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numero 17 - Anno 13 Sabato 26 Aprile 2014

settimanale d’informazione regionale

Voce ai giovani Giornalismo oggi. Il Circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa” a tu per tu con gli studenti www. mezzoeuro.it

Il caso dell’Ora, la domande inquietanti di Regolo

www. mezzoeuro.it


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Sabato 26 Aprile 2014

Il legno storto

Qualità, ma non riduzione degli

spazi giornalistici in Calabria

Mezzoeuro Fondato da Franco Martelli

Ediratio editore

Direttore responsabile Domenico Martelli Registrazione Tribunale di Cosenza n°639 del 30/09/1999 Redazione e amministrazione via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza Responsabile settore economia Oreste Parise Progetto e realizzazione grafica Maurizio Noto telefono 0984.408063 fax 0984.408063 e-mail: ediratio@tiscali.it Stampa Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) Diffusione Media Service di Francesco Arcidiaco telefono 0965.644464 fax 0965.630176 Internet relations N2B Rende Iscritto a: Unione Stampa Periodica Italiana

n. 12427

È facile credere che quello a cui la Calabria non vuole e non può rinunciare è di avere una qualità dell’informazione giornalistica che non consenta asservimenti e garantisca una lettura scevra da pregiudizi di quel che avviene nei contesti sociali della regione... Acquisire un tale merito rende sicuramente la stampa quotidiana un mezzo fondamentale, assai credibile, per la formazione di una opinione pubblica che arrivi a vedere quali valori possono far crescere una società e quali forze disgregatrici invece la tengono avviluppata nelle peggiori negatività. Inutile chiedersi se non è proprio questo ciò di cui ha bisogno una regione come la Calabria dove è pressocché assente una opinione pubblica sveglia e vigile che appunto si tratta di far sorgere e rafforzare indicandole che i punti di orientamento che vengono facilmente smarriti quando viene a mancare la quotidiana azione di stimolo dell’informazione. Deve destare preoccupazione ogni diminuizione e restrizione degli spazi in cui si opera giorno dopo giorno, positivamente, con intelligenza acuta delle situazioni che la gente vive, ad aiutare la Calabria, i calabresi,ad avere la giusta dimensione di stessi, a conoscersi nel proprio passato ed in una attualità con tanti segni di antiche e nuove ferite. Una stampa giornalistica non paga di narrazioni attratte semplicemente da accadimenti clamorosi(non ne mancano davvero in questa regione), non sollecitata solo da eventi che scuotono i sentimenti pubblici, deve saper riconoscere quelli che sono gli effetti di provvisorie incrinature della vita collettiva e quelli che invece discendono da modi di essere nei quali la Calabria, per tante responsabilità, si è andata adagiando, dai quali deve sentire la forza di liberarsi

di Franco Crispini

Forse nemmeno gli spazi giornalisti a servizio dei calabresi (e figuriamoci se questi, per una o una altra ragione, tendono a chiudersi) sono bastevoli a creare quella varietà e ricchezza di informazioni che tengono i fari accessi sulla vita pubblica in Calabria, sullo stato delle sue istituzioni, sui livelli della sua tenuta etica, sulla sua crescita culturale, sulle condizioni della sua economia, del lavoro, sulle aspettative delle sue classi giovanili. Se questo osservatorio giornalistico ricco di tutte le energie umane per assolvere ai suoi impegnativi compiti, riuscirà a filtrare le veraci necessità e criticità di questa nostra regione, e non si fermerà invece capterà unicamente vaghi segnali di aspettative civili, proprio da lì consegue il bisogno di assicurargli maggiori spazi, di favorirne l’allargamento senza tuttavia un disegno di subordinazione a propri interessi. È chiaro che occorrono tante condizioni perche più organi di stampa quotidiana possano agevolmente vivere e crescere in Calabria con quelle caratteristiche che abbiamo sommariamente indicate, ed in primo luogo un progetto di rendere una ragione trasparente a se stessa, insofferente verso chiunque e qualunque cosa tentino di ridurla ad una permanente anomalia: non tutte quelle condizioni sono date nella nostra regione, ma purtroppo, ove potrebbero esservi, intervengono fattori che contribuiscono a depotenziarle. In ogni caso, per una platea di lettori che si va sempre più allargando divenendo anche più esigente, la stampa quotidiana non può rimanere ferma, specie per i sentieri del web che la incalzano ed insidiano, deve portarsi a stadi che non giustificano più frammentarietà e vaghezza della informazione. Vi sono dei capisaldi cui richiamarsi continuamente i quali danno la cornice in cui collocare ogni narrazione giornalistica: da dove la Calabria trae le sue principali risorse economiche e come queste vengono impiegate; quali le potenzialità istituzionali per produrre cambiamenti; quali i livelli di responsabilità e competenza delle classi di governo; quale il processo di formazione del ceto politico: quale l’incidenza della politica sulla vita civile; quali i poteri che si muovono fuori dalla legalità e inquinano pesantemente la vita della regione. C’è dunque tutto questo ampio scenario che è decisivo per capire se c’è una stampa che vuole muoversi solo ai bordi, che vuole fingere di non vedere, che vuole dare spazio a versioni di comodo, che vuole accogliere la non verità di taluni attori, oppure se è partendo da lì che vuole fare assumere ai calabresi la consapevolezza di tutto quello che frena o dà slancio alla propria regione.


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Sabato 26 Aprile 2014

Giuro che (domani) mi dimetto

Nel culo di una bottiglia Non si è mai capito fino in fondo se alla fine conviene stare nella padella o finire nella brace. Il dibattito è eternamente insoluto. Chi teme di scottarsi è in qualche modo esente invece dalla diatriba. Il culo se lo brucerà comunque. Peppe Scopelliti, il governatore che doveva traslare su scala regionale il rampante modello Reggio, vive questo apparente dilemma e non tutti vorrebbero essere al suo posto. Se tergiversa viene sospeso, ormai non si sfugge più. Se vuole dar seguito alle promesse e tentare una figura discreta sul piano personale e forse un giorno, chissà, anche politico deve precedere il governo e deve dimettersi. Subito. E tutto questo, nell’un caso o nell’altro, ben prima la scadenza che s’era data e cioè dopo le elezioni europee. L’accelerazione alla vicenda l’ha impressa il ministro Maria Carmela Lanzetta che in tandem con il quotidiano la Repubblica ha probabilmente sferrato il calcio negli stinchi che ha fatto più male, comunque quello che ha prodotto più effetti. Poi un giorno capiremo se Alfano traccheggiava, magari non da solo e insieme alla presidenza del Consiglio. Oppure capiremo se il Pd di Calabria ha mai davvero fatto il tifo per l’accelerazione del caso Scopelliti. Quel che è certo è che il ministro Lanzetta ha ora provocato degli eventi temporali dai quali Scopelliti non può prescindere. C’è chi è pronto a giurare che si dimetterà già lunedì, annunciando l’evento nella conferenza stampa di sabato. Aprendo le porte allo scioglimento “politico” del consiglio entro maggio con il prefetto di Catanzaro chiamato a indire le elezioni i primi di ottobre. Ma c’è pure chi sotto sotto immagina (o forse spera) che Scopelliti tiri ancora fuori dal cilindro una resistenza poco eroica e persino “illegale”, in grado di far proseguire la legislatura, gli assessorati, i rimborsi, le fatture, i bandi e così via. Non è difficile immaginare i moventi. Scopelliti, a piani scompaginati dalla Lanzetta, non ha molta scelta. Se vuole proteggere il suo profilo deve lasciare subito. Altrimenti non deve fare altro che farsi sospendere lasciando forse uno spiraglio alla legislatura in cambio però di una sua definitiva delegittimazione. Quello che sceglierà non sarà comunque secondario per quanto attiene alle sorti delle europee, dove è candidato. Non dimentichiamo che per essere eletto deve poter contare su di un vero e proprio exploit, confidando sul sostegno di gran parte dei consiglieri e degli assessori regionali. Ed è chiaro che se questi sono in qualche modo legati a motivi di interessi futuri a Scopelliti è un conto, diversamente si regoleranno in “libertà di coscienza”. Detto in altri termini è tutta da dimostrare la convenienza di assessori e consiglieri a far votare un presidente in Europa che s’è dimesso da palazzo Alemanni e che lascia con le braghe calate regnanza e interessi vari. Troppo prematuramente per meritarsi un aiuto che in politica, come in nessun altro ambito, non può mai essere gratis. E ci deve essere un po’ di questo subliminale convincimento nelle parole, anche quelle non dette, di Tonino Gentile che sull’argomento, a modo suo, è tornato. «Ci sono tante cose da fare prima di andare al voto in Calabria - dice Gentile: il bilancio, lo Statuto, la nuova legge regionale sull’infanzia e la legge elettorale , la spesa operativa dei fondi stanziati, lo sblocco del turnover immediato nella sanità». «Scopelliti ha deciso che si dimetterà - ha detto Gentile - ed è una decisione che rispettiamo anche se la sua è una condanna in primo grado ed è

