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Mezzoeuro numero 43 - Anno 13 - Sabato 25 Ottobre 2014

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settimanale d’informazione del Mezzogiorno d’Europa

CALABRIA

Voce Tutori dei minori: ai giovani una piccola grande mano www. mezzoeuro.it

Una proposta del sindacato Unisin per la Calabria

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Sabato 25 Ottobre 2014

Tira davvero una brutta aria... L’affondo di Rosanna Scopelliti

Perché è calato il silenzio sugli assessori di sinistra indagati?

Secondo quanto appreso nelle ultime ore dalla stampa regionale e nazionale, che ha comunque trattato la vicenda con scarso risalto, tutti gli assessori della giunta Loiero, della precedente consiliatura regionale di centrosinistra, risultano indagati dalla procura della Repubblica di Catanzaro per peculato, avendo distratto, secondo l’impianto accusatorio, ben 12,5 milioni di euro dal bilancio regionale per costituire un fondo di garanzia illegittimo. Resta sempre in premessa a qualsiasi ragionamento la presunzione d’innocenza per tutti gli indagati, ma non possiamo far finta di nulla di fronte al motivato senso di sfiducia e finanche di disgusto per la politica che giorno dopo giorno si sta insinuando nel popolo calabrese.

Basta leggere i social network e non solo i miei profili, per trovarvi commenti devastanti e durissimi contro la classe politica calabrese, che al di là della presunta colpevolezza di peculato per gli assessori di Loiero, si sta purtroppo confermando qualitativamente come la peggiore classe politica d’Italia, senza distinzioni di destra, centro o sinistra. Se tutta la politica non sarà in grado di dare un chiaro segno di inversione di rotta, rischiamo concretamente che il primo partito in Calabria, alle prossime elezioni regionali, sia quello del “non-voto”, come è già successo alle scorse regionali in Sicilia. E questo sarebbe il de prufundis per la democrazia in una regione dove già le ipoteche della criminalità organizzata, della malapolitica e del malaffare hanno rubato la speranza dei calabresi onesti. * deputata Ncd

Il martedì nero della politica E siamo solo all’inizio Mezzoeuro Fondato da Franco Martelli

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Giornata da ricordare anche e soprattutto in chiave elettorale quella del 21 ottobre Prima sul "Corriere della Calabria" esce la notizia che un big del Cosentino dell’ex Pdl sarebbe indagato dalla Dda per aver comprato dalla ‘ndrangheta consensi per le elezioni del 2010 Poi, nel pomeriggio la bordata della procura di Catanzaro che iscrive nel registro degli indagati per peculato praticamente l’intera ex giunta regionale di centrosinistra targata Loiero

Giornata da ricordare quella del 21 ottobre, a poco più di un mese dal voto regionale e a 3 giorni dalla presentazione delle liste (e se vogliamo anche delle alleanze e degli schieramenti definitivi dei blocchi di potere). E non è da ricordare per le illuminanti dissertazioni dei candidati alla presidenza, che ovviamente se ne guardano bene dal far conoscere ai calabresi uno straccio di programma. Lo è, da ricordare, per le incursioni micidiali della magistratura in tutte le sue forme. Quella ufficiale, per così dire. E quella borderline, diciamo “deviata”, che opera mediaticamente con sistemi di ultima generazione. Anche simbolica la “copertura” della giornata da parte dei diversi “palazzi” della giustizia. Da un lato agirebbe (il condizionale è d’obbligo) la Dda, dall’altro agisce la procura ordinaria di Catanzaro. C’è un unico comun denominatore in questo che è il 21 ottobre dell’attacco micidiale della magistratura (e dei suoi derivati) alla politica. Il tempo. La precocità o la lentezza, c’è tutto in questo 21 ottobre. E c’è anche il sospetto, forte, che nessuna delle due diverse incursioni sia in qualche modo indifferente alla competizione elettorale che è alle porte. Andiamo con ordine e con brevità per amor di sintesi. E cominciamo da quella che noi riteniamo la precoce delle incursioni. Partiamo dalla Dda che decide di operare, nella parte che lo ritiene di fare, con forme mediatiche di ultima generazione. Resta da capire il perché dell’operazione, perché qualcuno della Dda ha deciso di far uscire la “bomba” ma queste sono domande che non tutti si possono permettere di fare. Un big dell’ex Pdl, questo riporta il sito del Corriere della Calabria, avrebbe nel 2009 pagato uomini di ‘ndrangheta del Cosentino per farsi eleggere. Il big viene eletto, ovviamente. Il nome non c’è, forse non serve nemmeno perché porta solo guai e non aggiunge nulla, ognuno è libero da solo di viaggiare con la

fantasia. Se inchiesta c’è, e non abbiamo motivo di dubitare che ci sia, non è lontana nel tempo. Potrebbe persino risalire al pentimento di alcuni picciotti del Cosentino cosa che, temporalmente, non è dalle cronache fatta risalire alla notte dei tempi. Tradotto in altra lingua il fatto in sé, cioè l’apertura del fascicolo, potrebbe essere troppo recente per innescare la “bomba”. Se è così perché allora farla uscire? Con quale obiettivo? Se è così non c’è il rischio che l’inchiesta in sé magari rischi a sua volta di subire lo “stupro” dell’onda mediatica? Quali giochi, se giochi ci sono, e a vantaggio di chi? E poi, domanda più importante questa, che fine faranno magari altri che pure potrebbero essere indagati nello stesso fascicolo e per lo stesso reato? Magari di altro colore? Incursione numero 2 di questo 21 ottobre. Quella che noi definiamo “tardiva”. Praticamente l’intera giunta regionale di Loiero stagione 2008-2009 viene indagata per presunto peculato. Non provato, allo stato. Si sarebbe creato ad arte un fondo di garanzia per imprese amiche così da poter far loro fruire dei contributi per l’incremento occupazionale, che ovviamente non c’è stato. Il dato saliente anche qui è il tempo. Perché far uscire ora l’inchiesta, sequestrando 12,5 milioni, per fatti del 2008? Non è un po’ tardi mettere le mani su quei soldi e quei nomi 6 anni dopo? Certo, rimane da capire perché i soldi erano a Cosenza e in quale istituto di credito. Se è per questo assai singolare potrebbe risultare conoscere il nome delle imprese beneficiarie così come il reale tornaconto dei politici, che notoriamente non operano nell’illegalità gratis, solo per fare un omaggio al mondo del lavoro. Ma la domanda di fondo quella rimane. Perché intervenire ora? Chissà che c’è di sotto in questo 21 ottobre. E siamo solo all’inizio della “vera” campagna elettorale...

La rubrica “Il legno storto” di Franco Crispini è temporaneamente sospesa


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Sabato 25 Ottobre 2014

È la storia di sempre Va sempre così e se ancora c’è qualcuno che si stupisce per le resse e le risse nel Pd vuol dire allora che ha fatto poco i conti con la parte più intima dell’animo umano. Che è predatore, per definizione. Ma nel Pd diventa un predatore al quadrato. E la “preda”, ora più che mai, l’ha fatta annusare fin qui proprio il partito ai suoi comprimari lasciando intendere che da qui al 24 novembre c’è solo dolce attesa in anticamera. Dopo solo potere assoluto, per tutti. Indistruttibile e rassicurante.

Un casino democratico Così Mario Oliverio ha edificato nelle menti dei suoi la cavalcata possibile ma non era difficile immaginare che ha più millantato che promesso con la mano sul cuore. I posti, come è noto e specie ora dopo la riforma, sono pochi, pochissimi. E per “sfamare” così tante ambizioni e promesse ricevute, magari anche legittimamente, occorrerebbe un consiglio regionale grande quanto una curva dello stadio Olimpico di Roma. Basterebbe appena appena. In altre parole il Pd, come è sua consuetudine, avrebbe rifatto conoscenza con la grande lite prima della vittoria. La torta di compleanno prima della candelina, che rimane spenta. Il digestivo senza il pasto, se volete l’orgasmo senza il rapporto, neanche autoprodotto. Ma infondo si rischierebbe persino la disonestà intellettuale se non si ammettesse quella che è poi la verità “principe”. Il Pd di Calabria non è mai uscito dalla intifada, dal congresso nel bronx, da quella resa dei conti che Magorno ha solo parzialmente e sterilmente fatto coincidere con le primarie rivelandosi incapace di farla consumare fino in fondo. Di fatto la scazzottata finale, il reset, la ripartenza, non c’è mai stata e c’è poco da stupirsi se prima del voto non verrà Renzi a incoraggiare Oliverio. Difficilmente si getterà nella palude infangata senza stivali. Non gli conviene. Tra codici etici più esibiti che praticati, risultanze a gettoni su probabili o fantomatiche inchieste della magistratura, chiacchiericci, cognomi impresentabili e altri ingombranti, troppi mandati per qualcuno e soprattutto veleni e inimicizie inconsolabili per qualcun altro siamo alle origini del grande caos. All’apoteosi del partito che non c’è, neanche quando si deve organizzare solo per far finta di vincere. E poi quote rosa, gioventù da candidare, concetti vuoti e restaurati a poche ore dalla presentazione delle liste, quando è maledettamente tardi per dire a qualcuno di alzarsi o a qualcun altro di riprovarci fra qualche anno. Il tutto dopo aver promesso, rassicurato, accarezzato. Da Reggio a Cetraro, passando per Cirò, per Crotone, Lamezia, Catanzaro, ovviamente Cosenza e Rende. Questi i nomi che non fanno chiudere il cerchio al punto che è stata convocata una direzione in piena notte (questa notte) per uscirne, per varare le candidature e presentarsi in corte d’Appello domani con l’elenco. Il nome che sta fratturando di più è quello di Sandro Principe. Si sa chi non lo vuole (Oliverio e Adamo). Si sa chi invece sì (Magorno ma anche Maiolo e non solo). Meno conosciuti al pubblico i motivi dell’una e dell’altra cordata. Certo che per farlo fuori occorrono motivazioni forti, credibili, che abbiano una linearità e non una scusa qual-

