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1 1.1
I criteri per affrontare e gestire i problemi finanziari delle famiglie Giulio Tagliavini
Premessa
Le famiglie manifestano, nel corso della loro evoluzione, esigenze finanziarie varie e talvolta complicate. In estrema sintesi, tali esigenze si riferiscono sempre a problemi di investimento del risparmio, o di finanziamento di fabbisogni, o di gestione delle entrate e uscite monetarie, o di copertura di rischi. Ciascuna di queste quattro aree ha proprie caratteristiche, proprie regole, strumenti appropriati e, quindi, proprie soluzioni. Su ogni area esistono buone soluzioni e cattive soluzioni. Un errore nell’individuazione di una buona soluzione causa pericoli. I pericoli portano a ulteriori errori, gli errori causano perdite, e le perdite conducono alla sofferenza. Questa è la ragione per cui una sufficiente conoscenza di queste soluzioni è veramente importante per affrontare i problemi della propria famiglia. I bisogni di investimento e di finanziamento sono casi particolari della questione più generale del comportamento razionale e attento in campo economico. Il comportamento oculato primario si esprime sul lato della spesa. Spendere bene i propri guadagni è essenziale per la salute finanziaria della famiglia. Solo in via derivata, il comportamento oculato si esprime con scelte di investimento e di finanziamento, di cui ci occupiamo in modo specifico in questo volume. Le scelte finanziarie sono importanti, ma non così rilevanti da annullare gli effetti dello spreco delle proprie disponibilità monetarie con comportamenti di consumo disfunzionali. Il comportamento finanziario delle famiglie dipende da alcuni fattori: la dinamica dei vincoli famigliari, il livello di sicurezza del lavoro e del reddito conseguente, gli stili di vita urbani o del contesto sociale in cui si vive, la tutela e la sicurezza sanitaria esistente, la longevità, la sensibilità verso i valori generali non economici (la tutela dell’ambiente, l’obiezione verso alcuni settori, come quello degli armamenti, gli obiettivi ideali, la dimensione sociale e altri su questo piano di analisi). Molte famiglie hanno la necessità di investire i loro risparmi. Gli investitori sono operatori economici (principalmente famiglie, ma anche imprese e altri soggetti pubblici e privati) che hanno la necessità di trovare una corretta allocazione del proprio patrimonio. Le riflessioni seguenti si concentreranno sul caso della famiglia investitrice. La famiglia investitrice dispone di un patrimonio, ossia di valori avuti o per via ereditaria (“old money” nel gergo settoriale) o corrispondenti a redditi non spesi
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Capitolo 1
precedentemente (“new money”), che deve essere gestito al fine di sostenere spese future o a titolo precauzionale. In questo senso, il patrimonio familiare ha la funzione di riserva di valore finalizzata a fronteggiare situazioni future. In via prioritaria, l’obiettivo del patrimonio è tutelare l’indipendenza e il senso di indipendenza della famiglia risparmiatrice, ossia rafforzare il potere di agire nel senso desiderato in futuro, per quanto corrispondentemente a idee, intenzioni e progetti non chiari, o proprio indefiniti. In qualche caso, le situazioni future verso cui è indirizzata la gestione del patrimonio sono tuttavia determinabili con precisione (il sempre possibile venir meno delle esistenti fonti di reddito, l’attenuarsi del reddito in corrispondenza al pensionamento, le possibili esigenze sanitarie dei componenti della famiglia, la volontà di costituire un capitale sufficiente per l’acquisto della propria abitazione, le esigenze di formazione/studio dei componenti più giovani della famiglia, la volontà di aiutare i figli a costituirsi una famiglia autonoma). In tanti altri casi il patrimonio viene gestito per generiche esigenze future (casi di emergenza) o per il semplice desiderio