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Mezzoeuro
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numero 7 - Anno 13
Sabato 15 Febbraio 2014
settimanale d’informazione regionale
Voce ai giovani Cosenza festeggia la Madonna del Pilerio testimonianza e guida www. mezzoeuro.it
L'ora dello sciopero per gli avvocati di Cosenza
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Sabato 15 Febbraio 2014
Il legno storto
Ricca la letteratura meridionalista Scarsa la sua risonanza politica Mezzoeuro Fondato da Franco Martelli
Ediratio editore
Direttore responsabile Domenico Martelli Registrazione Tribunale di Cosenza n°639 del 30/09/1999 Redazione e amministrazione via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza Responsabile settore economia Oreste Parise Progetto e realizzazione grafica Maurizio Noto telefono 0984.408063 fax 0984.408063 e-mail: ediratio@tiscali.it Stampa Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) Diffusione Media Service di Francesco Arcidiaco telefono 0965.644464 fax 0965.630176 Internet relations N2B Rende Iscritto a: Unione Stampa Periodica Italiana
n. 12427
Tra quanto se ne può leggere, di sicura esemplarità ci paiono le cose che ogni volta scrive Giuseppe Galasso sulle forme e i livelli di attenzione e di interesse che vengono portati ai problemi del Meridionalismo. Ovviamente, lo storico non manca di segnalare ripetutamente i colpevoli ritardi, e le responsabilità relative, nell’assumere come linea di governo una politica meridionalistica. Si continua, da parte specialmente di quanti sono fermi ancora a discutere sulla vecchia contrapposizione vecchio e nuovo Meridionalismo, una disputa sulla quale lo stesso Galasso è venuto assumendo posizioni chiare e convincenti, ad almanaccare deboli argomentazioni circa improbabili nuovi punti di avvio della questione meridionale. Ma qui ora tutto ciò importa poco, mentre ci pare più stimolante una questione per niente marginale avanzata recentemente da quel grande storico che pare voglia constatare «l’attuale scarso peso dei politici meridionali» a fronte del grande livello raggiunto dagli studi meridionalistici sia per una copiosa letteratura sia per uno stato apprezzabile della ricerca empirica e dell’analisi storico-critica. Nota Galasso come i politici meridionali, alcuni dei quali con una dimensione non solo locale (come un Vendola, un De Luca, ad esempio), hanno un ruolo secondario nel dibattito politico istituzionale, contano poco a far valere le ragioni di un Sud dimenticato, e, giustamente non è questione di geografia (di meridionalisti convinti e quotati il Nord ne ha sempre dati tanti), In ogni caso, di una “sensibilità al Sud”, sembra essersi perduta la traccia: del Sud si parla per le sue “eccellenze”, certo, ma molto di più per i noti motivi, dagli sprechi alla corruzione alla inefficienza alla disamministrazione alla malavita
di Franco Crispini
Un fatto è certo, non c’è una deficienza di cultura del Sud, tutt’altro, c’è una abbondanza di ricerche pregevoli sul Sud (ci è capitato più di una volta di scriverne) da parte di seri studiosi, «sicché si può dire che il Sud non è mai stato studiato e conosciuto come oggi, anche se una, troppo spesso deteriore, letteratura rivendicazionistica appanna la risonanza dei più seri discorsi degli studi degni del nome». (Galasso). Né tende a venir meno l’appassionata ricerca rivolta al Sud, si tratti di inchieste di gran livello empirico come quella di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, Se il Sud muore (Feltrinelli 2013) o del recentissimo Perché il Sud è rimasto indietro (Il Mulino, 2013) di Emanuele Felice: questo ultimo si colloca meglio nella tradizione delle indagini problematizzanti sulle vicende meridionali e viene ad aggiungersi a quella biblioteca di dati, ipotesi, idee, cui un politico meridionale non potrebbe rimanere estraneo, come non ne sono rimasti estranei tutti quei politici che si sono validamente impegnati per il Sud facendone sentire la voce a livello nazionale. Ma quanta di questa cultura va oggi ad irrorare le menti di moltissimi dei politici meridionali? Da come si muovono nel quadro nazionale dove non riescono ad avere altro ruolo se non quello di truppe di manovra dei grandi Capi, il ruolo dei soliti “ascari” di salveminiana memoria, i politici meridionali contano pochissimo, ma non è questo il punto che ci pare importante: essi colpevolmente, è questo è il grave, sforniti di ogni sensibilità culturale per il Sud (in quelle biblioteche i preziosi libri restano intonsi per questo gemere di politici) delegano ai politici nazionali della loro parte la cura (e figuriamoci!) di quel che oggi interessa il Mezzogiorno. Niente delle travagliate proposte che vengono da tutto il lavoro serio di aggiornamento della eterna “questione meridionale” passa nei laboratori nazionali dove si approntano le poche ricette per il Sud: dai politici meridionali poi preoccupati di altro, men che meno, per essi al Sud possono bastare le briciole che senza alcun criterio cadono dall’alto, semplici elargizioni.
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Mezzoeuro Il conto da pagare
Come nei migliori film, che non devono per forza avere a che fare con il crimine, il gran finale si gira proprio laddove s’è cominciato. Peppe Scopelliti deve tutto della sua fortuna a Reggio, fortuna politica ma anche economica e sociale. Tutto, in tutti i sensi. Regginità come tratto indelebile che non lo ha mai abbandonato e che lui se n’è guardato bene fin qui dal disconoscere. Né forse potrebbe. Scopelliti e Reggio un unico e seriale feeling finanche sconfinante in quella posa fiera e col petto in fuori che lo contraddistingue nelle sue movenze. Anche questo, anche questo tratto, è tipico se vogliamo dell’aria dello Stretto e delle sue gelaterie sul lungomare. Ma la vita non è un romanzo, o non lo è quasi mai interamente, e ogni trampolino di lancio che si rispetti, ogni città che ti ha allevato e spinto anche oltre misura, presenta delle controindicazioni sul retro della confezione. Specie poi a Reggio, ci siamo intesi. E allora succede che a un certo punto il film, al punto centrale, ritorna sulla scena del “crimine”, quella iniziale.
