Voce ai giovani

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Anno 38 - 9 Agosto 2014 - Numero 32

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

di Lucia De Cicco

A Mendicino con Simone Perrotta, un campione del mondo che non si dimentica di essere un testimonial del sociale IN GIRO PER LA STORIA

ROBERTO GUSMANI

PENNELLI D’ESTATE

Certosa di Serra San Bruno: porta del cielo

Il glottologo umano, concreto ed efficiente

Realtà che si scioglie nel colore

di Pietro De Leo

Nel 550° anniversario del ritorno dei padri Certosini a “casa”

di Leonardo Di Vasto

«La vocazione della linguistica è di cooperare con le altre scienze»

di Pileria Pellegrino

Rassegna d’arte presso il Museo civico di Celico


II

sabato 9 agosto 2014

Mare sicuro I pericoli ci sono, ma meno male che c’è la Capitaneria di porto

Codice rosso in onda etti di Carmelita Brun

Quest’anno la bizzarra stagione estiva rende le condizioni del mare alquanto incerte ma forti dell’attività “Mare sicuro 2014” organizzata dalla Capitaneria di porto di Corigliano Calabro si cerca di non far registrare vittime neanche quest’anno. Qualche giorno fa sono stati tratti in salvo 5 diportisti che a bordo di una piccola barca a remi, nelle acque vicino la località di Schiavonea (Corigliano Calabro), spinti da un forte vento non riuscivano a rientrare e cosi hanno lanciato l’allarme telefonando il numero di emergenza in mare 1530. Lunedi scorso il personale della stessa Capitaneria di porto ha soccorso tre persone cadute in mare dal loro catamarano che dopo essere “scuffiato” in località Lido Sant’Angelo di Rossano la motovedetta CP841 li ha tratti subito in salvo. Altro intervento interessante dell’equipaggio della dipendente motovedetta Sar è stato il recupero della carcassa di uno squalo capopiatto, lungo 4 metri e di circa 400 kg di peso, trovato privo di vita vicino l’imboccatura del porto. Il personale della sala operativa di questa autorità marittima ha provveduto ad allertare il Comune di Corigliano Calabro che ha curato lo smaltimento dei resti dell’animale. Sul posto sono intervenuti anche i medici del servizio veterinario e l’assessore all’ambiente del Comune di Corigliano Calabro. Si rammenta che è sempre attivo il numero gratuito 1530 per ogni tipo di emergenza in mare.

Il personale della Capitaneria di porto di Corigliano Calabro mette in salvo 8 diportisti e recupera la carcassa di uno squalo capopiatto

Addio tonno rosso

Pesca pirata spalle al muro Dall’allarme lanciato dal Wwf circa il rischio di estinzione del tonno rosso per la pesca eccessiva, in cui si vede un notevole squilibrio tra il pescato consentito e l’effettiva disponibilità del prodotto ittico, il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) ha finalmente emanato il decreto legislativo del 22 luglio 2014, con il quale si predispone la chiusura della campagna della pesca sportiva/ricreativa del tonno rosso, ormai in estinzione insieme al pesce spada. Entrambi i prodotti ittici sono frutto di un mercato illegale definito “pesca pirata”, ancora largamente diffusa e che speriamo si sconfigga al più presto. Tutte le Capitanerie di porto avvisano che fino al 31.12.2014 coloro i quali sono in possesso dell’autorizzazione triennale rilasciata dalle Capitanerie di porto potranno proseguire tale attività solo con il rilascio delle eventuali catture (catch-release). Nella costa ionica di Corigliano Calabro, la Capitaneria di porto diretta dal Capitano di Fregata (Cp), il comandante Antonio D’Amore, ha diffuso la norma capillarmente a tutto il ceto interessato, e sensibilizzato le categorie per evitare che questi vadano incontro a sanzioni pecuniarie elevate. Scattano i controlli della Guardia costiera al fine di tutelare la specie in via di estinzione. Ulteriori informazioni possono essere acquisite direttamente sul sito www.politicheagricole.it, sulla pagina dedicata alla pesca e acquacoltura, ovvero presso la Sezione gente di mare e pesca della Capitaneria

di porto di Corigliano Calabro, in Area portuale - contrada Torricella Inferiore, nei seguenti orari di apertura al pubblico: - mattino dal lunedì al venerdì dalle ore 09.00 alle ore 12.00; - pomeriggio solo martedì e giovedì dalle ore 15.00 alle ore 16.00.

C.B.


sabato 9 agosto 2014

Onorificenze al cubo La Francia rende merito ancora una volta il docente dell’Università della Calabria Nuccio Ordine

