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numero 14 - Anno 13 Sabato 5 Aprile 2014
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settimanale d’informazione regionale
Il ricordo di Agostino, faro per i giovani dell'Unical
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Sabato 5 Aprile 2014
Il legno storto
Matteo Renzi incontra Barack Obama
Per Renzi una “giornata particolare” in una Roma di grandi incontri Mezzoeuro Fondato da Franco Martelli
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n. 12427
Se mancava a Matteo Renzi, giovanissimo neo premier di un governo con grandi pretese di cambiamento, una cornice di forte impatto mediatico, di risonanza mondiale per le figure emblematiche che esibiva, questa c’è stata, e il disegno di pubblicizzare ancora di più una volontà ferma di superare ogni ostacolo pur di cambiare l’Italia, ha trovato la migliore tribuna. Renzi ha avuto finora bisogno di queste occasioni (Bruxelles, L’Aja) e non se le è lasciate sfuggire: gli sono servite per far conoscere meglio ai governi europei la determinatezza e celerità con cui il nuovo governo italiano si è accinto a ridare credibilità alla politica nella sua capacità di incidere rapidamente su situazioni nodali che frenano lo sviluppo del Paese. E i consessi europei hanno dato modo al Premier italiano non di fare la voce grossa o far sentire una propria superiorità, bensì di presentarsi con profili seri e credibili (come già con Monti e Letta, d’altra parte). Ma veniamo alla giornata romana che ha visto una centralità di immagine del premier italiano: il Papa, Napolitano, Obama, ma l’immagine di Renzi non ne veniva soverchiata o oscurata, era lì come una presenza di peso. L’espressione che usiamo, “una giornata particolare”, richiama non a caso il notissimo film di Scola perché anche lì l’evento esterno era una visita di un capo di Stato, Hitler, a Roma in grandissimo fermento di esaltati del regime, ma finisce qui, la “particolarità” in questo caso non è quella piccola umanissima minuta storia contrapposta ai clamori muscolari delle “parata”, è invece una specie di sugello, di imprimatur, quasi di “iniziazione” che riceve dalle occasionali visite, incontri e colloqui dei “grandi”, il governo di un giovanissimo leader
di Franco Crispini
Prendiamola dunque così questa visita del Presidente Usa che abbiamo lungamente potuto seguire sui teleschermi: la visita a Papa Francesco in Vaticano, l’incontro col Capo dello Stato al Quirinale, la conferenza stampa con Renzi a Palazzo Chigi,Obana al Colosseo, un seguito di immagini cui i cronisti televisivi sanno dare i grandi contenuti che le riempivano. Assieme a Obama di fronte alla stampa, una tappa conclusiva in cui Renzi non perde spigliatezza e grinta nelle sue risposte, è come se un politico del peso mondiale del Presidente americano desse un battesimo al Capo del Governo italiano. Per importante che sia un tal genere di cerimonia, per quel che conti una tale solennità, certo un accreditamento politico agli occhi del mondo, migliore di questo, forse non poteva esserci per un leader ed un governo che vogliono riaccreditare il Paese,vogliono farlo muovere in Europa senza sensi di inferiorità. Era persino gradevole vedere quei due scambiarsi sorrisi e condivisioni in atteggiamenti spontanei, poco convenzionali, entrambi, Obama e Renzi, a mostrare il diverso peso delle loro responsabilità, solidali nel prendersi cura dei loro rispettivi Paesi. Per avere accanto il Presidente dell’America, il nostro maggiore tradizionale alleato, Renzi segretario del Pd non ignaro di tutto quello che storicamente e ancora nel presente ha rappresentato e rappresenta quella alleanza privilegiata, non mostrava di sentirsene soggiogato: al fare semplice e paritario di Obama rispondeva in modi da cui trapelasse il senso di amicizia e di grande rispettosità che anima la politica del nostro Paese. Si può ritenere che il vero problema del premier italiano fosse in quel momento di dare appunto visibilità ad una intesa piena, una completa condivisione di finalità, una garanzia di totale fedeltà, col capo di una grande potenza impegnata con problemi strategici di dimensione mondiale. Purtroppo, ora non c’è moltissimo che lasci prevedere che all’indubbio successo di questa giornata possa seguire per Renzi un tranquillo cammino dei suoi programmi ancora tutti in piedi e con opposizioni che crescono giorno dietro giorno. Ma è pur vero che il Paese non ha poi tante carte da giocare, non ha, si può dire, altre carte migliori :si perderà nel vuoto un possibile significato della giornata con Obama, e cioè l’ambizione del giovane capo del Governo italiano di riguadagnare al suo Paese una fiducia dell’Europa e del mondo?
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Tutti gli incubi del presidente Gazzetta del Sud ha avuto probabilmente l’unico torto di giocarsi male quello che poi non può essere atro che un retroscena ma che ci possa essere un futuro più “azzurro” del previsto per Peppe Scopelliti non è scenario da archiviare. Non ancora perlomeno. Lo dicono gli umori, i non detti. Lo dicono le movenze, le parvenze, finanche la logica. Il governatore della Calabria si aspettava più calore dall’amico Angelino, appresa la notizia della condanna in primo grado a sei anni più l’interdizione dai pubblici uffici. Più complicità, più squadra, più intrighi. Pare si sia trovato invece al cospetto di un ministro freddino, insipido, spaventato probabilmente alla sola idea che l’Ncd stia finendo per togliere via via ai cugini di Forza Italia tutti i guai giudiziari, i migliori profili “wanted”. La qualcosa, naturalmente, manderebbe in bestia proprio Alfano che tutto vuole mostrare al mondo intero tranne che si sia costruito una compagine politica alla fin fine con poche decimali di voti e una discreta quantità di condannati e inquisiti.
Peppe Scopelliti
Ci vuole un
colpo di teatro Questo spettro deve essere lo stesso poi che ha annichilito gli entusiasmi dello statista di Acerra, Gaetano Quagliariello, timido pure lui con Scopelliti al pari di Lupi e Schifani. Con i vertici meno calorosi di quanto era lecito attendersi Scopelliti deve aver maturato l’idea, o peggio ancora il rimpianto, che altri erano i partiti o gli amici o i retaggi che si sarebbero gettati anima e cuore in difesa di una prima condanna e la sua mente si sarà tinta inevitabilmente di azzurro. Il partito di Berlusconi, che era il suo partito così come lo è ancora del suo vecchio amico Maurizio Gasparri, avrebbe reagito in tutt’altro modo e con ben altre prese di posizione gli sussurrano impietosamente nell’orecchio i sodali in queste ore. E Scopelliti sa bene che non hanno torto, certamente non del tutto. Poi magari qualche telefonata dal mondo di Arcore o di Palazzo Grazioli gli sarà anche arrivata ma altro, e oltre, è difficile che ci sia stato. Lui, il governatore, sa bene che ha ragione chi perfidamente gli ripete che ha più dato che ricevuto dal partito di Alfano fin qui. E il Cavaliere, insieme al suo cerchio magico, indietro tuttavia non possono tornare o non sanno come farlo perché proprio Scopelliti s’è messo alla testa dei sei senatori da far traslocare nel Nuovo centrodestra il giorno del “tradimento” e dello sputtanamento in diretta di Silvio Berlusconi, quando era convinto di guidare un partito che ne aveva già due invece in grembo. Sono cose che non si possono dimenticare né sterilizzare con la prassi politica, occorre tempo e pelo sullo stomaco ma soprattutto buone, se non buonissime, motivazioni. È per questo che ha avuto gioco troppo facile Jole Santelli a riprendere Gazzetta del Sud e la sua indiscrezione spacciata per notizia sottolineando che, pur rimanendo amici e alleati sinceri, ognuno, Forza Italia e Scopelliti, seguirà la propria strada. Non dice una parola Santelli circa la veridicità dei sentimenti nostalgicamente azzurri di Scopelliti. Ma dice quel che basta e avanza per far sapere al mondo berlusconiano che gli azzurri di Calabria non ne vogliono neanche sentire parlare di un’ipotesi del genere. Se il più prestigioso quotidiano calabrese voleva fare il colpo con un