I senatori Ncd

Comportamento Lanzetta emblematico Tonino Gentile e Peppe Scopelliti

O la padella o la brace, non resta altra scelta al presidente Scopelliti Che forse avrebbe fatto meglio a scegliere un altro percorso. Nel mentre Tonino Gentile continua a marcarlo a uomo possibile che la legge Severino venga dichiarata incostituzionale. Io posso solo affermare che i consiglieri e gli assessori del Nuovo centrodestra, col capogruppo Chiappetta, hanno fatto un grande lavoro». Per Gentile «la Calabria è stata la prima Regione del Sud come recupero di spesa dei fondi comunitari , la prima nel portare a pareggio un deficit mostruoso nella sanità, l’unica a poter cantierare 2 mld di euro di appalti: non è solo merito dei singoli, di Mancini o di Gentile, ma di tutta la maggioranza di governo e di chi ha presieduto la giunta». Forse Gentile non aveva molte altre parole per dire più o meno questo. Caro Scopelliti, sappi che se ti dimetti è un problema tuo. Potevi pure non farlo, nessuno ti obbligava. Ci metti in difficoltà, è chiaro, ma siamo noi a pagare il prezzo di tue malefatte, la Regione ha operato bene. Appena il tempo di spiegarlo agli elettori e ripartiamo. E buona fortuna per l’Europa, siamo tutti con te... Firmato, Tonino Gentile.

Il comportamento del Ministro Maria Carmela Lanzetta sul c.d. caso Scopelliti è emblematico della incapacità di fare politica secondo le regole del confronto democratico e del necessario rispetto della verità. Il paradosso di questa triste vicenda è costituito dalla evidente disparità di trattamento a danno di Giuseppe Scopelliti usata dal Ministro Lanzetta in casi analoghi - per come si evince chiaramente dal comunicato del Viminale diffuso ieri sera - ed è fortemente indicativo dell’accanimento del quale il Presidente della Giunta della Regione Calabria è vittima. Tutto ciò è peraltro avvenuto in un quadro di apparente moralismo finalizzato a creare l’ennesimo falso caso di favoritismo in una vicenda nella quale, per contro, è esemplare e documentata l’imparzialità del Ministro degli Interni Angelino Alfano. Emerge piuttosto la colpevole disinformazione della Lanzetta che non è riuscita nemmeno nel suo intento di creare il “caso”, dal momento che, in data 22 aprile u.s., ha di fatto accusato Alfano di inadempienza a favore di Scopelliti, clamorosamente ignorando che la fase dell’iter procedimentale della sospensione di competenza del Ministro degli Interni si era già conclusa in data 18 aprile 2014. La vicenda è ancor più grottesca - continuano i senatori calabresi del Nuovo Centrodestra - se si pensa che Scopelliti ha già inviato al Consiglio regionale (chiamato a deliberare sul punto) due missive di dimissioni, che rendono pertanto superflua la procedura di sospensione. Va però rimarcato - continuano - che le dimissioni di Scopelliti costituiscono un atto di vera e propria sensibilità politica ed esprimono profondo senso di dignità e di rispetto delle istituzioni. senatori calabresi Nuovo Centrodestra Antonio Gentile Nico D’Ascola Piero Aiello Antonio Caridi Giovanni Bilardi

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Sabato 26 Aprile 2014

Mezzoeuro C’è ansia oltre il Campagnano

Ma non è Manna caduta dal cielo La pensata potrebbe essere venuta fuori a corollario di un convegno organizzato dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Cosenza. Ai fianchi del presidente Morcavallo gli onorevoli Enza Bruno Bossio e Jole Santelli mentre a prendere la parola tra i relatori diciamo interessati alla materia proprio lui, il penalista Marcello Manna. Apparentemente nulla di strano, di politicamente non razionale. Tema caldo quello dei costi della giustizia e della professione di avvocato e passa tra gli applausi della sala la proposta di legge di Bossio sulla revisione di questi costi giudicati asociali, crudeli. Santelli, dal canto suo, promette il pieno sostegno di Forza Italia al disegno di legge in commissione e non manca di sottolineare il fatto che per una volta è la Calabria a salire in cattedra a livello nazionale sottoponendo al Parlamento materie di pubblica utilità. Una Calabria politicamente non divisa, ricordava Santelli, e concentrata sugli obiettivi per il bene comune. Morcavallo applaude, Manna fa lo stesso non prima d’aver sottolineato la centralità di una classe politica che quando cammina a braccetto può contribuire a risolvere i problemi della gente. Stop. La mattinata finisce lì, almeno all’apparenza. Tra strette di mano, sorrisi e scambi di promesse telefoniche. Nessuno, o in pochi, sanno davvero se c’è stato un prologo alla giornata se non addirittura un incontro preliminare fatto sta che di lì a pochissimi giorni l’avvocato Marcello Manna ufficializza la sua (inaspettata) candidatura a sindaco di Rende tra gli applausi convinti di Jole Santelli e i silenzi assordanti di Bruno Bossio e del suo entourage. E siccome è questa, la nostra, terra maledetta di immagini e retroscena che si rincorrono non è mancato chi ha azzardato niente di meno un incrocio trasversale tra gli interessi di Santelli e quelli della parte del Pd in cui naviga Enza Bruno Bossio, concentrati proprio sulla candidatura di Manna a sindaco di Rende. Dopotutto, a dar retta ai retroscenisti smaliziati, un filo conduttore comune tra gli interessi di Santelli e quelli di Bossio ci sarebbe pure nel gonfiare il gonfalone di Manna. Jole Santelli a Rende non ha mai potuto contare su di un candidato di Forza Italia, troppo debole l’entourage. Il massimo che si poteva e si può augurare la coordinatrice regionale degli azzurri da questa partita è la non vittoria della cordata Gentile e al contempo un buon viatico per spaccare il centrosinistra in vista delle regionali di novembre. Dulcis in fundo, tra le convenienze di Jole a Rende, le prove generali di quello che possiamo definire un rinascimento della società civile che si applica alla politica, un rinnovamento di volti e interessi più volte auspicato dallo stesso Silvio Berlusconi. Marcello Manna e il suo profilo, secondo Jole, vanno in questa direzione ma guai a stampare la bandiera di Forza Italia nei manifesti perché si perderebbe il senso della cavalcata, il disegno civico. Più un problema che un vantaggio per l’avvocato Manna. Dall’altra parte, dalla parte del Pd nel quale Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo navigano, non si fa mistero di preferire un insuccesso del Principe di Rende piuttosto che un suo trionfo. I motivi sono tanti e pure di molteplice lettura a cominciare da una vera e propria scazzottata (metaforica, per carità) andata in scena proprio tra Sandro e Nicola con al centro della contesa questione di rimborsi nel gruppo regionale. Soldi, tan-