di lasciare agli eredi un patrimonio sostanzioso. In altri casi ancora, il patrimonio viene gestito per il semplice desiderio di possederlo; è noto che diversi investitori posseggono capitali in eccesso rispetto alle esigenze di diverse generazioni della propria famiglia, ma non per questo essi non sono attenti alle scelte finanziarie. La famiglia investitrice deve, come prima scelta generale di fondo, decidere quale quota allocare in attività reali (principalmente immobili ed eventualmente oggetti d’arte) e quale quota allocare in attività finanziarie. Le attività reali possono essere di utilizzo diretto o acquisite al fine di ottenerne un reddito. Le attività utilizzate direttamente offrono un beneficio strettamente connesso al fatto che se ne usufruisce (l’abitazione, la casa per le vacanze); le attività reali a reddito tipicamente vengono affittate a terzi e, in questo modo, se ne ricava un introito periodico. Le attività finanziarie, al contrario, non producono un beneficio proprio; vengono acquisite perché offrono una certezza o una prospettiva di reddito, o almeno di conservazione di valore. In questo contesto si analizzano le attività finanziarie sulle quali la famiglia può investire; le logiche degli investimenti reali non sono invece oggetto di valutazione in questo volume. È opportuno sottolineare che le attività finanziarie sono acquistabili e disinvestibili con molta rapidità; per un buon numero di casi si tratta di strumenti a basso rischio, principalmente in quanto l’investimento finanziario è molto più diversificato rispetto all’investimento reale; ne deriva che gli investitori sono indotti a scegliere di investire una quota di assoluto rilievo in attività finanziarie. Com’è noto, le attività reali sono tutelate dall’ordinamento legislativo attraverso il corpo di norme attinenti ai diritti di proprietà; le attività finanziarie sono invece tutelate attraverso le norme che concernono i diritti di credito. Poiché i diritti di credito sono assicurati e rafforzati attraverso norme più complesse e sofisticate rispetto a quelle che garantiscono i diritti di proprietà, ne deriva che l’investimento finanziario prende piede e poi diventa preponderante solo in contesti istituzionali e normativi particolarmente evoluti. La famiglia investitrice può acquisire, per la quota del patrimonio a ciò dedicata, una molteplicità di titoli, ognuno dei quali ha caratteristiche tecniche specifiche che sono l’oggetto principale del volume. Queste caratteristiche devono essere comprese con precisione e devono essere agganciate con le caratteristiche del fabbisogno di investimento che la famiglia esprime. In mancanza di informazioni e di idee circa la differenza tra i diversi investimenti, il risparmiatore tende a imitare le scelte più
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diffuse o ad assecondare automaticamente le proposte che vengono descritte dalla banca o dall’operatore finanziario. È evidente che atteggiamenti puramente imitativi o di fiducia acritica verso le proposte commerciali, per quanto concretamente rilevanti, non sono la premessa per risultati eccellenti. Le parti sviluppate nel seguito descrivono dettagliatamente le caratteristiche tecniche dei vari titoli disponibili all’investitore privato; questa parte suggerisce invece qualche chiave di lettura per realizzare un corretto abbinamento tra caratteristiche del fabbisogno finanziario e strumenti. L’analisi sarà proposta a livello introduttivo e come invito alla lettura di un manuale di economia dei mercati mobiliari e di scelte finanziarie. Queste chiavi di lettura sono essenziali per comprendere quali siano le caratteristiche degli strumenti che sono di maggior rilievo al fine di prendere corrette decisioni finanziarie; in tal modo è quindi possibile analizzare i singoli strumenti finanziari non sotto il profilo tecnico-legale (profilo che, di per sé, qui non interessa) ma sotto il profilo funzionale.
