Anno 38 - 22 Febbraio 2014 - Numero 8
Settimanale indipendente di informazione
euro 0,50
di Francesco Fotia
Il bisogno di riscoprire Giangurgolo, personaggio tanto rappresentato in passato quanto caduto in disuso oggi SOS CORDE
L’IMBARAZZO DELLA SCELTA
Quel pianoforte che faceva la differenza
Open day Professionalità in vetrina
di Giuseppe Maiorca
Il grancoda Bosendorfer Imperiale del Rendano, un tesoro da salvare
di Pileria Pellegrino
L’Istituto di istruzione superiore di Lamezia si mostra agli studenti
II
sabato 22 febbraio 2014
Vivibilità al cubo Consegnate le prime biciclette per muoversi nei luoghi di Arcavacata
Novità del nuovo bando dell’Unical
Tempo di ingegnarsi
Campus a due ruote
Al rettore, Gino Mirocle Crisci, e al prorettore, Guerino D’Ignazio, sono state consegnate le prime due biciclette a pedalata assistita in dotazione all’Università della Calabria. La consegna, da parte del prorettore al Centro residenziale, Luigino Filice, è avvenuta nel corso di una simpatica cerimonia, davanti alla nuova sede del rettorato, cui hanno partecipato, tra gli altri, i professori Paolo Veltri e Roberto Guarasci, il presidente del Consiglio degli studenti e rappresentante in Cda, Antonio De Tursi, nonchè i rappresentanti in Senato accademico Antonio Alessio e Roberto Ceravolo. È seguita una piacevole “pedalata” sul ponte Bucci, alla quale si è unito anche il dirigente del Centro residenziale Franco Santolla. L’iniziativa segna un punto importante della strategia che l’Università della Calabria intende portare avanti per rendere sempre più vivibile il campus e avvia, di fatto, l’assegnazione delle oltre 70 biciclette, da tempo nella disponibilità dell’Ateneo, a dipartimenti, strutture e studenti che ne hanno già richiesto e ne solleciteranno l’utilizzo. Nei prossimi mesi, se questa fase sperimentale, come è nell’auspicio del rettore Crisci e dei suoi collaboratori, darà i risultati sperati, il “parco mezzi” dell’ateneo verrà ulteriormente rafforza.
L’iniziativa segna un punto importante della strategia che l’Università della Calabria intende portare avanti per rendere sempre più vivibili le strade dell’Ateneo e avvia la assegnazione delle oltre 70 biciclette a dipartimenti strutture e studenti che ne solleciteranno l’utilizzo
Si terrà nei giorni 11, 14, 15 e 16 aprile 2014 la prima sessione dei test di accesso ai corsi di laurea triennali in Ingegneria per il prossimo anno accademico. È questa l’importante novità contenuta nel bando di ammissione 2014/15 approvato nel Senato accademico del 10/02/2014. Il Tolc (Test On Line Cisia), preparato dal consorzio Cisia, che da molti anni progetta i test di accesso a gran parte delle università italiane, si terrà nei laboratori di informatica dell’area di Ingegneria dell’Università della Calabria e sarà riservato agli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori che vorranno provare ad assicurarsi un posto a Ingegneria ancora prima di concludere la scuola. Chi non ce la farà avrà comunque la possibilità di rifarsi nel tradizionale test di settembre. Il Tolc sarà valido per l’accesso ai corsi di laurea in Ingegneria civile, elettronica, gestionale, informatica e meccanica, che si allineano in tal modo ad alcuni dei più importanti atenei italiani, i quali selezionano le matricole già dal mese di marzo. I corsi di laurea citati si pongono l’obiettivo di attrarre gli studenti eccellenti offrendo loro la garanzia di un posto fin dal mese di aprile e quindi la possibilità di poter programmare con tutta calma l’inizio della nuova vita universitaria nella cittadella dell’Unical, che offre non solo percorsi di studio eccellenti, ma residenze, mense, impianti sportivi, teatri, attività culturali e possibilità di esperienze all’estero. Non nascondono la loro soddisfazione per questo primo risultato i direttori dei dipartimenti coinvolti, Veltri (Dinci), Bova (Dimeg) e Greco (Dimes) e il loro impegno affinché tale nuova strategia possa portare buoni frutti. Il Tolc si compone di 40 quesiti a risposta multipla suddivisi in 4 sezioni: Matematica (20 quesiti), Logica (5 quesiti), Scienze (10 quesiti), Comprensione verbale (5 quesiti). Chi lo supererà avrà accesso ad un percorso di laurea ampiamente riconosciuto a livello sia nazionale, sia internazionale, con la concreta possibilità di trovare velocemente lavoro, come dimostrato da tutte le statistiche riferite alla laurea in Ingegneria dell’Università della Calabria. Sta per partire la campagna informativa verso gli studenti delle scuole, per prendere la laurea in Ingegneria al cubo, iscrizioni aperte dal 3 marzo al 1 aprile, previo pagamento della quota di iscrizione. Tutte le informazioni sul sito http://tolc-ingegneria.unical.it. Nello stesso Senato è stato approvato il bando di ammissione per la laurea magistrale a ciclo unico in Ingegneria edile-architettura. Novità anche quest’anno per questo corso di laurea: il test di ammissione è stato anticipato dal Ministero e si svolgerà in unica data a livello nazionale il 10 aprile ed è stato eliminato il bonus per il voto di maturità. La domanda di ammissione dovrà essere presentata esclusivamente on-line attraverso il portale Universitaly (http://www.universitaly.it). L’iscrizione online è attiva dal giorno 12 febbraio 2014 e si chiude inderogabilmente alle ore 15.00 del giorno 11 marzo 2014. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito http://www.ingegneriacivile.unical.it/orientamento/.
sabato 22 febbraio 2014
Sos corde Il grancoda Bosendorfer Imperiale del Teatro Rendano di Cosenza, un tesoro da salvare
Quel pianoforte che faceva la differenza ca di Giuseppe Maior
Sì, c’è chi potrebbe dire che è un oggetto: anche il grancoda Bosendorfer Imperiale del Teatro Rendano di Cosenza, alla fine, non è nient’altro che un oggetto. Un oggetto inanimato, per giunta, perchè anche i pianoforti non sono altro che pezzi di legno ripieni di corde di acciaio che tirano, tirano, e che per questo hanno bisogno di particolari rinforzi tra l’avanti e il dietro, la tastiera e la coda, in leghe a base di costosissima ghisa. Sono inanimati perché rimangono tali, se di fronte a loro non si siede un pianista, o un aspirante tale: zitti, attendono questo momento nella loro stazza particolare, un po’pesante, un po’ elegante, un po’ slanciata. Sono belli, ma ingombranti; tacciono il più del loro tempo, eppure sono capaci di una voce dolcissima quanto imperiosa ed energica: ma tutto dipende dalle mani che ne toccheranno la tastiera. Bosendorfer, assieme a Steinway e a Fazioli, costituisce il punto di vetta della tecnologia e dell’artigianato nel campo dei pianoforti di tutto il mondo. In questo mondo che mercifica tutto, non fa specie rammentare il valore monetario di un grancoda Bosendorfer modello Imperiale: per acquistarlo, ci verrebbero più di 130.000 euro. Quella mezza tonnellata di legno, ferro, ghisa, però, per un pianista vale anche di più: perchè è capace di tradurre in suono ogni piccola sfumatura di tocco, perchè riesce ad assegnare un timbro differente ad ogni lieve variazione di gesto. Chi non lo sa potrebbe stupirsi: la meccanica di un pianoforte è qualche cosa di imperfettibile: il gioco di leve, pesi, materiali, cuscinetti e smorzatori che viene pilotato dalle dita di un pianista è il frutto di una ricerca che ha raggiunto la sommità, e che oltre non può andare, già da molti decenni. È proprio nella qualità dei materiali che sta la differenza tra strumento e strumento: tra i cosiddetti (ottimi, per altro) strumenti giapponesi e i loro fratelli europei di qualità ineguagliabile. Ed è per questo che un pianoforte di questa natura arriva a questi costi impressionanti: perchè ogni pezzo, lavorato a mano, montato a mano, è anche scelto tra materiali pregiatissimi. La vita di un pianoforte è importante, in durata, ma non è eccezionale come quella di uno strumento ad arco: mentre i violini, o i violoncelli, migliorano il loro suono nel tempo, se ben tenuti, un pianoforte tende a deteriorarsi, e a campare per meno di un secolo. Certamente però, deve essere tenuto con grande cura: altrimenti, nel giro di trenta anni può trasformarsi in una vera ciofeca. Il problema è proprio quella meccanica che lo fa essere suonabile, il gioco di martelletti, smorzatori, tasti, leve e molle, a cui prima accennavo. Se non si tiene bene in funfionamento quella parte, che è il cuore dello strumento, il pianoforte diventa una specie di strumento stridulo, che graffia l’udito con i suoi fastidiosi suoni metallici, che si imbroglia in una miriade di rumori e rumoretti che disturberebbero anche i più pazienti, e che non risponde più alle dita di chi vuole suonarlo: le dita vorrebbero un suono dolce e piano, ed invece ciò che producono è una specie di scampanellio irriverente e maleducato; le dita vorrebbero un suono forte, ed ecco che ciò che producono si smorza subito perchè affogato da un punto di battuta del tasto sulla corda che va fuori centro.... Neanche Rubinstein redivivo, su certi pianoforti disastrati dal tempo e dall’incuria, riuscirebbe a farsi notare come pianista. Soprattutto l’incuria, impossibile in certi fenomeni sociali di bassa piega, è invece possibile ed anzi, quasi inevitabile, per quanto concerne i pianoforti dei teatri di tradizione in questo Paese. Ovviamente, non è di tutti i pianoforti che voglio discettare, e mi limito al Bosendorfer del Teatro Rendano di
Ancora oggi lo strumento tiene. È stato mortificato da decenni di incuria Perché non rimettere a posto, oggi che è ancora possibile, questo meraviglioso gioiello di Cosenza?