Marcello Manna tra Jole Santelli e Enza Bruno Bossio Sotto, Sandro Principe

La partita di Rende rischia di essere campale per l'ennesimo e diviso centrosinistra. Mai come stavolta pare essere questo l'incrocio decisivo Chi "rischia" di approfittarne è l'avvocato penalista che gioca la carta (fittizia) delle liste civiche. Ma dietro la sua candidatura potrebbe celarsi un patto trasversale tra blocchi che hanno obiettivi in comune

to per capirci. Laddove invece c’è da sdoganare motivazioni più politiche va detto che Nicola Adamo e Mario Oliverio sono più che mai in queste ore impegnati ad arginare Ernesto Magorno e Sandro Principe ed è questo il braccio di ferro del potere più importante in vista delle regionali di ottobre o novembre. Che sia tra questi il candidato alla presidenza o no è certamente vero che la designazione, il profilo, le tecniche, le movenze che il partito adotterà dipenderanno solo ed esclusivamente dalla modulazione di questo durissimo braccio di ferro anche se non tutti tra i “principiani” in queste ore sono contenti di come si stia comportando il segretario Magorno a proposito della vicenda Rende. Sandro va ripetendo nelle ultime ore che deve venire un big del partito a Rende prima del voto, se non Renzi del tutto e investe Magorno della faccenda. Come dire che il Pd versione ufficiale è su Verre e chi gioca altre partite deve poi pagarne un prezzo immediato e salatissimo al conto finale. Principe insomma sta spingendo molto sull’acceleratore del conflitto evidente da dentro le anime del Pd, conflitto che vede al centro proprio il voto di Rende. Ma Magorno non pare seguirlo, almeno con gesti evidenti, su questo terreno da qui qualche mugugno dall’entourage di Principe ma senza nessuna conseguenza. Difficilmente, molto difficilmente Magorno può prescindere da Principe in questa particolare fase storica del Pd e con ogni probabilità farà in modo che a Rende in piena campagna elettorale e a fianco di Verre arrivi Luca Lotti, braccio destro di Matteo Renzi. A quel punto chi vorrà giocare contro Principe lo potrà continuare a fare ma con un livello di rischio più alto rispetto a quello attuale, le conseguenze non sono prevedibili se il Pd finirà per perdere. Per nessuno. Allo stato attuale però l’avvocato Marcello Manna fa gola alle convenienze incrociate. Tanto alla pretattica di Jole Santelli (che però deve essere molto abile a tenere fuori la sigla di partito dai comizi). Quanto all’intifada del Pd dove c’è una bella fetta che non aspetta altro che di veder decapitato il suo Principe. Poi c’è anche qualcun altro che sostiene addirittura che Manna abbia buoni uffici con la Dda per quel che riguarda l’inchiesta (mai finita) su Rende ma qui si sconfina nella fantapolitica condita da cronaca nera e francamente si finisce per naufragare. Basta e avanza la realtà per rendere piccante l’incrocio di Rende. L’ennesimo dove il Pd si gioca il potere (che ancora non ha)...


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Sabato 26 Aprile 2014

Mai fidarsi delle donne...

Hai capito Maria Carmela Forse quando Scopelliti dice che la Lanzetta s’è messa a fare politica, da ministro, vuole dire un’altra cosa rispetto a quella che a una prima lettura può sembrare una stupidaggine. È naturalmente ovvio che un ministro della Repubblica è di per sé espressione di una maggioranza politica praticata da chi fa politica e per quanto frastornato Scopelliti è improbabile che abbia trascurato questo. C’è probabilmente di più nell’espressione del governatore della Calabria. Maria Carmela Lanzetta, ovviamente accentuando le sue movenze istituzionali dalla parte politica che l’ha chiamata in servizio, s’è messa a fare la militante da dentro il partito che è ben altra cosa rispetto alla sterile e troppo semplice insinuazione iniziale. Un ministro fa sempre politica in ogni suo atto mentre non è detto che ogni ministro sia interessato, in qualche modo, alle dispute e alle dinamiche di partito. Maria Carmela Lanzetta, il ministro per gli Affari regionali, dando l’accelerata micidiale e probabilmente decisiva alla vicenda Scopelliti, è entrata di diritto nella fluidità delle cose possibili nel Pd di casa nostra tanto che a questo punto nulla, ma proprio nulla, le è precluso. Basta dare un’occhiata allo scenario nazionale e locale tenendo sempre bene in mente anche quello delle scelte d’opportunità. Nelle ultime ore si registra un barometro verso il basso per quanto riguarda la stabilità nazionale del quadro politico. Berlusconi non è più sicuro che la brace istituzionale non porti alla liquefazione di Forza Italia e nel frattempo Renzi, per controaltare, teme che di riforme vere ne porterà ben poche all’incasso. Tradotto allo sportello vuol dire che potrebbero aprirsi diverse finestre elettorali da qui all’estate con le urne di novembre che potrebbero schiudersi non tanto e non solo per la Regione ma anche, clamorosamente, per il Parlamento. E se non a novembre magari in primavera. È chiaro che Renzi, se questo dovesse accadere, tutto potrà permettersi tranne che un ennesimo bagno di sangue dentro il partito nelle sue periferie e la Calabria, spaccata diametralmente in due e non da oggi, è la prima nella lista rossa. Il bagno di sangue, o l’initifada, altro non sono che le primarie tanto care e tanto richieste da Mario Oliverio convinto com’è di saper motivare, con ogni mezzo, il seguito delle tessere e degli apparati che ancora è forte in giro. Renzi potrebbe, per svariate ragioni anche occasionali e comunque non secondarie, voler soprassedere al turno delle primarie coinvolgendo gioco o forza la Calabria in una direzione dalla quale sarebbe difficile sottrarsi. È un po’ quello che spera a questo punto Ernesto Magorno, il segretario. Le chance che possa essere lui il candidato si vanno riducendo ma non calano invece quelle di poter ostacolare fino all’ultimo la corsa del blocco Oliverio. Ormai quasi tramontata la fiction su Gratteri a Magorno non pare vero di poter annunciare che, per ragioni nazionali di partito, le primarie non s’hanno da fare. A quel punto si aprirebbe contestualmente la caccia all’individuazione del profilo capace di cancellare l’ansia della conta interna ed è proprio qui che Renzi potrebbe decidere di puntare su di un ministro che ha spaccato in qualche modo la vicenda Scopelliti e che per giunta è pure donna. Non un dettaglio questo ultimo aspetto. Il centrodestra o parte di esso, e questa notizia a Renzi è arrivata, probabilmente sul rosa punterà (Wanda Ferro o Jole Santelli, anche se c’è sempre Tonino

Maria Carmela Lanzetta Mario Oliverio, Ernesto Magorno

Il ministro Lanzetta, dopo l'accelerazione che ha impresso alla vicenda Scopelliti, è salita di quota nel Pd Per lei ora, in prospettiva, nulla è precluso Gentile in agguato...). Meglio sarebbe allora controbattere con altrettanto rosa giusto per non dare l’impressione di rimanere indietro sul piano del rinnovamento.

Già, il rinnovamento. Perché a dar retta invece alle cadenze e alle movenze di Oliverio e Magorno pare davvero non essercene traccia alcuna. Uno gira la Calabria da non autorizzato, l’altro insegue portandosi appresso la sigla del partito senza sapere esattamente cosa fare. In mezzo c’è il Pd che aspetta di capire dove sta il progetto, l’dea, la svolta, la rivoluzione. Solo carriere e ambizioni personali al momento e non è fantascienza immaginare che di questo passo Renzi potrebbe decidere di testa sua per la Calabria. Il ministro con gli stivali queste cose la se bene.