A poche ore dalla presentazione delle liste è il grande caos, la ressa nel Pd per un posto in consiglio. Tra codici etici più sbandierati che applicati, ombre di inchieste, prediletti di Oliverio o di qualcun altro la quadra non si trova, non se esce tant’è che è stata convocata una direzione in piena notte per provare a varare le candidature. Gli scogli più appuntiti, solo per fare qualche nome, riguardano Principe, la figlia di Sculco, De Nisi, De Gaetano, Naccari Carlizzi siasi. Il personaggio del resto è forte, non è l’ultimo arrivato e la tecnica da applicare è quasi più importante del contesto in sé. È l’ultima chiamata per Principe e la sua storia, occorre delicatezza in un senso o in un altro. E chiarezza. Altra rogna è il nome di Naccari Carlizzi. Il motivo è noto, l’inchiesta che lo riguarda sul primariato al’ospedale di Reggio. Ma è braccio di ferro perché hanno fatto la prova ad alzata di mano in riunione chiedendo di sollevarle se in assenza totale di inchieste a carico e non s’è visto sollevare nessun braccio. Una brutta scena. La sensazione è che su questo tasto, quello intimo delle insidie giudiziarie, sarà difficile trovare una quadra, la notte sarà lunga e sanguinate per molti.

Da sinistra Oliverio, Principe, Magorno, Naccari Carlizzi

Certamente per Tonino Scalzo e Ciccio Sulla senza contare dell’inchiesta poi sui rimborsi del consiglio che in realtà vede coinvolta tutta l’assemblea praticamente, destra e sinistra. Ci sono poi ostacoli diciamo di opportunità, di buon gusto e buon senso, se vogliamo anche di ferite (anche giudiziarie) che si sono curate in passato. È il caso di De Gaetano, di De Nisi (voluto però fortemente da Gianluca Callipo). E poi ci sono un paio di nomi che “infastidiscono” per ragioni che possiamo riassumere nella casella “altre ed eventuali” e cioè Marco Ambrogio e Flora Sculco, la figlia di Enzo, un nome che non ha bisogno di molte presentazioni. Fin qui lo screening che di politico, come è evidente, ha poco o nulla a che vedere. Più che un partito all’ingresso del potere sembra una caserma improvvisata da carabinieri senza però né titoli né divisa ma la scivolata è a monte mai a valle. E a monte ci sta Mario Oliverio con le sue movenze da candidato e dopo di lui quelle di Magorno in qualità di segretario. Mario Oliverio è troppo navigato per non sapere che le novità si stratificano lungo il percorso, si seminano, si sedimentano, si alimentano non frapponendo ostacoli. Di segno diametralmente opposto il percorso invece fin qui tracciato dal candidato che in sede di riscaldamento muscolare prima delle primarie è andato a trovare a casa Sculco, Zavettieri, Loiero, Pietro Fuda. Non proprio germogli in fiore viene da pensare. E sempre per vincere le benedette primarie, dopo aver combattuto per farle fare ad ogni costo, ha stretto alleanze con tutti i consiglieri regionali uscenti al punto che ognuno s’è sentito un po’ più tranquillo la sera del 5 ottobre, giorno del trionfo di Oliverio contro Gianluca Callipo. Nello stesso tempo però, come un vero prestigiatore raffinato, Oliverio è stato fin troppo abile a tenere “calda” anche l’altra squadra e cioè la pletora di aspiranti consiglieri che si porta appresso e non da oggi, in gran parte provenienti dallo stretto entourage dell’ex amministrazione provinciale. Scoccata l’ora x, l’ora delle liste, Oliverio ha sperato che più d’uno si regolasse di conseguenza così come hanno fatto Adamo, Amato e Maiolo. Tre candidature ritirate e definite “nobili” dallo stesso Oliverio un po’ forse trascurando che Nicola Adamo, per esempio, avrebbe dovuto chiedere la seconda deroga della storia del Pd per ricandidarsi dopo Caposuvero del 2010. Un po’ troppo anche per lui. Tre “santi” però non possono bastare, Oliverio si aspettava altri ritiri spontanei così da far posto alle sue nuove leve. Ma gli altri non si alzano e la notte s’è fatta difficile ora, comunque andrà a finire qualcuno contento a casa non ci torna...

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Sabato 25 Ottobre 2014

Mezzoeuro Restare a galla, che fatica

Il terzo polo, o "palestina" dei consensi senza patria se preferite, si avvicina a una campagna elettorale che definire singolare è dir poco. Ncd e Udc in qualche modo "rigettati" da Oliverio (che li ha respinti ma solo in pubblico) e "rifiutati" da Wanda Ferro si gettano alla caccia dell'8 per cento, quota minima per entrare in consiglio. Se non entrano, a Palazzo Campanella, non sono buoni neanche per l'abbraccio posdatato col Pd che è dovuto fallire in prima battuta La prima sfida, per i “palestinesi” del consenso, è quella di entrare in consiglio. Prendere due consiglieri a Cosenza (Pino Gentile e Michele Trematerra), uno a Catanzaro (Franco Talarico) e uno a Reggio collegato alla candidatura alla presidenza di Nico D’Ascola (che peraltro un giorno dovrà pur spiegare a qualcuno il motivo della grande rottura con Peppe Scoipelliti, il suo “cliente” preferito). Ma è missione impossibile, a guardarla da qui. Il terzo polo non nasce in Calabria per progetto, ma per cerotti. Per deduzione in pronto soccorso. Rigettati in pubblico da Mario Oliverio (che invece li voleva sotto il banco) e rifiutati da Wanda Ferro (nella forma e nella sostanza) i terzopolisti o palestinesi senza patria hanno coltivato un nemico d’eccezione nelle ultime ore: Silvio Berlusconi in persona. È lui, per sua stessa ammissione, che ha giurato guerra a tutte le latitudini agli alfaniani. Più che in Emilia, tutto sommato residuale e scontata per quello che riguarda le formule avveniristiche della politica che verrà, è qui in Calabria che si consuma il primo atto della grande guerra, quella tra Berlusconi e Alfano appunto. E il Cavaliere una cosa s’è messa in testa, fargli perdere terreno ovunque, e comunque. Il primo incrocio è in Calabria dove peraltro Alfano e i Gentile avevano la percentuale più alta che nel resto del Paese. Altri tempi. C’erano Peppe Scopelliti, Nazareno Salerno, Fausto Oromarso, Gianpaolo Chiappetta, solo per restare ai nomi più altisonanti e pieni di voti. Tutti fuggiti via dopo aver annusato che la nave guidata da Tonino Gentile e da Michele Trematerra non solo sta andando a sbattere ma lo sta andando a fare dopo aver strizzato l’occhio a sinistra, a Mario Oliverio. Non è un mistero che un pezzo importante di questo polo “palestinese” ha brindato il giorno della

Missione (quasi) impossibile prima dell’inciucio...

vittoria di Oliverio alle primarie, dopo averlo fatto anche tutti insieme quando ha vinto Manna al Comune di Rende. Poi “l’incidente” della Provincia di Cosenza che ha cambiato le carte in tavola, ha innervosito l’ambiente. Da qui la richiesta degli ncd locali ad Alfano perché ottenesse l’abbraccio col Pd direttamente, prima del voto. Durissime ore di braccio di ferro poi Oliverio ha dovuto cedere, avrebbe perso voti e faccia ed è stato costretto a desistere. Appuntamento rinviato a dopo il voto per l’inciucio, con ingressi in giunta o enti subordinati da guidare (c’è Fincalabra, Arsac, Fiedl, commissione emersione, ce n’è di roba insomma). Ma c’è un “ma” prima dell’abbraccio posdatato tra il Pd e il terzo polo stampella o “palestinese”, bisogna entrare in consiglio altrimenti non serve volersi bene, è sterile il rapporto. In altri termini anche Renzi sarà costretto a ribadire ad Alfano che per essere in due a governare, aiutandosi vicendevolmente, bisogna comunque “esserci” ma qui di consiglieri del terzo polo in aula rischia di non esserci neanche l’ombra il 24 novembre. Ad occhio e croce servono almeno 80mila voti, di cui 50mila da prendere solo nel Cosentino. Va bene che i Gentile sono forti e Trematerra se la cava nei “boschi” ma 50mila voti solo nel Cosentino sono tanti anche per loro, specie in tempi di fuga di massa. Dopodiché, se ci riescono ad entrare in consiglio, per loro, per i “palestinesi”, ecco l’inciucio che rientra dalla finestra dopo aver ricevuto una negativa dalla porta principale.