Gli incastri politici si vanno facendo difficili per il governatore Scopelliti. A suo dire, e fino a prova contraria non c'è da dubitare, si dimetterà presto e lascerà nei guai la regnanza regionale, ma questo al momento non gli basta per avere garantita una via d'uscita dignitosa Paradossalmente, ma fino ad un certo punto, lo "salverebbe" un colpo di scena, qualcosa che ne veda minacciata l'incolumità, qualcosa che renda necessaria una sua collocazione in un posto garantito retroscena poteva inquadrarlo meglio, se voleva indirettamente fare un favore o incoraggiare il governatore gli ha reso invece la strada più difficile, se infine desiderava il contrario, scongiurare cioè il ritorno al passato di Scopelliti, in parte ha
compiuto la sua missione. Se mai qualcuno ci stava lavorando al grande rientro del presidente nell’universo berlusconiano ora la strada si fa più dura. Non impossibile, sia chiaro. Ma decisamente più in salita. Regge l’impianto di un partito, Forza Italia, che per costituzione è più generoso con chi ha bisogno di difendersi dai primi passi dei tribunali. Ma da qui a cancellare lo strappo di sei mesi fa ce ne vuole, ce ne vuole assai. E poi bisognerebbe sapere a tal proposito cosa ne pensano i senatori che hanno seguito Scopelliti tra le braccia di Alfano, da Piero Aiello a Nico d’Ascola. Da Antonio Caridi a Giovanni Bilardi. Discorso a parte poi quello di Tonino Gentile che s’è trovato alfaniano perché Quagliariello e Cicchitto così gli hanno consigliato ma anche perché, forse è proprio questo il movente principale, non poteva lasciare praterie sterminate proprio a lui, a Scopelliti. Oggi Tonino Gentile è più alfaniano di quanto non lo sia Peppe Scopelliti che non molto tempo fa, del ministro dell’Interno, era il fratello gemello della news generation del centrodestra italiano. Miracoli delle sentenze. Di più. Oggi Tonino Gentile, proprio lui, è anche l’azionario di maggioranza dell’unica assicurazione che ha in tasca il governatore. Li unisce un paradosso malefico del destino per cui, da grandi avversari sotterranei, se finisce male uno l’altro non la fa poi una bellissima fine. Anche questi sono miracoli se vogliamo. Oggi Gentile è chiamato a rintracciare una via d’uscita dignitosa per Scopelliti, qualunque essa sia purché virile e non da chiusura di carriera. Lo deve fare per il Nuovo centrodestra che è la sigla su cui si gioca la sua di faccia. Lo deve fare per il banco del potere regionale che rischia di saltare. E lo deve fare anche per una serie di voti e connivenze che insieme hanno traslato da Forza Italia al partito di Alfano e a cui devono delle spiegazioni. Tutti e due e nessuno dei due singolarmente. Ma non sarà facile, per niente. Se Alfano lo candida per l’Europa passa la linea che ci voleva una condanna pesante per legittimarlo del tutto. Se lo costringono invece a rimanere presidente in carica fino all’arrivo della Severino lui non ci sta, ovviamente. Sarebbe come chiedere al tacchino di scegliersi la temperatura del forno. Scopelliti, paradossalmente, verrebbe tirato fuori da questo viscido imbuto solo se intervenisse qualcosa di eclatante, di estremamente rilevante. Qualcosa che ne facesse emergere un aspetto fin qui inedito come la incolumità fisica del presidente da preservare ad ogni costo. Con ogni mezzo e a qualsiasi prezzo, politico e istituzionale. Paradossalmente, ma fino ad un certo punto, Scopelliti passerebbe in un attimo da condannato a martire, da figura compromessa e compromettente a profilo da riserva faunistica. E per lui tutto lo scenario cambierebbe. Basterebbe un niente. Del resto dalle nostre parti mica mancano moventi e individui con cattive intenzioni da cui difendersi. Specie per uno che ha fatto e fa ancora il presidente di Regione. Anche le armi, come l’arsenale micidiale ritrovato in una macchina a Rizziconi giorni fa, volendo si trovano...
Tonino Gentile e Angelino Alfano
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Sabato 5 Aprile 2014
Nel cielo azzurro di Calabria Solo Pino Galati poteva mettere fine, con la sua consueta seppur tardiva schiettezza, a quella che altro non poteva essere che una bufala. Di correre per l’Europa non ha mai avuto alcuna intenzione ma nel gioco delle parti in commedia chissà perché il suo nome è stato fatto circolare così tante volte da costringerlo a un cappello consuntivo prima che qualcuno lo dipingesse addirittura per trombato. Sono a disposizione del Parlamento italiano, scrive in sintesi Galati. Mi piace il lavoro che faccio e resto in attesa di altre sfide cui il partito mi sottoporrà. Tradotto dall’italiano al lametino vuol dire poi quello che non tutti sanno ma che è solare e non da oggi.
Ogni riccio
non è un capriccio Pino Galati s’è smarcato per primo da Scopelliti in tempi non sospetti. S’è fiondato su Arcore dove era già ma con più brio. Ha costruito tutta una rete per solidificare un profilo, il suo, come figura di riferimento per i moderati calabresi tendenti al berlusconismo. E ha fatto tutto questo, ovviamente, non solo per guidare formalmente Forza Italia (cosa che peraltro non gli è riuscita) quanto per correre a tutto campo verso la presidenza della Regione. Questa era, è e rimane la sua principale e funzionale intenzione. Poi tutto il resto e cioè gli eventi imponderabili, le sciagure, nuove urne che si possono sempre aprire, gli scambi “commerciali” tra le parti in campo possono sempre scompaginare i piani ma il progetto originario quello rimane. Ora è del tutto evidente che chi ha lavorato per far molto circolare la sua nomination per Bruxelles forse questa ambizione voleva scongiurare, magari depistare, annacquare. Ma c’ha pensato lo stesso Galati a smarcarsi prima che fosse troppo tardi e prima che magari venisse fuori la linea che i deputati Berlusconi non li candida in Europa (cosa non vera tra l’altro, o non più vera perché ce ne saranno). Galati non è disponibile, non ci pensa, non vede garanzie di elezione e cioè di rischio che vale la candela e, soprattutto, non vuole distrarsi dal suo vero e primordiale obiettivo e cioè Palazzo Alemanni. Ma non basta però puntare una preda per averla già in bocca. Si rischia di masticare aria. Jole Santelli è stata chiara a poche ore dalla condanna di Scopelliti. Il prossimo autunno (probabilmente stagione del voto regionale in Calabria) il cielo si tingerà d’azzurro. Ovviamente significa fate largo che tocca a noi, cari cugini dell’Ncd e dell’Udc. Se ci state ci state sennò fate gara pure voi con uno dei vostri, se avete i numeri. Noi non indietreggiamo di un millimetro. L’ordine da Arcore è la presidenza della Regione e la coordinatrice sa bene che questa mission le è stata affidata. E proprio qui viene il bello. Per un Galati posizionato da tempo con vista su quella sfida c’è da fare i conti, ogni giorno che passa, con insidie pericolose che si scorgono. A cominciare dai riccioli di Wanda Ferro da Catanzaro, wandissima per amici e estimatori. Il suo nome e il suo profilo non sono mai dispiaciuti a Berlusconi perché s’è saputa distinguere fin qui. Ha fatto la militante di coalizione prima e di partito poi scegliendo l’azzurro proprio nel momento più difficile. Ma non è solo questo score ad aver ben impressionato. Wanda Ferro ha sempre pescato simpatie anche tra i dissidenti della regnanza politica e partitica per antonomasia, quasi mettendosi contro a volte. Ha dialogato con tutti, da