Tonino Scalzo *

Anni di commissariamento hanno lasciato il vuoto Anni di commissariamento del partito in Calabria hanno creato un vuoto e delle lacune strutturali non semplici da colmare. Il lavoro è reso ancor più complicato dal fatto che stiamo attraversando una fase in cui l’antipolitica, il qualunquismo e il disfattismo la fanno da padroni. Finalmente, al termine di un confronto a tratti decisamente aspro, siamo riusciti a dare al Partito democratico una guida nella Regione e nelle Provincie. È evidente che, più che raggiungere un traguardo, si è segnato l’importante inizio di un percorso che dovrà condurre alla costruzione di un Partito Democratico calabrese veramente degno di questo nome. È chiaro che, soprattutto dopo anni di assenza di confronto, discussione e partecipazione, ci siano difficoltà, diversità di opinioni e scelte non sempre da tutti condivise. Ma non è possibile che ogni volta che si presentano queste difficoltà si pensi ad azzerare tutto, a ricominciare da capo, a delegittimare la classe dirigente scelta pochi mesi prima. Unità in una comunità politica non significa pensarla tutti allo stesso modo, o peggio ancora divieto di pensarla in modo diverso dal capo o dai vertici, come avviene in alcuni movimenti di stampo verticistico, se non addirittura cesaristico. Significa invece condividere un progetto politico e degli obiettivi che, come spesso accade, possono essere perseguiti seguendo anche percorsi diversi. In un’organizzazione articolata e plurale bisogna discutere, esprimere liberamente le proprie idee, cercare di convincere chi la pensa diversamente. Questo non può però avvenire mettendo continuamente in discussione la classe dirigente. * consigliere regionale del Partito democratico

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Sabato 26 Aprile 2014

Cinghiali e rotative Che la vicenda dell’Ora della Calabria potesse finire diversamente dal suo triste epilogo già scritto lo credevano davvero in pochi per essere presi sul serio. I numeri col segno meno davanti e le inchieste della magistratura, non ultima l’incursione milionaria della Dia con il sequestro preventi-

L’Ora

della chiusura vo di tutto il patrimonio della famiglia Citrigno, non hanno mai lasciato spazio a illusioni avveniristiche di ultima generazione. Il canto del cigno di sindacati e politicanti di macinata professione è solo il rituale borbonico di un malcostume che usa bussare un colpo al capezzale del malato terminale. Si fa sempre così quando non c’è più nulla da fare. Un giorno, presto o tardi, la magistratura ordinaria dirà poi la sua sul caso Oragate, la telefonata da censura preventiva di Umberto De Rose ad Alfredo Citrigno che ha fatto il giro del Paese non senza risate appresso. È quello il punto chiave e piccante che fa ancora dire a Luciano Regolo che ora si sta solo compiendo il progetto originario che è poi quello, secondo lui, di passare la testata scomoda nelle mani di De Rose e indirettamente dello stesso Gentile. Il “cinghiale” ferito. Detta in altri termini, e con i passivi che si porta dietro la società della testata, se non fosse intervenuta quella famosa telefonata probabilmente l’Ora avrebbe chiuso comunque i battenti senza scomodare attacchi alla democrazia, i numeri di bilancio sono quelli. Ma siccome la telefonata c’è stata, “quella” telefonata, e siccome poi scava scava il direttore venuto dalle riviste mondane ne ha scovato di letame nel frattempo, il caso rimane intatto e una chiusura che sarebbe ordinaria per i guai del passivo (e degli editori) diventa essa stessa un giallo. A cominciare dalle movenze del liquidatore che indicato dai Citrigno ora si starebbe comportando, secondo Regolo e Carlo Parisi, in modo assolutamente anomalo per non dire sospetto. Un liquidatore che in queste ore starebbe tentando anche di mediare e di riavvicinare gli interessi di Citrigno e De Rose mettendo nell’angolo giornale e redazione? Impossibile dirlo in questa fase e con questi elementi ma Regolo, il direttore gentile che viene dalle riviste mondane, questo sospetta. E tutto si può dire a Regolo tranne che si stia comportando come uno sprovveduto dall’inizio del suo avvento. In conferenza stampa è stato chiaro, c’è qualcosa di torbido e di paradossale nel rapporto tra la famiglia Citrigno e De Rose. E giù con le domande. Una su tutte, come si fa a stampare un giornale senza pagare la

Luciano Regolo

Inevitabile, e troppo prevista, arriva la fine per il quotidiano diretto da Luciano Regolo e che negli ultimi due mesi è stato al centro dell'attenzione nazionale per il caso Gentile e De Rose, la famosa telefonata per la (presunta) censura Ma gli interrogativi, e le ombre, rimangono stampa fino ad arrivare a 900mila euro di debiti? Quale stampatore consente una cosa del genere? Regolo se lo chiede, e lo chiede, in conferenza stampa. E non è l’unica domanda ad alta voce perché il direttore dell’Ora va oltre. La precedente società editrice, dice Regolo, ha una procedura fallimentare in corso e che vede ancora come principale creditore sempre lo stesso, De Rose. Bene, dice in conferenza stampa, perché anche l’attuale società editrice ha deciso di continuare a stampare da De Rose? Perché sempre lui? E come mai nel contratto di stampa ci sono penali pesantissime per l’editore e ridicole invece per lo stampatore? E perché lo stesso giornale con una stampa tutta a colori costerebbe il 30% in meno per esempio in Puglia? Perché Citrigno negli anni ha accettato tutto questo? E soprattutto, domanda già

fatta, come si fa a continuare a stampare quando si hanno così tanti debiti con lo stampatore? In qualsiasi altra parte del mondo l’uscita del giornale sarebbe stata interrotta molto prima senza arrivare a 900mila euro di debiti e allora che c’è veramente di sotto tra De Rose e Citrigno? Tutte queste domande Luciano Regolo, seduto al fianco di Carlo Parisi del sindacato dei giornalisti, se l’è poste ad alta voce. Ben consapevole del fatto che il giornale ormai è andato dalle mani del corpo redazionale, ivi compreso il sito. Quel che ne sarà dell’Ora lo sapremo presto, l’iter quello è. Ci sarà una vendita, un tentativo. E chi vorrà metterci dei soldi dovrà fare i conti con quanto avanza De Rose e con quanto avanzano tutti i dipendenti, più facile rianimare un fantasma in queste condizioni. Razionalmente l’ipotesi più plausibile è quella che passi proprio nelle mani di De Rose, il principale creditore, la palla. Di diritto o di rovescio. E, numericamente parlando, è anche giusto che sia così. Cosa accadrà poi è impossibile da prevedere. Quel che è certo è che i ragazzi non l’hanno presa bene e da ieri hanno deciso di occupare la redazione. «A larghissima maggioranza si è deciso - si legge in una nota - di occupare la sede centrale della redazione a Rende. Tale decisione è una forma di protesta contro la brutale chiusura del giornale e l’ostinata volontà del liquidatore della società editrice dell’Ora, Giuseppe Bilotta, di rimuovere l’illegittimo oscuramento del sito internet. Il liquidatore, inoltre, nella giornata di ieri senza alcun preavviso ha imposto il godimento forzato di 15 giorni di ferie e ha annunciato l’avvio della procedura del licenziamento collettivo. Durante l’occupazione la redazione si legge ancora - promuoverà dibattiti sulla libertà di stampa e procederà con i propri mezzi a informarne quotidianamente la comunità dei lettori. Invitiamo tutti i colleghi delle redazioni periferiche - si legge infine - a unirsi alla protesta, comunicandoci la disponibilità a partecipare ai turni di occupazione».

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L’Ordine degli avvocati istituisce la Camera arbitrale Con delibera del 23 aprile il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Cosenza ha istituito la Camera Arbitrale. È stata intitolata al compianto avvocato Raffaele Guarnieri, già presidente dell’Ordine nel 1989, deceduto nello svolgimento delle funzioni istituzionali. Presidente del Consiglio Arbitrale, che è l’organo di rappresentanza e di gestione della Camera Arbitrale, è stato designato il presidente dell’Ordine, Oreste Morcavallo. Componenti del Consiglio Arbitrale sono stati designati i componenti del Consiglio dell’Ordine. Il presidente Morcavallo ha dichiarato: «È una istituzione di grande importanza e rilevanza per l’intera regione rappresentando una valida alternativa alla soluzione giudiziale delle controversie, con un procedimento connotato dalla rapidità ed economicità. Il Consiglio dell’Ordine di Cosenza si po-

ne all’avanguardia tra tutti gli Ordini italiani, ed è tra i primi ad istituire una Camera Arbitrale, che rappresenta una soluzione moderna ed efficace per tutto il contenzioso civile e commerciale, anticipando, pure, l’indirizzo legislativo teso a favorire soluzioni alternative ad evitare le lungaggini del processo ordinario, che hanno portato l’Italia a subire pesanti sanzioni dalla Commissione europea per la Giustizia e continue condanne delle varie Corti d’Appello per la ragionevole durata del processo. Vogliamo offrire agli avvocati, ai cittadini, agli imprenditori, alle società, agli Enti uno strumento valido, economico, rapido per definire le liti, con una egida di grande tradizione, di riconosciuta competenza ed imparzialità qual è l’Ordine degli avvocati di Cosenza».