È il grande inciucio

di Calabria che deve salvare il barcone, salvare il salvabile tra poltrone da non perdere e flussi di euro da intercettare. C’è l’avvocato Nico D’Ascola, senatore, che corre per la presidenza della Regione in quota centrista, naturalmente tralasciando di considerare che appunto in quanto parlamentare è perlomeno anomala la sua presenza, diciamo persino incompatibile più per sostanza che per forma. Ma c’è la corsa mascherata da fare, per salvare il salvabile ovviamente. Già, mascherata perché di fatto poi il terzo polo deve provare a sottrarre voti al centrodestra agevolando così la competizione di Mario Oliverio. Non a caso dopo aver appreso direttamente da Casini e Cesa (e comunque da Alfano) che si deve correre al centro tutti uniti ecco Michele

Trematerra (il primo ad aver avuto in tasca un accordo con Mario Oliverio) fare marcia indietro rispetto all’idea (solo minacciata) di ripiegare su Forza Italia. Deve essere bastato questo a Mario Oliverio e Nicola Adamo per riannodare il filo con i centristi. Chissà cosa avrebbe potuto raccontare in campagna elettorale Michele Trematerra... E appresso a Trematerra, come d’incanto, ecco ripiegare sull’asse centrista (asse fintamente equidistante dai poli) anche Dattolo che era ad un passo dal cambiare partito e poi Gallo (che Oliverio voleva niente di meno che direttamente nel Pd) e Bruni (idem con patate). Dunque riepologhiamo, contrordine ragazzi. Il terzo polo s’è dovuto fare, per forza. Lo vogliono Cesa, Casini, Alfano, Renzi e soprattutto Mario Oliverio, Nicola Adamo e la famiglia Gentile. Ognuno con un suo tornaconto finale. Ma è un asse centrista che deve solo portare la maschera, dietro c’è dell’altro. C’è il grande inciucio col Pd che non s’è potuto materializzare ufficialmente per altri versi. Non a caso i pontieri veri della cavalcata di Oliverio (Nicola Adamo e Pierino Amato e quindi Agazio Loiero, parliamoci chiaro) stanno già rassicurando i centristi che dopo il voto si aprirà con loro una trattativa di governo per stare insieme, si dice così. Dopotutto, come detto, non sono pochi i posti di sottogoverno, gli incarichi, le prebende, per non parlare delle commesse da gestire. E se la coalizione centrista teme di non superare l’8 per cento (e il 4 di lista) per entrare in consiglio niente paura. Si sta lavorando anche a questo attraverso la canalizzazione di un certo numero di consensi per così dire “strappati” al Pd per farli confluire nelle liste centriste. Anche questo messaggio incoraggiante è stato lanciato ma è parvenza perché col voto bloccato e non disgiunto non si può scherzare, inutile farsi illusioni. Il fine ultimo comunque del grande inciucio posdatato è che nessuno deve restare a piedi. L’importante era far fare un figurone a Mario Oliverio quando s’è elevato a Masaniello rigettando l’intesa elettorale pubblica, dopo il voto il grande abbraccio (inciucio) può finalmente prendere forma concreta. Basta solo pazientare un po’. L’importante del resto non è partecipare, come è noto. Ma vincere, ad ogni costo. Anche se da gennaio poi ti tocca dividere l’esperienza di governo con Trematerra, Dattolo, Bruni e perché no, un Gentile...


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Sabato 25 Ottobre 2014

Il “tonno” medita Le liste al fotofinish

Chiappetta con la Casa delle libertà Caputo invece si chiama fuori

Gianpaolo Chiappetta lascia l’Ncd (e i Gentile) e si candida con la lista della Casa delle libertà, ovviamente sostenendo Wanda Ferro alla presidenza della Regione. Non una scelta semplice la sua e nemmeno indolore, a guardar bene. Chiappetta, prima di abbandonare l’Ncd alla deriva, deve aver fatto bene i suoi conti se è vero come è vero che l’ostinazione della famiglia Gentile e di quella Trematerra non pare avere molte chances di superare la soglia di sbarramento. E se dovesse riuscirci per Chiappetta naturalmente la strada per l’ingresso in consiglio non sarebbe nemmeno stata facile perché tutto sommato uno o due consiglieri al massimo potrebbe prendere il terzo polo nella circoscrizione del Cosentino ed è ovvio che con le due famiglie di cui sopra non sarebbe stato facile venirne a capo, nonostante Chiappetta goda indubbiamente di un buon numero di consensi collaudati nel tempo. Detto questo però, e provando a sostanziare un ragionamento più politico, a Chiappetta dev’essere arrivato all’orecchio il “piano b” dell’intera operazione terzo polo, che da un lato serve da pronto soccorso per griffe familiari a rischio estinzione dall’altro, in allineamento con scenari nazionali, a far rientrare verso sinistra dopo il voto gli alfaniani che Oliverio è stato costretto a respingere pubblicamente in una prima battuta.

Non tanto perché non li vuole quanto perché andava preparato meglio il grande abbraccio che invece ci sarà dopo il 23 novembre. Fiutato tutto questo e provenendo da un ruolo forte di capogruppo nella passata coalizione di centrodestra Chiappetta decide di rimanere “a casa”, anzi nella Casa delle libertà che è poi la trovata di Santelli e Ferro, la scialuppa per traghettare non a sinistra i reduci dell’Ncd. Intanto, nel frattempo, Geppino Caputo decide invece di chiamarsi fuori del tutto dalla competizione. Non si ricandida. «Mi ero candidato nel 2010 - spiega in un comunicato - per interpretare al meglio il desiderio di cambiamento dei calabresi e non certamente per assistere, anno dopo anno, al tradimento di tutte le aspettative di governo e di tutti gli impegni che erano stati assunti. Oggi con grande serenità ed altrettanta determinazione - spiega - decido di non riproporre la mia candidatura, con la coerenza di sempre e per il rispetto che devo agli elettori di questo territorio. Una scelta meditata e sofferta - dice - ma doverosa per ribadire una linearità di comportamento. Non potevo ricandidarmi a cuor leggero, dopo aver definito pubblicamente quella esperienza, la peggiore della mia vita».

Pippo e Wanda L’ultima è la “cotta” che rimane L’unica cosa sicura è che Pippo Callipo non starà a guardare. Diciamo che non può, se teniamo conto del suo giro di conoscenze e relazioni e quindi di affari che intrattiene in Calabria. Ma non starà a guardare, e chi lo conosce lo sa bene questo, anche perché poi la sua grande “fissa” rimane quella di provare a capire cosa e come diavolo fare per rimettere in piedi una terra a pezzi. La coltiva questa fissazione, anche poco redditizia se vogliamo. Ma c’è e non si può fare molto per sottrargliela. Nel 2010 correndo più o meno da solo ha strappato il 10% dei consensi, una quota sufficiente a far perdere del tutto Agazio Loiero. Nel 2003 se vogliamo, quindi ancora prima, ha dato mediaticamente il colpo di grazia da presidente degli industriali al destino governativo di Peppino Chiaravalloti. Negli ultimi mesi si è prima disperatamente appellato a Renzi perché si rendesse protagonista di una stagione di traumatico rinnovamento per la Calabria poi ha persino “minacciato” di candidarsi direttamente per la presidenza della Regione, ovviamente mettendo in subbuglio Mario Oliverio che così ha deciso di andarlo a trovare prima delle primarie (non prima però d’aver fatto un saluto “preliminare” a Mario Spagnuolo a Vibo...). I più si sono affrettati a commentare l’accaduto come “abbraccio” tra Mario e Pippo ma poi pian piano s’è capito che era buono solo per le foto dei reporter. L’indifferenza reciproca non c’ha messo molto poi a prendere il sopravvento. Il ruolo di Pippo insomma pareva stavolta pendere verso un nobile e marginale pulpito da rispettare ma da non temere quando all’improvviso s’è materializzata un’altra di “visita”, quella di Wanda Ferro a Maierato. Non dovuta, non rituale, se vogliano persino non comoda per entrambi. Ma non per questo non foriera di suggestioni interessanti. Pippo Callipo come icona della produzione che conta ha confermato