Quelle occasioni più Unical che rare La Francia conferisce ancora un’altra prestigiosa onorificenza al professor Nuccio Ordine: la notizia è apparsa nella pagina cultura del Corriere della sera. Con decreto dell’8 gennaio 2014, infatti, il Primo ministro francese, su proposta del ministro dell’Éducation nationale, ha nominato il docente dell’Università della Calabria Commendatore (Commandeur) nell’Ordine delle Palme accademiche. Si tratta del grado più alto di questa antica decorazione francese, creata da Napoleone I nel 1808 (poi rinnovata nel 1955) per ricompensare quei professori che si sono particolarmente distinti nel mondo dell’università e della scuola. Il collier di Commendatore composto da un nastrino viola e da una medaglia con due rametti di palma intrecciati - sarà consegnato in una cerimonia prevista nei prossimi mesi. Nuccio Ordine aveva già ricevuto il grado di Cavaliere, nello stesso ordine, in una cerimonia tenutasi nel Senato francese il 4 dicembre del 2009. In quell’occasione, l’onorificenza gli fu consegnata da Umberto Eco, in presenza di grandi personalità del mondo universitario europeo, tra cui anche George Steiner. Ma questa decisione delle autorità francesi ha previsto modalità eccezionali: normalmente, infatti, Ordine avrebbe dovuto passare, prima di essere nominato Commendatore, nel grado intermedio di ufficiale (tra un grado e l’altro è necessaria l’attesa di almeno 5 anni). Adesso - assieme alla Legion d’onore che gli era stata conferita dal presidente della Repubblica francese nel 2012 (la cerimonia ebbe luogo nella Scuola normale superiore di Parigi il 3 dicembre) - Ordine ha ricevuto le due più antiche onorificenze, create entrambe da Napoleone I. Nuccio Ordine - che da anni insegna nelle più rinomate università francesi: dall’Ecole Normale Supérieure all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, da Paris IV-Sorbonne all’Institut Universitaire de France, da Paris III-Sorbonne al Centre de Recherche sur la Renaissance di Tours - si è particolarmente distinto per le collane di classici che dirige presso Les Belles Lettres di Parigi, una delle case editrici più importanti del mondo nell’ambito dell’editoria umanistica. E da qualche anno nella sua collana bilingue “Classici della letteratura europea” (pubblicata da Bompiani) sono apparse importanti edizioni di classici francesi da Montaigne a Rabelais, a Molière. Tutti i suoi libri sono tradotti in francese e i suoi lavori bruniani si possono adesso leggere in ben dieci lingue, tra cui cinese, giapponese e russo. Nella decisione avrà certamente avuto un peso anche il suo ultimo lavoro, L’utilità dell’inutile, pubblicato in prima edizione proprio in Francia dove ha ottenuto un immediato successo. Questo libro - i cui diritti sono stati venduti in 15 lingue - è ormai diventato un best seller europeo, da oltre centomila copie: 9 edizioni in Spagna, 6 in Francia e 10 in Italia, mentre in questi giorni è uscita ad Atene la traduzione in greco. In autunno sarà pubblicato in Germania e Romania. E per il 2015-2016 si annunciano le traduzioni in cinese, galiziano, portoghese, coreano, bulgaro, turco e inglese. Con L’utilità dell’inutile, Ordine difende quei saperi che non producono profitto e che vengono quindi considerati inutili in una società dove l’utile coincide solo con il guadagno. Si tratta di un’appassionata difesa della conoscenza disinteressata (di cui la letteratura, la filosofia, l’arte, la musica, la scienza di base sono espressione) che pur non producendo profitto è necessaria per nutrire lo spirito e rendere più umana l’umanità. In agosto sono previste varie presentazioni del libro in Calabria: il 9 a Praia a Mare, il 13 a Reggio Calabria e il 17 a Rossano presso il Museo della famiglia Amarelli.

La notizia è apparsa nella pagina “Cultura” del “Corriere della sera” Il Primo ministro francese su proposta del ministro della Éducation nationale ha nominato il docente Commendato re nell’Ordine delle Palme accademiche

Le stelle di Arcavacata

La notte dei ricercatori

Una bella e particolare iniziativa che l’Università della Calabria - e specificamente la struttura che fa capo al professor Roberto Musmanno, delegato del rettore alla Ricerca e al Trasferimento tecnologico - sta organizzando nella notte tra il 26 e 27 settembre. Si tratta della “Notte dei ricercatori” (con sottotitolo “Saperi, sapori, colori”) e prevede un programma ricco di dimostrazioni, esperimenti, visite guidate nei laboratori, spettacoli, performance artistiche, musicali, sportive, degustazioni, giochi etc., che faranno del Campus di Arcavacata un grande, accogliente e stimolante luogo della conoscenza e della aperto ai cittadini, particolarmente agli studenti di tutte le età. La “Notte dei ricercatori” consentirà a tutti di conoscere da vicino il mondo dell’Università della Calabria e di comprendere meglio come il lavoro degli scienziati riguardo la quotidianità della vita di ognuno. Il carattere spiccatamente culturale dell’iniziativa, nonché il complesso e la varietà degli eventi previsti, che saranno presentati il 23 settembre, nel corso di una conferenza stampa, rende quanto mai auspicabile il contributo dei media calabresi e l’avvio con essi di una partnership destinata ad avere fortissime ricadute di carattere sociale, educativo e formativo sul territorio. Nelle aspettative del rettore, Gino Mirocle Crisci, e di Musmanno, in particolare, la “Notte dei ricercatori”, grazie alla presenza dei giornali, delle tv, delle radio e delle testate web, dovrebbe trasformarsi in un grande contenitore di informazione e conoscenza, consentendo un più agevole e stimolante raccordo tra gli eventi dell’Ateneo e il territorio. In un incontro, il 4 settembre, alle 17,30, nella sala stampa del Centro congressi “Beniamino Andreatta”, si proverà a mettere meglio a fuoco il progetto e a capire in concreto quale supporto potrà venire alla “Notte dei ricercatori”.

III


IV

sabato 9 agosto 2014

Storia tra le righe Per Roberto Gusmani «la più genuina vocazione della linguistica resta quella di gettar luce, con l’ausilio dello studio delle lingue sulla realtà storica in cui questa si colloca e di cooperare con le altre scienze...»

