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Mezzoeuro numero 28 - Anno 13 - Sabato 12 Luglio 2014
0,50 + 0,50 Voce ai giovani
settimanale d’informazione del Mezzogiorno d’Europa
CALABRIA
Voce ai giovani La volontà che sposta le montagne www. mezzoeuro.it
Becchi e il colpo di Stato permanente
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Sabato 12 Luglio 2014
Se il vero inchino è al potere
La Calabria a 90 gradi di Oreste Parise
Grandi titoloni sui giornali per la strabiliante notizia che siano stati individuati “gli autori dell’inchino davanti alla casa del boss”. Una notizia davvero strabiliante considerato che tutto si è svolto alla luce del sole, tra i flash di fotografi e le telecamere delle televisioni in una manifestazione pubblica alla presenza di centinaia di persone, compreso autorità civili e religioni. Nonché i miliari dell’arma dei carabinieri e, presumibilmente anche della polizia. La meraviglia sarebbe se in queste condizioni fosse risultato difficile pervenire alla identificazione dei colpevoli. Ma poi colpevoli di che? Al di là della retorica e della finzione giornalistica si può esprimere un severo giudizio etico, morale, civile, religioso, politico, di opportunità, di convenienza. E poi? Cosa vuol dire tutto questo sotto il profilo giudiziario e penale? Assolutamente nulla. Dei cittadini che godono delle garanzie costituzionali hanno inteso maMezzoeuro nifestare un gesto di amicizia, diciamo Fondato da Franco Martelli così, a un cittadino che fino a prova contraria gode dello stato di libertà, come succede in quelle latitudini tutti i Ediratio editore giorni nelle strade e nei bar, nei negozi e nei parcheggi dove gli oppidesi, Direttore responsabile tutti gli oppidesi, sono costretti ad inDomenico Martelli contrare personaggi sui quali pende il sospetto di appartenenza alla criminaRegistrazione lità, ma che girano indisturbati per la Tribunale di Cosenza città. Questo è il vero dramma. Una inn°639 tera città che vive nel condizionamendel 30/09/1999 to del terrore, che è costretto a fare i conti quotidianamente con la sopraffaRedazione zione e l’intimidazione che assume e amministrazione forme invisibili, modi di difficile indivia Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza viduazione. Una realtà dove tutti sanno, compreso le autorità e le forze di Responsabile polizia, e nessuno può o vuole intervesettore economia nire. Oreste Parise Una prima domanda che bisognerebbe Progetto porsi è se veramente tutti i portatori dele realizzazione grafica la Madonna delle Grazie abbiamo adeMaurizio Noto rito spontaneamente e volontariamente a quel gesto di sottomissione al potelefono 0984.408063 tere occulto della criminalità o non siafax 0984.408063 no stati costretti o condizionati magari da chi li osservava da lontano. È proe-mail: ediratio@tiscali.it prio sicuro che i colpevoli sono proprio loro o non si annidavano nei paraggi a Stampa controllare con lo sguardo e costringerli Stabilimento tipografico con il potere dell’intimidazione? De Rose, Montalto (Cs) La domanda successiva è: come mai esiste un potere più forte dei carabinieri e Diffusione della polizia, del vescovo e del parroMedia Service co, del sindaco e del prefetto in grado di Francesco Arcidiaco di impartire ordine, di controllare il telefono 0965.644464 fax 0965.630176 comportamento di liberi cittadini? Perché una intera città può vivere sotInternet relations to il terrore di organizzazioni criminaN2B Rende li e lo Stato non è in grado di imporre il suo ordine, il potere dell’autorità e Iscritto a: della sicurezza pubblica. Unione Stampa Periodica Italiana
n. 12427
Viviamo in una regione dove vige una legislazione speciale dal 1863, dal momento dell’approvazione in parlamento della legge Pica, avvenuta in quel
La Madonna delle Grazie e il saluto riverente davanti alla casa del boss di Oppido Mamertino A Nardodipace lo Stato si piega di fronte al potere della ‘ndrangheta rieleggendo lo stesso sindaco la cui amministrazione era stata sciolta per inquinamento mafioso. Ci si indigna nel primo caso, mentre il per il secondo tutto appare normale Forse sarebbe necessario interrogarsi... lontano agosto. Da allora la Calabria non ha mai goduto una condizione di normalità giuridica e amministrativa, ma si sono inventati i metodi più assurdi per tenerla in una condizione di soggezione giuridica e psicologica, gridando ai quattro venti che lo Stato qui non è in grado di controllare il territorio, che il governo della società passa per altre vie, per altri metodi e altre forme. Prendiamo l’esempio dell’autocertificazione antimafia. Una vera e propria tragica barzelletta, che fa la gioia dell’antimafia di mestiere. Si chiede a chi magari alle sue spalle ha una vita da killer, e il rischio di dieci ergastoli, di certificare di non essere mafioso sotto la terribile sanzione di una pena di qualche anno. Un deterrente formidabile per chi deve scontare qualche centinaio di anni di galera, ma che non spaventa certo il povero cittadino posto di fronte a una burocrazia kafkiana. Ma la stessa certificazione antimafia è una assurdità tutta italiana, considerato che lo stato di mafiosità deve essere certificato dal Prefetto in sede di aggiudicazione dei contratti pubblici (quelli privati non hanno importanza...). Due sono le ipotesi: o il prefetto sa e dovrebbe impedire che il soggetto possa essere iscritto nell’albo delle imprese che operano con la pubblica amministrazione; o non sa e tutto diventa inutile. In realtà si tratta di una soluzione pilatesca che nono provoca nient’altro che un intralcio burocratico e la certificazione di fronte al mondo dell’impotenza dello Stato nell’arginare il fenomeno mafioso. Una evidenza in questo senso è costituita dalle elezioni amministrative che si sono svolte solo un mese fa circa.
Prendiamo la cronologia riferita alla vicenda amministrativa del comune di Nardodipace, famoso perché qualche anno fa l’Istituto Tagliacarne dichiarò che si trattava del comune più povero d’Italia. L’amministrazione comunale, come tante altre in Calabria, fu sciolta per sospetto di inquinamento mafioso il 13 dicembre del 2011 e il sindaco Romano Loielo dichiarato decaduto. La disposizione del prefetto di Vibo era stata emanata a seguito di un indagine della Procura Antimafia di Catanzaro iniziata nell’ormai lontano 2008. Nei giornali del novembre 2013 si leggeva il titolo a colonne cubitali: “Torna sindaco Loielo alla guida di Nardodipace”, avendo sconfitto i suoi sfidanti e dopo una lunga gestione commissariale del Comune che aveva scontentato un po’ tutti per l’incapacità di dare risposte ai bisogni e alle richieste dei cittadini. Il prefetto di Vibo ha officiato il giuramento del neo-eletto sindaco in posizione eretta e senza alcun inchino, ma consegnandoli il certificato antimafia e il potere di polizia locale. La sua amministrazione è ancora in carica e sembra che non vi siano oggi motivi di preoccupazione sulla qualità dell’amministrazione comunale. Bisogna chiedersi se vi erano ieri i presupposti per lo scioglimento ed è stata condannata ingiustamente una intera comunità o se lo Stato si è dichiarato incapace di impedire che il Comune ricadesse nuovamente nelle mani della stessa organizzazione criminalizzata tre anni fa. Lo Stato si è dichiarato doppiamente impotente: di saper offrire una sana amministrazione e di dare un senso di sicurezza ai cittadini. Si può dire che si è inchinato alla criminalità organizzata? Questo è il nocciolo della questione. Non si può criminalizzare una intera società e lasciarla impotente di fronte all’arroganza delle organizzazioni criminali che non solo impongono la loro legge, ma sono in grado di controllare le attività economiche e infiltrarsi nei gangli vitali del potere. La vera scommessa è quella di dare una speranza a un territorio costretto ormai da un secolo e mezzo a espellere le sue energie migliori per andare a trovare un futuro altrove perché qui non vi sono opportunità, ma solo il destino di inchinarsi di fronte al potente di turno. L’episodio di Oppido è indice di un disagio, esprime l’impossibilità in certe condizioni di vivere una vita normale, di poter contare sulla dignità per trovare una soluzione ai propri problemi. Perché alla fine quale inchino è meno degradante verso un boss criminale o un politico inetto ed inefficiente che è suo complice e sodale, che per la sua incapacità e incompetenza gli ha consegnato le chiavi del potere reale di questa regione.