Dopo aver “minacciato” di candidarsi per la presidenza correndo da solo e dopo aver ricevuto in azienda Mario Oliverio, Callipo fa lo stesso con la Ferro non nascondendo di essere rimasto assai colpito dal suo modo di fare e dalle sue idee

di possedere un “angolo” di rispetto e di consenso civile di cui tener conto in questa competizione elettorale, diciamo pure un grande elettore come si chiamano ora. Da tenersi buono. E Wanda Ferro, con la visita a Maierato, ha confermato tatto e appeal indiscusso se è vero come è vero che nella nota non rituale distribuita da entrambi gli uffici stampa non si usano parole di comodo per definire concretamente molto interessante l’incontro, per tutti e due. «L’incontro tra l’imprenditore Pippo Callipo e la candidata alla presidenza della Regione, Wanda Ferro, svoltosi nell’azienda “Callipo” di Maierato - recita una nota - ha avuto “come sfondo una discussione proficua sui problemi dei calabresi”. Il lavoro - hanno concordato Callipo e Ferro - è non soltanto un bisogno fondamentale da soddisfare con la massima urgenza e senza cui rimangono in sospeso importanti principi costituzionali, ma co-

stituisce anche l’antidoto più efficace per fronteggiare la criminalità organizzata che è un ostacolo per qualsivoglia progetto di rilancio della Calabria». «Stimo Wanda Ferro - ha detto Pippo Callipo per il suo temperamento dinamico e per la sua intraprendenza ampiamente dimostrata alla guida della Provincia di Catanzaro e sono certo che contribuirà, anche perché donna e le donne hanno una marcia in più, a svecchiare una Regione che, cosi com’è, non serve ai calabresi. Sono del parere che, al punto in cui siamo giunti, con le emergenze sociali drammatiche che la Calabria ha di fronte, il meglio che vi è nelle forze politiche debba, al di là degli esiti elettorali, dare prova di seria e fattiva cooperazione, quantomeno quando si tratta di aggredire questioni roventi come il lavoro, lo sviluppo, le risposte urgenti per le migliaia di precari». Wanda Ferro, dal canto suo, nel complimentarsi con Pippo Callipo «per la qualità delle sue aziende il cui marchio è un vanto per la Calabria e il Mezzogiorno», si è impegnata «a stare incondizionatamente dalla parte degli imprenditori seri ed onesti che, nonostante le tante difficoltà ambientali, con il loro impegno resistono ai morsi della crisi». Pippo Callipo ha enfatizzato la necessità di «fare liste pulite, rinnovate e con tante donne. Perché, quando le donne non partecipano ai processi decisionali o lo fanno solo marginalmente, i sistemi in cui operano non danno il meglio di sé. Lo vediamo nella politica regionale: poche donne grandi guai! Avere una candidata alla presidenza della Regione, donna, costituisce una novità che può apportare alla Calabria un apprezzabile valore aggiunto». È sempre l’ultima la “cotta” che rimane di più...

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Sabato 25 Ottobre 2014

Mezzoeuro Prove tecniche di democrazia

Reggio prova a ritornare “normale” Esattamente dopo due anni dal commissariamento per contiguità con la ‘ndrangheta, domenica si vota per eleggere sindaco e consiglieri comunali di Reggio Calabria. Il Comune venne sciolto nell’ottobre 2012, quando sindaco era Demetrio Arena, eletto con una larga coalizione di centrodestra in continuità con l’esperienza amministrativa di Giuseppe Scopelliti, che sei mesi prima aveva lasciato il Comune per essere eletto presidente della Regione Calabria. Lo scorso febbraio la triade commissariale ha avuto una proroga di sei mesi. Finisce quindi il periodo del commissariamento, che in questi due anni ha dovuto governare la crisi economica del Comune e il buco del bilancio. I commissari sono riusciti a evitare il dissesto e a sciogliere le società miste colluse con la ‘ndrangheta, ma non sono riusciti a evitare dure critiche da parte della popolazione, che lamenta l’aumento tutti i tributi comunali a fronte di un calo dei servizi erogati dall’ente. Durante i due anni più volte il Comune ha vissuto l’emergenza rifiuti, in una misura mai vista prima. Nove candidati a sindaco con 32 liste collegate si propongono di fare ritornare la città alla normalità. I candidati sono: Stefano Morabito, Giuseppe Falcomatà, Giuseppe Siclari, Vincenzo Giordano, Paolo Ferrara, Francesco Anoldo Scafaria, Giuseppe Musarella, Aurelio Chizzoniti e Lucio Dattola. L’Agi ha sollecitato le loro dichiarazioni sui programmi ed è in grado di proporre le valutazioni di quanti hanno aderito alla richiesta. Ovviamente, per motivi di spazio, Mezzoeuro ripropone la sintesi delle dichiarazioni dei due grandi favoriti, Giuseppe Falcomatà per il centrosinistra e Lucio Dattola per il centrodestra. Partiamo dal giovane esponente del Pd…

Falcomatà: «Caccerò la ‘ndrangheta dal Comune»

«Il confronto con mio padre per me non è un peso, bensì un motivo di orgoglio». Giuseppe Falcomatà - figlio di Italo, il compianto sindaco della “primavera reggina” - è il candidato sindaco del Pd che ha radunato intorno a sé i consensi

Domenica al voto la città dello Stretto, dopo il commissariamento La grande sfida per Palazzo San Giorgio è tra Giuseppe Falcomatà per il centrosinistra e Lucio Dattola per il centrodestra e la partecipazione della maggior parte del centrosinistra reggino. «Sono state fatte delle scelte poco oculate - dichiara Falcomatà all’Agi - di cui oggi paghiamo le conseguenze grazie a un piano di riequilibrio che graverà sulle tasche dei cittadini. La sfida maggiore per chi si propone come classe dirigente è quella di riuscire a strappare la città a questa condizione, di immaginare la città che vogliamo da qui ai prossimi 10 anni e di fare delle proposte nel merito». La crisi reggina nasce e determina, a sua volta, quella dei servizi sociali, per la cui riforma, secondo Falcomatà, occorre anzitutto «garantire quello che c’e’ già. La vera sfida però consiste nel creare delle occasioni a partire dalla programmazione 2014-2020 dei fondi comunitari che per Reggio hanno un significato in più perché la città metropolitana consentirà al Comune di gestire direttamente i fondi senza il filtro regionale». Per uscire dalla crisi è necessario, inoltre, dice Falcomatà, puntare su alcuni settori chiave nello sviluppo della città: «La vocazione principale della città - dichiara ancora in proposito Falcomatà - è quella turistica. Non possiamo pensare che il turismo possa puntare solo sulle navi da crociera quando in città non ci sono neanche gli infopoint, i bagni pubblici, la guardia medica». E per quanto riguarda la querelle sull’esposizione dei Bronzi di Riace all’Expo 2015 dichiara: «Ci siamo schierati contro il trasferimento perché abbiamo pensato ad un tour intorno alle statue che raccolga i visitatori intorno alla provincia e che coinvolga tutte le categorie preposte». Altro nodo da sciogliere riguarda i cantieri chiusi delle opere pubbliche: «Va fatta una mappatura generale. Dare una priorità a qualcosa rispetto ad altro è difficile, soprattutto se ti poni come obiettivo quello del rifinanziamento in generale possono partire in via orizzontale. Forse il Palazzo di Giustizia potrebbe rappresentare una piccola priorità rispetto ad altro perché rappresenta un consto notevole per il Comune». «Terremo la ‘ndrangheta fuori da Palazzo San Giorgio imponendo il rispetto delle regole - dichiara ancora il candidato del Pd -. Noi abbiamo aderito alla Carta di Pisa, con cui gli amministratori si vincolano al rispetto al corretto agire amministrativo. Poi occorre attuare pienamente lo statuto comunale che prevede la partecipazione concreta dei cittadini. Avevamo inoltre proposto, nel corso della scorsa consiliatura, una delibera contro il racket, ovvero quella di congelare i contributi comunali per il commercianti che denunciano perché non può passare il messaggio che denunciare non conviene, così come è successo a Tiberio Bentivoglio».