1.2
I bisogni connessi ai pagamenti
Le persone hanno necessità di realizzare pagamenti e quindi vogliono avere la disponibilità di risorse monetarie al fine di poter realizzare prontamente i pagamenti che sono programmati o che si manifestano necessari senza che fossero programmati. I mezzi di pagamento sono vari e rispondono a logiche ed esigenze differenti. Ci sono pagamenti che vengono effettuati per somme consistenti (per esempio, quando si paga un immobile), per cui la persona è assai sensibile al problema della sicurezza. Ci sono poi pagamenti che vengono effettuati per somme modeste o irrisorie, ovvero le spese quotidiane. In questo caso le persone sono molto attente al profilo della comodità e, naturalmente, del costo. Alcuni pagamenti devono essere effettuati con attenzione al profilo della privacy. Tra questi ve ne sono alcuni mantenuti ad alta riservatezza per motivi apprezzabili e meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento, altri vengono mantenuti riservati per motivi disdicevoli, e in quanto tali avversati dall’ordinamento. Un profilo di ulteriore rilievo riguarda il tipo di preavviso che la famiglia deve dare prima di poter disporre di un pagamento di una certa somma. I pagamenti di piccolo importo non richiedono mai un preavviso, ma alcuni pagamenti di grosso importo richiedono il rispetto di termini di preavviso variamente motivati. I termini di preavviso sono anche efficaci nei riguardi della gestione di possibili errori o di comportamenti fraudolenti. In origine il mezzo di pagamento più rilevante consisteva nell’uso del contante. Nella situazione che si è determinata con il progredire di complessità del sistema economico, ha avuto grande spazio la moneta bancaria e, più recentemente, la moneta elettronica. Sono soluzioni che risultano preferibili alla clientela in base a una o più ragioni: sono più sicure, più rapide, meno costose, più tracciate (ossia documentate in base al flusso della documentazione cartacea o elettronica. Come regola generale, occorre avere a mente che la moneta corrisponde sempre a una passività emessa da un’istituzione finanziaria, il contante è emesso dalla banca centrale, la moneta bancaria è emessa dalle banche commerciali e la moneta elettronica è emessa da un istituto finanziario autorizzato in questo senso. Gli strumenti di pagamento sono contratti che servono per ridefinire la titolarità della moneta che viene usata per perfezionare il pagamento. Il contante è uno strumento di pa-
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Capitolo 1
gamento che prevede, senza costi e senza tracciamento, il passaggio materiale della cartamoneta quale via di ridefinizione della proprietà della moneta corrispondente. La moneta bancaria viene “attivata” con mezzi di pagamento diversi, tra cui bonifici e carte di credito. Esistono poi soluzioni per convertire una moneta di un tipo in moneta di un altro tipo. Per esempio, il prelievo di contante presso uno sportello bancomat consente di convertire moneta bancaria in cartamoneta. La famiglia ha necessità di risolvere i propri problemi ricorrenti di gestione dei suoi pagamenti, dovuti di giorno in giorno o eventualmente pagamenti che si presentino occasionalmente fuori standard. Ha la necessità di mettere a fuoco quali sono i caratteri della moneta bancaria, della moneta legale e della moneta elettronica e poi deve operare un mix di tali strumenti, in base a ciascun singolo pagamento che deve essere perfezionato. Nel definire questo comportamento, la persona effettua i suoi calcoli di convenienza, come vedremo in seguito, e tiene conto del livello di rischio e complessità che è disponibile ad accettare.
1.3
La necessità di investire
Un investitore poco accorto ritiene, in un numero significativo di casi, di dover scegliere un investimento sulla base dell’obiettivo del rendimento offerto. Per questo motivo tende a informarsi, in prima battuta, proprio sul rendimento offerto e intende scegliere, ovviamente, l’alternativa più redditizia. Questo atteggiamento è sbagliato: non è particolarmente razionale e non è mai risolutivo. I motivi per cui gli investimenti non devono essere scelti in base al loro rendimento sono molteplici. È vero che in termini generali il rendimento è un risultato molto desiderato dall’investitore. Il raggiungimento di un buon rendimento è il linea con l’idea di conservare il valore reale del patrimonio, e quindi di contrastare il decadimento del valore effettivo del patrimonio indotto dall’inflazione. Inoltre, il rendimento consente di ottenere una fonte di guadagno supplementare che integra i redditi da lavoro. Secondo la regola approssimata di Luca Pacioli (1445-1517), sapendo il tasso di rendimento i, si ottiene il raddoppio del capitale investito dopo 72/i anni. Con un rendimento del 5%, per esempio, si raddoppia il capitale in 72/5 = 14 anni. La regola dell’interesse composto, che corrisponde al concetto che gli utili realizzati in un anno sono reinvestiti a partire dall’anno successivo, consente di cumulare un rapido accrescimento del capitale. Detto questo, è importante collocare il profilo del