Scopelliti a un bivio Dieci anni di “modello Reggio” da sindaco dello Stretto per Peppe Scopelliti. Lo sfarzo, l’ottimismo. La produzione di clienti e clientele intese nell’accezione più industriale possibile del consenso e delle sue ricevute di ritorno. A Bolzano forse un clima del genere non va al di là del rischio dell’abuso d’ufficio ma siamo a Reggio e succede quello che deve succedere. Orsola Fallara, da questo clima e ci auguriamo solo da questo, viene “suicidata”. Chi era Orsola Fallara? Firmava i mandati di pagamento, non so se è chiaro. La sera della sua fine chiama i carabinieri e sbalestra di cervello sostenendo che qualcuno le aveva rubato documenti e cellulare, non proprio un classico per un suicidio. Ma tant’è, c’è chi si sta occupando pure di questo. Un altro capitolo giudiziario, giusto perché non siamo a Bolzano e giusto perché dieci anni non sono pochi con quel clima lì, si sta occupando del rampollo dei De Stefano, Paolo, da tutti gli inquirenti ritenuto il gran capo ormai. È giovane ma è fino di cervello e sarebbe lui il terminale della gran pace, ma anche della grande forza, del mandamento criminale di Reggio città. Paolo De Stefano, Paolo Martino, Nino Fiume sono solo alcuni dei nomi che la Dda conosce bene e che in passato, nella bella epoque dello Stretto tra discoteche e passeggiate con i vip sul lungomare, hanno avuto quantomeno frequentazioni con il sindaco del decennio e questo non sta scritto da nessuna parte che di per sé è un reato. Tanto basta per farne un altro fascicolo però e di quel clima e di quell’epopea è forse questo il più insidioso in prospettiva. La verità giudiziaria è in ogni caso lontana dal possesso di alcuno ancora, si brancola nel buio e l’arrivo di Cafiero De Raho al posto di Pignatone, contrariamente a quanto si pensava in un primo momento, non ha provocato grosse accelerazioni. Così che alla fine, e siamo al terzo capitolo della faccenda, non rimangono che i conti da pagare per quel decennio. Come al ristorante quando non sai più quante portate sono state offerte. Numeri, numeri da capogiro di un’amministrazione che, secondo gli inquirenti, ha sistematicamente falsificato i bilanci per giustificare le immense uscite. Continue uscite, ininterrotte uscite in grado di mandare gambe all’aria il presente e
Il governatore si trova nello stesso momento storico a dover fronteggiare guai seri sul piano giudiziario e inevitabilmente anche scelte difficili su quello politico. I due versanti poi non è detto che non coincideranno clamorosamente in un ritorno alle urne anticipato per le regionali Qualcuno parla già di voto a novembre il futuro di un’amministrazione comunale e di una città che ancora non sa, da commissariata, se andare presto al voto o rimanere ancora nell’oblio. Il pm Sara Ombra che ha curato la requisitoria al termine della quale ha chiesto cinque anni e interedizione dai pubblici uffici per Scopelliti è stata durissima. Netta e durissima. Il sindaco Scopelliti non poteva non sapere, perché li firmava e li “meditava” gli atti. L’amministrazione tra incarichi, società partecipate, bandi e delibere donava sangue e fiumi di denaro in cambio della sistematica falsificazione dei bilanci. A tutt’oggi il buco contabile in Comune non è dato sapere, in quel “decennio” lì, se è più vicino alle centinaia di milioni che alle decine. Numeri forti e dall’impatto devastante in tempi di crisi e di antipolitica dilagante. Numeri però che hanno fornito e lubrificato complicità dentro le strade di Reggio a tutti i livelli e che si rischierebbe di ar-
Peppe Scopelliti davanti a Palazzo San Giorgio Alla sue spalle nel montaggio Orsola Fallara
chiviare con troppa facilità se li si addossasse su un solo nome e per una sola finalità. È più complesso il “sistema Reggio” e bisogna conoscerla più in profondità la città per farsene una ragione. Siamo in ogni caso alla requisitoria del pm, relativamente al fascicolo che cerca di fare i conti a quel decennio lì. Seguiranno ancora tappe di dibattimento, prima sentenza che scontenterà qualcuno e via così. È la prassi. Ma non è questo paradossalmente l’incrocio vero per Peppe Scopelliti. Il vero dubbio che lui ha in queste ore è se vale ancora la pena di rischiare l’osso del collo (politico, s’intende) in nome di un’assoluzione piena che rischia di non arrivare o piuttosto organizzare una via di fuga. Tanto più oggi che non c’è l’amico Angelino agli Interni e dovesse toccare a Delrio sarà difficile che possa offrire segnali di fumo subito per lo Stretto. Non si faranno sconti né al Comune di Reggio né tantomeno alla possibile interdizione immediata dai pubblici uffici per Peppe il governatore. E il rischio per lui è soprattutto questo. Il Piano b, prima che siano sentenze micidiali, è l’Europa a maggio e il voto anticipato per la Regione a novembre dove potrebbe ricandidarsi se le cose si schiariscono per lui così come potrebbe, a quel punto, lasciar perdere per sempre. Ma è un percorso stretto, una via di fuga e messa in sicurezza possibile per lui purché decida in fretta. Avanti a testa bassa, nonostante i vari rischi giudiziari, e ostinata (e forse vana) ricerca di complicità a Roma. Oppure rottura con qualsiasi scusa, anche politica, elezioni europee per Peppe e voto anticipato per la Regione a novembre. Nel primo caso, e senza più Angelino e in ogni caso con un ruolo nazionale del Nuovo centrodestra che comincia sempre più a somigliare a quello che fa da spalla deficiente nelle coppie di comici, a Peppe converrà quanto prima rifarsi un po’di amici dentro Forza Italia. Nel secondo caso e cioè rompendo il giocattolo della Regione correndo per l’Europa e consegnando la Calabria al voto per novembre, idem con patate. Gli converrà sempre mandare qualche sms di più ai berlusconiani altolocati. Perché come la giri e come la volti, a Roma o in Calabria, quando il gioco si farà duro sarà difficile per lui farsi difendere dai poster di Alfano e Quagliariello, Schifani o Tonino Gentile. Servirà il Cavaliere. Anche solo la bandiera...