Dattola: «Controlli spietati sugli appalti»

«Se il Comune di Reggio non torna ad essere la locomotiva del territorio la città morirà. Per questo bisogna essere tutti sulla stessa barca a remare con i dovuti distinguo tra maggioranza e opposizione, così come democrazia vuole». È quanto dichiara all’Agi il candidato sindaco del centrodestra reggino Lucio Dattola, recentemente riconfermato presidente della Camera di Commercio di Reggio Calabria e accusato dalla sinistra, per questo, di conflitto di interesse. «I due ruoli sono incompatibili - specifica in proposito - pertanto io decadrò dalla Camera di Commercio nell’esatto momento in cui diventerò sindaco». Dattola illustra il suo modo di interpretare la crisi finanziaria del Comune di Reggio: «La crisi economica non può avere dei responsabili perché è una crisi globale iniziata nel 2008 che ha colpito tutti i mercati finanziari, soprattutto i mercati più deboli. A questo - dice - aggiungiamo la crisi di alcuni settori trainanti nel nostro territorio, come il settore edile e il fatto che la gente non spende più». Per uscire da questa condizione «si devono riattivare i circuiti economici reggini. Il Comune è la più grande azienda reggina con un fatturato superiore ai 300 milioni e mille dipendenti, ma soprattutto è il canale terminale di tutti i finanziamenti che arriveranno su Reggio, quelli della città metropolitana e i fondi strutturali 2014-2020. Se pensiamo che ancora sono fermi decine di milioni del Decreto Reggio e milioni di progetti non esauriti, se al Comune ci si mette di impegno con gli specialisti giusti, io credo che nell’arco di tre anni possa essere messo a norma e in cinque anni possa costruire un programma di sviluppo per tornare ad essere competitiva». La crisi del Comune di Reggio Calabria ha colpito anche il sistema delle società in house, una forma di governance nella quale il candidato sindaco non crede perché, spiega, «ne rende difficile la gestione. Ci si può tranquillamente rivolgere ad una forma di governance diversa, partendo sempre dal presupposto che ogni società ha una propria storia: Leonia e Multiservizi vanno completamente rivisitate, io pensavo ad un’unica governance. Caso a parte per Recasi e Reges. L’importante è non procedere per slogan». Sulle opere pubbliche incompiute invece «non esiste una vera priorità. I grandi cantieri - dichiara - vanno riavviati tutti, tutte quelle del Decreto Reggio ad esempio. Ci sono circa 500 milioni fermi, è fondamentale riavviare tutta la macchina perché il rischio è di perdere i finanziamenti». «Abbiamo esentato gli imprenditori che denunciano dai pagamenti dei contributi camerali per cinque anni». Da aspirante sindaco prende ulteriori impegni che vanno in questa direzione: «Applicherò controlli spietati sugli appalti utilizzando il Suap, creerò delle white list di imprese che abbiano tutti i crismi per partecipare agli appalti, siano essi grandi o piccoli». Agi


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Sabato 25 Ottobre 2014

Mezzoeuro Le eccellenze per sperare

Luc Montagnier, Premio Nobel per avere scoperto il virus dell’Aids, è consulente speciale dell’Istituto neurologico mediterraneo Neuromed, l’Irccs, che fa della ricerca di frontiera la sua grande sfida per i prossimi anni. L’Istituto è centro di riferimento a livello italiano e internazionale per la ricerca e la terapia nel campo delle malattie che colpiscono il sistema nervoso. Lo scienziato francese lo affiancherà nell’individuare e portare avanti progetti innovativi e coraggiosi nel campo delle neuroscienze e delle malattie neurodegenerative.

L’accordo

è stato siglato lunedì 20 ottobre nella Sala Conferenze Ept del Palazzo Reale di Caserta dal premio Nobel e dal professor Erberto Melaragno, presidente dell’Irccs Neuromed.

Neuromed&Nobel insieme per la ricerca «Dopo la sua prima visita al Neuromed - ha detto Melaragno - siamo riusciti a trasformare un’idea nata da quell’incontro in un progetto di collaborazione. Il nostro consulente speciale sulla ricerca affiancherà l’Istituto nelle linee di ricerca che si andranno ad intraprendere. Sono certo che questa collaborazione porterà ad importanti risultati scientifici». È una vera e propria onda lunga, infatti, quella che si è creata nel nostro Paese da quando, nel marzo scorso, l’illustre ospite venne a visitare la struttura ospedaliera e il centro di ricerche di Neuromed. Recentemente il nostro Ministero della Salute ha invitato il professor Montagnier a dare il suo sostegno alla lotta contro le malattie croniche, come la Malattia di Alzheimer e l’autismo e contro le epidemie virali inquietanti, come Aids ed Ebola. Per il trattamento della malattia di Alzheimer Neuromed è un’eccellenza riconosciuta, ormai, a livello nazionale. Tra i punti di interesse comune Neuromed-Montagnier va sottolineato l’autismo, sindrome devastante che spesso getta nella disperazione numerose famiglie. «Non riteniamo di avere soluzioni pronte ai problemi - ha detto Mario Pietracupa, presidente della Fondazione Neuromed. Lavoriamo invece a tutti gli sviluppi potenziali della ricerca scientifica, muovendoci con la massima attenzione per tutte le prospettive più innovative. Il fatto che Neuromed si metta sempre in discussione può solo significare che noi vogliamo raggiungere obiettivi importanti che abbiano ricadute concrete sulla salute delle persone. La nostra ricerca vuole evolversi seguendo un principio di multidisciplinarietà, ecco il perché del coinvolgimento del professor Montagnier con cui ci confronteremo con la volontà di recepire nuovi elementi. Questa è per noi una giornata importante - ha continuato Pietracupa - resa possibile dalla disponibilità della dottoressa Lucia Ranucci, commissario Ept, e arricchita dalla presenza di Christian Thimonier, Console francese a Napoli e di molti rappresentanti delle Istituzioni del territorio».

«Questo accordo - ha detto il professor Luc Montagnier - unisce soggetti fortemente impegnati nella lotta alle malattie neurologiche, un problema che colpisce un numero sempre maggiore di persone. Puntiamo ad affrontare i diversi fattori in gioco, anche latenti, in queste patologie, che comprendono condizioni gravi come Alzheimer e Autismo. Spero che la nostra interazione possa diventare fruttuosa e possa condurre a nuove soluzioni per la salute dei cittadini». Per la firma del documento è stata scelta Caserta perché proprio in questa città campana il mondo Neuromed ha in corso di realizzazione il Polo di Innovazione Cyber brain: una collaborazione internazionale che mira ad esplorare le possibilità offerte dal collegamento tra cervello umano e computer. «Il Polo Cyber brain - spiega l’ingegner Fabio Sebastiano, responsabile scientifico del progetto - sarà un centro interamente dedicato alla neurocibernetica che perseguirà quattro importanti obiettivi. Il primo riguarda lo sviluppo della neuroprotesica, cioè dispositivi impiantabili a livello cerebrale, altamente miniaturizzati, che consentiranno di acquisire informazioni tramite il segnale elettrico cerebrale trasferendole verso l’esterno in modalità wireless. Informazioni che saranno messe a disposizione per il successivo obiettivo che è quello dello sviluppo delle tecniche di ‘brain computer interface’ e di interazione uomomacchina. Una volta decodificate diventeranno le basi per la neuro protesica, mediante la quale potranno essere pilotati protesi e arti bionici soprattutto in pazienti fortemente invalidati. Il terzo obiettivo sarà quello di sviluppare una piattaforma diagnostica altamente innovativa per localizzare con estrema accuratezza i dispositivi impiantabili mentre il traguardo successivo, più ambizioso, prevede la possibilità di telegestire e telecontrollare questi dispositivi ed ovviamente capire a distanza cosa sta succedendo a livello cerebrale nel paziente». Caserta rappresenterà indubbiamente una pietra miliare per il progresso della ricerca, senza contare che darà occupazione a un gran numero di ricercatori, scongiurando il pericolo della loro fuga verso altre regioni o addirittura verso l’estero.


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Sabato 25 Ottobre 2014

Le eccellenze per sperare Nella Reggia di Caserta la firma dell'accordo tra l'Istituto Irccs di Pozzilli e Luc Montagnier A sinistra, i momenti della firma dell’accordo con Montagnier Qui sotto, dall’alto: Montagnier, Melaragno, Pietracupa; il dono di Pietracupa; il saluto di Melaragno

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Sabato 25 Ottobre 2014

Una proposta del sindacato Unisin per la Calabria

Il credito per la crescita In un lungo documento recante il titolo "Idee e proposte per i candidati alle prossime elezioni regionali" il sindacato Unisin sottopone a tutte le forze politiche che si confronteranno alle prossime competizioni regionali una base di riflessione per una politica del credito che sia in grado di rilanciare il processo di sviluppo di Oreste Parise