Cosenza, proponendovi un paragone che ciascuno potrà rimodulare come vuole nella sua esperienza: che direste di colui che acquistasse una Testa Rossa Ferrari, e che per 28 anni tenesse questo bolide in un gelido garage, facendolo uscire in giro e per le strade cittadine (quasi mai in autostrada...) una decina di volte all’anno? e in questi 28 anni, questo signore, per di più, per risparmiare, ha messo una ventina di euro di benzina nel serbatoio del bolide, e si è limitato a fargli controllare solo la pressione delle gomme una volta ogni due anni, e a pulire le candele una volta ogni cinque. Che ne direste? e per carità: mai in una officina autorizzata dalla Ferrari, quelle costano troppo... da un meccanico qualsiasi! Scusatemi: tutti diremmo, io e voi, che questo signore è un coglione. Qualche giorno fa ho toccato il pianoforte del Rendano, per un concerto di beneficenza. Sono stato attento a come rispondeva la sua tastiera: 28 anni fa, il primo concerto che fece il Bosendorfer del Teatro, lo tenni proprio io, nella stagione lirico-sinfonica del 1986: era uno strumento poderoso, nuovissimo, splendido. Ebbene, ancora oggi, lo strumento tiene: la voce del suo cantabile è ancora commovente, i suoi smorzatori permettono eccellenti chiusure del suono. Però, ha perduto lo smalto, la forza, la potenza. È stato mortificato da decenni di incuria: qualche anno fa, quando ancora vi era la stagione lirica in teatro, mi imbestialii con una costumista che aveva messo sul suo coperchio il vestito di una cantante, e lo stava stirando sulla sua coda... Perché non rimettere a posto, oggi che è ancora possibile, questo meraviglioso gioiello di Cosenza? Non dovrebbe essere così difficile, per chi ci governa, sapere che proprio quel pianoforte sontuoso, splendido ed importante, in un teatro sontuoso, di tradizione ineguagliata, era la nostra differenza con il resto del Meridione, con il resto dei calabresi, con il resto dei ragionamenti di quest’Italia allo sbaraglio. Renzi, Cuperlo, Scopelliti, Berlusconi e D’Alema non colmeranno mai il vuoto immane che si è aperto nella nostra storia, quando chi doveva si è dimenticato di ciò che era il segreto per superare ogni tempesta, politica, economica, sociale: noi avevamo la cultura. E la cultura non significava, a tutti i costi, far entrare in teatro Ligabue o i Pooh; anche quello, forse. Ma ancor prima, tenere a posto il pianoforte che già c’era, e che, ancora oggi c’è, pur seviziato da questa ineguagliabile ignoranza.
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sabato 22 febbraio 2014
Emozioni al cubo Presentata la stagione teatrale e musicale 2014
L’Unical alza il sipario Quattro titoli di prosa. Tre spettacoli musicali ed un serie di eventi collaterali di altissimo livello culturale, come mostre fotografiche e giornate di studio, compongono il cartellone 2014 del Teatro Auditorium Unical (Tau), in programma dal 5 marzo al 23 maggio. L’iniziativa è stata presentata dal rettore, Gino Mirocle Crisci, dal direttore del dipartimento di studi umanistici, Raffaele Perrelli, dal presidente del corso di laurea in Dams, Roberto De Gaetano, e dal responsabile organizzativo della struttura universitaria Fabio Vincenzi. Ospite della conferenza stampa, moderata dal capo ufficio stampa dell’Unical, Francesco Kostner, il cantautore cosentino Dario Brunori. «Siamo soddisfatti - ha detto Crisci prendendo la parola - per il ruolo che il nostro Teatro e la nostra Università stanno assumendo nel panorama artistico e culturale della regione. Il cartellone che viene presentato questa mattina è di tutto rispetto, nonostante le difficoltà economiche con cui anche il nostro Ateneo deve fare i conti. La sfida adesso è quella di trasferire il valore e la portata degli spettacoli che compongono il programma alla comunità universitaria e che essa, perciò, partecipi in modo massiccio alle iniziative programmate». Sulla stessa lunghezza d’onda gli interventi di Perrelli e De Gaetano. Per il direttore del dipartimento di studi umanistici, «l’Università rappresenta in questo momento l’unica Istituzione capace di svolgere una funzione sociale importante in un territorio che mostra crescenti difficoltà a mettere in campo una proposta artistico-.culturale di valore. La portata del cartellone - ha aggiunto Perrelli - si rileva anche dalla forte connotazione meridionalistica dei temi e dei protagonisti coinvolti. L’Università - ha concluso - continuerà ad andare avanti in questa direzione, ma è auspicabile che dalle istituzioni locali vengano altri segnali d’attenzione verso i temi artistici e culturali». De Gaetano, dal canto suo, si è soffermato sulla parte didattica del cartellone TAU, «in linea con gli obiettivi formativi che l’Ateneo deve privilegiare, sempre e comunque, nelle sue attività. Lo sforzo, anzi la sfida che ci attende - ha concluso De Gaetano - è fare in modo che gli studenti non si muovano più solo per “dovere”, con lo sguardo rivolto ai crediti dei propri corsi di laurea, ma che assistano agli spettacoli godendo della qualità artistica e dei messaggi che esprimono». Dopo un rapido accenno al programma della stagione 2014 al Teatro Auditorium, Fabio Vincenzi ha posto l’accento sulle straordinarie potenzialità delle strutture dell’Ateneo, «che hanno lasciato a bocca aperta quanti hanno avuto modo di visitarle, da Mario Martone a Michele Frammartino a Roberto Benigni». Un’impressione che è stata confermata anche da Dario Brunori nel suo breve intervento, in cui ha evidenziato «la bontà dell’acustica e le peculiarità del Teatro, che ha pochi eguali nel nostro Paese». Passando al programma, il 22 e 23 maggio, grazie alla collaborazione con i Teatri Uniti, ad Arcavacata arriverà il grande artista candidato all’Oscar Tony Servillo, che metterà in scena lo spettacolo Servillo legge Napoli. La proposta teatrale del Tau terminerà con Paolo Rossi in L’importante è non cadere dal palco che segna il ritorno al Sud , dopo oltre 15 anni, dell’artista milanese. Il fil rouge della stagione sarà l’omaggio al trentennale della scomparsa di Eduardo de Fililppo, tema che ha già animato la manifestazione I giorni e le notti: l’Arte di Eduardo, e che ha visto l’Università della Calabria capofila di una articolato progetto artistico assieme a diverse d Atenei e Istituzioni meridionali. Il grande artista napoletano sarà celebrato dalla Fondazione Salerno Contemporanea con Sik Sik l’artefice magico (regia di Pierpaolo Sepe) in programma il 12 marzo, e dal Piccolo Teatro Studio Milano con Natale in casa Cupiello (adattato, diretto ed interpretato da Fausto Rossi Alessi), che andrà in scena il 16 aprile. Molta attesa anche per l’esibizione del cantautore Dario Brunori, il 27 marzo, con il concerto Il cammino di Santiago in taxi. Il cantautorato indipendente italiano sarà presente anche il 5 marzo con i “Massimo volume” ed il 7 aprile con il gruppo “Le luci della centrale elettrica”. Dal 5 marzo al 7 aprile, inoltre, sarà possibile visitare una mostra fotografica a tema musicale a cura di Pasqualino Caparello. Durante la stagione, gli studenti potranno usufruire di mini abbonamenti a prezzi ridotti.
Tre spettacoli musicali e una serie di eventi collaterali di altissimo livello culturale come mostre fotografiche e giornate di studio dal 5 marzo al 23 maggio
Università della Calabria Centro Arti, Musica e Spettacolo Dipartimento Studi umanistici Teatro Auditorium Unical Stagione 2014 Campus di Arcavacata Rende (Cs)
MUSICA 5 marzo 2014, ore 21.30
MASSIMO VOLUME
Aspettando i barbari Il nuovo disco della band di Emidio Clementi, Aspettando i barbari, si riflette bene nel quadro di copertina di Ryan Mendoza. Lo sguardo privato di alcuni brani pare invaso da un’inquietudine incombente, che porta con sé echi di guerra e di distruzione. Mentre oltre le imposte della stanza si agitano i fantasmi di Buckminster Fuller e di Vic Chesnutt, di John Cage e di Danilo Dolci, a ricordarci che il mondo è utopia e possibilità, il sale della vita. Musicalmente una svolta netta rispetto al suono caldo, rigidamente analogico di Cattive abitudini. Il risultato è un disco duro, compatto, volutamente autarchico, calato con forza nell’ambiguità del presente. Il concerto è organizzato in collaborazione con l’associazione culturale “Fata Morgana” e vedrà anche l’inaugurazione della mostra fotografica “Sudore con sudore. Scatti di un fan tra i fan” di Pasqualino Caparello (aka Le-Cap) che prevede l’esposizione di circa trenta foto realizzate durante i live non solo delle tre band che saranno ospitate al TAU in questa stagione, ma di una serie di “mostri sacri” della musica rock, quali Nick Cave, PJ Harvey, Pearl Jam, Low, Sigur Ros e tanti altri. La mostra sarà allestita nel foyer dell’Auditorium fino al 7 aprile. 27 marzo 2014, ore 21.30
BRUNORI SAS
Il cammino di Santiago in taxi Dopo aver ottenuto riconoscimenti come il Premio Ciampi e la Targa Tenco e aver conquistato il pubblico e la critica con i primi due album, il cantautore Brunori Sas torna con Vol.3 - Il Cammino di Santiago in taxi, l’atteso terzo album di inediti uscito il 4 febbraio. Nell’album 11 brani che, come fotografie, ritraggono il presente attraverso la poetica semplice, romantica e ironica di Dario Brunori. Registrato con lo studio mobile di Vinicio Capossela, nella chiesa di un ex-convento dei Cappuccini (in provincia di Cosenza), Vol.3 - Il Cammino di Santiago in taxi verrà pubblicato dall’etichetta Picicca Dischi, fondata dallo stesso Brunori insieme a Simona Marrazzo e Matteo Zanobini, e distribuito da Sony Music. Con alle spalle un tour tutto esaurito terminato lo scorso settembre (ultima parte di quello che è stato un vero e proprio "never ending tour" di tre anni), a marzo Brunori Sas torna ad esibirsi live nei club e nei teatri di tutta Italia con Il Cammino di Santiago in tour.