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Ora sì che quasi quasi sembra un partito Se quello che riportano le cronache nazionali risponde al vero, senza entrare cioè nell’elenco analitico delle dissidenze, è toccato solo agli uomini di Pippo Civati mostrare le scatole e votare contro la relazione del segretario Renzi. Dopo di che, se si fa eccezione per gli astenuti Fassina e Miotto, il resto del cucuzzaro ha votato compattamente per la scalata del segretario al posto che fu di Enrico Letta, anche lui compagno di partito. Tutti, mugugnanti e no, a fianco di Matteo Renzi. Nico Stumpo, Alfredo D’Attorre e la pasionaria Enza Bruno Bossio compresi ovviamente giusto per citare solo tre dei nomi che vengono in mente tra quelli che solo fino all’altro giorno appiccavano il fuoco contro il sindaco di Firenze.
Il Pd sull’ottovolante Chi non ricorda il parlamentare del Crotonese (chi l’ha mai visto qui) Nico Stumpo sparare sulla stampa nazionale contro il neo segretario eletto il giorno dell’Immacolata. E chi non ricorda l’ex commissario del Pd di Calabria nato a Melfi ma di scuola salernitana difendere la cordata dei bersaniani con dignitosa strafottenza nei talk show televisivi. Senza contare, e qui siamo nel cuore di Cosenza, della onorevole Bossio che dal profilo facebook agli interventi nelle prime direzioni targate Renzi non ha mai lesinato attacchi anche coraggiosi al segretario. Ma l’altro giorno, il giorno della scalata al vertice di Renzi, tutti a votare con lui. Per spirito di squadra diranno poi all’uscita del Nazareno gli incaricati delle veline. Per salvarsi il posto in aula e il relativo emolumento viene invece da pensare perché nel frattempo, tra il dire e il fare, è stato proprio Renzi a sbloccare la partita a suo favore mandando nell’etere del gruppo parlamentare il seguente messaggio. Con me, se mi aiutate ad andare a Palazzo Chigi, si balla la samba fino a fine legislatura, fino al 2018. Dunque altri quattro anni di onorata carriera da deputati per tutti, con relativi euro. A queste latitudini può bastare e avanzare per sotterrare l’ascia di guerra e diventare d’improvviso “diversamente renziani”. Ora, a Roma, sono tutti con lui e guai a mostrare in pubblico diffidenze e reticenze. Le correnti, anche e soprattutto tra i nostri di Calabria, sembrano un lontano ricordo e ognuno di loro la mattina come maglia interna indossa la divisa della Fiorentina sotto le giacche prima di entrare in aula, hai visto mai che non possa servire. Quattro anni di prospettiva romana sono più che sufficienti per formare un partito unito e lavorare “per il bene del Paese”, si dice così in questi casi. Ogni divisione delle correnti che furono è rimandata alle sedi periferiche, dove non se ne accorge quasi nessuno in questo momento. Con il voto per le elezioni politiche che si allontana in modo strepitoso e con le europee inaccessibili ai più l’unico perimetro per le scazzottate è rimasto l’atrio regionale, con tutto quello che ne consegue. Pochi posti, per lo più avvelenati, per una marea di promesse da mantenere e ambizioni da sfamare. Sarà un’apocalisse dove la Calabria, naturalmente, non farà eccezione. Renziani a Roma e indiani da queste parti i “nostri” parlamentari faranno finta di non sentire e di non capire mentre per tutti gli altri ci sarà da azzannarsi. Un esempio?
Ancora una volta surreale il clima che vive il partito nel fine settimana del suo primo congresso dopo quattro anni di commissariamento L’accelerazione di Renzi sul governo spacca il fronte. Ora sono tutti con lui i “nostri” dissidenti che navigano a Roma, devono salvarsi il posto Il fuoco sotto cenere cova invece in Calabria dove da lunedì, in ogni caso, si cambia musica Prendete Mario Maiolo, per esempio. Era blindato in quota Letta fino all’altro ieri, cioè dell’ex premier, e s’era pure permesso di fare il renziano a modo suo. Ora si trova senza sponsor, nel senso che non conta niente, e senza un’appartenenza vera alla cordata del sindaco di Firenze. Poteva solo scegliere che fare fino a poche ore fa, ora invece gli scommettitori inglesi pagano altissime le sue quote di approdo da qualche
Matteo Renzi
parte. È solo un esempio, forse persino il più sbiadito, di quanto sarà cannibalesca la lotta per un podio di visibilità in un partito che s’è diviso promesse e ambizioni per cordate salvo poi trovarsi un unico comandante a tutte le latitudini. E ora? Intanto c’è un congresso regionale qui e non è roba che accade tutti i giorni, il partito è commissariato da quattro anni. Per la verità c’è anche un grande favorito per la vittoria senza ballottaggio e risponde al nome di Ernesto Magorno. A prescindere da come si è mosso in questa campagna elettorale gli gioca a favore e non da oggi la buona sorte. Intestarsi il franchising del marchio del segretario gli era già sufficiente per riempire le sale in giro e ora che Renzi s’è fiondato su Palazzo Chigi sarò difficile che il “parco” in movimento delle anime del partito possa resistergli. Non a caso proprio in chiusura di campagna Magorno prova a tranquillizzare tutti in Calabria anche prefigurando un po’ di luce a qualcuno. «Ho chiesto a Matteo Renzi di fare la sua prima visita da premier in Calabria - scrive Magorno per avere subito il polso della situazione ed intervenire sulle problematiche di una regione che vive, più di tutte, un profondo disagio nel contesto generale di crisi. A testimonianza dell’attenzione che Renzi nutre per la Calabria, sono certo che nell’esecutivo che andrà a formarsi ci saranno uomini ed energie che rappresenteranno la nostra regione». Ergo, non disperate o voi perdenti. Una piccola luce in fondo al tunnel non la si nega a nessuno. Vincerà probabilmente Magorno ma non perché qualcuno sia particolarmente ammaliato dal rinnovamento (che al momento non s’è visto da nessuna parte nel partito) né perché siano in tanti disposti a credere che finito il congresso si farà la grande pace. Vincerà molto semplicemente perché non c’è altra possibilità al momento nel Pd. A Roma come in Calabria. E Magorno lo sa, e galoppa. E s’illude chi pensa che il probabile precipitare delle sorti di Scopelliti, con il conseguente voto anticipato per le regionali a novembre,, possa cambiare le carte in tavola. Da lunedì 16 si cambia comunque musica e suonatori. E se Renzi continua a essere quello che s’è visto spazzolare Letta in 48 ore si impressionerà per caso delle primarie per la presidenza calabrese? Andrà, e andranno, dritti come un treno. E votare fra un anno, o votare a novembre per la Regione, non farà differenza alcuna. Chi vince ora proverà a Da sinistra: Enza Bruno Bossio prendere tutto...