rendimento in una prospettiva più problematica e corretta. In primo luogo, in finanza esiste una regola per la quale se i mercati sono mediamente in equilibrio (come spesso accade), i titoli che rendono di più sono anche i più rischiosi. Il rendimento aggiuntivo è garantito dal mercato proprio come controprestazione del maggior rischio che viene assunto dall’investitore. Questo rendimento in più viene denominato “premio per il rischio”. È quindi del tutto evidente che gli investimenti non possono essere scelti sulla base del solo parametro del rendimento, in quanto, scegliendo i più redditizi, si finisce per acquisire premi per il rischio relativi a situazioni pericolose. La teoria delle scelte finanziarie suggerisce invece di analizzare la congruità del premio per il rischio con la situazione sottostante di incertezza. Quest’analisi di congruità, assai complessa e certamente non alla portata dell’investitore individuale, dovrebbe spingere ad assumere solamente i rischi remunerati adeguatamente (in questi casi la
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presenza di un rischio configura un’opportunità). È comunque del tutto evidente che il criterio del solo rendimento è senza significato. Al più possiamo essere sicuri solo che, a parità di rischio, è certamente logico acquistare il titolo che offre il maggiore rendimento. •
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In secondo luogo, studiando le caratteristiche degli indicatori di rendimento dei valori mobiliari ci si accorge che non esistono soluzioni sicure per avere una stima del risultato ritraibile da un investimento. Ci sono titoli per cui è assolutamente impossibile ragionare sul rendimento atteso; altri per i quali si possono fare delle previsioni imprecise; altri ancora offrono il rendimento promesso solo in determinate condizioni. L’investitore individuale non immagina neppure la complessità del fissare il rendimento atteso e rimarrebbe perplesso nel verificare il campo di variabilità di tale rendimento, anche per titoli relativamente sicuri. In terzo luogo, i parametri di rendimento disponibili sono spesso calcolati al lordo dell’imposizione fiscale e delle commissioni di negoziazione, mentre è evidente che all’investitore interessa il risultato netto. Le modalità negoziali tendono in tanti casi a lasciare in ombra il dato netto.
Può essere utile aggiungere che il cliente della banca che ha realizzato nel corso di un anno un insieme di investimenti, alcuni provenienti dagli anni precedenti e altri proiettati negli anni successivi, mediamente si trova in difficoltà a verificare quale sia il risultato medio complessivo che ha realizzato. Ciò dipende anche dalla difficoltà di tenere conto delle entrate e delle uscite di liquidità dal patrimonio gestito. Pur esistendo procedure matematiche e contabili utili per giungere al risultato desiderato, è comunque abbastanza raro che ciò accada. Nella realtà dei fatti, l’investitore si trova a fare scelte per il futuro con indicatori di redditività approssimativi; anche la redditività ottenuta nel passato viene spesso stimata in modo del tutto approssimativo. L’esigenza primaria dell’investitore è dunque trasferire potere d’acquisto nel futuro. Ciò si ottiene con qualsiasi tipologia di investimento finanziario. Lo strumento meglio adatto alle esigenze dello specifico investitore dipende però dalle caratteristiche dell’esigenza di trasferimento di potere d’acquisto nel futuro. I profili di maggiore rilievo sono: taglio dell’investimento, durata naturale, possibilità di disinvestire prima della scadenza naturale. Il primo punto è quello del taglio dell’investimento. È evidente che l’investitore può scegliere uno strumento d’investimento solo tra quelli che possono essere acquisiti per tagli inferiori alla somma disponibile. Sotto un profilo generale, è noto che gli strumenti finanziari sono estremamente frazionati e non presentano il problema del taglio minimo d’ingresso. Spesso è previsto un taglio minimo (per esempio, i titoli di Stato possono essere acquisiti per 1000 euro o per multipli), ma si tratta quasi sempre di cifre modeste. Nel concreto, gli investitori evitano di fare investimenti singoli di ammontare molto basso per le commissioni sulla transazione che finirebbero per pesare troppo in rapporto alla somma investita. Il legislatore dei Paesi a struttura finanziaria evoluta ha da tempo introdotto lo strumento dell’“emissione in serie” dei titoli mobiliari, che concilia l’esigenza dell’investitore (che vuole allocare una cifra modesta) con l’esigenza dell’emittente (che vuole realizzare una raccolta relativa a una cifra consistente). Il taglio dell’investimento può dunque essere sempre ridotto da parte dell’emittente; in qualche caso ciò non viene fatto (per esempio, per fondi chiusi e per gli hedge fund ) in quanto, su in-