Il glottologo umano concreto ed efficiente sto di Leonardo Di Va

«La più genuina vocazione della linguistica resta quella di gettar luce, con l’ausilio dello studio delle lingue, sulla realtà storica in cui questa si colloca e di cooperare con le altre scienze che, con mezzi differenti, perseguono lo stesso scopo»: sono parole di Roberto Gusmani che, con tale riflessione misurata e illuminante, delineava, nel 1977, le finalità della glottologia, la disciplina che insegnò alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Messina, dal 1964 al 1970 prima come professore incaricato e, poi, dal 1970 al 1972 come professore straordinario. A Messina Gusmani iniziò la sua brillante carriera di studioso delle lingue indoeuropee - nella città dello Stretto, pubblicò, nel 1971, per l’Editrice Peloritana, il volume Elementi di fonetica storica delle lingue indoeuropee -, che proseguì, dopo il trasferimento, nel 1972, all’Università di Udine, nella Facoltà di Lingue e Letterature straniere (l’anno successivo, conseguì il titolo di ordinario). In una relazione scientifica del 1991 aveva riflettuto sul suo trasferimento, che gli aveva suscitato più di un dubbio relativo e alla sua ricerca linguistica e al suo insegnamento: «Quando, quasi vent’anni fa, chiesi il trasferimento dalla Cattedra di Glottologia che ricoprivo a Messina a quella che era stata appena istituita a Udine, lo feci non senza perplessità perché si trattava di passare da una facoltà di Lettere, ove l’insegnamento di quella disciplina poteva mantenere la tradizionale impronta indoeuropeistica della scuola presso cui mi ero formato, ad una Facoltà di Lingue e letterature straniere, i cui studenti avevano inevitabilmente preparazione e interessi alquanto diversi, in parte non facilmente conciliabili col tipo di didattica che mi era stato fino ad allora consueto». Compiuta la scelta, si dedicherà con impegno e passione all’insegnamento della glottologia agli studenti di Lingue dell’Università di Udine. Una studentessa della fine degli anni Settanta, Marta Zabai, ci trasmette un ritratto suggestivo del docente: «Ricordo ancora la chiarezza con cui spiegava la glottologia, una materia, per noi studenti al primo anno, assolutamente nuova. Mi colpiva il rigore scientifico, che sicuramente tutti apprezzavano e soprattutto la limpidezza, la semplicità delle sue parole». Nato a Novara nel 1935, si era formato come linguista all’Università statale di Milano, alla scuola di Vittore Pisani, conseguendo la laurea nel 1958 con una tesi sul frigio. Questa lingua indoeuropea, appartenente alla penisola anatolica, sarà uno dei fruttuosi percorsi di ricerca che farà di Gusmani un anatolista di prestigio internazionale, per i suoi contributi scientifici, nonché per la partecipazione alla campagne archeologiche in Anatolia e per la collaborazione con l’Istituto per gli studi micenei ed egeo-anatolici. Diversi gli incarichi ricoperti dallo studioso negli organismi disciplinari come la Società italiana di glottologia, della quale è stato presidente nel biennio 1976-1978, e nell’Università di Udine, ove, tra l’altro, è stato preside della facoltà di Lingue e letterature straniere, dal 1978 al 1981, e poi rettore per il triennio 1981-1983: in tale funzione, si impegnò perché il giovane Ateneo stimolasse lo sviluppo del suo territorio, ponendo «le basi per un superamento della passata emarginazione - sono sue parole -, per un’apertura dell’ambiente locale alle idee e agli stimoli esterni, per una sua attiva partecipazione ai progressi della cultura, della scienza e della tecnica della comunità nazionale e internazionale». L’Università di Udine, ove Gusmani ha svolto, dal 1972 sino alla scomparsa nel 2009, la sua attività di docente e di studioso, ha voluto ricordare la figura del Maestro con due corposi volumi (usciti nel 2012, a Udine, Forum): il primo, Linguistica storica e teorica, in due tomi, a cura di Vincenzo Orioles, professore di Glottologia nell’Università friulana: è stato l’allievo ‘principale’ di Gusmani, frequentando, alla fine degli anni Sessanta, le sue lezioni e laurean-

A Messina Gusmani iniziò la sua brillante carriera di studioso delle lingue indoeuropee Nella città dello Stretto pubblicò nel 1971 per l’Editrice Peloritana il volume “Elementi di fonetica storica delle lingue indoeuropee”

dosi con lui, nel 1970, a Messina, con una tesi sulle lingue dell’Italia antica, e, poi, seguendolo a Udine; il secondo, Linguaggi, Culture, Letterature, a cura di Giampaolo Borghello, italianista dell’Università di Udine, che, nell’Introduzione, ha ricordato di Gusmani l’umanità, la disponibilità, la concretezza, l’efficienza. È impossibile render conto dei tanti e interessanti saggi dedicati alla memoria dello studioso da amici e colleghi italiani e stranieri, che, con la partecipazione all’iniziativa, hanno palesato la stima di cui Gusmani godeva non solo in ambito nazionale (troviamo autori di Messina, Catania Palermo, Napoli, Roma, Firenze, Torino, Milano ecc., oltre che, ovviamente, di Udine) e internazionale (Barcellona, Parigi, Köln, Louvain, Los Angeles, Slovenia, Amman, Tokyo ecc.). Orioles, oltre a curare egregiamente il primo volume, che si apre con una Prefazione del rettore dell’Università di Udine, Cristiana Compagna, che ha sottolineato i meriti del docente, dello studioso, nonché le capacità dell’amministratore quale Rettore, e con una partecipe Premessa del preside della Facoltà di Lingue e Letterature straniere, Antonella Riem Natale, ha scritto l’Introduzione, il Profilo biobibliografico, il saggio Il calco strutturale. Da Werner Betz a Roberto Gusmani, nel quale osserva che Gusmani «ha il merito di rimettere in gioco anche il confine, tradizionalmente netto, fra calco strutturale [es., fuorilegge, formato secondo l’inglese out law] e calco semantico [es., finestra, anglismo italiano dell’informatica, secondo l’inglese window]»; infine, ha redatto un’attenta rassegna de Gli studi di Gusmani, a partire dal 1957. Per quanto riguarda i diversi contributi, faccio riferimento soltanto ad alcuni pertinenti soprattutto alla Sicilia e alla Calabria. In primo luogo, mi sembra opportuno citare lo studio: Su alcuni agionimi nell’onomastica siciliana. Santi reali e santi inesistenti, di Lucia Abbate, che appartiene all’Università di Messina, ove Gusmani, si è detto, insegnò. L’autrice, dopo aver affermato che «modi di dire siciliani