Mario Maiolo e Ernesto Magorno
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I Riformisti Italiani Fondazione “G. Mancini” e Centro Studi “Willy Brandtt” presentano giovedì 20 febbraio alle ore 17 nella Sala concerti del Comune di Catanzaro il libro di Niccolò Amato
Bettino Craxi dunque colpevole Modera Sergio Dragone Introduce Mara Teresa Laurito Ne discutono Giuseppe Chiaravalloti Pietro Mancini Piero Sansonetti Conclude Stefania Craxi Sarà presente l’autore
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Le eccellenze per sperare
Punto Coma
Come essergli vicini... Al Neuromed un nuovo modo per confortare i familiari dei pazienti. Protocollo all'indomani della “Giornata nazionale degli Stati vegetativi” Coma, una condizione che colpisce numerose persone e coinvolge le famiglie, che spesso sono impreparate a gestire le problematiche legate al prendersi cura di un soggetto in stato vegetativo. Per essere vicini proprio a loro, ai caregiver, ovvero coloro che si prendono cura del malato, l’associazione “Gli amici di Eleonora onlus” (www.gliamicidieleonora.it) e Neuromed (www.neuromed.it) hanno formato e presentato, presso la Sala multimediale al IV piano della Clinica di Pozzilli (Isernia), un protocollo d’intesa. Primo step di questo protocollo è l’attivazione di un Punto Coma, sportello informativo messo a disposizione delle famiglie dei pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza per ricevere: assistenza sanitaria, informazioni su ospedalizzazione e accoglienza pazienti; informazioni circa le associazioni dei familiari e iniziative di volontariato; fornire una guida ai diritti di INVALIDITÀ CIVILE E HANDICAP; attivare l’assistenza domiciliare, ausili tecnici, permessi per mobilità, ottenere agevolazioni fiscali, consigli circa le buone pratiche di riabilitazione. Lo sportello avrà un numero verde dedicato 800 123 973 a cui sarà possibile chiamare dalle ore 8:00 alle 20:00 e una casella e-mail info@gliamicidieleonora.it a cui tutti potranno rivolgersi.
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«Per la nostra associazione, inaugurare il Punto Coma presso l’Irccs Neuromed di Pozzilli è motivo di grande soddisfazione - afferma il presidente dell’associazione “Gli amici di Eleonora” Margherita Rocco - soprattutto all’indomani del 4° anniversario della Giornata nazionale degli Stati vegetativi. La firma del protocollo d’intesa tra la nostra associazione e il prestigioso Irccs Neuromed, unico vero Centro d’eccellenza per la cura delle gravi cerebrolesioni dell’Italia Centromeridionale, ci permette di fare quel salto di qualità nell’assistenza alle persone in Stato Vegetativo e alle loro famiglie, da sempre auspicato ma fino ad oggi materialmente non realizzato, se non in poche realtà del Nord. Questo passaggio è fondamentale per dare una concreta speranza alle famiglie che spesso si sentono abbandonate al loro destino dalla comunità». «Sono pazienti che richiedono una presa in carico globale. Non ci si deve focalizzare solo sulle prestazioni da ricevere nella fase di ricovero - afferma il dr. Michelangelo Bartolo, responsabile della U.o. C. Neuroriabilitazione Irccs Neuromed - In questi casi bisogna aiutare e supportare non solo il paziente ma andare incontro alle esigenze dell’individuo e della famiglia. Una sinergia tra strutture sanitarie e associazioni è doverosa.
In questa foto e in quella sotto la firma del Protocollo
Soprattutto in un periodo in cui dilaga la crisi economica, questa partnership può essere utile per trovare dei percorsi che possano riempire dei gap importanti nella presa in carico del paziente in stato vegetativo. Possiamo individuare percorsi e alleanze che abbiano come risultato finale quello di assicurare una continuità di cura soprattutto nella fase di post ospedalizzazione del paziente e individuare percorsi di assistenza domiciliare mirati al trattamento, specifici per questa tipologia di pazienti. È auspicabile che nella riorganizzazione
del Sistema Sanitario Nazionale ci sia anche una concreta organizzazione del percorso riabilitativo». Parteciperanno all’evento numerosi esponenti dell’Ital Uil e fisioterapisti e gli studenti di fisioterapia del Neuromed. Per comprendere quanto sarà importante il punto coma per le famiglie riproponiamo un bellissimo intervento che è giunto alla pagina Facebook dell’Istituto neurologico mediterraneo Neuromed): «Tutto ciò che non si conosce rende ogni com-
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Le eccellenze per sperare
Neuromed sulla laurea honoris causa a Silvio Garattini
Verso una proficua collaborazione tra l’Irccs di Pozzilli e il “Mario Negri” L’Istituto Neuromed rivolge vive congratulazioni al prof. Silvio Garattini cui è stata conferita la laurea honoris causa in Chimica e Tecnologia farmaceutica dall’Università statale degli Studi di Milano, in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno accademico 2013-2014. Ancora una volta viene dato valore sociale e pubblico, oltre che scientifico e culturale, alla Ricerca scientifica ma soprattutto, come nel caso del prof. Garattini, alla passione per la libertà e all’importanza della divulgazione della scienza collegata alla ‘funzione civile della trasmissione dei saperi e delle conoscenze’ così come detta la motivazione per la quale l’Ateneo milanese dedica la cerimonia di inaugurazione al direttore dell’Istituto “Mario Negri”. Congratulazioni ancora più sentite dal Neuromed che ormai ritiene il prof. Garattini parte integrante del proprio bagaglio di esperienze a seguito del Seminario che il luminare ha tenuto la settimana scorsa a Pozzilli e in vista di una proficua collaborazione del settore della ricerca indipendente, sulla scia della sua profonda dedizione e passione per la ricerca. Silvio Garattini...