La rubrica “Il legno storto” di Franco Crispini è temporaneamente sospesa
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Sabato 12 Luglio 2014
Se il vero inchino è al potere Monsignor Renzo
Sbagliato bloccare le processioni
Le dritte di Angela Napoli
Passato il Santo, passata la festa... In Calabria avevamo appena finito di gioire per il tanto atteso anatema lanciato da papa Francesco durante la sua visita pastorale a Cassano ed eravamo, altresì, convinti che le parole del Santo padre sarebbero servite anche da ripensamento a don Meme’Ascone e a don Nuccio Cannizzaro, nonché a quella parte della chiesa calabrese, a volte troppo portata a tentare di redimere i cuori dei mafiosi, ma, purtroppo, siamo stati costretti ad assistere all’ultimo “ossequio” che i portatori della Vara con la statua della Madonna delle Grazie di Oppido Mamertina hanno inteso riservare al boss Peppe Mazzagatti e, quindi, alla ‘ndrangheta tutta. Sento il dovere di ringraziare il maresciallo Andrea Marino, comandante della stazione dei carabinieri di Oppido Mamertina, per il comportamento assunto nell’immediato, a dimostrazione di come si possa attuare con i fatti, e non con le parole, il reale contrasto ai criminali. Ho insegnato ed ho anche diretto un istituto scolastico nella cittadina di Oppido ed ho avuto quindi modo di prendere atto, con grande rispetto, della fede cattolica di coloro che vivono in quella comunità, ma non posso sicuramente condividere la commistione che alcuni fedeli finiscono con l’avere tra fede e ‘ndrangheta. Va dato atto a monsignor Francesco Milito, vescovo della diocesi Oppido-Palmi, per aver avviato la riflessione sullo svolgimento delle processioni che si svolgono sul territorio della Diocesi, e per aver momentaneamente sospeso le stesse. Ed essendo convinta che il rito delle processioni, purtroppo, in molte altre realtà della nostra Calabria tende a vedere la commistione tra fede e ‘ndrangheta, tenendo conto anche del fatto che i riti di affiliazione interni a questa associazione mafiosa si servono di effigi sacre facendo apparire la finta fede religiosa dei criminali, mi augurerei che gli altri vescovi calabresi uniscano analoga riflessione a quella assunta da monsignor Milito. Così come mi augurerei che la chiesa rifiutasse qualsiasi tipo di supporto economico elargito dai criminali o dalle loro famiglie. Anche la presidente della Commissione parlamentare antimafia, onorevole Rosy Bindi, ha da subito attenzionato l’increscioso episodio ed ha invocato l’adozione per la Calabria di un piano straordinario che possa davvero mettere “in ginocchio la ‘ndrangheta”. Ritengo, però, che non si possa contemporaneamente sottacere su comportamenti collusivi di alcuni politici che finiscono con l’incoraggiare la sfida che la ‘ndrangheta tenta di attuare anche nei confronti della chiesa. Mi riferisco, ad esempio, a quanto è accaduto a Melito Porto Salvo, durante la campagna elettorale per il rinnovo delle locali elezioni amministrative nel 2012, quando i candidati di una lista elettorale hanno portato in processione la Madonna di Porto Salvo, pur già consapevoli di aver l’appoggio elettorale del locale clan, tanto che eletti a capo della locale amministrazione dopo qualche mese sono stati arrestati, sindaco compreso, nell’operazione “Ada”, con la pesante accusa di associazione mafiosa proprio perché eletti con i voti del clan Iamonte. Adesso i c.d. “garantisti”, pur di evidenziarsi come tali, hanno iniziato con il “dagli all’untore..”, credendo così di annientare la ‘ndrangheta, e contemporaneamente di continuare ad aggraziarsi tutti coloro che con la stessa sono collusi. Personalmente sono molto stanca, preoccupata ed amareggiata nel dover assistere a notizie così brutte che fanno rimbalzare solo in negativo la nostra Calabria su tutte le cronache nazionali, e sono sempre più convinta che non si possa continuare a delegare ad altri l’individuazione della “medicina” utile ad abbattere questo “cancro”. Ci vuole la rivoluzione delle “coscienze”, nessuno di noi deve più fingere di “non sapere” e di “non conoscere”. Anche i fedeli che partecipano alle processioni, essendo per lo più dei luoghi dove le stesse si svolgono, dovrebbero assumere atteggiamenti di repulsione e non di compiacimento, allorquando accadono episodi come l’ultimo di Oppido. Va assunta la consapevolezza dell’asfissiante presenza della ‘ndrangheta nelle nostre comunità, occorre bandire ogni forma di “ossequio” verso i criminali e mettere da parte qualsiasi remora nel contrasto dovuto a tali malavitosi. Se cattolici credenti dobbiamo saper fare buon uso dell’aiuto datoci da papa Francesco, e riuscire a non consentire più che gli uomini della ‘ndrangheta possano continuare a mescolare il sacro con il profano, e tutti noi diventare consapevoli del fatto che l’uomo ‘ndranghetista lo è per tutta la vita ed in quanto tale nessuno potrà mai assolverlo. Angela Napoli consulente Commissione parlamentare Antimafia presidente associazione “Risveglio ideale”
«A sospensione delle processioni non è la forma migliore per risolvere il problema». Lo dichiara il vescovo della diocesi di Mileto-TropeaNicotera (Vv), Luigi Renzo, intervenendo sulla sospensione delle processioni decisa dal vescovo di Oppido. In ordine all'inchino della statua della Madonna dinanzi alla casa del boss Giuseppe Mazzagatti, mons. Renzo spiega che «parte della vicenda appare montata, ma di certo resta il problema indipendentemente che sia vera o non vera quella pausa e l'inchino che mi appare troppo eclatante. In ogni caso non entro nel merito e dovranno essere le autorità preposte a chiarire. Credo comunque che la presa di posizione della diocesi e di monsignor Milito sia stata la risposta più idonea anche se la sospensione delle processioni non credo sia la forma migliore per risolvere il problema. Non si può penalizzare il 90 per cento, se non di più, della popolazione che vive questo momento religioso della processione come fatto significativo della propria vita».