V
sabato 22 febbraio 2014
Emozioni al cubo
16 aprile 2014, ore 21.00
OMAGGIO A EDUARDO
PICCOLO TEATRO STUDIO MILANO Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo adattato, diretto e interpretato da Fausto Russo Alesi È con gioia, paura, emozionata curiosità ed una buona dose di follia, che mi avventuro alla scoperta del teatro di Eduardo De Filippo. È da molto tempo che coltivo il desiderio di accostarmi a questo grande attore-autore-regista e al suo patrimonio drammaturgico e Natale in casa Cupiello, in questa versione solitaria, mi è sembrato un modo possibile, una chiave d’accesso per incontrare la sua arte e il suo linguaggio. È difficile definire Natale in casa Cupiello, perché è un testo semplice e complesso allo stesso tempo. Semplice perché popolare, familiare e complesso perché umano, realistico sì, ma soprattutto metaforico. Quando leggo Natale in casa Cupiello, ho la sensazione di trovarmi davanti ad un meraviglioso spartito musicale, un vibrante veicolo di comunicazione, profondità e poesia. Fausto Russo Alesi Perché vederlo? Per ritrovare le parole di Eduardo in un assolo di grande intensità e potenza. Perché Fausto Russo Alesi dà vita a tutti i personaggi di Natale in casa Cupiello restituendo la bellezza, divertente e tragica, di una delle più famose commedie eduardiane. 29 aprile 2014, ore 21.00
LA CORTE OSPITALE
7 aprile 2014, ore 21.30
LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA
Costellazioni tour 2014 Le luci della centrale elettrica come un’orchestrina spaziale. Con percussioni e beat elettronici, chitarre distorte e violoncello, moog e pianoforte. Suoni organici e suoni elettronici. Il palco sarà come un bar che si trova tra la via Emilia e la via Lattea. Protagoniste saranno le storie provinciali e spaziali raccontate, cantate e gridate. le luci della centrale elettrica come costellazioni. Le Luci sono: Vasco Brondi (chitarra acustica e voce), Ettore Bianconi (elettronica e moog), Sebastiano De Gennaro (percussioni), Andrea Faccioli (chitarre elettriche e chitarre acustiche), Daniela Savoldi (violoncello).
TEATRO 12 marzo 2014, ore 21.00
OMAGGIO A EDUARDO
FONDAZIONE SALERNO CONTEMPORANEA Sik Sik l’artefice magico di Eduardo De Filippo regia Pierpaolo Sepe con Benedetto Casillo e con Roberto Del Gaudio, Marco Manchisi, Aida Talliente Scritto da Eduardo De Filippo nel 1929, Sik Sik, l’artefice magico racconta l’esilarante storia di un illusionista di terz’ordine alle prese con una disastrosa esibizione in cui tutto va storto. Rappresentato per la prima volta al Teatro Nuovo di Napoli nel 1930, venne applaudito con entusiasmo dalla critica e dal pubblico, diventando un classico del teatro di Eduardo. Alla versione del 1929, pubblicata nella Cantata dei giorni pari - praticamente un canovaccio che lasciava molto spazio all’improvvisazione - Eduardo lavorerà ancora nel 1979, ampliando l’atto unico fino e lo portò in scena al Teatro San Ferdinando. Di questa rappresentazione, il critico teatrale Giulio Baffi ha conservato una preziosa registrazione, affidandola al regista Pierpaolo Sepe. Prodotto dalla Fondazione Salerno Contemporanea con il Napoli Teatro Festival, Sik Sik ha debuttato ad Asti Teatro 35, ha poi inaugurato il XXXIV Festival Benevento Città Spettacolo ed è in tournée da gennaio a marzo 2014. Si tratta uno studio sull’evoluzione della scrittura eduardiana e, insieme, una rilettura personale e fortemente contemporanea a proposito della quale il regista afferma: «Sik Sik è il capostipite dei personaggi di Eduardo. Un testo breve quanto impegnativo che ne ha consacrato la poetica drammaturgica. Io cercherò di raccontare un tempo diverso da quello del ‘29. Le miserie che vive oggi Napoli sono ben differenti. Quello che più mi colpisce della nostra contemporaneità è la coesistenza di tante culture, così diverse e così incapaci di comunicare fra loro». A esaltare l’irresistibile comicità del testo sarà l’interpretazione di Benedetto Casillo nel ruolo dell’illusionista, affiancato da Roberto Del Gaudio, Marco Manchisi e Aida Talliente.
Iniziativa presentata dal rettore Gino Mirocle Crisci, dal direttore del dipartimento di Studi umanistici Raffaele Perrelli, dal presidente del corso di laurea in Dams Roberto De Gaetano e dal responsabile organizzativo della struttura universitaria Fabio Vincenzi
presenta Paolo Rossi in L’importante è non cadere dal palco ONE MAN SHOW Dal cabaret al Mistero buffo 2.0, attraverso Molière, Cecchelin, Jannacci, Gaber, fino ad arrivare a Shakespeare: l’importante è non cadere dal palco, un excursus sul teatro di Paolo Rossi, i suoi maestri, lezioni di teatro in pillole per giovani artisti. «Il qui e ora della rete, il là adesso già detto, della tv digitale satellitare fino alle telecamere sparpagliate in ogni angolo delle nostre città in nome della nostra sicurezza - più spesso però a crimine avvenuto - traslocano il teatro da palcoscenico del mondo al mondo in uno sterminato palcoscenico, studio, set. In poche parole il teatro si può far ovunque, la sua storia si racconta nei cortili, nelle piazze, nelle case o ville, per la strada e qui sta il qui e ora se lì si trova voluta o per caso una telecamera abbiamo voilà, per qualcun’altro magari lontano chilometri e chilometri, il là e adesso in una sorta di magica fruizione differente ma contemporanea. Il teatro può tornare a occupare nella società un importante ruolo se saprà giocare sui confini tra realtà e finzione, quadro e cornice, scena, quinta e platea e soprattutto se sapranno i suoi attori disciplinarsi per recitar nello stesso momento qui e altrove». Paolo Rossi 22 e 23 maggio 2014, ore 21.00
OMAGGIO A EDUARDO TEATRI UNITI
presenta Toni Servillo in Servillo legge Napoli testi di Salvatore di Giacomo, Eduardo de Filippo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani, Mimmo Borrelli, Enzo Moscato con Toni Servillo Produzione Teatri Uniti Testi: Lassammo Fa’ Dio, Salvatore di Giacomo - Vincenzo De Pretore, Eduardo de Filippo - A Madonna d’e’mandarine, Ferdinando Russo - E’ sfogliatelle, Ferdinando Russo - Fravecature, Raffaele Viviani - A sciaveca, Mimmo Borrelli - Litoranea, Enzo Moscato ’O vecchio sott’o ponte, Maurizio De Giovanni - Sogno napoletano, Giuseppe Montesano - Napule, Mimmo Borrelli - Primitivamente, Raffaele Viviani - ’A Livella, Antonio De Curtis (Totò) Napoli, città dai mille volti e dalle mille contraddizioni nella quale da sempre convivono vitalità e disperazione, prende vita nella voce di Toni Servillo. Un viaggio nelle parole di Napoli, da Salvatore Di Giacomo a Ferdinando Russo, da Raffaele Viviani a Eduardo De Filippo, fino alla voce contemporanea di Enzo Moscato e Mimmo Borrelli. Ne emerge una fuga dalle icone più obsolete della napoletanità, ma insieme un bisogno perentorio di non rinunciare ad una identità sedimentata da quattro secoli di letteratura. 23 maggio 2014, ore 9.30
Giornata di studio su Tony Servillo Programma in via di definizione
CREDITS Progetto artistico-scientifico a cura di Roberto De Gaetano, Bruno Roberti, Fabio Vincenzi Direzione amministrativa Anna Maria Genise Segreteria amministrativa Rosa Alimena Direzione tecnica Pietro Carbone (responsabile), Pietro Scarcello Ufficio stampa Francesco Kostner (responsabile), Francesco Montemurro Segreteria organizzativa Loredana Ciliberto Punti vendita e orari biglietteria InPrimafila - via F. Alimena 4/b - Cosenza da lunedì a sabato h 09.30 - 13.00 / 16.30 - 19.30 Tel. 0984/795699 Prevendita online www.inprimafila.net Info Mail dir.cams@unical.it, fatamorgana.associazione@gmail.com Tel. 0984-494460 Cams Unical In collaborazione con Associazione culturale "FATA MORGANA" Con il sostegno di CASSA DI RISPARMIO DI CALABRIA E DI LUCANIA
VI
sabato 22 febbraio 2014
Risposte credibili Via ai lavori della giornata di orientamento all'università, organizzata da Confindustria Cosenza in collaborazione con l'Università Luiss di Roma
Il merito deve essere il metodo
«Il nostro sistema confederale dichiara il presidente Mazzuca ha sempre prestato un’attenzione particolare al tema della education e al rapporto tra formazione e mondo del lavoro»
«Il merito deve essere il metodo. Abbiamo necessità di vivere e lavorare in un paese normale, simile ai paesi più avanzati, dove i giovani possano far emergere i loro meriti, la qualità e la preparazione». È quanto ha dichiarato il presidente di Confindustria Cosenza Natale Mazzuca introducendo i lavori della giornata di orientamento all’università, organizzata in collaborazione con l’Università Luiss di Roma. «Il nostro sistema confederale - ha continuato il presidente Mazzuca - ha sempre prestato un’attenzione particolare al tema dell’education ed al rapporto tra formazione e mondo del lavoro perché consapevoli che il valore più grande delle imprese siano le risorse umane presenti. Dare consigli agli studenti su ciò che li aspetta li aiuta a prepararsi ai cambiamenti che affronteranno e ad avere consapevolezza del presente». L’offerta formativa dell’ateneo romano è stata presentata dal responsabile area personale Luiss Francesco Spanò mentre il professore ordinario di Metodologia della Scienza giuridica e Diritto dei media, presso la facoltà di Giurisprudenza, della Luiss Guido Carli Antonio Punzi è intervenuto per illustrare il “modello Luiss” come opportunità di «vivere l’università in pienezza, in un contesto internazionale». Il professore ha, inoltre, proposto una breve lezione
«Questo perché consapevoli che il valore più grande delle imprese debbano essere le risorse umane presenti»
sul tema “Verità o inganno? Le regole della comunicazione commerciale”. Per il direttore degli Industriali cosentini Rosario Branda «il tema dell’orientamento è fondamentale per i nostri giovani che altrimenti rischiano di rimanere senza informazione circa le possibilità esistenti nel mondo del lavoro. È indispensabile rapportarsi con gli studenti, dando risposte credibili, facendo luce sui percorsi, sulle opportunità ma anche sulle criticità, sulle prospettive ed occasioni derivanti dal mondo del lavoro. La speranza è che possano trovare riscontri alle loro esigenze ed attitudini e che possano essere messi in grado di contribuire alla crescita del tessuto economico e sociale del territorio». In occasione dell’incontro è stato presentato il nuovo test di ingresso ai corsi di laurea triennale ed a ciclo unico per l’anno accademico 2014-15 che si svolgerà il 27 marzo 2014 a Roma e in altre 29 sedi italiane (per la provincia di Cosenza il test si terrà presso il Liceo Classico “Telesio” di Cosenza). Hanno partecipato gli studenti delle quinte classi del Liceo classico “Telesio” di Cosenza, Liceo scientifico “Pitagora” di Rende, Liceo classico “Garibaldi” di Castrovillari, Liceo scientifico “Guarasci” di Rogliano e Liceo scientifico “Scorza” di Cosenza.
sabato 22 febbraio 2014
VII
I... carri nostri Il bisogno di riscoprire Giangurgolo
La “maschera” della Calabria di Francesco Fotia
Il carnevale 2014 si avvicina e con il suo arrivo si preparano le consuete sfilate di carri per tutta la regione. Due le tipologie di travestimento che, come ogni anno e con l’aiuto del bel tempo, affolleranno le strade dei centri e le tante feste organizzate in Calabria: quelle dei personaggi della televisione e del fumetto (da quelli che “vanno di più” al momento ai grandi classici come Zorro e Batman), e quelle della tradizione, con gli immortali Pulcinella e Arlecchino in prima fila. A questa seconda categoria appartiene una maschera molto legata alla storia della Calabria, tanto rappresentata nelle commedie dei secoli scorsi quanto caduta in disuso oggigiorno: la maschera di Giangurgolo.
della sua posizione sociale. La maschera, di contro, assume un atteggiamento di totale accondiscendenza e riverenza nei confronti dei veri potenti; è deriso dalle donne nonostante il suo eloquio forbito a causa del suo aspetto fisico e si dimostra un vero codardo ogni volta che la situazione richiederebbe un atto di coraggio.