Lunghini dell’associazione “Gli amici di Eleonora”
Il dottor Romoli
portamento più difficile nelle scelte. La vita vegetativa è una nuova forma di vita che poche, anzi pochissime, persone conoscono anche fra i normali “addetti” ai lavori che sono i rianimatori, i medici, gli infermieri, i terapisti - afferma un’utente di Facebook commentando il social network dell’Istituto Neuromed - Vengono date informazioni alle volte sbagliate, non chiare, confuse che spesso aumentano il disorientamento e la disperazione. Se, al contrario, si hanno delle buone conoscenze è più facile capire, fare delle scelte
giuste, trovare maggiore conforto e sicurezza e soprattutto costruirsi delle ragioni, delle spiegazioni che aiutino a superare un momento così difficile. Infine si riducono notevolmente l’ansia, la paura che si provano davanti a tutto ciò che appare misterioso; il rapporto tra il familiare e l’équipe, che ha preso in cura il paziente deve essere il migliore possibile se si vuole ottenere il risultato di collaborare attivamente al recupero del paziente. Molto spesso questo rapporto è difficile, non solo perché i medici, gli infermieri ed i te-
rapisti danno delle risposte che non soddisfano, ma anche, e soprattutto, perché i familiari non sanno fare le domande giuste e assumono atteggiamenti di poca fiducia, di sospetti, che rendono l’attesa ancora più angosciosa per tutti e che nascono dalla confusione e dalla disperazione nelle quali vengono a trovarsi, specialmente quando le cure sono lunghe e passano molti mesi senza una luce. In questi casi trovare un’equipe che stabilisce un clima di serenità e di fiducia nei confronti del paziente e del familiare è fondamentale. La grave preoccupazione per la vita del loro caro, dopo molte settimane e mesi di malattia con aspetti misteriosi, induce molto spesso sconforto, disperazione e insopportabile dolore che non trova conforto in niente, salvo i casi delle persone che hanno una grande fede religiosa e sono abituate a professarla da sempre e non solo in caso di necessità. I medici sono impegnati a curare i pazienti e non hanno non solo il tempo necessario, ma molto spesso neanche la capacità professionale, per farsi carico del dolore dei familiari. Secondo me possono farlo solo parzialmente, perché sono impegnati nell’ottenere il recupero della coscienza di chi gli è stato affidato e ha perso il bene più prezioso: la personalità. Non sempre sono disponibili supporti psicologici di sostegno, anche perché la vita vegetativa presenta veramente aspetti ancora oscuri, e personale specializzato in questo senso si sta formando negli ultimi tempi e poi è molto difficile trovare conforto nelle parole di estranei, specialmente quando sono frutto di un approccio che usa modalità e regole che vengono dal cervello e non dal cuore di chi vuole aiutarli. Siamo ben coscienti che le nostre capacità si applicano solo alle cure del corpo, ma in 10 anni di esperienza ho sentito una moltitudine di madri, padri, fratelli sorelle, mogli, mariti, fidanzati e amici che hanno cercato una strada per capire, sopportare, accettare una simile prova. Alcuni di loro sono stati così bravi da aiutare non solo se stessi, ma anche noi, facendoci crescere molto nel nostro valore umano e non solo professionale. Questi grandi, rarissimi valori non devono rimanere patrimonio di poche persone capaci di splendide risorse umane, ma possono essere di grande aiuto a tantissimi altri che devono fare lo stesso percorso in questa spinosa via che conduce a dover conoscere una realtà nuova: la vita vegetativa».
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I conti che non tornano
Il lavoro che non c’è
La Cisl va all’attacco
Giuseppe Speziali
La chiamata alle armi Quanta fatica passare dalle parole ai fatti, dice il presidente di Confindustria Speziali in riferimento all'operato della giunta regionale Qualcosa si è rotto, se mai c'è stato il feeling, tra gli imprenditori e il governatore Scopelliti E il perché, il vero perché, non sempre è a portata dell'opinione pubblica I dati, in continuo aggiornamento, sull’economia calabrese e sul suo sistema produttivo continuano a registrare segni negativi in tutti i principali indicatori. Una inversione di tendenza rispetto a questa reiterata fase declinante non appare né vicina né tantomeno all’orizzonte. È soprattutto sul versante del credito che le imprese oggi registrano le maggiori difficoltà e, nonostante i numerosi annunci, le misure anticongiunturali più volte chieste da Confindustria tardano ad essere attuate. È preoccupato il leader degli industriali calabresi, Giuseppe Speziali, soprattutto per i ritardi ed i tempi “biblici” con cui la regione riesce (o meglio non riesce) a dare risposte alle imprese sempre più in affanno.
