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Mezzoeuro numero 30 - Anno 13 - Sabato 26 Luglio 2014

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settimanale d’informazione del Mezzogiorno d’Europa

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Sabato 26 Luglio 2014

Travagli (poco) democratici

I mandati inconfessabili e il “papa nero” dello Stretto Nelle prossime ore Mario Oliverio andrà incontro a una vera e propria imboscata, in gran parte congegnata alle sue spalle. Non ha molto tempo per accorgersene e trovare una via d’uscita, diciamo non oltre il fine settimana. Ma qualche ora ce l’ha ancora prima di finire sulla griglia dell’arrosto. Mentre scriviamo è andato via il tempo del gusto e del piacere dell’ascolto delle parole del ministro Orlando a Cosenza, nel Mezzoeuro Palazzo di Mario Oliverio. E non sapFondato da Franco Martelli piamo se ha parlato di “politica” o se ha seguito il protocollo ministeriale che vuole che solo di giustizia si conferiEdiratio editore sca. Sappiamo solo che ci sono stati casini all’ingresso per via di alcuni maDirettore responsabile nifestanti e poi più nulla. Ma qualsiasi Domenico Martelli cosa abbia detto Orlando di non conforme alla linea del protocollo ci sarà coRegistrazione munque poco di cui fidarsi. Tribunale di Cosenza A stretto giro è in arrivo una lettera o n°639 un documento del premier Renzi che del 30/09/1999 dice di schierarsi, da tifoso e non da arbitro, a fianco di Callipo. Dopo di che Redazione inizierà il fuggi fuggi dalla postazione e amministrazione di Oliverio, gli accoltellamenti alle spalvia Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza le. Giovani turchi, giovani vecchi, vecchi vecchi e vecchi marpioni si muoResponsabile veranno all’alba per non deludere il presettore economia mier e qualcuno di questi è già in moOreste Parise vimento (anche telefonico) per addolcire il ponte del travaso. Oliverio in poProgetto che parole si troverà solo e accerchiae realizzazione grafica to, dopo l’irruzione del documento di Maurizio Noto Renzi. In gran parte anche tradito da chi nel partito in qualche modo è cotelefono 0984.408063 stretto a starci per portare la pagnotta a fax 0984.408063 casa. Chiuso in un angolo ma non ancora incapace di incidere. e-mail: ediratio@tiscali.it È solo il primo dei tempi supplementaStampa ri del Pd di Calabria (il termine è diStabilimento tipografico ventato di moda e ci fa piacere). L’extra De Rose, Montalto (Cs) time come dicono i telecronisti di lusso. Tutto sembra fatto per la cronaca di Diffusione superficie. Ma ancora tutto è in moviMedia Service mento, in divenire. Oliverio contro di Francesco Arcidiaco Callipo, scrive la pubblicistica. Callipo telefono 0965.644464 mossa vincente e di prospettiva. fax 0965.630176 Oliverio alla fine trionfante e Callipo Internet relations avversario ideale e desiderato dalla sua N2B Rende cordata. Tutto parzialmente vero. Tutto potenzialmente verosimile. E tutto inIscritto a: credibilmente incompleto, monco. Unione Stampa Periodica Manca la trama, il film vero sotto il taItaliana volo, il “reale” che non si vede. Mancano i mandati inconfessabili di Magorno e poi, giusto per tornare a bomba, manca la trappola per Oliverio.

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Magorno a tre quarti dalla sua mission Fa saltare sistematicamente ogni candidato che può spuntarla davvero per la vittoria finale ma ancora il cerchio non lo chiude perché non dipende poi tutto da lui Può darsi anche che si gioca a perdere perché così va il vento. Boicotta, depista, alla fine fa passare la linea che "Roma" ha scelto Callipo ma è dalla Calabria che arriva l'indicazione del nipote del "tonno". La partita però non è chiusa, può ancora accadere di tutto e il segnale viene dallo slittamento della data per la presentazione delle candidature dal 28 al 30 Sullo sfondo troppi incroci ancora. Dall'incursione del nome forte che viene da Reggio al Cosentino che questa volta "pretende" un presidente

Magorno e i mandati inconfessabili. Sono almeno due, fermo restando che lui ambiva al terzo (la sua stessa candidatura) che ormai è improponibile. Anche per sua stessa colpa, per eccesso di potere, per mancanza di condivisione. Due le cose che non può dire a nessuno, dicevamo. Due versioni dei fatti, due trame ancora in essere. Apparentemente antitetiche, comunque ancora in campo. La prima è che anche Callipo (Gianluca, nipote del “re del tonno”, cognome facoltoso e generoso in campagna elettorale, oggi valore aggiunto domani chissà, potrebbe diventare una zavorra, un pericolo, per varie questioni) alla fine potrebbe rivelarsi un fuoco di paglia. Un paravento funzionale, malgrado i desideri del “giovane”. Un altro espediente di Magorno, un altro ancora. Che nel frattempo ha depistato, usato, stuprato ogni altra ipotesi di candidatura coinvolgente, per non dire vincente. Una per una le ha fatte crollare tutte le nomination sul tavolo. Quelle rese pubbliche e quelle meno. Ogni qual volta s’è fatto avanti un nome che “funzionava” tra le cordate l’ha fatto saltare e il caso di Canale è solo l’ultimo buono per gli annali. Poi arriva Gianluca Callipo, spacciato per benedetto da “Roma”. Ma l’imboscata era stata già consumata tra i conterranei e di nascosto da occhi indiscreti. Un sondaggio borderline, uno zio facoltoso e generoso che spara a zero qualche giorno prima e il gioco è fatto. Callipo, il miglior avversario possibile per Mario Oliverio, diventa realtà. Ma Oliverio non sa, o non sa ancora, che non è questa la sua vera partita. Il giovane sindaco di Pizzo in realtà potrebbe essere funzionale (suo malgrado, ma ha 32 anni e capirebbe) all’incursione a centrocampo del “papa nero” di mediazione, di superamento. Non deve sfuggire lo slittamento della data per la presentazione

La rubrica “Il legno storto” di Franco Crispini è temporaneamente sospesa


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Sabato 26 Luglio 2014

Travagli (poco) democratici

Da destra Ernesto Magorno, Mario Oliverio, Gianluca Callipo Matteo Renzi a Marco Minniti

delle firme dal 28 al 30, rientra nei piani. Una parte del non confessabile di Magorno è qui, nella presa per i fondelli anche di Callipo. Il “papa nero”, appunto. Congegnato ma soprattutto subito dal fior fiore di Reggio (Minniti). E ingoiato. Un “papa nero”, anzi nerissimo che viene dallo Stretto. Che non umilia nessuno, fa fare la pace per forza, sistema un po’ di pratiche che “scottano”. Un “papa nero” che potrebbe essere il nonno per età di Gianluca Callipo il quale non sa nulla di tutto questo. Entra in gioco se le parti si irrigidiscono, non capiscono. Un colpo di teatro offerto per la presunta unità del partito al curriculum (negativo) di Magorno che in verità farebbe carte false (se non le ha già fatte) per non arrivare a questo. Ma forze più grandi e potenti di lui si sono messe e spingere in questa direzione e lui semmai ha il gran torto di aver giocato troppo con il fuoco e le sue ambizioni. Prima o poi ti scotti. Magorno sa tutto questo e sa la parte che deve recitare senza confessarlo a nessuno. Ma non è la sola pista inconfessabile del segretario. L’altra è più seriale, costruita, robusta, inevitabile. Viene da lontano, da molto lontano. Viene dal desiderio e dell’esigenza di perdere, di dover per-