Il sindacato Unisin, che nasce dalla fusione tra la Falcri e la Silcea è diretto in sede nazionale da un calabrese, Emilio Contrasto. Non è certo un caso che sia proprio questo sindacato a sottoporre alle forze politiche della regione un lungo documento contenente delle linee guida per un ruolo attivo della Regione nella politica bancaria. È una dimostrazione della grave perdita subita dall’azzeramento del sistema creditizio meridionale, con la scomparsa di una classe dirigente in grado di giocare un ruolo importante sul territorio. Le analisi e le cifre che descrivono in termini drammatici la condizione della Calabria dopo una serie ininterrotta di anni di recessione sono inutili, poiché con qualche virgola in più o in meno sono note a tutti i protagonisti economici e politici. La condizione la si può riassumere dicendo che tutti sanno ma nessuno sa cosa fare per uscire da questa situazione di depressione che rischia di diventare una vera e propria crisi di nervi collettiva per l’incapacità dei rappresentanti di offrire delle soluzioni credibili. Al di là delle condizioni disastrose in cui si è ridotta l’economia calabrese sono le aspettative che creano il danno maggiore poiché hanno prodotto una sorta di paralisi, che impedisce a tutti di assumere qualsiasi tipo di decisione, soprattutto a lungo termine. La condizione psicologica finisce per avere un peso decisivo nella evoluzione della crisi, poiché non è certo bloccando gli investimenti o il mercato immobiliare che si può sperare in un superamento di questo stato di paralisi. Dopo ogni grande momento di depressione segue sempre una fase di rinascita, di ripartenza che deve essere stimolata con le risorse, ma soprattutto con una massiccia dose di iniezione di fiducia, che convinca tutti gli stakeholder, come sono chiamati nel documento gli operatori del territorio, che il nostro futuro sta qui sul nostro territo-

rio e non è con la fuga che si risolvono i secolari problemi della regione. È necessario un cambio di passo, una rigenerazione della classe dirigente, ma soprattutto una ondata di idee fresche, un’aria di rinnovamento che riesca a convincere l’intero corpo sociale che vi sono le risorse e le condizioni per una ripartenza. L’idea di base del documento è che la regione ha bisogno di una politica del credito, di coinvolgere le banche locali e i grandi istituti operanti sul territorio che debbono assumere una responsabilità nell’aiutare il sistema imprenditoriale ad uscire dal tunnel. Insieme si cresce, insieme si affonda. Il credit crunch, vale a dire la negazione di qualsiasi aiuto per rilanciare l’economia è un meccanismo di difesa che porta alla paralisi del sistema. Non si può certo chiedere alle banche, né a chicchessia, di suicidarsi nell’inutile tentativo di salvare un corpo morto. Le condizioni della regione non sono però così disastrose per quanto appaiono, ma paradossalmente la maggiore difficoltà è costituita dall’incapacità finora dimostrata di utilizzare le risorse messe a disposizione per una politica di crescita. L’esempio dei fondi europei è illuminante sotto questo profilo. Mentre la nave affonda, la preoccupazione maggiore dell’equipaggio è quella di spartirsi un bottino che finirà negli abissi insieme a loro.

La risposta non può che ritrovarsi nella politica del fare, nel cambiare completamente registro. La classe politica regionale si è dimostrata completamente incapace di gestire il processo di sviluppo, di dotarsi di una politica industriale, creditizia, assicurativa, sanitaria, dei trasporti e via dicendo. Sono stati prodotti centinaia di inutili documenti infarciti di burocratese, declamanti obiettivi fantasmagorici che sono miseramente falliti di fronte alle reali condizioni della regione. In questo consiste la rivoluzione prospettata nel documento. L’idea di coinvolgere tutti, nel caso specifico le banche, nella predisposizione di strumenti idonei a ridare un futuro a questa regione. Perché siamo soliti dare addosso ai politici, e la loro responsabilità è certo prioritaria e preponderante, della crisi del sistema. Ma non bisogna dimenticare che tutti hanno diligentemente svolto la loro parte nel demolire il sistema economico meridionale.

La calata degli Unni bancari che doveva costituire un momento di modernizzazione del sistema, con la capacità di offrire competenza e imparzialità nella gestione del credito si è trasformata in una politica coloniale, di sfruttamento delle risorse del territorio, nella rapina del risparmio a danno dello sviluppo meridionale. Di fronte a un sistema in agonia è giusto che tutti i medici competenti si attivino per poter rianimare il corpo esanime del malato per trovare un rimedio. Nella regione non vi sono ancora manifestazioni evidenti del pauperismo, poiché regge ancora il sistema famiglia, la solidarietà e la dignità che impedisce a tanti di esibire lo stato di disagio e di bisogno. Ma in molti sono allo stremo, e occorre agire in fretta. Le prossime elezioni regionali rappresentano una occasione per dimostrare che è possibile voltare pagina, non limitandosi a un rinnovamento, spesso di facciata, della classe dirigente, ma con una politica finalmente in grado di dare delle risposte concrete ai bisogni della gente, senza rincorrere per l’ennesima volta il modello clientelare unicamente volto alla gestione del consenso elettorale sfruttando cinicamente lo stato di soggezione e bisogno generato dalla crisi. Nel campo creditizio, il documento è pudicamente reticente su un punto fondamentale. Soggetti fittizi come la Fondazione Field o la Fincalabra vanno semplicemente rottamati e con grande celerità poiché hanno solo sprecato risorse senza saper svolgere qualsiasi ruolo attivo sul territorio, così come va completamente smantellato tutto il sistema politico-clientelare creato appositamente per la fallimentare intermediazione dei fondi pubblici. Finito il grande balletto delle candidature, inizia una nuova fase di idee e proposte per la nuova regione. Al di là e al di sopra di partiti e schieramenti, è arrivato il momento che ciascuno offra degli spunti di riflessione per poter dare una speranza alla regione. I numeri sono odiosi e tediosi, ma è sempre utile ricordare che negli ultimi anni, sono quasi trecentomila i giovani calabresi che hanno deciso di cercare altrove una speranza, spesso incoraggiati dai loro disperati genitori che non vedono alcun lumicino acceso. Una delle motivazioni più forti è costituita dalla mortificazione che i giovani subiscono nel doversi genuflettere di fronte al potente di turno, spesso incapace, arrogante e incompetente, per poter elemosinare un aiuto precario e risibile.

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Sabato 25 Ottobre 2014

Una proposta del sindacato Unisin per la Calabria

UNITÀ SINDACALE FALCRI-SILCEA

sull’emergenza Credito in Calabria e nel Sud. Idee e proposte per i candidati alle prossime elezioni regionali. Il presente documento vuole rappresentare una concreta base per avviare un fattivo e non più procrastinabile confronto, tra tutti gli stakeholders Banche, istituzioni locali e diramazioni territoriali delle istituzioni centrali, associazioni di categoria, associazioni di utenti/consumatori, partiti politici, organismi deputati all’incentivazione dello sviluppo economico, consorzi di garanzia fidi - su quella che è oggi divenuta una vera e propria emergenza costituita dalla difficoltà di accesso al credito nel mezzogiorno e, specificatamente, in Calabria. La drammatica situazione economica e produttiva che da anni attanaglia la Calabria ha raggiunto livelli di assoluta insostenibilità. Gli effetti della lunga e difficile congiuntura economica internazionale e l’atavica criticità costituita dalla storicamente inadeguata assistenza finanziaria fornita a imprese e famiglie calabresi si alimentano a vicenda in un inestricabile e perverso rapporto di reciproca causalità.

I principali indicatori economici,

relativi all’anno 2013, sono inequivocabili. Il prodotto regionale nel 2013 ha subito l’ulteriore diminuzione del 2,8% (nel 2012 -3,2). Scomponendo i settori di attività produttiva, si registrano cali in tutti i comparti ad eccezione di quello agricolo, dove il valore aggiunto cresce nel 2013 dell’1,5%. L’industria registra un calo del 5,6% del valore aggiunto prodotto, le esportazioni di merce sono diminuite del 7,0%. Il settore delle costruzioni nello scorso anno ha subito una nuova contrazione con la riduzione del numero d’imprese operanti (tra attivazioni e cessazioni il saldo è negativo del 2,7% rispetto al numero d’imprese attive al 1° gennaio 2013). Il numero di compravendite immobiliari ha subito un consistente calo pari all’11,7%. Per quanto riguarda il comparto dei servizi (costituenti l’80% circa dell’intero prodotto calabrese), si è registrata a fine 2013 una nuova diminuzione del 2,0%. A causa dell’erosione del reddito disponibile delle famiglie la contrazione della spesa per l’acquisto di beni durevoli è stata pari a -8,8%. In particolare, nel 2013 il numero delle immatricolazioni di autovetture è diminuito del 7,7%. Il settore turistico ha registrato in Calabria un calo di presenze nelle strutture ricettive pari al 4,3% (nel 2012 -2,2%). Conseguentemente, nel 2013 l’occupazione in Calabria è diminuita del 6,9% e il tasso di occupazione della popolazione in età lavorativa (1564 anni) è sceso al 39,0% (dal 41,6 del 2012). Il tasso di occupazione dei giovani (età tra i 15 e 34 anni) si è attestato al 14,0%. La riduzione dell’occupazione ha interessato sia i lavoratori autonomi (-14,2%) che dipendenti (-3,8%). Inoltre, continuano ad essere colpiti e non adeguatamente supportati quelli che dovrebbero essere i settori trainanti dell’economia regionale ed in particolare turismo, agroalimentare, piccola attività manifatturiera e artigianato, così come continuano a non essere sufficienti le infrastrutture che Stato ed Enti locali dovrebbero mettere a disposizione dei territori per un corretto, sano, efficace ed efficiente sviluppo. Emblematici, in tal senso, sono l’assoluta arretratezza delle vie e dei mezzi di comunicazione (Autostrada Sa-Rc; porto di Gioia Tauro, linee ferroviarie obsolete, strade interne sempre più inesistenti e prive di manutenzione, etc).

