla necessità dei governi di soccorrere gli intermediari in crisi, fatto che è avvenuto con tempi, modalità e intensità diversi nei vari Paesi, e che almeno in Europa ha condotto a profonde riforme (Capitolo 11). Il nesso coinvolge inoltre le relazioni tra obiettivi e strumenti della politica monetaria e obiettivi e strumenti della politica economica in generale, tra stabilità del sistema finanziario, crescita e occupazione (Capitolo 12). In particolare in Europa, l’orientamento delle politiche sociali al bene comune e il loro mantenimento (il c.d. welfare) appare sempre più difficilmente sostenibile, specie in una fase ormai lunga di stagnazione e recessione produttiva: la crisi costringe a trovare nuove soluzioni nelle politiche pubbliche e negli approcci della regolamentazione e della vigilanza sul sistema finanziario (Capitoli 10 e 11), spinge intermediari, imprese, comunità e individui ad assumere nuovi comportamenti rispetto al passato, improntati a maggiore rigore, trasparenza ed efficienza (Capitoli 7, 9 e 10). In sintesi, la GCF – nelle sue diverse manifestazioni – ha rappresentato un momento di passaggio fondamentale del sistema dei valori e dei conseguenti comportamenti di tutti gli attori del sistema finanziario. Questo cambiamento non sempre è avvenuto in modo convergente da parte di tutti gli attori (intermediari finanziari, imprese, famiglie, autorità, governi), ma la nuova crisi da pandemia ha evidenziato la necessità di uno sforzo di maggiore cooperazione rispetto al passato. La crisi da pandemia in molti Paesi si è infatti innestata su situazioni socio-economiche critiche, spesso legate ancora alle conseguenze negative non risolte della GCF. La nuova crisi da pandemia ha quindi reso ancor più necessaria la cooperazione sia tra Paesi (si pensi all’Unione Europea e alla “grande divisione” tra addetti ai lavori e società, ampiamente intesa ai rapporti interni ed esterni a essa), sia tra i diversi portatori di interessi. Un forte impegno degli Stati e della finanza pubblica (con l’allentamento
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
temporaneo delle regole di stabilità) da un lato, il forte sostegno delle banche centrali (in particolare in Europa della BCE) nel sostenere la liquidità presente nel sistema economico, il ruolo sempre centrale di intermediari e mercati finanziari possono insieme favorire l’uscita dalla recessione globale indotta dalla pandemia. Occorre precisare che queste forme di cooperazione e di misure di politica economica e monetaria indotte dalla straordinarietà della crisi devono essere interpretate come temporanee. La cooperazione tra gli attori, soprattutto nell’ambito del sistema finanziario europeo, devono mirare comunque nel medio termine, oltre a favorire ripresa economica e occupazione, a controllare con attenzione possibili rischi inflazionistici e a continuare a porre attenzione alla relazione reciproca tra possibili crisi finanziarie e bancarie e crisi della finanza pubblica, soprattutto nei Paesi più esposti come l’Italia, e quindi spezzare il circolo vizioso di retroazione nel quale i rischi finanziari e il rischio sovrano si amplificano vicendevolmente. Se si accettano queste interpretazioni della GCF, pur con dinamiche diverse nei vari Paesi e aree economiche, appare chiaro che cause e responsabilità sono molteplici. La narrazione prevalente ha puntato il dito da un lato sugli effetti perversi dell’utilizzo speculativo degli strumenti derivati, dall’altro sugli ingenti debiti sovrani di molti Stati e sulle risposte di politica economica sin qui inefficaci. Il mondo della finanza appare in buona compagnia sul banco degli imputati, primariamente insieme a quello della politica e della rappresentanza delle istanze dei diversi portatori di interesse, anche se spesso tale mondo ha finito per essere considerato l’origine di tutti i mali dell’economia mondiale. Quali sono le principali imputazioni? In primo luogo, non aver svolto il ruolo attribuito storicamente alla finanza, agli intermediari e ai mercati finanziari, cioè di non aver sostenuto adeguatamente lo sviluppo economico. Molti sostengono che la vista corta e l’avidità dei banchieri, dei trader e degli azionisti hanno trasformato l’attività della finanza in qualcosa di più vicino al gioco d’azzardo (da qui l’etichetta di Casino Banking) piuttosto che alla corretta allocazione delle risorse finanziarie a sostegno dei migliori investimenti, e quindi dello sviluppo di lungo periodo e del benessere della società. Si osservi che considerazioni di ordine culturale ed etico sono al centro di questa valutazione. Certamente queste considerazioni sono valide ma a esse possiamo affiancarne altre, che individuano fattori che hanno agevolato questi comportamenti. Tra essi rientrano fattori interni al sistema finanziario, tra cui: la deregolamentazione dei mercati e delle attività di intermediazione; lo sviluppo di sistemi di trading e di strumenti finanziari che hanno agevolato comportamenti fortemente speculativi e di conseguenza l’elevata volatilità di tassi e prezzi delle attività finanziarie; la carente e a volte fraudolenta selezione del merito di credito delle imprese; la carente educazione finanziaria di molte persone a fronte della maggiore complessità dei prodotti di investimento; i sistemi di governance, di controllo interno e di remunerazione del personale degli intermediari che non sono riusciti a impedire frodi e altri eventi che hanno aumentato le conseguenze negative dei rischi operativi, legali e reputazionali fronteggiati dagli stessi intermediari; la collusione tra sistemi politici e intermediari, attraverso perverse attività di lobbying. A essi si sono aggiunti fattori di contesto, legati alla lunga fase di stagnazione e recessione dell’economia, tra cui in particolare: la debolezza economica, finanziaria e patrimoniale di molte piccole e medie imprese, spesso dovuta a chiare carenze manageriali; responsabilità dei governi per politiche degli investimenti – soprattutto infrastrutturali – estremamente deboli, politiche economiche spesso incerte e politiche di bilancio estremamente restrittive come risposta a tendenze pluridecennali al sovraindebitamento pubblico; responsabilità delle autorità per politiche monetarie – soprattutto in Europa – che hanno reagito con un certo ritardo alla crisi di liquidità conseguente alla crisi finanziaria, e per politiche di vigilanza non sempre adeguata-
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
mente attente a quanto accadeva sui mercati e negli intermediari. In sintesi, cause e responsabilità, come spesso accade nella storia, sono suddivise tra i pochi che hanno agito con dolo (gli speculatori seriali, i frodatori e tutti coloro che hanno messo in atto comportamenti di moral hazard e hanno sfruttato le asimmetrie informative e l’incertezza esistenti negli scambi finanziari – Capitolo 2) e i molti che hanno colpevolmente assistito all’instaurarsi delle cause della crisi, senza segnalarle in anticipo e intervenendo tardivamente. Nel caso della crisi da pandemia, è apparso subito chiaro che, essendo esterne al sistema finanziario le cause della crisi stessa, gli attori principali della risposta alla crisi, in termini di previsioni degli impatti attesi e di interventi a sostegno dell’economia, sono state le istituzioni pubbliche, i governi e le autorità, che hanno fornito supporto a tutti gli operatori economici (famiglie, imprese, pubbliche amministrazioni), favorendo la ripresa dei mercati finanziari e il contributo degli intermediari finanziari all’allocazione delle risorse finanziarie per la ripresa dalla recessione. In sintesi, si può affermare che la GCF, con le sue cause e responsabilità e con gli interventi attuati per uscirne, ha riconfermato la centralità del sistema finanziario per la società e l’economia nel suo insieme. Esso infatti ha continuato a svolgere le funzioni primarie di sostegno della crescita socio-economica e di condivisione equa dei rischi legati alle attività economiche, senza le quali la società non può svilupparsi democraticamente. In assenza di un sistema finanziario che adempia tali funzioni, esse vengono svolte comunque, in modo arbitrario, senza il rispetto di sani criteri di allocazione delle risorse finanziarie (in forza di legami clientelari e lobbistici) e in modo illegale (si pensi all’usura e al riciclaggio di denaro proveniente da attività illegali). La crisi pandemica ha rafforzato la comprensione diffusa dell’utilità del sistema finanziario, e della necessità di una sua guida verso obiettivi socialmente ed economicamente utili e sostenibili. Tale guida è sempre più pubblica, rappresentata dalle decisioni dei governi, delle banche centrali e delle autorità di controllo, e funge da stimolo alla consapevolezza e all’azione dei molteplici attori economici. Per esempio, i temi della sostenibilità sociale e ambientale (Paragrafo 1.10) che sono oggi al centro dell’attenzione di governi e autorità monetarie e di controllo, orientano e rinforzano gli orientamenti allocativi coerenti con essi degli intermediari e dei mercati finanziari, e il comportamento finanziario delle famiglie e delle imprese. Gli attori rilevanti per uscire dalla GCF e anche dalla crisi da pandemia, e per affermare il funzionamento socialmente e ambientalmente sostenibile del mondo della finanza sono molteplici: essi sono tradizionalmente suddivisi in categorie, alcune delle quali sono più volte menzionati in questo libro (mercati, intermediari, autorità, governi, consumatori). Essi in realtà sono molti di più, come ci ricorda Robert J. Shiller, economista e premio Nobel per l’economia nel 2013 (Approfondimento 1.3). Troppo spesso, trattando del sistema finanziario, si astrae dalle persone che in esso operano quotidianamente, o che in vario modo trattano di esso, con diversi ruoli e responsabilità. Tra loro possiamo certamente includere i docenti universitari che si occupano di sistema finanziario. Il loro contributo, nella ricerca e nell’insegnamento, oltre che nella testimonianza educativa fuori dai luoghi strettamente accademici, è importante, non solo da un punto di vista tecnico. Molto si è scritto (anche da parte dello stesso Shiller), con riferimento alla GCF, sul contributo, non sempre positivo, delle teorie e degli strumenti della finanza insegnati nelle aule di prestigiose università, soprattutto negli Stati Uniti, mettendo in dubbio che la finanza renda benefici alla società. La crisi da pandemia amplifica ancor di più il ruolo positivo che essi possono svolgere come educatori, sotto il profilo tecnico e dei valori, attraverso la redazione di un libro come questo e attraverso iniziative pubbliche nel campo dell’educazione
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APPROFONDIMENTO La finanza è positiva per la società?
APPROFONDIMENTO ADEIMF e l’educazione finanziaria
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Approfondimento 1.3
Ruoli e responsabilità nel sistema finanziario, per una società giusta Nel 2012 l’economista Robert J. Shiller, uno dei pionieri della finanza comportamentale, pubblica un libro dal titolo Finance and the Good Society (Princeton University Press), che nello stesso anno è tradotto e pubblicato in italiano come Finanza e Società Giusta (Il Mulino). Shiller ha vinto nel 2013 il premio Nobel per l’economia per i suoi studi sui prezzi delle attività finanziarie, che evidenziano il peso di fattori psicologici sull’andamento dei mercati. Egli è stato uno dei pochi economisti a prevedere (nel 2005) le bolle speculative legate agli immobili negli Stati Uniti, e a evidenziare l’“esuberanza irrazionale” presente sui mercati, sin dal 2000, con riferimento al mondo delle aziende nate sul web a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio di quello attuale. Nella prefazione al libro, egli afferma: “Ho cominciato a scrivere questo volume per gli studenti del corso di finanza che ho tenuto per venticinque anni nell’Università di Yale. Molti di questi giovani, credo, non immaginano ancora quale sarà il loro posto nel mondo, e si chiedono in che modo i loro sogni e i loro obiettivi si scontreranno con la dura realtà. Scrivendo queste pagine, volevo aiutarli a comprendere il moderno sistema del capitalismo finanziario, il sistema in cui dovranno vivere, ora e nei prossimi decenni, indipendentemente dalla carriera che decideranno di intraprendere”. E poco oltre: “Dal momento in cui ho cominciato a lavorarci, però, il volume ha acquistato uno scopo più importante e impellente, e non solo per gli studenti. Il mondo in cui tutti noi viviamo è quello del capitalismo finanziario – un sistema economico che è sempre più guidato dalle istituzioni finanziarie e che, alla luce della grave crisi finanziaria cominciata nel 2007, a molti sembra non funzionare. Tutti noi dobbiamo valutare se questa società sta almeno andando nella direzione giusta, sia ora sia nel futuro in cui vivranno i nostri figli”. Shiller sostiene in sintesi la centralità e la funzionalità della finanza nel soddisfare gli obiettivi di molteplici attori. “A livello più generale la finanza è la scienza dell’architettura degli obiettivi – strutturare gli accordi economici necessari per raggiungere un insieme di obiettivi e, a tal fine, gestire correttamente il capitale e le attività finanziarie necessarie”. Al di là del giudizio che ognuno di noi può dare delle tesi sostenute nel libro, ci sembra assai interessante la sua struttura. Esso è diviso in due parti: la prima s’intitola “Ruoli e responsabilità”, la seconda “Il disagio della finanza”. La seconda parte tratta, guardan-
do al futuro, dei problemi derivanti dalla crisi finanziaria e descritti nel Paragrafo 1.1 e nell’Approfondimento 1.2. Qui ci si limita a tratteggiare il profilo della prima parte. Nell’introdurla egli scrive: “Questa parte considera i ruoli e le responsabilità che le persone si assumono nel campo della finanza, dalle banche d’investimento agli avvocati, ai regolatori e ai docenti. Esamina i vari organi del corpo del capitalismo finanziario – organi che funzionano congiuntamente per produrre un’entità economica vivente, organi che prendono la forma di gruppi di persone tra loro connessi nelle organizzazioni, con particolari tradizioni e modi di operare. Vi è una spiacevole tendenza a parlare del sistema finanziario in astratto, come se si trattasse solo di azioni e obbligazioni, o di equazioni matematiche. Ma il motore del capitalismo finanziario sono uomini e donne reali, che incarnano determinati personaggi nella nostra società e fanno degli obiettivi intrinseci in questi ruoli i propri obiettivi personali e delle responsabilità connaturate a questi ruoli le proprie responsabilità personali. Ciascuno di questi ruoli ha il proprio codice etico e la propria condotta professionale; dipende da chi li svolge tenere fede a tali codici”. Shiller nella prima parte tratta nell’ordine i seguenti ruoli e le relative responsabilità, individuando come migliorarli, e come l’innovazione finanziaria li modificherà e renderà più efficaci le persone che li assumono: gli amministratori delegati (i Chief Executive Officer, CEO), i gestori di investimenti, i banchieri, i banchieri di investimento, chi concede mutui e chi li cartolarizza, i trader e i market maker, gli assicuratori, i market designer e gli ingegneri finanziari, i fornitori di derivati, gli avvocati e i consulenti finanziari, i lobbisti, i regolatori, i contabili e i revisori dei conti, i docenti, i finanzieri pubblici, i policy maker incaricati di stabilizzare l’economia, gli amministratori fiduciari e i manager del settore no-profit, i filantropi. Nel presente volume si troveranno molteplici riferimenti agli attori citati da Shiller, pur con denominazioni a volte leggermente differenti; non si deve dimenticare che dietro mercati, strumenti, intermediari, regole, procedure, attività vi sono persone. Si esorta a trovarne traccia nelle informazioni quotidiane, in altri libri, nei media, nella realtà vissuta: comprenderne e valutarne ruoli e responsabilità aiuta a essere non solo bravi studenti, ma anche, domani, ad assumere alcuni di questi ruoli e le relative responsabilità, e comunque a essere cittadini responsabili del sistema finanziario e di una società giusta.
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
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finanziaria (si veda il Paragrafo 1.6), come quelle intraprese dall’Associazione dei Docenti di Economia degli Intermediari e dei Mercati Finanziari e Finanza d’Impresa (ADEIMF).
1.2 ⦁ I concetti introduttivi: il sistema reale e il sistema
finanziario Dopo aver chiarito alcune prospettive generali e rilevanti su cosa significa la finanza per la società contemporanea, anche alla luce delle crisi che hanno caratterizzato gli ultimi quindici anni dell’economia mondiale, nel seguito l’attività di intermediazione svolta dal sistema finanziario viene inquadrata nel contesto più allargato dell’economia reale per meglio individuarne le diverse funzioni svolte e i diversi bisogni soddisfatti. Il sistema economico è un insieme di soggetti, strumenti, attività e regole strettamente interrelati tra loro per la produzione, lo scambio e il consumo di beni e servizi nel tempo e nello spazio. Le principali categorie nelle quali tutti i soggetti vengono classificati sono: le famiglie, le imprese, le autorità di governo politico ed economico e la Pubblica Amministrazione (PA). Le famiglie prestano un’attività lavorativa e gestiscono il proprio patrimonio al fine di ottenere salari e altri redditi da destinare all’acquisto di beni e servizi; le imprese attuano investimenti e, utilizzando beni reali e forza lavoro, generano il profitto percepito dagli imprenditori. Le autorità di governo politico ed economico (l’insieme costituito da organi di governo politico, dalle autorità monetarie e di controllo sul sistema finanziario, ma ove ogni autorità ha propri compiti specifici e autonomie) hanno un duplice ruolo: quali produttrici di beni e servizi pubblici, stabiliscono imposte e tasse (gettito fiscale) per finanziare la spesa pubblica corrente e per investimenti, e influenzano le scelte di politica economica; quali regolatrici del mercato, emanano le norme di funzionamento dei mercati e degli intermediari finanziari e gestiscono la quantità di moneta in circolazione per far sì che sia garantita l’adeguata liquidità che consente lo svolgimento del complesso degli scambi, senza conseguenze negative (si pensi, per esempio, a un elevato tasso di inflazione) per le diverse parti del sistema economico. La elevata connessione dell’economia mondiale (la c.d. globalizzazione) fa sì che le autorità di governo politico ed economico siano presenti sia a livello nazionale, sia a livello sovranazionale. Ciò genera la necessità di un forte coordinamento tra i due livelli, come accade da tempo a livello europeo, nell’impostazione delle strategie in campo sociale ed economico e nello svolgimento delle attività di regolamentazione e controllo. Su temi di rilevanza globale (si pensi alla sostenibilità sociale e ambientale, alla stabilità dei sistemi finanziari) la collaborazione si svolge a livello internazionale, con importanti interrelazioni tra il livello nazionale, quello sovranazionale all’interno di aree definite (si pensi all’Europa) e quello globale tra aree sovranazionali e Paesi dominanti sullo scenario mondiale. All’interno del sistema economico, dunque, da un lato si scambiano beni, servizi e forza lavoro, dando luogo al circuito (o mercato o sistema) reale; dall’altro, in contropartita, si trasferisce la moneta o, in sua sostituzione, altri mezzi di pagamento o strumenti finanziari (titoli rappresentativi di crediti e debiti), la cui complessiva gestione dà luogo al circuito finanziario. Circuito reale e circuito finanziario sono legati da un rapporto di interdipendenza in quanto generati (al di fuori del baratto) da qualunque tipologia di scambio che sempre prevede, da un lato, il trasferimento del bene o la produzione del servizio (aspetto reale) e, dall’altro, la corresponsione del relativo prezzo (aspetto finanziario); ne deriva che i rispettivi movimenti si influenzano reciprocamente e soltanto il loro contemporaneo equilibrio consente di raggiungere, in un dato istante, quello complessivo.
Circuito reale: mercato di scambio di beni, servizi e forza lavoro. Circuito finanziario: mercato di trasferimento di moneta, altri mezzi di pagamento o strumenti finanziari.