Il retroscena

Quanti silenzi All’adunata renziana a Roma molti consiglieri regionali hanno preso la parola, ma molti (pur dissentendo) sono stati in silenzio. Poi ci sono i commenti dietro le quinte, nei corridoi. Che pesano di più. Malumori, troppi malumori. C’è una brutta aria nel gruppo dei consiglieri regionali dopo l’esito del vertice romano che ha “benedetto” Callipo. Non c’è molto da stare sereni insomma. Non è detto che si impegneranno al massimo da qui in avanti...

dere. Di dover concedere a Berlusconi l’uno a uno con il risultato dell’Emilia. Viene dalla “generosità” di Renzi di dover dare qualcosa al Cavaliere in cambio delle riforme. Viene dalla necessità di dover “punire” i dissidenti (Chiti, Turano etc) che hanno collegamenti da queste parti. Viene dalla pazza idea di lasciar fottere una regione che se la vinci hai guai peggiori che se la perdi. Anche questo è un non detto di Magorno. Una traccia inconfessabile. E Gianluca Callipo, unito al depistaggio usato nei confronti di altri, unito alla ostinazione nel perseguire strade deboli se non addirittura gradite a Oliverio, rientra in tutto questo. Un mandato di liquidazione coatta del Pd, prima e dopo le urne. La rottamazione per macerie, perdendo. Poi la ricostruzione, se necessario.

A proposito di giustizia

La mafia nei Comuni Mezzoeuro se ne occuperà Nel corso dei prossimi numeri Mezzoeuro affronterà un versante delicato per quanto riguarda le amministrazioni locali e cioè le infiltrazioni mafiose. In coincidenza con l'accensione massima dei riflettori per le primarie del Pd e in coincidenza con la venuta del premier Renzi in Calabria Mezzoeuro ha in programma di affrontare in profondità il tema assai caldo delle infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni locali. Non quelle conclamate per forza dalle inchieste giudiziarie ma anche quelle sotterranee, silenti, più insidiose. Un report, anche utilizzando materiale della Dda, che potrebbe essere assai utile per fornire un quadro della sofferenza generale delle amministrazioni locali complessivamente considerate. Si parte dal Tirreno, da Scalea fino a Pizzo per poi risalire lungo i perimetri dello Jonio. Senza fretta.

Magorno sa anche questo, come sa del “papa nero” e nonno e altolocato (e gradito a Minniti) dello Stretto che potrebbe piombare. Fa trionfare Callipo, fa illudere Oliverio che tifava per primarie del genere. E nel frattempo agisce secondo mandati inconfessabili fermo restando che ne conserva un altro (la sua candidatura) ormai recintata nei sogni. Il tutto (recepire, agire e perseverare) usando come metodo spesso la miopia e la slealtà. La miopia perché non si è accorto che sta consegnando un’altra tornata elettorale alla storia senza un cosentino che può vincere, che deve vincere. E mai come questa volta, e da più parti, è questo un argomento che si “sente” e che potrebbe utilizzare il centrodestra, per esempio. La slealtà perché nel suo incedere, Magorno, ha finito per utilizzare altri profili a scopo speculativo ma come sempre succede nelle scorpacciate ingoi qualcosa che poi ti fa male. Magorno avrebbe esagerato nel procedere con superficialità nei confronti di qualcuno, specie se si era messo a disposizione senza ricevuta di ritorno, senza chiedere nulla in cambio. Qualcuno che ora non è più a disposizione e che potrebbe giocare un brutto scherzo alle alchimie del segretario. E al segretario stesso. Quando si dice che si è scherzato col fuoco. Il fuoco ardente ma anche lento di un partito dannato. Il fuoco della brace, per esempio, che attende Mario Oliverio. Meno di un giorno per decidere se essere bistecca. Oliverio può ancora fare la parte di chi determina e non di chi viene consumato al sangue. Se stoppa le alchimie di Magorno e Minniti (chiamandosi fuori all’ultimo secondo ma a prezzi altissimi) cambia le carte in tavola e spiazza pure Renzi. E potrebbe addirittura fare lui un nome (non Callipo ovviamente) che finirebbe per essere accettato per forza. Sfumature, giochi sottili. E ore, poche ore che mancano alla chiusura del sipario. Prima di perdere, ovviamente. d.m.

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Vacanze (e trame) romane Peppe Scopelliti e Tonino Gentile si incontrano nella capitale per trattare la tregua. Che si è trovata grazie alla spartizione degli interessi e dei territori E grazie anche a una candidatura regionale per la presidenza che non deve scontentare nessuno

L’accordo c’è

L’amore no La “foto” che ci sia qualcosa che si muone nel perimetro del centrodestra di Calabria la fornisce una nota di Pino Galati in serata. Parte dal pil in caduta libera e dai tassi di disoccupazione. Prova a sconfinare in tesi macroeconomiche per poi approdare su più miti consigli per tutti. È ora che i partiti di governo in Calabria trovino unità e convergenze, dice Galati. Attorno a un progetto, una visione, una vittoria perseguibile. Altro non dice Galati. Vorrebbe ma non può. Entra nell’argomento, sente aria di fermento. Ma si ferma qui. Il resto, ben prima, è andato in scena nella capitale, più o meno lontano da occhi indiscreti. I due grandi nemici, i due poli, i due capi delle cordate che hanno spaccato in due la regnanza regionale sin dall’inizio s’erano già incontrati a Roma. Peppe Scopelliti e Tonino Gentile. Nel 2010 probabilmente una colluttazione fisica per la sanità. Poi avanti con astio, tra sorrisi di parvenza. Poi ancora spartizioni maldigerite, sospetti, imboscate soft. Mai amore, tregua a fasi alterne. Fino all’elezione di Piccone al Parlamento europeo preceduta però dalle dimissioni di Scopelliti che Tonino non voleva anche perché era il fratello Pino il designato per andare al posto che oggi è della Stasi. Frammenti e brandelli di potere, dall’Asp a Fincalabra, che si sono tirati in faccia ma come sempre accade è sull’orlo del precipizio poi che due uomini con la schiena che deve stare dritta trovano il tempo per contare fino a dieci. E il tempo anche di respirare, di non annullarsi completamente a vicenda. Da qui l’incontro a Roma, la trattazione prima della trattativa. Ci sono le regionali dietro l’angolo, non si può più giocare solo di odio. Qualcosa va conservato, sempre meglio qualcosa che niente. Gentile per la verità rispetto a Scopelliti ha uno spettro politico più ampio dentro cui sta agendo dietro le quinte (il dialogo con esponenti del Pd era e rimane in essere). Ma ci vuole tempo, è presto, e poi non dipende da sole logiche locali l’esito finale. Dunque si tratta, si media nel terreno di pertinenza che poi è quello del regno precedente. E poi chi l’ha detto che le regionali le deve vincere il Pd? Già, non sta scritto da nessuna parte che andrà così, forse non lo trovi scritto nemmeno nei voleri del Pd.

Peppe Scopelliti e Tonino Gentile

E allora giù con gli obiettivi

Scopelliti teme la sparizione, è questo il suo terrore. Dopo la condanna e la autoesclusione (forzata) vuole contarsi. Deve contarsi. Deve far passare la buriana piazzando almeno tre bandierine, così da restare in piedi per forma e per sostanza. Non può e non ambisce ad altro. Poi, un giorno, si vedrà. Gli servono tre consiglieri dei suoi. Uno a Cosenza, uno a Catanzaro e uno a Reggio. In una lista che si rifà a lui o in una lista del candidato presidente fa poca differenza. Lascia campo libero a Gentile in materia di gestione local del partito e del potere. Proprio quello che le orecchie di Gentile volevano ascoltare. Niente più agguati. Ncd si presenta compatta nella sottomissione autocosciente nei confronti di Forza Italia. E si presenta già spartita nel senso che Scopelliti chiede il suo e Gentile (mani libere su Cosenza) altrettanto. Come dire che Forza Italia, a cui spetta la nomination per la presidenza senza prendersi in giro con le primarie, deve prendere il pacchetto completo così com’è stato confezionato. Questo il senso dell’incontro romano. Se prova a parcellizzarlo salta, non si risponde più. Deve andar bene per quello che è con Scopelliti e i suoi tre consiglieri e Gentile che vuole avere campo aperto a Cosenza pur rispettando stavolta il ruolo di illustre alleato e non titolare della regnanza.