Alle origini del successo della maschera, quindi, sta il bisogno da parte dei calabresi di fare satira contro l’arroganza del potere, contro la superbia del dominatore. Altre fonti vogliono che la maschera nasca in realtà da un personaggio realmente esistito: tale Giovanni, un trovatello catanzarese nato il 24 giugno 1596. Secondo questa tesi, un giorno Giovanni passeggiando nei pressi del bosco vicino il convento Santa Maria della Stella, dove era stato cresciuto dalle suore, si imbatté nell’aggressione di un gruppo di banditi ad un nobile spagnolo. Il nobile Nata a Napoli nel 1618, come riportato da diverse fonti, la mascherestò gravemente ferito e Giovanni lo soccorse; nonostante gli sforra si afferma in Calabria, dove trova terreno fertile per diventarne zi, non riuscì a salvarlo. In punto di morte però, colpito dalla geneuna sorta di simbolo. Sin dalle prime apparizioni, Giangurgolo, che rosità del giovane, lo spagnolo lo designò suo erede. Da quel significa ‘Gianni l’ingordo’, ‘Gianni Boccalarga’ o ‘Gianni momento Giovanni, che ha cambiato il nome in Alonso Pedro Boccapiena’, ha come principale caratteristica un appetito smisuJuan Gurgolos, gira per la regione con un carrozzone, orrato che lo costringe a ideare sotterfugi per procurarsi, di giorno in ganizzando e mettendo in scena spettacoli satirici che vogiorno, quanto più cibo possibile. Una maschera divertente, certo, gliono provocare la ribellione dei calabresi all’oppressoma che non ha ancora i connotati che la renderanno tanto imporre straniero. tante per i calabresi. Che discenda dalla fantasia popolare o da una cronaca di cui non ci sono arrivati documenÈ solo nel XVIII secolo, infatti, che le condizioni storiche e sociali ti, la genesi della maschera di Giangurgolo ci fanno di Giangurgolo la maschera preferita dai nostri avi. A inizio ricorda ancora oggi che nella storia della secolo, con la pace di Utrecht, la Sicilia, a lungo sotto il dominio Calabria moderna il germe della ribellione era spagnolo, diventa feudo dei Savoia. Molti sono i nobili e i siciliani presente già prima del fenomeno del briganvicini all’aristocrazia spagnola che si spostano allora dall’Isola a taggio. Giangurgolo era la “maschera” che inReggio, dall’altra parte dello stretto. Il loro arrivo accentua il caratdossavamo per ridere della superbia del sitere arrogante del potente nell’immaginario collettivo. Ed è proprio gnore di turno e della sua goffa presunzione di suquesto che finisce col diventare il tratto caratteristico del Giangurgolo: periorità; ci divertivamo nel vederla all’opera imun signorotto ingordo e al tempo stesso chiacchierone, che veste gli parando, forse inconsciamente, che il primo passo abiti e i colori tipici della corona d’Aragona. verso l’emancipazione consiste nel ridere dell’arroganza del più forte, accertandone la vulnerabiNella rappresentazione più comune, Giangurgolo indossa una malità. schera rossa, un naso di cartone e un cappello a forma di cono. La storia ha fatto il suo corso, si sa; gli attori sono Alla cintura porta una lunga spada. Altro tratto di spicco della cambiati così come tutto ciò che li circonda. Oggi maschera, che conoscerà un grande successo in tutto il territogli spagnoli sono andati via e Giangurgolo non è rio italiano, è l’ambivalente rapporto con il prossimo: nel tenpiù famoso come un tempo. Nonostante tutto quetativo di imitare gli atteggiamenti dei nobili spasto però, possiamo dirci certi che le cose siano camLa raffigurazione tradizionale di Giangurgolo gnoli, il Giangurgolo si rivolge con sprezzo biate poi così tanto e che non sia il caso di riapSopra, uno dei carri agli uomini di classe inferiore, si pavoneggia propriarci di una delle più irriverenti maschere itadal Carnevale di Amantea quando ha di fronte una bella donna, e si vanta liane?
Molto legata alla storia della regione, tanto rappresentata nelle commedie dei secoli scorsi quanto caduta in disuso oggigiorno
VIII
sabato 22 febbraio 2014
Versi trionfanti Il concorso dell'Accademia dei Bronzi presieduta da Vincenzo Ursini primo in Italia per numero di adesioni
Tutti per Alda Merini Alda Merini per tutti
Nell’edizione del Premio 2013 Pasquale Macrì (sopra) ritira la medaglia del Presidente della Repubblica Sotto, il saluto di Michele Affidato A destra Vincenzo Ursini
Numeri da record per la terza edizione del Premio di poesia “Alda Merini” promosso e organizzato dall’Accademia dei Bronzi di Catanzaro, presieduta da Vincenzo Ursini. «Tutto questo senza ricevere alcun contributo da parte delle istituzioni pubbliche, ad accezione di una modesta somma stanziata lo scorso anno dalla Camera di Commercio di Catanzaro che ringraziamo ancora pubblicamente». Lo sostiene Vincenzo Ursini, presidente dell’Accademia dei Bronzi, sodalizio culturale catanzarese che da quasi 30 anni opera in città, nel settore delle lettere e delle arti con grande impegno di risorse, ottenendo sempre consensi lusinghieri. L’associazione ha il suo punto di forza nell’azione gratuita di volontariato culturale assicurata dai membri del consiglio direttivo (G. Battista Scalise, Mario Cosco, Mauro Rechichi, Silvestro Bressi, Antonio Benefico) e da tanti altri esponenti del mondo accademico e letterario calabrese, ma non solo. «L’edizione di quest’anno, rispetto a quella del 2013, - continua Ursini - registra un incremento di circa il 20% delle adesioni, a conferma di quanto sia seguito il nostro premio, ma quel che più conta è il fatto che al concorso, assolutamente gratuito, hanno aderito alcuni dei migliori poeti del nostro tempo».
«L’edizione di quest’anno - afferma Ursini registra un incremento di circa il 20% delle adesioni Ma quel che più conta è il fatto che al concorso, gratuito, hanno aderito alcuni dei migliori poeti del nostro tempo»
I dati, ad Ursini, danno effettivamente ragione: 2.160 poesie partecipanti, provenienti anche dall’estero; di queste 616 faranno parte dell’antologia Ho conosciuto Gerico (il cui titolo fa riferimento ad una delle più belle liriche di Alda Merini): libro che l’Accademia dei Bronzi presenterà nel corso della premiazione che si terrà nel mese di aprile. L’antologia sarà inviata sempre gratuitamente alle biblioteche pubbliche che ne faranno richiesta. «Ricordiamo che al concorso, - prosegue Ursini - oltre al grande onore dell’adesione del Presidente della Repubblica Giorgio Napilitano che sin dalla prima edizione ci ha inviato la sua medaglia ufficiale, hanno, tra gli altri assicurato il loro sostegno: il Maestro Giovanni Nuti, (unico grande interprete musicale delle opere di Alda Merini), la figlia della poetessa Emanuela Carniti, la fondatrice dei gruppi di Facebook “Una piccola ape furibonda”, Aurora Orione, e l’orafo Michele Affidato che anche quest’anno realizzerà i premi per i vincitori». «L’incremento delle adesioni registrato quest’anno - conclude il presidente del sodalizio culturale catanzarese - ci spinge a continuare sulla strada intrapresa, fatta di dedizione, sacrifici economici e personali non indifferenti, ma soprattutto di un’attenta valutazione delle opere partecipanti, premiando chi effettivamente merita». «Con l’Accademia dei Bronzi - scrive la poetessa Maria Pia Furina, medaglia del Presidente della Repubblica nel 2011 - la poesia si veste di umanità, condivisione e convivialità, non di competizione o di scontro». Relativamente alla medaglia concessa al Premio Merini da Napolitano, ricordiamo infine che lo scorso anno tale riconoscimento è stato assegnato al giornalista Enzo De Virgilio di Catanzaro, decano dei giornalisti calabresi, e all’artista Pasquale Macrì di Dinami, per il dipinto Alda Merini, i giorni della gioia. Il primo premio per la poesia inedita è andato invece a Rosanna Marani di Milano.