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Sabato 26 Aprile 2014

Le eccellenze per sperare

Il Centro per lo Studio e la Cura delle Cefalee dell'Irccs Neuromed di Pozzilli punto di riferimento per un problema di grande rilevanza sociale

Cefalee:

la lunga alleanza tra paziente e medico Il mal di testa è da sempre un protagonista del folklore popolare, tra battute e facili scuse utili per evitare qualche compito poco gradito. Ma, al di là della barzelletta o della frase buona per un vecchio film comico degli Anni ‘80, ciò che la medicina chiama più specificamente cefalea può diventare un problema molto serio. Per la maggior parte delle persone è un disturbo occasionale, il classico cerchio alla testa che viene quando si è sotto stress per un esame o si è esagerato la sera prima con il cibo o l’alcol. Una pillola, una bustina sciolta nell’acqua, oppure semplicemente si aspetta un po’ e tutto torna a posto. Non è così per quei dieci milioni di Italiani (2 miliardi e mezzo in tutto il mondo, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità) che ne soffrono in modo più frequente, fino ad avere in alcuni casi un peggioramento significativo della propria qualità di vita. Il Centro per lo Studio e la cura delle Cefalee dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Is), riconosciuto come centro di terzo livello con Headache clinic dalla Società italiana per lo studio delle cefalee (Sisc), affronta quotidianamente questi problemi. Ascolta persone che da tempo convivono con il mal di testa, che spesso hanno tentato a lungo di gestire la situazione con i farmaci, fino a non averne più giovamento. E ascoltare è un termine molto importante, perché il mal di testa ha una sua storia, diversa da persona a persona. Proprio questa storia è fondamentale per affrontarlo correttamente. «Inquadrare a dovere un mal di testa - dice la dottoressa Anna Ambrosini, responsabile del Centro cefalee - è un lavoro lungo, che richiede un grande dialogo. Nel corso di una prima visita per cefalea, ad esempio, dobbiamo porre ai nostri pazienti più di 300 domande. Il fatto è che non esiste per il momento alcun esame specifico capace di dirci se la persona davanti a noi ha un tipo di mal di testa oppure un altro. Non possiamo fare un test e leggere un risultato. Il suo racconto, la sua esperienza personale, sono fondamentali per operare una diagnosi corretta e proporre un eventuale percorso terapeutico personalizzato».

La dottoressa Anna Ambrosini

C’è un momento nella vita di chi soffre di mal di testa. Avviene quando diventa un vero problema, quando non è più qualcosa che capita una volta ogni tanto (è da ricordare che in Italia il 52% delle donne ed il 42.8% degli uomini ha avuto almeno un episodio di cefalea nello scorso anno), oppure quando si comincia a prendere antidolorifici un po’ troppo spesso. «Quella è una fase molto importante - continua Ambrosini -. Il paziente può trovarsi ad assumere farmaci sempre più spesso, a lasciare che la cefalea condizioni la sua vita e le sue scelte. Oppure può cominciare a cercare compulsivamente le possibili cause del suo mal di testa. Esistono, è vero, cefalee attribuibili ad alcune patologie organiche o meno, sia triviali che molto serie: sono le cefalee definite secondarie, che possono essere trattate curando la malattia che ne è alla base, quando questo è possibile. Ma rappresentano solo il 10% dei mal di testa, e sono sempre riconoscibili dal


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Sabato 26 Aprile 2014

Le eccellenze per sperare

Questione di risparmio...

Se il cervello consuma molto (e ha scarse risorse energetiche) Le cause alla base dell’emicrania non sono ancora ben conosciute. Le teorie più moderne indicano come questa patologia sia una complessa sindrome che coinvolge sia strutture nervose che vascolari, e che rendono il cervello del paziente che soffre di emicrania in qualche modo “diverso”. Nelle persone non colpite da questo disturbo, avviene un fenomeno ben noto: il cervello si adatta agli stimoli che vengono dall’ambiente (ad esempio luci, suoni, odori, sensazioni tattili). All’arrivo di uno stimolo nuovo il sistema nervoso reagisce attivandosi. Ma poi, con la ripetizione dello stesso stimolo, la reazione diminuisce, come se si abituasse. Nel paziente emicranico questa abitudine non si sviluppa, anzi, può succedere che l’attivazione dei neuroni aumenti con la ripetizione dello stimolo. Questo significa un maggiore consumo di energia da parte delle cellule nervose. Però si è visto anche che nelle persone colpite la riserva energetica a disposizione del cervello è inferiore al normale. Quindi, come suggerito da molti scienziati, è come avere una Ferrari con il serbatoio di una 500. Ad un certo punto le riserve si esauriscono, ed il cervello è come se si fermasse per ristabilirsi. In questa fase si innesca l’attivazione di una complessa struttura anatomica, il “sistema trigemino-vascolare”, responsabile di tutti gli eventi biochimici e vascolari che accompagnano la crisi di emicrania. Ogni paziente ha uno o più stimoli precisi che possono, in alcune condizioni, far precipitare la situazione determinando l’insorgenza della crisi emicranica. Sono i “trigger”, un cibo particolare, sovraccarichi sensoriali come condizioni di luminosità intensa o forte rumorosità o confusione, condizioni climatiche o ambientali, variazioni nelle proprie abitudini di vita. Evitarli, quando questo è possibile, fa parte della strategia di prevenzione degli attacchi.

della vita. Non è solo un problema del singolo individuo: a parte i costi delle cure e delle visite, che gravano sul Sistema sanitario nazionale, l’emicrania pesa molto anche sui familiari, fa perdere ore di lavoro, diventa insomma un carico per l’intera società. Medico esperto di cefalee che esegua una anamnesi accurata ed un buon esame clinico. La stragrande maggioranza dei casi di mal di testa è invece rappresentata da cefalee primarie, in cui la cefalea stessa è la malattia ed il dolore ed i sintomi che lo accompagnano sono soltanto un’espressione della malattia. Arriva un momento in cui, dopo aver fatto i necessari esami per escludere la presenza di altre malattie, il mal di testa cronico deve essere trattato per quello che è: una patologia precisa a sé stante, che ha bisogno di un percorso specialistico adeguato». Forse è proprio a causa della grande diffusione di questo problema, quasi a vederlo come qualcosa di familiare, che in tutto il mondo manca una “cultura” del mal di testa, come sottolinea la responsabile del Centro: «Le cefalee rappresentano il disordine neurologico più diffuso, eppure non c’è una adeguata consapevolezza da parte di chi ne soffre. A volte neanche da parte degli stessi medici. Può succedere che vengano prese come un fastidio con cui convivere». E spesso le cose possono peggiorare. Col tempo i normali antidolorifici, presi a dosi troppo alte o con troppa frequenza, diventano inefficaci, e la situazione si cronicizza. La risposta è nel percorso specialistico, «che seguirà il paziente per tutta la vita. - commenta Ambrosini - La cefalea primaria non guarisce. È un po’ come l’ipertensione arteriosa essenziale o il diabete mellito: si tratta, si tiene sotto controllo, si può curare, ma sappiamo (e lo deve sapere il paziente) che non si risolverà mai definitivamente». Tra i vari tipi di mal di testa ce n’è una forma particolare: l’emicrania, la più comune tra le cefalee “debilitanti”, cioè capaci di provocare una decisa diminuzione della qualità