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
La struttura finanziaria dell’economia individua l’insieme dei circuiti diretti (mercati) e indiretti (intermediazione finanziaria) attraverso i quali avviene il trasferimento delle risorse connesse al sistema dei pagamenti e al finanziamento degli investimenti, in funzione delle preferenze e del comportamento degli agenti economici (famiglie, imprese, settore pubblico). Il sistema finanziario, ossia la “sovrastruttura finanziaria dell’economia” costituisce l’ambito attraverso il quale si svolge l’attività di intermediazione, cioè la produzione e l’offerta di mezzi di pagamento e di servizi e strumenti finanziari. Il processo di trasferimento delle risorse è necessario in quanto nel sistema economico si registra la contemporanea presenza di: ⦁ soggetti in avanzo finanziario (surplus), disposti a scambiare potere d’acquisto (consumo) attuale contro potere d’acquisto (consumo) futuro solo in presenza di un vantaggio economico adeguato a un accettabile livello di rischio; ⦁ soggetti in disavanzo finanziario (deficit), che non riescono in autonomia a finanziare gli investimenti programmati e sono costretti a colmare il fabbisogno aggiuntivo rispetto alle effettive disponibilità mediante il reperimento di risorse esterne, purché il loro costo sia inferiore al rendimento atteso dagli investimenti. Pertanto, il sistema finanziario – attraverso il comportamento e le decisioni di tutte le sue componenti – influenza, in termini sia quantitativi (valore assoluto) sia qualitativi (composizione e sue modifiche nel corso del tempo): ⦁ le decisioni di distribuzione del reddito fra consumo e risparmio, ossia il volume dell’accumulazione; ⦁ le decisioni di investimento delle unità con saldo finanziario positivo (in avanzo); ⦁ le decisioni di finanziamento delle unità con saldo finanziario negativo (in disavanzo). I soggetti in surplus e quelli in deficit devono essere messi in condizione di trasferire risorse all’interno del sistema economico, in modo che ciascuno consegua una posizione di equilibrio. Affinché tale trasferimento avvenga, è necessario che vi sia un certo grado di finanziarizzazione dell’economia ( financial deepening). Per agevolare gli scambi finanziari occorre generare strumenti finanziari, ossia contratti che rappresentano per il detentore forme di investimento finanziario e per l’utilizzatore forme di raccolta di risorse finanziarie. Tutto ciò deve svolgersi in condizioni di efficienza allocativa, poiché le forme e i circuiti di trasferimento devono permettere l’identificazione degli impieghi più redditizi per ogni dato livello di rischio (Capitolo 3). Per realizzare in modo efficiente il trasferimento di risorse, il sistema finanziario deve: ⦁ consentire ai datori di fondi lo smobilizzo degli strumenti finanziari acquistati anche prima della loro naturale scadenza, attraverso la predisposizione degli opportuni meccanismi di liquidità, negoziabilità e standardizzazione degli strumenti, nonché attraverso l’esistenza di mercati organizzati ove realizzare gli scambi; ⦁ svolgere un’attività di diversificazione e riduzione (trasformazione) del rischio a vantaggio dei datori di fondi (diversificazione per emittenti e tipologia degli strumenti finanziari, ossia risk sharing), rendendo le loro preferenze (per rischio e scadenza) compatibili con quelle dei prenditori di fondi (emittenti); ⦁ elaborare e diffondere con continuità informazioni la cui disponibilità consenta una corretta gestione del rischio in termini sia di selezione ex ante sia di monitoraggio ex post degli investimenti, amplifichi la funzione segnaletica (“segnali di convenien-
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
za”) dei prezzi degli strumenti quotati e permetta, attraverso la messa a punto di contratti standard su strumenti finanziari, di ampliare la gamma di rapporti. Le relazioni di lungo periodo tra sviluppo dell’economia reale e sovrastruttura finanziaria sono state oggetto di numerosi studi i quali hanno evidenziato che da un lato molteplici indicatori finanziari sono significativamente correlati alla crescita economica, dall’altro rilevanti modifiche nella struttura del sistema economico producono cambiamenti nel sistema finanziario, così come variazioni nei flussi e nella distribuzione del reddito influenzano entità e forme del risparmio che, a loro volta, incidono sul processo di accumulazione del capitale. L’analisi di tale rapporto reciproco non ha chiarito con certezza il nesso di causa-effetto. Infatti, c’è chi ritiene che le trasformazioni del sistema finanziario abbiano la tendenza a seguire, con un certo ritardo temporale, l’evoluzione delle variabili reali; secondo altri, invece, eventuali ritardi nello sviluppo reale possono essere imputati al ruolo del sistema creditizio che dovrebbe assumere un comportamento attivo di sostegno e di incentivazione del processo di accumulazione e di crescita dell’economia. Una non corretta lettura del rapporto sistema finanziario-sistema reale comporta il rischio di presentare, ed esaltare, un ruolo della finanza difforme da quello che sarebbe utile ai fini di un efficiente funzionamento del complesso meccanismo dello sviluppo e della crescita economica. Tale rischio si è concretamente manifestato nell’analisi della recente evoluzione dei moderni sistemi economici: in effetti, il volume degli strumenti emessi e negoziati, la tipologia dei servizi offerti e le quantità intermediate dagli operatori mostrano valori costantemente in aumento, spesso non correlati (slegati) rispetto alla crescita e all’evoluzione del sistema reale, a scapito dell’importanza e del peso della produzione di beni e servizi. Questo fenomeno, definito di finanziarizzazione dell’economia, dipende dalla necessità di soddisfare le sempre più complesse e diversificate esigenze degli operatori economici, ma induce soggetti tradizionalmente operanti nell’economia reale a trasferire una quota significativa delle risorse a propria disposizione per effettuare non investimenti produttivi, bensì impieghi di natura puramente finanziaria con effetti negativi sull’accumulazione di capitale. Il peso delle attività finanziarie delle banche è cresciuto rispetto al valore dell’economia reale a partire dall’inizio del secolo. Ancora maggiore è stata la crescita delle attività finanziarie (azioni, obbligazioni, derivati) negoziate sui mercati. Questa crescita non ha sempre rappresentato un beneficio per l’economia reale e la società. Anzi, come ha dimostrato con grande evidenza la crisi finanziaria scoppiata nel 2007 negli USA e poi propagatasi nel mondo, la crescente dimensione del sistema finanziario, più che apportare valore all’economia reale, ha estratto rendite a beneficio di alcuni protagonisti del sistema finanziario. Ciò è avvenuto attraverso la creazione delle c.d. bolle finanziarie e la forte crescita dei ricavi di cui hanno beneficiato banche, operatori dell’asset management, assicurazioni, nel corso degli ultimi vent’anni (precedenti la crisi) nei Paesi più sviluppati. La crisi finanziaria ha confermato che la finanziarizzazione dell’economia comporta benefici e costi. Inoltre, la crescita abnorme delle attività finanziarie, rispetto al valore della produzione dell’economia reale (approssimata dal PIL), ha favorito un forte squilibrio nella distribuzione della ricchezza. Ciò ha generato, in molti Paesi, difficoltà crescenti nelle politiche economiche e nelle scelte degli operatori finalizzate all’uscita dalla lunga fase recessiva dell’economia.
1.3 ⦁ I cicli economici Un particolare profilo di analisi dell’evoluzione strutturale e congiunturale del circuito reale (ma in parte anche del circuito finanziario) riguarda l’interpretazione dei
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
PIL (Prodotto Interno Lordo ai prezzi di mercato): corrisponde alla produzione totale di beni e servizi dell’economia, diminuita dei consumi intermedi e aumentata dell’IVA e delle imposte indirette sulle importazioni.
cicli economici, i quali costituiscono una caratteristica ineliminabile dei sistemi economici e trovano il loro fondamento logico nella dinamicità di questi ultimi. In effetti l’equilibrio di un sistema non è statico, bensì dipende dalla continua contrapposizione (sequenza) di situazioni di disequilibrio in movimento, la quale genera (dovrebbe generare) una condizione mediana di stabilità: empiricamente si osserva che la produzione di beni e servizi (approssimata dalla misura del Prodotto Interno Lordo, PIL) di un Paese durante un determinato lasso di tempo fluttua intorno a una tendenza di fondo, con fasi di crescita che si alternano, in modo ripetitivo, a fasi di contrazione. La letteratura teorica ed empirica sull’analisi dei cicli economici è sterminata: essa riguarda la misurazione e la lettura delle oscillazioni che caratterizzano lo sviluppo dei sistemi economici, negli aspetti reali e finanziari, ed è fortemente caratterizzata dalle diverse visioni del mondo assunte dagli economisti. Qui ci si limita a una illustrazione della rilevanza dei cicli economici nell’influenzare le relazioni tra sistema reale e sistema finanziario. I cicli economici rappresentano fluttuazioni che caratterizzano l’intero sistema; pertanto, ciascuno di essi si articola in fasi generali di espansione seguite da fasi di recessione e contrazione ugualmente diffuse e, poi, da riprese che confluiscono nella fase di espansione del ciclo successivo. Poiché si tratta di una sequenza di mutamenti ricorrente ma non periodica, i cicli economici principali hanno durata variabile – da poco più di un anno a dieci/dodici anni – e sono a loro volta divisibili in fasi più brevi di eguale carattere e con ampiezza che si approssima alla loro media; inoltre, l’andamento del ciclo incide in misura non omogenea su comparti e settori produttivi i quali, reagendo, per le loro caratteristiche, in tempi e modi diversi al trend generale dell’economia, sono definiti ciclici, anticiclici, prociclici. I comportamenti degli operatori, nei diversi settori produttivi, possono essere influenzati da misure di regolamentazione (Capitolo 11) che tendono ad amplificare gli effetti positivi e negativi del ciclo economico e per questo tali misure vengono dette procicliche. Negli ultimi anni le autorità di regolamentazione hanno cercato di attenuare tali effetti prociclici, in particolare con riferimento alla domanda di credito e ad altre variabili dell’economia reale. Poiché nel corso del tempo si susseguono molteplici cicli di durate differenti che esercitano effetti di varia natura e intensità, ogni congiuntura presenta caratteristiche peculiari e, conseguentemente, l’applicazione di misure e interventi già attuati in precedenza non è in grado di assicurare l’ottenimento dei medesimi risultati. All’interno di un ciclo è possibile individuare: ⦁ una tendenza di fondo (trend) che coglie l’andamento di lungo periodo. Generalmente, nelle economie avanzate e negli ultimi secoli, il trend registra una costante crescita, sia pure con inclinazioni via via decrescenti in ragione evidente del progressivo sviluppo; difficilmente esso ha un orientamento rettilineo, assumendo più spesso un andamento sinusoidale con frequenti inversioni per effetto dell’intersecarsi di cicli brevi più positivi o più negativi rispetto al trend stesso; ⦁ una componente ciclica (“congiuntura”) caratterizzata da frequenti oscillazioni dovute al susseguirsi di periodi di crescita e di flessione il cui andamento è influenzato dal trend; per tale ragione la congiuntura può, anche nelle fasi di flessione, presentare valori assoluti in aumento (ma cedenti in termini di variazioni), mentre in un trend piatto o lievemente crescente i valori assoluti possono anche diminuire; ⦁ una componente stagionale che si sovrappone a quella ciclica e che deriva dall’applicazione sistematica di strumenti di misurazione non corretti per l’influenza di fattori esogeni (la stagionalità, appunto); basti pensare al diverso numero di giorni lavorativi in ciascun mese dell’anno, all’impatto di festività o periodi di
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
chiusura stagionale o alla diversa pressione della domanda di un bene o un servizio nelle diverse stagioni; ⦁ una componente accidentale che individua movimenti imprevedibili, non ciclici e puramente occasionali che influenzano fattori stagionali, ciclici e di trend; tali movimenti sono sempre più frequenti con un impatto difficilmente prevedibile. Sulla base di questa classificazione, comunemente accettata, si delineano alcune fasi tipiche del ciclo (Figura 1.1): ⦁ recessione, tecnicamente individuata quando vi sono almeno due trimestri consecutivi di crescita negativa (graficamente parte dal punto di flesso che intercetta il trend di fondo e prosegue fino al minimo del ciclo); ⦁ ripresa, breve fase (tipicamente, pochi mesi) durante la quale l’economia, dopo un rallentamento o una recessione, fa registrare un’inversione del segno anche se con risultati ancora negativi (graficamente parte dal minimo del ciclo e risale fino a toccare il trend di fondo, flesso in salita); ⦁ espansione, fase di crescita inizialmente senza surriscaldamento e successivamente caratterizzata da forte accelerazione (boom) e saturazione della capacità produttiva (graficamente la dinamica ascendente parte dal punto di flesso cioè quando intercetta il trend di fondo per poi proseguire fino al massimo del ciclo); ⦁ rallentamento, fase durante la quale la crescita della produzione decelera (graficamente parte dal massimo del ciclo precedente e prosegue fino a che la curva incrocia il trend di fondo o comunque un punto di flesso). Il trend, che definisce la tendenza generale di fondo dell’economia, è graficamente rappresentato dalla linea che intercetta le diverse fasi congiunturali attorno alla quale ruotano i passaggi da ripresa a espansione e da rallentamento a recessione; inoltre, come è facilmente osservabile dal grafico, tutte le situazioni di passaggio sono individuate da un punto di flesso, dall’inversione della curva di tangenza, dall’intersezione con la linea di trend.
Figura 1.1 Il ciclo congiunturale e le sue fasi PIL
Espansione
Rallentamento
Trend
Ripresa Recessione Tempo
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
L’analisi temporale del ciclo consente di distinguerne e misurarne: ⦁ l’ampiezza, ossia, per ogni fase, la differenza di livello (intensità della variazione) tra due punti di svolta successivi; per un intero ciclo è data dalla somma delle variazioni tra il minimo iniziale e il massimo successivo e tra quest’ultimo e il minimo finale; ⦁ la durata e l’alternanza, ossia la lunghezza dell’intervallo temporale tra il massimo di due cicli successivi; ⦁ la diffusione generalizzata, ossia il verificarsi di una fase di espansione/recessione se è sufficientemente ampio il novero delle attività economiche che si trovano in questa situazione; ⦁ la ricorrenza delle alternanze, senza tuttavia poter parlare di standardizzazione della durata e dell’ampiezza del ciclo (periodicità) perché altrimenti i cicli sarebbero prevedibili; ⦁ il profilo, ossia la forma del ciclo che può differenziarsi, oltre che per la durata, anche per il diverso rapporto tra fasi di espansione e di recessione, la pendenza, il ritmo di accelerazione/decelerazione.
Bilancia dei pagamenti: registra le transazioni economiche (passaggi di proprietà di risorse reali e finanziarie) intervenute, in un dato periodo e in un determinato sistema, tra i residenti (ogni persona fisica o giuridica che stabilisce il proprio centro di interessi economici all’interno del Paese) e i non residenti. La bilancia dei pagamenti è fondata sul principio della partita doppia, per cui ogni movimento produce due registrazioni di eguale importo e segno contrario. Bilancia commerciale: sezione della bilancia dei pagamenti che registra le esportazioni e le importazioni di merci effettuate da un Paese verso l’estero; la differenza tra il valore delle esportazioni e quello delle importazioni dà luogo al saldo della bilancia commerciale; quando le esportazioni superano le importazioni, il saldo è positivo e rappresenta un’entrata di capitale (surplus) nel Paese; accade il contrario quando le esportazioni sono inferiori alle importazioni (deficit).
La presenza di cicli non sincronizzati tra i diversi Paesi consente una performance complessiva attenuata poiché l’espansione di uno è attutita dalla recessione di un altro (minore domanda) e viceversa. Negli ultimi anni, nei Paesi industrializzati si registra una significativa crescita della sincronia dei cicli la quale ha contribuito a determinare un ampliamento delle oscillazioni congiunturali: per tale ragione, in un contesto fortemente globalizzato come quello attuale, è necessario considerare anche l’intersecarsi dei cicli caratteristici di ciascuna economia governata da scelte differenti di politica economica. Sotto questo profilo, si può fare riferimento agli scostamenti tra i cicli economici statunitense ed europeo per effetto del peculiare timing delle scelte di politica economica e di politica monetaria. Le diverse situazioni cicliche interne che ne derivano hanno un impatto significativo anche sul ciclo dell’altro soggetto, sia per le intersezioni che si realizzano sia per le conseguenze che comportano nell’ambito dei rapporti con le economie di tutti gli altri soggetti con cui ciascuno di essi è in relazione. La crescita degli scambi internazionali e l’apertura delle transazioni economiche e commerciali hanno progressivamente aumentato la sincronizzazione dei cicli, pur in presenza di maggiori oscillazioni congiunturali; nel passato, al contrario, ciascuna economia mostrava un andamento proprio, determinato da scelte individuali di politica economica e influenzato da variabili “esogene” riconoscibili in via generale nel saldo della bilancia dei pagamenti e, ancor prima, della sola bilancia commerciale. La politica economica deve essere quindi in grado di selezionare gli strumenti più appropriati con riferimento agli obiettivi finali perseguiti, ma tenendo conto della dinamica di breve periodo, e quindi del ciclo. La Tabella 1.1, senza essere esaustiva, sintetizza lo schema di raccordo tra ciclo, condizioni e strumenti di politica economica. Per quanto attiene al funzionamento del sistema finanziario, l’andamento congiunturale influisce sul ciclo delle imprese e sulla loro liquidità e quindi sulla loro domanda di credito, la quale può essere talvolta solo parzialmente soddisfatta, creando situazioni di razionamento del credito. Anche l’andamento dei corsi di Borsa mostra una caratteristica evoluzione ciclica con fasi che si ripetono nel tempo; in questo caso, mediante l’utilizzo dell’analisi tecnica è possibile rilevare le regolarità empiriche che consentono di delineare un ciclo e le sue fasi. La GCF e la crisi da pandemia Covid-19 hanno generato alcune delle fasi recessive più gravi a partire dall’inizio del XXI secolo, partendo da cause profondamente di-
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
Ripresa
Politica economica espansiva: incentivi fiscali e riduzione dei tassi di interesse. Crescente fiducia degli operatori: maggiori investimenti e accumulo di scorte, previsione di incrementi delle vendite, aumento dell’occupazione e stabilità del tasso di inflazione
Espansione iniziale
Politica economica ancora espansiva ma in progressiva riduzione, per diventare restrittiva alla fine del ciclo. Circolo virtuoso: ulteriore crescita di investimenti e vendite, tendenza a un maggior indebitamento delle imprese e dei consumatori per finanziare maggiori spese; calo della disoccupazione, caduta del tasso di inflazione per effetto della maggiore concorrenza
Forte espansione
Politica economica progressivamente restrittiva a causa del surriscaldamento inflazionistico dei prezzi. “Boom”: progressiva saturazione della capacità produttiva delle imprese, progettazione di nuovi investimenti, forte occupazione e problemi di soddisfazione di offerta di lavoro, espansione del comparto immobiliare e dell’edilizia, crescita dell’inflazione e dei salari anche reali, aumento della domanda di credito con forte concorrenza, rialzo dei tassi nel comparto obbligazionario
Rallentamento
Politica economica sempre più restrittiva. Crollo della fiducia: apice dei tassi di interesse a breve termine, riduzione delle scorte, crescita dell’inflazione e dei salari, aumento della domanda di credito per maggiore tensione finanziaria delle imprese
Recessione
Politica economica che inverte il segno diventando espansiva con riduzione dei tassi
verse, come è stato evidenziato in precedenza. Con particolare riferimento alla crisi da pandemia in cui l’economia mondiale si trova tuttora a operare, che non sembra purtroppo destinata a svanire in tempi brevi, è utile considerare che la recessione ha influenzato risultati, obiettivi e comportamenti di tutti gli attori del sistema economico e finanziario (si veda l’Approfondimento 1.4. tratto dalla Relazione della Banca d’Italia per il 2020). Si veda anche l’Approfondimento online I flussi finanziari nei Paesi dell’area dell’euro durante la pandemia. Percezione della crisi: tendenzialmente avvertita in ritardo oppure recepita in anticipo con impatto prociclico e psicologico determinante, inflazione in calo con disinflazione o deflazione, disoccupazione in crescita, aumento della domanda di credito per inasprimento della tensione finanziaria delle imprese
1.4 ⦁ Perché esistono i mercati e gli intermediari finanziari Il sistema finanziario ha lo scopo primario di rendere più efficiente il processo di trasferimento delle risorse tra le unità economiche; in particolare, l’attività svolta da mercati e intermediari facilita la mobilità dei capitali poiché incide positivamente su alcuni degli elementi indispensabili a una efficace ed efficiente attività di scambio: disponibilità di informazioni, liquidità e negoziabilità degli strumenti, possibilità, per tutti gli operatori, di trovare la desiderata combinazione rischio/rendimento. Lo scambio finanziario può avvenire con modalità alternative: 1. scambio diretto e autonomo, nel quale datori e prenditori non ricorrono ad alcun intermediario per concludere lo scambio;
Tabella 1.1 Schema di raccordo tra ciclo, condizioni e strumenti di politica economica
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Approfondimento 1.4
La fase ciclica Nel 2020 per effetto della pandemia e delle misure di contenimento del contagio, il PIL dell’area dell’euro si è contratto del 6,6%; il calo si è esteso a tutte le principali economie (si veda la tabella sottostante). La caduta
dell’attività nel settore manifatturiero si è concentrata nel primo semestre, mentre la debolezza del comparto dei servizi si è nuovamente accentuata nell’ultima parte dell’anno, a seguito della recrudescenza dei contagi.
PIL nei maggiori Paesi dell’area dell’euro* (variazioni percentuali sul periodo precedente) 2020 Paesi
2020
2021
2018
2019
1 trim. 2 trim. 3 trim. 4 trim. 1 trim.
Area dell’euro**
1,9
1,3
-6,6
-3,8
-11,6
12,5
-0,7
-0,6
Francia
1,8
1,5
-8,1
-5,8
-13,6
18,5
-1,4
0,4
Germania
1,3
0,6
-4,8
-2,0
-9,7
8,7
0,5
-1,7
Italia
0,9
0,3
-8,9
-5,6
-12,9
15,8
-1,8
-0,4
Spagna
2,4
2,0
-10,8
-5,4
-17,8
17,1
0,0
-0,5
Fonte: elaborazioni su statistiche nazionali e su dati Eurostat. * Valori concatenati. Le serie trimestrali sono destagionalizzate e corrette per i giorni lavorativi. ** L’aggregato dell’area dell’euro si riferisce alla composizione a 19 Paesi.
Gli investimenti fissi lordi sono scesi (-8,2%), in misura appena più accentuata rispetto alla spesa delle famiglie. Quest’ultima ha risentito sia dei provvedimenti di chiusura di alcuni comparti, sia delle limitazioni alla mobilità e della paura del contagio; il saggio di risparmio è salito al 20,0%, anche per il rafforzamento dei moventi precauzionali; le famiglie hanno impiegato il maggiore risparmio finanziario prevalentemente in depositi (si veda l’Approfondimento online I flussi finanziari nei Paesi dell’area dell’euro durante la pandemia). La caduta delle esportazioni (-9,3%) è stata in linea con quella delle importazioni (-9,0%). Le misure di sostegno varate dai governi nazionali (tra le quali l’estensione dei meccanismi di integrazione salariale) hanno permesso di sostenere il reddito disponibile e l’occupazione, il cui calo, a fronte di una ridu-
zione delle ore lavorate dell’8% circa nella media dell’anno, è stato pari all’1,6%. Nel primo trimestre del 2021 il PIL è diminuito (0,6%). I dati riferiti ad aprile delineano prospettive in miglioramento; l’indicatore €-coin elaborato dalla Banca d’Italia, che fornisce mensilmente una stima della dinamica del prodotto dell’area depurata dalla volatilità di breve periodo, si è collocato a 0,92 (era 0,32 a febbraio del 2020). Gli indici dei responsabili degli acquisti delle imprese ( purchasing managers’ index, PMI) nella manifattura segnalano prospettive di espansione della produzione, mentre nei servizi continuano a mostrare una maggiore debolezza dell’attività. Fonte: adattato da Relazione della Banca d’Italia per il 2020, pp. 25-26.