Wanda Ferro non lo ammetterà mai ma ci spera, e ci lavora da tempo sotto sotto. Il suo nome è in cima tra quelli che potrebbero sfidare il Pd in autunno per la presidenza della Regione I nemici e le alternative non mancano, anche accreditate se non maggiormente accreditate Ma wandissima ha le sue carte e se le sta giocando presidente di Provincia, senza farsi incastrare in qualche intercettazione compromettente come quelle che vanno di moda a Catanzaro. Non dispiace alla cordata di Tallini (che non la ama tantissimo) ma nemmeno a quella parte politica catanzarese che veste altre maglie. Insomma è in campo e deve esserci un motivo se Sergio Abramo l’altro giorno s’è lasciato scappare che l’augurio degli amministratori del capoluogo è che torni un (o una) catanzarese alla guida della Regione. Un punto decisamente non a suo favore è semmai proprio questo (a parte ovviamente che un’altra donna, Santelli, è coordinatrice del partito). Se Berlusconi deve dar peso specifico alle aree geografiche è indubbio che sarà Cosenza il crocevia delle prossime regionali. E si sa che lungo il Crati si scalpita, a destra come a manca, per la poltrona principe. Nell’universo azzurro, tanto per rimanere in zona, è altamente improbabile che un pensierino a Palazzo Alemanni non lo stia facendo Roberto Occhiuto. E se lo fa lui vuol dire che qualcuno glielo ha fatto fare, sin dal momento dello “scambio di prigionieri”, dell’ingresso cioè dei fratelli Occhiuto nel salotto del Cavaliere. Il gio-
vane Roberto ha esperienza e quotazioni importanti nel mondo parlamentare dal quale troppo frettolosamente (e per colpa di Cesa) è dovuto uscire. Normale che il suo primo pensiero sia sempre rimasto quello, il ritorno il più in fretta possibile alla Camera. Ma erano altri i tempi, sia pure recenti, quando gli Occhiuto hanno traslocato i bagagli in Forza Italia. Il voto politico nazionale pareva a portata di mano ogni giorno. Poi Renzi, poi il vento (per ora) inarrestabile e il voto che si allontana. Troppo si allontana per uno come Roberto Occhiuto. In autunno il voto regionale potrebbe essere un’occasione infinitamente ghiotta, oltreché ambita, per rientrare nei grandi giochi. A suo vantaggio la bontà del profilo, il territorio di provenienza, un sindaco di una città capoluogo come fratello, l’età e la spendibilità. Ma non mancano le insidie anche per lui a cominciare proprio da quel blocco intero catanzarese (anche imprenditoriale e tra poco, forse, editoriale) che s’è messo in testa di fare squadra attorno a Wanda. Tra Galati (che c’ha pensato per primo), Ferro (che è in salita come quotazioni e ha un territorio che le soffia dietro il collo) e Occhiuto (da un punto di vista diciamo “futuribile” forse quello messo meglio) certo non proprio una passeggiata per Jole Santelli. A lei il compito di compilare il questionario col profilo giusto da sottoporre al Cavaliere. E se si mette troppo male poi, nel senso che con ogni scelta finisce per spargere troppo sangue nel partito, niente di irrimediabile. La coordinatrice potrebbe sempre “sacrificarsi” e mettere tutti d’accordo. La fa lei la corsa per Palazzo Alemanni. Non le manca nulla.
In apertura Wanda Ferro Qui accanto Pino Galati Jole Santelli e Roberto Occhiuto
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Sabato 5 Aprile 2014
Quando gareggiare è più difficile che vincere Dall’alto: Mario Maiolo, Ernesto Magorno e Mario Oliverio
Quando il vicesegretario nazionale del Pd, Guerini, scenderà le scalette dell’aereo troverà a Lamezia lunedì ad attenderlo un Pd di Calabria (forse giustamente) alle prese con le rogne relative alle candidature per Bruxelles. Era del resto naturale che sarebbe andata così e meraviglia solo parzialmente che un partito notoriamente non compatto nelle sue principali movenze non lo fosse neanche ora che c’è da staccare il biglietto per l’Europa. Snobbate al punto giusto, per molti considerate anche non all’altezza delle rispettive ambizioni di carriera ora d’improvviso le europee diventano ultimo terminal o comunque la prima vera posta in gioco dell’era Renzi. Il test che conta, il misuratore decisivo per gli equilibri che verranno. E in una regione che non ha mai smesso di contarsi, di posizionarsi, di smarcarsi quando serve o di cambiar pelle le europee finiranno per essere più probanti che altrove. Non a caso è calato il gelo su tutto il resto a cominciare dalla metodologia per l’individuazione del candidato alla presidenza della Regione passando per i nomi veri e propri che se la giocheranno la partita.
Massimo Canale
Smettiamola di cercare candidature super partes
Pd, l’Europa
al momento giusto Senza contare che nessuno, se non poche tracce qua e là, ha ancora fatto cenno alla linea da seguire e al programma elettorale che dovrà scalzare il centrodestra dalla guida della Regione. Tutto congelato, paralizzato, sottopelle quantomeno. Perché al di sotto della linea del tavolo invece i movimenti continuano eccome non senza momenti di alta tensione e nervosismo. E di insofferenza come quella che si registrerebbe tra iscritti e cosiddetta base al cospetto di una deputazione regionale del Pd che non avrebbe fin qui giocato al meglio le sue carte per mandare a casa Scopelliti il giorno dopo l’incasso di una condanna assai pesante per un amministratore. Avrebbero traccheggiato a centrocampo, chi più chi meno. Con l’unico scopo di allungare il brodo prima di tornare a casa. E non è neanche irrazionale che sia andata così a guardar bene. Ma ora c’è l’Europa a congelare il sangue caldo. E c’è Mario Maiolo che sta facendo il diavolo a quattro a Roma perché ritiene che un posto in lista doveva e dovrebbe essere suo. Troppe rinunce in questi anni, troppi dinieghi senza fare poi molto casino. Con un consiglio regionale che si profila inaccessibile per molti Maiolo vorrebbe giocarsi la partita europea ma probabilmente c’è un Mario di troppo lungo il percorso. Il riferimento è a Pirillo che non cede di un millimetro. Da parlamentare europeo uscente ritiene di avere titolo alla rivincita anche perché nessuno gli ha dimostrato fin qui che non è possibile o che deve andare diversamente. L’ingorgo però è evidente perché difficilmente la segreteria nazionale avallerà per un collegio così grande e disomogeneo due candidature che agiscono nello stesso territorio, addirittura nella stessa provincia e che tutto sommato si può dire che hanno pure fatto militanza nella stessa area del partito. Saranno giorni difficili in questo senso. Sotto traccia però, e al netto di un’assemblea provinciale di Cosenza del partito che presenta grandi incognite e riserve, il vero nodo da sciogliere rimane la metodologia e la sostanza che porterà il Pd a tentare di riprendersi lo scettro del potere regionale. Intanto le primarie. Sappiamo chi le vuole e chi fa finta di volerle ma ne farebbe a meno.
La scelta dei candidati democratici per Bruxelles congela in qualche modo ma solo in superficie la matassa da sbrogliare per il probabile turno regionale d'autunno Ma prima o poi i nodi verranno al pettine Qual è la linea definitiva da seguire? Primarie? E tra chi? Si faranno per davvero? Se non si faranno invece che formula si troverà per affossarle? E poi le nomination, i candidati, i cavali di razza veri e non di copertura. Oliverio è in campo, per ascolto o autoascolto gira la Calabria senza che nessuno gli dica di farlo o di non farlo. È candidato alle primarie, dice di sé. E lo sfidante “vero” chi sarà? È sincero e fino a che punto il segretario Magorno quando sostiene che in prima persona non è affatto interessato a questa corsa? Sta cercando qualcuno, il profilo di rottura, ma chi sta cercando? E se trova qualcuno che spacca troppo il partito che deciderà di fare? E se invece non troverà nessuno lascerà Oliverio correre da solo nella campagna di ascolto o autoascolto? Quando scenderà dall’aereo Guerini non farà in tempo a calarsi nella partita che dovrà risalire le scalette per andarsene. Fortuna che c’è l’Europa adesso, il miracolo del ghiaccio che congela tutto.