Monsignor Bertolone
Occorre cambiare mentalità
«Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione». Così Bertolone, vescovo di Catanzaro-Squillace cita la frase di Giovanni Falcone per sottolineare come contro la criminalità «i discorsi non bastano più», occorre «cambiare mentalità», «uno scatto in avanti, che faccia prevalere una testimonianza cristiana autentica e un impegno civile vero, esteso a tutte le articolazioni dello Stato». Sulle pagine dell’Osservatore romano il vescovo riprende la vicenda di Oppido e la scomunica di papa Francesco ai mafiosi. Della mafia, scrive, fanno parte «non solo i mafiosi condannati con sentenza passata in giudicato, ma tutti coloro che di essa fanno parte a pieno titolo, in colletti bianchi o rosa». Mafia quindi come una religione, «una religione capovolta, di sacralità atea». Una «scelta totalizzante, che pretende di trasformare e possedere l’individuo in funzione di un assoluto a cui egli deve darsi, quel potere a cui è pervenuto, o a cui deve obbedire». Gli episodi accaduti a Oppido e a Larino, dove i detenuti mafiosi hanno disertato la messa, sono «occasioni» da cogliere «per rilanciare l’azione della Chiesa, per individuare linee pastorali più efficaci, per formare laici e preti all’altezza della situazione». «Dinanzi a una piaga che da centocinquant’anni mortifica un Paese intero, il martirio di don Puglisi, il sacrificio nobile di tanti servitori dello Stato, di giornalisti, l’opera meritoria dei magistrati, la predicazione di tanti preti coraggiosi e zelanti, l’assicurazione alla giustizia di tanti malavitosi, non sono stati sufficienti. In tale ottica si colloca l’agire delle nostre Chiese particolari: dobbiamo dimostrarci capaci di costruire modelli culturali alternativi». «Occorre uscire dalle sacrestie, abitare i territori; vivere da credenti e cittadini adulti e solidali; contrastare la prepotenza con la forza della denuncia e, soprattutto, con la testimonianza di una vita buona che non ha paura di andare controcorrente. Occorre un cambio di mentalità».
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Sabato 12 Luglio 2014
L’idea che fa strada Il bollettino di Unioncamere Calabria
Economia morta e sepolta Si svolgerà il 14 luglio, dalle ore 10 presso la sala conferenze di Unioncamere Calabria - sita in Lamezia Terme - il Forum dell’Economia regionale, l’evento di presentazione dei dati più significativi e rappresentativi dell’economia calabrese. «Si tratta di un importante appuntamento istituzionale durante il quale Unioncamere Calabria presenta lo stato di salute dell’economia della nostra regione- afferma il presidente di Unioncamere Calabria, Lucio Dattola - Una fotografia del nostro sistema socio-economico e produttivo, da offrire ai policy makers, alle istituzioni e alle rappresentanze imprenditoriali per comprendere in quale direzione sta andando la nostra regione, quali sono le criticità e dove è necessario intervenire». Il tutto riepilogato nel “Rapporto Unioncamere Calabria 2014”, una collana di GE-book ricca di dati inediti e aggiornati e di approfondimenti, frutto di un’analisi costruita da un punto di
osservazione privilegiato quale quello del sistema camerale calabrese, che da sempre opera concretamente a supporto delle imprese e dell’economia locale in generale. Un sistema imprenditoriale che risente, come del resto l’intero sistema italiano, del lungo periodo di crisi, subendo un’emorragia netta di 3.548 imprese nel periodo 2008-2013 e una perdita di circa 60mila occupati tra il 2009 ed il 2013, con conseguente ulteriore difficoltà dei nostri giovani di trovare impiego. La ripresa ancora non si vede al Sud che ha archiviato il 2013 con un calo del Pil molto più accentuato rispetto al resto del Paese (4%). Nel 2013, ricorda l’istituto di via Nazionale, le esportazioni sono aumentate al Nord, rimaste pressoché stabili al Centro, calate nel Mezzogiorno. La flessione dei consumi e degli investimenti è stata più accentuata nel Meridione.
Consuma meridionale scala le testate Che il libro di Andrea Guccione sia piaciuto, sia “entrato” come si dice in gergo nelle stanze che contano della classe dirigente del Paese, i dubbi infondo sono stati pochini sin dall’inizio. Sin dal giorno della sua presentazione a Roma e poi, mesi dopo, a Cosenza. Bel parterre di ospiti e “pensanti”, tanto nella capitale quanto in Calabria. E, cosa ben più difficile di questi tempi, i dibattiti che ne sono scaturiti sono sempre risultati assai forieri di idee positive e concrete in direzione dello sviluppo possibile del Mezzogiorno. Meno di un mese fa, poi, Andrea Guccione è stato chiamato da Andrea Pancani su La 7, a Omnibus, per parlare del suo progetto e della sua idea e anche quella domenica mattina, dopo la notte dell’esordio dell’Italia ai mondiali, ne è venuta fuori una discussione piuttosto interessante con un parlamentare della Lega, uno del Pd e un giornalista del Resto del Carlino. Puntata che lo stesso Pancani non ha esitato a definire “intelligente” non fosse altro che una volta tanto almeno, il così vituperato Mezzogiorno, è stato trattato grazie al libro anche provocatorio di Andrea Guccione in modo funzionale, integrante, non come palla al piede tanto per capirci. Pochi giorni fa poi la direttrice de il Tempo Sarina Biraghi ha dedicato di suo pungo un pezzo a tutta paAndrea Guccione gina sull’edizione cartacea del giornale ripreso poi da una home sul sito internet (che pubblichiamo integralmente) proprio all’incursione nel panorama dell’economia del Paese della proposta intrigante di Andrea Guccione. Consuma meridionale come manifesto per un nuovo cittadino del Mezzogiorno. Maturo, consapevole, determinato, forte delle sue radici ma anche al servizio della causa. Capace anche di contribuire più di altri a tirare fuori l’intero Paese dalle secche. Consuma meridionale non come slogan né come inno contro altre parti d’Italia ma come perimetro di una rivincita che passa, per tutti, proprio dal Mezzogiorno. Dalla sua risalita consapevole, dalla sua rivincita che ogni giorno si può compiere con un gesto semplice. Il libro di Guccione insomma “entra”, si fa strada nella cosiddetta intellighenzia. Non resta che attendere nuovi approdi...
Il libro dell'imprenditore Andrea Guccione dopo il recente "sbarco" da Andrea Pancani su La 7, viene analizzato con interesse anche dalla direttrice de "il Tempo" Sarina Biraghi
Svolta culturale per accrescere l’appeal del Sud Consapevolezza della forza del Mezzogiorno, responsabilità dei meridionali e nessuna attesa di altri che agiscano. Non è un federalismo ma è una sfida quotidiana alla responsabilità... di Sarina Biraghi
Consapevolezza della forza del mezzogiorno, responsabilità dei meridionali e nessuna attesa di altri che agiscano. Non è un federalismo ma è una sfida quotidiana alla responsabilità per avviare un processo di cambiamento che deve coinvolgere tutti i livelli e, quindi, dai cittadini alla politica. In sostanza è questo il “manifesto” di Andrea Guccione, calabrese doc e presidente dell’Associazione Assud, ben spiegato nel libro Consuma Meridionale (Imprimatur editore). La responsabilità dei cittadini si traduce nella quotidianità nel vedere, scegliere e comprare meridionale perché «con il consumo prevalentemente meridionale di beni, servizi, infrastrutture materiali e immateriali, il Mezzogiorno potrebbe trattenere una quota considerevole del Pil che, invece, sistematicamente emigra verso il Nord o all’estero». Guccione, dopo un’approfondita analisi storica, è in grado di dare i numeri e non la solita retorica sul meridione: analizzando le varie voci di spesa delle famiglie di Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia, su dati Istat emerge che il sud mantiene con i consumi le aziende del nord con ben 15 miliardi, più altri 36 per i consumi generici nella pubblica amministrazione, onlus e grandi imprese. Miliardi che se consapevolmente trattenuti e investiti al sud sarebbero una spinta per uscire dalla crisi e riprendere la via della crescita e dello sviluppo. Far crescere il tessuto meridionale, dove possibile imporre e rendere competitivo il settore imprenditoriale affinché diventi parte integrante del Paese, significa rafforzare l’economia del sud e trasformare il meridione in un brand glocal, con una forte identità locale ma lanciato verso la globalizzazione. Un modo per rafforzare l’appeal del meridione nel mondo rafforzando l’economia industriale di alcune regioni che non hanno solo “ambiente”. Non manca nel libro un’analisi della generazione “L”, quella dei tanti laureati costretti alla precarietà o all’emigrazione, e che con un’inversione di tendenza potrebbero contribuire alla svolta della loro terra. Insomma, secondo Andrea Guccione, cambiare si può mettendo in campo una politica di sviluppo che parta dal basso ovvero dai figli di quel sud che non vuole più essere una “questione” per il resto del Paese, perché senza sudditanza e senza guerre con una svolta culturale può nascere un nuovo “uomo meridionale”.