2. scambio diretto e assistito, nel quale datori e prenditori sono controparti dirette ma sono assistiti da intermediari che svolgono una funzione di mediazione; 3. scambio indiretto, nel quale il trasferimento di risorse tra datori e prenditori avviene attraverso un soggetto intermedio che svolge una funzione di intermediazione. I primi due tipi di scambio hanno tipicamente (ancorché non esclusivamente) per oggetto valori mobiliari (titoli), mentre il terzo tipo richiede la presenza di un sog-
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
getto specializzato (l’intermediario) che stipula contemporaneamente due scambi incorporati in due distinti contratti – uno con il datore, uno con il prenditore di fondi – aventi caratteristiche differenti. Qualunque scambio presuppone prestazioni monetarie di segno opposto e distanziate nel tempo che si caratterizzano per differente grado di incertezza e durata. Nella teoria economica classica, l’esistenza della moneta e l’evoluzione delle strutture istituzionali di intermediazione finanziaria sono temi quasi del tutto trascurati; nel presupposto della perfezione dei mercati, non si giustificano né la presenza né la convenienza dell’attività svolta dagli intermediari, i quali sono considerati alla stregua di operatori economici qualsiasi, dotati di un proprio portafoglio di attività e passività. In linea di principio, un sistema economico efficiente non dovrebbe avere bisogno di alcun intermediario poiché tutti gli scambi dovrebbero concludersi in modo diretto e autonomo senza costi, avendo gli operatori a disposizione tutte le informazioni necessarie. In sostanza, l’incrocio diretto di domanda e offerta di risorse finanziarie risulterebbe perfettamente efficiente consentendo a ciascun prenditore e datore di fondi di trovare il proprio punto di equilibrio senza l’intervento di intermediari. Coerentemente con questa impostazione teorica, la maggiore efficienza del sistema finanziario è strettamente collegata alla maggiore incidenza dei circuiti diretti, quindi al peso relativo dei mercati, rispetto ai circuiti indiretti, quindi al peso relativo degli intermediari. Il filone teorico di matrice keynesiana mette in luce l’importanza della moneta considerata non solo come mezzo di pagamento ma anche come strumento di riserva di valore; mentre, secondo Tobin, l’esistenza della moneta crea, per i risparmiatori, un’alternativa rispetto all’accumulazione di beni reali, potendosi continuamente effettuare la scelta tra decisioni di investimento in beni reali e di risparmio, in funzione del livello dei tassi di rendimento. Infine, l’analisi storico-economica (Approfondimento 1.5) e l’osservazione della morfologia dei moderni ed evoluti sistemi finanziari hanno messo in evidenza la coesistenza di mercati e intermediari che, a vari livelli e con gradi diversi di intensità, contribuiscono al processo di trasferimento delle risorse. Un intermediario può ricoprire ruoli molto diversi, dai più semplici a quelli più complessi: agevolare la conclusione degli scambi diretti svolgendo una semplice funzione distributiva di prodotti finanziari, oppure governare, rendendole compatibili, le differenti propensioni al rischio e alla liquidità di investitori e prenditori attraverso la funzione creditizia. La diversità dei ruoli svolti da un intermediario risulta inevitabilmente collegata alla varietà delle loro tipologie nel sistema finanziario. Come sottolineato da Gurley e Shaw (1955), che tra i primi hanno analizzato la relazione tra finanza e crescita economica, la necessità di disporre di soggetti deputati da un lato alla raccolta del risparmio e dall’altro all’allocazione delle risorse finanziarie verso unità economiche meritevoli di affidamento (delle quali stimare la capacità d’indebitamento, ossia la financial capacity) deriva dalla dissociazione tra risparmio e investimento e quindi dall’esistenza, nello stesso momento, di: ⦁ centri caratterizzati da un saldo finanziario positivo e perciò interessati all’investimento, al fine di posticipare il momento del consumo a una data futura; ⦁ centri di investimento interessati a incrementare la capacità di spesa al momento corrente, caratterizzati, dunque, da un saldo finanziario negativo. L’inevitabile presenza di limiti e vincoli al trasferimento diretto genera spazi di convenienza economica per l’intervento degli intermediari, la cui capacità di ridurre le imperfezioni dovrebbe (crisi finanziarie a parte) consentire di accrescere in maniera
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Approfondimento 1.5
Le tendenze evolutive di lungo periodo dei sistemi finanziari È possibile identificare tendenze comuni e, in particolare, una relazione stabile fra le caratteristiche strutturali e funzionali di un sistema finanziario e lo sviluppo economico del Paese in cui opera? Si possono individuare tendenze omogenee nell’evoluzione di lungo periodo dei sistemi finanziari? In base a quali criteri si possono confrontare strutture morfologiche diverse? Infine, esistono morfologie di intermediazione astrattamente ottimali? A queste domande ha cercato di rispondere R. Goldsmith (Financial structure and development, Yale University, 1969) che negli anni Trenta cercò di fornire una verifica empirica a sostegno di un’impostazione teorica alternativa a quella tradizionale che non riusciva a “giustificare” l’esistenza degli intermediari nel funzionamento dell’economia di mercato. Analizzando, su un orizzonte temporale molto lungo, l’evoluzione morfologica del sistema finanziario di numerosi Paesi, Goldsmith ha ritenuto di poter fornire un’interpretazione scientificamente attendibile dello sviluppo della struttura finanziaria. Gli indicatori di sintesi relativi alla struttura finanziaria di un Paese sono: 1. rapporto fra volume complessivo degli strumenti finanziari esistenti e ricchezza finanziaria e reale (FIR, Financial Interrelation Ratio), che misura il grado di intensità finanziaria, ossia l’incidenza delle grandezze finanziarie rispetto a quelle reali; 2. rapporto fra emissioni totali (flussi di passività di tutti i settori) e PIL (ANIR, Aggregate New Issue Ratio), che misura il grado di intensità finanziaria sui flussi e non sugli stock per evitare i problemi connessi alla stima della ricchezza nazionale e alla sua comparabilità nel tempo e nello spazio; 3. rapporto (in termini di stock o flussi) tra le attività finanziarie di tutti gli intermediari e passività complessive dei settori utilizzatori finali (FINR, Financial INtermediation Ratio), che misura l’importanza relativa degli intermediari; 4. rapporto (in termini di stock o di flussi) fra le attività finanziarie acquisite dalle banche e quelle complessive degli intermediari (numeratore del rapporto al punto 3) il quale misura l’importanza relativa delle banche.
andamento successivamente tende a stabilizzarsi, fino al raggiungimento di un limite superiore (indicativamente 1.50) quando la struttura economica raggiunge un livello definibile di maturità; ⦁ una crescita del FINR proporzionalmente maggiore poiché nella fase di decollo economico sono gli intermediari, e soprattutto le banche, ad assumere il peso prevalente del finanziamento dell’economia; ⦁ l’ampliarsi delle dimensioni del sistema finanziario e la diversificazione dei fabbisogni dell’economia (dal lato delle unità sia in surplus sia in deficit) determina la differenziazione delle funzioni e il sorgere di intermediari specializzati provocando una progressiva estensione della gamma di strumenti e di intermediari finanziari. La graduale erosione del monopolio delle banche a favore degli altri intermediari comporta un ampliamento della struttura finanziaria, una crescita del FIR e una diminuzione dei differenziali nei tassi di interesse tra settori e aree di un Paese. L’articolazione del sistema finanziario per tipologie di intermediari (per esempio, la relazione fra mercati e intermediari) non è al centro dell’analisi di Goldsmith anche se la sua analisi smentisce la validità della contrapposizione tra sistemi orientati ai mercati e sistemi orientati agli intermediari e la conseguente teoria evoluzionistica secondo la quale i mercati garantirebbero l’ottimale allocazione delle risorse con un loro progressivo rafforzamento a scapito degli intermediari. Non vi è quindi una sorta di evoluzione darwiniana verso il modello “geneticamente superiore” basato sui circuiti diretti, la quale è smentita dai fatti. Prescindendo da ulteriori approfondimenti del tema, è opportuno ribadire che:
In sintesi la ricerca ha evidenziato:
⦁ il modello finanziario dominante in un determinato momento storico dipende da un contesto più ampio dal quale non può essere separato e pertanto non può essere individuato quello astrattamente superiore; ⦁ anche nei sistemi “orientati ai mercati” non sempre le imprese si finanziano prevalentemente sui mercati mobiliari le cui imperfezioni sono ancora tali da far prevalere strutture finanziarie basate sull’autofinanziamento rispetto al finanziamento esterno con un peso rilevante delle banche.
⦁ una crescita del FIR particolarmente intensa in coincidenza con il processo di industrializzazione il cui
Alcuni elementi che hanno contribuito all’evoluzione degli ultimi decenni (Capitolo 1) hanno ulteriormente
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
messo in evidenza i nessi di complementarità, non di concorrenza, fra banche e mercati: ⦁ la crescente necessità delle banche di emettere non solo più titoli obbligazionari ma anche titoli azionari per assolvere ai nuovi obblighi di regolamentazione con il conseguente progressivo spostamento verso il modello della public company quotata (pertanto anche le banche devono sottostare alle regole e alla corporate governance del mercato, come tutte le altre imprese emittenti);
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⦁ l’espansione dei mercati mobiliari dovuta all’innovazione tecnologica e finanziaria la quale ha rafforzato l’importanza degli intermediari che assistono le unità in surplus e le unità in deficit nello scambio diretto (perciò è definito scambio diretto assistito). Si è quindi assistito all’evoluzione dell’attività bancaria tradizionale (prestiti-depositi), non della scomparsa tout court della banca.
rilevante qualità e dimensione degli scambi, con un risparmio di costi superiore alla remunerazione da riconoscere loro a fronte dell’attività svolta. Va infine osservato che, negli ultimi anni e in quasi tutti i Paesi, si è assistito a una crescente integrazione (favorita anche da un progressivo abbattimento delle preesistenti barriere normative che limitavano il grado di diversificazione dell’attività bancaria) tra attività creditizia e mobiliare nell’ambito delle funzioni svolte dalle banche; esse, infatti, hanno: cercato di sfruttare meglio il patrimonio informativo disponibile; utilizzato nuove forme di investimento/finanziamento; fatto ricorso in misura massiccia alla securitization; sfruttato i vantaggi derivanti dallo sviluppo della tecnologia. Tale integrazione, che conferma ulteriormente la scarsa validità della contrapposizione tra intermediari e mercati e tra circuiti diretti e indiretti: ⦁ sotto il profilo macroeconomico, incide sull’efficienza allocativa del sistema bancario in conseguenza delle molteplici attività svolte contemporaneamente nel circuito indiretto (screening e monitoring) e nel circuito diretto (signalling e placing power), i quali rappresentano due aree di business complementari; ⦁ sotto il profilo microeconomico, aumenta notevolmente i “gradi di libertà” della gestione della banca con effetti positivi in termini di: diminuzione della variabilità del margine di intermediazione legato alla bassa correlazione tra le principali categorie (prestiti e titoli) dell’attivo; miglioramento della liquidità e della solvibilità grazie alla presenza del portafoglio titoli; possibilità di ricorrere alla securitization; opportunità di emettere titoli. Ciò comporta, però, maggiore esposizione ai rischi specifici, maggiore assorbimento patrimoniale per i rischi di mercato e significativi conflitti di interesse.
1.5 ⦁ I bisogni soddisfatti e le scelte finanziarie degli
operatori economici Il sistema finanziario ha due importanti obiettivi, di cui il secondo è al centro delle ragioni dell’esistenza dei mercati e degli intermediari descritte al paragrafo precedente: (1) favorire gli scambi generando moneta e garantendo le transazioni tra gli operatori (sistema dei pagamenti); (2) contribuire al trasferimento delle risorse finanziarie tra gli operatori economici rendendolo più efficiente, più sicuro e meno costoso. Gli intermediari motivano la loro azione proprio con la finalità di rispondere alle esigenze della loro varia e contrapposta clientela (datori e prenditori di risorse finanziarie). La ricerca di una corretta composizione di quest’ultima – corretta nel senso di soddisfarne al meglio i differenti bisogni in campo finanziario – costituisce l’obiettivo strategico di lungo periodo degli intermediari. Più in generale, come si
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
vedrà in seguito (Paragrafo 1.7), il sistema finanziario attraverso strumenti, mercati e intermediari soddisfa le esigenze degli operatori, rendendo possibile: ⦁ il regolamento degli scambi mediante l’offerta di strumenti di pagamento; ⦁ il trasferimento di risorse connesse a forme di “dissociazione” tra risparmio accumulato e decisioni di investimento, le quali necessitano di opportuni finanziamenti; ⦁ la gestione dei rischi e la loro copertura, mediante l’operatività sui mercati a termine (rischi finanziari) e lo svolgimento dell’attività assicurativa (rischi puri).
Settori istituzionali: raggruppamenti di unità istituzionali che manifestano autonomia e capacità di decisione in campo economico-finanziario.
APPROFONDIMENTO Le famiglie
Tabella 1.2 Settori istituzionali dell’economia
Per comprendere la struttura e il funzionamento dei mercati finanziari, e del ruolo degli intermediari evidenziato nel Paragrafo 1.4, è necessario focalizzare l’attenzione sull’oggetto dello scambio (le risorse finanziarie) e sugli attori (od operatori economici) degli scambi (appartenenti ai diversi settori istituzionali tradizionalmente individuati in un sistema economico: famiglie, imprese, PA, soggetti operanti in sistemi economici esteri, istituzioni finanziarie; si veda la Tabella 1.2) Si ricorda che le famiglie, da un lato, forniscono all’economia i fattori produttivi lavoro e capitale, dall’altro ricevono in contropartita salari, rendite e profitti (il reddito) che in parte utilizzano per acquistare beni e servizi dalle imprese (il consumo), in parte accumulano (il risparmio); le imprese, a loro volta, da un lato producono e vendono beni di consumo e servizi, dall’altro effettuano investimenti. Questo processo è completato dalla presenza dello Stato e dalla possibilità di effettuare scambi con controparti di altri Paesi, anche se ciò non muta la natura del doppio circuito (reale e finanziario), posto che sul reddito prodotto vanno pagate le imposte indirette e su quello goduto le imposte personali; le corrispondenti entrate dello Stato si trasformano, a loro volta, in produzione di servizi pubblici che comportano esborsi per salari e acquisizione di beni e servizi. Il tradizionale approccio d’analisi legato ai saldi finanziari settoriali ci consente di comprendere le interazioni di scambio finanziario a livello di sistema, e i diversi ruoli prevalenti dei settori istituzionali. Tale approccio ci aiuta a comprendere il contesto generale in cui gli operatori economici effettuano le scelte a fronte dei propri bisogni finanziari. Spostando la nostra attenzione a livello microeconomico, riusciamo a evidenziare i bisogni soddisfatti dal sistema finanziario (che come accennato in precedenza sono più ampi di quelli di scambio finanziario nel tempo – finanziamenti e investimenti – e nello spazio – pagamenti, comprendendo anche la copertura dei rischi finanziari e puri) e le scelte finanziarie dei diversi tipi di operatori economici).