«Le annunciate e non ancora protocollate dimissioni del presidente Scopelliti convincono sempre meno. Ciò che infatti si è tentato di far passare come un gesto di responsabilità appare perlopiù un arrogante tentativo di strumentalizzazione della condanna penale per rilanciare la propria candidatura al Parlamento europeo, in ottica vittimistica». È quanto dichiarato da Massimo Canale, portavoce dell’area politico-culturale «Tutta un’altra storia» del Pd e candidato in occasione delle recenti primarie alla segretaria regionale del partito. Secondo Canale, «Scopelliti tenta di tenere sotto scopa la propria maggioranza agitando lo spettro delle dimissioni. Si consuma, quindi, ancora una volta sulle spalle dei calabresi, una partita a scacchi che ha come contendenti da un lato l’attuale presidente della Regione Calabria e dall’altro una maggioranza che si affanna a prenderne il posto». L’area politico-culturale «tutta un’altra storia, già durante il confronto congressuale interno al Partito democratico calabrese, aveva chiesto - sottolinea - che si preparasse per tempo l’alternativa allo scopellitismo, attraverso un confronto di idee sui contenuti della nuova Calabria che immaginiamo, scegliendo il candidato alla presidenza della regione tramite le primarie di coalizione del centrosinistra. Strumento fondamentale per definire il candidato che potrà portarci alla vittoria alle prossime elezioni regionali. Nessun altro metodo sarà da noi avallato se non quello della consultazione dei democratici calabresi». «Siamo costretti a rilevare però che i tentennamenti, le incertezze e l’improbabile ricorso a candidature super partes che, per quanto autorevoli, hanno già ampiamente dichiarato la propria indisponibilità, - dice - rischiano di condurre il Pd dinanzi a un enorme ritardo se non ad una sconfitta preannunciata. Siamo poi certi che il Partito democratico abbia già al suo interno le competenze e la forza necessari ad affrontare questa ennesima battaglia politica, pensare in maniera contraria vorrebbe dire delegittimare il partito stesso ed affievolire l’impegno di tutti quei militanti, iscritti e simpatizzanti che giorno per giorno hanno difeso il Pd sui territori, anche quando i vertici dello stesso li hanno lasciati soli nelle loro lotte. Allora - conclude - diviene indispensabile una netta accelerazione sul fronte della proposta politica convocando al più presto le primarie di coalizione, con una data certa e non ulteriormente rinviabile. Non siamo interessati alla gara a chi sia più anti-scopellitiano, ma sentiamo il dovere di costruire una reale alternativa in grado di dare futuro e risposte alle tante emergenze della Calabria».
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Mezzoeuro Le eccellenze per sperare
Nasce Neurobiotech Un network internazionale che nasce dal basso, dove realtà scientifiche, accademiche e imprenditoriali si aggregheranno spontaneamente per portare avanti progetti innovativi. Nasce così in Molise un nuovo strumento per affrontare le sfide che la ricerca biomedica pone per il futuro, con l’attenzione rivolta a due settori che saranno protagonisti di primo piano dei prossimi anni: le neuroscienze e le biotecnologie. È questa l’anima del progetto Neurobiotech, presentato oggi alla stampa internazionale nella sede del Parlamento Europeo, a Bruxelles. Creato sotto l’egida della Regione Molise, Neurobiotech vede la sua “culla” nell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) Neuromed di Pozzilli, primo promotore dell’iniziativa, con la partecipazione di strutture scientifiche ed accademiche di altissimo livello: l’Università del Molise, le Università di Roma “La Sapienza” e “Tor Vergata” e il Consiglio nazionale delle Ricerche. Sarà Neuromed a mettere immediatamente a disposizione le sue strutture e le sue competenze per creare una base di aggregazione sulla quale convergeranno tutte le realtà che vorranno far parte di questa nuova avventura scientifica. Presenti alla press conference i partners del progetto, Declan Kirrane, presidente e amministratore delegato di Isc che ha moderato l´incontro; Jacopo meldolesi, direttore scientifico del progetto; il presidente della Regione Molise, Polo di Laura Frattura; Luigi Frati, magnifico rettore dell’Università “La Sapienza” di Roma; Carla Andreani, fisico sperimentale e professore ordinario presso il dipartimento di Fisica Univeristà Tor Vergata; Antonio Simeone, direttore dell’Istituto di Genetica e Biofisica del Consiglio nazionale delle Ricerche; Emilia Belfiore, responsabile del Centro ricerca e sviluppo dell’Irccs Neuromed. Chairman dell’incontro Aldo Patriciello che ha introdotto i lavori e accolto i relatori sottolineando l’importanza della «ricerca quale volano per l’economia; Neurobiotech - ha poi affermato - è un progetto estremamente innovativo, capace di creare opportunità mai viste nelle nostre piccole realtà, dove i ricercatori potranno candidarsi ai finanziamenti futuri». «Neurobiotech non è una banale aggregazione per la ricerca di finanziamenti - ha poi affermato il presidente Frattura - parliamo di
Viene dal Molise la chiamata rivolta a centri di ricerca, università e industria L'iniziativa presentata a Bruxelles sta creando una rete scientifica internazionale per l'eccellenza e l'innovazione in biomedicina. Un nuovo modello per l'integrazione di realtà anche molto diverse tra loro una vera comunità che nascerà all’interno di una eccellenza del Molise e che farà proprio della nostra Regione un punto di riferimento per ricercatori internazionali». Il concetto alla base di Neurobiotech è quello di una rete capace di aggregare soggetti anche molto diversi tra loro, ma tutti impegnati nell’innovazione. Ed i settori scelti per questa impresa, neuroscienze e biotecnologie, rappresentano una delle più affascinanti e difficili sfide che la scienza internazionale si trova ad affrontare oggi. Il primo passo dell’iniziativa sarà la creazione di un network virtuale. Centri di ricerca, università e industrie si aggregheranno per scambiare esperienze e conoscenze attraverso una fitta rete di comunicazioni e prevedendo anche lo scambio di ricercatori. Sarà la costruzione di una base culturale ed operativa che aprirà la strada alla seconda fase, quando, attorno alle strutture messe a disposizione da Neuromed, nasceranno attività comuni, si creerà la cosiddetta “massa critica” di ricercatori, indispensabile nel panorama scientifico moderno, dove la carta vincente è rappresentata dall’unione di competenze molteplici e disparate.
«Partiamo da una base di grande know how che viene assicurata proprio dal Neuromed ha detto Jacopo Meldolesi, direttore scientifico di Neurobiotech. L’ambiente che questo istituto offre, già multidisciplinare per sua stessa natura, orientato alla ricerca traslazionale, è l’ideale per accogliere interessi provenienti da istituzioni molto diverse tra loro. Ma l’aspetto più importante è che il nostro approccio non sarà mai arrogante, qualcosa di già definito alla quale si può solo aderire. Al contrario, ciò che proponiamo è una vera compartecipazione, nella quale tutto viene deciso dai partner. Strategie di ricerca, idee per applicazioni pratiche, sviluppi tecnologici, tutti questi obiettivi verranno continuamente discussi e definiti in base alle competenze e alle aspirazioni di ciascuno dei soggetti del network». Naturalmente esistono diverse reti di centri di ricerca nel mondo. Ma per la maggior parte nascono attorno a finanziamenti oppure a progetti già definiti. Sono, in pratica, strumenti per sfruttare opportunità proposte dall’esterno. Non sarà questo il caso di Neurobiotech. I partner si assoceranno alla struttura in modo spontaneo, semplicemente perché hanno affinità scientifiche e voglia di metterle insieme per realizzare qualcosa. Le informazioni viaggeranno tra i diversi membri, i ricercatori faranno esperienze condivise, metodi e competenze verranno messi in comune. Questo permetterà alla rete di disegnare le proprie attività in funzione di un programma che sarà discusso e condiviso anno per anno. A quel punto i vari partner potranno decidere di accedere a finanziamenti, oppure di partecipare a progetti internazionali, secondo uno schema a geometria variabile. Ci saranno progetti che interesseranno solo una parte del network, altri che lo coinvolgeranno per intero. Ciò che conterà è che Neurobiotech, centrale di scambio e informazione costante, sarà capace di individuare, tra tutte le competenze esistenti nella sua rete, il minimo comune denominatore di interessi e ricerche comuni. «Il nostro modello - ha continuato Meldolesi - è quello che viene definito “bottom up”. Non esistono direttive e progetti dall’alto: abbiamo conoscenze, abbiamo le strutture, abbiamo la capacità di creare una rete. Semplicemente invitiamo chi vuole lavorare in questa direzione ad unirsi a
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Sabato 5 Aprile 2014
Le eccellenze per sperare
una comunità di ricerca e innovazione per le neuroscienze e le biotecnologie noi. E non vogliamo limitarci al solo mondo accademico o della ricerca. Esistono anche le imprese, soprattutto le piccole e medie, che hanno idee da sviluppare nei campi di studio che caratterizzano Neurobiotech. È a tutti questi soggetti che ci rivolgiamo». Così Neurobiotech, partendo da una base di competenze e di eccellenza garantite dai suoi componenti fondatori, ora lancia l’invito a tutte quelle strutture che vogliano aderire ad un grande progetto in cui la messa in comune di metodi e conoscenze, lo scambio di persone e idee, la progettualità condivisa, possano portare a soluzioni innovative per uno dei campi più promettenti della medicina: lo studio del cervello e delle sue patologie. E proprio in questo ambito, le biotecnologie, il secondo pilastro di Neurobiotech, giocheranno un ruolo fondamentale. In dettaglio, l’attenzione del nuovo Polo di ricerca e innovazione sarà particolarmente focalizzata su temi di frontiera come biotecnologie d’avanguardia, cellule staminali, ingegneria tissutale e biologia cellulare, genomica ed oncogenomica, nanotecnologie e biomateriali, biomeccanica, robotica e human computer interface, neurodiagnostica ed imaging avanzato, telemedicina e telediagnosi, bioinformatica. Ma Neurobiotech non si limiterà ad essere una struttura comune di ricerca e conoscenze. Le sue competenze saranno infatti messe a disposizione di strutture governative e organi politici sovranazionali, in modo da contribuire ad orientare le scelte di ricerca dei prossimi anni nel campo delle neuroscienze. E l’obiettivo più vicino è la creazione di un libro bianco durante il semestre di presidenza italiano dell’Unione europea. «Abbiamo già molte manifestazioni di interesse da parte di centri di ricerca internazionali - conclude Meldolesi - e siamo convinti che altre arriveranno molto rapidamente. L’invito è rivolto a tutti i soggetti impegnati nelle neuroscienze e nelle biotecnologie».