È una fase nella quale, ha affermato Speziali, è necessario che alle imprese si diano risposte immediate e concrete perché, ormai, siamo davvero stanchi di sentire continuamente parlare di decine e decine di milioni di euro messi a disposizione dall’Amministrazione regionale per sostenere il sistema economico in questa delicata fase di crisi senza poi che questo avvenga realmente o comunque tempestivamente. È trascorso più di un anno da quando il Comitato di sorveglianza del Por Fesr Calabria (era il dicembre 2012) aveva deciso per la rimodulazione dei Fondi di controgaranzia (ben 51 milioni di euro non spesi) in gestione a Fincalabra, senza che ancora ad oggi i nuovi interventi siano stati attuati. Così come è trascorso un anno (febbraio 2013) da quando lo stesso Comitato di Sorveglianza aveva preso atto della rimodulazione delle misure di incentivi a favore delle imprese con una specifica loro destinazione, attraverso il Piano di Azione e coesione, a sostenere misure anticongiunturali di sostegno alle imprese. Garanzie fidi per l’accesso al credito, sostegno al capitale circolante, liquidità alle imprese, riequilibrio finanziario: tutto perfetto si direbbe! Purtroppo non è così. Ciò cui abbiamo assistito in questo lungo lasso di tempo è solo e soltanto una Conferenza stampa dell’assessore Arena lo scorso 22 gennaio con cui si annunciava la costituzione di un Fondo unico per le imprese di 76 milioni di euro, con una serie di misure anticrisi e tempi rapidi di attuazione. Avevamo fortemente plaudito a questa impostazione degli interventi, ma ad oggi, per usare una metafora, tutto tace. Non abbiamo, infatti, registrato alcuna pubblicazione di bandi o regolamenti, ancorché pubblicamente presentati; non abbiamo - in sintesi - nulla di nuovo e di concreto dopo più di un anno. Procedure complesse, passaggi amministrativi complicati ci si dirà. Ma questi non sono problemi di cui può o deve farsi carico il sistema delle imprese! La straordinarietà del momento richiederebbe infatti tempi ridotti al minimo e proce-
Lavoro, politiche sociali e sanitarie, rilancio del tessuto produttivo, agricoltura e forestazione, trasporti e infrastrutture. Sono queste, secondo il comitato esecutivo della Cisl Calabria, riunitosi a Lamezia Terme, le priorità da affrontare per la regione. Il segretario generale Paolo Tramonti, nella relazione introduttiva, ha affrontato le principali questioni politico-sindacali sostenendo che «va superata al più presto la fase di perdurante incertezza che si registra, nel nostro Paese, a livello politico-istituzionale». In questo contesto, ha aggiunto, «considerando la fase di grave difficoltà in cui, a partire dalla Calabria, continuano a vivere le Regioni del Mezzogiorno, è necessario varare al più presto provvedimenti per il riequilibrio territoriale. Gli Istituti di statistica fotografano, ancora una volta, una realtà drammatica. Per la nostra Regione diminuisce il numero di occupati, aumentano le ore di cassa integrazione, arretrano Pil e Reddito pro-capite, calano i consumi, permane altissima l’area del precariato. Tutto ciò - ha proseguito - avviene, peraltro, in un quadro di altissima criticità che interessa comparti strategici, dal sistema dei rifiuti alla rete idrica, dal dissesto idrogeologico alla sanità, per arrivare al sociale, con intere fasce di popolazione risucchiate sempre più nell’area della povertà così come attestato tra l’altro dalla Svimez nel suo ultimo rapporto. A questo proposito è ingiusto e paradossale che i cittadini calabresi siano sottoposti a livelli record di pressione fiscale considerando che a quella nazionale, si aggiungono quella regionale e locale con aliquote altissime e senza che al contempo siano garantiti e finanziati adeguati servizi e prestazioni sociali». Per questi motivi, ha spiegato Tramonti, «per la Cisl è urgente riattivare il percorso di concertazione con il governo regionale in modo da pervenire nel più breve tempo possibile a risultati concreti con un piano di breve e medio termine che porti al superamento delle attuali criticità puntando ad affrontare alcune priorità».
dure straordinarie. Una sorta di priorità anche procedurale necessaria da realizzare, come del resto fatto in altre regioni, perché attivare l’ossigeno (le risorse) quando il paziente (le imprese) è deceduto, oltre che essere un danno diventa colpevolmente anche una beffa. Ed allora, ha affermato Speziali, è un deciso cambio di passo quello che la Regione deve compiere se vuole davvero dar corso a quanto già da tempo condiviso con tutto il partenariato economico. Poche chiacchiere e molti fatti (anzi atti), forse solo così si potrà davvero provare ad invertire una rotta che ci sta portando verso un ineluttabile declino! Se così sarà, ha concluso Speziali, saremo pronti, come sempre, a fornire il nostro positivo contributo e ad accompagnare questa nuova e necessaria fase. Non dovesse essere così solleciteremo tutte le parti sociali ed economiche a promuovere ogni forma di iniziativa necessaria e conseguente.
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Sabato 15 Febbraio 2014
Mezzoeuro Gli esami non finiscono mai
di Oreste Parise
La scuola non ha pace. Soprattutto per la mancanza di un piano organico di organizzazione del sistema. Ogni anno si procede a interventi anche radicali di definizione degli assetti organizzativi con quello che viene definito il dimensionamento degli istituti. Uno shock organizzativo che influisce non solo sugli aspetti burocratico amministrativi, ma determina anche una girandola di insegnanti alla ricerca di una sospirata sistemazione più o meno definitiva, che sarà comunque messa in discussione l’anno successivo. Vi sono evidenti ragioni contingenti come il flusso demografico che producono questi effetti, ma quello che è incomprensibile è la precarietà delle valutazione in presenza di fenomeni che sono ben conosciuti nella loro dimensione e nella loro dinamica. Gli indici demografici e le tendenze evolutive dei flussi migratori sono largamente prevedibili e danno la possibilità di pensare un sistema organizzativo che sia valido in un arco temporale almeno di medio periodo per consentire una transizione soft verso quello che è l’assetto ottimale immaginato.