Famiglie
Individui e nuclei famigliari che producono reddito e consumano
Imprese non finanziarie
Entità che producono beni e servizi non finanziari destinati alla vendita
Pubblica Amministrazione
Unità istituzionali che producono ed erogano servizi destinati alla collettività
Estero
Tutti gli operatori non residenti che effettuano transazioni economiche e finanziarie con quelli residenti
Istituzioni finanziarie
Unità economiche che raccolgono, trasformano e impiegano le disponibilità finanziarie degli altri operatori economici
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
Analizzando, in ottica tipicamente contabile, una singola unità economica (per esempio, la famiglia in un determinato intervallo di tempo), si evidenziano le due dimensioni complementari di flussi e stock: ⦁ i flussi (registrati nel conto economico) includono in entrata sia i ricavi da lavoro sia gli interessi e i dividendi ottenuti in funzione dell’impiego del risparmio nell’attività dell’impresa, mentre in uscita i costi comprendono quelli sostenuti per l’acquisto di beni di consumo e servizi necessari a soddisfare i propri bisogni; la differenza tra ricavi percepiti e costi sostenuti rappresenta il risparmio; ⦁ gli stock (riportati nello stato patrimoniale) comprendono: • a livello di fonti, il patrimonio, dato dall’insieme del risparmio cumulato nel tempo e l’indebitamento eventualmente acceso; • a livello di impieghi, gli investimenti in attività reali (per esempio, abitazione) e gli investimenti in attività finanziarie (per esempio, depositi bancari, titoli ecc.). In questo schema, l’acquisizione di beni di investimento durevoli rappresenta un impiego in attività reali, mentre l’acquisto di strumenti (contratti) rappresentativi di credito (titoli obbligazionari o depositi bancari) o di proprietà (quote di capitale sotto forma di azioni, fondi ecc.) rappresenta un impiego in attività finanziarie. Conseguentemente, l’investimento in attività reali e finanziarie è reso possibile grazie al patrimonio detenuto e all’indebitamento effettuato: AR (attività reali) + AF (attività finanziarie) = = P (patrimonio) + PF (passività finanziarie)
[1]
In termini di flussi, gli investimenti aggiuntivi in attività reali (I ) e la variazione delle attività finanziarie (DAF ) devono essere coperti dal risparmio aggiuntivo (S ) e dalla variazione dell’indebitamento aggiuntivo (DPF ): I + DAF = S + DPF
[2]
L’espressione [4] può essere così riscritta: SI = DAF DPF = SF (saldo finanziario)
[3]
Se a livello di sistema economico nel suo complesso e in situazione di equilibrio vale sempre la condizione S = I, ciò non necessariamente si verifica per le singole unità economiche. Per esempio, una famiglia, a fronte del reddito percepito e delle spese sostenute per l’acquisto di beni di consumo, ha a disposizione un avanzo di risorse (risparmio) che potrà in tutto o in parte essere utilizzato per acquistare beni di investimento. Se il risparmio generato (S ) è maggiore dell’investimento reale effettuato (I ), il residuo viene definito saldo finanziario, che in questo caso è positivo. Quindi, per ogni singola unità economica è possibile misurare il saldo finanziario (SI ) che, per effetto delle decisioni assunte, può essere positivo (S > I ), negativo (S < I ) o nullo (S = I ). Per esemplificare, si ipotizzi il caso di una famiglia, la quale in un anno ha risparmiato 20 000 euro e decide di comprare un’auto che costa 15 000 euro (pagamento: 10 000 euro in contanti e 5000 euro l’anno successivo) e di sottoscrivere titoli per i residui 10 000 euro; pertanto, si avrà: 15 000 (I ) + 10 000 (DAF ) = 20 000 (S ) + 5000 (DPF ) e 20 000 (S ) - 15 000 (I ) = 5000 (SF ) = 10 000 (DAF ) - 5000 (DPF )
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Poiché la relazione tra i movimenti dei flussi reali e finanziari di un’unità economica deve anche considerare la possibilità di compiere disinvestimenti (vendite) delle attività reali o finanziarie o riduzioni (rimborsi) delle passività finanziarie, l’equazione del saldo finanziario si modifica e completa nel seguente modo: I + DAF + rimborsi (-DPF) = S + DPF + disinvestimenti (-DAF - DAR)
[4]
La relazione evidenzia che tra gli impieghi di risorse finanziarie vanno annoverati anche i rimborsi delle passività e, per converso, tra le fonti di risorse finanziarie vanno inserite anche le entrate conseguenti a disinvestimenti di attività reali o finanziarie. Riprendendo e integrando l’esempio precedente, se la famiglia vende titoli (già in portafoglio perché precedentemente acquistati) per 10 000 euro, rimborsa un prestito contratto con una banca per 8000 euro e deposita in c/c i restanti 2000 euro, si avrà: 15 000 (I ) + 10 000 (DAF ) + 2000 (DAF ) + 8000 (rimborso prestito) = = 20 000 (S ) + 5000 (DPF ) + 10 000 (disinvestimento) Il saldo finanziario continuerà a essere pari a 5000 in quanto S - I = 20 000 15 000 = 5000: (DAF + riduzione debito) (DPF + disinvestimento) = = (12 000 + 8000) - (5000 + 10 000) = 5000 In linea generale gli operatori economici presentano le seguenti caratteristiche in termini di saldo finanziario aggregato (ovviamente a livello di singolo operatore economico il saldo potrà essere più o meno positivo o negativo, più difficilmente pari a zero): ⦁ le famiglie sono abitualmente e strutturalmente in una posizione di avanzo finanziario e quindi con risorse da investire; ⦁ le imprese sono sistematicamente in condizioni di disavanzo finanziario e quindi con propensione all’assunzione di debiti; ⦁ la PA è in condizioni di disavanzo finanziario a seguito della scelta politico-economica di finanziare una spesa pubblica superiore alle risorse disponibili e raccolte in via ordinaria attraverso la tassazione dei redditi e dei consumi; ⦁ l’estero (il saldo delle cui transazioni è rappresentato nella bilancia dei pagamenti) dipende dai flussi derivanti da importazioni-esportazioni e dai movimenti dei capitali. In questo circuito si inseriscono con funzione di intermediazione le istituzioni finanziarie, unità economiche professionalmente dedite a raccogliere, trasformare e impiegare, secondo modalità mutevoli nel tempo e nello spazio, le disponibilità finanziarie degli operatori. L’approccio macro ci consente di affermare che esistono stretti legami di interdipendenza tra sistema reale e sistema finanziario; infatti, in un determinato Paese o in un determinato momento storico, come illustrato nella Figura 1.2, risparmio, investimenti reali, attività e passività finanziarie dipendono per livello e composizione da: ⦁ modello di distribuzione dei redditi (salari, rendite, profitti, interessi, modalità e composizione dei consumi); ⦁ politica di finanza pubblica e imposizione fiscale (trasferimenti a famiglie e imprese, classi sociali, livello delle politiche di welfare, tassazione diretta/indiretta sul reddito, sui consumi, sul patrimonio); debito pubblico ecc.;
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
Figura 1.2 Sistema economico e saldi finanziari
S + ΔPF = I + ΔAF Salari Rendite Profitti Interessi Consumo
Modello di distribuzione dei redditi
Indebitamento Emissione di titoli
Politica di finanza pubblica Imposizione fiscale Trasferimenti Debito pubblico
Impianti Scorte Immobili Preziosi
Ciclo economico Inflazione
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Azioni Obbligazioni Altri strumenti finanziari
Sistema previdenziale Tassi di interesse Propensione al rischio Aspettative
Struttura del sistema economico reale
⦁ andamento del ciclo economico e suoi effetti sulla politica economica e monetaria; inflazione; ⦁ struttura del sistema previdenziale pubblico e privato (Capitolo 8); tassi di interesse; propensione al rischio degli operatori; aspettative. Come ricordato in precedenza, l’approccio macro dei saldi finanziari evidenzia il contesto in cui gli operatori economici effettuano le proprie scelte finanziarie. A questo riguardo, è utile precisare che: ⦁ i saldi finanziari settoriali (si veda per approfondimenti la relazione annuale della Banca d’Italia e la sua appendice) sono la risultante sia della sommatoria dei saldi generati da ogni unità appartenente a quel settore istituzionale, sia delle compensazioni infrasettoriali tra unità in surplus e unità in deficit. Per esempio, nel settore “imprese”, il credito commerciale; nel settore “famiglia”, i trasferimenti di risorse – senza ricorso a contratti finanziari formalizzati- all’interno della famiglia o tra famiglie, per diversi scopi (acquisto casa, inizio di attività imprenditoriali, consumi ecc.); ⦁ per ogni unità economica, il saldo finanziario di periodo va distinto dal fabbisogno di intermediazione dei flussi poiché si possono effettuare disinvestimenti di attività finanziarie già in portafoglio per acquistarne altre (aggiustamento di portafoglio). Con riferimento al bisogno di trasferimento delle risorse finanziarie, si ricorda (Figura 1.3) che esso può avvenire attraverso differenti modalità: ⦁ nello spazio, dando origine alla moneta quale mezzo di pagamento che, insieme a strumenti più complessi, determina la nascita del “sistema dei pagamenti”; ⦁ nel tempo, dando origine da un lato a operazioni di credito (per esempio, finanziamento bancario o emissione di obbligazioni) caratterizzate da una cessione di
APPROFONDIMENTO Le condizioni finanziarie di famiglie e imprese
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Figura 1.3 Modalità di trasferimento dei saldi finanziari
Nello spazio
Nel tempo
Moneta
Credito
Sistema dei pagamenti
Sistema bancario e finanziario
All’interno del settore
Tra settori diversi
Credito mercantile
Ricorso Emissione agli intermediari di titoli (circuito (circuito indiretto) diretto)
potere d’acquisto oggi, bilanciata da un’operazione di segno opposto distanziata nel tempo, dall’altro a trasferimento di quote di proprietà (azioni) e dei relativi diritti a tempo indeterminato; ⦁ tra unità appartenenti al medesimo settore, tipicamente prestiti tra unità famigliari (trasferimento generazionale) o tra imprese (credito mercantile o di fornitura); ⦁ tra unità appartenenti a settori diversi, mediante l’emissione di titoli di debito/credito diretti o, più comunemente, attraverso l’intervento di soggetti specializzati, gli intermediari finanziari, appunto. Il trasferimento di risorse nel tempo può avvenire, come ricordato in precedenza (Paragrafo 1.4): ⦁ direttamente, nel senso che lo scambio (attraverso il contratto o lo strumento finanziario, si veda il Capitolo 4) si realizza senza intermediazione tra unità utilizzatrici finali dei fondi (tipicamente, le imprese e la PA da un lato, le famiglie dall’altro). Esso può essere agevolato dall’intervento, tipicamente consulenziale e di mediazione, di un altro soggetto (banca, gestore di fondi comuni, assicurazione, fondo pensione, in generale dagli investitori istituzionali). In questo caso ci si riferisce a uno scambio diretto e assistito. Ove non intervenga un altro soggetto, lo scambio avviene in modo autonomo, attraverso il ricorso diretto a un mercato finanziario; ⦁ indirettamente, attraverso l’intervento di un soggetto (l’intermediario) che raccoglie risorse stipulando un contratto con un’unità in avanzo e le impiega stipulando un altro contratto, dalle caratteristiche diverse, con un’unità in disavanzo. In altre parole, il soddisfacimento delle esigenze di trasferimento può dare origine a due differenti circuiti: il circuito diretto, che richiede l’esistenza di luoghi di incontro della domanda e dell’offerta (i mercati, paradigmaticamente la Borsa), eventualmente con il supporto informativo e operativo di un intermediario; il circuito indiretto, che richiede l’esistenza di soggetti (gli intermediari, paradigmaticamente la banca) in grado di soddisfare simultaneamente ma in modo diverso le preferenze di unità in deficit e unità in surplus interponendo il proprio bilancio. Storicamente il prevalere di uno dei due circuiti ha caratterizzato in modo diverso la morfologia dei sistemi finanziari in Paesi diversi (Paragrafo 1.7). Si può in ogni
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
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caso affermare che la presenza di intermediari, con diverse funzioni, nei due circuiti è prevalente in tutto il mondo: ciò rende evidente che il ruolo di mercati e intermediari è diverso ma complementare, trattandosi di forme differenti ed entrambe necessarie per realizzare il trasferimento del risparmio dai settori in surplus ai settori in deficit, per mantenere liquidi gli investimenti, per gestire il rischio e per garantire il controllo e il trasferimento della proprietà delle imprese. In generale gli intermediari finanziari di diverso tipo (Capitolo 7) svolgono tuttora un ruolo importante nel sostenere le scelte finanziarie di famiglie e imprese, e nel favorire il collocamento nei mercati degli strumenti di indebitamento per il sostegno delle pubbliche amministrazioni. Essi rappresentano centri di competenze e organizzazioni che gestiscono processi operativi necessari a produrre i servizi che soddisfano i bisogni finanziari dei diversi segmenti di clientela (Capitolo 9), secondo logiche competitive sempre più aperte all’innovazione e al ricorso alle tecnologie digitali (Capitolo 8). Passiamo ora a esaminare le tendenze di fondo delle scelte finanziarie dei principali settori istituzionali dell’economia italiana (famiglie, imprese, PA), per iniziare a tracciare un quadro della domanda di servizi finanziari che gli operatori economici rivolgono agli intermediari e ai mercati finanziari. Tale domanda si presenta sempre più articolata e segmentabile, nella realtà quindi lasciando ampi spazi di differenziazione di offerta da parte dei diversi tipi di intermediari finanziari che sono trattati nel corso del volume. L’andamento delle scelte di allocazione del risparmio e di indebitamento delle famiglie italiane ha subìto negli anni cambiamenti sostanziali, in parallelo con importanti processi di trasformazione sociale ed economica. La recente pandemia ha evidenziato ancor di più le differenze nelle scelte di consumo, di investimento del risparmio, di indebitamento per l’acquisizione di immobili e per il consumo, legate APPROFONDIMENTO al reddito disponibile, ai livelli di occupazione e alla stabilità dei rapporti di lavoro (si vedano gli Approfondimenti online Le famiglie e Le condizioni finanziarie di faI settori istituzionali dell’economia miglie e imprese). Come si può osservare dalla Tabella 1.3, le scelte di investimento del risparmio e di indebitamento sono tuttora molto influenzate dal contesto socio-economico, https://www.bancaditalia.it istituzionale e culturale nei Paesi più sviluppati. Le famiglie italiane, in media e in /pubblicazioni/relazionean estrema sintesi, manifestano un orientamento forte alla liquidità (tendenza che si nuale/ rafforza normalmente nei momenti di incertezza e nelle fasi recessive), una crescente tendenza a delegare le scelte di investimento più complesse (in particolare nel comparto azionario) a intermediari specializzati (si veda la quota di fondi comuni), una permanente scarsa cultura previdenziale (fondi pensione), una bassa propensione a indebitarsi. I dati riportati evidenziano da un lato l’utilità di interventi di supporto all’educazione finanziaria delle famiglie (Paragrafo 1.6), di origine pubblica e privata, dall’altro l’ampio spazio di offerta di servizi finanziari per le famiglie e la necessità di una loro fornitura regolata e trasparente. La crisi pandemica ha reso ancora più evidenti i fabbisogni informativi e di supporto alle scelte finanziarie delle famiglie, in presenza di una situazione, anche prospettica, sempre più complessa da fronteggiare con competenze limitate. Questa considerazione vale, come vedremo più avanti, anche per le imprese, soprattutto quelle di minori dimensioni, spesso di origine famigliare. In generale, nel corso del tempo, abbiamo assistito a una crescente divaricazione della distribuzione della ricchezza finanziaria delle famiglie (con una crescente concentrazione della stessa in un numero più ristretto di famiglie), e a crescenti differenze nel soddisfare i fabbisogni finanziari tra aziende di grandi e medie dimensioni da un alto e piccole e minori dall’altro. Per le imprese più piccole rimane una forte dipendenza dal sistema bancario.
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Quote percentuali sul totale
di cui: mutui
di cui: debiti finanziari
Ricchezza finanziaria netta
Passività finanziarie**
Attività finanziarie
Riserve assicurative e previdenziali*
Azioni, partecipazioni e quote di fondi comuni di cui: quote di fondi comuni
Paesi e anni
Titoli di Stato e altre obbligazioni
Circolante e depositi
Tabella 1.3 Attività e passività finanziarie delle famiglie in alcuni Paesi sviluppati
In rapporto al reddito disponibile
Italia 2019
31,2
5,7
35,8
14,2
24,0
3,9
0,8
0,6
0,3
3,1
2020
32,8
5,2
34,0
14,4
24,9
4,1
0,8
0,6
0,3
3,2
2019
28,1
0,7
27,8
5,1
37,0
3,8
1,2
1,0
0,7
2,7
2020
29,2
0,6
27,1
4,9
36,1
4,0
1,2
1,0
0,8
2,8
2019
39,7
2,3
22,2
11,5
35,4
3,1
0,9
0,9
0,6
2,2
2020
40,2
2,0
23,0
11,6
34,4
3,3
0,9
0,9
0,6
2,4
2019
38,4
0,5
42,3
14,2
16,3
3,1
1,0
0,9
0,7
2,1
2020
42,2
0,6
37,8
14,8
16,7
3,2
1,0
0,9
0,7
2,2
Francia
Germania
Spagna
Area dell’euro 2019
33,3
2,1
28,2
9,7
34,3
3,6
1,1
1,0
0,6
2,5
2020
34,2
1,9
27,1
9,7
34,5
3,8
1,1
1,0
0,7
2,7
2019
25,0
0,3
16,3
5,5
54,5
4,7
1,3
1,3
0,9
3,3
2020
25,7
0,3
15,6
5,6
54,9
5,0
1,4
1,3
0,9
3,6
2019
12,1
6,1
48,1
12,9
31,1
5,7
1,0
1,0
0,6
4,7
2020
13,5
4,8
49,3
13,1
29,9
6,1
1,0
1,0
0,6
5,1
Regno Unito
Stati Uniti
Fonte: adattato da Appendice della Relazione della Banca d’Italia per il 2020, p. 23.
* Riserve tecniche di assicurazione, fondi pensione e fondi di quiescenza. ** Debiti finanziari, debiti commerciali e altre partite minori.
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
Dalla lettura della realtà italiana dal secondo dopoguerra in poi, emerge il seguente generale quadro interpretativo delle scelte di composizione del portafoglio di attività finanziarie delle famiglie italiane. ⦁ Negli anni Cinquanta, in una fase di ricostruzione e sviluppo dell’economia reale, ma anche di profonda arretratezza nel livello di educazione finanziaria, il risparmiatore manifesta un’elevata (e inadatta rispetto alle competenze finanziarie medie allora esistenti) preferenza verso l’investimento azionario, favorita dal lungo periodo di andamento favorevole delle quotazioni che ne nascondeva la naturale volatilità; il frutto di tale investimento, i dividendi stabili, vengono interpretati (scorrettamente) quali elementi di reddito fisso e non variabile. ⦁ All’inizio degli anni Sessanta, la fine del ciclo favorevole, la nazionalizzazione delle imprese elettriche, il cambio della coalizione di Governo e l’accentuata fiscalità sui dividendi azionari provocano la caduta dei corsi, che colpisce i risparmiatori meno informati; nel contempo, vengono offerti (in un clima di stabilità dei tassi di interesse e del tasso di inflazione) strumenti obbligazionari di lune o periodo (in genere da 15 a 30 anni) a tasso fisso, emessi da soggetti pubblici di varia natura: il risparmiatore è attratto dall’elevatezza delle cedole, dalla sicurezza degli emittenti e dalla convinzione di avere un capitale “stabile” con un rendimento reale conveniente. ⦁ All’inizio degli anni Settanta, la crisi petrolifera genera inflazione con improvviso e massiccio rialzo dei tassi di interesse che creano contraccolpi sul valore delle obbligazioni a tasso fisso; il crollo dei prezzi di questi titoli preoccupa gli investitori, che con il loro comportamento accentuano ulteriormente la caduta dei corsi accelerando le vendite. Il risparmiatore non è più disponibile ad accettare orizzonti di investimento lunghi e tassi non in linea con le attese di svalutazione monetaria e il deposito bancario diventa attraente perché i tassi vengono consistentemente elevati pur restando sotto il livello di inflazione (in alcuni anni il flusso di risparmio si indirizza per oltre il 90% verso questo strumento anche quando il tasso offerto inizia a diminuire). ⦁ Negli anni Ottanta, prende avvio un forte processo di disintermediazione dalle banche a favore dei titoli di Stato i cui tassi sono nettamente più convenienti di quelli della raccolta bancaria; per poter, comunque, intermediare tali flussi, anche se in via indiretta, le banche favoriscono tali sottoscrizioni; il risparmiatore, nel tempo, impiega la sua ricchezza verso differenti tipologie di investimento (BOT, CCT con l’allora innovativo tasso variabile indicizzato e BTP a tasso fisso). In alcuni anni di quel decennio, oltre l’80% del flusso di risparmio si orienta verso i titoli di Stato, riducendo del tutto i flussi verso le imprese e verso la raccolta bancaria. ⦁ Negli anni Novanta, la disintermediazione si estende e comporta massicci trasferimenti dai depositi bancari e dai titoli di Stato verso i fondi comuni di investimento; anche in questa fase le banche assumono un ruolo attivo, assecondando o favorendo le scelte della clientela che generano un consistente flusso di ricavi non finanziari (commissioni); il rilevante successo della sottoscrizione dei fondi comuni produce un aumento dei flussi verso questi strumenti finanziari nettamente superiore a quello riscontrabile in altri Paesi. ⦁ Dall’inizio del secolo, dopo una fase di esuberanza finanziaria, la crisi ha reso più complesse le scelte di investimento e di indebitamento delle famiglie. Per esempio, il risparmiatore subisce direttamente, in quanto detentore delle quote dei fondi comuni, la volatilità elevata dei mercati nei quali ha indirettamente investito; osserva con preoccupazione l’instabilità del proprio investimento e
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
APPROFONDIMENTO La ricchezza e gli investimenti finanziari delle famiglie
tende a compiere scelte talvolta in modo convulso e non orientato da motivi strutturali; in una spirale “perversa” è attratto da investimenti sempre più rischiosi, complessi e poco trasparenti: oltre ad azioni e fondi comuni, polizze assicurative con formulazioni non tradizionali, prodotti strutturati, ibridi e derivati variamente combinati tra loro, perdendo di fatto il controllo dell’esposizione al rischio della propria situazione patrimoniale. In presenza di bassi tassi di inflazione e di rendimenti estremamente contenuti, negli ultimi anni le scelte dei risparmiatori sono diventate ancora più difficili. In particolare la diversificazione dei portafogli, volta a garantire adeguate combinazioni rischio-rendimento, risulta appannaggio di una parte limitata delle famiglie. Le famiglie con redditi più elevati presentano una diversificazione che vede titoli obbligazionari e quote di fondi comuni accanto ai depositi bancari, mentre le famiglie meno abbienti detengono prevalentemente depositi. Si riscontra una forte relazione tra disponibilità di reddito e ricchezza finanziaria nelle analisi condotte dalla Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane: le famiglie con minor reddito hanno livelli di ricchezza finanziaria molto bassi, spesso detenuti nelle forme più liquide, meno rischiose, più facili da comprendere. ⦁ Nonostante la crescita registrata negli ultimi anni, manca ancora una decisa evoluzione dell’impiego del risparmio verso lo strumento assicurativo-previdenziale, elemento fortemente differenziante rispetto a molti altri Paesi con caratteristiche di reddito e di sviluppo simili all’Italia: ciò è dovuto alla circostanza che il settore pubblico ha assicurato un’elevata percentuale di copertura rendendo storicamente “inutile” la presenza di intermediari con funzione di copertura mediante investimenti diretti sui mercati finanziari. Con la riforma pensionistica, a partire soprattutto dal 1996, la copertura pubblica della pensione si è ridotta significativamente favorendo il decollo degli strumenti finanziari a contenuto previdenziale. ⦁ I dati più recenti, relativi al 2019 e al 2020, mostrano che sia la ricchezza totale netta delle famiglie italiane (attività finanziarie e reali al netto delle passività) che quella lorda sono aumentate, anche grazie a un incremento del tasso di risparmio a seguito della pandemia Covid-19. La pandemia ha reso ancor più evidenti le differenze dell’entità della ricchezza finanziaria, e delle scelte di portafoglio, per effetto della diversa incidenza sui redditi (e di conseguenza livelli di consumo e di risparmio) delle famiglie. In generale è aumentata la propensione a investimenti liquidi (tipica dei momenti caratterizzati da maggiore incertezza), tipicamente depositi bancari. La diversificazione è stata perseguita attraverso investimenti in polizze assicurative (tipicamente a basso rischio) e in quote di fondi comuni, e disinvestimenti nelle attività più rischiose (azioni e obbligazioni). Si osserva una tendenza, attraverso il ricorso al risparmio gestito (quote di fondi e gestioni patrimoniali), verso tipi di investimento che rispettano i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG, Environment Social Governance), che sottolineano una sensibilità verso la sostenibilità e l’eticità dei processi di intermediazione (si veda il Paragrafo 1.10) ⦁ Per quanto riguarda l’indebitamento, le famiglie italiane risultano tipicamente orientate a esso per l’acquisto di abitazioni, e in misura minore per il consumo. In generale, i loro debiti finanziari in rapporto al reddito disponibile risultano più bassi rispetto al valore medio dell’area euro (64.7% rispetto al 97.5% nel 2020). La tendenza ad aumentare l’indebitamento per il consumo ha avuto una frenata con la pandemia: ciò ha caratterizzato tutte le famiglie nei principali Paesi dell’area euro. Peraltro, nel corso della pandemia, l’indebitamento delle famiglie è stato sostenuto da moratorie e fondi di garanzia pubblici, in questo modo sostenendo il servizio del debito contratto in precedenza.