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Sabato 5 Aprile 2014
Il ricordo La scomparsa di monsignor Agostino è una perdita per la comunità universitaria di Arcavacata. Con mons. Giuseppe Agostino, scompare un punto di riferimento etico, morale e spirituale per tanti docenti, non docenti e studenti dell’Università della Calabria, avendo trovato in lui una figura di padre spirituale, consigliere e testimone di valori umani e religiosi alti. Ha detto bene e scritto nel suo servizio per il Tg3 Rai della Calabria, Pasqualino Pandullo, quanto Mons. Agostino amava profondamente la sua Calabria: «L’aveva attraversata tutta, dalla sua Reggio, a Crotone, a Cosenza. E per la Calabria, che conosceva in ogni sfumatura, aveva ipotizzato una costituente dei cervelli, senza etichette e senza fazioni, come unica possibilità per innalzare questa Regione dal gorgo del mancato sviluppo. Un’intuizione ancora attuale, soprattutto in un’epoca come questa, di frammentazione degli ideali, ancor prima che degli interessi».
magna un seminario promosso dalla scuola superiore “Majise del Cies” per parlare sul tema “Etica e innovazione”, affermando che «l’innovazione deve tendere all’umanizzazione, cioè alla crescita dell’uomo integrale, nella sua dimensione fisica, economica e spirituale. Ciò rappresenta la sfida del nuovo secolo, partendo dal primato dell’uomo sulle cose. Occorre puntare sulla scienza e non sullo scientismo, pensare alla tecnica e non parlare di tecnicismo. Mentre le tecnologie crescono, c’è bisogno di un flusso culturale che orienti la storia verso l’uomo. L’innovazione è un valore positivo, si devono solo usare le cose nel modo giusto, sostenendo l’uomo anziché soffocarne aspirazioni e dignità». Il 18 settembre 2001 torna ancora dagli operai della Bocoge nel cantiere dell’Università dove è in corso una nuova protesta con dei lavoratori sulla gru che respingono il loro licenziamento per mancanza di fondi non erogati dal Ministero del Tesoro all’Università e non mancano anche in questa circostanza parole di conforto e vicinanza.
Riferimento per il campus La costituente dei cervelli, un’idea che nasce negli Anni ottanta anche per la frequentazione del compianto rettore dell’Università della Calabria, Pietro Bucci, che per ragioni televisive, curando una trasmissione periodica di dialogo con i calabresi su Video Calabria, nella redazione di Crotone, trovavano l’opportunità di proficui incontri e disegnare grandi progetti legati allo sviluppo della Calabria partendo dal grande patrimonio umano dei giovani. Un percorso comune che portò nel tempo Bucci ad acquisire certezze sul valore della fede, ma anche d’investimento sulla cultura e sulla scienza per dare alla nostra Calabria sbocchi di certezze per i tanti giovani, maggiore giustizia, equità sociale, risveglio delle coscienze per una convivenza sociale e civile, tale da consentire e vivere in un Paese libero e democratico in cui il valore della pace accanto a quello dell’amore fossero gli elementi portanti per una nuova società calabrese riscattata dall’oblio della sofferenza, speculazioni e violenza di sorta. Tutto questo ebbe termine il 10 settembre 1994 con la prematura scomparsa del professor Pietro Bucci, che lo stesso Giuseppe Agostino, all’epoca presidente della Conferenza episcopale calabra, volle commemorare presenziando la cerimonia funebre, il giorno dopo, nel Duomo di Cosenza, insieme all’arcivescovo, Dino Trabalzini, attraverso una riflessione pubblica sul brano evangelico la “Parabola dei talenti”, scelta e indicata dallo stesso Bucci, prima della sua morte, quale testamento morale indirizzato alla comunità universitaria del Campus di Arcavacata e non solo. Poi nel 1998 viene designato da Papa Giovanni Paolo II quale arcivescovo della Diocesi di Cosenza-Bisignano, in sostituzione di mons. Dino Trabalzini, preceduto, su nomina di Paolo VI, da mons. Enea Selis, una figura molto stimata ed apprezzata da mons. Agostino, per effetto della sua sensibilità e attenzione verso il mondo universitario e giovanile in particolare, legato da un rapporto di particolare amicizia con il primo rettore dell’Università della Calabria, Beniamino Andreatta. Arriva a Cosenza in un momento difficile per l’Università della Calabria a causa di grosse polemiche per la perdita di un finanziamento europeo di oltre 600 miliardi destinati al completamento delle strutture del progetto Gregotti che avrebbero consentito una espansione fino a contrada Settimo di Montalto Uffugo. Ci aiuta a costruire il rapporto tra l’Università del-
La scomparsa di Giuseppe Agostino è una perdita per la comunità universitaria di Arcavacata. Nel 1998 la designazione a vescovo di Cosenza-Bisignano da parte di Giovanni Paolo II la Calabria e l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano, mons. Giuseppe Agostino, il lavoro di ricerca per il terzo volume La Storia dell’Università della Calabria, dalla legge istitutiva alla sua realizzazione di Aldo Bonifati, edito dalla Pellegrini editore, in fase di elaborazione e prossimo alla pubblicazione. Una situazione che lo porta l’8 ottobre 1998 a un incontro istituzionale, presso la sala “Antonio Guarasci” dell’Università della Calabria, dove viene accolto dal rettore, Giuseppe Frega, dai componenti del Senato accademico, del Consiglio di amministrazione e dirigenti vari. È una bella occasione in cui il nuovo presule parla del valore della verità, libertà, solidarietà con pensieri mirati ad analizzare la crisi della cultura, invitando tutti, soprattutto docenti e studenti, ad intrattenere rapporti improntati sul piano umano. «L’Unical disse in quella circostanza - deve essere completata nelle sue strutture e deve trovare le migliori condizioni per una crescita culturale e sociale della sua comunità, quale punto di riferimento dell’intera comunità calabrese». Il 29 novembre 1999 alcuni operai dell’impresa Bocoge, impegnata nella realizzazione delle opere dell’Università, in difesa del loro stato occupazionale, mettono in atto un’azione di protesta salendo su una delle gru del cantiere e Mons. Giuseppe Agostino si reca prontamente sul posto per manifestare loro la sua personale vicinanza e solidarietà della chiesa cosentina - bisignanese, auspicando nel corso di un incontro, che si svolge nella sala del consiglio, presenti il rettore, Giovanni Latorre, e le organizzazioni sindacali, l’erogazione dell’atteso finanziamento di 110 miliardi autorizzato dal Ministero dell’Università e non ancora concesso dal Cipe, utile al prosieguo dei lavori. Poi il 19 maggio 2000, mons. Agostino torna all’Università della Calabria per svolgere nell’aula