sabato 22 febbraio 2014
IX
Imbarazzo della scelta Una giornata aperta, quella offerta dall'Istituto d'istruzione superiore "N. De Filippis" , "G. Prestia" di Vibo Valentia diretto dal professor Pietro Gentile
Open day sulla formazione o di Pileria Pellegrin
Una giornata aperta al territorio davvero speciale dunque quella offerta il 15 febbraio dall’Istituto d’istruzione superiore “N. De Filippis”, “G. Prestia” di Vibo Valentia, diretto dal professor Pietro Gentile. L’evento ha avuto l’obiettivo di presentare i diversi indirizzi dell’istituto- odontotecnico; servizi sociali; ottico; aziendale, turismo, comunicazione; promozione commerciale e pubblicitaria; produzioni tessili-sartoriali (moda); impianti industriali e civili; manutenzione mezzi di trasporto - offrendo agli studenti delle scuole medie ed ai loro genitori l’opportunità di scegliere attraverso la presa di contatto diretta con esperienze di laboratorio e momenti di spettacolo. Essere presenti ed aperti al territorio ha consentito e consente all’istituto di disseminare la propria proposta formativa. Un “open day” d’eccezione in cui si sono alternati diversi momenti formativi ed una sfilata di moda. Un’occasione in cui tutti i laboratori - grafica, odontotecnico, Lim, nuove tecnologie, informatica multimediale, elettropneumatica, saldatura, meccatronica, energie alternative, termoidraulica, tessile al Pc; diversamente abili, scienze integrate, impresa formativa simulata, telecomunicazioni, circuiti stampati, elettronica, abbigliamento e moda, fisica, chimica - sono stati aperti al pubblico per assistere ad esperimenti e visionarne attrezzature e strumentazioni. Momento grandemente apprezzato è stato quello della sfilata di moda proposta dalle allieve della sezione moda dell’Ipsia “G. Prestia”, una collezione che fonde felicemente massimalismo e dolcezza, facilità ed agio senza precludere effetti eleganti. Trasparenze dai motivi stampati che accarezzano il passo, cinture legate alla vita, e sul torso la coccola avvolgente di bustier che ricoprono un ruolo importante: ideali da indossare sotto giacche sagomate e rielaborati negli abiti che scendono ampi. La rivisitazione della giacca di un frac, gialla con dettagli e rifiniture nere, su ampia gonna corta per un raffinato total black per puntare su un look più glamorous. Tessuti e tagli sono declinati in forme sinuose e sofisticate che tendono a valorizzare molto la silhouette. Raso, ciniglia, seta, organza per abiti dalle linee pulite si posano con tagli sartoriali che evidenziano al massimo il punto vita. Nella calcolata sinfonia di grigi e terrosi c’è spazio però per note lucenti, di ricami minuti e fioriture di perline, che valorizzano un disegno piano e seducente, una collezione dalla forte femminilità, rigorosa ma nel contempo morbida, non castigata. Una collezione in cui le allieve sono state protagoniste grazie ai look di street-style più cool, tra il tartan ed il mimetico, e tuttavia non si sono lasciate sfuggire l’occasione per sfoggiare mise ricercate e originali. Tra i must della collezione l’abito da sposa bronzo, dallo stile holliwoodiano, aderente e molto femminile, con dettagli oro nel tessuto della stola. E una rivisitazione dello stile barocco per una donna che ama un’estetica sofisticata e femminile, tra fiocchi, trini, crinoline e corsetti super ammalianti; per un’eleganza tra sfarzosità e raffinatezza, nella presentazione di una creazione scenografica: corsetto ed ampia gonna a più strati, con sottogonna-gabbia a vista impreziosita da appariscenti fiori nero ed oro. Il finale è ricco di abiti neri ognuno con un dettaglio che lo rende speciale: la scollatura
L’evento ha avuto l’obiettivo di presentare i diversi indirizzi dell’Istituto offrendo agli studenti delle scuole medie e ai loro genitori l’opportunità di scegliere attraverso la presa di contatto diretto con esperienze di laboratorio e momenti di spettacolo
Giusto per capirci...
profonda, lo spacco a contrasto con il collo alto, il velo per una vestale, la crisalide che completa un tubino impreziosito da cristalli. La sfilata ha presentato una bellezza che ‘osa’ con tinte vivaci o che preferisce invece nuance più discrete come il grigio, in tutte le sue sfumature, il blu, il verde, il nero, magari accompagnate da un accessorio per illuminare un outfit sobrio. Esibita anche una carrellata di abiti storici, riproduzioni del periodo normanno, ma novità assoluta sono stati gli abiti in iuta protagonisti eccellenti di un laboratorio di riciclo creativo. Con questo materiale si sono realizzati vestiti dal design davvero particolare, perfetti per dare un tocco originale e naturalistico ad un look ecologico. L’aspetto naturale del tessuto infatti dona quel tocco rustico che unito a ricercati particolari in tulle, pizzo e micro-perle conferisce alle creazioni un carattere distintivo d’evasione di freschezza vibrante, autentica, di vivacità spontanea e moderna. All’insegna dello stile. Dopotutto l’importante è non rinunciare mai allo stile. Uno stile che vuole essere una dichiarazione di indipendenza e di unicità.
Cool è un termine inglese il cui primo significato è “fresco” e che familiarmente è usato anche per indicare una cosa o una persona fredda come il bronzo o "faccia di bronzo" dunque intraprendente, quindi credibile, di grande popolarità e alla moda. Con questo secondo significato è entrato anche nel linguaggio comune italiano, come sinonimo del gergale "figo". (fonte wikipedia) Glamorous Attraente, eccitante, entusiasmante. Must indica una condizione imprescindibile.
X
sabato 22 febbraio 2014
La crisi morde, la povertà scalcia Al via progetti al servizio delle persone e del territorio
La Caritas risponde all’emergenza sociale A rimetterci sono i più deboli: i bambini, le donne e gli anziani. È a loro, e più in generale alle famiglie, che è rivolto il piano elaborato dalla Caritas diocesana di Cassano all’Jonio, diretta da Raffaele Vidiri, d’intesa col vescovo della diocesi cassanese, monsignor Nunzio Galantino, segretario generale ad interim della Cei. Il programma di interventi, che suona come risposta all’emergenza sociale messa tragicamente a nudo dal triplice omicidio consumato nelle settimane passate a Cassano con la morte anche di un bambino di appena tre anni, è già pronto per la fase attuativa. «In settimana tutti i progetti entreranno nel vivo», conferma Vidiri, presentando le varie iniziative, fondate su una formula semplice: impegno, corresponsabilità, condivisione. Protagoniste saranno le associazioni di volontariato e le parrocchie, che ben conoscono il territorio ed al quale offriranno risposte concrete e responsabili, cofinanziando in misura pari al 10% le azioni progettuali, per il resto economicamente sostenute dalla Caritas attraverso i fondi dell’8xmille. Dettagli: ben 8 i progetti al via. In campo, decine di volontari usciti dai corsi di formazione promossi dalla stessa Caritas. A Cassano centro, con la collaborazione della scuola d’infanzia “Sacra Famiglia di Nazareth”, per 10 mesi 10 bambini ed altrettante famiglie saranno interessati a percorsi di formazione alla legalità, alla giustizia sociale ed al rispetto dell’altro, per favorire, «attraverso il processo educativo, la maturazione dell’identità del minore, la conquista dell’autonomia e lo sviluppo di competenze». La Misericordia, invece, curerà per un anno l’assistenza e il sostegno ad una cinquantina tra disabili ed anziani, facilitandone gli spostamenti e garantendone l’accompagnamento. I volontari della parrocchia della “Natività della Beata Vergine Maria”, dal canto loro, assicureranno la prevenzione e il contrasto del disagio minorile, rendendosi artefici per un semestre di attività di animazione e studio per 20 fanciulli appartenenti a nuclei familiari in difficoltà. Si rivolgeranno invece agli adolescenti le attività del seminario diocesano “Giovanni Paolo I”, che per sei mesi, di concerto con scuole, famiglie e istituzioni, offriranno un luogo di ritrovo e di crescita personale e comunitaria. Guarderà ai bimbi anche il cantiere sociale che fino a luglio sarà aperto dalla parrocchia della Presentazione del Signore, a Lauropoli: in 25 (tra loro anche molti migranti) seguiranno sentieri di socializzazione e perfezionamento scolastico. Il vortice della solidarietà e dell’impegno civile interesserà anche altri comuni diocesani. A Castrovillari, ad esempio, la parrocchia di San Girolamo per 9 mesi promuoverà un servizio di animazione per anziani soli: 30 i beneficiari. Ad Altomonte la parrocchia di San Giacomo apostolo tutelerà la partecipazione attiva in attività ludico-ricreative di 15 diversabili, che per un anno potranno dare spazio alle loro potenzialità nei laboratori di musica, teatro e ceramica. Infine, a Roseto Capo Spulico, la parrocchia di San Nicola di Bari affiancherà una quindicina di bambini che, per motivi di ordine familiare, non seguono gli studi con profitto. «Partiamo con questi 8 progetti pilota - aggiunge Vidiri - quasi in via sperimentale, per testare la bontà di un modello, quello della compartecipazione e del coinvolgimento di parrocchie ed associazioni, che crediamo possa rivelarsi utile non solo per fronteggiare le emergenze, ma pure per dare soluzioni concrete e durature nel tempo ed in prospettiva». Il tutto con risorse limitate: l’intero piano non impegnerà più di 40.000 euro. Più che un limite, una ricchezza. E un invito a voler ripensare il sistema del welfare, ricostruendolo attorno alla persona ed alle sue reali esigenze.