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
Passando a considerare le imprese non finanziarie, esse presentano normalmente in Italia (analogamente ad altri Paesi) una strutturale situazione di disavanzo, dovuta al forte ricorso all’indebitamento per sostenere gli investimenti. In situazioni di forte incertezza, tipica delle fasi di recessione, le imprese riducono notevolmente gli investimenti, e possono presentare saldi finanziari di periodo positivi. Ciò è avvenuto negli anni 2008 e 2012 in Italia, e anche nell’ultimo anno caratterizzato dalla pandemia, anche se molte imprese sembrano propense a riprendere gli investimenti, in particolare se la situazione sanitaria migliorerà, se le condizioni di finanziamento rimarranno favorevoli grazie all’intervento delle banche centrali attraverso politiche espansive, se i fondi previsti dai piani pubblici (PNRR) affluiranno adeguatamente. Il raccordo diretto con le disponibilità finanziarie delle famiglie ha trovato manifestazione nelle fasi di elevata propensione delle stesse all’investimento azionario, oppure quando, negli anni Novanta, è aumentata la sottoscrizione dei fondi comuni di investimento (in particolare, quelli a orientamento bilanciato o azionario). In un sistema come quello italiano, ricco di piccole imprese e microimprese famigliari, il raccordo avviene naturalmente attraverso l’apporto di mezzi propri per garantire il controllo della proprietà: questo, se da un lato spesso consente la sopravvivenza delle imprese, dall’altro ne frena le opportunità di crescita, che necessitano di maggiori risorse e quindi di un’apertura a capitali esterni. Un capitalismo maturo necessita infatti di mercati e intermediari che riescano ad apportare capitali stabili alle imprese per favorire percorsi di crescita. Da questo punto di vista, in Italia sia il mercato del capitale di rischio (la Borsa) sia gli intermediari specializzati ( private equity, venture capital) sono ancora poco sviluppati rispetto alla finanza più tradizionale (banche e fondi comuni), in Italia come in Europa continentale, rispetto a quanto accade in Gran Bretagna, USA e Australia. Stessa sorte, almeno per ora, sembrano avere i market place digitali orientati al classamento di capitale di rischio e di obbligazioni (equity crowdfunding), pur se il trend di sviluppo appare interessante. Anche in questo caso la finanza alternativa basata sul sistema delle piattaforme digitali è più sviluppata nei Paesi anglosassoni. Rivolgendo lo sguardo al passato, nel secolo scorso, l’affermarsi dello Stato quale “banchiere” delle imprese appariva evidente nel momento in cui il debito di natura bancaria rappresentava soltanto una piccola frazione dell’indebitamento a mediolungo termine: la quota prevalente era infatti costituita da finanziamenti pubblici. Nei periodi successivi, grazie anche all’abolizione della specializzazione temporale del credito di inizio anni Novanta, il volume del debito bancario si è sempre attestato intorno all’80% del complessivo debito a protratta scadenza. Quello bancario ha sistematicamente rappresentato la quota predominante del complessivo debito a breve, seguendo – o, più esattamente, determinando – il trend dell’ultimo trentennio; negli anni Ottanta esso si è ridotto notevolmente, così come è accaduto per le altre forme marginali di debito a breve, perché è raddoppiato il ricorso all’emissione di passività sull’estero, si è quasi triplicata l’emissione di azioni e partecipazioni, si sono affermate forme diverse di passività finanziarie. Storicamente basso è il ricorso al mercato obbligazionario mediante l’emissione di titoli di debito a lungo termine (corporate bond ) soprattutto a causa della concorrenza dei titoli di Stato e alla piccola dimensione e alla scarsa apertura internazionale di molte imprese italiane. L’indebitamento delle imprese è aumentato nel 2020 per la prima volta dal 2011, così come la leva finanziaria. Il peso dei prestiti bancari rimane elevato, nella attuale fase di crisi a fronte di esigenze di liquidità per finanziare il capitale circolante ancor più che gli investimenti. Le scelte di indebitamento e il ricorso alle diverse forme di finanziamento sono differenti per settori di operatività e dimensioni delle imprese,
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
APPROFONDIMENTO La finanza pubblica
ma in ogni caso assai marcato è stato l’incremento della leva finanziaria nei settori più colpiti dalla pandemia (ospitalità, ristorazione, servizi che richiedono il contatto con la clientela). Il ricorso a canali di finanziamento alternativi al credito permane limitato, tanto che si afferma (Banca d’Italia, Relazione per il 2020, p.107) che in prospettiva, il sostegno pubblico al settore produttivo dovrà mirare a favorire il riavvio degli investimenti, agevolare il ricorso agli strumenti di ristrutturazione del debito e incentivare la ripresa del processo di riequilibrio della struttura finanziaria, soprattutto il rafforzamento del capitale. Con riferimento alla PA, la difficile situazione finanziaria che si è cumulata nel corso degli anni è testimoniata dall’elevato livello di indebitamento, che è continuato a crescere anche a partire dall’inizio di questo secolo, in particolare se confrontato con l’evoluzione del Prodotto Interno Lordo nazionale. La sostenibilità del debito pubblico e delle politiche di bilancio è al centro del dibattito politico ed economico da circa due secoli. A partire dagli anni Novanta, l’attenzione si è concentrata sulla sostenibilità del debito pubblico e dei sistemi pensionistici e sanitari, in presenza di un invecchiamento della popolazione, assai pronunciato in Europa. La crisi pandemica ha ulteriormente evidenziato la criticità di tali aspetti, rendendo ancor più evidenti i legami tra sostenibilità finanziaria e sostenibilità ambientale (si veda il Paragrafo 1.10), e ponendo al centro delle scelte di politica economica il bilanciamento delle esigenze delle generazioni presenti e di quelle future. Tale bilanciamento è essenzialmente un problema etico, con cui si deve confrontare la classe dirigente, spesso influenzata dal mercato della politica, che pone orizzonti di breve termine rispetto a quelli di medio-lungo termine posti dalla sostenibilità finanziaria, ambientale, sociale e dei modelli di governance. La forte incidenza del debito sul PIL, porta in primo luogo l’attenzione dei governi, in particolare in Italia, a mantenere almeno un saldo primario (differenza tra entrate e spese, escluse quelle per interessi) positivo, senza aumentare ulteriormente la pressione fiscale. Il saldo primario ha assunto valori positivi dal 2009 al 2020, anno in cui si è manifestato in tutte le economie avanzate un disavanzo dovuto agli interventi di spesa successivi alla pandemia. La pandemia ha inciso in modo particolarmente negativo sulla finanza pubblica italiana, ragione per cui il nostro Paese, attraverso il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) approvato dalla Commissione europea nel giugno del 2021, otterrà in varie fasi il massimo dei finanziamenti ottenibili dal programma Next Generation EU, oltre 190 miliardi di euro. Queste risorse dovranno essere impiegate per riforme e progetti strutturali, non risolvendo quindi direttamente i problemi pregressi. La situazione strutturalmente critica della finanza pubblica in Italia ha infatti effetti negativi sul saldo complessivo per effetto della spesa per interessi pagata sul debito. Se gli investitori ritengono i titoli pubblici emessi dal Tesoro dello Stato italiano più rischiosi di quelli di altri Paesi (in Europa il confronto viene fatto con i titoli pubblici emessi dalla Germania, da qui l’attenzione al c.d. spread tra BTP e Bund a 10 anni), essi chiedono una remunerazione maggiore. Ciò influenza inevitabilmente la spesa per interessi, anche in una situazione favorevole per il basso livello dei tassi di interesse e il basso tasso di inflazione. La situazione descritta ha spinto la PA, in particolare lo Stato attraverso il Tesoro, a competere di fatto con altri emittenti pubblici e privati sui mercati finanziari per assicurarsi le risorse finanziare necessarie a sostenere le spese, molte delle quali per prestazioni sociali e dotazioni infrastrutturali (sanità, pensioni, trasferimenti alle imprese, reti di trasporto, telecomunicazioni). Tali titoli (si veda il Capitolo 4) sono presenti maggiormente, in termini di valore, nei portafogli di investitori istituzionali (banche, fondi comuni, assicurazioni, Banca d’Italia, detentori esteri) più che in quelli delle famiglie e delle imprese non finanziarie italiane.
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
Si rammenti (Banca d’Italia, Relazione per il 2020, p. 185) che nel 2020 le emissioni nette di titoli pubblici italiani sono quasi triplicate rispetto all’anno precedente, da 50 a 145 miliardi di euro, riflettendo sia l’aumento del fabbisogno generato dagli interventi di politica di bilancio a contrasto della pandemia, sia l’incremento da parte del Tesoro delle disponibilità liquide detenute. La vita media residua dei titoli di Stato è salita lievemente (a 6.9 anni, da 6.7 nel 2019), grazie alla maggiore durata media dei titoli di nuova emissione. L’ammontare dei titoli di Stato in scadenza nel 2021 è di circa 390 miliardi (250 tra giugno e dicembre). Si segnala infine, che nel 2021 è stata collocata la prima emissione di obbligazioni verdi (BTP) della Repubblica italiana. Essa contribuisce al raggiungimento degli obiettivi dell’European Green Deal (https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-greendeal_it), ed è coerente anche con il processo di transizione ecologica previsto dal PNRR. Sulla sostenibilità e sulla finanza sostenibile si torna nel Paragrafo 1.10 e nel Paragrafo 4.1: essi sono temi di grande rilevanza per il futuro dei sistemi economici e finanziari, su cui in particolare l’Europa sta molto investendo. In sintesi, dall’analisi dei dati, emerge come il sistema finanziario italiano si sia caratterizzato, con riferimento a un orizzonte temporale lungo, per i seguenti elementi: ⦁ borsa con scarso spessore, tradizionalmente poco presente e poco incisiva nella vita finanziaria delle imprese; ⦁ capitalismo famigliare, la cui presenza ha condizionato la realtà produttiva italiana (prevalentemente composta da PMI, Piccole e Medie Imprese). L’azionariato diffuso ha costituito un’eccezione riguardante nella gran parte dei casi le grandi imprese (ex partecipazioni statali), mentre per le altre è stata predominante l’impresa famigliare, i cui equilibri nel capitale hanno riflesso gli equilibri all’interno della famiglia; ⦁ assenza di Hausbank (“banca di casa”, ossia banca di fiducia, interlocutore di fiducia dell’impresa), con un sistema finanziario sicuramente orientato agli intermediari (in particolare a quelli creditizi); ciò ha determinato la mancanza di un controllo sulla gestione delle unità produttive e di quella proficua sinergia banca-impresa che rende i flussi finanziari funzionali alla crescita reale; ⦁ specializzazione creditizia, in ragione della legge bancaria del 1936 che ha per lungo tempo determinato la presenza di un sistema estremamente specializzato (temporalmente – breve termine versus lungo termine –, territorialmente e per settori di attività economica), ma in parte deresponsabilizzato nella sua attività caratteristica di valutazione del merito del credito; ⦁ scarso sviluppo di intermediari – fondi di private equity, società di venture capital – volti a favorire la nascita e la crescita di imprese innovative, così come di forme innovative di finanziamento legate al fenomeno del crowdfunding (lending ed equity); ⦁ crescita del mercato dei titoli pubblici, che ha favorito lo sviluppo dei mercati obbligazionari con effetti comunque positivi sull’articolazione del sistema finanziario e sui comportamenti di famiglie e intermediari; ⦁ nascita di altre forme di investimento, legata in parte alla riduzione dell’offerta dei titoli di Stato, e soprattutto alla diminuzione dei tassi di interesse, che hanno reso depositi bancari e titoli di Stato meno appetibili stimolando la ricerca di strumenti di investimento alternativi soprattutto nel campo del c.d. risparmio gestito (fondi comuni, prodotti assicurativi e previdenziali), in cui alle banche si sono affiancati altri tipi di intermediari (imprese di investimento, società di gestione del risparmio).
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APPROFONDIMENTO Il rapporto banca impresa: i possibili punti di vista
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
1.6 ⦁ Il ruolo dell’alfabetizzazione finanziaria e dell’educazione
finanziaria Di fronte a una realtà economica e finanziaria sempre più complessa e instabile, anche per effetto di ricorrenti e profonde crisi di origine diversa, le conoscenze in campo finanziario assumono un’importanza crescente per garantire capacità di adattamento e di risposta alle mutevoli situazioni. In tutto il mondo, in particolare nei Paesi socialmente ed economicamente più avanzati, accanto all’offerta di servizi di consulenza offerti da soggetti privati, tipicamente intermediari finanziari, si sono sviluppate politiche pubbliche volte a garantire una adeguata alfabetizzazione finanziaria, attraverso lo svolgimento e il coordinamento di iniziative di educazione finanziaria. Tra le molte definizioni di alfabetizzazione finanziaria, ricordiamo quella di OCSE, 2005: “insieme di conoscenze e cognizioni di concetti e rischi di carattere finanziario, unito alle abilità, alla motivazione e alla fiducia nei propri mezzi, che consentono di utilizzare quelle stesse conoscenze e cognizioni per prendere decisioni efficaci in molteplici e diversi contesti di carattere finanziario, per migliorare il benessere degli individui e della società e per consentire una partecipazione consapevole alla vita economica” e quella più sintetica di Lusardi e Mitchell, 2011: “l’abilità di elaborare le informazioni economiche e di prendere decisioni informate riguardo alla pianificazione finanziaria, l’accumulazione della ricchezza, il debito e le pensioni”. Le tre componenti principali che consentono di misurare tali abilità attraverso semplici domande sottoposte in indagini presso campioni di individui, le c.d. Big Three, sono la capacità di calcolare interesse semplice e interesse composto, di comprendere l’effetto dell’inflazione e della diversificazione nelle scelte finanziarie. Pur essendo tali capacità apparentemente semplici da sviluppare, esse sono presenti mediamente in circa il 30% della popolazione adulta in Paesi economicamente sviluppati (in primo luogo, gli Stati Uniti). Se i livelli di alfabetizzazione finanziaria appaiono così deboli negli individui e nelle famiglie, essi si riflettono negativamente anche sulle scelte di molte piccole e micro imprese che caratterizzano il tessuto di molte economie, anche di quelle più avanzate. Si comprende quindi facilmente il ruolo positivo che possono svolgere gli intermediari finanziari attraverso attività di formazione e consulenza, e come queste attività debbano essere improntate alla massima correttezza ed eticità (si veda oltre il Paragrafo 1.10). Tali attività vengono effettivamente svolte, in Italia anche attraverso iniziative senza scopo di lucro messe in atto da associazioni di intermediari e da fondazioni da essi costituite (per esempio, la FEDuF, Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio, www. feduf. it). D’altra parte, si comprende altrettanto facilmente come un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei livelli di alfabetizzazione finanziaria sia giocato dalle famiglie e dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, dal mondo dell’università, dalle istituzioni governative ai vari livelli (Ministeri, Regioni, Comuni). In effetti, se seguiamo la definizione di educazione finanziaria data dall’OCSE nel 2005, “un processo attraverso il quale i consumatori, i risparmiatori e gli investitori migliorano le loro capacità di comprensione dei prodotti finanziari e dei concetti che ne sono alla base e attraverso istruzioni, informazioni, consigli sviluppano attitudini e conoscenze atte a comprendere i rischi e le opportunità di fare scelte informate, dove ricevere supporto o aiuto per realizzare tali scelte e per le azioni da intraprendere per migliorare il proprio stato e il livello di protezione”, si comprende come una molteplicità di attori possa contribuire allo sviluppo di questo processo. Allo scopo di coordinare gli interventi di tale molteplicità di attori, in Italia nel 2017 è stato costituito il Comitato nazionale per la programmazione e il coordinamento
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
delle attività di educazione finanziaria, dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico (per approfondimenti e per consultare il molto materiale a disposizione si veda http://www.quellocheconta.gov.it/it/). Dal 2019 l’Associazione dei Docenti di Economia degli Intermediari e dei Mercati Finanziari e Finanza d’Impresa (ADEIMF) ha un accordo con il Comitato per sostenere le iniziative di educazione finanziaria attraverso la collaborazione del mondo universitario. ADEIMF è attiva da tempo, con proprie iniziative, sviluppate anche attraverso accordi con fondazioni private quali la già citata FEDuF (per approfondimenti si veda www.adeimf.it). La recente crisi indotta dalla pandemia Covid-19 ha riacceso l’interesse sul tema della fragilità finanziaria delle famiglie (e di conseguenza di tutte le imprese famigliari ampiamente presenti in Italia in molti settori), intesa nelle indagini condotte su di essa come assenza di disponibilità liquide per far fronte a spese impreviste. La conoscenza finanziaria ha un impatto evidente, e misurabile, sulla fragilità finanziaria. L’attenzione su tale conoscenza è particolarmente rilevante alla luce del fatto che il nostro Paese, notoriamente, presenta un livello di financial literacy piuttosto basso rispetto ad altre economie avanzate e solo recentemente, attraverso la costituzione del Comitato, ha adottato una strategia nazionale di educazione finanziaria. Dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, numerose ricerche si sono concentrate sulla misurazione del livello di alfabetizzazione finanziaria, in vari contesti, con focus domestico o con finalità di confronto internazionale. Un numero più ristretto di lavori ha cercato di rispondere alla seguente domanda: che impatto ha l’alfabetizzazione finanziaria sul comportamento degli individui? Il comportamento da osservare è stato identificato in modo vario: scelte d’investimento e partecipazione al mercato dei capitali, risparmio previdenziale, sovraindebitamento e fragilità finanziaria. Gli studi nel complesso hanno rilevato il ruolo importante che l’alfabetizzazione finanziaria può svolgere nel ridurre i rischi a cui sono esposte le famiglie. Anche alla luce di studi recenti, che tengono conto dell’effetto della pandemia, l’alfabetizzazione finanziaria si conferma come potenziale strumento per incrementare la resilienza finanziaria delle famiglie italiane. Il fatto che l’alfabetizzazione finanziaria abbia un rapporto inverso non solo con variabili più “oggettive”, come l’incapacità di risparmiare o di affrontare le spese correnti, ma anche di natura più strettamente soggettiva e legata a tratti personali, come l’abitudine a non programmare e vivere alla giornata, porta a ritenere che un solido bagaglio di conoscenze, almeno quelle essenziali, possa rendere le decisioni più consapevoli e, auspicabilmente, ridurre anche le distorsioni percettive (i c.d. bias) che tipicamente conducono a scelte di consumo, investimento e indebitamento non razionali: l’eccessiva fiducia, che porta a sottostimare la probabilità di eventi negativi e sovrastimare la propria capacità di reazione; l’euristica della disponibilità, che condiziona la stima della probabilità di un evento alla “disponibilità” del ricordo di eventi simili; e lo sconto iperbolico, che conduce ad assegnare maggior peso agli eventi presenti rispetto a quelli futuri. In sintesi, l’alfabetizzazione finanziaria sembra poter orientare anche le attitudini verso il risparmio previdenziale e una visione di lungo termine nel programmare la propria vita. Una conferma della rilevanza dell’alfabetizzazione finanziaria nell’aiutare le famiglie a sostenere gli shock da pandemia Covid-19 emerge anche dai risultati di una recente indagine condotta da Doxa su incarico del Comitato nazionale per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria. La crisi pandemica, e il periodo non breve – ricco di conseguenze negative sul piano sociale ed economico – che ci attende in seguito alla pandemia, segnalano la
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
necessità di investire maggiori risorse in tali tipi di studi, da condurre a livello internazionale, con particolare attenzione al contesto europeo. La crisi di liquidità a cui soggiacciono molte famiglie, e molte imprese di minori dimensioni strettamente collegate alle famiglie, non può essere affrontata solo attraverso misure emergenziali nella forma di ammortizzatori sociali, sussidi, moratorie, ma soprattutto deve essere affrontata in modo strutturale migliorando il generale livello di istruzione economica e più specificatamente finanziaria. La capacità di programmare la propria gestione economica e finanziaria, unitamente alla comprensione di alcuni elementi fondamentali di valutazione (inflazione, regime dell’interesse semplice e composto, relazione rischio e rendimento), rappresenta per le famiglie un requisito essenziale per ammortizzare gli shock economici indotti dalla pandemia. Tale capacità è particolarmente rilevante per quelle famiglie che si trovano a livelli più bassi della scala del reddito e della ricchezza: sull’istruzione di esse vanno realizzati gli investimenti più importanti. Diffondere una sana cultura del denaro e della sua gestione deve essere prerogativa essenziale del sistema pubblico di istruzione in Italia, a vari livelli: scuola primaria e secondaria, università: ciò vale soprattutto per le giovani generazioni, come investimento per il futuro. L’urgenza di tali investimenti emerge con chiarezza dai recenti dati forniti dalla rilevazione OECD PISA (Programme for International Students Assessment), che comprende, dal 2012, un’indagine sui livelli di alfabetizzazione finanziaria dei giovani, che si accosta a un’analisi sulle capacità degli adulti (tra cui anche capacità in campo finanziario), denominata PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), che si svolge sempre in ambito OECD. Si confermano valori medi di alfabetizzazione finanziaria che pongono l’Italia tra le posizioni più basse in Europa, con divari tra uomini e donne (che appaiono mediamente meno alfabetizzate), tra Nord e Sud, tra studenti dei licei e studenti degli istituti professionali. Tali divari si acuiscono se consideriamo altri aspetti che interagiscono fortemente con la capacità di prendere decisioni in campo finanziario: si pensi all’uso della tecnologia e al perdurante digital divide che vede in posizione di difficoltà le donne, le persone meno istruite e che vivono nel Sud del Paese, oltre che alla capacità di percepire e valutare i rischi derivanti dal venir meno della sicurezza informatica (cyber risk and security). Anche le relazioni tra alfabetizzazione finanziaria, digital divide e cyber risk e security sono un oggetto importante di ricerca e di intervento educativo. Sul piano delle politiche e delle azioni immediatamente concrete, è particolarmente utile agire per colmare i divari di alfabetizzazione finanziaria, che sono anche l’effetto, oltre che una delle cause, di una crescente diseguaglianza sociale ed economica, che la pandemia non può che accelerare e acuire nei prossimi anni. Intervenire sui divari e sulle diseguaglianze richiede non solo un rafforzamento delle conoscenze finanziarie, come da più parti evidenziato e come confermato dalle evidenze citate, attraverso la collaborazione del settore pubblico (ministeri, autorità) con le iniziative private (associazioni, fondazioni, intermediari finanziari). Affinché l’alfabetizzazione finanziaria trovi un terreno fertile su cui svilupparsi, occorre diffondere tra le famiglie e gli operatori economici e finanziari una cultura della responsabilità, della collaborazione e dell’etica orientata al futuro, che deve basarsi sulla sostenibilità sociale e ambientale delle scelte finanziarie (si veda il Paragrafo 1.10), di istruzione, di lavoro. Il mondo della scuola e dell’università può e deve creare e rafforzare contributi che siano utili a diffondere questa cultura, raccogliendo le sfide che dodici anni di crisi e lo shock pandemico hanno reso ineludibili. Occorre favorire, a beneficio di tutti, lo sviluppo della convinzione che la povertà di reddito e la povertà di ricchezza siano un problema collettivo e sociale, ancor
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
prima che un problema individuale, istituzionale e di mercato. Tale convinzione deve indurre a rafforzare ulteriormente le politiche pubbliche atte a elevare il livello dell’alfabetizzazione finanziaria, da considerare un bene comune fondamentale nel migliorare la resilienza finanziaria delle famiglie e il loro contributo al comune benessere socioeconomico, ancor più necessario in questo delicato periodo per la società italiana.