Il 5 gennaio 2002 è il rettore, Giovanni Latorre, che si reca in visita istituzionale presso la sede arcivescovile di Cosenza per incontrarsi con Mons. Giuseppe Agostino, il quale sostiene nella circostanza che «l’Università costituisce per l’intera regione un grosso patrimonio di cultura, di intensa formazione e di grossa ricchezza scientifica, il cui valore di autonomia va tutelato e difeso da qualsiasi forma di attacco ed intromissioni esterne». Il 13 marzo 2002, l’Università della Calabria festeggia Giuseppe Agostino, nell’aula magna, con la presentazione della sua Opera omnia, edita dalla Rubbettino, a cura di vari docenti dell’Ateneo ed in particolare di don Antonio Staglianò, dell’Università Gregoriana di Roma, data in dono alla Biblioteca “Ezio Tarantelli”. Il 15 gennaio 2003 è il momento della gioia con l’inaugurazione della cappella universitaria messa a disposizione dall’Università sull’asse attrezzato del ponte Bucci a piano terra del cubo 23/B, animata dalla missione dei padri dehoniani, portati a Cosenza da mons. Enea Selis, dove negli anni a seguire, fino alla morte della dipendente dell’Università, Maria Rosaria Gentile, ha incontrato mensilmente, durante il periodo inverno - primavera, in cenacoli di discussione su letture evangeliche, centinaia di docenti, non docenti e studenti dell’Università della Calabria, contribuendo a dare loro serenità di spirito ed azione nell’impegno di lavoro per essere soggetti e testimoni di verità, amore, giustizia e pace; anche se sofferente, penetrato dalle spine di una vicenda terrena frutto della debolezza degli uomini, era lì a testimoniare e comunicare il suo amore a Cristo e a Dio, quale fonte di verità e vita. Come non ricordare, infine, la convocazione, da parte della parrocchia universitaria San Paolo Apostolo, di un’assemblea celebrativa nel pomeriggio del 5 aprile 2005, nell’aula magna dell’Università, per partecipare a una santa messa in suffragio di Sua santità Giovanni Paolo II, deceduto nella giornata del 2 aprile, dove mons. Giuseppe Agostino, ormai vescovo emerito di Cosenza-Bisignano, alla presenza del Rettore, Giovanni Latorre, e della comunità universitaria intervenuta in massa, ricorda Papa Wojtyla, uomo e sacerdote contemplativo per eccellenza, ma soprattutto padre del dialogo e della sincerità mostrati al mondo intero. «Un Papa - disse in quella circostanza - che può essere definito l’uomo del futuro avendo il suo spirito attecchito nel cuore dei giovani e per questo capaci di applicare i suoi insegnamenti e di soffrire, in nome della verità, senza cercare godimenti inutili che portano solo al fallimento dell’essere». Franco Bartucci portavoce associazione internazionale "Amici dell’Università della Calabria"
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Sabato 5 Aprile 2014
Mezzoeuro Una volta tanto motivo d’orgoglio
Venerdì 4 aprile. Il salone della biblioteca del Tribunale di Cosenza insolitamente gremito. Una folla attenta ha pazientato ben oltre il canonico quarto d’ora accademico per assistere alla presentazione della proposta di legge per rivedere le norme introdotte solo alla fine dell’anno scorso per una “Nuova disciplina dell’ordinamento forense”. Il presidente dell’Ordine, Oreste Morcavallo, ha riunito attorno ad un tavolo politici di opposte tendenze: Enza Bruno Bossio, membro della Commissione parlamentare Antimafia e Jole Santelli, vice presidente della I Commissione parlamentare Affari costituzionali, che hanno illustrato le modifiche che si intendono apportare alla riforma appena approvata, riguardante in particolare la disciplina degli studi professionali “minimi”. La disciplina appena introdotta, infatti, introduce una serie di condizioni per la permanenza nell’albo professionale, indispensabile per poter esercitare la professione. Dopo l’iscrizione, che si ottiene con il superamento di un apposito esame abilitante previsto dalla Costituzione, è necessario che ciascun iscritto dimostri di aver effettuate prestazioni professionali con il rilascio di parcelle per un importo superiore a 10.200 euro annuo, con l’obbligo di iscrizione alla cassa forense ed il versamento dei relativi contributi. Di fatto è stato abolita la gestione separata Inps che consentiva di assolvere l’obbligo previdenziale con il famoso “Cicerone”, la marca da bollo recante l’effigie del più celebre degli oratori del Foro romano, che si apponeva sugli atti degli avvocati e dei procuratori legali. La ratio della legge di riforma era quella di sfoltire gli albi professionali, considerato che il numero degli iscritti è, tanto in valore assoluto che in percentuale alla popolazione, di molto superiore a quello degli altri paesi europei. Si voleva quindi diminuirne il numero e assicurarne l’esercizio esclusivamente a coloro che la esercitano nei fatti verificando periodicamente la condizione di continuità, effettività, abitualità e prevalenza. La riforma si limita ad indicare il criterio, demandando l’effettiva regolamentazione agli organi direttivi nazionali dell’avvocatura di concerto con il Ministero di Grazia e Giustizia, che dovranno determinare in concreto con quali modalità e cadenza si dovranno verificare l’esistenza di questi requisiti. Sono stati indicati vari motivi di dubbia legittimità nella norma, che pone una serie di vincoli a una professione che trova proprio nella Costituzione la sua tutela, con la previsione della verifica dei requisiti con il superamento del relativo esame. Un altro obiettivo del legislatore era quello di provocare, attraverso questo meccanismo, l’emersione del fatturato reale di ciascun professionista, considerato che i dati della amministrazione finanziaria mettono in luce un fatturato medio nazionale estremamente basso, tale da far congetturare una evasione fiscale molto elevata. L’indicazione di una soglia minima di fatturato annuo costituisce un imponibile minimo tanto ai fini fiscali che previdenziali. L’effettiva applicazione della norma ha destato molta preoccupazione tanto tra gli ordini professionali, che rischiano di perdere migliaia di iscritti, che tra gli stessi avvocati, molti dei quali che
Una bandierina per la Calabria
dopo un duro sacrificio sopportato per essere abilitati ad esercitare la professione sono costretti a dover chiudere l’attività se esercitata in proprio. Ancora più strano appare la condizione di chi esercita la professione in uno studio associato o come collaboratore di un professionista avviato, che si vedrebbe costretto ad abbandonare l’attività per non aver raggiunto l’obiettivo minimo di reddito. La penalizzazione maggiore ricade a carico dei giovani professionisti, che oltre alla difficoltà di inserirsi in un mercato altamente concorrenziale, dove dominano pochi studi professionali accorsati, sono costretti a sopravvivere con al spada di Damocle della cancellazione dall’albo che azzera all’improvviso tutti gli sforzi effettuati per l’accorsamento dell’attività. La protesta è molto più sentita nel Mezzogiorno, per la densità degli iscritti che trova la sua giustificazione nel prestigio della scuola giuridica napoletana che ha una tradizione quasi millenaria, risalente ai tempi dei Normanni. In questi anni di crisi, la professione forense è stata una delle attività privilegiate poiché è apparsa come una delle poche opportunità offerte ai giovani che si affacciano nel mondo del lavoro. In particolare l’ordine forense cosentino, sotto la guida di Oreste Morcavallo, ha assunto un ruolo proattivo che anticipa e propone correttivi alle molteplici problematiche che la intralciano. Nel suo intervento Morcavallo ha sottolineato con forza il nuovo clima disteso instaurato dal governo di Rendi, e la maggiore attenzione nei confronti dell’avvocatura. Il clima disteso e il sereno confronto fanno sperare che finalmente il nuovo esecutivo possa affrontare i nodi che hanno fin qui impedito alla giustizia di dimostrarsi capace di dare una risposta positiva e concreta alle istanze dei cittadini, che chiedono risposte rapide e risolutive per allineare il paese al resto del mondo civile. Una circostanza da salutare con molto calore considerato che la folta presenza parlamentare degli avvocati non si è dimostrata in grado di affrontare concretamente i nodi dell’avvocatura, per la loro scarsa capacità di lobbying.