Interessate Cassano, Castrovillari, Altomonte e Roseto Capo Spulico
sabato 22 febbraio 2014
XI
Lavoro nel sociale Un’associazione di "aiuto" e "sostegno" che annovera tra i suoi soci professionisti appartenenti a settori diversi
Juvat, per allargare gli orizzonti «L’associazione Juvat - il cui nome deriva dalla parola latina “aiuto” e/o “sostegno” - annovera, tra i suoi soci, molti giovani professionisti appartenenti a settori diversi (medicina, farmaceutica, economia, scienze umanistiche, giurisprudenza, ecc.); proprio attraverso tale connotato di multidisciplinarietà, in ottemperanza al proprio Statuto, l’associazione si presenta come valido sostegno per ingenerare nei giovani e meno giovani la consapevolezza dell’importanza della vita, unica, attraverso una serie di iniziative volte a promuovere uno stile di vita corretto, nel pieno rispetto di se stessi e dell’ambiente che ci circonda», si legge nel sito web degli associati Juvat. Abbiamo incontrato il dottore Arturo Jorio che promuove con il suo impegno l’associazione. Uomo di grande apertura mentale, vive l’associazionismo fin dai suoi quattordici anni e si è laureato all’Unical, specializzato in Farmacologia a Napoli e con un dottorato di ricerca Unical, lavorando al controllo di qualità e olivocoltura. L’associazione, ci racconta, lo rispecchia pienamente e gli è molto caro il detto: “La fortuna aiuta gli audaci”. Lo abbiamo incontrato in occasione della Giornata nazionale del Banco farmaceutico, che ha avuto nel nostro territorio provinciale il risultato di 2.472 farmaci donati, come gesto di carità e sotto la dirigenza del dottore Michele Florio. Dottor Jorio, sarà così vero che la fortuna aiuta gli audaci? Io penso che ci si debba spingere al limite e sapere quali sono le cose possibili e impossibili, ma chiedere sempre il massimo da se stessi e a volte si deve superare uno stato di pigrizia, alzandosi dalla sedia e fare il primo passo. Di che cosa si occupa l’associazione? Lavora nel sociale ed è suddivisa in vari settori: lo sport; progettazione di divulgazione economica; finanza e con uno sguardo a tutti. Progetto, quest’ultimo, che cercherò di portare a termine entro l’anno perché è un qualcosa a cui tengo tantissimo. Mi chiedo sempre se una famiglia sa pianificare i costi e spendere secondo le proprie possibilità, facendo un piano di spesa familiare. Sono convinto che forse non tutti lo sappiano fare, perché ci sono fattori nuovi che determinano questa sorta di non capacità. Uno di questi è che l’economia e cambiata, così come il mondo della finanza e se non si sta attenti a ciò che si spende si rischia lo spreco di denaro. Credo che si debba trovare un equilibrio tra spesa corrente di beni di prima necessità e spesa per beni strutturali. Credo, altresì, che si debba incominciare a istruire le famiglie sul corretto consumo dei beni e di come potere risparmiare in maniera intelligente. E le chiedo allora, come poterlo fare? Abbiamo fatto campagne sugli equivalenti e di come loro possono rappresentare una risorsa per le famiglie. Capita nel mio lavoro di vedere che le famiglie che hanno un valore di vita elevato fanno attenzione a cosa comprare servendosi dei farmaci che hanno lo stesso principio attivo e che costano di meno, mentre non lo fanno le altre famiglie, credo che influisca anche la cultura in ciò. Il costo del prodotto molte volte non dipende dalla materia impiegata quanto invece dal marchio e dalla pubblicità. (Esempio, preso dal sito Juvat: il giorno 25/Gennaio 2013, presso il palazzo della Provincia di Cosenza, nella bellissima cornice del Salone degli Specchi, si è tenuta la presentazione del Movimento Consumatori sezione Mendicino, in quell’occasione si è svolta una tavola rotonda sull’argomento “Campagna farmaco equivalente”). Altra importante occasione di risparmio potrebbe essere la possibilità di agire per la promozione a chilometro zero; molte cose che noi stessi produciamo, sono portate in altro paese rimarchiate e noi le riacquistiamo a prezzo maggiorato. Quale attività avete promosso a oggi? Nel 2013 sono state tante, a tutti i livelli, le attività svolte. In ambito universitario “Guardati le spalle” con obiettivo educare i giovani verso una corretta “Igiene solare”, attraverso la quale è possibile minimizzare la comparsa di diverse patologie, da quelle di minore entità, come gli eritemi, a quelle più gravi, come i melanomi. Abbiamo partecipato anche a una manifestazione di piazza per lo sport con la consulenza e misurazione della glicemia e della pressione arteriosa, gratuita. Riscontrando che vi erano casi di alterazioni patologiche e invitando a fare dello sport per dieci minuti, le
La raccolta del Banco farmaceutico
Abbiamo incontrato il dottore Arturo Jorio che promuove con il suo impegno l’associazione
stesse persone ritornavano ai valori normali. In quest’occasione la farmacia è stata anche un valido supporto per lo smaltimento dei rifiuti che sono serviti alla misurazione senza costi aggiuntivi per l’associazione. Altra attività il 19 gennaio 2013 presso il Rettorato dell’Università della Calabria, un convegno di pubblico interesse dal tema “La morte cardiaca improvvisa: prevenzione e modalità di intervento in presenza di arresto cardiocircolatorio” organizzato dal Rotaract Club di Cosenza in collaborazione di Juvat, con la diretta streaming a livello mondiale (dal sito Juvat: I dati Istat sono preoccupanti, oltre 57.000 decessi all’anno nel nostro paese, che equivalgono a circa un decesso ogni nove minuti. L’aritmia responsabile dell’arresto cardiaco è comunemente la fibrillazione ventricolare, un’attività elettrica e meccanica caotica e disorganizzata che rende la pompa cardiaca incapace di fungere adeguatamente, incidendo negativamente sulla perfusione sistemica). Altre attività come le donazioni alla chiesa di san Carlo Borromeo di Rende, in Natale e Pasqua. Operiamo anche all’estero mandando in Africa dei misuratori della glicemia, a volte capita che abbiano in dotazione dei macchinari complessi che per mancanza di elementi base come l’acqua distillata non possono essere utilizzati. Che cosa spinge a fare per l’altro? Credo che si debba imparare un discorso altruistico, perché è giusto aiutare l’altro, ma a volte penso a chi non è capace di pensarlo e li inviterei allora a fare un discorso anche egoistico, cioè è ovvio che chi non possieda, alla fine verrà da te a chiederti la sua parte e non sempre potrebbe chiedertela in modo pacifico. Così ai politici, che ritengo poco lungimiranti, un popolo che ha necessità non sempre aspetta, ma potrebbe richiedere il suo anche in modo violento. Riguardo al suo impegno annuale con il Banco Farmaceutico e la raccolta del farmaco da banco... Penso sia un’ottima iniziativa che come farmacia ha appoggiato tra i primi nel territorio. Certo che si potrebbe dare molto di più con un minimo contributo anche un’acqua ossigenata che costa un euro, soltanto può aiutare in caso di infezioni le ferite. Penso che però anche riprendere farmaci che sono stati poco usati e occorrono anni per la scadenza, e ciò lo fanno soprattutto le persone anziane che si riempiono di scorte con la paura di rimanere senza. Una sorta di sindrome dello scoiattolo, che caratterizza queste persone e che però vanno a determinare uno spreco. La nostra legge non permette di ritirare i farmaci usati. Sì però dovrebbe permettere alle associazioni come il Banco farmaceutico di poterlo fare. In sintesi, che cosa vuole cambiare nel territorio questa nuova realtà associativa? Fare comprendere ai giovani che si può fare, anche se, con poco, che purtroppo le risorse attuali non permettono la garanzia del lavoro e questo vale per tutti anche per me. Ho in testa un modello della felicità: dobbiamo essere imprenditori più che semplici impiegati di lavoro anche un professionista deve fare ciò per guadagnare tempo e favorire la sua azienda. La felicità si raggiunge secondo questo modello non dando importanza allo stile di vita, che brucia le relazioni; la carriera, che è un ponte di rischio che brucia la salute, la finanza, invece, brucia la crescita personale con la dedizione esagerata al lavoro. Se si amplia, invece, la relazione sociale, puoi avere il tuo personale stile di vita che è una conquista, la salute mentale e fisica è positiva per favorire la relazione con gli altri, la crescita personale che incentiva la crescita espansiva del nostro orizzonte riuscendo a guardare “Oltre”. Lucia De Cicco
XII
sabato 22 febbraio 2014
Pillole di fede Concluso un progetto regionale promosso dal centro “Bachelet” di Cosenza con tre giorni di seminario formativo presso la Città dei ragazzi dal titolo "La famiglia motore di crescita per figli a Sviluppo Speciale"
Da madre a madre di Lucia De Cicco
Concluso un progetto regionale e promosso dal “Centro Bachelet” di Cosenza con tre giorni di seminario formativo presso la Città dei ragazzi dal titolo “La famiglia motore di crescita per figli a sviluppo speciale” dal 14 al 16 febbraio e dedicato con particolare riferimento a quella genitorialità con figli autistici ma aperto a tutti i genitori, che vogliono apprendere il modello del “free natural contact”, promosso dall’esperta Nuni Burgio, laureata in Architettura, ma che per scelta non ha mai deciso di esercitare la sua professione per dedicarsi a trasmettere da “madre a madre”, questo metodo. La dottoressa Nuni Burgio da ragazzina presentava un sottile velo di autismo, di cui lei stessa fu la prima ad accorgersene e che si è risolto negli anni con il semplice modo della cura genitoriale, nel suo caso, come lei stessa ha affermato, facendosi da madre, giacché essendo molto lieve, i suoi genitori non se ne sono accorti subito. La parola che Nuni Burgio ha continuato a ripetere da madre a madre è stata “coccole”, intesa non come solo espressione di affettività, ma soprattutto come metodo della cura, di attenzione e contatto fisico con il bambino, per favorire i processi di sviluppo, che avvengono principalmente attraverso il contatto e con la presa di consapevolezza dei propri limiti. Con la pratica quotidiana della coccola che prevede il contatto mediante solletico, grattini carezze e tocchi, il bambino sviluppa il suo processo di crescita completo e che lo inseriscono in uno stato di fiducia verso il genitore prima e verso l’altro dopo. Quindi, un corso aperto davvero a tutti in quanto tutti abbiamo avuto un blocco in qualcosa durante la nostra crescita di cui ne siamo inconsapevoli, ma che con l’aiuto di chi può farceli scorgere si potrà non solo aiutare le generazioni future e quei genitori e famiglie con bambini a “sviluppo speciale”, ma prevenire anche malattie tipiche dell’anzianità come l’Alzheimer. Erano presenti l’associazione “il Filo di Arianna”, il progettista Davide Franceschiello, hanno relazionato il presidente del “Centro Bachelet”, Luigi Vinceslao e monsignor Vincenzo Filice, esperto in Antropologia con la dottoressa Nuni Burgio, esperta in Sviluppo umano naturale e Asperger. Con la collaborazione della rivista OggiFamiglia. Dopo la presentazione nella serata di sabato 14 febbraio, si è poi svolta la giornata di splendido sole indorata dalla frutta che come esempio dovrebbe rappresentare l’80% di una alimentazione corretta, non solo nel bambino con difficoltà, ma per ogni individuo, tra le arance, i mandarini, le banane e le mele rosse anche esse, con il momento conviviale che ha maturato nei presenti l’importanza di come l’alimentazione con coccole e vita all’aria aperta calmino ogni sistema neurologico normo dotato oppure con difficoltà e aiutino il naturale sviluppo dell’individuo. Interessante l’intervento di monsignore Filice, che in un’intervista al settimanale ci ha fatto comprendere di come l’urgenza dell’individualismo dilagante sta producendo danni enormi alla comprensione e alla integrazione umana, non escludendo le parrocchie da questo sistema di omologazione. Monsignor Filice ribadisce come la famiglia è il primo motore di crescita: «I ragazzi a sviluppo speciale, in realtà rispecchiano in modo maggiore ciò che è il rapporto intra-familiare alterato e che vige nella nostra società. Il caso anche se diverso e similare, i bambini odierni sono immessi nella società troppo presto con gli asili nido o le badanti e manca la figura genitoriale o di adulto di riferimento all’interno della casa. Il rapporto familiare autentico e antropologicamente originario profondo è messo in crisi. Comporta tanti deficit: la prima è l’estraneità delle nuove generazioni a quelle che sono le relazioni con l’altro, di accettazione reciproca, basati sull’amore e la donazione che è tipica dell’ambiente familiare. La diversità nelle famiglie tradizionali non era un qualcosa di cui avere paura, oggi, invece, è diventata motivo di tensione. Per esempio il mondo maschile con quello femminile è in tensione, perché non c’è nella cultura odierna il senso dell’accettazione e del rispetto reciproco e della condivisione. Adesso l’idea predominante è quella della competitività, che è tipica di una società individualistica e non comunita-