1.7 ⦁ Funzioni, struttura, componenti e orientamento
del sistema finanziario Finora si è definito e illustrato il concetto di struttura finanziaria dell’economia, la quale attiene al comportamento finanziario delle unità economiche e alle modalità di trasferimento delle risorse monetarie; in senso più ristretto, il sistema finanziario rappresenta, invece, la struttura attraverso la quale si svolge, sistematicamente e in modo specializzato, la complessiva attività di produzione e offerta di mezzi di pagamento e di servizi e strumenti finanziari, attività, appunto, definita di intermediazione finanziaria. Tale attività soddisfa secondo varie modalità i fabbisogni di molteplici soggetti (individui, gruppi sociali, imprese, istituzioni) presenti nella società. Ciascuno di tali soggetti è caratterizzato da propri ruoli e responsabilità nel funzionamento socialmente ed economicamente sostenibile del sistema stesso. Tradizionalmente, lo studio del sistema finanziario si fonda su due profili: l’approccio funzionale, ossia l’analisi delle funzioni “assegnate” al sistema e delle modalità (efficacia ed efficienza) attraverso le quali esse vengono svolte incidendo anche sul sistema reale; l’approccio strutturale, ossia l’analisi dei suoi elementi costitutivi per valutarne, singolarmente e nel loro reciproco interagire, caratteristiche e logiche evolutive. In estrema sintesi, si può affermare che le tre funzioni svolte dal sistema finanziario sono: 1. la funzione monetaria, legata alla creazione e circolazione dei mezzi di pagamento nonché alla gestione del sistema dei pagamenti; 2. la funzione creditizia e di mobilizzazione del risparmio, legata al trasferimento delle risorse tra operatori economici, ovvero dalle unità in surplus (detentori di fondi) alle unità in deficit (prenditori di fondi), dai portatori di capitale (azionisti) ai soggetti capaci di realizzare progetti imprenditoriali (management), dai soggetti non interessati al controllo delle imprese ai soggetti che, invece, sono interessati a detenerlo; 3. la funzione di trasmissione della politica monetaria, poiché il sistema finanziario è il veicolo attraverso il quale si perseguono gli obiettivi della politica monetaria, che è parte della politica economica (Capitolo 13). Con riferimento, invece, al soddisfacimento delle esigenze degli operatori, il sistema finanziario agevola, rendendo possibili a condizioni più vantaggiose: ⦁ il regolamento degli scambi mediante l’offerta di strumenti di pagamento; ⦁ il trasferimento di risorse connesse a forme di “dissociazione” tra risparmio accumulato e decisioni di investimento le quali necessitano di opportuni finanziamenti; ⦁ la gestione dei rischi e la loro copertura mediante l’operatività sui mercati a termine e lo svolgimento dell’attività assicurativa. Poiché, in un moderno sistema economico, gli operatori presentano un elevato livello di specializzazione (divisione del lavoro) in funzione delle proprie risorse, abilità e
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
competenze, è necessario disporre di meccanismi di scambio e di regolamento molto sviluppati: cruciale è, quindi, la struttura del sistema dei pagamenti le cui efficienza ed efficacia sono legate alla idoneità degli strumenti (di pagamento) a fungere da mezzo di regolamento delle transazioni commerciali e non. Lo scambio di risorse finanziarie deve avvenire non solo nello spazio (come per i mezzi di pagamento), ma anche nel tempo (con strumenti che implicano rapporti di debito/credito), per consentire alle unità economiche di scambiare potere d’acquisto nel presente versus potere d’acquisto nel futuro. In questo modo, le risorse risparmiate dalle unità in surplus diventano disponibili per le unità in deficit, le quali sono in grado di compiere investimenti il cui volume e la cui tipologia influiscono positivamente sulla crescita del sistema economico. Infine, il sistema finanziario agevola la gestione dei rischi, implicita nell’attività finanziaria, attraverso: specifici contratti che permettono agli operatori di regolare la propria posizione in relazione all’andamento futuro dell’oggetto della transazione; contratti assicurativi che consentono di gestire i rischi (perdite/danni futuri) non quantificabili nella misura e nel tempo. Gli elementi costitutivi del sistema finanziario sono esposti nella Figura 1.4: ⦁ gli strumenti, l’insieme dei contratti aventi per oggetto diritti e prestazioni di natura finanziaria la cui varietà aumenta poiché le esigenze degli operatori mutano con il mutare delle condizioni ambientali (Capitolo 4); ⦁ i mercati, l’insieme degli scambi finanziari il cui corretto funzionamento presuppone strutture, organi di gestione, operatori, regole di comportamento, istituzioni di controllo (Capitolo 6); ⦁ gli intermediari, le istituzioni specializzate nella produzione e negoziazione di strumenti finanziari e nell’offerta di servizi, che attuano una trasformazione delle caratteristiche degli strumenti in termini di scadenza, determinazione del tasso, valuta, taglio unitario, grado di rischio (la cui intensità determina il loro livello di differenziazione) (Capitolo 7); ⦁ l’ordinamento, l’insieme delle norme che, disciplinando strumenti, mercati e intermediari, deve assicurare lo svolgimento delle funzioni assegnate al sistema finanziario in modo efficace ed efficiente (Capitoli 10 e 11).
Figura 1.4 Elementi costitutivi del sistema finanziario
Ordinamento monetario e dei cambi Strumenti
Sistema finanziario
obbligazionario Mercati
azionario derivati
di partecipazione di indebitamento
mobiliari Intermediari
di assicurazione derivati
assicurativi
composti
creditizi mobiliari
creditizi
primari
assicurativi
secondari
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
Gli strumenti finanziari permettono di soddisfare le esigenze di scambio e di allocazione delle risorse: i bisogni di trasferimento nello spazio e nel tempo alimentano i circuiti diretti (mercati) attraverso la circolazione di primary security (tipicamente, azioni e obbligazioni) mentre le esigenze di trasformazione dettate dall’assenza di coerenza tra le preferenze di datori e prenditori alimentano il circuito indiretto (intermediari) attraverso la formazione di secondary security (tipicamente, depositi bancari e prestiti). In un’accezione allargata, tra gli strumenti finanziari sono annoverati anche i contratti tipici dell’intermediazione bancaria e assicurativa: prestiti e raccolta (le c.d. “operazioni bancarie”) e polizze. In un’accezione più ristretta, invece, appartengono alla categoria degli strumenti finanziari solo i contratti oggetto di scambio sul mercato dei capitali (i titoli). I mercati finanziari – detti anche, collettivamente, mercato dei capitali – costituiscono l’insieme delle operazioni di creazione e di scambio dei contratti nei quali la presenza di strutture organizzative e di operatori specializzati agevola l’incontro tra domanda e offerta, ordini di acquisto e di vendita. La più importante e utilizzata classificazione distingue tra: ⦁ mercato creditizio, nel quale intermediari specializzati, ricorrendo a operazioni di raccolta ed erogazione di prestiti, riescono a soddisfare, attraverso il proprio bilancio, le divergenti esigenze degli scambisti; ⦁ mercato mobiliare, nel quale trovano esecuzione tutte le operazioni aventi per oggetto titoli destinati a circolare tra gli operatori; ⦁ mercato assicurativo, nel quale gli operatori si coprono dai rischi puri mediante la stipula di polizze con le compagnie di assicurazione; ⦁ mercato dei servizi di pagamento. Una trattazione, anche introduttiva, del sistema finanziario e l’analisi della sua struttura non possono dirsi complete senza affrontare il tema del controllo e delle norme che disciplinano i molteplici aspetti del suo funzionamento. Le ragioni fondamentali del controllo pubblico sul sistema finanziario sono riconducibili a quelle che sono le sue funzioni. In primo luogo, poiché la moneta bancaria – costituita dai depositi a vista delle banche – è comunemente accettata come mezzo di pagamento, l’esigenza e l’utilità del controllo dipendono dall’interesse generale al buon funzionamento del sistema dei pagamenti e della funzione monetaria per ragioni di sicurezza, stabilità, efficienza, regolazione della quantità di moneta (equilibrio domanda-offerta). Essendo la mobilizzazione e il trasferimento del risparmio caratterizzati da una forte e inevitabile componente fiduciaria (gli strumenti finanziari hanno prestazioni distanziate nel tempo), vi è un interesse generale a che il risparmiatore rafforzi la propria fiducia nei confronti dei prenditori di fondi e degli intermediari; ne consegue l’opportunità di fissare regole alle quali devono sottostare tutti i soggetti che offrono forme di investimento ai risparmiatori per potenziare l’affidabilità dei debitori e accrescere la capacità di valutazione da parte dei creditori. Gli obblighi informativi e di trasparenza sono stati ulteriormente rafforzati in seguito alla crisi finanziaria (Capitolo 10). Inoltre, la crisi e l’insolvenza delle banche e degli altri intermediari assumono un rilievo che va oltre la tutela dell’interesse del singolo investitore, potendo provocare conseguenze negative di tipo sistemico attraverso forme di contagio, sfiducia, panico dei depositanti, corsa agli sportelli per il ritiro dei depositi: in sostanza, una crisi bancaria o, in senso più ampio, una crisi finanziaria possono determinare instabilità anche nell’economia reale.
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Normativa primaria: ordinamento complessivo del sistema finanziario basato su norme comunitarie e statali.
Normativa secondaria: ordinamento specifico del sistema finanziario, con finalità di vigilanza, attuato da organi espressamente previsti e delegati dalla legge.
Il rapporto creditore-debitore è intrinsecamente caratterizzato da un difetto di informazione a danno del creditore (Capitolo 2) con un effetto negativo in termini di efficace selezione dei prenditori di fondi: infatti, l’informazione non è sempre sufficiente a stabilire una precisa graduatoria di rischio e, quindi, a definire il “prezzo” del credito in funzione del rischio. I prezzi tendono così verso un livello medio che non discrimina la qualità del prenditore perché i prenditori di qualità migliore pagano prezzi troppo alti e i peggiori un premio per il rischio insufficiente; accade quindi che i primi tendono a rinunciare a indebitarsi per non pagare un prezzo ingiustificato, la qualità media dei prenditori si riduce, il premio per il rischio (medio) aumenta e si genera un’ulteriore caduta di domanda da parte del segmento di buona qualità. In altre parole, si potrebbe determinare il “fallimento” del mercato perché lo scambio, il cui prezzo è strettamente legato all’informazione, non può raggiungere un equilibrio se lasciato alle “libere forze del mercato”. L’ordinamento delle attività finanziarie è l’insieme organico delle norme che disciplinano le attività e le istituzioni dell’intermediazione finanziaria in un dato contesto politico-amministrativo. L’intervento pubblico (autorità europee e Stati membri) si manifesta a livello legislativo, esecutivo, amministrativo. La normativa primaria disegna il grado istituzionale complessivo definendo il quadro di regole base per tutte le componenti del sistema ed è costituita da norme comunitarie (le c.d. “direttive”, oggetto di recepimento da parte degli Stati membri e dai regolamenti direttamente applicabili) e da norme statali (leggi e decreti del Parlamento, decreti legislativi). A livello esecutivo, sono definiti i poteri di intervento attribuiti al Governo, a comitati di ministri (in Italia, il CICR, Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio), a singoli ministri (tipicamente, il Ministro dell’economia) e che si traducono in politiche di indirizzo rivolte al livello istituzionale e tecnico. A livello amministrativo, le autorità di controllo indipendenti (nazionali e sovranazionali) sono competenti per specifiche materie e operano fondamentalmente sul terreno tecnico, attraverso le politiche e gli strumenti di regolamentazione e di vigilanza formalizzate in istruzioni e regolamenti. La normativa secondaria assume e realizza finalità di regolamentazione più specifica, tipicamente di vigilanza, attraverso istruzioni e regolamenti emessi dalle autorità di controllo indipendenti. Passando a trattare l’orientamento del sistema finanziario, occorre precisare che tale sistema non è statico e opera con modalità diverse nel tempo e nello spazio. Secondo l’analisi di Rybczynski (1997), il sistema finanziario, nella sua evoluzione storica, si è configurato con tre diverse strutture: 1. l’orientamento alle banche (sistema bancocentrico); 2. l’orientamento al mercato (sistema mercatocentrico); 3. l’orientamento alla securitization.
Sistemi orientati alle banche: sistemi finanziari in cui le imprese finanziano i loro investimenti e le loro necessità a breve facendo ampio e prevalente ricorso al credito bancario.
Per comprendere meglio tali modelli strutturali, si deve fare riferimento alle modalità con le quali le imprese finanziano i propri investimenti a breve e a medio-lungo termine. La modalità primaria è legata al capitale apportato dai soci, agli utili non distribuiti e al credito commerciale, che trae origine dall’operatività caratteristica dell’impresa, a prescindere, quindi, dall’orientamento del sistema finanziario. Nei sistemi orientati alle banche, le imprese finanziano i loro investimenti e le loro necessità a breve, oltre che con il capitale proprio e con il credito commerciale, facendo ampio e prevalente ricorso al credito bancario. Tale sistema finanziario è caratteristico della prima fase di industrializzazione delle economie, con investimenti prevalentemente concentrati nell’industria di base (ferriere), nei trasporti
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
(ferrovie) e nell’estrazione e lavorazione delle risorse naturali. In tali sistemi, storicamente, si rileva una forte concentrazione proprietaria delle imprese, nelle quali non vi è netta separazione tra management e proprietà. Il controllo dell’impresa è saldamente nelle mani della proprietà, mentre il controllo su quest’ultima è assicurato dalle banche che, in quanto principali finanziatori esterni, ne monitorano la situazione economico-patrimoniale. Il risparmio nazionale tende a transitare quasi esclusivamente attraverso le banche che finiscono per diventare il quasi unico finanziatore esterno dell’economia. Per convenienza storicamente consolidata e per specifica previsione normativa, negli ultimi due decenni l’attività di intermediazione delle istituzioni bancarie ha assunto peso e proporzioni dominanti anche quando – per esempio, nel caso dei titoli di Stato emessi per finanziare il disavanzo della PA – il canale diretto sarebbe teoricamente utilizzabile per effetto del rapporto fiduciario e della sicurezza nel rimborso del debito. È opportuno comunque proporre la distinzione tra intermediazione “pesante” – che si realizza quando la banca “acquista” il risparmio garantendone sia la restituzione sia la remunerazione contrattualmente stabilita (raccolta diretta) – e intermediazione “leggera” – che si realizza quando la banca governa, indirizza e amministra il risparmio incanalandolo verso strumenti di debito emessi dai soggetti in disavanzo (raccolta indiretta). In realtà, tale distinzione deve essere meglio precisata poiché la normativa vigente impone che l’attività di intermediazione mobiliare (Capitolo 7) sia assegnata in via esclusiva alle società di investimento, anche se le banche (purché con opportuna separatezza organizzativa, amministrativa e contabile) possono costituire al proprio interno un contesto del tutto simile senza l’obbligo di creare un’apposita società esterna. All’interno della banca esiste, quindi, una “enclave” circondata da rigorose “muraglie cinesi” di natura organizzativa (quando non anche fisica) che separano la raccolta e l’impiego diretto delle risorse da quello della gestione degli investimenti diretti dei risparmiatori in strumenti emessi da soggetti terzi. Nei sistemi orientati al mercato, invece, le imprese finanziano i mezzi propri e il debito esterno ricorrendo al mercato dei capitali con emissione di titoli rispettivamente azionari e obbligazionari: la struttura del passivo registra, quindi, un aumento del capitale proprio detenuto da soggetti diversi dai soci fondatori e un forte peso delle obbligazioni, mentre il finanziamento bancario ha un’incidenza, se non marginale, comunque inferiore a quelle del finanziamento esterno. Le banche assicurano la concessione del credito a breve e rappresentano l’unico o il principale riferimento esterno solo per le imprese che non hanno la dimensione per raccogliere fondi direttamente sul mercato. In questo contesto, il mercato tende a sottrarre alle banche ampie quote di risparmio nazionale e un ruolo crescente è assunto da investitori istituzionali, compagnie di assicurazione e fondi pensionistici e di investimento. Nelle imprese che fanno ricorso al mercato, il management tende a essere separato dalla proprietà e si sviluppa il modello della public company, caratterizzata da numerosissimi azionisti e dalla impossibilità pratica di garantire in assemblea maggioranze assolute (50% +1 dei voti), per cui anche con quote azionarie ridotte è possibile influenzare in misura determinante la nomina degli amministratori. Ne consegue che il controllo sull’impresa è esercitato soprattutto dal mercato (sia dai “soci investitori” non di comando, sia da entità esterne all’impresa, società di rating e analisti finanziari). Nei sistemi orientati alla securitization, rispetto all’orientamento al mercato, si riscontrano due grandi differenze: (1) il ricorso, per finanziare le proprie attività, alla cessione di crediti anziché all’aumento dei debiti (securitization); (2) la presenza di soggetti (fondi) specializzati nell’investimento in attività e imprese particolarmen-
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Sistemi orientati al mercato: sistemi finanziari in cui le imprese finanziano i mezzi propri e il debito esterno ricorrendo al mercato dei capitali (emettendo azioni e obbligazioni).
Sistemi orientati alla securitization: sistemi finanziari in cui le imprese si finanziano smobilizzando dall’attivo i crediti presenti e futuri ricorrendo alla loro trasformazione in titoli negoziabili.
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
te rischiose, in fase di avvio (start-up e venture capital) o in crisi: di conseguenza, si sviluppa un segmento di mercato definito market for corporate control, nel quale si cede il controllo di imprese avviate alla crescita o rilanciate e ristrutturate, a volte con notevoli capital gain giustificati dall’elevato rischio (incertezza dell’esito) assunto in fase di investimento. La novità di tale orientamento è che le imprese si finanziano non solo utilizzando tutte le forme tipiche di passività, ma anche smobilizzando dall’attivo i crediti presenti e futuri, grazie al ricorso alla loro trasformazione in titoli negoziabili (cartolarizzazione o securitization); inoltre, si registra lo sviluppo di un ampio mercato interbancario nel quale le banche si scambiano fondi a breve o brevissimo termine. Le banche non solo continuano a partecipare direttamente al finanziamento delle imprese che non fanno ricorso al mercato o per garantire credito a breve, ma diventano esse stesse acquirenti dei titoli emessi dalle imprese. Il controllo operato dal mercato si fa più sofisticato, poiché i risparmiatori privati tendono a comprare quote di fondi comuni, delegando loro la selezione degli investimenti in azioni e obbligazioni: ciò contribuisce ad aumentare il controllo sulle imprese a opera degli investitori istituzionali, che tendono a diventarne i maggiori proprietari. L’orientamento alla securitization, unitamente al fenomeno della globalizzazione, tende a generare una più forte tendenza verso un mercato mondiale unico dei titoli e quindi anche a diffondere più facilmente e ad amplificare gli eventi positivi e negativi collegati a bolle speculative che possono essersi generate. La schematizzazione proposta trova un’ulteriore suddivisione con specifico riferimento all’orientamento alle banche e al loro tipico rapporto con le imprese, che può essere transazionale o di lungo termine. L’orientamento alla transazione (transaction banking) corrisponde a un legame tra banca e impresa caratterizzato dalla convenienza oggettiva a effettuare una o più operazioni. Per esempio, per ottenere un servizio di pagamento un’impresa si rivolge alla banca che, al momento, assicura il migliore rapporto prezzo-qualità, ma è sempre disponibile a cambiare controparte se quest’ultima è in grado di offrire, pro tempore, una migliore combinazione; a sua volta, la banca tende a realizzare un approccio che potrebbe essere definito da “grande magazzino con prezzi fissi”. Ne emerge un rapporto complessivamente asettico e distaccato, nel cui ambito, per qualunque transazione, si guarda esclusivamente alla qualità e al prezzo dei prodotti in quel momento negoziati e non a elementi diversi. Se un’impresa ha bisogno di 1 milione di euro per 1 mese, attraverso un semplice giro di telefonate, individua la banca che, in presenza di minori garanzie, offre il tasso più conveniente; a sua volta, la banca, nel determinare il tasso e le condizioni, valuterà esclusivamente la capacità della singola transazione di generare il massimo reddito possibile al minor rischio associabile. In questo modello, l’impresa tenderà a moltiplicare i rapporti con le banche, sfruttando al massimo la concorrenza tra loro; le banche, se da un lato subiscono gli effetti della concorrenza, dall’altro non assumono particolari impegni verso l’impresa, per cui tenderanno a corteggiarla nelle fasi positive del ciclo e ad abbandonarla nelle fasi negative. L’orientamento alla relazione di lungo termine (relationship banking) non deriva dalla tipologia delle operazioni poste in essere (a medio-lungo termine), ma dall’intensità del legame instaurato tra banca e impresa. In questo caso, l’obiettivo è massimizzare la redditività nel lungo periodo ponendo maggiore attenzione al rapporto prezzo-qualità con riferimento all’intero arco temporale durante il quale si è realizzata la selezione di clientela (e non più alla singola transazione). Pertanto, la banca tenderà a offrire all’impresa tutti i suoi prodotti per l’intero suo ciclo di vita, mentre l’impresa tenderà ad avere una sola banca o comunque una banca di riferimento: il vantaggio principale di questo tipo di rapporti consiste nella circostanza che l’impresa potrà
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
fare affidamento sulla banca anche per affrontare gli inevitabili momenti di problematicità; la banca, a sua volta, trae beneficio dalla riduzione di costi informativi poiché le imprese rientranti nel suo target di clientela sono note e valutate con continuità e si devono solo sostenere i costi di mantenimento del monitoraggio informativo (tipicamente inferiore al costo di acquisizione di un nuovo cliente). Inoltre, contare sulla stabilità delle relazioni con la propria clientela significa contare sulla stabilità del reddito futuro. Ovviamente, nei momenti di difficoltà dell’impresa, la banca dovrà sostenerla trascurando la logica del massimo ricavo delle transazioni, e basando invece il suo giudizio sulla capacità di quest’ultima di superare le difficoltà anche grazie all’aiuto tecnico e finanziario fornitole. In chiusura, va evidenziato che, nella realtà, difficilmente gli schemi di orientamento dei sistemi finanziari e i modelli di rapporto banca-impresa tendono a essere perfettamente differenziati e catalogabili sulla base delle tipologie proposte. Di fatto, nei sistemi finanziari orientati alle banche è attivo un significativo mercato dei titoli (azionari e obbligazionari) e, per converso, è significativa la presenza delle banche anche nei sistemi orientati al mercato. Inoltre, nel rapporto banca-impresa si tende comunque, persino nei legami prevalentemente transazionali, a generare fidelizzazione della clientela, soprattutto se l’interazione è tra piccole banche e piccole imprese. Infine, nel rapporto di lungo termine le imprese possono avere relazioni con più banche, e alcune di esse possono non essere disposte a sostenere le imprese nei loro momenti di difficoltà o possono avere atteggiamenti transazionali nel fissare i prezzi di determinati prodotti.