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Sabato 12 Luglio 2014
Destini democratici
Tutte le strade portano a Roma Negli stessi minuti in cui a Lamezia un manipolo (senza reggini) di cosiddetti renziani si riuniva a Lamezia per affinare le ultime regole prima della direzione di lunedì Mario Oliverio mandava un siluro da Cosenza. Non mi chiamo fuori, dice in sintesi il presidente della Provincia (un pezzo della dichiarazione la potete leggere in basso). Di più, o di peggio. Ricordo a tutti che ci sono delle tappe stabilite in assemblea, date e adempimenti. Indietro non si torna. O perlomeno io (per ora) non ci torno. Il missile arriva a conclusione di una giornata anche ingannevole a dare un’occhiata alla stampa quotidiana. Oliverio, per come più o meno erroneamente riportato, pareva aver preso in considerazione anche l’ipotesi di aspettare mosse altrui, numeri, muscoli. E poi anche, perché no, il clamoroso passo indietro. Con la nota a gamba tesa del pomeriggio invece Oliverio non cambia il suo canale ma manda a quel paese, e per sempre, il Canale di Magorno. Ora la via d’uscita dell’avvocato reggino non c’è più. Oliverio, e il suo gruppo, non solo non sono andati all’adunata che Canale aveva organizzato nei giorni scorsi a Lamezia quanto, appunto, mostrano tutta l’irruenza di una posizione ultimativa che certo non gioca a favore della distensione e della ricerca di un minimo di unità, di condivisione. Oliverio di andare fuori campo o peggio ancora in panchina non ci pensa nemmeno, non ora quantomeno. Perché con la candidatura ostinatamente ribadita ha quantomeno alzato il livello di interlocuzione, di intermediazione. Come dire, se me lo chiede Magorno non me ne vado. Se però intervengono i vertici e con buoni argomenti... Già, è proprio questo il punto, il nodo, l’incrocio. Prima ancora della conta cervellotica delle firme (peraltro fantasma perché allo stato, non essendo stata predisposta la documentazione adeguata, solo su pizzini si può firmare) e prima ancora di analizzare le scorribande tra contee (cosa farà Canale ora con gli amici reggini nei confronti di Oliverio se dovesse chiedergli le firme di cui dispone dopo l’umiliazione subita?) è il nodo “capitale” che tiene banco. Il vicesegretario Guerini aveva chiesto, più o meno, questo: portatemi un nome il meno divisibile possibile, se non proprio il più unitario. E invece in settimana gli viene consegnato (tramite Bonaccini che è una sorta di pasdaran del rinnovamento...) un partito con il segretario che vuole acqua e un altro blocco granitico che vuole vino. I consiglieri che come via di fuga che vogliono un nome e i giovani che chiedono altro, ben altro. Guerini aveva capito che gli era stato affidato un Vietnam, è a lui che è stata affibiata la cambiale di Calabria. Ma non poteva immaginare fino a questo punto. Ora le partite aperte sono diverse, mica solo una. C’è quella che vede comunque alla fine una rivoluzione tra i consiglieri, nessun ricandidato tra gli uscenti e questo a prescindere dal candidato a maggior ragione poi se “anziano”. C’è quella poi della spartizione tra province delle competenze di governo, una sorta di autocompensazione interna tra presidente e assessorati per non scontentare nessuno. E c’è quella, la più radicale, che vede messi tutti in riga in una sorta di reset che può diventare allegro in caso di vittoria ma catartico in caso di sconfitta. Per tutto e per tutti.
Da sinistra Marco Minniti, Maria Carmela Lanzetta, Ernesto Carbone
Oliverio fa saltare ogni mediazione e fa saltare pure Canale. Si candida, ad ogni costo Ora le strade sono due O il muro contro muro (altamente sconsigliato da Guerini). Oppure, cosa che da Roma pare assai più probabile, l'indicazione di un candidato che deve unire per forza... Il nodo centrale però resta il candidato alla presidenza. Non tanto e non solo per il nome in sé, quanto per il percorso indotto che ne deriva. Un partito affossato da primarie sanguinarie non interessa a Renzi, questi i rumors da Roma. Un partito che individua un nome da 60, 70% di firme sì, pronto a fare le primarie di coalizione con un unico candidato ovviamente. Ma siccome dopo la sortita di Oliverio questa strada non è più percorribile ecco il vento che si va organizzando dalla capitale. Se non siete stati capaci voi di indicare un nome che non lascia morti e feriti sul campo, facciamo noi. Non uno “straniero” ma un calabrese, uno di voi. La terna è lì, pronta a maturare sulle macerie delle divisioni di Calabria. Il ministro Maria Carmela Lanzetta. Il sottosegretario Marco Minniti. Il deputato fidel di Renzi ma cosentino Ernesto Carbone. Calato uno di questi assi gli altri si devono adeguare, per forza. Per le ricompense e le compensazioni c’è tempo, non ora. La strada è questa e il cerchio può chiudersi solo così. A meno che...
L’affronto di Oliverio
Entro il 23 presenterò la mia candidatura Le primarie di coalizione per la scelta del candidato alla presidenza della Regione, si terranno il 21 settembre prossimo, così come stabilito, all'unanimità, dall'assemblea regionale del Pd, il 30 giugno scorso. Lunedì pomeriggio si riunirà la direzione regionale del Pd, per approvare il regolamento per lo svolgimento delle primarie. Entro il 23 luglio, così come stabilito nel documento approvato dall'assemblea, presenterò la mia candidatura ufficiale alle primarie, nel rispetto di quanto previsto dall'Art. 18 dello statuto del Pd. Si apre formalmente una fase positiva nella quale i gravi problemi della Calabria e le proposte di governo per affrontarli, saranno al centro di un confronto serio e positivo. Una grande forza democratica come il Pd è chiamata ad assumere, con capacità di governo, un ruolo di riferimento per indicare una prospettiva di crescita e di lavoro per la nostra terra. Le primarie, saranno un'occasione di mobilitazione larga di energie, oltre i confini tradizionali del centrosinistra e saranno lo strumento che consentirà di portare a sintesi e ad unità la ricchezza di proposte Mario Oliverio e di sensibilità attraverso un confronto aperto con i territori, le forze sociali ed il complesso della realtà calabrese.