sabato 9 agosto 2014

Storia tra le righe

contengono nomi di santi mai esistiti: es., Santo Paganinu arriva u vintisetti, ‘San Paganino arriva il ventisette’», passa in rassegna un gruppo di agionimi, cioè ‘nomi di santi’, che trovano riscontro nella toponomastica siciliana: San Fratello, comune di Messina, Sant’Opolo, nel messinese: deriva dal latino Sanctus Euplus, San Euplo, martire di Catania, morto nel 304. Santòpolo è pure cognome calabrese. La studiosa si sofferma, in particolare, su San Cosimano, con riflessi toponomastici nell’agrigentino e nel nisseno, perché le dà la possibilità di tracciare l’origine del cognome Gusmani, che le sta molto a cuore. Nel contributo Di due teonimi greci, Renato Arena richiama l’attenzione su due nomi greci di divinità: Pasicrata e Meilichio, che erano oggetto di culto a Selinunte, come pure, il primo, in Epiro, Macedonia, Antiochia, Egitto, il secondo, in Grecia.

Roberto Gusmani

Domenico Santamaria, nel suo saggio “Un antagonista poco noto del pensiero neogrammatico: Francesco Scerbo”, si sofferma sull’opera del sacerdote Francesco Scerbo originario di Marcellinara (Catanzaro), professore di ebraico presso l’Università di Firenze, orientalista cha ha coltivato lo studio dell’ebraico e l’esegesi biblica

Domenico Santamaria (Università di Perugia), nel suo saggio Un antagonista poco noto del pensiero neogrammatico: Francesco Scerbo, si sofferma sull’opera del sacerdote Francesco Scerbo (1849-1927), originario di Marcellinara (Cz), professore di ebraico presso l’Università di Firenze, orientalista cha ha coltivato lo studio della lingua ebraica e l’esegesi biblica; inoltre, con interessi per la sancritistica, per il latino e il greco e pure per dialettologia calabrese: al riguardo, è del 1886 il contributo Studio del dialetto calabrese, definito “utile” da Graziadio Isaia Ascoli. Il linguista calabrese condivideva la teoria della convenzionalità del linguaggio, che occupava un posto di primo piano nella sua riflessione: «chi parla - sosteneva - non vede nessuna congruenza tra il nome e la cosa», osservazione che riprende, quasi alla lettera, il discorso di Platone nel Cratilo. «La parola onde noi abitualmente ci serviamo - sostiene Scerbo -, è mero simbolo, segno materiale. Se così non fosse, non si spiegherebbe come la parola in progresso di tempo possa sì stranamente alterarsi da diventare talvolta irriconoscibile, né come la stessa idea sia espressa in modi tanto diversi secondo le differenti lingue». Scerbo era nettamente contrario alle acquisizioni linguistiche dei neogrammatici, prevalenti nella cultura europea degli ultimi decenni dell’Ottocento e dei primi del Novecento: «Desumere le leggi supreme e intime del linguaggio da un fatto esterno e accidentale, quale è l’alterazione fonetica, cagionata da necessità fisiologica, è fraintendere al tutto la vera natura della glottologia». Osserva Santamaria che il linguista di Marcellinara «respingeva l’origine puramente naturalistica e meccanicistica del mutamento dei suoni». Gli altri contributi, ospitati nel primo volume, affrontano, con rigore filologico e scientifico, aspetti peculiari riguardo alla linguistica latina, indoeuropea, euromediterranea ecc. Vorrei, in conclusione, richiamare l’attenzione sul saggio del curatore del secondo volume, Giampaolo Borghello, «Stupenda e misera città»: Pasolini e il magma-Roma, che ci allontana dalle problematiche linguistiche per presentarci l’opera narrativa e poetica di Pasolini, in particolare: Ragazzi di vita (1955), Le ceneri di Gramsci (1957), Una vita violenta (1959), attraverso la quale l’italianista esamina il rapporto dello scrittore con Roma, ove, nel 1950, si era trasferito con la madre da Casarsa. Nel titolo del contributo leggiamo la citazione tratta da Il pianto della scavatrice, il poemetto composto nel 1956 che appartiene alla raccolta Le ceneri di Gramsci: «Stupenda e misera città, / che m’hai insegnato ciò che allegri e feroci / gli uomini imparano». Al riguardo, Borghello richiama l’attenzione sul «riconoscimento alla significativa funzione formativa della città», di una Roma che accompagna il poeta, rincasando, «annoiato, stanco», con le sue strade “tristi”, con il suo silenzio “mortale”, ma che pure, «a viale Marconi, / alla stazione di Trastevere», gli fa apparire «ancora dolce la sera». L’ancipite stato esistenziale è bene espresso nei due aggettivi «stupenda e misera», il cui accostamento forma un ossimoro. La scavatrice, “inanimata”, simbolo della magmatica espansione urbanistica e, di conseguenza, della speculazione edilizia, gli suscita, nel suo abbandono, «lo stesso senso / di giornate per sempre inadempite». D’altra parte, l’edilizia popolare rappresenta, nota Borghello, lo «sbocco di salvezza dal drammatico inferno delle borgate», descritte vivamente in Ragazzi di vita e Una vita violenta. Borghello, con questo stimolante contributo, ha espresso la sua vicinanza al maestro, dotato di «straordinaria capacità di consigliare: tantissime volte sono andato da lui per chiedere consigli, su cose grandi e piccole: e ricordo sempre la grande saggezza, il garbo, l’ironia».