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dicazione del legislatore, si vuole che tali strumenti siano riservati a investitori che dispongano di cospicui capitali e che quindi possano sopportarne i rischi relativi. Alzando la soglia d’ingresso si ottiene questo risultato. È comunque raro che l’investitore scelga lo strumento su cui investire sulla base dei vincoli relativi al taglio d’ingresso. Il secondo punto concerne la durata dell’investimento. All’investitore viene chiesto, spesso all’inizio del colloquio con il consulente, se intende investire sul breve, medio o lungo termine. Sulla base del suo orientamento sono poi disponibili sul mercato strumenti che è logico acquisire con una logica di breve, medio e lungo termine. Occorre comunque precisare che quasi tutti gli strumenti finanziari sono disinvestibili in tempi molto brevi; anche un titolo che scade dopo 30 anni può essere venduto dopo pochi giorni dall’acquisto. Il fatto è che certi strumenti presentano orizzonti di investimento di non breve periodo, quindi l’investitore ne deve essere consapevole fin dall’inizio, al fine di poter attendere la conclusione del ciclo di investimento che è stato impostato. “Durata naturale dell’investimento” è l’espressione che si riferisce alla scadenza futura in cui è previsto il rimborso. La durata effettiva può essere più breve, in quanto i titoli sono quasi tutti disinvestibili sul mercato finanziario. La disinvestibilità di un titolo assicura “artificialmente” una liquidità all’investimento, che però può comportare perdite di negoziazione connesse ai costi di transazione e all’eventualità di disinvestire in un periodo sfavorevole. Il terzo punto che deve essere osservato è la capacità dell’investitore di sopportare il rischio connesso agli investimenti scelti. Ci sono investitori che non sono in grado di sopportare i rischi di un investimento; altri che sarebbero in grado di sopportarli ma che non vogliono farlo; altri ancora che sopportano volentieri rischi notevoli e altri che sopportano, consapevolmente o inconsapevolmente, rischi esagerati. Questo punto è assai complesso, in quanto ogni strumento finanziario presenta un mix di rischi di tipologia diversa; esistono, infatti, alcune categorie di rischio e ogni strumento presenta una “dose” di ciascuno di essi. Questi diversi rischi saranno descritti in dettaglio nei capitoli successivi. Il profilo di maggior rilievo per la scelta di un investimento è dunque la valutazione della sopportabilità del rischio da parte dell’investitore. A un capo dello spettro delle possibilità esistenti si pone il caso riassunto dall’espressione gergale “orfani e vedove”. È evidente che gli investitori che appartengono a questa categoria non possono sopportare rischi finanziari, in quanto l’esito sfavorevole di tale rischio li porterebbe a una situazione assai precaria, mancando flussi di nuovo reddito. Questa è la ragione per cui l’economista Alfred Marshall (1842-1924) sosteneva che, in un’economia sviluppata, lo Stato si sarebbe dovuto occupare solo dei più fragili (indicati esemplificatamene con “orfani e vedove”) e avrebbe dovuto lasciare all’autoregolazione delle forze di mercato la soluzione degli altri problemi. All’altro capo dello spettro si pone il caso della persona con patrimonio e reddito molto ingente; costui può sopportare l’esito sfavorevole del rischio senza particolare timore. Un importante operatore finanziario statunitense suggeriva di non entrare nel mercato azionario a meno di non essere consapevoli del rischio e disposti a perdere metà del patrimonio investito. È utile sottolineare con forza che non esiste nel nostro ordinamento, e neppure in quello degli altri Paesi a economia di mercato, un principio secondo il quale l’investitore debba essere rimborsato in caso di perdita del capitale investito sui mercati
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finanziari. Il principio costituzionale attualmente vigente sottolinea il rilievo della protezione del risparmio (art. 47), ma ciò non deve essere inteso nel senso di un diritto al rimborso. Il rimborso costituirebbe infatti una collettivizzazione delle perdite, con conseguente gravissimo danno sugli equilibri del bilancio pubblico. Si faccia poi attenzione al fatto che, in presenza di una clausola di rimborso garantito, gli investitori diverrebbero assai imprudenti, in quanto gli effetti negativi sarebbero caricati sul bilancio pubblico e gli effetti positivi sarebbero considerati lucri privati. La possibilità di subire delle perdite è l’incentivo che spinge gli investitori a comportarsi con attenzione (tecnicamente questo fenomeno viene indicato con l’espressione “disciplina del mercato”) ed è essenziale per il funzionamento del sistema economico. Il principio costituzionale viene interpretato secondo le regole qui sintetizzate: •
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limitatamente ad alcuni prodotti, e con riferimento a un ammontare inferiore a una certa soglia, esiste un diritto di rimborso delle perdite subite per risparmiatori che si ritiene meritevoli di particolare tutela (risparmio inconsapevole); per la generalità dei prodotti finanziari (risparmio consapevole), invece, si ritiene opportuno assicurare all’investitore informazioni corrette e tempestive (principio di trasparenza) e si ritiene utile proteggere gli stessi dai più insidiosi conflitti di interessi.