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Mezzoeuro I conti interni da regolare Raffaele Fitto Davanti a lui Peppe Scopelliti e Tonino Gentile
Ultimi spifferi di legislatura
M5S annuncia esposto contro legge elettorale
Fitto il “primario”
ora può solo far danni L'esponente di Forza Italia chiede le primarie subito per Calabria e Emilia Una richiesta che forse da queste parti giunge un tantino in ritardo... Una riga secca che le agenzie riprendono dalla semantica arida di twitter. Subito le primarie in Calabria e Emilia per individuare il candidato di Forza Italia. Firmato, Raffaele Fitto. E hai detto niente, bastasse l’irruenza del social network a sbrogliare le matasse. Ora è chiaro che Fitto gioca una partita tutta interna e tutta al vertice del potere assoluto di Forza Italia, la scalata o se preferite l’Opa che il deputato pugliese ha lanciato da tempo ormai nei confronti di Silvio Berlusconi e del suo cerchio ristretto di Arcore. Regnanza che, come si sa, non vede di buon occhio e non senza ragioni l’uso strumentale e nevrotico delle primarie e che in ogni caso non le vede come unica via che porta intelligentemente alla vittoria finale. Capito questo, inteso l’andazzo, Fitto per smarcarsi e per segnare l’ennesima distanza con il salotto di Arcore che fa? Chiede e rilancia le primarie per le prime tornate utili, ovviamente, e cioè Calabria e Emilia. O per meglio dire Emilia e Calabria dato che fino all’altro ieri della tornata conterranea fregava poco o niente e nessuno. Di per sé la partita delle primarie non è che l’avesse chiusa qualcuno in modo netto e definitivo nel centrodestra calabre-
se, questo no. Ma una certa silente sintonia di interessi incrociati si andava e si va respirando da qualche giorno a questa parte. Una serie di rumors e di umori interni che descrivono la cosiddetta “quadra” che Forza Italia in primis e gli altri appresso avrebbero trovato rendendo così superfluo, per non dire controproducente, l’uso delle primarie, dell’intifada interna. L’ultimo in ordine di tempo a rendere pubblico questo sentore è stato Peppe Scopelliti che per di più s’è anche lasciato scappare il sesso del candidato (o per meglio dire della candidata) che ormai è nelle cose. Ora non sappiamo se un endorsement di Scopelliti di questi tempi sia più un assist o una polpetta avvelenata fatto sta però che quello di Peppe è solo il sigillo finale che descrive il “clima”. Non parla più in pubblico, o lo fa poco in materia, Pino Galati. Idem come sopra la famiglia Gentile. Quella Occhiuto fa finta di non capire e comunque si adegua, sia pure senza entusiasmi. E Santelli per onestà di genere non può opporsi al quadro generale anche se puntava ad altro. Ognuno di loro a fasi alterne ha parlato di primarie a suo tempo, poi non lo ha fatto più. E se a questo si aggiunge il sentore nazionale che vede in liquidazione Ncd a vantaggio di un rassemblement complessivo e redivivo del centrodestra le nebbie sono diradate. Ben prima del Pd, affaccendato nel confezionamento della specialità di casa, l’autogol, il centrodestra calabrese può calare il suo nome a ridosso della spiaggia per tutti, in netto vantaggio temporale rispetto agli avversari. D’improvviso però la sortita di Fitto. Che è strumentale ai suoi progetti, sia chiaro. Ma che può ingarbugliare la partita di Calabria. A meno che il salotto di Arcore non abbia già chiuso la pratica.
«L’impugnativa decisa dal governo avverso la illegittima legge elettorale significa che avevamo ragione noi del M5S». È quanto scrivono i Cinquestelle di Catanzaro, a proposito della legge elettorale regionale. «Subito - si legge - abbiamo sostenuto la manifesta incostituzionalità di una legge elettorale adottata fuori tempo da un consiglio regionale sciolto. Tutto ciò, peraltro, con un atto legale sottoscritto lo scorso 23 giugno da centinaia e centinaia di aderenti ai meetup di tutto il territorio regionale, è stato comunicato sia a Renzi che al presidente del consiglio regionale Talarico. Con questo atto abbiamo non solo denunciato i vizi di incostituzionalità di una legge fatta artatamente con illegittimi fini precostituiti, ma abbiamo anche segnalato la condotta illecita di chi, nonostante lo scioglimento del consiglio, ha continuato a legiferare indebitamente. Ora - scrivono i grillini - è arrivata l’impugnativa del governo che porterà la questione dinanzi alla corte costituzionale a cui toccherà ripristinare la legalità nella delicatissima legge che disciplina il sistema per la composizione del consiglio regionale della Calabria. Rimane in piedi, tuttavia, il profilo illecito della vicenda e cioè l’esercizio indebito del potere di legiferare che si è arrogato un consiglio giuridicamente sciolto ed in regime di prorogatio e di cui si dovrà occupare la procura della repubblica. Tutti i consiglieri che hanno legiferato fuori termine e senza potere dovranno rispondere di ciò. A livello locale, il meetupNonSoloCatanzaro - continua la nota continuerà con la propria iniziativa, infatti il prossimo lunedì 14 luglio 2014 all’istanza seguià l’esposto in procura. Per questo motivo invitiamo chiunque sia interessato a firmare il documento a contattarci e presentarsi con un documento all’ora e giorno che verrà successivamente comunicato». Anche il consigliere regionale del Pd Maiolo chiede «al presidente del consiglio regionale Talarico che il consiglio sia convocato urgentemente affinché si possa prendere atto delle osservazioni del governo. Queste ultime sono legittime e pertinenti, oltre che suffragate da pronunciamenti della Corte Costituzionale su principi e iniziative legislative analoghe a quelle calabresi, ed è quindi necessario procedere, senza indugio, alla correzione della legge elettorale regionale. È di fondamentale importanza garantire il corretto e limpido svolgimento delle elezioni regionali nella prossima tornata elettorale di novembre nello stesso giorno che il ministero degli interni indicherà per la tornata delle comunali».
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Sabato 12 Luglio 2014
Le eccellenze per sperare
Malattie Internistiche e Malattie Neurologiche Centrali e Periferiche Occorre comprendere le correlazioni tra le patologie per terapie sempre più personalizzate
Più attenzioni per l’anziano fragile Comprendere le correlazioni tra ipertensione, diabete, problemi epatici e malattie neurologiche è di fondamentale importanza per offrire ai pazienti soluzioni terapeutiche rispondenti a tutte le esigenze dell’ “anziano fragile” con un quadro clinico complesso da trattare. Questa la tematica affrontata in un convegno Ecm, tenutosi nell’aula magna del Parco tecnologico dell’IrccsNeuromed, organizzato dai dottori Nicola Modugno e David Iapaolo del reparto di Neurologia dell’Istituto di Pozzilli (Isernia). «Le complicanze internistiche - ci spiega il dottor Nicola Modugno - possono peggiorare l’andamento della malattia. Per quanto riguarda ad esempio il Parkinson può succedere che il paziente può incorrere in problemi che non fanno riferimento diretto alla malattia bensì ad altre problematiche come una febbre che sta covando, disidratazione etc. Le patologie neurologiche si caratterizzano inoltre per una multidimensionalità, si parla nella neurologia moderna di approcci interdisciplinari. Ormai si è visto che in una concezione moderna non è più possibile un ambulato-
rio fatto di una semplice visita, bensì di un ambulatorio multidisciplinare che possa garantire più figure sanitarie guidate dal neurologo». Il dibattito si è aperto con un focus sulla ricerca circa i rapporti tra ipertensione e demenza, presentato da Ivana D’Andrea, ricercatrice in forza al Neuromed presso il laboratorio diretto dal professor Giuseppe Lembo. «La condizione di ipertensione cronica incide sull’esordio della demenza. - afferma l’esperta - L’ipotesi è che l’iperten-
sione vada ad alterare la funzionalità neurovascolare producendo quindi il graduale declino cognitivo. Il passo successivo sarà quello di traslare l’ipotesi di rage presentata come marcatore del declino cognitivo in pazienti con Alzheimer». La dr.ssa Angela Ricci del Centro di Diabetologia Irccs Neuromed ha esaminato le relazioni tra diabete e demenza. Si è evinto che il paziente con diabete e Alzheimer deve essere trattato individuando obiettivi glicemici personalizzati, meno
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Le eccellenze per sperare
Policlinico Umberto I di Roma e professore associato di Neuroradiologia Università Sapienza di Roma: l’esperto ha mostrato le immagini della patologia cerebrovascolare e di alcune patologie tossiche dismetaboliche e carenziali, in particolare si è focalizzato sui danni al cervello che queste possono indurre. Inoltre sono stati selezionati, commentati e condivisi con i discenti, alcuni esami che hanno evidenziato i danni cerebrali da intossicazione da alcool e droghe.