1.8 ⦁ I problemi di regolamentazione Il controllo sul sistema finanziario va collocato nel più ampio quadro dell’intervento pubblico in economia, finalizzato ad assicurare stabilità, equità ed efficienza nella distribuzione e nell’impiego delle risorse: in particolare, esso si giustifica con la necessità di correggere, per quanto possibile, gli effetti dei fattori di imperfezione e incompletezza del mercato (c.d. market failures) (Paragrafo 2.1). L’esperienza storica ha messo in luce che, pur volendo credere, in un’ottica liberista, nella capacità del mercato di ristabilire l’equilibrio nel lungo periodo, le deviazioni, anche se solo temporanee, possano avere conseguenze fortemente destabilizzanti, con gravi ricadute anche sull’economia reale. Ne sono esempi eclatanti la Grande Depressione degli anni Trenta e le crisi più recenti che si sono manifestate, con particolare virulenza, tra il 2007 e il 2020 con effetti globali. Allo stesso tempo, anche se la necessità della regolamentazione non sembra più essere posta in dubbio, rimangono aperti numerosi interrogativi sulla sua pervasività e su quali siano gli strumenti più efficaci ed efficienti. La peculiarità del sistema finanziario risiede nella circostanza che tutti gli scambi, e i relativi contratti, sono caratterizzati da un forte grado di aleatorietà in quanto implicano un trasferimento di ricchezza immediato a fronte di una prestazione futura incerta. Ne deriva una situazione di strutturale asimmetria informativa a danno del datore di risorse, spesso aggravata dalla sua incapacità di utilizzare al meglio le informazioni (comunque incomplete) in suo possesso. La regolamentazione può allora intervenire per aumentare l’informazione disponibile e disciplinare il comportamento degli intermediari per facilitare l’incontro tra datori e prenditori di risorse. Si pone, inoltre, l’esigenza di assicurare particolari tutele ai piccoli investitori, riconosciuti come contraenti deboli, per proteggere il loro risparmio ed evitare che un crollo di fiducia possa compromettere il corretto funzionamento del sistema e la realizzazione del trasferimento di risorse da soggetti in surplus a soggetti in deficit, fondamentale
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
per il finanziamento degli investimenti e la crescita economica. Infine, occorre rilevare come l’eventuale crisi di un intermediario, in particolare di una banca, possa produrre facilmente conseguenze negative (c.d. “esternalità”) che, attraverso un effetto domino, investono l’intero sistema finanziario. Tale effetto a catena è aggravato dall’esistenza di fitti rapporti interbancari che rendono possibile il contagio di altre istituzioni creditizie. Già prima dell’emergere del fenomeno della globalizzazione si era posto il problema di assicurare condizioni competitive omogenee alle grandi banche operanti a livello internazionale, al quale le autorità di vigilanza dei principali Paesi dettero una prima, parziale, risposta con il primo accordo sul capitale detto Basilea 1 nel 1984 (Paragrafo 11.3). Durante gli anni Novanta sotto il profilo istituzionale, nel settore bancario, si è passati (USA: Gramm-Leach-Bliley Act del 1999; UE: II Direttiva di coordinamento del 1989; Italia: TU Bancario del 1993) da principi di specializzazione istituzionale introdotti dopo la crisi del 1929 a principi specializzazione operativo-funzionale e organizzativa con una crescente integrazione tra attività creditizia e attività mobiliare. Soprattutto in Europa si è implicitamente confermata la centralità di un modello di banca universale. Si deve però osservare che rispetto all’introduzione di un nuovo corpus normativo, sempre più complesso, talvolta farraginoso, è stato quasi del tutto assente il dibattito circa il modello ottimale auspicato per sostenere una crescita regolare e convergente dell’Europa. Inoltre, nel tempo, si sono profondamente modificati gli strumenti di vigilanza adottati dalle autorità poiché si sono ridotti i controlli di natura strutturale, storicamente prevalenti, destinati a incidere direttamente sulla morfologia del settore, risolvendo il trade-off tra stabilità ed efficienza decisamente a vantaggio della stabilità. La concorrenza risultava quindi fortemente limitata da barriere all’ingresso e vincoli all’operatività, per consentire lo sviluppo dell’industria nazionale in “condizioni protette”. In questo quadro le autorità agivano con ampia discrezionalità, assumendo un ruolo attivo che è stato assimilato a quello di un vero e proprio “regista”. Sviluppo, internazionalizzazione dei mercati e un approccio ideologico più orientato alla deregulation hanno determinato un incremento delle pressioni concorrenziali e un naturale spostamento degli obiettivi della vigilanza a favore dell’efficienza; di conseguenza, i controlli di natura strutturale hanno lasciato il posto a controlli di tipo prudenziale basati su norme oggettive riducendo i timori e i rischi di un uso eccessivo della discrezionalità da parte delle autorità, Il ruolo delle autorità si è trasformato in quello di “arbitro” che controlla il rispetto delle regole del gioco. Infine, la disciplina prudenziale (Capitolo 11) consente agli intermediari che dispongano di risorse e competenze tecniche sufficienti di utilizzare i propri modelli interni per la misurazione e la gestione dei rischi: l’autorità si limita a valutare l’adeguatezza del modello e a imporre eventuali azioni correttive, assumendo un ruolo, oltre che di supervisore, di “certificatore e consulente”. Nell’ordinamento europeo alle regole oggetto di “armonizzazione massima” tra i Paesi membri si sono progressivamente affiancate misure che possono essere definite di “autocontrollo” degli intermediari con la finalità di valorizzare l’autonomia e l’imprenditorialità degli intermediari vigilati. In particolare, un ruolo fondamentale viene ora riconosciuto alla internal governance, in quanto le norme, mutuando le best practice del mercato, assegnano a ciascun intermediario una parziale autonomia, e conseguentemente responsabilità, nella definizione del proprio profilo di rischio e nella commisurazione delle risorse, in primo luogo quelle patrimoniali, necessarie al perseguimento del proprio modello di business. Il presupposto di tale impostazione è il riconoscimento da parte del regolatore che le scelte imprenditoriali rientrano nella responsabilità dei
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
singoli soggetti i cui organi aziendali hanno l’obbligo, e l’opportunità, di individuare le migliori soluzioni coerenti con il proprio profilo di operatività: tali scelte sono poi oggetto di verifica ex post da parte delle autorità in termini di efficacia e adeguatezza. Va sottolineato che le norme di vigilanza, anche se con modalità non del tutto omogenee per tenere conto delle differenze tra le diverse categorie di intermediari, hanno fatto registrare una positiva convergenza verso strumenti analoghi, coerentemente con principi direttivi e linee guida del tutto simili. L’ampiezza, la gravità e la lunghezza della crisi scoppiata nel 2007, hanno messo in evidenza da un lato il permanere di gravi squilibri del sistema finanziario internazionale, dall’altro la necessità di ripensare l’intero assetto della vigilanza sugli intermediari e sui mercati. A tale situazione i poteri pubblici, in USA e in Europa soprattutto, hanno cercato di porre rimedio con molteplici interventi, sia di urgenza (salvataggi) sia di natura strutturale. Senza volere esprimere in questa sede un giudizio sulla sequenza storica Regolamentazione – De-regolamentazione – Ri-regolamentazione, perché ciò appare legato anche a valutazioni di tipo congiunturale circa lo stato di salute del sistema finanziario, alcune riflessioni circa i problemi ancora irrisolti sono necessarie e vengono qui riportate in termini schematici, partendo dagli aspetti di ordine generale per poi elencare aspetti più specifici. ⦁ Anche prima delle crisi il sistema finanziario era diventato ipertrofico, sempre più complesso, interconnesso e opaco: se si accetta la tesi che l’eccesso di finanza accresce i rischi di instabilità, la loro riduzione richiede un diverso approccio da parte delle autorità. ⦁ L’architettura delle autorità di vigilanza a livello europeo appare molto (troppo) articolata, e l’elevata complessità procedurale che ne deriva, comporta un rischio di inaction bias: sono pertanto auspicabili una semplificazione delle competenze, e un efficace coordinamento è indispensabile per evitare conflitti tra autorità (BCE vs nazionali, micro vs macro) e la frammentazione dei mercati. ⦁ Meritevole di maggiore attenzione è il problema dell’accountability (chi controlla i controllori?) dell’azione delle autorità di vigilanza, fondamentale in qualunque sistema democratico. ⦁ In Europa, pur in presenza di un sistema unico, l’applicazione delle norme è ancora influenzata da scelte e vincoli nazionali. ⦁ Il susseguirsi di norme appare eccessivo, talvolta confuso, creando non pochi problemi applicativi. ⦁ Pur in assenza di stime precise, si è verificato un forte incremento dei costi di implementazione e di compliance con la regolamentazione per i soggetti vigilati, costi che si riflettono in parte nella riduzione dei margini economici, in parte nell’aumento del complessivo costo dell’intermediazione per il sistema economico nel suo complesso. ⦁ Nonostante la creazione di nuovi organismi e l’introduzione di meccanismi di tutela dei depositanti (bail in), irrisolto rimane il problema della gestione delle crisi di singole istituzioni (soprattutto se di grandi dimensioni), tra applicazione di prestabilite procedure e discrezionalità della BCE a cui è affidato il compito. ⦁ La crisi ha mostrato i limiti di modelli di business caratterizzati da eccessiva diversificazione in assenza di presidi e barriere efficaci, e molte scelte dei regolatori si sono dimostrate, alla prova dei fatti, controproducenti se non errate (leverage, liquidity risk, trasformazione delle scadenze, trading). ⦁ La definizione normativa dei criteri di specializzazione (per scadenza, intermediazione mobiliare/attività creditizia, separatezza banca-impresa ecc.) è stata mu-
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
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tevole e, pur in presenza di numerose proposte (Rapporti Likanen, Vickers, Volkers) il tema della separatezza (Ring-fencing) è stato del tutto accantonato. Il mix di obiettivi e strumenti di vigilanza prudenziale è ancora valido e attuale? Esso si è basato sul presupposto che i rischi siano comunque misurabili e, quindi, se per ogni attività si può calcolare il corrispondente fabbisogno di capitale, la banca diventa la semplice somma di contratti più o meno complessi. Il paradigma di banca “implicito” in Basilea 3 (ma, in parte, anche di assicurazione implicito in Solvency 2) è lo stesso sul quale si sono plasmate le regole pre-crisi: una banca che continua a essere un’impresa speciale perché “produce” moneta ma può svolgere tutte le possibili attività di intermediazione finanziaria (talvolta indirettamente) e, di conseguenza, assumere rischi di varia natura purché abbia tanto capitale da rispettare i requisiti di adeguatezza. Gli intermediari godono di ampi margini di libertà decisionale nel collocarsi, in un continuum tra gli estremi della specializzazione e della diversificazione, la quale non presenta chiari vantaggi, su cui incidono sia le scelte relative alla forma istituzionale sia la progettazione organizzativa. Lo shadow banking (“complesso di mercati, istituzioni e intermediari che erogano servizi bancari senza essere soggetti alla relativa regolamentazione in quanto posti al di fuori del perimetro di applicazione delle relative norme, per esempio: fuori dal perimetro di consolidamento dei conti bancari”, CONSOB, espressione che dal 2018 il Financial Stability Board ha modificato in “intermediazione finanziaria non bancaria”), impone un ripensamento sia dell’assetto regolamentare generale del sistema finanziario, sia della stessa politica macroprudenziale per l’interdipendenza con il sistema bancario, il forte contagio tra intermediari, il disallineamento rispetto al regime prudenziale. I profili di regolamentazione dei fenomeni di innovazione legati a iniziative FinTech (Paragrafo 1.9 e Capitolo 8), vanno approfonditi per consentire ulteriormente il loro sviluppo, per garantire parità di condizioni competitive (levelling off the playing field ), per ridurre i rischi di instabilità e per tutelare i consumatori dei nuovi servizi finanziari digitali.
1.9 ⦁ Il fenomeno FinTech Il termine FinTech (si vedano gli ampi approfondimenti al Capitolo 8, e altri riferimenti presenti nel volume, tra cui in particolare nel Capitolo 9) è diventato uno dei vocaboli più usati nel trattare di finanza e di servizi finanziari negli ultimi anni, in modo crescente a partire dagli anni successivi alla GCF del 2007. La domanda e l’offerta di servizi finanziari è sempre stata interessata, nel corso dei secoli, dalle innovazioni tecnologiche disponibili, per migliorare l’efficienza e l’efficacia del funzionamento dei sistemi finanziari, in tutte le sue componenti (mercati, intermediari, strumenti). Restringendo l’attenzione agli anni più recenti, occorre qui ricordare che lo sviluppo delle tecnologie digitali e la diffusione di una rete pubblica come il World Wide Web (internet) hanno avuto un primo forte impatto nel mondo dei servizi finanziari alla fine del secolo scorso. Fu in quel periodo che si iniziò a diffondere l’uso dei termini e-banking ed e-finance, dove il prefisso e- stava a sottolineare l’impatto della tecnologia (electronic) sui processi operativi di mercati e intermediari. Il trading online, la vendita via internet delle quote di fondi comuni, la diffusione di servizi informativi e transattivi (pagamenti) via internet da parte delle banche tradizionali o da parte delle pure internet banks (che non sempre ebbero una lunga vita), sottolinea che il fenomeno della tecnologia applicata alla finanza (FinTech) non è del tutto nuovo.
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
Ciò che appare nuovo è oggi lo stadio di sviluppo delle tecnologie (altamente superiore a quello di venti anni fa) e la diffusione della digitalizzazione di molti processi di produzione e scambio di beni e servizi su scala mondiale, oltre che di molti processi amministrativi nella vita quotidiana delle organizzazioni pubbliche e private, e di conseguenza dei cittadini. Non a caso oggi si parla di identità digitale e di società digitale, ci si riferisce comunemente a concetti ormai affermati, come economia della condivisione (sharing economy) e della collaborazione nello sviluppo di beni e servizi basati sulle tecnologie digitali (crowdsourcing). Ai giorni nostri, dunque, la digitalizzazione è pervasiva, copre quasi tutti gli ambiti di vita delle persone, pur permanendo al riguardo differenze territoriali tuttora molto marcate: il digital divide ci ricorda che la società digitale è ancora in via di affermazione in molte parti del mondo, anche di quello più sviluppato socialmente ed economicamente. Il sistema finanziario da sempre recepisce prontamente le innovazioni delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), essendo i processi produttivi in campo finanziario basati essenzialmente sulla raccolta, elaborazione, trasmissione di dati e nella creazione tramite i dati di informazioni a supporto dei contratti e degli scambi nel sistema finanziario, siano essi diretti, assistiti o intermediati (si veda il Paragrafo 1.4). Tale recepimento consente di svolgere in modo più efficiente attività già avviate in precedenza, o di intraprenderne alcune del tutto nuove, creando esperienze di consumo e utilizzo migliori e/o a prezzi più contenuti. Volendo adottare una definizione di FinTech tra le molte disponibili, ci riferiamo a quella del Financial Stability Board (FSB, 2019), una delle più importanti istituzioni internazionali che, attraverso raccomandazioni di tipo regolamentare, influenza l’evoluzione del sistema finanziario globale. Per il FSB, FinTech è qualsiasi “innovazione basata sulla tecnologia nei servizi finanziari, con collegati nuovi modelli di business, applicazioni, processi di produzione, i quali tutti hanno un effetto concreto sulla fornitura di servizi finanziari”. Da questa definizione comprendiamo che il concetto di FinTech è assai ampio (non a caso si trova spesso utilizzato insieme al concetto di ecosistema, richiamando quindi le diverse componenti di tale sistema e i diversi output dello stesso), e che qualsiasi analisi dell’impatto della tecnologia, e delle connesse variabili socio-economiche mosse da tale impatto, deve essere svolta con una prospettiva olistica, aperta e interdisciplinare. Limitando l’attenzione all’ecosistema FinTech, esso si compone di innovazioni in tutti i campi dell’intermediazione finanziaria, che possono avere effetti dirompenti sulla struttura del sistema finanziario e sulla concorrenza che si svolge al suo interno. Come affermato da uno dei primi studiosi del fenomeno (Philippon, 2016) le innovazioni ricordate nella definizione di FSB possono cambiare radicalmente (disruption) la struttura del settore dei servizi finanziari, cambiandone i confini, facilitando la disintermediazione strategica degli operatori tradizionali, possono rivoluzionare le modalità di produzione e distribuzione dei prodotti e dei servizi, fornire nuove opportunità alla nascita di nuove imprese, democratizzare l’accesso ai servizi finanziari. Tali innovazioni possono nel contempo creare problemi e nuove sfide in materia di privacy e di intervento di norme primarie (leggi) e secondarie (regolamentazione). Le innovazioni FinTech sono condizionate dal contesto culturale e normativo in cui si inseriscono, e a loro volta influenzano la configurazione che tale contesto assumerà nel prossimo futuro. Tra tali innovazioni possiamo includere, rimandando agli approfondimenti contenuti nel Capitolo 8, le criptovalute e la blockchain, i nuovi sistemi di trading e di consulenza, l’intelligenza artificiale e il machine learning, il finanziamento tra pari ( peer-to-peer lending), le piattaforme di equity crowdfunding, i sistemi di pagamenti mobili.
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Sectoral innovations Credit, deposit, and capital-raising services
Payments, clearing and settlement services
Investment management services
Crowfunding
Retail
Wholesale
High-frequency trading
Lending marketplaces
Mobile wallets
Value transfer networks
Copy trading
Mobile banks
Peer-to-peer transfers
FX wholesale
E-trading
Credit scoring
Digital currencies
Digital exchange platforms
Robo-advice
Portal and data aggregators Ecosystems (infrastructure, open source, APIs Data applications (big data analysis, machine learning, predictive modelling) Market support services
Distributed ledger technology (blockchain, smart contracts) Security (customer identification and authentication) Cloud computing Internet of Things/mobile technology Artificial intelligence (bots, automation in finance, algorithms)
Figura 1.5 Una classificazione dei settori di attività in cui sono presenti le innovazioni riconducibili al FinTech Fonte: adattato da Basel Committee on Banking Supervision, 2018, p. 9.
Come si può comprendere, tali innovazioni riguardano (si veda la Figura 1.5 per una rappresentazione assai diffusa in molti recenti contributi sul FinTech) direttamente alcuni dei settori di attività di intermediazione finanziaria (credito, depositi, raccolta di capitali; pagamenti al dettaglio e all’ingrosso; investimenti) e altre attività, fortemente basate sulle tecnologie digitali, che sono di supporto allo svolgimento delle attività di intermediazione rivolte al mercato (portali, cloud computing, big data, intelligenza artificiale, machine learning, sicurezza, blockchain, “internet delle cose” ecc.). Le prime (Sectoral innovation) riguardano direttamente aree di attività (linee di business) in cui possono operare sia intermediari finanziari tradizionali già presenti nel settore dei servizi finanziari (gli incumbent), sia nuovi entranti (BigTech: grandi operatori tecnologici o commerciali operanti tramite piattaforme – Google, Facebook, Amazon, Microsoft, Alibaba, Apple; FinTech: società spesso di recente nascita, operanti in specifiche linee di business). Il secondo tipo di attività (Market support services) sono tipicamente attività non di intermediazione, bensì attività che predispongono supporti alle linee di business, in modo più o meno specifico (si pensi a una applicazione di intelligenza artificiale per le scelte di trading) o generico (si pensi al cloud computing per l’archiviazione di dati). In questo caso le aziende protagoniste operano con competenze essenzialmente tecnologiche; esse possono far parte di gruppi finanziari o di gruppi operanti prevalentemente in settori tecnologici, o comunque non finanziari (si pensi, per esempio, ai servizi di cloud computing offerti da Amazon). Come si intuisce, l’ecosistema FinTech è assai articolato e complesso, e in continua evoluzione: il Capitolo 8 esamina in dettaglio i profili competitivi, gli aspetti tecno-
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
logici, i nuovi intermediari basati sull’uso di tecnologie specifiche, gli aspetti normativi e regolamentari volti da un lato a consentire i vantaggi che possono essere tratti dalle innovazioni qui sinteticamente ricordate, dall’altro a garantire stabilità al rinnovato sistema finanziario e tutela ai consumatori dei nuovi servizi finanziari digitali. Tale sforzo è particolarmente sentito in Europa, che si è data una strategia digitale in campo finanziario, che era già programmata ma che è diventata ancor più urgente e necessaria dopo la pandemia Covid-19, che ha ulteriormente orientato famiglie, imprese e pubbliche amministrazioni a usufruire di servizi finanziari digitalizzati.