In questo quadro a tinte nerissime

bisogna tuttavia considerare che la crescita e lo sviluppo economico delle aree più deboli del Paese, come quelle del Mezzogiorno, rappresentano un elemento fondamentale per il rilancio dell’intera economia italiana, rilancio ovviamente improcrastinabile già per se stesso ma addirittura estremamente urgente se si tiene conto del ritardo accumulato rispetto agli altri Paesi dell’area euro e, soprattutto, degli insostenibili livelli di disoccupazione, in particolare fra i giovani. In tale ottica, urgono misure, interventi e correttivi strutturali, capaci di consentire alla Calabria di sviluppare le notevoli potenzialità, che pure s’intravedono nella Regione, ma oggi del tutto inespresse. Serve, quindi, creare valore e alimentare la crescita economica, operando - in primis - in quei settori che rappresentano la naturale vocazione per la popolazione calabrese. Gli attori protagonisti, chiamati a recitare il proprio fondamentale ruolo in tal senso, sono le Istituzioni politiche, a tutti i livelli ed il sistema creditizio. Alle prime competono il miglioramento delle infrastrutture, la semplificazione amministrativa e burocratica, lo sviluppo di adeguati e trasparenti strumenti di supporto a imprese e banche nella gestione del processo creditizio e la lotta al malaffare, alla criminalità ed alla corruzione. Al secondo spetta adottare politiche del credito realmente capaci di sostenere e assistere le imprese e le famiglie consumatrici. In merito al ruolo del sistema bancario, è innegabile che le politiche del credito attuate nella Regione, soprattutto negli ultimi trent’an-

ni, non sono state rispondenti alle esigenze del territorio sia in termini quantitativi, sia di costo per la clientela, determinando spesso addirittura uno svantaggio competitivo per le imprese del Sud. A tal proposito ricordiamo alcuni dati relativi all’attività complessiva del sistema bancario e postale svolta nel 2013 in Calabria. La raccolta complessiva a fine 2013 ammonta a 25,6 miliardi di euro (in crescita del 2,7% rispetto al 2012), gli impieghi sono pari a 20,6 miliardi di euro (di cui 8,9 verso imprese e 8,1 alle famiglie). I dati percentuali evidenziano, rispetto al 2012, un calo dell’offerta creditizia del 2,5 verso le imprese e del 3,3 alle famiglie. Il dato sintetico complessivo di rischiosità del credito (dato dal rapporto tra totale impieghi concessi dalle Banche e l’ammontare degli impieghi in sofferenza) a fine 2013 è pari al 12,9% (media nazionale 8,1%, media mezzogiorno 12,4%). Scomponendo il predetto dato, le imprese pesano per il 21,2% mentre le famiglie per il 9%. L’innalzamento del tasso di sofferenze, registratosi nel 2013 rispetto al 2012, ha interessato sia le imprese (+2,7%) sia le famiglie (+1,3%). A fronte della maggiore rischiosità dell’attività creditizia, rispetto alle altre aree del Paese, la Calabria è la regione dove le PMI pagano i tassi d’interesse più alti: mediamente il 10,60%. La forbice massima negativa si è registrata, nel 2013, con il Trentino Alto Adige dove le Pmi hanno usufruito di concessioni creditizie al 6,11% (-4,49% rispetto alle imprese calabresi). Non vi è dubbio che il rapporto tra Banche e territorio calabrese si muove sulla direttrice “più rischio meno credito” e, comunque, “maggiore remunerazione dalle concessioni”. Così, il sistema Calabria è entrato in un circolo vizioso da


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Sabato 25 Ottobre 2014

Una proposta del sindacato Unisin per la Calabria

Le aziende sane devono, inoltre, essere quindi fattivamente agevolate nell’accesso al sistema dei finanziamenti europei, degli incentivi statali e regionali, ed assistite nel loro efficace utilizzo. In breve, esse devono poter quindi contare su un’adeguata consulenza/assistenza bancaria; su un’efficiente ed efficace attività di assistenza da parte delle Agenzie/Società di sviluppo dell’economia regionale a capitale pubblico come Fincalabra spa, che evidentemente devono essere ripensate al fine di cogliere velocemente le opportunità costituite dall’utilizzo pieno delle risorse comunitarie; sul sostegno, come detto finora palesemente insufficiente, dei Consorzi di garanzia fidi, sottodimensionati rispetto alle garanzie richieste dalle banche; su idonee iniziative in grado di attenuare quella criticità storica che vede le Pmi calabresi non adeguatamente “patrimonializzate”.

dove oggi appare assai problematico uscire. Il tessuto economico, produttivo e sociale calabrese si va quindi disgregando e le Banche, soprattutto quelle “grandi”, hanno grandissime responsabilità in questi processi. È di questi giorni, ad esempio, la notizia dell’ennesimo disimpegno di uno dei principali Gruppi bancari del Paese che ha deciso di chiudere ulteriori filiali nel mezzogiorno (dal 2007 ad oggi Banca Carime del Gruppo Ubi ha chiuso circa 85 portelli, di cui 22 circa nella sola Calabria) e ridurre significativamente il numero di dipendenti sul territorio. Naturalmente, anche il sistema economico ha sue precise responsabilità. Ancora elevatissimo è il livello di sottocapitalizzazione delle imprese calabresi e, in molti casi, il livello formativo della classe imprenditoriale si dimostra insufficiente per affrontare uno scenario sempre più complesso, competitivo e globalizzato. Inoltre, il malaffare ancora continua ad essere considerato, in alcuni casi, come “veloce ed efficace” per risolvere problematiche che, altrimenti, impegnerebbero risorse economiche e tempi lunghi. E tutto ciò, ovviamente, a totale svantaggio delle tante iniziative che vengono portate avanti in modo corretto.

Cosa fare per tentare

di rimettere in moto l’economia calabrese? Quando la crisi diventa sistemica tutte le componenti del sistema stesso e del territorio devono agire e reagire in modo sinergico. Le Istituzioni e la politica calabrese non possono nascondersi e devono innanzitutto operare affinché, finalmente, vengano rimossi gli ostacoli che impediscono un sano e corretto sviluppo dell’economia calabrese.

Occorre investire in cultura e formazione e sviluppare tutti i canali istituzionali in grado di far fronte ai gap strutturali ricordati. Fondamentale, in tal senso, la promozione ed il finanziamento di strumenti essenziali come i Cofidi, le Reti di impresa, le Agenzie di sviluppo territoriali. Ad oggi tali strumenti dimostrano, purtroppo, inefficacia e debolezza, in modo - peraltro - molto più evidente rispetto alle regioni del nord. Ciò a causa dei “noti” impedimenti burocratici, dell’inadeguatezza culturale e formativa degli stessi, della loro eccessiva dipendenza dal mondo politico e, soprattutto, della carenza di mezzi patrimoniali in grado di permettere a detti strumenti di poter operare in modo corretto e corrente. È necessario, altresì, prodigarsi affinché le Banche, soprattutto quelle di maggiori dimensioni, si riavvicinino ai territori calabresi attraverso il reinvestimento del risparmio raccolto nel tessuto connettivo dell’economia locale, con politiche del credito realmente rispondenti alle giuste e sane esigenze di famiglie, imprese ed Enti pubblici e praticando un adeguato costo per l’accesso al credito da parte della clientela ed assistendo l’utenza anche in termini di consulenza e servizi. Per favorire tale percorso, l’Istituzione Regione deve coinvolgere le Banche, sia a carattere locale che nazionale, instaurando con esse un più stretto rapporto di sana collaborazione e con esse immaginare anche dei percorsi formativi e dei supporti di tipo consulenziale in grado di mettere a disposizione del mondo imprenditoriale un sistema di best practice e una sorta di brain panel per offrire consulenza creditizia nel cosiddetto “credito ordinario” e, soprattutto, per far conoscere a poter accedere alle nuove e più sofisticate forme di credito e di capitale di rischio.