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In giro per la Storia Nel 550° anniversario del ritorno dei padri Certosini a “casa”

Certosa di Serra San Bruno: porta del cielo di Pietro De Leo

Chi dallo Jonio o dal Tirreno, lasciata la costa a Soverato sulla Ss.106 o a Pizzo, sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, s’inerpica per le Serre calabresi, ha immediatamente la sensazione di inoltrarsi in un’area molto particolare, dove i segni del sacro s’infittiscono tra ripidi pendii, fìtti boschivi e brevi ripiani erbosi, solcati dai bacini del Mesima e dell’Ancinale. Quella delle Serre è una zona nella quale, sin da tempi remoti lungo mulattiere e sentieri, si insediarono in grotte monaci ed eremiti, desiderosi di appartarsi dal mondo e sfuggire, quasi in una nuova Tebaide, alle sue seduzioni. Qui, in un’ampia conca lacustre, tra orti e foreste, a poco meno di 800 metri sul livello del mare, venne a impiantare tra il 1091 e 1092, la sua esperienza ascetica un personaggio assai noto: Bruno di Colonia, maestro nella cattedrale di Reims e lì precettore del futuro papa Urbano II. Si trattò, senza dubbio, di una scelta occasionale frutto di un viaggio al seguito del pontefice, che aveva intimato all’antico maestro di coadiuvarlo nell’opera riformatrice, in un momento assai difficile per la Sede apostolica. A tale scopo gli aveva ingiunto di abbandonare il primo cenobio che aveva fondato in Francia (nel Delfinato, sul versante occidentale delle Alpi, non lontano dall’odierna Grenoble) e di raggiungere Roma. Città che aveva presto dovuto lasciare in fretta insieme con il papa, quando, decisi a tutto, l’imperatore Enrico IV e l’antipapa Clemente III avevano invaso i territori pontifici tentando di realizzare un disegno in precedenza fallito. Come già il predecessore Gregorio VII, Urbano II chiese aiuto ai Normanni, che avevano ormai consolidato il loro dominio nell’Italia Meridionale e a tale scopo raggiunse in Calabria Ruggero di Altavilla fratello del defunto Roberto il Guiscardo, al quale era stato affidato il compito di riportare all’obbedienza del papa le diocesi già soggette al patriarca di Costantinopoli. In tale prospettiva acquista rilievo l’elezione a metropolita di Reggio Calabria di Bruno di Colonia, patrocinata da Urbano II. Ma la scelta contemplativa del magister di Colonia era ormai irreversibile, maturata com’era durante i forti contrasti che l’avevano opposto al suo arcivescovo, Manasse di Gournay, prelato avido e dissoluto. Bruno rifiutò l’elezione ma scelse di rimanere in Calabria, assecondato in ciò dal conte normanno che gli mise a disposizione un cospicuo territorio, in località Torre, nelle Serre, così come aveva fatto alcuni anni prima, quando aveva favorito a Bagnara, di fronte alla Sicilia, l’insediamento di alcuni religiosi francesi. Sull’altopiano calabrese si sviluppò l’esperienza ascetica di Bruno, che ebbe modo di conoscere da vicino la vita dei monaci calabrogreci, i quali alternavano momenti di assoluto eremitismo con forme di vita comune, detta appunto cenobitica. Il fondatore della “certosa” non dimenticò i suoi confratelli francesi, né i suoi amici tedeschi. A questi ultimi rivolse l’invito di raggiungerlo nelle terre del gran conte Ruggero; con i primi si mantenne sempre in contatto, come dimostra la visita all’eremo di Santa Maria della Torre del suo discepolo Landuino, che gli era succeduto come magister nell’eremo della Grande-Chartreuse. Sviluppando la sua istituzione, Bruno fondò a circa due km da Santa Maria il monastero di Santo Stefano per i fratelli conversi, mentre, grato all’Altavilla per i favori ricevuti, seguiva da vicino la famiglia del conte, prodigo di consigli soprattutto in ordine al raggiungimento della perfezione cristiana.