1.10 ⦁ Sostenibilità ed eticità dei processi di intermediazione Nel corso di questo capitolo abbiamo più volte ricordato l’importanza dei concetti di sostenibilità ed eticità nel guidare le scelte in campo finanziario degli operatori, sia pubblici sia privati, e tra questi ultimi delle famiglie, degli intermediari e delle imprese non finanziarie. Dato che entrambi i concetti sono – come quello di FinTech appena trattato – ampiamente presenti anche sui media e nella pubblicistica più divulgativa, appare opportuno fornire alcuni elementi per inquadrarli con maggiore chiarezza. I due concetti sono tra loro fortemente legati, come è stato in precedenza ricordato al Paragrafo 1.5 trattando il tema della sostenibilità finanziaria e di quella ambientale da un punto di vista macro e con riferimento alle scelte di politica economica e, tra queste, in particolare di quelle di bilancio, ma per dare ordine alla trattazione poniamo la nostra attenzione in primo luogo sul concetto di sostenibilità nel campo della finanza. Finanza sostenibile e finanza etica sono due concetti che spesso si sovrappongono: qui si sceglie di dare maggior rilievo al concetto di sostenibilità in campo finanziario, essendo quello su cui si sta più lavorando a livello regolamentare e su cui più spesso operano i mercati e gli intermediari, oltre ai governi e alle banche centrali. La finanza etica è una manifestazione, certamente degna di attenzione e coerente con i principi della sostenibilità, legata a una visione del mondo più orientata da valori mutualistici, cooperativi, solidaristici, volti all’inclusione finanziaria delle componenti più povere e marginali nelle nostre società. Un’idea molto diffusa, rappresenta la finanza come il mondo in cui le scelte debbono essere fatte secondo criteri razionali, cercando di massimizzare la combinazione rischio-rendimento in un orizzonte temporale spesso breve, per dare soddisfazione all’investitore. Secondo quest’idea, che può trasformarsi in pregiudizio, l’unica cosa che conta nelle scelte finanziarie è la remunerazione del datore di risorse, che deve essere compensato per il rischio che sostiene, a prescindere dalla destinazione delle risorse stesse. Scelte di allocazione che tengano conto di altri fattori (per esempio, gli obiettivi sociali che si vogliono perseguire con i fondi raccolti) sarebbero fuori dal campo della finanza, per rientrare, per esempio, in quelli della filantropia. La finanza sostenibile, seguendo il ragionamento sin qui condotto, si inserirebbe in un sottoinsieme di scelte finanziarie che sono a cavallo tra la finanza speculativa pura e la filantropia. Come definito dal Forum per la Finanza Sostenibile nel 2013, l’Investimento Sostenibile e Responsabile (SRI), mira a creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso, attraverso una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo (è chiaro qui il riferimento ai criteri ESG – Environmental, Social and Governance – che si riferiscono ai tre fattori fondamentali nella misurazione della sostenibilità di un investimento). Come ripreso in seguito nel Paragrafo 4.1, la misurazione della sostenibilità (così come dell’eticità), appare particolarmente complessa, ma è ormai entrata nella prassi di molte organizzazioni (governi, banche centrali, intermediari di diverso tipo tra
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
cui soprattutto investitori istituzionali) e sta orientando sempre di più le scelte finanziarie di individui e famiglie nei Paesi più socialmente ed economicamente avanzati, grazie al diffondersi di una maggiore sensibilità rispetto ai rischi connessi al cambiamento climatico e agli impatti sociali, spesso collegati al primo. Alcuni effetti del cambiamento climatico (variazioni delle temperature per effetto dei gas serra) sono più facilmente misurabili e agganciabili a scelte di investimento, mentre altri sono misurabili più nel lungo periodo, anche se gli orizzonti temporali delle scelte si stanno sempre più restringendo (si pensi ai processi di deforestazione legati all’approntamento di pascoli per la produzione di carne animale da consumare). Altri effetti in campo sociale sono legati a scelte politiche riguardo la spesa pubblica, e agli orientamenti che essa suggerisce agli altri attori nelle scelte di allocazione delle risorse: si pensi al concetto di crescita inclusiva. Non a caso, a valle della pandemia Covid-19, in Europa molti PNRR presentati dai governi includono questo concetto, dove la crescita sostenibile è ritenuta tale se si riesce a includere in essa le categorie socialmente più deboli (giovani, donne, abitanti di zone a più basso sviluppo economico). Simile valore segnaletico ha la ricomposizione del portafoglio azionario della zona Euro in ottica ESG perseguita dalla Banca d’Italia sin dal 2019 ed estesa successivamente alle obbligazioni e ad aree geografiche extraeuropee. La Banca d’Italia ha infine presentato la Carta degli Investimenti Sostenibili (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-direttorio/int-dir-2021/Angelini_5_luglio_2021. pdf). Sul tema della misurazione della sostenibilità e sui rischi di attribuzione ingiustificata di tale etichetta (c.d. greenwashing) si veda l’Approfondimento 1.6 tratto dalla Relazione della Banca d’Italia per il 2020, che riporta anche alcuni dati sulla diffusione di titoli sostenibili. Questi orientamenti del mondo della finanza seguono l’impegno da tempo diffuso di molte imprese non finanziarie verso la responsabilità sociale di impresa (CSR l’acronimo inglese). Esso è stato seguito anche da intermediari finanziari in tutto il mondo, così come l’orientamento verso portatori di interesse (stakeholder) diversi dagli azionisti (stakeholder management). La CSR consiste nell’integrazione, su base volontaria, da parte delle aziende dei temi sociali e ambientali nella loro operatività e nei loro rapporti con terze parti. Ciò avviene concretamente attraverso uno sforzo di analisi di tutte le risorse utilizzate (naturali, finanziarie, umane, relazionali), ponendo attenzione a diversi stakeholder e non solo agli azionisti, sposando una prospettiva di lungo periodo, misurando gli impatti ambientali e sociali, non solo quelli economici, promuovendo l’innovazione organizzativa e manageriale favorevole alla CSR. Molti studi hanno dimostrato gli impatti positivi di un simile approccio, in termini di maggiore efficienza e reputazione, accresciuto valore di mercato, maggiore attrattività sul mercato del lavoro nelle fasi di reclutamento, più ampia capacità di valutare i rischi, migliore capacità di comprendere gli andamenti di mercato, maggiore fedeltà della clientela, migliore accesso al credito. Oltre alle iniziative volontarie del mondo delle imprese, l’orientamento verso temi di sostenibilità ed eticità è sostenuto attualmente al più alto livello politico dall’agenda delle Nazioni Unite 2030, che ha definito 17 obiettivi sostenibili nel 2015 (Figura 1.6), che rappresentano un punto di riferimento per tutte le organizzazioni, pubbliche e private. Le strategie di finanza sostenibile possono svilupparsi lungo un continuum da approcci di semplice astensione dall’investire in titoli i cui emittenti (governi, aziende) hanno condotte e/o produzioni con impatti negativi in termini ambientali o sociali (discriminazione di minoranze, sfruttamento di minori, non rispetto della legislazione sul lavoro o delle norme fiscali), sino ad approcci positivi nei confronti di emittenti sensibili a tematiche green e social (impact investing). Tali strategie possono essere
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Approfondimento 1.6
Dai rischi climatici alla finanza sostenibile La finanza sostenibile comprende investimenti in diverse tipologie di strumenti finanziari e si basa su metriche di sostenibilità che hanno acquisito popolarità tra gli operatori. Una di queste metriche è rappresentata dai punteggi ambientali, sociali e di governance (environmental, social, governance, ESG)* assegnati da società private specializzate a un’ampia gamma di strumenti finanziari: azioni, obbligazioni societarie, fondi comuni di investimento e indici di mercato. La difficoltà di elaborare punteggi ESG affidabili e comparabili discende dal fatto che, per i tre profili considerati, non esistono regole di rendicontazione dei rispettivi dati, né tassonomie condivise. La disponibilità di dati con copertura limitata e di qualità e contenuto eterogenei comporta dei rischi: il più rilevante è quello di un’attribuzione ingiustificata di etichette di sostenibilità (greenwashing). Per contenere questo rischio è essenziale riuscire a definire una tassonomia delle attività sostenibili comprensiva e universalmente riconosciuta. Diverse istituzioni nazionali e sovranazionali stanno promuovendo l’elaborazione di classificazioni che siano di riferimento per i mercati. Tra il 2018 e il 2020 un gruppo di esperti costituito presso la Commissione europea ha elaborato una tassonomia armonizzata delle attività sostenibili, individuando alcuni criteri per poter definire un investimento come sostenibile dal punto di vista ambientale.** L’iniziativa, anche se al momento limitata alla parte che riguarda i cambiamenti climatici, puo � concorrere all’adozione di tassonomie dettagliate e riconosciute a livello internazionale. * Sulla base di informazioni desunte da documenti pubblici, questionari, banche dati e notizie o da altre fonti, alcuni fornitori privati di informazioni (data providers) elaborano dei punteggi per le imprese relativi a tre aspetti che non hanno una stretta relazione con la gestione economico-finanziaria, ossia quelli ESG. ** Il regolamento UE/2020/852 stabilisce che un investimento è definito sostenibile se soddisfa i seguenti requisiti: (a) contribuisce significativamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali identificati; (b) non causa un danno rilevante a uno degli altri obiettivi ambientali (do not significant harm); (c) rispetta alcune garanzie minime di salvaguardia etico-sociale. I requisiti (a) e (b) sono verificati mediante criteri di vaglio tecnico (technical screening criteria) definiti dalla Commissione europea con atti delegati.
Le imprese ricorrono anche all’emissione di debito dedicato espressamente a finanziare singoli progetti aventi specifiche caratteristiche di sostenibilità, in forma sia di prestiti sia di emissioni obbligazionarie: tra queste ultime, le più diffuse sono le obbligazioni verdi, i cui proventi sono vincolati al finanziamento di progetti che perseguono obiettivi ambientali o di mitigazione o di adattamento ai cambiamenti climatici, oppure con finalità simili. Oltre alle obbligazioni verdi, si stanno diffondendo strumenti ideati per combinare obiettivi climatici con altri criteri di sostenibilità (per esempio, i sustainabilitylinked bonds). Il volume di obbligazioni verdi in circolazione, anche se ancora molto limitato, è cresciuto in modo marcato, superando alla fine del 2020 i 1000 miliardi di dollari a livello globale: circa la metà si riferisce a emittenti europei. L’emissione di obbligazioni verdi e di obbligazioni sociali per finanziare i programmi SURE e NGEU dell’Unione Europea*** potrà contribuire alla liquidità e allo spessore di questo segmento di mercato. Tra i principali obiettivi dei fondi raccolti a livello internazionale con titoli verdi vi sono il miglioramento dell’efficienza energetica dei processi di produzione dell’energia (con una quota del 35%) e degli edifici (26%). Tra le categorie di emittenti, il settore finanziario ricopre la quota maggiore (21%), con un ruolo rilevante e crescente delle emissioni sovrane. Nel 2021 è stata collocata la prima emissione di obbligazioni verdi della Repubblica italiana. Le prime evidenze non segnalano sensibili differenze tra i rendimenti dei titoli verdi e quelli tradizionali; anche in assenza di benefici differenziali sugli oneri del debito, la possibilità di emettere obbligazioni verdi offre l’opportunità di ampliare la base di investitori e contribuisce a finanziare in modo trasparente i progetti per la transizione carbonica e per mitigare i rischi climatici. Fonte: adattato da Relazione della Banca d’Italia per il 2020, pp. 202-203.
*** Per maggiori dettagli, si veda il Capitolo 2: L’economia e le politiche di bilancio dell’area dell’euro.
seguite sia da investitori individuali al dettaglio, sia da investitori istituzionali. Nel complesso l’interesse per gli investimenti sostenibili è notevolmente aumentato: “Negli ultimi cinque anni la finanza sostenibile, che incorpora considerazioni ambientali, sociali e governo societario nelle decisioni di investimento nel settore fi-
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
Figura 1.6 Nazioni Unite: Sustainable Development Goals (SDG) Fonte: https://www.un.org/sustainabledevelopment/. The content of this publication has not been approved by the United Nations and does not reflect the views of the United Nations or its officials or Member States.
nanziario, si è diffusa fortemente. Secondo un rapporto della Global Sustainable Investment Alliance (GSIA), nel 2018 almeno 30.7 trilioni di dollari (di cui 14 in Europa e 12 negli Stati Uniti) erano impiegati in investimenti finanziari sostenibili, in aumento del 34% rispetto al 2016. Nel complesso questo importo rappresentava circa un terzo degli attivi azionari globali in gestione e in alcune giurisdizioni contava ormai per più della metà” (Relazione della Banca d’Italia per il 2020, p. 201). Per concludere, l’attenzione crescente del mondo della finanza rispetto ai temi della sostenibilità e della eticità, è giustificata ampiamente dallo stato del mondo dal punto di vista ambientale, sociale e dei modelli di governo. Guardare al futuro del pianeta e della società umana richiede che si considerino criteri di allocazione più ampi e lungimiranti rispetto al passato, che guidino le scelte finanziarie di cittadini, imprese non finanziarie, sistema finanziario e governi. La sostenibilità non è un concetto vuoto, bensì una leva per concretizzare l’idea di finanza “buona” e per sanare la “grande frattura” (si veda l’Approfondimento 1.2), leva ancor più necessaria oggi in seguito alla pandemia e agli effetti che essa ha generato. La pandemia Covid-19 ha accelerato l’attenzione sulle tematiche ambientali, sociali e di governance, non solo da parte dei mercati e degli intermediari finanziari. Anche i governi dei Paesi europei, nei PNRR, hanno messo al centro dell’agenda temi come la transizione ecologica, la tutela della biodiversità e degli ecosistemi, la riduzione delle disparità di genere e il miglioramento della governance nelle amministrazioni pubbliche. La stessa Italia ha agito in tal senso, e nel 2021 è stata inoltre collocata, come ricordato in precedenza, la prima emissione di BTP green. Il maggior impegno verso le tematiche ESG dovrebbe tra l’altro apportare benefici anche in termini di capacità di raccolta delle risorse finanziarie sui mercati, fatto importante in un periodo di notevole incremento degli indebitamenti sovrani per
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Capitolo 1 ● Il sistema finanziario e l’offerta di servizi finanziari
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far fronte alla pandemia. Alcune ricerche dimostrano infatti che i Paesi con una buona performance sulla sostenibilità ambientale, sociale e di governance tendono a essere percepiti come meno rischiosi dagli investitori e quindi riescono a ottenere costi di raccolta più bassi. Questa aumentata capacità di credito può fungere da stimolo dei comportamenti delle famiglie e delle imprese, diffondendo una cultura della sostenibilità non solo come opportuna ideologicamente, ma anche conveniente dal punto di vista economico, al netto dei vantaggi sociali e ambientali sottolineati in precedenza.
RIEPILOGO Stante la crisi di fiducia e lo scetticismo diffuso nei confronti del mondo della finanza in seguito alla Grande Crisi Finanziaria, e gli interventi resisi necessari in seguito alla crisi pandemica Covid-19, all’inizio di un volume dedicato all’economia degli intermediari finanziari ci si può porre almeno quattro grandi ordini di domande. • • • •
Quali sono le possibili interpretazioni della crisi? Quali ne sono le cause e le responsabilità? Quali sono i rimedi e gli sforzi ancora da compiere? Quali sono gli attori rilevanti nella prospettiva di uscita dalla crisi?
Le risposte a tali domande non sono immediate né semplici, molti studiosi e osservatori del sistema finanziario hanno cercato di fornirle in seguito alla GCF, così come ora le affrontano considerando gli effetti della pandemia. Dopo le prime risposte fornite, la restante parte del capitolo e del libro approfondiranno variamente i temi sottesi a queste domande. Per individuare adeguatamente il ruolo, i soggetti e le condizioni di funzionamento dell’intermediazione finanziaria occorre, in primo luogo, collocare il suo impianto complessivo nel contesto economico più allargato, evidenziando i rapporti tra sistema reale e sistema finanziario, e l’importanza del concetto di ciclo economico. Si passa quindi a esaminare le ragioni dell’esistenza di mercati e intermediari finanziari, sottolineandone i contributi e i limiti nelle attività di intermediazione. Per illustrare il contributo del sistema finanziario al migliore e più efficiente trasferimento dei flussi tra i diversi operatori, occorre innanzitutto esaminare il circuito dei saldi finanziari, ponendo attenzione alle scelte finanziarie di famiglie, imprese e PA, e ai relativi bisogni soddisfatti.
Bisogna quindi approfondire il profilo dell’allocazione del risparmio da parte delle famiglie, caratterizzato in Italia da preferenze concentrate ma distinte in ciascuno dei periodi osservati. Nel contempo, è necessario effettuare la disamina delle decisioni di indebitamento delle imprese italiane congiuntamente con l’evoluzione del fabbisogno di copertura del disavanzo pubblico, che ha progressivamente coinvolto e condizionato le scelte delle famiglie. Si ricorda poi la rilevanza dell’alfabetizzazione finanziaria e dei processi di educazione finanziaria, a livello di famiglie e di imprese, specie di minori dimensioni, sottolineandone il ruolo con riferimento alla capacità di risposta alla crisi finanziaria innescata dalla pandemia Covid-19. Si evidenzia poi che lo studio del sistema finanziario si fonda su due profili: quello funzionale, ossia l’analisi delle funzioni a esso “assegnate” e delle modalità attraverso le quali vengono svolte; quello strutturale, ossia l’analisi dei suoi elementi costitutivi per valutarne caratteristiche e logiche evolutive. Gli elementi costitutivi del sistema finanziario sono: gli strumenti, cioè l’insieme dei contratti aventi per oggetto diritti e prestazioni di natura finanziaria la cui varietà risponde alle esigenze degli operatori; i mercati, intesi come l’insieme degli scambi finanziari, il cui corretto funzionamento presuppone strutture, organi di gestione, operatori, regole di comportamento, istituzioni di controllo; gli intermediari, cioè le istituzioni specializzate nella produzione e negoziazione di strumenti finanziari e nell’offerta di servizi, attuando una trasformazione degli strumenti stessi in termini di scadenza, determinazione del tasso, valuta, taglio unitario, grado di rischio (la cui intensità determina il loro livello di differenziazione); l’ordinamento, cioè l’insieme delle norme che disciplinano strumenti, mercati e intermediari.
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Parte 1 ● I fondamenti dell’intermediazione finanziaria
I mercati finanziari (detti anche, collettivamente, “mercato dei capitali”) costituiscono l’insieme delle operazioni di creazione e di scambio dei contratti nei quali la presenza di strutture organizzative e di operatori specializzati agevola l’incontro tra domanda e offerta, ordini di acquisto e di vendita. La più importante e utilizzata classificazione distingue tra mercato creditizio, mercato mobiliare, mercato assicurativo e mercato dei servizi di pagamento. Il sistema finanziario, nella sua evoluzione storica, si è configurato secondo tre orientamenti: alle banche, al mercato e alle securitization. Con specifico riferimento al rapporto fra banche e imprese, è inoltre possibile distinguere fra orientamento alla transazione e orientamento alla relazione.
DOMANDE 1. A cosa serve la finanza? Quali sono i possibili benefici che può apportare alla società e i costi che la società può sopportare? 2. Com’è possibile delineare le condizioni che consentono l’operatività dei sistemi finanziari e della loro funzione senza che si producano effetti negativi sul risultato finale? 3. Quali sono i principali impatti della pandemia Covid-19 sul sistema finanziario? 4. Quali sono le principali componenti di un ciclo economico e quali le relative peculiarità? 5. Quali elementi contraddistinguono la dimensione temporale di un ciclo? 6. Anche tramite un supporto grafico, come si possono distinguere le fasi di recessione, ripresa, espansione e rallentamento rispetto al trend? 7. Quali effetti ha determinato la crisi pandemica sul ciclo economico? 8. Quali sono le principali ragioni dell’esistenza dei mercati e degli intermediari finanziari? In che senso essi sono complementari nello svolgimento delle loro funzioni? 9. Come si può delineare il quadro evolutivo del comportamento dei settori istituzionali dell’economia?
Nell’ultima parte del capitolo si affrontano tre temi di stringente attualità, in particolare in seguito alle crisi finanziarie, economiche, sociali e ambientali manifestatesi negli ultimi quindici anni. Tali temi sono qui accennati per poi essere ripresi in seguito nel volume. Essi sono: • i problemi di regolamentazione che sono emersi con forza negli ultimi anni (tra cui il tema dello shadow banking e del FinTech); • le innovazioni radicali introdotte, sotto diversi profili, dal fenomeno FinTech; • i temi della sostenibilità e della eticità, ormai diventati indispensabili nel guidare le scelte finanziarie di tutti gli operatori del sistema finanziario.
DI RIPASSO
10. Quali sono gli elementi che determinano la propensione al consumo e al risparmio delle famiglie? 11. Come si presenta la situazione finanziaria delle famiglie e quali fattori la influenzano? 12. Come si configura la situazione finanziaria del settore pubblico a livello di reddito, spesa e investimenti e quali fattori la influenzano? 13. Quali determinanti hanno condizionato le scelte di allocazione del risparmio delle famiglie italiane? 14. Quali sono il ruolo dello Stato come “banchiere” delle imprese e le relative criticità? 15. Quali sono le funzioni, la struttura e gli orientamenti del sistema finanziario? 16. Quali sono i principali problemi di regolamentazione posti dalla GCF? 17. Quali sono i principali impatti del fenomeno FinTech sul sistema finanziario? 18. Cosa si intende per sostenibilità, con particolare riferimento alle scelte finanziarie? 19. Esiste differenza tra i concetti di finanza sostenibile e di finanza etica? 20. Quali sono i temi principali sottesi a scelte finanziarie sostenibili?