rigidi rispetto al diabetico adulto, a causa della sua fragilità e per il rischio di ipoglicemia. Il dottor Gilberto Parisi si è concentrato sui meccanismi autoimmuni delle malattie e sull’utilizzo di alcuni farmaci biologici in grado di agire in maniera selettiva sulle molecole che determinano le malattie immunomediate. Per quanto concerne l’imaging, un’importante relazione è stata svolta dal professor Claudio Colonnese, direttore Uoc di Neuroradiologia del
Presenti all’evento anche il professor Francesco Fornai, Università di Pisa, e il noto esperto professor Stefano Ruggieri, che hanno da poco pubblicato una special issue dedicata alla ridefinizione della malattia di Parkinson, da cui emerge come questa affezione neurologica, fino a poco tempo fa concepita come una lesione selettiva di un’area limitata del cervello, sia in realtà una lesione multipla, una malattia che interessa sia sistema nervoso centrale che gli organi periferici rappresentando un esempio paradigmatico di patologia neurologica in ambito internistico. Il dottor David Iapaolo ha invece esaminato le encefalopatie tossico-carenziali con demenza, ov-
vero ripercussioni del sistema nervoso centrale dovute a patologie di altri organi soprattutto fegato, tiroide, reni e polmoni. La demenza qui è una complicanza e occorre trattare la malattia che la determina. L’esperta Anna Elisa Castellano, responsabile del Centro Alzheimer Neuromed, ha invece argomentato circa le encefalopatie autoimmuni con demenza: queste sono malattie specifiche del sistema nervoso centrale dovute a disordini del sistema immunitario. Queste devono essere trattate con farmaci immunomodulanti per consentire un miglioramento clinico. La psicologa Barbara Gandolfi ha illustrato i vari quadri cognitivi nelle varie patologie neurologiche per parlare degli strumenti da utilizzare per la valutazione neuropsicologica e per la progettazione personalizzata degli interventi farmacologici e non farmacologici. Un esempio è fornito dalla riabilitazione cognitiva che, da circa due anni, è svolta all’interno della struttura molisana con un gruppo di 15 pazienti e 15 familiari, operando sia a livello cognitivo, emotivo, comportamentale e relazionale, al fine di garantire il raggiungimento o il mantenimento di una migliore qualità della vita.
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Sabato 12 Luglio 2014
Ma non c’era la salute prima di tutto? Nel regno dell’anarchia
La Regione cerca ancora dirigenti con bandi illegittimi
È in atto, da parte degli amlicatissimi della macchibienti politici del centrodestra, na amministrativa come un tentativo di assalto alla digli incarichi e le nomine ligenza regionale messo in atdei nuovi dirigenti. In dato per continuare a gestire quel ta 5 maggio, 19 maggio, poco che resta dell’amministrazione a fini cliente11 giugno, 24 giugno e 3 luglio sono stati emesCon l'esecutivo dimissionario lari e a scopi esclusivamente elettoralistici. cinque nuovi avvisi di selezione per il conla giunta emana decreti (ritenuti siferimento È palese il tentativo di Scopelliti e dei suoi sodali di di incarichi dirigenziali che impeutilizzare le postazioni di potere che occupano or- irricevibili dal governo) e seleziona gnano l’amministrazione regionale per i prosmai abusivamente per posizionarsi strategicamente tre anni, nonostante il consiglio regionale nuovi dipendenti a peso d'oro simi in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Non sia ufficialmente sciolto dal 3 giugno, giorno si può leggere in altro modo la pervicace volontà in cui ha preso atto delle dimissioni di Scopelliti. della giunta di centrodestra che continua a riunirsi, programmare, pianificaPuò una giunta che opera in queste condizioni e che dovrà portare alle elere come se nulla fosse accaduto, come se Scopelliti fosse ancora al suo pozioni regionali di novembre, contrarre obbligazioni che impegnano le prossto e non fosse invece sospeso dalla carica per effetto della legge Severino. sime amministrazioni regionali? Davanti a procedure evidentemente illegitA questo punto è necessario chiedersi quali e quante potranno essere le contime c’è da chiedersi chi dovrebbe vigilare sulla corretta applicazione delle seguenze negative causate da atti sottoscritti in modo palesemente illegittinormative regionali e perché fin ora questo non è stato fatto. mo. L’ex governatore ha infatti continuato a esercitare le sue precedenti funIn attesa di chiarimenti in merito non possiamo che prendere atto della manzioni come se nulla fosse, continuando a firmare decreti(gli ultimi sono idpcanza di senso delle istituzioni da parte di un governo regionale che contigr n. 58 - n.59 - n.60)in qualità di commissario ad acta per il Piano di riennua ad esercitare le sue funzioni abusivamente e che travalica le proprie comtro il 26 giugno 2014, quindi in un periodo ampiamente successivo alle sue petenze nella speranza, evidentemente vana, che l’occupazione di posti di dimissioni. Gli atti sono stati subito annullati in autotutela dal ministro delpotere possa far passare in secondo piano le tante emergenze lasciate aperla Salute, Lorenzin, che ne ha decretato la palese illegittimità. Ma nonostante te da una amministrazione fallimentare. le dimissioni e la revoca dei provvedimenti da parte del governo, ancora ogLa Calabria è consapevole del momento difficile che attraversa ed è chiagi i decreti di Scopelliti fanno bella mostra sul sito della Regione Calabria. mata a mettere responsabilmente in mani più sicure ed affidabili il suo preE c’è di più: le palesi illegittimità consumate dalla giunta di centrodestra non sente ed il suo futuro. Carlo Guccione si limitano al solo comparto della sanità ma riguardano anche altri settori de-
Fondazione Campanella Aria di stop «C’è un centro oncologico in Calabria, di proprietà della Regione e dell’Università, che è stato trasformato in una clinica privata e ridotto in una situazione economica disastrosa, costretto a chiedere in prestito farmaci alle altre strutture sanitarie per non interrompere le cure dei propri pazienti». Così il presidente della Fondazione “Campanella” Paolo Falzea e il direttore generale Mario Martina si rivolgono, con una lettera, al governo, alla delegazione parlamentare calabrese e ai consiglieri regionali per spiegare le ragioni della chiusura della struttura. «La vicenda che si vuole portare alla vostra attenzione scrivono è certamente poca cosa nel panorama disastroso dell’Italia di oggi, ma rappresenta un esempio emblematico di come possano essere sprecate risorse pubbliche che avrebbero come finalità la tutela della salute sancita dall’art. 32 della Costituzione. È il fallimento di un progetto culturale nel quale Regione Calabria e Università Magna Graecia hanno investito risorse umane e materiali per creare una struttura diretta a svolgere ricerca biomedica e sanitaria di tipo clinico e traslazionale, attività didattica di alta formazione e attività clinico-assistenziale. L’Università - fanno rilevare - ha messo a disposizione gli edifici, appena costruiti, del policlinico di Germaneto, le infrastrutture e la professionalità dei suoi professori universitari, la Regione ha investito ingenti risorse economiche. Calpestando la volontà dei soci fondatori, coloro i quali sono stati inviati dallo Stato a sostituire temporaneamente gli organi regionali nella gestione della sanità in Calabria proseguono - hanno annientato il Centro oncologico, dapprima riducendone i posti letto da 115 a 35 (Dpgr 26/2012), poi trasformandolo in una casa di cura privata nella quale non si giustifica la presenza come proprietari di due enti pubblici qua-