Ovviamente, ma questo è venuto fuori come dato implicito di partenza, perché questo patto tra i due abbia ragion d’essere e resista alle incursioni del tempo Forza Italia deve maneggiare assai con cura la materia del candidato alla presidenza della Regione. Con grande attenzione sennò il tavolo salta e l’alleato (inevitabile) si frantuma in bande. La strada è stretta insomma e gli azzurri, cui spetta la nomination, non solo devono fare in fretta ma devono pure entrare in cristalleria lasciando parcheggiato fuori l’elefante. Detto in altri termini il candidato di Forza Italia deve star bene, bene assai, tanto a Scopelliti quanto a Gentile. Non più all’uno e poi all’altro o, peggio ancora, bene solo a uno e niente all’altro. Un profilo che li tiene uniti nell’accordo perché non ha rappresentato né rappresenta un problema, magari un “tradimento”, se non addirittura un nemico. Gentile l’ha tracciato più volte l’identikit generico in pubblico, Scopelliti è andato persino oltre. L’amore non c’era e non è scoccato neanche a Roma, tra Peppe Scopelliti e Tonino Gentile. L’accordo sì, forse l’affare pure. Nemici come prima allora. Ma con un obiettivo comune in più stavolta. Che poi è quello che conta per gente come loro.


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Sabato 26 Luglio 2014

Se le banche non aiutano aiutassero... di Oreste Parise

Sergio Allevato è consulente finanziario ed esperto di fondi agevolati. Ha rivestito fino al recente congresso la carica di membro della direzione nazionale e coordinatore della Calabria di “Fare per fermare il declino”. Oggi, come molti di tale movimento, sta condividendo il percorso intrapreso da Corrado Passera in “Italia unica”. Ha risposto volentieri a qualche domanda. Ha ancora senso insistere sull’assistenzialismo per superare questa lunga crisi? La politica di sostegno alle regioni più deboli non è una politica assistenziale, ma un contributo alla crescita per aiutare le imprese a superare gli ostacoli che appesantiscono i piani economico-finanziari delle aziende. L’assistenzialismo nasce dal modo in cui sono distribuite le risorse. I regolamenti europei dei fondi sociali parlano correttamente di solidarietà e coesione, che vuol dire incentivo allo sviluppo che deve essere ottenuto con la elaborazione di strumenti che creino buona occupazione, aiutino le imprese a crescere e sostenere i territori economicamente più deboli. La Calabria, fin dall’avvio della politica di coesione, è sempre stata destinataria di sostanziose quote di aiuti europei. Basti pensare che il 75% delle risorse vengono destinate alle 5 regioni meridionali “convergenza” ed il restante 25% alle altre regioni “competitività”. Si parla di Fondi strutturali. Cosa vuol dire? La politica degli incentivi deve tendere a rimuovere gli ostacoli strutturali, istituzionali, di localizzazione, di dotazione di risorse ambientali, senza preoccuparsi delle condizioni personali di coloro che intendono utilizzare queste risorse. Quale dovrebbe essere il corretto modo di utilizzo di questi Fondi? Si dovrebbe procedere per obiettivi, evitando programmi enciclopedici che comprendono tutto e il contrario di tutto, ma nella realtà evitano qualsiasi scelta. Questo è il procedimento adottato fin qui che ha portato alla polverizzazione delle risorse con la conseguenza del sostanziale fallimento della politica di incentivo. Gli obiettivi dovrebbero essere ben definiti in modo da produrre effetti strutturali sul sistema economico e sociale della regione per rispondere a delle criticità sistemiche e non a bisogni e domande di carattere contingente. Ciò è ancor più vero in una fase congiunturale negativa e considerate le ristrettezze della finanza pubblica. Ritiene che vi sia una responsabilità politica nella mancata efficacia dell’utilizzo dei fondi? La politica si è dimostrata incapace di governare il processo e i fondi europei sono stati fin qui una occasione persa. La preoccupazione è che in questo contesto negativo, l’amministrazione pubblica si dimostri ancora una volta incapace di sfruttare pienamente queste opportunità. Questo trova una conferma nei dati statistici. Al 30 giugno 2013 l’attuazione complessiva dei due Fondi (Fesr e Fse) si è attestata a circa 30 miliardi (87%), fermandosi a 13 miliardi in termini di pagamenti (38%). Quali sono le cause di questo procedere lento nell’utilizzo dei Fondi? In primo luogo vi è la complessità della programmazione- Un processo lungo, estenuante che occupa gran parte del periodo di riferimento del Piano. Per arrivare alla fase attuativa bisogna aspettare molti anni, per cui i primi bandi arrivano quasi alla fine del periodo utile di utilizzo. Questo provoca una concentrazione delle spese nelle ultime annualità con perdita di qualità dei progetti. La complessità e farraginosità della programmazio-

Sul tema dell'utilizzo dei fondi europei cogliamo una intervista a Sergio Allevato, consulente finanziario e esperto di progetti del settore «Assenza di programmazione di ampio respiro e distribuzione a pioggia delle risorse limitano il potenziale innovativo dei programmi e l'effetto strutturale sul tessuto economico». «Il metodo da usare è il credito d'imposta perché soltanto questo aiuta a colmare il gap strutturale delle aziende meridionali realmente produttive»

attività produttive che a fronte di una dotazione finanziaria di 20 milioni ne ha impegnati soltanto 14 per l’eccessivo numero di indicatori che porteranno ad un taglio anche in sede di controlli. Cosa bisognerebbe fare per superare queste difficoltà? Assenza di programmazione di ampio respiro e distribuzione a pioggia delle risorse limitano il potenziale innovativo dei programmi e l’effetto strutturale sul tessuto economico. Per questo motivo gli interventi vanno concentrati su interventi di più ampie dimensioni. Il metodo da usare è il credito d’imposta perché soltanto questo aiuta a colmare il gap strutturale delle aziende meridionali realmente produttive. Ma questo è un argomento scomodo sia per la “politica” che per i burocrati che non avrebbero più

S-fondi Ue:

fallimento democratico ne è una evidente carenza politica, che provoca rallentamenti e frammentazione degli interventi. Per non parlare poi delle difficoltà dal lato dei controlli e la verifica della qualità dei progetti. Il moltiplicarsi di regolamenti e normative che governano i vari avvisi pubblici ha l’effetto di allontanare gli imprenditori. Esempio ne sono gli ultimi bandi del Pisl Turismo per la regione Calabria ed a livello nazionale il recente bando Mise sull’efficientamento energetico. I cento milioni messi a disposizione dal 29 aprile con procedura a sportello non sono ancora stati completamente utilizzati. Concretamente quali sono le difficoltà riscontrate dagli operatori? In generale sono scritti male e spesso impongono complicazioni incomprensibili, che non consentono una corretta formulazione di piani economico-finanziari credibili. Più del quanto, preoccupa il quando verranno erogati i benefici, poiché i tempi di erogazione facilmente diventano biblici per la i mille cavilli introdotti nei vari bandi. Pochi, maledetti e subito sono molto più graditi di molti, benedetti ma non si sa quando verranno materialmente erogati. La complessità dei bandi, scritti spesso in modo da complicare e senza ragione l’accesso ai benefici, costituisce il deterrente principale che impedisce un corretto e rapido accesso alle agevolazioni. Esempio ne è il bando delle