E la scuola ritorna dietro la lavagna... Il primo aspetto che colpisce in questa programmazione illogica è la casualità degli interventi, la misura col bilancino dell’orefice del dimensionamento degli istituti senza alcuna considerazione per l’omogeneità e affinità culturale, la coesione territoriale dei plessi interessati, la possibilità di dare una governance efficiente a un sistema incoerente come sono diventati la maggior parte degli istituti scolastici. Vi sono in corso delle battaglie ideologiche, spesso malcelate sotto altre motivazioni, che rendono precario l’equilibrio cercato: la contrapposizione tra scuola pubblica e scuola privata con reiterate tentativi di superare il limite imposto dalla dal secondo comma dell’articolo 33 della Costituzione (enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato). Quelle cinque paroline finale stanno creando seri problemi a chi vorrebbe tornare la sistema superato con tanta fatica della scuola d’élite, dove si costruisce la classe dirigente, versus la scuola di massa, dove si forniscono i rudimenti dell’istruzione per sopravvivere in un mondo alfabetizzato quel tanto che basta a costruire delle perfette macchine di consumo. La seconda contrapposizione è tra un sistema dirigistico, che controlla risorse e contenuti culturali, e la completa decentralizzazione con l’attribuzione di una ampia autonomia alle istituzioni scolastiche. Fin qui si è trattato di un sistema costruito sulla carta, poiché nei fatti il margine di autonomia dei dirigenti scolastici è pressoché nulla, sia da un punto di vista didattico, organizzativo e di gestione delle risorse umane e finanziarie. Il passaggio dalla figura del preside a quella di dirigente doveva essere la conseguenza di una rivoluzione culturale della scuola, con la trasformazione di un ente pubblico soggetto a tutte le restrizioni e i vincoli della burocrazia a una vera e propria impresa commerciale che offre servizi sul territorio cercando di interpretarne vocazioni e peculiarità per formare delle figure professionali pronte ad essere inglobate nel sistema economico-sociale espresso dal territorio. Il processo di sburocratizzazione della scuola è completamente
Nuovamente in discussione l'assetto organizzativo La difficile transizione dell'universo didattico fallito. Fatta salva qualche rara eccezione, il dirigente è rimasto un preside con una maggiorazione di stipendio e l’illusione di governare un processo che non gli attribuisce alcun potere reale sul bilancio. Deve essere chiaro che la scuola non è un’impresa e non può mai diventarlo, poiché il suo compito è quello di formare i cittadini fornendogli le basi culturali per essere autonomi, indipendenti e in grado di acquisire le tecniche richieste nell’attività lavorativa. La scuola non deve impartire delle lezioni pratiche per saper fare oggi e per le attività esistenti sul mercato, ma dare la competenza necessaria ad apprendere le persone, renderle indipendenti, e fornire gli strumenti necessari per acquisire le competenze necessarie all’attività lavorativa che ha un carattere dinamico, molto variabile nello spazio e nel tempo. Legare in maniera molto stretta la scuola al territorio costituisce un handicap per gli studenti nel medio e lungo termine, quando i processi produttivi si saranno evoluti in maniera non facilmente prevedibile nel momento della loro formazione. Quello che colpisce dalle ripetute ricerche degli istituti specializzati è la difficoltà di individuare quali sono i fattori che determinano il successo o l’insuccesso di un sistema scolastico. Nei confronti internazionali svettano su tutti per i risultati considerati eccellenti di due sistemi che
sono esattamente l’uno opposto dell’altro, la Corea del Sud e la Finlandia. Il primo paese è caratterizzato da un sistema scolastico rigido, centralizzato, basato su una esasperazione dei risultati e un impegno spasmodico da parte degli alunni. Al contrario il sistema finlandese è molto più aperto e democratico, con una ampia autonomia delle singole istituzioni scolastiche. Anche per quanto riguarda le risorse destinate al finanziamento del sistema differiscono notevolmente, con una alta percentuale del Pil impiegato dalla Finlandia, molto minore per la Corea. Le evidenze statistiche sembrano sconfiggere qualsiasi ipotesi consolidata. Il mix di elementi che entrano nel sistema scolastico (finanziamento, competenze, autonomia e centralizzazione, sistema pubblico e privato e così via) non vi è nes-
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Sabato 15 Febbraio 2014
Gli esami non finiscono mai
suna correlazione evidente con gli output forniti dai vari sistemi. Il sistema scolastico si comporta come una sorta di scatola nera dove gli elementi che vengono introdotti si comportano in maniera sconosciuta e apparentemente casuale poiché i risultati sono imprevedibili. In particolare non sembra esservi un evidente vantaggio nell’introduzione dei voucher per consentire alle famiglie di poter scegliere la scuola ritenuta migliore per i proprio figli. Negli Stati Uniti i risultati non sono tali da consentire una conclusione definitiva. Certamente la scelta di scuole dove si concentrano studenti provenienti da un alto ceto sociale producono un numero di studenti eccellenti superiore alla norma, ma solo in alcune realtà. Il confronto tra ceti diversi sembra essere comunque un momento di arricchimento culturale, poiché si è costretti a confrontarsi con modelli diversi e cercare soluzioni per affrontare condizioni lontane da quelle incontrate nella vita quotidiana. Neanche una migliore retribuzione degli insegnanti sembra essere un fattore decisivo, essendo molto più rilevante la considerazione sociale e il ruolo che essi svolgono nella società. In generale si può dire che il fattore di gran lunga decisivo nel suc-
cesso delle istituzioni scolastiche è la qualità della classe docente e la loro motivazione nei confronti di una professione che in alcuni contesti viene declassata come un impiego marginale, inferiore alle altre professioni liberali. Il pessimo posizionamento delle istituzioni scolastiche del nostro Sud è uno dei fattori che provocano un giudizio negativo la capacità di attrarre investimenti esteri e produrre un contesto attrattivo per gli insediamenti industriali. Anche in questo caso tuttavia si registrano delle anomalie difficilmente spiegabili. Il numero dei laureati, ad esempio, viene considerato troppo basso per la creazione di un sistema industriale avanzato, ma la disoccupazione intellettuali è talmente elevato da costringere la maggioranza dei giovani ad emigrare per cercare una soluzione lavorative accettabile per i livelli di competenza acquisita. Rifiutati nel luogo di provenienza e formazione, molti di essi si dimostrano capaci di assumere posizioni di grande prestigio sociale al di fuori della regione. Gli investimenti in istruzione si traducono di fatto in un finanziamento allo sviluppo di altre aree, con una perdita secca delle famiglie in termini economici ed affettivi.