«Nell’emicrania - spiega la responsabile del Centro nel Neuromed, che ha recentemente ospitato il VI Congresso della Sezione regionale Lazio-Molise della Società italiana per lo studio delle cefalee (Sisc) - il dolore è solo uno degli aspetti di quella che va considerata una vera sindrome. È un quadro complesso, nel quale può anche accadere che

altri fattori (ad esempio la nausea, spesso presente, o il fastidio causato dalla luce o dai rumori) diventino più importanti del dolore nel limitare la vita quotidiana del paziente. Sappiamo che questa patologia ha una forte predisposizione familiare, cosa che ci fa puntare verso una origine genetica. Ma esiste anche una grande variabilità da persona a persona, senza dimenticare che le donne ne soffrono tre volte di più rispetto agli uomini. Inoltre, un’altra caratteristica importante, esistono i cosiddetti “trigger”, fattori scatenanti di un attacco di emicrania. Nel 30% dei casi può trattarsi di alcuni cibi, oppure qualche variazione nelle abitudini quotidiane, come svegliarsi più presto o più tardi del solito. Un ruolo importante giocano poi le fluttuazioni ormonali che si verificano durante il ciclo mestruale. Ma di trigger ce ne sono tanti, diversi da persona a persona, e spesso il paziente non ne è consapevole. Ecco perché gli consegniamo un vero diario da compilare, dove annoterà la comparsa di episodi di emicrania e gli eventuali fattori che possano averli provocati. In questo modo sapremo quali sono i trigger di quella persona, e potremo aiutarlo a ridurre gli attacchi evitando certi comportamenti». Oltre alla prevenzione legata alle abitudini di vita, nella terapia dell’emicrania entrano naturalmente in gioco anche i farmaci: «Dobbiamo considerare due fasi. Abbiamo il trattamento preventivo, nel quale vengono usati farmaci anche molto diversi tra loro che, usati comunemente per altre patologie, si sono rivelati utili anche nel ridurre gli episodi di emicrania. E c’è la fase di gestione dell’attacco. I comuni analgesici, se funzionano, vanno bene. Altrimenti si punta su farmaci più specifici». E quante sono le storie di successo? «Possiamo dire che otteniamo miglioramenti significativi nel 70-80% dei casi. Le varie strategie che mettiamo in atto puntano a gestire la patologia, a limitarla, restituendo qualità della vita al paziente. Ma ripeto, è un percorso che dura tutta una vita. E che deve vedere una collaborazione strettissima tra il paziente, il suo medico e gli specialisti».

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Sabato 26 Aprile 2014

Avanti popolo alla riscossa

Con Tsipras a rincorrere un’utopia

Pino Scarpelli, a destra, durante un comizio

Pino Scarpelli è stato eletto segretario regionale di Prc (Partito della Rifondazione comunista), un ritorno il suo che ha creato molto consenso e qualche mugugno dei militanti che aspettavano un volto nuovo in grado di accendere entusiasmi sopiti dalla storia recente di divisioni e scarsi successi elettorali che hanno sfiduciato simpatizzanti e attivisti. È prevalsa la linea dell’esperienza, la capacità organizzativa e la conoscenza delle varie anime del partito che sono il patrimonio del neo segretario. C’è qualche mugugno per la sua elezione. Il compito delle ricostruzione del partito non è certo facile, perché bisogna mettere insieme le varie anime di un movimento che ha nel suo Dna la gran voglia di partecipazione, dove ogni militante si sente una forza attiva che vuole essere presente nel dibattito. Questo può ingenerare l’impressione di un dissenso diffuso, ma alla fine quello che conta è la capacità di proposta, la possibilità di offrire una piattaforma programmatica per dare un contributo concreto alla ricostruzione del Paese dopo la devastazione culturale del berlusconismo. Ma la politica è numero, non crede che bisogna recuperare il consenso per poter incidere nella realtà? Noi siamo una forza attiva e dinamica e siamo sempre presenti sui problemi. In un momento in cui prevale in tutte le forze politiche la personalizzazione, il leaderismo, il carisma del capo. Noi dobbiamo ritrovare i valori, le idee, ritornare tra la gente per combattere i populismi vecchi e nuovi. Per questo c’è bisogno di un grande partito di sinistra che punti al rinnovamento della politica, a offrire un modello positivo che superi la subalternità ai grandi poteri economici, alla finanza che ci ha condotti in questo tunnel senza uscita. Ma senza numeri in politica non si va da nessuna parte.

Intervista al nuovo segretario regionale Prc Pino Scarpelli, che riprende la guida del partito dopo un percorso accidentato che lo ha visto a fianco di Nichi Vendola. Un ritorno che ha provocato qualche mugugno tra i militanti, ma che sottolinea la volontà di una ripartenza di una biodiversità politica Nelle prossime elezioni siamo nella grande coalizione “Altra Europa con Tsipras”, per ripetere il miracolo greco, che ha trasformato una crisi devastante che ha colpito tutta la società ellenica in una grande opportunità di cambiamento. La grande forza delle idee può imporre una svolta alla politica europea, trasformare una organizzazione economico-finanziaria in una grande società solidaristica dove prevalgano i valori umani, la solidarietà, la giustizia sociale. Alexis Tsipras ha dimostrato che è possibile inseguire un sogno, che possiamo costruire un futuro di giustizia sociale ed uguaglianza. Abbiamo bisogno di una grande forza per poter realizzare questo grande progetto

e dobbiamo dare ai giovani la speranza che si può costruire un futuro migliore. Chi dovranno essere i protagonisti di questa nuova stagione politica? Se guardiamo al passato non abbiamo molto da scegliere. Ritengo che ci sia necessità di un profondo rinnovamento negli uomini e nelle idee. Domenico Gattuso e Tonino Perna in Calabria sono certamente proposte nuove, che possono rappresentare una base di cambiamento. Senza dimenticare gli altri elementi della lista che sono tutti di altro profilo intellettuale ed umano, come lo scrittore Ermanno Rea, o Barbara Spinelli che da sempre è il simbolo dell’altra Europa, l’Europa dei popoli, dei cittadini, dei diritti. Come Prc nazionale abbiamo messo in campo la compagna Eleonora Forenza, giovane ricercatrice universitaria, studiosa del pensiero gramsciano ed attivista nei movimenti che si battono contro la precarietà. La madre di tutte le battaglie in questo momento è il rinnovo del Consiglio Regionale. Abbiamo bisogno di un risultato positivo a maggio per poter avere un ruolo anche nelle elezioni regionali. Intanto chiedo con forza che il governatore chiuda immediatamente questa fallimentare esperienza che ha portato la Calabria sull’orlo del disastro. La pantomima delle dimissioni ha dimostrato al di là di qualsiasi ragionevole dubbio, che l’unica sua preoccupazione sono i propri interessi personali senza curarsi affatto degli effetti negativi che questo stato di incertezza provoca nella regione. È scaduto qualsiasi termine logico e deve immediatamente andarsene perché la Calabria ha bisogno di ripartire. Quali sono le priorità per la regione? Siamo nel punto più basso della nostra storia regionale. Non è possibile alcun paragone con le esperienze del passato, anche se non brillano per i risultati e non hanno lasciato un segno positivo come dimostra la condizione in cui ci troviamo frutto di una scellerata politica di lungo corso. Noi concentriamo la nostra attenzione su una base programmatica condivisa per un profondo rinnovamento della politica basato su cinque punti. In primo luogo la sanità per dare finalmente ai calabresi la possibilità di curarsi senza dover essere costretti ai viaggi della speranza, in secondo luogo vogliamo immediatamente una legge regionale sui rifiuti che ponga fine alla lunga stagione dell’emergenza che ha portato al commissariamento del commissario, una politica dei trasporti, la realizzazione di un Piano archeologico per l’intero Mezzogiorno, sulla scia delle proposte di Battista Sangineto che valorizzi uno dei patrimoni più rilevanti del mondo, una legge regionale sulla depenalizzazione delle droghe leggere e la coltivazione della cannabis e infine una politica per i beni comuni. Cosa intende per beni comuni? L’acqua, il suolo, l’energia. Dobbiamo guardare al futuro con l’obiettivo di offrire alle prossime generazione una elevata qualità della vita abbandonando la filosofia economicistica, lo sviluppo senza limiti che sta distruggendo il pianeta. Beni comuni sono tutti quei beni che non sono proprietà di nessuno, come l’acqua, l’aria, il clima, le risorse del mare, la biodiversità, le orbite satellitari, le bande dell’etere, la conoscenza, la cultura che costituiscono il vero patrimonio dell’umanità. La loro difesa è la piattaforma programmatica sulla quale dobbiamo concentrare i nostri sforzi, per una politica solidale che valorizzi i valori della cooperazione e della solidarietà. o.p.