la gestione diretta delle erogazioni e l’imprenditore non sarebbe costretto a cercare lo “sponsor”. Penalizzerebbe anche i consulenti (io sono uno di questi) che vedrebbero ridimensionato sia l’impegno sulla pratica ed inevitabilmente i compensi a tutto vantaggio delle imprese. Vi sono anche difficoltà legate al rapporto con le banche? Le banche dimostrano scarso entusiasmo nel supportare le imprese che intendono realizzare progetti di investimento con queste forme di incentivo. I bandi andrebbero realmente supportati con una politica creditizia affidata a consulenti specializzati, ma sono privi di uffici ad hoc. I giornali sono pieni di pompose firme di convenzioni con primari istituti di credito che si traducono in nulla. Pur in presenza di validi progetti gli stessi istituti sollevano mille problematiche nella concessione del credito di servizio al business plan, e quando finalmente arrivano ad una delibera i tempi e l’assistenza post vendita si perde in mille carte ed autorizzazioni di “organi superiori” non meglio identificati. Il quadro tracciato oltre ad essere sconsolante è anche un delitto nei confronti delle giovani generazioni. Sprecare l’opportunità dei fondi comunitari per una inefficace programmazione è inaccettabile, ma questa è in linea con l’attuale classe politica e la burocrazia a loro servizio.

Sergio Allevato

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Mezzoeuro Qualcosa puzza... Rifiuti, Chizzoniti

Sono pronti i commissariamenti per i primi trenta comuni morosi. Lo ha annunciato l’assessore regionale all’Ambiente, Francesco Pugliano, nel corso di una conferenza stampa che si è svolta a Catanzaro. Il riferimento è a quei comuni che non hanno provveduto a pagare il debito sui rifiuti e che, quindi, mettono in difficoltà la gestione del sistema. «Per i Comuni morosi è pronto il decreto di commissariamento - ha detto Pugliano - secondo tutti gli annunci che ho fatto nei mesi scorsi. Per i primi trenta, in ordine all’entità del debito per il 2013 nei confronti della Regione, è pronto il decreto per fare partire il commissariamento». Quanti si attendevano le dimissioni dell’assessore sono rimasti spiazzati. Il probabile abbandono dell’Esecutivo, dopo la mancata approvazione della legge regionale sui rifiuti, non è avvenuto. Pugliano aveva convocato una conferenza stampa a Catanzaro, ed all’ordine del giorno dovevano esserci le sue dimissioni. Invece, l’assessore ha spiazzato tutti: «Ho ricevuto pochi minuti fa un accorato appello della presidente Stasi - ha detto - alla quale non ho potuto dire di no, per non lasciarla in ulteriore difficoltà rispetto alle tante problematiche che lei sta seguendo. Le ho detto che sono stato toccato nella coscienza e solo per lei ho rinunciato a presentare le dimissioni».

Ecco perché ho lasciato la Commissione

Si gioca a

scarica sacchetto L’assessore resta in sella, dunque, ma non ha risparmiato critiche alla sua maggioranza consiliare. Finita sotto accusa per la mancata approvazione della legge regionale che, come ha evidenziato Pugliano, ha provocato disagi concreti alla gestione del sistema. «Per come avevo preannunciato, la mancata approvazione della legge regionale non ci dà la possibilità, per i privati che stanno sostenendo il sistema pubblico nel trattamento dei rifiuti, di avere un legittimo contratto perchè oggi non c’è nessuno autorizzato a stipularlo. Queste imprese - ha aggiunto - stanno lavorando per la Calabria dal mese di febbraio e ancora oggi non ricevono un euro, ma non hanno ricevuto neanche una firma sul contratto. C’è un disinteresse non generale ma diffuso rispetto ai rischi che comporta la mancanza di certezze in materia di rifiuti. E questo disinteresse contagia anche pezzi importanti della mia maggioranza». L’assessore rivolge dure critiche dunque nei confronti di quanti hanno impedito l’approvazione della legge regionale sui rifiuti, dicendosi «rammaricato, per non dire arrabbiato». «Si sono cercati pretesti e il pelo nell’uovo per rinviare la seduta che - ha sostenuto l’assessore - avrebbe consentito di mettere dei punti fermi nella gestione di un settore che rischia di saltare in piena stagione estiva, con tutte le possibili conseguenze del caso, mentre la legge non è altro che l’applicazione di una norma nazionale del 2011. La Calabria è l’unica Regione che non ha adempiuto; c’è, in sostanza, chi vuole mantenere il disordine». Critiche anche per il rinvio della pratica in commissione Bilancio: «Non mi è stata fatta pervenire nemmeno la comunicazione degli esiti della Commissione - ha detto Pugliano - si è trattato di uno sgarbo istituzionale. L’organismo, peraltro, si è avvalso di una relazione del dirigente del dipartimento Bilancio, mentre bisognava prendere solo atto che non c’era variazione di spesa. Così come abbiamo chiarito, registrazioni alla mano, anche rispetto a quanto affermato dal consigliere Aurelio Chizzoniti, che non c’è stata alcuna manomissione rispetto al testo della legge uscito dalla commissione».

La maleodorante telenovela continua, l'approvazione della legge regionale sui rifiuti è latitante, sono pronti i commissariamenti per trenta Comuni morosi e l'assessore regionale all'Ambiente Pugliano a sorpresa non si dimette e rimane in sella ma lo fa a suo dire solo per la presidente Stasi La guerra a colpi di cassonetto continua e i cittadini intanto sono schiacciati dalla spazzatura Ma quando non è la coppola a dare gli ordini chi fa davvero pulizia nella nostra regione?

Il presidente della Commissione “Vigilanza”, Aurelio Chizzoniti, ha abbandonato i lavori della IV Commissione di cui è membro. Per tale ragione, la Commissione, in mancanza del numero legale, non si è svolta. «Ho abbandonato i lavori - ha spiegato - perché il sottoscritto, e come me tanti altri colleghi, non è omologabile alla logica del pressapochismo politico, imperversante da qualche anno a questa parte, dietro cui si nascondono quasi sempre interessi opachi. Ho già avuto modo di esporre, nel corso dell’ultima seduta del Consiglio regionale, il mio punto di vista sulla legge circa il ‘riordino del servizio di gestione rifiuti urbani ed assimilati’. In quella circostanza ho spiegato che il testo pervenuto in Aula era sostanzialmente difforme da quello approvato qualche giorno prima in Commissione con il contributo determinante di alcuni miei emendamenti approvati e volti a ricondurre il testo legislativo in un alveo di trasparenza e legalità. In quale regione dell’Occidente democratico può accadere che un testo di legge approvato in Commissione giunga, all’insaputa dei più, modificato in Aula per la definitiva approvazione? Oggi ho avuto conferma, direttamente dai vertici burocratici di riferimento della IV Commissione, della fondatezza delle sostanziali difformità da me denunciate in Aula e giustificate con motivi tecnici-informatici e ho trovato paradossale e preoccupante quanto accaduto. Ho trovato, inoltre, insopportabile per ogni coscienza democratica le parole dell’assessore Pugliano, pronunciate in conferenza stampa, allorquando asserisce che verso la legge vi è un disinteresse che contagia la stessa maggioranza e che non si dimette per non sovraccaricare di responsabilità la presidente Stasi». «Forse il buon senso avrebbe voluto che la rinuncia alle dimissioni venisse ascritta agli interessi dei calabresi e non a quello della presidente facente funzioni, ma tant’è. Circa il disinteresse cui egli fa riferimento, visto il retroscena da me indicato in Aula e puntualmente riscontrato oggi, auspicherei che non fosse, invece, l’interesse la molla che muove ad approvare, in fretta e furia, un testo di legge dal percorso accidentato, con numerosi punti interrogativi a cui dare risposta, tecnicamente lacunoso ed a tratti inquietante. Non a caso l’avvocato Manna, dirigente del Settore Bilancio, ha suggerito, nel contesto dei lavori della II Commissione, l’ ineludibile soppressione degli articoli 2 e 7 del testo arrivato in Aula. Fra l’altro, mente l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale ha approvato un atto deliberativo (n. 49 dell’8 luglio 2014) con il quale demanda alla “Sua” la competenze su tutti gli appalti, la legge di riordino sui rifiuti, all’articolo 7, attribuisce le stesse competenze alla Giunta con riferimento ‘ai lavori di adeguamento e di costruzione nonché la relativa gestione, possibilmente unitaria, dell’impianto di termovalorizzazione e degli impianti di preselezione e trattamento’. Forse di questi motivi si nutrono l’ irritazione e il nervosismo dell’assessore Pugliano, che non ha gradito le conclusioni della Commissione ‘Bilancio’ perché, a suo dire, la Commissione Bilancio avrebbe dovuto ‘prendere atto solo dell’invarianza di spesà, anziché’ della soppressione degli articoli 2 e 7 del testo legislativo».