Proposta di legge a firma Magorno e Bruno Bossio (Pd) per ringiovanire l'ordinamento forense L'idea parte dal Foro di Cosenza guidato dall'avvocato Morcavallo Una riforma approvata qualche mese fa che richiede un pronto aggiornamento per impedire la radiazione dagli albi di migliaia di giovani avvocati. La "complicità" di Jole Santelli
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Sabato 5 Aprile 2014
Una volta tanto motivo d’orgoglio nel suo partito, che trova l’adesione anche degli altri gruppi parlamentari, a differenza di quanto successo per l’Italicum imposto con la dittatura della maggioranza. Le riforme andrebbero sempre realizzate ricercando la condivisione più ampia possibile poiché costituiscono il quadro di riferimento cui tutti debbono riconoscersi per un proficuo confronto politico. La risposta alla crisi che non è solo economica, ma anche politica ed istituzionale deve mirare alla creazione di una Europa dei diritti, da contrapporre all’Europa della finanza, obiettivo che si può realizzare ricercando la condivisione sulle riforme che si intendono attuare.
Al tavolo, da sinistra Marcello Manna, Enza Bruno Bossio Oreste Morcavallo e Jole Santelli
Sembra che oggi sia superato il clima di contrapposizione che solo qualche mese fa, dopo il Convegno di Napoli, aveva portato alla paralisi dell’attività giudiziaria con l’astensione delle udienze decisa dagli avvocati. La professione forense è uno dei pochi sbocchi che si offrono ai giovani, ed è necessario che essi possano essere messi nella condizione di esercitarla con il massimo della trasparenza e concorrenzialità che costituisce un naturale calmiere tariffario e un continuo aggiornamento dei modi e dei metodi seguendo l’impetuosa evoluzione legislativa. Bisogna accompagnarli nella loro crescita piuttosto che strozzarli nella culla con balzelli e vincoli. La proposta bipartisan di modifica dell’art. 21 te-
stimonia il mutato clima, che potrebbe rivelarsi foriero di novità positive nel campo dell’avvocatura. L’avvocato Marcello Manna, intervenuto a nome della Camera penale ha sottolineato la necessità di modificare questo punto della riforma per impedire che i giovani restino completamente esclusi dalla professione impedendo il contributo del loro entusiasmo e l’adeguamento della professione alle mutate esigenze economiche e sociali. Enza Bruno Bossio ha voluto sottolineare che il disegno di legge di modifica reca come prima firma quella di Ernesto Magorno, a dimostrazione che si tratta di una decisione condivisa
Jole Santelli ha raccontato la frustrazione sperimentata nella lunga esperienza di sottosegretario alla giustizia, lamentando la grande difficoltà che si incontra nel riformare un settore dove vi è una massiccia presenza di magistrati, che impongono sempre norme corporative a tutela della propria categoria. I gangli vitali del Ministero di Grazia e Giustizia sono affidati ai magistrati, e anche le recenti nomine del neo ministro hanno confermato la tendenza di affidare loro tutti i Dipartimenti del Ministero. «Fino a quando ci saranno magistrati nei posti chiave, non c’è possibilità di una vera riforma della giustizia», ha dichiarato la Santelli. La modifica dell’articolo 21 è un dovere morale nei confronti dei giovani avvocati che trovano già tanti ostacoli per inserirsi nella professione e sarebbe necessario un maggiore coraggio introducendo delle norme che li favoriscano nella fase iniziale della loro carriera. Non si può continuare a lamentarsi della difficoltà dei giovani a trovare la lavoro e poi porre ostacoli e paletti al loro ingresso nel mondo del lavoro. In particolare, propone la parlamentare, si potrebbe imporre un tetto agli incarichi degli enti pubblici a un singolo studio professionale e la destinazione di una quota significativa, per esempio 50%, a giovani professionisti. Un’attenzione particolare meriterebbe anche l’assicurazione contro i rischi professionale con l’introduzione dell’obbligatorietà come avviene nel settore automobilistico, poiché sarà certamente un terreno su cui ci si dovrà confrontare nel prossimo futuro. Tanti altri sono i nodi da sciogliere nell’avvocatura, ha concluso Jole Santelli, ma dobbiamo registrare con soddisfazione questa capacità dell’ordine di Cosenza di farsi promotore di una iniziativa che ha incontrato un favore generalizzato. Finalmente possiamo dire con soddisfazione che il nome della Calabria non è associato alla criminalità organizzata, ma assume una valenza propositiva che costituisce un indubbio merito del suo presidente Oreste Morcavallo. Il numeroso pubblico presente, costituito per la maggior parte da operatori della giustizia, hanno sottolineato la loro approvazione per l’iniziativa e la soddisfazione di veder accolta una istanza che fa registrare un vasto consenso non solo tra i giovani avvocati, ma in tutta la categoria. La presenza bipartisan costituisce una forte spinta per una rapida approvazione della proposta, che rasserena una parte importante degli iscritti all’ordine. o.p.
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Sabato 5 Aprile 2014
La natura controlla... di Giovanni Perri
Recentemente l’assessorato all’Urbanistica e Governo del territorio della Provincia di Cosenza, guidato da Leonardo Trento, ha organizzato un convegno sul tema: “I contratti di fiume”, nel corso del quale sono state affrontate le relative problematiche, con particolari sottolineature degli aspetti e funzioni ecologiche, ambientali e di prevenzione delle frane, delle alluvioni e dei dissesti idro-geologici. Hanno relazionato Giovanni Soda, dirigente settore valorizzazione beni ambientali della Provincia di Cosenza, Massimo Bastioni, coordinatore scientifico del tavolo nazionale contratti di fiume, Andrea Bianco dell’Ispra, Saverio Putirti, direttore generale del settore urbanistico Regione Calabria, Gino Mirocle Crisci, magnifico rettore dell’Unical e Mario Oliverio, presidente della provincia di Cosenza; moderatore Antonio Lopez, giornalista della Rai. Dai vari interventi è emerso che con i contratti di fiume vengano privilegiate le opere di difesa idraulico-agrarie e non trascurate le pratiche agronomiche antierosive, quali il mantenimento della velocità di allontanamento delle acque piovane con il relativo trasporto del materiale terroso da monte verso valle, il controllo e il freno dell’azione di trasporto delle acque piovane, svolto dai residui della vegetazione accumulata sul suolo negli anni precedenti, unitamente ad altri interventi agronomici e all’azione positiva svolta dalle radici delle piante in prossimità dei reticoli idrografici. Gli intervenuti sono stati tutti concordi sulle politiche pianificatorie degli assetti del territorio ed ancor più mirati al miglioramento delle condizioni idrauliche e di regimazione dei corsi d’acqua presenti nelle aree agricole e forestali. In questi ambiti infatti l’azione benefica si riflette sul deflusso delle acque meteoriche e quindi sulla più efficace azione di protezione idrogeologica del territorio, con conseguenti benefici al paesaggio, all’ambiente, all’ecologia e delle aste fluviali dei corsi d’acqua in generale. Particolare attenzione è stata data alle tipologie di intervento riguardanti la regimazione idraulica delle fiumare, per lo più a carattere torrentizio, attraverso la pulitura e la sagomatura dei corsi d’acqua, da supportare con eventuali piccoli interventi correttivi degli alvei, ivi comprese le realizzazioni di opere di stabilizzazione: brigliette, gabbioni, muretti a secco, viminate ecc, ovverosia opere di ingegneria naturalistica in base alle
Contratti, col fiume si scende a patti Regimazione idraulica delle fiumare, pulitura e sagomatura dei corsi d’acqua e interventi correttivi degli alvei Possibilmente con materiali rispettosi dei sistemi caratteristiche e alla natura dei luoghi, utilizzando materiali rispettosi dei sistemi e, possibilmente, senza l’impiego del tradizionale calcestruzzo cementizio. In tal modo le finalità e gli obiettivi da raggiungere, ha sottolineato l’assessore Trento nella relazione introduttiva, riguarderanno essenzialmente gli aspetti tecnico-funzionali per la risoluzione delle problematiche relative al consolidamento dei corsi d’acqua e alla stabilizzazione dei versanti in frana, non stravolgendo minimamente le caratteristiche dell’ambiente, della flora e della fauna. Solo in tal modo, ha rimarcato l’assessore Trento, è possibile tutelare e salvaguardare l’aspetto estetico-paesaggistico, pur realizzando piccolissime modifiche, in senso longitudinale e trasversale degli alvei. con l’eliminazione della vegetazione infestante (erbacea ed arbustiva) che solitamente è di ostacolo alla regimazione delle acque piovane. Per dare un assetto possibilmente stabile e definitivo al territorio, ha affermato Giovanni Soda, è necessario salvaguardare la sicurezza del territorio e preservare la compatibilità ambientale, la prevenzione del rischio idrogeologico ed in generale attenuare i danni allorché dovessero verificarsi avversità climatiche non facilmente governabili. Le opere di difesa dei corsi d’acqua, ha sottolineato Soda, devono basarsi su tecniche di inge-