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Sabato 26 Aprile 2014

Il telecomando con i tasti d’oro

Schermo piccolo

cassa grande... La grande rivoluzione delle Tv è ormai alle spalle. Nessuno ricorda più la differenza tra il segnale analogico e quello digitale. Lo stesso decoder è ormai un oggetto misterioso che non ha vita propria, ma costituisce una componente occulta dei nuovi apparecchi televisivi. In più vi è la grande avanzata delle web Tv, un esercito di emittenti senza confini pronti a invadere il nostro mondo virtuale. La grande rivoluzione che doveva dare trasparenza e informazione locale libera e indipendente allora è già terminata o non è ancora iniziata? A giudicare dalla qualità delle informazioni la situazione è sicuramente peggiorata. Le Tv locali non interessano più a nessuno, poiché sono state bruciate da un’offerta da parte delle emittenti nazionali che hanno enormemente aumentato il numero di ore di trasmissione, per cui il loro spazio si è di molto ristretto. A questo bisogna aggiungere la grave crisi economica che ha inaridito la pubblicità locale, poiché sono molto pochi gli operatori economici che ancora hanno voglia di investire nelle emittenti locali per la marginalità che li condanna … alla marginalità. Si è innescato un perfetto circolo vizioso, nessuno investe nelle Tv locali perché non assicurano una efficiente copertura: il famoso share si è ristretto dalle fondamenta. Di fatto, è diventato un miraggio. Senza share non c’è pubblicità, senza pubblicità non c’è share. La risposta dovrebbe venire con un duplice sforzo, quantitativo in termini di risorse investite e qualitativo per programmi che trovino il gradimento del pubblico. Non ci sono investimenti nel settore e pertanto è difficile pensare ad una svolta. Ma è proprio così? E no che non è proprio così. In Calabria, ovviamente, ci pensa la mammella della spesa pubblica (e forse clientelare) a sistemare le cose, a darne un senso, a campare famiglie, tante famiglie… A guardare attentamente nel mare magnum della spesa pubblica le sorprese non finiscono mai. Nel settore delle comunicazioni che produce meno, che attrae meno e che meno ancora è stato reso appetibile da investimenti privati ecco arrivare, ogni anno da parte della Regione, milioni di euro alle Tv locali, purché ne fanno semplicemente richiesta e dimostrino di averne i requisiti. Quest’anno poco meno di tre milioni di euro sono stati spartiti. Non sono pari ai fondi europei, ma si tratta pur sempre di una bella cifra, che se correttamente impiegata potrebbe garantire la sopravvivenza dignitosa di una decina di emittenti locali. Per ora sembra che garantiscano solo il finanziamento di qualche clientela politica, ma questo è un altro discorso che rimandiamo alla prossima puntata considerato che sembra che vi siano molte amenità nel campo, come una emittente inesistente nell’etere che paga (con i soldi pubblici ovviamente) decine di dipendenti per raccogliere pomodori. Una presunta emittente privata che nella Sibaritide prende i quattrini per pagare presunti dipendenti quando invece, i soldi, li spende poi per farli lavorare nei campi. Ma assicurano che sono molto telegenici e potrebbero essere utilizzati (i pomodori) per qualche quadro di natura morta da mandare in onda negli intervalli di trasmissione in luogo delle famose pecorelle d’antan. Per il momento si tratta di gossip da registra-

L'euromondo delle tv locali calabresi. Improduttive, poco tecnologiche, in depressione per spazi pubblicitari e ascolti Ma finanziate, molto finanziate. Più o meno tutte acchiappano quattrini dalla Regione (pubblichiamo quanto hanno preso nel 2013) ma il vero arcano è l'assegnazione delle frequenze che potrebbero essere abusive C'è di tutto in questo cahier des doléances Chi non ha presentato i bilanci, chi non ha dimostrato di possedere gli impianti di trasmissione, chi non ha un patrimonio adeguato, chi non ha mai trasmesso nella regione, chi non ha allegato i documenti di riconoscimento, chi (forse) impiega il personale tecnico (finanziato) per la raccolta di arance nei campi

re con il beneficio dell’inventario. Ma approfondiremo. Ma è dalla vicenda delle concessioni in generale che si determina il “virus” della moneta da spartire a pioggia. Improvvisamente nel 2009 un comunicato stampa diffonde una strana notizia, che si riporta integralmente per evitare di incorrere in qualche imperdonabile errore. «Cosenza, 3 apr. - (Adnkronos) - La polizia postale e delle comunicazioni ha sequestrato in contrada Timparello Alto, nel comune di Lappano, cinque apparecchiature radioelettriche con i quali veniva esercitata la trasmissione abusiva di canali televisivi. I ripetitori utilizzati dalle emittenti Canale Italia, Radio Talia Tv e 7 Gold, con i loro segnali disturbavano la ricezione di emittenti televisive locali e nazionali. Il controllo è scaturito a seguito di una serie di denunce sporte da cittadini e da istituzioni locali che da mesi non riuscivano più a ricevere canali televisivi nazionali come quelli Rai. Il sequestro è avvenuto dopo che gli specialisti dell’ispettorato territoriale Calabria (sede di Cosenza) hanno monitorato i canali di trasmissione con l’ausilio di speciali apparecchiature che permettono di identificare univocamente i segnali di uscita di ciascuna emittente. È emerso che questi canali televisivi avevano occupato abusivamente le frequenze concesse ad altre emittenti. Uno degli impianti risultava già sequestrato in precedenza ed è stato rimesso in funzione dopo aver rotto i sigilli. I responsabili legali delle reti sono stati denunciati alla Procura di Cosenza». Un bel pasticcio che sarà la magistratura competente a dipanare. D’allora non si è saputo più niente, ma aspettiamo fiduciosi. Si sa che i nostri nonni dicevano: «A Curti è Curti, ma è longa longa». Insomma, la giustizia arriva con un passo di lumaca. Ma ricordando qualche nome e spinti dalla curiosità, prendiamo dal sito del ministero l’elenco delle emittenti televisive autorizzate in sede di switch-off, che pubblichiamo integralmente. (Per tutti gli smemorati si ricorda che lo switch-off era il momento del miracoloso passaggio al digitale terrestre che ha spento definitivamente il segnale analogico). Con sorpresa compare qualcuno di quei nomi che si trovano ai primi posti della classifica tra coloro che trasmettevano abusivamente dai ripetitori di Lappano. Si deve precisare che Lappano è una sede ideale per la diffusione del segnale poiché consente la copertura di gran parte della provincia di Cosenza, ma ovviamente vi sono altri punti in cui sono collocate delle antenne e che coprono altre aree del territorio regionale. Anche in questo la Calabria è particolarmente svantaggiata perché per raggiun-

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Mezzoeuro Il telecomando con i tasti d’oro

gere l’intero territorio è necessario ripetere il segnale in molti punti con una moltiplicazione dei costi. In Puglia, al contrario, è sufficiente un unico ripetitore per l’assenza di catene montuose che ostacolano la diffusione. Resta il fatto che al di là dell’abuso, quello della copertura è un elemento essenziale per la determinazione del punteggio che ha determinato la concessione alle emittenti che occupano i primi posti della graduatoria. E la graduatoria vuol dire, giusto per tornare alle cose di questo mondo, i quattrini della sopravvivenza in altri termini impossibile e ingiustificata dal mercato. La domanda che sorge spontanea, secondo Catalano, è se quello che è abusivo ieri resta abusivo anche al momento in cui è stata redatta la graduatoria, il che significherebbe che quella graduatoria sarebbe inficiata, diciamo così, da qualche piccola irregolarità. Piccola? Non esageriamo. A scorrerla quella lista sorge più di un dubbio e le irregolarità sembrano enormi. Una prima anomalia è quella della storicità, che nel linguaggio burocratico-televisivo indica il numero di anni di trasmissione nella regione. Sorpresa! Vi sono ben tre televisioni con storicità zero, il che significa che non hanno mai trasmesso niente in Calabria. Una di queste è oltre il limite dei diciotto posti utili, e ben gli sta. Se non è una emittente calabrese non poteva concorrere come emittente locale. Sorpresa! Le altre due sono entrambe nel gruppo che occupa il primo posto in graduatoria. Come a dire che il primo gruppo televisivo calabrese è costituito da due televisioni che con la Calabria non hanno mai avuto niente a che fare, né hanno mutato la loro linea gestionale successivamente. Sono qui solo per partecipare al piatto di lenticchie dei contributi regionali. Qualche maligno suggerisce che risultino essere emittenti nazionali che non potevano partecipare al bando per l’assegnazione delle frequenze locali proprio perché non erano presenti nella regione. Sarebbe interessan-