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Mezzoeuro Le eccellenze per sperare

Partito dal Parco tecnologico di Pozzilli sede della Fondazione Neuromed il camion della solidarietà. A seguito di un protocollo d’intesa siglato tra la Fondazione Neuromed e l’associazione Alma Mundi onlus è stato donato un ingente quantitativo di materiale sanitario e attrezzature medicoospedaliere, destinate all’ospedale di Boryslav in Ucraina.

La fondazione Neuromed firma un protocollo d’intesa con l’onlus Alma Mundi

Solidarietà e ricerca La Fondazione Neuromed, dedita alla promozione e sostegno della ricerca di base, alla divulgazione dei risultati ed ai fini didattici, persegue con forza anche obiettivi in senso umanitario e solidaristico. Grazie alla collaborazione con l’associazione Alma Mundi onlus, potranno essere sostenuti progetti umanitari e di solidarietà di ampio respiro sociale volti al superamento delle discriminazioni e fornendo sostegno alle classi sociali più disagiate. «Se non si mettono le persone nella condizione di poter risolvere i problemi primari diventa difficile parlare di altro - afferma il presidente della Fondazione Neuromed Mario Pietracupa -. Anche se la Fondazione Neuromed si occupa prevalentemente di ricerca la sua attività non può prescindere da un obiettivo umanitario. Quello che per noi è superfluo può essere utilissimo ad altri, e per questo, attraverso intermediari credibili e qualificati nel settore, vogliamo procedere anche in altre direzioni. Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere popolazioni disagiate promuovendo, oltre ad iniziative come questa, anche nuovi progetti attinenti alla Fondazione quali scambi culturali e borse di studio. Riteniamo inoltre di lanciare un messaggio di ambasciatori di pace, che in questo momento non guasta». Alla firma del protocollo erano presenti i membri del Consiglio di amministrazione della Fondazione Neuromed e la delegazione rappresentativa dell’Alma Mundi guidata dal presidente Gerry Danesi, accompagnato da Daniela D’Orsi, responsabile delle relazioni con l’estero, i giudici Enrico Caria e Alberto Landolfi, Deosdedio Litterio e Francesco Matacena quali consiglieri di Alma Mundi onlus. Prima della firma ufficiale del protocollo donati alla Fondazione Neuromed due testi, uno dedicato alla città di Boryslav e l’altro sull’antica sede dell’ordine degli avvocati di Napoli, in segno di riconoscimento per l’attenzione dedicata alla causa umanitaria da parte dell’Irccs Neuromed. «La condivisa volontà filantropica ha unito il settore della ricerca e dell’umanità - ha detto Danesi -. La nostra associazione è attenta alle fasce sociali più disagiate a livello internazionale avendo sempre un occhio anche per il territorio italiano. Un impegno che trova un partner speciale nella Fondazione Neuromed, che ci ha sostenuti in questa direzione per l’Ucraina, donando un cospicuo quantitativo di attrezzature per un ospedale che può aiutare tante persone. Ringrazio per questo la Fondazione Neuromed e anticipo nuovi progetti che potrebbero portarci ad aiutare altre popolazioni disagiate come l’Angola e Nicaragua». Il progetto dunque non si ferma con la donazione del materiale all’Ucraina ma andrà avanti con nuove iniziative che approfondiranno ancora di più l’impegno della Fondazione Neuromed nel settore sociale e umanitario.


Mezzoeuro Le eccellenze per sperare

Sopra e a sinistra, due momenti della firma del protocollo d'intesa Sotto, i componenti della Fondazione Neuromed e Alma Mundi A destra un momento della consegna del materiale e Pietracupa e Danesi

Lo sport è vita

Neuromed sostiene lo stile di vita sano Lo stile di vita sano è alla base della nostra salute, per questo la Fondazione Neuromed oltre a promuovere progetti dedicati a tale scopo sostiene iniziative nazionali e locali. È il caso dei Campionati italiani di corsa su strada che andranno in scena il prossimo 2 agosto e per i quali Fondazione Neuromed ha firmato il patrocinio nonché predisposto una giornata di prevenzione cardiovascolare. In un convegno dal titolo ‘Mangiare bene. Correre a lungo’, previsto per il giorno prima della gara, la Fondazione Neuromed ha messo a disposizione i ricercatori del dipartimento di Epidemiologia per spiegare le interconnessioni tra la dieta mediterranea, lo sport e la salute. In collaborazione con la Croce rossa italiana l’Istituto promuoverà una Giornata di prevenzione cardiovascolare. A disposizione di sportivi e cittadini i migliori specialisti dell’Istituto di ricovero e cura Neuromed per uno screening di base consistente nella compilazione di un questionario per la valutazione del rischio di ammalarsi di ictus, la misurazione della pressione, il controllo della glicemia; il tutto sotto il controllo e con il consulto dei medici Neuromed. La ricerca è al fianco del cittadino per contribuire al perseguimento dell’obiettivo più importante per tutti che è la salute, coniugandosi perfettamente con lo sport ed i valori dello sport in genere.

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Chi trova una poltrona trova un tesoro

Così ci dimettiamo tutti Nonostante il consiglio regionale sia sciolto a seguito delle dimissioni del presidente della giunta Giuseppe Scopelliti, i consiglieri "congedati" continuano a beneficiare dell'indennità e degli emolumenti Molinari (M5S) interroga il Governo: L’interrogazione a risposta scritta «Attribuzione impropria di fondi pubblici?»