Dedicato a genitori di figli autistici ma aperto a tutti coloro che vogliono apprendere il modello del “free natural contact” promosso dall’esperta Nuni Burgio
ria. Con il “Centro Bachelet” sono più di trenta anni che si sta cercando di lavorare in questa direzione e creare un clima diverso che sia più impostato a uno stile non competitivo. Ci sono troppe famiglie lasciate sole in questo momento storico, socialmente e devo dire che anche le comunità ecclesiali le isolano e non dovrebbe essere così. Le parrocchie sono colpevoli di non sapere creare un clima comunitario attorno alle famiglie che hanno bisogno e sono lasciate sole da tutti». Ancora a monsignor Filice abbiamo chiesto che cosa ne pensa della politica della “tenerezza” di Papa Francesco: «Sua Santità sta cercando di creare una politica di accettazione d’accoglienza, condivisione e sorrisi, diciamo che è un segnale più che buono, recuperando o cercando di farlo il senso comunitario degli ambienti umani, però la competizione è troppo avanti ed è ciò cui stiamo assistendo anche in politica, tutti sono protagonisti e nessuno lo è. Una bruttura che dipende dallo sviluppo tecnologico di base, mirato essenzialmente al profitto, al risultato, per cui la competizione diventa contrapposizione all’altro e scontro. La Chiesa deve fare una scelta di vita radicale, ha preso una piega sbagliata, ritornando a una fede di tipo devozionalissima, intimistica e sentimentalistica, fatta di riti popolari e veglie che non educano i cristiani a essere incisivi nella storia, per trasformarla verso il giusto. Andare in chiesa e ascol-
sabato 22 febbraio 2014
Pillole di fede
A Nuni Burgio abbiamo chiesto in che cosa si manifesta lo sviluppo nei bambini speciali: «Io parto dalle basi dal concepimento ai primi mesi di vita. Dedicando una particolare attenzione agli stimoli genitoriali, per quei bambini con andamento allo sviluppo speciale. Ciò che faccio e consapevolizzare (Nuni usa un’espressione molto bella in conferenza: consapevolezza = allo Spirito Santo, primo passo essenziale verso la creatività) quei genitori verso un sentire più presente. All’interno di una società, che è diventata in parte artificiale, questo aspetto incide sullo sviluppo, per cui da quel processo naturale e fisiologico verso cui è diretto il ragazzo, oggi, ci troviamo in una difficoltà di comprensione. Per tutelare lo sviluppo naturale, dobbiamo comprendere i suoi processi e evitando di fare dei danni. Nel caso specifico dell’autismo noi ci troviamo davanti a un soggetto con blocco, multifattoriale, dello sviluppo, capita come un incidente non ha nulla a che fare con le malattie ma può determinarne. L’autismo è una disorganizzazione nello sviluppo e gli eventi traumatici che si possono aggiungere dopo ne peggiorano la situazione, ma l’autismo non è determinato dai traumi, praticamente è un meccanismo di chiusura del soggetto verso il naturale sviluppo, altrimenti dovremmo affermare che anche i bambini in condizioni di maltrattamento, o di guerra dovrebbero essere autistici tutti, ma non è assolutamente vero, avremmo dei bambini traumatizzati certo, ma non autistici».
tare la messa non ha senso, perché la messa è condivisione del rito. La Chiesa deve dunque cambiare il suo stile, da semplice agenzia medica, alla formazione di cristiani attivi, che non devono andare nella direzione del clericalizzarsi, ma devono essere presenti nella storia per cambiarla. Se cambia, la religiosità cambia la società essendo essa il motore della storia, la religione non deve invitare alla passività, creando una mentalità del Dio risolutore dei problemi e tappa buchi. Dio agisce attraverso di noi e dobbiamo prestarci a Lui affinché attraverso il nostro corpo, anima e intelligenza possa attuare il progetto di trasformazione della storia, della politica e nella professione. Nella mia esperienza di servizio alla Chiesa in questo periodo mi dedico alla promozione sociale attraverso le varie associazioni come il “Bachelet” per garantire il miglioramento culturale che ci governa. Anche l’educazione nella famiglia ormai non è più tale. I ragazzi sono educati dalle Istituzioni, dai mass media, anche dal gruppo dei compagni, che pretendono di governare educativamente i figli e che mettono in serie difficoltà la famiglia, espropriata del suo principale compito».
A Davide Franceschiello, progettista, abbiamo chiesto riguardo a questo progetto diretto ai genitori con bambini a sviluppo speciale: «Abbiamo partecipato al Bando per le famiglie iscritte all’albo di “Calabria etica” della Regione Calabria, che contribuisce allo sviluppo delle associazioni, che si occupano di questo settore. Partecipando come “Centro Bachelet” abbiamo ottenuto il finanziamento, anche se modesto, importante e abbiamo potuto mettere in essere il “Gruppo Ama” (di mutuo aiuto familiari di persone disabili) e così il primo passo è stato un percorso con facilitatori, guidato da monsignore Filice, e con centro l’ascolto. Da questa fase siamo passati a una più costruttiva invitando anche l’assessore, Manfredo Piazza, alla solidarietà e coesione sociale, del Comune di Cosenza, presso il “Centro Bachelet” e richiedendo l’incontro con l’esperta Nuni Burgio. Una cosa spontanea venuta da alcune famiglie, che hanno manifestato il desiderio di incontrarla e attingere alla sua esperienza in questo campo. Le attività ufficialmente non si chiudono con il seminario e l’assegnazione dei diplomi di frequenza, ma abbiamo in programma una serie di incontri presso il centro diurno di Malito (Cosenza), gestito da monsignor Filice e osservare il rapporto stabilito con i ragazzi a sviluppo speciale». Il presidente del “Centro Bachelet”, Vinceslao, ha tirato le somme sulla durata del progetto: durato un anno e vinto nella programmazione della Regione Calabria: «Il progetto comunque non si conclude con le tre giornate di seminario, verrà continuato a spese dell’associazione per accompagnare ancora un altro poco queste famiglie e coinvolgendole presso il nostro centro. In questo momento ci stiamo orientando anche verso un progetto, che abbiamo vinto a livello nazionale. Su 800 associazioni che hanno presentato la loro proposta, ottavi, ed è destinato a famiglie che hanno necessità di essere assistite presso il loro domicilio. Ma rientrano nelle nostre attività i lavori manuali, argilla e attività creative, l’informatizzazione di base».
Da sinistra: Vinceslao, mons. Filice Nuni Burgio e Davide Franceschiello
Il “Centro Bachelet” è un centro associativo nato 32 anni fa e i soci fondatori provengono dall’Azione cattolica. Una volta diventati adulti hanno pensato di riunirsi e cominciare un’attività propria creando il Centro. Le due giornate di pratica hanno comportato il comprendere il linguaggio dello sviluppo umano mentre la giornata di domenica si è orientata nella parte pratica della teoria del contatto naturale libero, appunto le “coccole”, mostrando la tecnica del massaggio, dello strisciare carponi, del rotolarsi come in un prato, invitando a fare tutto ciò all’aria aperta che distende i nervi e aumenta il benessere psicofisico, tutto in modo naturale sotto forma di gioco e senza sforzare o costringere con gratificazioni e premi, ma neppure con coercizioni i ragazzi autistici, norma che vale anche per i normodotati.
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sabato 22 febbraio 2014
Il racconto Tutti eravamo inconsapevoli per determinate cose che ci coinvolgevano come giovani Ma l'istinto dominava e ci faceva scegliere...
Il fascino e la bellezza di Giuseppe Aprile
Pepè - «Ora che mi ritengo colto e preparato su ogni argomento, mi rendo conto che una volta avevo sani pensieri. Pur senza coscienza, mi rendo conto che istintivamente propendevo per cose giuste. Cose che ora mi spiego al meglio». Franco: «Tutti eravamo inconsapevoli per determinate cose che ci coinvolgevano come giovani. Ma l’istinto dominava e ci faceva scegliere. Spiegazioni?» Pepè - «Per la mia esperienza posso dire che la coscienza dell’oggi spiega le scelte del tempo. Tutti sapevamo la differenza tra l’estetica e la sostanza, tra il bello evidente che piaceva e il fascino che colpiva. Di fatto la massa rimaneva incastrata e pensava che il bello fosse l’unica cosa che doveva interessare. Gli intelligenti sentivano che la bellezza non era per niente il tutto. Guardavano, ammiravano ma se avevano un sentimento e una buona condizione culturale, riuscivano a non andare al di là dell’ammirazione. Guardavano, ammiravano, rimanevano interessati ma non coinvolti interamente. Tutti apprezzavano un bel paesaggio, un ambiente per tutti i suoi connotati in evidenza. Distinguevano tra le cose belle e le cose brutte, quelle più e quelle meno buone. Tra una mela grossa, matura, arrossata al meglio, simbolo di frutto ben maturo e di ottima condizione complessiva ed uno meno appariscente, più brutto, si capiva benissimo di cosa generava interesse. Tutti stavano con belle compagne di scuola, osservavano donne belle in natura e sui giornali, nei film e nelle chiese, nelle processioni. Una volta per guardare le belle ragazze bisognava farsi le processioni. Ci si fermava, in tanti giovani, agli angoli di una certa via, dove passava la processione, ed al loro passaggio era un guardare gioiosi e contenti; uno scegliersi la propria preferita, un guardare per trovare il meglio, per vedere quale piacesse di più. Si discuteva, si faceva a gara tra chi capiva di più e di chi meno, chi aveva più e chi meno gusto. La bellezza si esprimeva al meglio, interessava, veniva presa al meglio nel proprio giudizio». Franco - «Vedevamo e rilevavamo le belle serate, le brutte giornate, il bel tempo e il tempo cattivo. Un albero in fiore, particolarmente il mandorlo ed il pesco in fiore per me, facevano godere l’occhio. Si restava anche estasiati dalla visione di una cosa esteticamente in evidenza e particolarmente interessante». Intervento improvviso del presente Cosimo Panetta - «La cosa bella piace al massimo. Nessuno si tira indietro. Nessuno potrà mai dire che una bella foto non fosse bella. Tutti ammiravano il mare in tempesta, la pioggia cadente, la nevicata a fiocchi lenti e leggeri, le montagne imbiancate dalla neve, un campo di margherite, una pianta di meravigliosi garofani, i gerani sui balconi delle case nel paese». Il paese non offriva grandi occasioni per fare mille cose. Si viveva di poche abitudini. Tra ragazzi le cose da fare erano davvero pochissime. In tutta la nostra vita, le cose che facevamo, erano tutte riconducibili a piccole soddisfazioni e pochi piaceri. Si trattava di gite in campagna, andate a mare in Estate, gioco del pallone dominante, giornate di festa, festa patronale, i lunghi periodi delle feste natalizie, pasquali e per il carnevale. Si giocava a carte, a dama, a scacchi, ai cerchi, alle nocciole, alle rincorse gli uni contro gli altri ed altri pochi giochi che si ripetevano ogni anno ed ai tempi mediamente eguali. La vita del paese era molto poco ricca di avvenimenti. Eppure si viveva assai contenti, Ci si accontentava di ciò che si poteva avere, in attesa, magari di crescere e potere un giorno vivere in una città dove si sarebbero potuti vivere momenti diversi, tra grandi palazzi, ampie strade bitumate, con grandi marciapiedi ai loro lati, e tanti altri fatti che sognavamo, immaginavamo nel nostro futuro.