La nascita di Serra La presenza e l’opera di Bruno nell’altopiano determinò un nuovo assetto del territorio in cui confluirono progressivamente torme di villani, ponendo le premesse per la nascita stessa del comune di Serra. Bruno di Colonia morì a Santa Maria della Torre il 6 ottobre 1101 a pochi mesi di distanza dal conte Buggero. Lì ricevette se-

Per le Serre calabresi si ha la sensazione di inoltrarsi in un’area particolare dove i segni del sacro s’infittiscono tra ripidi pendii, fìtti boschivi e brevi ripiani erbosi

poltura venerato dai suoi discepoli, che in seguito ne traslarono i resti mortali nella chiesa dell’Eremo, fino a quando nel 1513 le ossa furono canonicamente riconosciute e poste in un grande reliquiario dove tuttora si conservano. Dalla morte del fondatore sino al 1193, rimase attiva nelle Serre calabresi l’esperienza certosina con modalità non del tutto coincidenti con quelle in pratica nella certosa francese e in quelle che da quest’ultima si svilupparono. Per ragioni assai complesse e non ancora del tutto chiarite alla fine del secolo XII la comunità monastica si adeguò alle consuetudini cistercensi,


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In giro per la Storia

in un frangente in cui molti antichi monasteri benedettini della regione furono per così dire riformati con quel genere di osservanza portata in auge da Bemardo di Chiaravalle e diffusa nel Mezzogiorno d’Italia dopo la pacificazione di Innocenzo II con Ruggero II re di Sicilia. Nei tre secoli di vita monastica cistercense non fu vanificato il ricordo della presenza e dell’opera di san Bruno, così che quando maturarono le condizioni i Certosini tornarono a Serra nel 1514 con il favore di Leone X, il pontefice che approvò il culto pubblico del loro fondatore.

È una zona nella quale, sin da tempi remoti, si insediarono in grotte monaci ed eremiti, desiderosi di appartarsi dal mondo e sfuggire alle sue seduzioni

Iniziava l’epoca più felice della Certosa, che al pari delle altre consorelle d’Europa visse allora nello splendore del culto e delle opere d’arte e attese al governo spirituale e temporale dei contadini e degli artigiani insediati nel feudo monastico, non rinnegando certo i valori della solitudine e della contemplazione, caratteristiche peculiari di un ordine, mai riformato, perché mai deformato. Un violento terremoto. A segnare profondamente il destino dell’eremo, interrompendo «il corso del suo placido lustro» - come nota Michele Sarconi - fu nel 1783 il tremendo terremoto che sconvolse la regione. «In breve alcune delle torri esteriori restarono o frante o lese. La nuova cupola, il campanile, i chiostri, le magnifiche foresterie, la ricca spezieria, le basse officine e tutte le opere cominciate dal principio del XVI secolo, e in progresso continuate, furono ove affatto ruinate, ove altamente magagnate, e ove discretamente lese». I religiosi dovettero abbandonare la certosa con i suoi imponenti ruderi e gran parte del patrimonio culturale e liturgico del monasterium andò disperso. L’applicazione in Italia del Codice napoleonico portò nel 1808 all’abolizione dei privilegi feudali e alla fine stessa della prelatura territoriale che passò alla diocesi di Gerace e poi dal 1852, eccezion fatta per Fabrizia, alla diocesi di Squillace. Nessun serrese poteva rassegnarsi a tale stato di cose: l’arciprete monsignor Maria Tedeschi, più tardi arcivescovo di Rossano, mobilitò nel 1820 la popolazione per salvare i beni mobili della certosa e lo stesso comune nel 1826 acquistò dal demanio le fabbriche superstiti e la statua argentea del santo e i reliquiari. Dopo un fallito tentativo di recupero dell’antica osservanza ad opera del padre Stefano Franchet tra il 1840 e il 1844, un rescritto regio del 21 giugno 1856 a firma di Ferdinando II consentì ai religiosi di riappropriarsi dei chiostri. Si insediò quindi la comunità certosina guidata dal portoghese don Vittorio Nabantino. Ma proprio quando si accendevano nuove speranze di rinascita spirituale, sopravvenne nel 1866 un’ulteriore abolizione degli ordini religiosi, in seguito all’unità politica d’Italia. Se non fosse intervenuta nel 1887 la Grande Chartreuse ad acquistare dal comune di Serra i ruderi della Certosa e ne avesse voluto tenacemente la ricostruzione, a proprie spese, il sogno non sarebbe divenuto realtà. Fu incaricato della ricostruzione materiale l’architetto Franchet che, avvalendosi di maestranze locali, ripristinò gli edifici, nei quali confluirono alcune delle opere precedentemente disperse che i recenti lavori di restauro hanno posto ulteriormente in evidenza. Il 13 novembre 1900 l’opera fu completata con la solenne consacrazione della chiesa. Da allora sino ad oggi la vita claustrale è proseguita regolarmente nonostante le vicende dei due conflitti mondiali, la crisi delle vocazioni e gli immancabili problemi che la crescente secolarizzazione ha provocato. Nel 1985, alla vigilia della festa di san Bruno, Giovanni Paolo II visitando per la prima volta la regione sostò nella Certosa, a nove secoli dall’istituzione dell’Ordine. Ventisei anni dopo - il 9 novembre 2011 - fu la volta di Benedetto XVI che raggiunse la Certosa di San Bruno, dove celebrò i vespri con la comunità monastica, in una liturgia rigorosa e essenziale. Ricordò ai monaci il significato del silenzio, di fronte al «progresso tecnico» che ha reso la vita dell’uomo più confortevole, ma anche più concitata, a volte convulsa in «città quasi sempre rumorose». E aggiunse una riflessione sui media e sulla «virtualità che rischia di dominare sulla realtà»: «Alcune persone non sono più capaci di rimanere a lungo in silenzio e in solitudine». Invece il carisma specifico della Certosa, proprio quello della preghiera e del silenzio è «un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo» e ai monaci alla fine dice: «Il vostro posto non è marginale, nessuna vocazione è marginale nel Popolo di Dio». La pubblicistica locale - e non solo locale - ha indicato l’eremo calabrese come luogo di spirituale rifugio per il fisico Ettore Maiorana e per il pilota americano che sganciò la prima bomba atomica a Hiroshima. A prescindere dalla attribuzione fantastica di tali presenze, è molto significativo che ciò sia stato scritto e pensato, in quanto anche dall’alone della leggenda si misura talora l’importanza effettiva di una istituzione sul piano dell’immaginario collettivo. Non va, però dimenticato che quando il 28 febbraio 2013 Benedetto XVI terminò per sua rinuncia il pontificato, tornando ad essere cardinale, si pensò che si sarebbe chiuso in clausura. Uno dei luoghi privilegiati a cui si pensò fu proprio la Certosa di Serra San Bruno, terra da sempre ammantata da un velo di mistero: quella Terra di Paradiso, autentico patrimonio della Chiesa e dell’umanità.