te sapere chi ha organizzato tutta questa manfrina. Magari qualche politico di lungo corso con una ben consolidata esperienza nel settore. I nomi sembrano richiamare alla mente qualcosa... Nomen omen? Si nasconde lì il segreto? Mah! Un piccolo particolare potrebbe essere illuminante. L’elemento decisivo nella lotteria dei punti è stato il patrimonio di ben 30 milioni di euro. Un bel gruzzoletto che ha consentito a questa società di partecipare a decine di bandi locali in tutta Italia. Ma non finisce qui. Troviamo una emittente che, con un patrimonio superiore ai minimi previsti dalla legge (155mila euro per la cronaca), dichiara tremila euro di fatturato annuo e otto dipendenti assunti! Miracoli calabresi; ma approfondiremo pure questo. Le emittenti che potevano partecipare al bando per l’assegnazione delle frequenze dovevano possedere un patrimonio al netto delle perdite superiore a 155mila euro e per la determinazione del punteggio si prendeva in considerazione il numero di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, l’ampiezza della copertura della popolazione e la priorità cronologica di svolgimento dell’attività con riferimento all’area di copertura. I requisiti di base erano insomma costituiti dal patrimonio netto, dalla storicità e dalla copertura superiore al 50% del territorio di riferimento della concessione. Poi arrivano i fantasmi! Infatti, l’Agcom ha disciplinato e promosso il ricorso a forme di “spectrum sharing” tra emittenti. Questo significa che viene consentita, se non favorita, la facoltà di concludere queste intese tra le emittenti, con lo scopo di coniugare «la massima efficienza dell’uso dello spettro radiotelettrico con il massimo grado di pluralismo del settore locale», come afferma l’Authority. Molti sono i dubbi interpretativi al riguardo. I requisiti dovevano essere posseduti da ciascun componente dell’intesa, o da uno solo di essi? È il caso del primo gruppo televisivo nell’elenco: due dei componenti sono calabresi e due no. Gli uni sanano gli altri?

Un bel pasticcio. Possibile che nessuno abbia voluto vederci chiaro? Facendo un po’ di web surfing si scopre che vi sarebbe una procedura amministrativa dove sono esposti una serie infinite di doglianze sul modo in cui tutta la questione è stata gestita. I ricorrenti chiedono l’annullamento, previa sospensione dell’esecutorietà, della graduatoria per l’assegnazione delle frequenze televisive alla emittenti locali per la Regione Calabria pubblicata sul sito Internet del ministero il 31 maggio 2012, di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguenziale, anche di esecuzione, ivi inclusi gli eventuali ignoti provvedimenti di assegnazione di diritti d’uso di frequenze radiotelevisive ai contro-interessati. C’è di tutto in quel cahier des doléances. Chi non ha presentato i bilanci, chi non ha dimostrato di possedere gli impianti di trasmissione, chi non ha un patrimonio adeguato, chi non ha mai trasmetto nella regione, chi non ha allegato i documenti di riconoscimento, chi non ha dimostrato di aver formalizzato l’accordo di “spectrum sharing”... Sembra di sentire Rino Gaetano. Il sistema della informazione calabrese è uno degli elementi deboli, che richiede un intervento drastico, specie dopo il fallimento di uno dei quotidiani di punta che pur svolgeva una funzione di stimolo in una regione articolata e difficile. L’Ispettorato regionale del Ministero dello Sviluppo economico ha svolto un encomiabile lavoro per dare un assetto razionale al sistema radiotelevisivo. Ma evidentemente ostacoli ed impedimenti non hanno consentito di evitare errori e manipolazioni. Adesso tocca alla magistratura amministrativa. Ma anche la magistratura calabrese (ordinaria) potrebbe avere qualcosa da indagare in un settore delicato come quello dell’informazione. In particolare quella reggina, per competenza territoriale, considerato che gli organi preposti, Agcom e Ispettorato, hanno sede in quella città... o.p.


Mezzoeuro Il telecomando con i tasti d’oro Come nasce la graduatoria del Corecom La graduatoria viene stilata dal Corecom (Alessandro Manganaro presidente, Carmelo Carabetta e Gregorio Corigliano componenti) tenendo conto del numero dei dipendenti a tempo indeterminato (con particolare riferimento al personale giornalistico dipendente) e - in piccola parte - del fatturato (massimo 200 punti). Vengono, infatti, assegnati 60 punti per ogni giornalista professionista, 45 per ogni pubblicista o praticante, 30 per ogni altro dipendente, 15 per gli assunti con contratto di formazione lavoro. Per i dipendenti a tempo determinato, invece, 12 punti per anno per ogni giornalista professionista, 9 per ogni praticante o pubblicista e 6 per ogni altro dipendente a tempo determinato o con contratto di apprendistato. Le unità di personale assunte con contratto a tempo parziale ovvero a tipologia di orario ridotto modulato flessibile sono valutate nella misura percentuale corrispondente alla quota di orario della prestazione effettivamente svolta, rapportata al contratto a tempo pieno. Si prendono in considerazione i contratti di lavoro stipulati anteriormente al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della domanda per ottenere il contributo. Il punteggio è rapportato al periodo di durata del contratto. Esclusi, dunque, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) che, pur prevedendo la medesima aliquota contributiva dei contratti di lavori dipendente, non danno diritto a punteggio. Delle 32 domande presentate dalle aziende per l’anno 2013, 29 hanno superato il primo esame del 27 novembre ed altre quattro si sono viste azzerare il punteggio dei dipendenti per irregolarità contributiva. Nella graduatoria stilata il 24 gennaio scorso al primo posto (ma soltanto in virtù di oltre 1 milione di euro di fatturato) figura Teleuropa con 970,07 punti (26 dipendenti di cui 9 giornalisti che le hanno fruttato 362 punti), tallonata da Radio Tele International 813,50 punti (24 dipendenti di cui 9 giornalisti) che, però, con 385,88 punti svetta al primo posto per impiego di personale giornalistico. Al terzo posto Video Calabria con 693,91 punti (17 dipendenti di cui 4 giornalisti) seguita da: Reggio TV 643,88 punti (29 dipendenti di cui 7 giornalisti), Telereggio (che nell’anno di riferimento era ancora aperta) 462,59 punti (14 dipendenti di cui 3 giornalisti), Telemia 372,07 punti (12 dipendenti di cui 5 giornalisti), Telestars 223,99 (15 dipendenti d cui 3 giornalisti), Rete 3 181,65 (8 dipendenti di cui 3 giornalisti), Radio Tele Jonio 166,27 (5 dipendenti), Calabria Tv 163,98 (8 dipendenti di cui 1 giornalista), Tele A1 Corigliano 160,10 (4 dipendenti), Tele A 57 89,70 (7 dipendenti di cui 1 giornalista), Telelibera Cassano 85,43 (2 dipendenti di cui 1 giornalista), Radio Tele Diogene 69,04 (4 dipendenti di cui 2 giornalisti), Soverato Uno 55,27 (4 dipendenti), Telitalia 48,71 (9 dipendenti di cui 1 giornalista), Telemormanno 34,05 (1 dipendente), Viva Voce TV (2 dipendenti giornalisti), Rete Sud 5,86 (13 dipendenti), Promovideo Gerace Network 3,49 (nessun dipendente), Televideo Pm 2,39 (nessun dipendente), Esse TV 1,73 (nessun dipendente), Azzurra TV 1,32 (nessun dipendente), Tele Magna Graecia 1,15 (nessun dipendente), Rete Azzurra Tv 1,06 (nessun dipendente), Soverato Uno minoranze linguistiche 0,99 (nessun dipendente), Canale 10 Radio Tv 0,05 (nessun dipendente), Telediamante 0,46 (nessun dipendente), Teleradio Speranza S.G. 0,44 (1 dipendente giornalista). Azzerato in parte, per “irregolarità contributiva”, il punteggio relativo ai dipendenti di: Telitalia, Viva Voce Tv, Rete Sud e Teleradio Speranza. Escluse, infine: Tele Tebe, GS Channel e Tua Channel.

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