La coscienza dell’oggi spiega le scelte del tempo Tutti sapevamo la differenza tra estetica e sostanza, tra il bello evidente che piaceva e il fascino che colpiva Di fatto la massa rimaneva incastrata e pensava che il bello fosse l’unica cosa che doveva interessare
La conversazioni le facevamo soprattutto quando pioveva e ci dovevamo rinchiudere in una bottega, o da mastro Pepè il calzolaio, o dal barbiere che aveva sempre pronto a suonare il suo mandolino. Le belle immagini di donna le vedevamo dalle pagine appese ai muri della barberia. Erano immagini belle ma che non avevano parola. Roba morta. Volti di donna e corpi assai belli, ma facevano godere solo la vista. «In verità» diceva i barbiere padrone di casa, «noi non sappiamo quanto si può godere di fronte ad una donna vera. E tutti ci domandiamo perché, pur essendo le ragazze e le donne in genere molto diverse l’una dall’altra, tutte trovavano con cui sposarsi, fare famiglia. Da una parte c’è che piacciono le belle, dall’altra vediamo che tutte si sposano ed in ognuna, un uomo, trova ragione di matrimonio. Si innamora. Perché non si capisce per niente». Per anni ed anni, vivendo la vita di paese la nostra mente è rimasta povera di idee. Di tanti fenomeni non si ha conoscenza esatta. Cosimo della Rosa: «Io ho capito subito che una donna deve piacere ma soprattutto deve affascinare. Io mi innamoro se trovo un carattere eguale al mio, che può andare d’accordo con me un giorno. Prima c’è il fidanzamento che deve servire per conoscersi, per capirsi, per verificare se un giorno una ragazza che ti piace, può diventare la tua futura moglie. C’è, in ogni persona, una qualche cosa che ti attrae, che dà alla bellezza una diversa connotazione. La bellezza da sola non basta. I giovani sono di poche cose. Sanno poco o niente e basta un nonnulla perché si creino fascini reciproci e si arriva al matrimonio». Mario Sconzi: «La verità è che una cosa è la bellezza, altro è il fascino. Io posso avere certezza che una ragazza sia bella, ma non mi at-
sabato 22 febbraio 2014
Il racconto
deale è quando alla bellezza si arriva trovando fascino. Io mi posso innamorare di una donna vedendo la bellezza e nello stesso tempo il fascino che emana dalla sua persona, indipendentemente da come vedi i tratti estetici. Ti affascina una ragazza perché ha occhi penetranti, perché il suo sguardo ti parla, i suoi modi di commuovono, il suo camminare ti attrae, il suo sorriso è vibrante di tanto dire e ti suscita tante immaginazioni, In tutta la sua persona trovi ragione di comunanza come sentimenti, come gusto estetico, come totalità dell’essere». «Certo, ogni persona ha gusti particolari e non tutte le belle piacciono a tutti e non sempre la bellezza è ciò che ti interessa di più o suscita la tua attenzione in modo decisamente determinante. Può darsi che sono i modi che ti interessano e ti attraggono di più e prima di una donna. Si può anche partire da una simpatia, dal capire che con essa hai tanto possibile dire ed hai un immenso sentimento che ti sorge perché vedi intanto una determinata bellezza, ma nello stesso tempo timidezza, movenze fisiche emotive. Capisci subito che ti trovi di fronte ad una qualche cosa di cui non puoi fare a meno. Siccome, però, ognuno ha un proprio metodo di verifica per le cose, avviene che uno è attratto da un tipo, l’altro da un altro. Per tutte le donne, infine, c’è spazio per sposarsi, per avere comunanza di gusti con un tipo e farsi una famiglia. Tutti osservano, in un paese, che restano vedove solamente quelle che hanno caratteri bruttissimi, che sono complessate magari da esperienze negative che saranno potute capitare nella vita e nello stesso tempo non possiedono né bellezza né movenze fisiche tali da interessare l’occhio di un uomo. In ogni paese la massa fa famiglia e poi si rimane fedeli e comunque attaccati l’uno con l’altro. Arrivano i figli, crescono relazioni di parentela, si lavora in comune ed anche quello è amore anche se non totale».
trae. Non mi coinvolge. Riconosco che si tratta di un bel volto o di una bella persona nella interezza del suo corpo, ma la bellezza si ammira, ti fa provare il senso del bello e del fatto estetico, poi, invece, quando devi trovarti la donna che immagini madre futura dei tuoi figli, persona che deve passare con te tutta la vita, vedi che occorre che abbia altre doti rispetto a quelle che si vedono formalmente e deve avere fascino, deve attirarti. Da qui nasce l’amore». Ancora Pepè - «È bello guardare le donne senza immaginarsele future fidanzate o future mogli. Ci sono due modi di guardare le donne. Due ragioni. Una per vedere la bellezza che comunque ti attira e ti fa sognare. L’altra è quella per trovarti la fidanzata, quella che ti diventa futura compagna di cui ti innamori e un giorno te la sposerai. Per questo si dice - “Ma tu la guardi perché te la vuoi sposare un giorno? O la guardi perché ti piace come donna e la guardi senza toccare il tuo animo e senza far suscitare sentimenti di affetto e di padronanza reciproca?”». «Con il crescere e il moltiplicarsi dell’esperienza di vita ci si accorge che bisogna fare una distinzione tra due sentimenti. Anzi, uno è un gusto estetico, l’altro è il sentimento. Nella donna come in tutte le altre cose della natura, hai due possibilità di visione e di attrazione. Una è quella che non ti suscita amore. Si tratta di una infatuazione fisica, di un godimento per la bellezza. Che ti può venire per una qualsiasi cosa del mondo esterno. L’altra è dove la bellezza è solo un inizio, una possibile ragione di prima, attenzione che poi è seguita da una forma di attrazione che diventa fascino e ti porta all’innamoramento. Ogni uomo ha bisogno di un sentimento che ti lega assai definitivamente ad una donna. Devi distinguere tra fascino e bellezza. Una cosa è il fascino, altro è la bellezza. Certo, l’i-
Tutti stavano con belle compagne di scuola, osservavano donne belle in natura e sui giornali, nei film e nelle chiese, nelle processioni Una volta per guardare le belle ragazze bisognava farsi le processioni
«La grande fortuna maggiore nella vita è quando si uniscono fascino e bellezza e non riesci a fare distinzione. Ti accorgi che non puoi fare a meno di una persona, che il tuo rapporto con lei è partito bene, proseguito nel meglio, è divenuto assai naturale stare assieme. C’è una reciproca voglia di non staccarsi più e si arriva che non sei nulla senza di lei. In natura si parla di amore anche per un cane, per un animale, per un paesaggio, per la propria terra natia, per una immagine fotografica. E si dice: “Sono innamorato del mio paese, della mia terra. Amo la terra che mi ha dato i natali”. Ma è solo un modo di dire, una abitudine ad esaltare l’affetto che ti lega ad un paesaggio, ad un terra dove sono sepolti i tuoi famigliari, dove hai vissuto la vita, dove hai giocato da giovane ed hai subito patimenti, vissuto gioie e dolori. Si tratta che una persona si fa anche l’abitudine ad un determinato ambiente ed anche una forma mentis che lo lega facendolo pensare amore quello che è solamente piacere, godimento di bellezza, attrazione semplicemente fisica. Ma c’è il fascino che invece sorride ai tanti che hanno la fortuna di vedere nell’altra una condizione che ti consente di dialogare, di passare a relazioni e discorsi di valore assoluto, di avere una naturale relazione che non si costruisce senza una ragione superiore, dove la tua intelligenza non saprebbe farci niente. Si fabbrica una relazione di alto valore che è morale, intellettuale, affettivo, una simbiosi di vita e di relazione totale tra due persone. Alla fine ci si accorge che non esisterebbe l’uno senza l’altra e tutte le altre cose attorno diventano supporto, secondarie, marginali o quasi. Certamente cose che nulla hanno a che vedere con quello che invece è la tua metà che con te fa tutto uno e senza di che non avresti vita se non solitudine, noia, inutilità. Tutto il resto che ti circonda. Chi ti sta vicino, ha senso se non vivi solitudine, tristezza, banalità, se sei una isola in mezzo alla natura ed in mezzo al silenzio che si impadronisce di te e ti lascia senza fiato, senza respiro. Se una relazione contiene fascino e bellezza assieme, tutto il resto, invece diventa completamento del tuo io. Ci si domanda se figli e compagna possono essere amori». «La verità è “dove un uomo dotato di mentalità filosofica anche se non ha avuto la fortuna di poter studiare e non è mai diventato un autentico filosofo” che si tratta di cose diverse, anche se di entità eguali. I figli non avrebbero avuto vita senza la compagna. Compagno e compagna non sarebbero definiti e completi senza figli. Si confondono i sentimenti di affetto, di bene, di passione tra compagni e figli. Ed i sentimenti che legano i genitori ed i figli, sono eguali a quelli che legano l’uomo alla propria donna, alla propria compagna. Non c’è intensità diversa, non c’è diversità di passione per cui diventa naturale chiamare amore sia il legame per la donna della propria vita, sia i figli che sono il completamento della loro vita. La famiglia “finisce” è questo immenso monumento di amore per un fine comune ed una comune vita completa”».
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