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sabato 9 agosto 2014

Largo ai giovani Start Cup Calabria 2014: c'è tempo fino all'11 settembre per iscriversi

Accendete le lampadine Continuano a crescere le adesioni all'edizione 2014 della Start Cup Calabria. A poco più di un mese dalla scadenza, prevista l'11 settembre, sono oltre 30 i gruppi di aspiranti startupper che hanno prenotato un incontro per presentare la propria idea d'impresa al Village, la settimana di scouting itinerante della Start Cup in svolgimento fino al 12 sul territorio calabrese. La Start Cup Calabria è la competizione tra idee d'impresa innovative, organizzata in partenariato da CalabriaInnova, l'Università della Calabria, l'Università Magna Graecia e l'Università Mediterranea. Anche quest'anno la manifestazione farà il giro della Calabria per raccogliere le migliori proposte, ovunque si trovino: il 9 settembre la Start Cup Calabria allestirà il Village all'Università della Calabria, il 10 al campus universitario di Germaneto a Catanzaro, l'11 all'Università di Reggio Calabria e il 12 a Lamezia Terme, nei pressi della sede di CalabriaInnova. Dopo la fase di scouting le migliori idee potranno accedere alla settimana intensiva di formazione, l'Academy, prevista dal 6 al 10 ottobre, durante la quale le idee saranno approfondite con esperti e mentor per essere trasformate in progetti d'impresa. Cinque sessioni di tutorship con corsi teorico pratici, alternati a giornate di lavoro sul prodotto o sul servizio: management, organizzazione aziendale, propensione all'innovazione e alla gestione d'impresa.

La Camera di commercio per le professionalità

Studenti al lavoro Bando per la selezione e il finanziamento dei programmi di stage ed esperienze formative in alternanza in contesti lavorativi internazionali. La Camera di Commercio di Cosenza pubblica per la crescita delle professionalità locali, un bando per la selezione e il finanziamento di programmi di stage ed esperienze formative in alternanza in contesti lavorativi internazionali. Il bando è rivolto agli istituti scolastici di secondo grado, alle fondazioni per l’Its, agli enti formativi per l’Ifts, alle Università che presentino, nell’ambito dei progetti di alternanza Scuola-Lavoro, programmi che prevedano periodi di stage o tirocinio in contesto lavorativo internazionale presso, cioè, realtà lavorative, enti, organizzazioni, aziende con contatti e relazioni commerciali con l’estero operanti sia su territorio nazionale che all’estero; aziende che partecipano a fiere, missioni, incontri con operatori economici internazionali, sia su territorio italiano che estero; azienda e/o imprese formative simulate con collegamenti a network internazionali. I destinatari dei programmi di stage sono gli studenti (con le caratteristiche specificate nel bando) e i loro tutor. La domanda di partecipazione, corredata della documentazione specificata nel bando, dovrà pervenire entro il 10 novembre 2014 a mezzo Posta elettronica certificata, all’indirizzo: cciaa@cs.legalmail.camcom.it. Bando e relativi allegati sono disponibili sul sito istituzionale della Camera di Commercio di Cosenza: www.cs.camcom.it Per ulteriori informazioni è possibile contattare l’Ufficio Promozione al numero di telefono 0984.815245/254/267 o via email al seguente indirizzo: info.promozione@cs.camcom.it

Competizione tra idee d’impresa innovative, organizzata in partenariato da Calabria Innova, l’Università della Calabria, l’Università Magna Graecia e l’Università Mediterranea

Le dieci idee più promettenti saranno selezionate e si sfideranno durante la finale, gli Awards, prevista il 23 ottobre. Una giuria di imprenditori, venture capitalist, docenti universitari, operatori di istituti finanziari e di fondi di seed decreterà i vincitori dell'edizione 2014. I 3 vincitori avranno premi in denaro e servizi e potranno accedere al Premio Nazionale per l'Innovazione insieme ai vincitori delle analoghe competizioni regionali previsto a Sassari. Alla Start Cup Calabria possono partecipare tutti coloro che intendono proporre idee imprenditoriali innovative: studenti, laureati, docenti e neo o aspiranti imprenditori. La Start Cup Calabria offre a tutti i partecipanti occasioni di formazione, opportunità di contatti professionali e momenti di formazione e approfondimento sulla cultura d'impresa. Le startup che hanno partecipato alle edizioni precedenti hanno ottenuto notevoli riconoscimenti: investimenti di privati, servizi di incubazione, collaborazioni con importanti realtà internazionali e prestigiosi premi. Iscriversi è semplice, basta prenotare uno slot indicando luogo e ora preferiti direttamente dal sito della manifestazione, www.startcupcalabria.it, nella pagina "Iscriviti". Per info: info@startcupcalabria.it - www.startcupcalabria.it