La presente illustrazione sintetica dei bisogni degli investitori e delle caratteristiche degli strumenti finanziari adatti a soddisfare tali bisogni si completa con le osservazioni sotto elencate. •
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Ci sono strumenti che presentano particolarità relativamente ai tempi con cui si effettua l’investimento o il disinvestimento. Ci sono dei piani di accumulo in fondi comuni che consentono di costituirsi nel tempo un capitale, che non sarebbe possibile costituire con un unico versamento. Ci sono invece prodotti di deposito bancario che consentono di prelevare i fondi necessari anche in tempi molto rapidi. Anche questo profilo ha notevole rilevanza. Gli operatori finanziari offrono all’investitore non solo la possibilità di acquistare i valori mobiliari che desiderano, ma anche diverse soluzioni di consulenza, al fine di aumentare la razionalità di queste scelte. La consulenza offerta all’investitore può essere informale, a basso costo, a costo nullo (come nel caso del normale colloquio presso la filiale della banca) o può essere strutturata mediante contratti specifici (gestioni patrimoniali). La razionalità degli investimenti non deve essere giudicata valutando ogni titolo preso per sé, ma deve essere valutata nella logica complessiva di portafoglio. Un investitore deve essere in grado di imprimere una razionalità complessiva al proprio portafoglio, sia all’interno delle singole categorie di titoli in cui ha investito sia a livello di composizione delle suddette categorie. Il portafoglio complessivo offre all’investitore il beneficio della “diversificazione”, ossia presenta un rendimento medio più stabile rispetto al rendimento di ogni singolo titolo acquistato; ciò è un importante elemento di attenuazione dei rischi assunti con i singoli titoli. Questa strategia è riassunta dall’espressione “non si mettono tutte le uova nello stesso paniere”, di significato evidente: tuttavia chi si è spinto a verificare sul campo questo detto, ha notato che coloro che rac-colgono le uova nel pollaio in effetti le mettono tutte nello stesso paniere, facendo molta attenzione a non farlo cadere.
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Capitolo 1
La necessità di essere finanziati
Un investimento è dunque un’operazione che consente di trasferire potere d’acquisto nel futuro. Il potere d’acquisto corrisponde a reddito non speso (risparmio) e tale potere d’acquisto viene temporaneamente rinviato al futuro, riservandosi di attivare più avanti un’operazione di spesa, quando ciò sarà ritenuto opportuno. Un’operazione di finanziamento corrisponde allo schema opposto. La famiglia chiede alla banca di poter usufruire di un potere d’acquisto che non si è ancora manifestato ma che credibilmente si manifesterà in un’epoca successiva. La famiglia riesce quindi a concretizzare subito il suo potere d’acquisto futuro. È un trasferimento di potere d’acquisto dal futuro, non verso il futuro. L’operazione si concretizza effettivamente, passando da desiderio a realtà, solo se la banca avrà individuato gli elementi di credibilità della richiesta di finanziamento, che sono in grado di confermare la capacità di rimborso del richiedente. In questo caso l’operazione si realizza con uno scambio di potere d’acquisto a pronti (ossia in data odierna) contro una restituzione successiva, inevitabilmente esposta a un rischio di inadempimento. In questo caso la famiglia non subisce un rischio, ma lo produce in capo alla banca che la finanzia. L’operazione creditizia (ossia il finanziamento) comporta dunque la sopportazione di un rischio. La famiglia finanziata dovrà riconoscere alla banca un tasso d’interesse, corrispondente all’uso dei fondi finanziari e al costo del rischio. Le operazioni di finanziamento sono differenziate sotto molteplici parametri, tra cui l’importo, la durata, lo schema di restituzione, il metodo per calcolarne il costo. Le varie operazioni di finanziamento sono distinte principalmente per tipo di fabbisogno finanziario. Finanziare l’acquisto della casa richiede accortezze tecniche diverse rispetto a ciò che serve per finanziare, per