E non se ne vogliono andare

Due sole certezze possiamo vantare in ordine al Consiglio Regionale della Calabria. La prima è che "si vota a novembre", per come ha dichiarato la presidente facente funzioni Antonella Stasi, dovendo limitarsi ad incassare le affermazioni del ministro Alfano. La seconda, poco invidiabile, è che i consiglieri regionali "congedati" continuano a beneficiare dell’indennità e degli emolumenti nonostante il Consiglio sia sciolto a seguito delle dimissioni del presidente della giunta Giuseppe Scopelliti. Infatti, nonostante ciò, i consiglieri regionali continuano a "lavorare" come se nulla fosse, producendo pregevoli leggi elettorali, chiaramente incostituzionali, e comunque, anche se non lavorano, continuano a percepire lo stipendio pur se la legge regionale n.1/2013 dovrebbe impedirglielo. Sappiamo per certo che, grazie alla convocazione del consiglio straordinario dell’11 giugno scorso, i consiglieri regionali hanno percepito per intero lo stipendio di giugno, grazie alla determina dell’ufficio di presidenza che lo ha comunicato all’ufficio risorse umane del Consiglio stesso. Non vorremmo che da qui a novembre, periodo in cui si dovrebbe andare alle elezioni, con la scusa di convocazioni di consigli straordinari i nostri consiglieri regionali "congedati", appartenenti ad un Consiglio regionale "sciolto", possano continuare a percepire in modo non cristallino emolumenti e indennità. E’ il caso di ricordare che quella calabrese è una delle regioni più povere d’Italia che sostiene un carrozzone - tra costi diretti ed indiretti - politico-amministrativo tra i più costosi d’Europa ? Il M5S ha, pertanto, presentato interrogazione al presidente del Consiglio dei ministri e ai ministri dell’Interno e per gli Affari regionali per sapere cosa pensano di quest’ennesima anomalia calabrese e se non considerino che, nonostante l’avvenuto scioglimento del Consiglio regionale della Calabria, il protrarsi di tale sostanziale auto attribuzione di fondi pubblici da parte del Consiglio stesso si configuri come un atto improprio sotto il profilo giuridico ed amministrativo, ritenendo che sotto quello etico sia incontestabile, vista la grave congiuntura economica che affligge i cittadini calabresi. Un’interrogazione che segue la nostra mozione n. 1-00255 al Senato, dove si chiedeva al governo di intervenire di fronte ai gravi profili di violazione di legge e del regolamento del Consiglio. Per una volta ci troviamo d’accordo con il ministro per gli Affari regionali, Lanzetta, quando dichiara che "i calabresi hanno bisogno di un governo regionale autorevole", spronando i consiglieri a dimettersi. Francesco Molinari - M5S Cittadino eletto al Senato vice oresidente Comm. Finanze e Tesoro capogruppo Comm. Politiche europee membro Commissione antimafia membro Comm. Federalismo fiscale membro Consiglio di Garanzia Senato

Al presidente del Consiglio dei ministri ai ministri dell'Interno e per gli Affari regionali

Francesco Molinari, M5s Premesso che: in data 29/4/2014 Giuseppe Scopelliti ha rassegnato le dimissioni da presidente della Giunta regionale della Calabria; ai sensi dell'art 126 della Costituzione le dimissioni del presidente determinano de plano lo scioglimento del Consiglio regionale; in data 3 giugno 2014 si è riunito, tardivamente in quanto oltre i 10 giorni stabiliti dall'art. 60 del regolamento del Consiglio, il Consiglio regionale nel corso del quale i consiglieri sono stati "congedati"; il Consiglio regionale nella medesima data, nonostante l'automatico scioglimento derivante dall'art. 126 della Costituzione, ha adottato sine titulo una legge elettorale contenente disposizioni e sbarramenti, a parere degli interroganti manifestamente incostituzionali, avverso cui è pendente l'impugnativa proposta dal Governo dinanzi la Corte Costituzionale; lo scioglimento del Consiglio regionale impedisce ai consiglieri di poter beneficiare dell'indennità/emolumento, essendo con legge regionale n. 1/2013 stata modificata ed integrata la legge regionale n. 3/1996; considerato che: l'art. 2, comma 3, della legge regionale n. 3/1996 dispone che "In caso di scioglimento del consiglio regionale l'emolumento per i consiglieri e per i componenti della giunta cessa alla data di scioglimento dello stesso", in Calabria, nonostante le suddette dimissioni del presidente della Giunta, i consiglieri regionali continuano a percepire un'indennità non dovuta; risulta agli interroganti che l'ufficio risorse umane del Consiglio regionale, incaricato dell'erogazione degli emolumenti, ha ricevuto comunicazione dall'ufficio Presidenza affinché provveda all'erogazione per intero dello stipendio di giugno, giustificato dalla convocazione di un consiglio straordinario il giorno 11 giugno; considerato, inoltre che, a parere degli interroganti: quanto sopra esposto appare grave sia sotto il profilo giuridico ed amministrativo, in quanto il massimo organo assembleare continua, nonostante lo scioglimento, ad attribuirsi indebitamente un'indennità (ai sensi della legge regionale n. 3/1996) non dovuta, che sotto il profilo etico, considerando la pesante crisi che interessa la Calabria ed i contribuenti calabresi ai quali viene chiesto di affrontare grossi sacrifici fiscali (tramite tributi locali tra i più onerosi d'Italia) anche per far funzionare un Consiglio regionale che risulta tra i più costosi d'Italia; appare verosimile che il presidente del Consiglio regionale possa convocare una riunione per ogni mese che ci separa dal momento elettorale al fine di vedere attribuite le indennità non dovute a tutti i consiglieri regionali; considerato infine che: in data 15 maggio 2014 è stata depositata la mozione n. 1-00255, a prima firma senatore Molinari, che chiede lo scioglimento del Consiglio regionale calabrese ed impegna il governo ad intervenire di fronte ai gravi profili di violazione di legge e del regolamento del Consiglio; il Quotidiano della Calabria, in data 9 luglio 2014, nell'articolo dal titolo "Regione, la nota stonata del ministro Lanzetta" evidenzia che il ministro per gli affari regionali è intervenuta nel corso di una trasmissione radiofonica (Radio 24 dell'8 Luglio 2014) invitando i consiglieri regionali calabresi a dimettersi affermando che "i calabresi hanno bisogno di un governo regionale autorevole, nel pieno delle sue funzioni" e che "dal punto di vista legislativo i consiglieri possono rimanere in carica, ma la logica imporrebbe a tutti i consiglieri le dimissioni"; si chiede di sapere: se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa; se non consideri che, nonostante l'avvenuto scioglimento del Consiglio regionale della Calabria, il protrarsi di un'auto attribuzione di fondi pubblici da parte del Consiglio stesso si configuri come un atto inopportuno e, a parere degli interroganti, improprio sia sotto il profilo giuridico ed amministrativo che sotto il profilo etico vista la grave congiuntura economica che interessa la Calabria ed i cittadini calabresi anche in considerazione di quanto affermato a Radio 24, in data 8 luglio 2014, dal ministro per gli Affari regionali che ha dichiarato che la Regione ha urgente necessità di avvalersi di una guida autorevole.

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Sabato 26 Luglio 2014

Mezzoeuro Ondate di legalità Sequestrato un depuratore a Mirto Crosia. Tutto l'impianto è stato affidato alla ditta incaricata dal Comune al fine di renderlo efficiente e di regolarizzare la situazione igienico-sanitaria. Inoltre, tutti i responsabili e gli amministratoridell'impianto sono al vaglio dell'autorità giudiziaria di Carmelita Brunetti

A controllo delle acque marine e della tutela delle coste ioniche la Guardia costiera, soprattutto nella stagione estiva, assume un ruolo importante e strategico nella prevenzione di abusi e gestione di impianti di depurazione delle acque reflue illegali che danneggiano la qualità del mare. Di concerto con le direttive della direzione marittima di Reggio Calabria e sotto il coordinamento della procura della Repubblica di Castrovillari prosegue l’indagine da parte dei militari della Guardia costiera per garantire la tutela dell’ambiente marino e costiero che nella stagione estiva è un problema per la salute dei bagnanti oltre che si va a danneggiare l’ecosistema marino.