Le risorse impiegate a livello Paese sono nella media europea, intorno al 5% del Pil. Non volendo regredire dei paesi meno evoluti, non si può immaginare di poter realizzare risparmi dalla scuola. In media, nell’Ue la spesa per studente è pari a 5.650 spa. Secondo le fonti europee «l’Italia si situa qui al 14° posto tra i paesi europei, con una spesa pari a 5.908 spa. Austria e Danimarca spendono più di 8.000 spa, Svezia e Regno Unito oltre 7.000. Gli Usa, per fare un altro raffronto, oltre 10600 spa e il Giappone oltre 7.100. (cc)». La stessa ricerca mette in evidenza che non è la maggiore spesa a produrre i migliori sistemi educativi. La scommessa è quella di un miglior utilizzo, di un coinvolgimento e una maggiore selezione della classe docente, e nel lasciare una completa autonomia al sistema di trovare il proprio assetto ottimale. L’intervento della politica, attraverso le province e le regioni, ha prodotto un risultato spesso caotico, inefficiente sotto il profilo organizzativo e inefficace sotto il profilo didattico. È necessario realizzare appieno la previsione costituzione che «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi», poiché la selezione non può essere affidata al reddito disponibile delle famiglie, ma l’istruzione deve tornare a rappresentare uno strumento di riequilibrio sociale promuovendo l’elevazione culturale ed economica che con l’impegno e la capacità dimostrino di voler raggiungere i più alti livelli dell’istruzione. «La scuola dovrebbe privilegiare e promuovere quelli che vengono dalle classi più povere», dice ad esempio Margherita Hack. Un principio che deve essere tenuto presente oggi più che mai, considerate le differenziazioni di reddito che si sono fortemente accentuate e la presenza di un numero crescente di stranieri dalla provenienze religiose e culturali più diversi. La scuola deve creare il senso di appartenenza dei nuovi cittadini, fornire un modello culturale di riferimento e uno strumento di livellazione delle prospettive di reddito. Se non vi sono molte evidenze tra le risorse impiegate e i risultati scolastici, è invece accertato che vi è una forte correlazione tra i risultati scolastici e la prospettiva futura di reddito.
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Sabato 15 Febbraio 2014
Il rifiuto dei rifiuti
Discarica a Celico aperto
Quel report che fa paura
Situazione insostenibile
Il consigliere democrat Carlo Guccione va giù duro con la giunta regionale a proposito del sito che la Regione avrebbe individuato nel cuore della Pesila cosentina La Calabria sta diventando la terra dei paradossi. Scopelliti e la sua giunta vogliono ridurre la nostra regione in una condizione di disastro ambientale, sanitario ed occupazionale. La recente vicenda della gestione dell’ emergenza rifiuti evidenzia, se ve ne fosse ancora bisogno, l’assoluta incapacità di questo esecutivo ad affrontare qualsiasi problema. Il paradosso che si sta verificando in questi giorni in riferimento all’utilizzo della discarica (Polo Tecnologico) di Celico per affrontare l’emergenza, è la prova provata della palese volontà di affossare un sistema di raccolta e smaltimento dei ri-
«La situazione relativa allo smaltimento dei rifiuti in tutte le città e i paesi della Calabria è divenuta ormai insostenibile, eppure non si vede alcuna prospettiva di risoluzione del grave problema e tantomeno alcuna assunzione di responsabilità. Chiediamo alla Regione di mettere subito in campo delle soluzioni per superare questa situazione di stallo che sta generando una drammatica emergenza igienico sanitaria. È incredibile la situazione di paralisi che si è creata e assistiamo sgomenti alla noncuranza del governo regionale». Lo affermano, in una nota, Demetrio Battaglia, deputato del Pd, e i consiglieri reginali dello stesso partito Nino De Gaetano e Demetrio Naccari Carlizzi. «Anche i dati che emergono dal Report Rifiuti, - continuano - riferito all’anno 2012, che l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria (Arpacal) ha pubblicato sul proprio sito web, riguardo alla produzione di rifiuti urbani e raccolta differenziata riferiti a tutti i Comuni della Regione Calabria, parlano di una situazione precedente alle ultime due gravi crisi del settore. Dunque va fatto immediatamente un aggiornamento. Inoltre, tenendo conto che per smaltire i rifiuti fuori dal territorio regionale si spende indubbiamente molto di più rispetto al conferimento in discarica, sarebbe certamente più logico che quei soldi venissero usati per dotare la Calabria di un sistema funzionante ed efficace. Nel 2010 - continua la nota - il prefetto Sottile ha attivato la discarica di Pianopoli e, oggi, nel 2014 questa è praticamente esaurita. Cosa è stato fatto in questi quattro anni che dovevano servire proprio a realizzare i progetti necessari come la raccolta differenziata, le isole ecologiche e tutti gli altri interventi alternativi? Nulla. Tutto questo tempo è andato sprecato e tutti i comuni calabresi si ritrovano con la spazzatura per le strade perché non sanno dove smaltirla. È bene che si sappia che la responsabilità in materia è da attribuire al governo regionale. C’è da valutare - concludono gli esponentid el Pd - un comportamento amministrativo inadeguato che va urgentemente superato con una chiara assunzione di responsabilità e la messa in campo di soluzioni immediate».
fiuti che in questi anni ha dato prova, anche in una regione come la nostra, che se c’e’ la necessaria volonta’ politica ed amministrativa, si puo’ affrontare e risolvere anche questo difficile problema. I comuni di Celico, Casole, Trenta, Spezzano Sila, Spezzano Piccolo, Pedace, Serra Pedace, Pietrafitta, Rovito, San Pietro in Guarano e Zumpano hanno messo in piedi un sistema virtuoso di raccolta differenziata che, in alcuni casi, registra punte anche del 90%. Il Polo Tecnologico di Celico in cui, in base alla convenzione sottoscritta da oltre quaranta comuni della presila e delle Serre Cosentine possono conferire i loro rifiuti solo quei comuni che attuano una raccolta differenziata di almeno il 60%, e’ stato costruito proprio per supportare e trattare l’ “umido” da trasformare in “compost”. E’ grave che Scopelliti, invece di valorizzare questo modello “virtuoso” di gestione dei rifiuti, che crea anche occupazione e risorse economiche (la carta che viene raccolta viene venduta al governo cinese e due containers al giorno partono da Gioia Tauro per la Cina) e che riduce notevolmente l’impatto ambientale e l’uso delle discariche, tenti di affossare tale soluzione “virtuosa” con decisioni cervellotiche e scellerate. A questa politica miope ed inconcludente, che non risolve ne’ l’emergenza rifiuti ne’ propone soluzioni alternative adeguate e di prospettiva, ci siamo sempre opposti e ci continueremo ad opporre con grande determinazione e forza.
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