esempio, una vacanza. Nel seguito vedremo l’articolazione delle alternative esistenti, che si riferiscono a fabbisogni finanziari tipici che le famiglie rivolgono alle banche e che queste ritengono di servire mediante un’offerta commerciale idonea. Un’operazione di finanziamento si realizza quando esiste una sufficiente capacità di rimborso, ossia una capacità di rimborso in linea con il cosiddetto “servizio del debito” (in pratica, l’ammontare delle rate in scadenza nel periodo che consideriamo). La capacità di rimborso consiste nel produrre flussi di cassa che possono essere dedicati al servizio del debito. Ciò deve essere attuato credibilmente, lasciando nella disponibilità del finanziato una parte del reddito sufficiente per affrontare le sue spese correnti. In termini generali, diventa dunque assai rilevante il rapporto rata/reddito, ossia la proporzione del reddito periodico che dovrà essere dedicato al rimborso del debito e al pagamento degli interessi. La diversità delle forme tecniche deve essere tenuta attentamente in conto, in quanto un’operazione di finanziamento realizzata mediante uno schema tecnico disfunzionale diventa ben più complessa da sostenere, quindi difficile da estinguere.
1.5
La necessità di essere assicurati
Una parte specifica del volume illustra gli strumenti dedicati alla gestione, da parte della famiglia, dei rischi puri e finanziari. Si tratta di un’area di attività che negli ultimi anni ha conosciuto una notevole espansione nel sistema finanziario italiano
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e continua ad arricchirsi con ritmi elevati, per volume di operazioni e per ampiezza di articolazione. Ci sono situazioni di rischio che difficilmente possono essere affrontate individualmente da una famiglia. Un sinistro, come l’incendio della casa, comporta conseguenze gravissime, tali da compromettere per sempre il benessere finanziario. Tali rischi possono essere annullati e trasferiti mediante l’intervento di un intermediario specializzato. In tal modo il rischio è “mutualizzato”, ossia finisce per ricadere su una molteplicità di soggetti. La famiglia elimina l’eventualità di sopportare le conseguenze di un incendio e la sostituisce con la certezza di pagare il premio assicurativo (ossia il costo della copertura assicurativa). In questo modo la famiglia non subisce più le conseguenze del suo incendio (che ha bassa probabilità ma grande conseguenza), ma subisce le conseguenze complessive degli incendi degli immobili assicurati (che non è soggetta a probabilità ma piccola conseguenza). Ci sono diversi rischi di questo tipo, rilevanti per la loro gravità. Alcuni sono rischi relativi alle vicende che riguardano beni (si tratta principalmente di sinistri legati a immobili e autoveicoli); altri sono relativi alle vicende della vita dei componenti della famiglia (morte e invalidità). Il profilo assicurativo si affianca al profilo previdenziale. Quest’ultimo consiste nelle misure di intervento per affrontare eventi che impediscono l’attività lavorativa, in conseguenza al raggiungimento dell’età di pensionamento o in caso di infortunio o malattia. Queste situazioni sono affrontate con strumenti pubblici, che hanno carattere obbligatorio, e privati (previdenza integrativa). Premessa indispensabile allo studio degli strumenti è l’analisi dei bisogni cui essi cercano di rispondere. A questa esigenza rispondono, anche in questo caso, l’analisi sulle tipologie, le modalità di formazione e i princìpi di gestione dei rischi finanziari e dei rischi puri.
Bibliografia Banfi A., Nadotti L., Tagliavini G., Valletta M., Economia del mercato mobiliare, Isedi, Torino 2016. Basilico P., Uomini e soldi – Il racconto di una vita svela i segreti per investire con successo, Rizzoli, 2020. Fabrizi P.L. (a cura di), L’economia del mercato mobiliare, 4a ed., Egea, Milano 2021. Gandolfi G. (a cura di), Scelta e gestione degli investimenti finanziari, Bancaria Editrice, Roma 2018. Lanzavecchia A. (a cura di), Family Office – Una struttura organizzativa al servizio dei grandi portafogli famigliari, MUP, 2005.
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