Estate sotto sequestro Da pochi giorni, infatti, i militari della Guardia costiera di Corigliano Calabro, sotto le direttive del Capitano di fregata (Cp) Antonio D’Amore della Capitaneria di porto, hanno continuato a svolgere attività mirate alla tutela dell’ambiente marino e costiero per una balneazione sicura. E dopo aver effettuato delle indagini sui sistemi di depurazione, a seguito dei loro accertamenti e di quelli dei tecnici dell’Agenzia regionale per l’ambiente, è stato confermato il cattivo funzionamento del sistema di depurazione delle acque, anche a causa di problemi tecnici alle vasche di sedimentazione ed al sistema di clorazione, dell’impianto di depurazione del comune di Mirto Crosia, sito in località Pantano Martucci. Attualmente, tutto l’impianto è stato sottoposto a sequestro e affidato alla ditta incaricata dal Comune al fine di rendere il depuratore efficiente e di regolarizzare la situazione igienico sanitaria. Inoltre, tutti i responsabili e gli amministratori dell’impianto sono al vaglio dell’ autorità giudiziaria. Il rischio di inquinamento nel nostro Paese è ancora troppo alto, soprattutto a causa delle acque di fogna (scarico oppure di un’inefficiente depurazione) che vengono scaricate in mare, nei laghi, nei fiumi o nelle fiumare, senza essere opportunamente depurate a causa di depuratori inefficienti o di scarichi abusivi. Resta una vera emergenza la depurazione in Calabria, circa l’80% sul totale delle analisi effettuate hanno rilevato una carica batterica almeno due volte più alta di quella consentita dalla legge, con un giudizio di “fortemente inquinato”. Si chiede alla Regione e a tutti gli enti locali di fare chiarezza innanzitutto rispetto agli oltre 700 milioni di euro stanziati dal 2000 per colmare le gravi lacune del sistema depurativo calabrese che solo non hanno prodotto soluzioni reali al problema, ma che rischiano di tornare a Bruxelles. Le amministrazioni comunali, sia dei comuni costieri che dell’entroterra, devono mettere al centro dell’agenda politica l’emergenza depurativa. Non basta solo l’intervento dei militari della Guardia costiera a salvare la situazione, ma serve la collaborazione di tutti gli enti. Un forte appello va lanciato al cittadino: “Deve entrare nel Dna una grande volontà di amare la natura e di abbattere l’illegalità. Salviamo gli ecosistemi per vivere!”.


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Sabato 26 Luglio 2014

Di “sicuro” c’è solo la morte

Pensioni che vanno a Fondo Su Milano e Finanza di qualche giorno fa è apparso senza troppa enfasi un articolo, il cui contenuto non ha suscitato molto interesse per il carattere minimale che si è voluto mantenere forse in ossequio al carattere riservato che ha sempre caratterizzato il mondo assicurativo. A leggere con attenzione vi era da saltare su dalla sedia per tutti gli agenti che nel corso degli anni hanno accumulato un capitale per assicurarsi una pensione integrativa necessaria per trascorre con serenità il meritato riposo dopo una lunga vita lavorativa. Il sistema previdenziale pubblico non è molto generoso con gli agenti, e per tale ragione è apparso utile e razionale costruirsi un sistema pensionistico integrativo già da lungo tempo. Una scelta obbligata per chi di mestiere cerca di convincere gli altri a forme di copertura del rischio per evitare di essere travolti da eventi eccezionali, magari prevedibili, ma che provocano una concentrazione di esborsi difficilmente abbordabili senza una sana politica di accumulo. Chi meglio degli agenti assicurativi può comprendere la necessità di una adeguata copertura assicurativa per eventi straordinari, come il matrimonio, la nascita o l’acquisto di una casa per limitarsi a qualche caso. L’età della pensione è uno di questi momenti di svolta radicale della propria vita, che vede un azzeramento dell’attività lavorativa e dei relativi introiti. Un momento che tutti si augurano di poter raggiungere per trascorrere in serenità gli ultimi anni della propria vita. La condizione indispensabile è che si abbia un reddito che consenta di poter mantenere un buon livello di agiatezza, almeno in conformità a quella di sui si è goduto nel corso della vita lavorativa. Il Fondo Pensioni istituito da lungo tempo aveva proprio questo compito. Ogni aderente versava annualmente una somma per assicurarsi il livello di reddito necessario, che il regime pensionistico pubblico non garantisce, poiché il livello delle pensioni è molto più basso rispetto al normale reddito di un agente assicurativo. Scoprire improvvisamente che tutti i sacrifici sono stati vani, e per far ritornare ad equilibrio il proprio fondo pensioni è necessario decurtare il proprio vitalizio del 40% non è doloroso, ma traumatico. Non solo si ha un immediato abbassamento del proprio tenore di vita, ma un evento del genere provoca un crollo del quadro di certezze costruito sulla base della fiducia ispirato dal sistema assicurativo. Come si è giunti a una simile situazione? Per una volta non siamo di fronte a malversazioni o altri meccanismi truffaldini, ma è al paradosso di un sistema messo in crisi dal meccanismo tecnico posto a base della sua creazione. I calcoli del patrimonio, del peso delle rendite, della contribuzione di ciascun membro è calcolato secondo le tavole attuariali che garantiscono l’equilibrio di bilancio.

Il Fondo pensioni degli agenti assicurativi ricalcola il proprio patrimonio ed emerge un deficit di settecento milioni di euro Per far riequilibrare il proprio fondo pensioni è necessario decurtare il proprio vitalizio del 40%, una scoperta traumatica Per lungo tempo queste tavole sono rimaste invariate, mentre il quadro demografico ha subito in Italia una vera e propria rivoluzione demografica con un vistoso calo delle nascite e l’abbassamento dell’età pensionabile. Un fattore quest’ultimo che è stato oggetto di importanti correttivi nelle varie leggi di riforma, e oggi costituisce un problema minore. Il miglioramento delle condizioni di vita è un evento auspicabile per tutti, ma che per la compagnia di assicurazione si traduce certamente in un ingente danno poiché, per l’allungamento della vita media, sarà costretta a pagare una rendita vitalizia per un tempo considerevolmente maggiore. Le nuove e più realistiche tavole attuariali sono state uno shock per il fondo pensioni degli agenti assicurativi, poiché hanno impietosamente messo in evidenza l’assoluta inadeguatezza patrimoniale del patrimonio e l’impossibilità di far fronte agli impegni già assunti con i propri membri. Il deficit è stato calcolato nella macroscopica cifra di settecento milioni di euro. Un buco così enorme non è sopportabile né dagli agenti, né dalle società di assicurazione, che già pagano annualmente un contributo pari al versamento effettuato da ciascun agente e non intendono certo assumersi ulteriori oneri a proprio carico. Il frutto dell’adeguamento del patrimonio alle nuove tavole attuariali che misurano con molta maggiore precisione il livello del rischio. Per far fronte a questa incresciosa situazione, si propone una drastica riduzione delle prestazioni presenti e future di tutti gli aventi diritti, con una decurtazione del 40% dell’assegno delle pensioni già erogate e di quelle da erogare. Un intervento che costituisce un vero e proprio trauma, che incide sul livello di vita e sullo stile di consumi, un effetto pensante e deleterio in questo mo-