gneria naturalistica che comporteranno un sostenibile impatto ambientale, consentendo la riqualificazione paesaggistica ed ambientale delle aree in avanzato stato di erosione della stabilizzazione e della sicurezza fisica ed ambientale del territorio, in particolare di quelle ubicate in forti pendii collinari e montuosi. Con i contratti di fiume, hanno rilevato Massimo Bastioni, Andrea Bianco, Saverio Putortì e Gino Mirocle Crisci, con l’attiva partecipazione dei diversi enti territoriali interessati e con quello della popolazione, diventa sicuramente possibile trovare soluzioni e iniziative progettuali condivise per poter svolgere ruoli e funzioni di riqualificazione degli aspetti paesaggistici, ambientali ed ecologici del territorio, con il supporto, non solo dell’approfondimento di tali problematiche. A conclusione dei lavori, il presidente della Provincia, Mario Oliverio, ha sottolineato che con siffatti interventi di ingegneria naturalistica, il reticolo idrografico minore, i fossi di scolo per la raccolta delle acque di scorrimento superficiale, soprattutto nei periodi di intensità piovosità, creano condizioni di sicurezza per limitare le alluvioni, le frane, unitamente ai tanti dissesti idro-geologici che caratterizzano negativamente l’intero territorio calabrese. Ha ancora sottolineato il significato che gli attori degli enti territoriali. Comuni, Province, Ato, Regione, associazioni, imprese e cittadini tutti devono porre a queste delicate problematiche, al fine di ricercare obiettivi condivisi di riqualificazione. Le ricorrenti alluvioni, i continui dissesti idro-geologici del territorio, purtroppo ci insegnano che le aggressività climatiche e meteorologiche sono spesso foriere di effetti penalizzanti in termini turistici ed economici che penalizzano le popolazioni nei cui territori tali problematiche vengono trascurate e non considerate per come meritano. agronomogperri@virgilio.it
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Sabato 29 Marzo 2014
Rischiamo di non arrivare alla frutta...
Che il cielo ce la mandi buona...
I repentini e improvvisi cambiamenti climatici arrecano impatti negativi alla frutticoltura specializzata e alle coltivazioni in genere di Giovanni Perri*
Per l’ottenimento della produzione vegetale agraria, la temperatura, le condizioni atmosferiche e meteorologiche sono i fattori principali che influenzano l’attività produttività e vegetativa delle piante, siano esse erbacee, arboree o arbustive. Esse variano, in linea generale da una zona all’altra, determinando i cosiddetti micro-clima e macro-clima, in funzione anche della latitudine, altitudine, esposizione al vento e alle grandi correnti aeree oceaniche, nonché alla pioggia ed alla esposizione delle radiazioni solari. L’attività lavorativa finalizzata alla produzione delle derrate agricole per soddisfare le esigenze nutritive dell’uomo e degli animali, è essenzialmente basata sullo sfruttamento razionale delle risorse naturali del territorio, congiuntamente al ricorso delle risorse del capitale e del lavoro per realizzare i necessari ed opportuni investimenti produttivi e miglioramenti fondiari ed agraria, al fine di organizzare e gestire l’impresa agraria. In riferimento ai tre principali fattori produttivi: terra o natura, capitale e lavoro, l’uomo per massimizzare la produzione in termini qualitativi e non solo quantitativi, può intensificare sui fattori capitale e lavoro, ma non altrettanto facilmente sul fattore terra-natura, soprattutto per quanto attiene i cambiamenti climatici e meteorologici, se non in piccole dimensioni controllate con le serre-tunnels, pacciamatura ecc. Per tali ragioni gli investimenti produttivi agricoli e le diverse possibili combinazioni (colture erbacce e/o arboree, frutticoltura specializzata o consociata, sono scelte che vanno valutate opportunamente, porgendo perciò la dovuta attenzione ai cambiamenti climatici, al fine di evitare, preventivamente, eventuali notevoli danni, spiacevoli delusioni ed insuccessi imprenditoriali e commerciali. È opportuno perciò tener conto dei probabili fu-
turi cambiamenti climatici e meteorologici prima di realizzare le combinazioni colturali e gli investimenti produttivi con adeguate e appropriate scelte tecniche agronomiche, scegliendo tra le diverse varietà quelle che si adattano agli improvvisi e repentini sbalzi di temperatura. È perciò indispensabile valutare anzitempo le possibilità di come affrontare i periodi di maggiore criticità nel caso dovessero verificarsi primavere anticipate con improvvisi e repentini ritorni di freddo, finalizzati a prevenire i conseguenti danni che prevedibilmente possano essere arrecati alle colture frutticole specializzate e all’agricoltura in genere. È perciò necessario approfondire le conoscenze scientifiche agro-meteorologiche e divulgare, nella varie zone macro-climatiche, con mezzi informativi di massa adeguati, tutti i soggetti a ciò interessati, al fine di sfuggire alle brusche, forti ed intense avversità climatiche e meteorologiche delle potenziali colture frutticole specializzate e non solo. La conoscenza dei dati agro-meteorologici è dunque indispensabile, soprattutto nel periodo primaverile allorché si verificano spesso bruschi cambiamenti climatici, con il repentino passaggio delle temperature medie giornaliere da primaverili ad invernali e viceversa, così come è avvenuto nelle giornate del 7-8-9 aprile del 2003, i pescheti specializzati. della Piana di Sibari, Altomonte, Bisignano, Roggiano Gravina e Cammarata di Castrovillari, hanno registrato perdite o mancati raccolti pari all’80-90% della produzione Per sfuggire agli inconvenienti di cui sopra è necessario che i vari operatori dotino i frutteti specializzati di impianti di irrigazione di apposite attrezzature (antibrina o di altri idonei interventi) atti ad intervenire nel momento in cui la temperatura al suolo scende sotto lo zero gradi
centigradi, al fine di aumentare l’effetto protettivo specie durante la delicata fase vegetativa della fioritura e della formazione dei teneri frutticini. In circostanze simili e in altre regioni d’Italia, come nel Trentino Alto Adige, dove possono verificarsi con frequenza analoghi bruschi cambiamenti, con temperature decisamente basse durante la fioritura e l’allegazione delle piante da frutto, probabili danni da temperature basse e/o da gelo, vengono ridotti al minimo, comunque limitati, se non del tutto annullati, con il ricorso all’irrigazione antibrina soprachioma, appunto per non danneggiare od ostacolare la regolarità della fioritura e dell’allegagione della piante da frutto: mele, pere, susine ecc., durante il periodo dei ritorni di freddo con basse temperature. Pertanto con iniziative progettuali adeguate, e con la possibilità di utilizzare in modo intelligente e virtuoso i fondi previsti nell’ambito dei finanziamenti comunitari del programma Psr 2014-2020, gli agricoltori ed i frutticoltori calabresi possono, in futuro, programmare in condizioni di tranquillità operativa e produttiva, con assoluta priorità per quanto concerne l’ammodernamento e la competitività delle aziende agricole, unitamente all’accrescimento del valore aggiunto e alla redditività delle imprese agrarie. Gli operatori agricoli potranno così fronteggiare con maggiore sicurezza condizioni climatiche e conseguenti crisi di collocamento dei prodotti sul mercato, ricorrendo ai nuovi strumenti innovativi, basando le loro scelte imprenditoriali non più su schemi tradizionali superati dalla scienza e dalla tecnica, bensì su sistemi produttivi strategici e produttive flessibili che consentano di non registrare insuccessi colturali e produttivi altalenanti e disastri economici. cagionati da avversità atmosferiche climatologie * agronomo
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