«Costretti a prendere in prestito farmaci da altri istituti», così il presidente e direttore generale di quella che una volta era centro oncologico d'eccellenza. «Siamo al collasso, senza un euro» Il 17 fine di tutte le attività
li l’Università e la Regione (Dpgr123 del 2013). Tale decreto, infatti, modificando la legge regionale 63 del 2012 (sig!), ha privato il Centro oncologico delle principali attività per le quali era stato costituito: attività di prevenzione primaria e secondaria, attività di riabilitazione, attività di ricerca; espungendo così l’Università ed i professori universitari». I due amministratori fanno rilevare che «a fronte della protesta dei cittadini, in un incontro in Prefettura avvenuto il 1° ottobre 2013 il presidente della Regione e i due sub commissari, gen. Pezzi e dott. D’Elia, hanno assunto l’impegno formale di modificare quel Dpgr riassegnando le funzioni originarie al Centro. Tale impegno è stato totalmente disatteso». Inoltre, fanno rilevare Falzea e Martina, «sal 2012 le risorse economiche destinate alla Fondazione Tommaso Campanella, ente di diritto privato con due soli soci pubblici, alla quale è affidata la gestione del Centro oncologico, sede della metà delle Unità operative dell’unica facoltà di Medicina in Calabria, sono state ridotte drasticamente (da circa 40 milioni a 10)
non consentendole di adeguare la propria struttura organizzativa ai minori flussi finanziari. Le risorse, infatti, - si evidenzia - sono state parametrate a un assetto strutturale e organizzativo che e’ rimasto disegnato sulla sabbia e non ha trovato concreta attuazione per le reiterate violazioni da parte della Regione di decreti, di leggi e di Intese. Il Dpgr n. 136/2011 del commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro prevedeva, anche a seguito delle indicazioni dei ministeri affiancanti, il trasferimento a decorrere dal 1* gennaio 2012 della gestione di gran parte delle unità operative universitarie della fondazione, definite “non oncologiche”, all’Azienda ospedaliera universitaria Mater Domini. La legge regionale 63/2012 ha rinviato tale trasferimento a una successiva intesa tra Università e Regione che si è realizzata il 25 giugno 2013, ma che non ha avuto alcuna attuazione. L’Intesa, raggiunta nella Prefettura di Catanzaro il 1* ottobre 2013, firmata, tra gli altri, dal rettore dell’Università, dal presidente della Regione, dai sub commissari, gen. Pezzi e dott. D’Elia, dal direttore generale del dipartimento regionale Tutela della salute, ha ulteriormente posticipato il trasferimento al 30 ottobre 2013. Tale impegno - rimarcano - è stato totalmente disatteso». A parere dei vertici della “Campanella”, «la conseguenza di tale omissione è che la Fondazione che, nel frattempo ha ottenuto l’accreditamento istituzionale per 35 posti letto di oncologia medica e chirurgica, con budget di 10 milioni di euro, per evitare interruzioni assistenziali e non compromettere i percorsi formativi dell’unica Scuola (già facoltà) di Medicina e Chirurgia della Calabria è costretta a gestire tutte le unità operative oncologiche e non oncologiche, senza ricevere un corrispettivo adeguato, accumulando così ingenti debiti». Il management della Fondazione Campanella, in ragione di questo stato di crisi, «è stato costretto ad avviare nella giornata la procedura che porterà il prossimo 17 luglio alla sospensione di tutte le attività di ricovero ed ambulatoriali delle unità operative non oncologiche e nel contempo a riavviare le procedure per il licenziamento di circa 180 unità di personale».
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Sabato 12 Luglio 2014
Gli ultimi anni di vita politica italiana Se ne discute a Cosenza con Paolo Becchi e il giudice Romano De Grazia
Colpo di Stato permanente? di Francesco Fotia
Di riforme costituzionali si fa un gran parlare da decenni. Di legge elettorale, poi, se ne discute praticamente da quando il papà dell’ultimo sistema con il quale siamo andati al voto ribattezzò, con formula entrata nel glossario normativo di riferimento, “porcellum”; eravamo nel 2005. Sin da subito, infatti, la neonata legge Calderoli non ha incontrato - avrebbe stupito il contrario - grandi fortune: dal momento della sua promulgazione, Cavaliere a parte, è stato praticamente impossibile trovare anche uno solo tra gli attori del parlamento italiano, tra i governi che si sono poi susseguiti, tra i comuni cittadini, che non volesse, almeno nelle parole del teatro politico nostrano, modificarlo, rivoluzionarlo o cancellarlo. A quasi dieci anni di distanza, quando anche la magistratura ha dichiarato il porcellum a tratti incostituzionale, è stato Matteo Renzi a mettere la nuova legge elettorale in cima all’agenda di Governo: l’ex sindaco di Firenze, avviate consultazioni più o meno con tutte le forze in gioco, ha trovato con Silvio Berlusconi l’intesa per un cambiamento. Ha preso così il via quel percorso che, molto probabilmente, porterà all’introduzione dell’Italicum. Nel contempo, attraverso la rete, il Movimento 5 Stelle avvia le consultazioni tra gli iscritti certificati al blog, venendo a capo di una legge elettorale da proporre al Governo: il cosiddetto “democratellum”. Sul confronto prima paventato, poi ufficializzato, cancellato e nuovamente tornato nella sfera delle possibilità concrete si è tanto parlato in questi giorni, tra accuse di poca serietà da un lato, e di mancata trasparenza dall’altro.
Allo stato attuale delle cose pare che l’incontro tra Beppe Grillo e Renzi, o tra delegazioni dei due leader, ci sarà. In questo panorama incerto, e che a molti, seppur per ragioni diverse, sta lasciando l’amaro in bocca, proprio il tema della legge elettorale sarà tra i piatti forti di un evento dal menù ric-
co, che si tiene a Cosenza domenica 13 luglio presso la locale sede del Coni, a pochi passi dal centralissimo Corso Mazzini a partire dalle ore 18,00. In questa occasione sarà presentato il libro Colpo di stato permanente, di Paolo Becchi, professore ordinario di Filosofia del Diritto presso la facoltà
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Sabato 12 Luglio 2014
Gli ultimi anni di vita politica italiana
Qui sopra: Paolo Becchi e Romano De Grazia A lato, a partire da sinistra: Matteo Renzi Giorgio Napolitano e Beppe Grillo Sopra, la locandina dell’evento
di Giurisprudenza dell’Università di Genova, conosciuto ai più per la propria vicinanza ai leader del M5S, Grillo e Gianroberto Casaleggio. Il libro, edito da Marsilio per la collana “I grilli”, analizza gli ultimi anni di vita politica italiana con accuratezza, dalle settimane precedenti la caduta del quarto governo Berlusconi fino al Governo Letta, passando per quello guidato da Mario Monti, mettendone in luce elementi tali da portare il professore a parlare, appunto, di colpo di stato permanente. Un golpe bianco, come lo ribattezzò anche Grillo all’indomani della rielezione di Giorgio Napolitano, volto ad esautorare la carta costituzionale, e quindi la Democrazia, attraverso strumenti normativi che oscillano tra il legale e l’illegale e che sconfinano, sempre e comunque, nel campo di un’etica che non c’è più. Questa la chiave di lettura dell’ex comico riguardo quei fatti; un’interpretazione niente affatto solitaria per la verità. Ma perché la politica e i politici italiani dovrebbero volere questo? Per la certezza della poltrona? Non solo. La ragione, stando a quanto scrive Paolo Becchi nel libro, va ricercata in realtà in quel lato ancora per molti versi ambiguo del progetto europeo e, soprattutto, nella