mento di calo della domanda, e provoca anche una condizione di depressione psicologica. Certamente non si intende discutere dell’aspetto tecnico che ha provocato la nuova stima delle riserve attuariali necessarie nel mutato scenario demografico, ma è assolutamente inaccettabile che tutto questo venga addossato agli iscritti al fondo., e nessuno pensa di voler indagare sulle responsabilità degli amministratori. La gravità del danno è una chiara dimostrazione dell’incapacità di gestione, della lunga inerzia che che ha lasciato deteriorare il patrimonio del fondo senza alcun intervento. Un graduale adeguamento dei versamenti e un riequilibrio graduale delle riserve sarebbe apparso ragionevole a tutti gli iscritti ed avrebbe evitato il trauma a tutti gli iscritti. Il rimedio che si vuole adottare, con la drastica riduzione delle prestazioni presenti e future, appare peggiore del male, poiché introduce un elemento di incertezza (sarebbe forse meglio dire di sfiducia, un termine da evitare dato il contesto) che non giova al buon andamento del sistema assicurativo. Medice cura te ipsum, si potrebbe dire parafrasando un vecchio detto riferito alla professione di Esculapio. Se le compagnie non trovano un sistema per garantire la componente più importante del suo sistema è un grave danno che si arreca a tutta la categoria. Sarebbe giusto sapere se i responsabili di questo disastro, poiché di questo si tratta, subiranno anche loro il piccolo trauma della rimozione, la chiamata a risarcire il fondo del grave danno provocato per non aver avuto il coraggio o la professionalità per agire immediatamente. Siamo di fronte a un disastro tecnico causato dall’incapacità di gestione dei responsabili che Dal canto loro le compagnie si tirano indietro e lasciano all’Ania il compito di dare un piccolo aiuto agli agenti per sostenere il loro sistema pensionistico con una dazione di circa 18 milioni di lire, una briciola rispetto ai 700 milioni di deficit che sarebbe emerso. Sulla questione è necessaria una profonda riflessione, poiché una volta tanto il sistema privatistico si è dimostrato incapace di competere con il sistema pubblico, che ha provveduto con una serie di sanguinose riforme a riequilibrare il sistema previdenziale. Nel caso del Fondo in questione la questione è emersa solo quando il danno ha assunto proporzioni enormi, forse non più riparabili. Ora si paventa l’ipotesi di voler instaurare un rigido regime di sistema contributivo, in cui si garantiscono solo prestazioni commisurate attuarialmente ai contributi versati, eliminando qualsiasi forma di prestazione solidaristica, una componente necessaria in un momento di debolezza fisica come è l’età avanzata in cui si dovrebbe godere della pensione. Si dovrebbe... perché la vicenda dimostra che nessun sistema garantisce appieno che gli obblighi contrattuali verranno mantenuti.

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Sabato 26 Luglio 2014

I giornalisti non si toccano

“Penne” all’arrabbiata «Dalla lettura e dalla rilettura della Relazione del Mef sulla Regione Calabria saltano agli occhi elementi opinabili ed in qualche caso indifendibili, ma, per quanto riguarda il capitolo sugli uffici stampa del Consiglio e della Giunta regionale e per i giornalisti che vi lavorano, sono evidenti macroscopici, madornali errori sui quali è compito, anche di questa Commissione, far piena luce, allontanando pettegolezzi ed illazioni». È quanto ha sostenuto il presidente Aurelio Chizzoniti aprendo i lavori della seduta della Commissione “Vigilanza e Controllo” del Consiglio regionale che ha avuto al primo punto all’ordine del giorno “l’esame della Relazione del Mef sulla Regione Calabria”. Sul tema, la Commissione ha audito tutti i giornalisti degli uffici stampa di Consiglio e Giunta. Il presidente Chizzoniti ed i componenti della commissione Gabriella Albano, Pietro Crinò, Gesuele Vilasi, Nino de Gaetano e Pasquale Tripodi, sulla base delle previsioni, riferite agli uffici stampa, nello Statuto, nelle leggi regionali, nelle delibere specifiche, dai pareri giuridici, dalle buste paga e da una molteplicità di atti amministravi interni acquisiti dalla Commissione e dal contratto nazionale di lavoro dei giornalisti, hanno rilevato errori evidenti, sia per quanto attiene gli aspetti economici che giuridici. «In particolare - ha asserito il presidente Chizzoniti - colpisce la superficialità con cui l’ispettore Mosella ha erroneamente considerato una ‘temporanea assunzione’ di ‘soggetti esterni’ la delibera con cui nel 2005 sono stati nominati, rispettivamente capo e vice capo dell’ufficio stampa, i giornalisti Gianfranco Manfredi e Romano Pitaro che, invece, risultano documentalmente, nella stessa delibera, ‘in servizio presso l’ufficio stampa del Consiglio regionale addirittura da 28 anni il Manfredi e 25 il Pitaro». La Commissione ha, inoltre, approfondito la vicenda degli emolumenti indicati quali ‘importi illegittimamente riconosciuti’ ai giornalisti, asserendo «che si tratta - sulla base dei Cud predisposti e rilasciati dall’amministrazione regionale senza possibilità di equivoci - di cifre sbalorditive ed abnormi che non hanno nessun riscontro negli atti acquisiti». Ai giornalisti degli uffici stampa della Regione, infatti, si è accertato - ha spiegato il presidente Chizzoniti - che ven-

«Dalla Relazione del Mef sulla Regione Calabria saltano agli occhi elementi opinabili ed in qualche caso indifendibili, ma, sugli uffici stampa del Consiglio e della Giunta regionale, sono evidenti madornali errori sui quali bisogna far piena luce, allontanando pettegolezzi ed illazioni» dichiara il presidente Aurelio Chizzoniti aprendo i lavori della seduta della Commissione "Vigilanza e Controllo" del Consiglio regionale gono corrisposti, fin dal 1975, esclusivamente gli stipendi previsti dal Contratto nazionale della categoria. La Commissione, sulla base della documentazione acquisita, ha preso atto, contrariamente a quanto riferito dalla Relazione Mef, dell’avvenuta selezione svoltasi nel 2002 per l’assunzione dei giornalisti Cristina Cortese, Filippo Diano e Luisa Lombardo all’Ufficio Stampa del Consiglio. Per quanto concerne il capo ufficio stampa della Giunta regionale Oldani Mesoraca, si è accertato che è stato incaricato come giornalista-vicecapo ufficio stampa a tempo indeterminato nel 1995 consentendo, visto che lo stesso era già da 15 an-

ni dipendente della Regione, proprio quegli evidenti risparmi auspicati dalla stessa Relazione. Sono stati auditi anche i giornalisti della giunta regionale Massimo Calabrò, Patrizia Greto, Giovanni Merlo, Giuseppe Meduri, Natale Licordari e Mario Vetere che hanno contestato la parte della Relazione loro riferita, evidenziando «di avere in corso con la Regione rapporti di lavoro subordinato». Il presidente Chizzoniti ha altresì riferito, in ordine alla congrua documentazione pervenuta in Commissione da parte di diversi dirigenti censurati dalla Relazione Ispettiva e fra questi anche il magistrato dottor Nicola Durante - già direttore generale della Giunta - «la cui posizione è stata sicuramente oggetto di anomale ed erronee interpretazioni così come è capitato ad altri dirigenti che hanno sottoscritto contratti perfettamente identici a quelli firmati negli ultimi quindici anni dai predecessori degli stessi. Inoltre - ha proseguito il presidente Chizzoniti - è stata solennemente rispettata la previsione di cui all’art. 40 bis del D. Lgs.vo n. 165/2001 c. 4 e 5 in relazione alla pubblicazione dei contratti integrativi decentrati e la trasmissione telematica all’Aran entro 5 giorni dalla sottoscrizione degli stessi». In conclusione, il presidente Chizzoniti si è dichiarato «soddisfatto dello svolgimento della seduta» e ha rimarcato: «Non ci sentiamo difensori d’ufficio perché la toga degli indifendibili noi non la indossiamo! Ma, sulla scorta delle notizie e dei documenti acquisiti, vogliamo tutelare professionalità preziose, alcune delle quali da decenni al servizio dell’Istituzione e della sua trasparenza. Siamo altresì soddisfatti per essere diventati punto di riferimento per chi in questa nostra Calabria chiede giustizia, legalità, e verità». La Commissione di Vigilanza sarà convocata a domicilio per proseguire l’esame della Relazione Mef. «Non è possibile non tutelare la dignità e la professionalità dei dipendenti e la stessa immagine del Consiglio regionale». Lo hanno affermato i consiglieri regionali Pasquale Tripodi, Gabriella Albano, Gesuele Vilasi, Pietro Crinò e Nino De Gaetano. «Sono nettamente balzati all’attenzione di questo organismo evidenti errori e gravi inesattezze. Ed è anche sorto il legittimo dubbio - hanno concluso che non siano mancate ‘veicolazioni’ e manovre censurabili», affermano i consiglieri.

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