In merito alla piena fruizione dei fondi europei e statali è necessario prevedere procedure e meccanismi in grado di monitorare puntualmente il buon esito delle concessioni che devono avere come scopo esclusivo la creazione di valore duraturo in termini anche di posti di lavoro. Logiche diverse, che nulla hanno a che vedere con i principi della sana imprenditorialità, non possono e non devono prevalere sull’obiettivo primario della crescita economica della Regione. Quindi, bisogna che la politica d’incentivazione dei fondi europei e statali, finora del tutto fallimentare, sia rivista profondamente attraverso la sburocratizzazione delle procedure; l’efficientamento della fase di selezione delle aziende più meritevoli in quanto virtuose e con capacità d’innovare; il potenziamento delle misure di controllo sull’avvio delle iniziative imprenditoriali che usufruiscono delle agevolazioni. In un tale auspicabile contesto, il coinvolgimento di professionalità e competenze altissime presenti in Calabria, come quelle provenienti ad esempio dall’Università, diventa non solo utile ma del tutto necessario. Dopo tanti anni di disinteresse sulla questione del credito in Calabria, chiediamo agli esponenti della politica calabrese e nazionale un sussulto per rendersi attori principali dello sviluppo economico e sociale della Regione. Sviluppo che non potrà mai esserci in assenza di politiche del credito adeguate, non solo in linea con quelle promosse ed attuate nelle altre aree del Paese ma addirittura più coraggiose e specifiche per la situazione di estrema crisi in cui versa il tessuto economico del mezzogiorno d’Italia.

Unisin è, infatti

perfettamente consapevole del fatto che tante altre Regioni del Mezzogiorno si trovano nella situazione sopra descritta. L’occasione delle imminenti elezioni regionali in Calabria può quindi essere l’occasione per avviare, finalmente, una seria e costruttiva discussione sul problema, di cui questa Organizzazione intende essere promotrice, che coinvolge l’intero sistema Sud, chiamando alle varie responsabilità i numerosi soggetti interessati. Il richiamo alla politica ed al Sistema bancario è, quindi, quello di una doverosa azione congiunta per il rilancio economico di queste aree “dimenticate”, spesso teatro di comportamenti sfacciatamente clientelari che soffocano ed opprimono le energie imprenditoriali più innovative e dinamiche della Calabria e dell’intero Sud Italia. la Segreteria nazionale Unisin la Segreteria regionale Unisin Calabria

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Fatture che si organizzano

Unindustria Calabria esce dal molo Presentata a Lamezia, sotto lo sguardo di Giorgio Squinzi, l'Unione degli industriali e delle imprese della Calabria, federazione delle cinque Associazioni territoriali Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ed i vertici delle associazioni calabresi hanno presentato il nuovo soggetto a perimetro regionale di Confindustria: “Unindustria Calabria - L’Unione degli Industriali e delle Imprese di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo Valentia e Reggio Calabria”. Un progetto, pienamente rispondente ai rinnovati principi organizzativi generali del sistema confindustriale, che valorizza un nuovo “stare insieme per fare insieme” supportato da cultura e modelli innovativi, tanto sul piano della rappresentanza politica quanto in termini di efficacia ed efficienza dei servizi erogati alle imprese associate. L’impegno di Unindustria Calabria sarà quello di «contribuire all’affermazione di un sistema imprenditoriale innovativo, sostenibile ed aperto verso i mercati internazionali, partecipe del processo di sviluppo della società, capace di promuovere la crescita economica, sociale, civile e culturale del territorio e dell’intero Paese». Insieme al numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi sono intervenuti i presidenti delle cinque associazioni territoriali della Calabria, Daniele Rossi (Catanzaro), Natale Mazzuca (Cosenza), Michele Lucente (Crotone), Andrea Cuzzocrea (Reggio Calabria) ed Antonio Gentile (Vibo Valentia) per illustrare la mission e le principali caratteristiche della nuova aggregazione ed il componente della Giunta di Confindustria Giuseppe Speziali. All’incontro hanno partecipato i rappresentanti degli organi direttivi dei vari territori, i direttori delle associazioni Rosario Branda, Francesca Cozzupoli, Dario Lamanna, Anselmo Pungitore e Daniela Ruperti, tutto il personale dipendente ed il Direttore Sistema Associativo e Marketing di Confindustria, Federico Landi. La presentazione ufficiale di Unindustria Calabria è stata preceduta dalle Assemblee delle associazioni degli industriali di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo Valentia e Reggio Calabria, convocate per l’approvazione dello statuto di Unindustria Calabria e la delibera di scioglimento di Confindustria Calabria, assunta dalla Giunta della stessa, per esaurimento dei propri compiti e della mission, in ossequio alla riforma del sistema di Confindustria.

La Riforma di Confindustria

A maggio 2014 l’Assemblea straordinaria di Confindustria ha approvato il nuovo Statuto che ha reso operative le linee guida della Riforma del sistema associativo. Quella del 2014 è la terza riforma in più di 100 anni di storia del sistema confindustriale italiano, dopo la Riforma Pirelli del 1970 e la Mazzoleni del 1991. La Riforma del sistema associativo, meglio conosciuta come

Giorgio Squinzi

“Riforma Pesenti” prevede uno snellimento degli organismi di rappresentanza ed il sostanziale dimezzamento del numero delle associazioni, oggi 258, portando a compimento un percorso che vede l’aggregazione e la razionalizzazione delle strutture con fusioni, patti federativi e altre formule organizzative.

Unindustria Calabria:

un progetto che vede la luce nel 2012 Il progetto Unindustria Calabria nasce per rispondere con efficacia alle reali esigenze delle imprese associate e ad un contesto socio-economico profondamente mutato entro il quale le Associazioni degli Industriali si propongono di essere il punto di riferimento per quanti hanno a cuore il rilancio del sistema imprenditoriale italiano e calabrese.

Squinzi

Una novità assoluta Lo statuto di Unindustria Calabria è una novità assoluta, non solo nel Mezzogiorno, perché è il primo esempio di aggregazione contemporanea tra 5 diverse associazioni di territorio con la costituzione di un unico soggetto associativo - che diventa così il sesto del sistema - nonostante le difficoltà legate alla conformazione geografica della regione e alle diversità esistenti, in termini di tessuto produttivo tra le singole realtà provinciali. Unindustria Calabria è una nuova associazione di territorio con perimetro regionale che intende comunque conservare e valorizzare i singoli presidi territoriali. L’approccio - ha proseguito - definisce una griglia di servizi da mettere in comune e da erogare con le stesse modalità a tutte le imprese associate presenti nel territorio calabrese. Tra i primi passi concreti si segnalano le sinergie già attivate nei settori dell’agroalimentare - con la costituzione di “Kalos” il consorzio per l’export e l’internazionalizzazione delle aziende agroalimentari calabresi - e nel turismo con la promozione di un contratto di rete. Significativo l’impegno ad avvicinare le diverse tecnostrutture e il rafforzamento del ruolo di rappresentanza rispetto a tutte le istituzioni locali.

Le Associazioni degli industriali aderenti a Confindustria Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia hanno deciso di intraprendere un percorso di aggregazione che è partito dalla messa in comune dei servizi, attraverso un modello organizzativo a rete che ha saputo affinare prima e consolidare poi modalità e prassi operative, da trasferire, secondo steps programmati e definiti, alle connesse attività di rappresentanza, fino alla condivisione degli Organismi Politici, con l’obiettivo di conseguire economie di scala, mantenendo capillarità e prossimità alle imprese. L’attività svolta dal sistema confederale per conto delle imprese associate è molto cresciuta nel corso degli anni. In questo contesto, caratterizzato da mutamenti continui, imprenditori associati e mercato richiedono capacità di ascolto e di risposta qualificata e tempestiva alle proprie esigenze, attraverso efficaci azioni di rappresentanza, autorevole interfaccia legislativa, trasparente e riconosciuta rappresentanza degli interessi generali, ruolo attivo nella promozione della cultura d’impresa e di stimolo per progetti ed iniziative tese allo sviluppo ed alla crescita economica e sociale, offerta di assistenza mirata e servizi specialistici omogenei e qualificati su tutto il territorio regionale. Il sistema produttivo è chiamato ad affrontare sfide che, pur comportando ulteriori momenti di difficoltà, rappresentano uno stimolo ed una opportunità per introdurre elementi di innovazione e cambiamento. Con queste finalità le Associazioni degli industriali di Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia hanno intrapreso questo percorso, in una logica di forte e piena sinergia di sistema, a tutti i livelli, che ha messo in atto interventi coordinati per il miglioramento continuo della macchina organizzativa, ridisegnandone il profilo e sviluppandone le competenze, al fine di renderne più efficace ed efficiente l’offerta, ampliando la quantità e la qualità della stessa, mettendo in essere tutte le possibili economie di scala. L’obiettivo è stato dare vita ad una rinnovata struttura a rete in grado di garantire in ognuna delle “articolazioni territoriali” la stessa offerta e lo stesso grado di efficacia ed efficienza nel sistema di erogazione e di interfaccia con le imprese associate, di pari passo con il riposizionamento dell’azione di rappresentanza e di interlocuzione istituzionale ai vari livelli. Da Confindustria è giunto il vivo apprezzamento per l’accurata ed attenta opera di modernizzazione messa in atto dalle Associazioni in Calabria che ha dato «vita ad un sistema innovativo che, partendo dai servizi, ha univocità, qualità ed omogeneità nei territori, in uno con una autonoma ed efficace azione di rappresentanza».

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