volontà di mantenere ad ogni costo la moneta unica. Per Becchi, il colpo di stato permanente, una formula che peraltro usò François Mitterand in riferimento alla costituzione semipresidenziale del ‘58, è stato, e continua ad essere, il tentativo, fino ad ora riuscito, da parte degli organi di Governo, della presidenza della repubblica e di molti apparati dello Stato italiano di “reagire” alla richiesta di rivoluzione democratica proveniente dalle tante istanze che negli anni, nel nostro Paese, hanno chiesto un cambiamento radicale rispetto alla direzione in cui la nazione stava navigando. Nel volume dell’intellettuale genovese, il colpo di stato è quindi il risultato dell’azione di chi detiene il potere, anche per conto terzi (leggi i mercati, la Bce e la Commissione europea), rivolta alla prosecuzione del proprio mandato contro la volontà popolare, sebbene mantenendo una parvenza di legalità che ne cela il reale volto, autoritario a tinte paternalistiche. Un incontro a tutto campo dunque, a cui seguirà un’ampia discussione con quanti vorranno intervenire. Accanto a Paolo Becchi, al tavolo dei relatori, ci sarà anche Romano De Grazia, magistrato della Suprema Corte di Cassazione, Presidente onorario della stessa e fondatore del Centro Studi regionale “Giuseppe Lazzati”. De Grazia è il padre, lui si, nobile della cosiddetta “Legge Lazzati”, approvata nel 2010 dopo quasi venti anni di iter burocratico. Promulgatore della legge, che nella forma originaria, sostengono il magistrato e buona parte dei cittadini che l’avevano sostenuta e voluta a gran voce, avrebbe dovuto avere la forza di sradicare dalla scena politica il voto di scambio mafioso, oggi si sente tradito dalla versione licenziata dal Parlamento. L’evento, moderato da Anna Minnicelli, è stato organizzato da un gruppo di giovanissimi attivisti del M5S calabresi, provenienti dai meetup dell’intera provincia cosentina: dalla fascia ionica a quella tirrenica, passando per quelli di Cosenza e Rende. Nelle intenzioni degli organizzatori l’incontro con Becchi e De Grazia si colloca sulla scia di quelle iniziative di interesse pubblico atte a rendere ciascun cittadino un cittadino informato e consapevole, in grado di essere protagonista di quel sogno chiamato “democrazia dal basso”. Invitati all’evento, aperto dai saluti del sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, Laura Ferrara, parlamentare europea pentastellata, e unica calabrese sbarcata a Bruxelles, e tutti i cittadini portavoce alla Camera e al Senato eletti nella circoscrizione Calabria per il M5S: Sebastiano Barbanti, Federica Dieni, Francesco Molinari, Nicola Morra, Dalila Nesci e Paolo Parentela.
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Dal Corriere della Sera - giovedì 10 luglio 2014
di Guido Santevecchi
Il racconto è da film dell’orrore: «Erano le tre del mattino di giovedì scorso, tornavo in moto da una spiaggia di Phuket con un’amica russa. Ci siamo trovati circondati da quattro motorini, uno ci è venuto addosso, ci ha sbalzato a terra; dagli altri due sono smontati in quattro e ci hanno ributtati giù quando cercavamo di rialzarci; poi dall’ultimo motorino è sceso uno alto che mi ha tirato quattro coltellate, ha preso la mia borsa, ha trovato il mio passaporto nella tasca dei miei pantaloni, lo ha guardato bene come se volesse identificarmi. Sono riuscito a fuggire per un centinaio di metri, fino al cancello di un resort, per questo mi sono salvato». La vittima, che ricorda quegli attimi di terrore nell’isola delle vacanze in Thailandia, si chiama Antonio Papaleo, 44 anni: giornalista, c’è scritto sui suoi documenti. E pensa di essere stato aggredito proprio per il suo lavoro. È una storia lunga e strana quella che ci racconta al telefono. Una storia che parte da Cosenza dov’è nato, passa per Bratislava e Praga dove ha aperto e diretto giornali online, arriva a Hong Kong dove è il testimoni chiave in un processo per riciclaggio internazionale di denaro sporco a carico di una gang dell’Europa orientale. Alla Corte distrettuale di Hong Kong, Papaleo ha raccontato di essersi infiltrato nel 2012 in una rete malavitosa con radici in Slovacchia e nella Repubblica Ceca, fingendosi alcolizzato, drogato e senza scrupoli pur di fare soldi. Avrebbe così ottenuto la fiducia di Jurai Jariabka, uno slovacco che gli avrebbe affidato il compito di aprire conti correnti di comodo a Hong Kong, per ripulire profitti illegali. Ai giudici Papaleo ha spiegato che il suo scopo era di produrre reportage sulle attività della malavita. Gli hanno creduto e si tratta di una partita rischiosa, perché a Hong Kong Papaleo sarebbe effettivamente riuscito ad aprire quei conti di comodo senza che un paio di grosse banche gli facessero troppe domande sull’origine dei fondi. In gioco quindi c’è anche la credibilità del sistema bancario dell’ex colonia britannica. Lo slovacco, Juraj Jariabka, è stato arrestato nell’estate 2013 e il processo è in corso: in aula sono stati mostrati dei video girati con una te-
lecamera nascosta dall’italiano. Poi Antonio Papaleo ha denunciato di aver ricevuto minacce di morte. La vicenda giudiziaria dura da pi di un anno e, sentendosi sempre in pericolo, il freelance italiano si è nascosto; all’inizio di luglio è partito per la Thailandia in attesa della ripresa delle udienze il 12 agosto. «Io sono un uomo in fuga da più di un anno», ci dice. «E delle due l’una: o sono un turista molto
sfortunato oppure dietro quella gang di ragazzi thailandesi c’era altro». Ne hanno arrestati sette, ne mancano un paio, tra cui il capo, pare. Hanno detto di essere stati ubriachi e drogarti di metanfetamine quella notte. Poco dopo aver accoltellato Papaleo, hanno attaccato un’altra turista: potrebbe essere stato parte del piano per depistare, non ho le prove, magari è solo una mia fantasia, ci dice Papaleo. «Ma quelli che ho denunciato a Hong Kong sono pericolosi e potenti e intanto la polizia di qui mia ha spostato dalla corsia comune dell’ospedale , mi ha messo in una stanza e mi protegge». Papaleo ha subìto un’operazione lunga, gli hanno dovuto asportare la milza. «Ci ho messo due anni per infiltrarmi nella malavita esteuropea; ho finto di lavorare per loro tre mesi a Hong Kong; dopo averli denunciati sono stato nascosto un anno, poi in Thailandia pensavo di essere al sicuro, forse mi hanno tracciato su Internet quando usavo il pc». Perché tutto questo? «Perché sono un giornalista e ci credo». Ma perché non ha mai scritto una riga sulla sua storia? «Aspetto la fine del processo, Juraj Jariabka non è il boss, è solo un intermediario di una banda molto potente, io ho particolari che tengo per me: io so chi erano i veri beneficiari di quei conti che dovevo aprire a Hong Kong. Sono nomi che faranno tremare Bratislava e Praga. E li farò». È una storia strana, l’abbiamo detto. Papaleo ha usato anche un nome di battaglia poco plausibile per accreditarsi presso la banda: Tony Corleone. Non è iscritto all’Ordine dei professionisti in Italia, ma è accreditato presso organizzazioni internazionali. Neanche il suo giornale, “La Voce della Slovacchia”, ha riferito l’avventura del suo direttore: circostanza che naturalmente solleva dei dubbi. Ma intanto “Reporter senza Frontiere” ha deciso di sostenere il collega italiano in pericolo, invocando per lui protezione. Che farà Antonio Papaleo quando sarà chiuso il processo? «A Bratislava e Praga non credo di poter tornare, anche Cosenza non sarebbe sicura per me, perché quelli saprebbero trovarmi subito. Sono un uomo in fuga».
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