C’è ancora tempo per conoscersi

Ti presento Campus Grande successo per “Ti presento Campus”, la tradizionale iniziativa organizzata dal servizio di Orientamento che offre la possibilità agli studenti di informarsi sui numerosi corsi di laurea e i servizi offerti dall’Università della Calabria. “Ti presento Campus” funzionerà anche l’11, 12 e 13 agosto. Il servizio sarà nuovamente attivo il 18 e 19 e, infine, il 25 e 26 agosto.


sabato 9 agosto 2014

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Calci di solidarietà A Mendicino (Cosenza) con Simone Perrotta

Metti una serata di calcetto Metti una serata di calcetto come tante altre, ogni mercoledì, presso la struttura sportiva della frazione Rosario di Mendicino (Cs), metti pure un’estate strana, metti un gruppo di amici, metti pure che all’improvviso ti arriva un campione mondiale, Simone Perrotta, già giocatore della Roma, oggi in Federazione, ritiratosi forse troppo presto dalle scene di campionato per amor della famiglia... Essenziale nel parlare, elegante nel rapportarsi anche all’invadenza di una “paparazzata” giornalistica; disponibile, oltremodo, a farsi intervistare, pur essendo lì per passare una serata tra amici e vecchie conoscenze di ragazzo con il cognato, Valerio Pizzino, che gli aveva promesso una serata tranquilla. Tuttavia, sorridendo, dice: «Allora dobbiamo farla adesso questa intervista?». Non si sottrae alle foto, tutti vogliono un ricordo con una persona, che nel tempo libero non scorda di essere testimonial anche in ambito sociale di una delle associazioni più importanti di Cosenza, la “Gianmarco De Maria”. Un amore nato fin da ragazzo con trascorsi cerisanesi, località delle Serre cosentine, sia per De Maria sia per Perrotta. Ritorna a Cerisano spesso e Federazione permettendo, dove ritrova la famiglia della moglie e la sua, che vivono lì e che rispettano gli spazi del loro campione mondiale, mantenendo riservatezza e semplicità, la messa la domenica, l’amore per le cose normali, le stesse che si vede porta Simone, consapevole di essere rimasto il ragazzo di sempre, senza vantarsi e arteficio. Simone Perrotta, campione del mondo con la Nazionale di calcio nel 2006. Che cosa ne pensi degli ultimi risultati degli Azzurri? È chiaro che questa situazione dispiaccia, ma è una conseguenza di un percorso già intrapreso in campionato e che ha portato a questi risultati, dovuto alle poche possibilità offerte ai giocatori Italiani e la percentuale degli stranieri, nel nostro campionato aumenta sempre di più, così come avviene in Inghilterra. Perciò le conseguenze di entrambe le Nazionali sono sotto gli occhi di tutti. Parlaci del tuo incarico in Federazione... Sono vicepresidente del Settore Giovanile-scolastico e ricopro l’incarico di consigliere federale. Esperienza positiva anche dal punto di vista della mia crescita personale, dandomi la possibilità di vedere il calcio sotto un’altra prospettiva. Dopo venti anni di calcio giocato, ho la possibilità di osservare, fattivamente, anche ciò che succede al di fuori del rettangolo di gioco. Il settore si occupa dei ragazzi, che iniziano a giocare, dai cinque anni fino ai quindici anni, prende dai “piccoli amici”, “primi calci”... fino agli “allievi”.

Domanda forse banale. Perché ti trovi qui questa sera? Abito a Cerisano, o meglio a Roma; ma torno spesso qui e mi trovo in questo momento a voler giocare una partita di calcetto. Lucia De Cicco

Simone Perrotta prima di entrare in campo Nella foto di gruppo con gli amici del mercoledì di calcetto è accosciato in nero, il secondo da destra Alla sua destra, l’altro “campione” cosentino Stefano Fiore

Siamo al 30 luglio, ignari di ciò che accadrà da qui ai primi giorni di agosto. Tuttavia, la domanda te la rivolgo ugualmente. Tra i papabali alla presidenza della Figc ci sono nomi di spicco, tra cui Tavecchio e Albertini... Diciamo che Tavecchio con la sua particolare uscita riguardo alle banane ci ha messo molto in difficoltà, quindi, a mio avviso, credo che debba fare un passo indietro, così come coloro che lo appoggiano. Riguardo alla Roma, in cui hai militato, che cosa ci aspetteremo in campionato e Champions league? Credo che la Roma stia formando una buona squadra, continuando sulla falsa riga dell’anno scorso, in cui ha giocato un campionato ottimo. Per quanto riguarda i tornei importanti dove, si scontrano le squadre più preparate d’ Europa, credo che la Roma sia attrezzata per fare un buon cammino.

Sorridendo dice: «Allora dobbiamo farla adesso questa intervista?» Non si sottrae a chi vuole un ricordo con una persona che non scorda di essere testimonial di una delle associazioni più importanti di Cosenza, la “Gianmarco De Maria”


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sabato 9 agosto 2014

Competizione notturna Notte bianca a Francavilla Marittima, protagonista lo sport

Tutti svegli e in movimento di Bruno Cannel

Finalmente è agosto, il mese dell’anno più ricco di attività ludiche e culturali di tutto l’anno. E così anche a Francavilla Marittima come di consueto è arrivato l’appuntamento molto atteso della “notte bianca” . Fra i tanti appuntamenti non potevano mancare le esibizioni di tutte le attività sportive della palestra Shotokan Sport club diretta dal maestro Francomano Domenico, cintura nera 4 dan, presidente regionale della Fikta. A presentare le diverse esibizioni è Carmelita Brunetti intrattenendo il pubblico con simpatia e spiegando le diverse attività. Ad esibirsi in prestazioni fitness sono stati i ragazzi: Alessandro De Leo, Antonio Flocco, Gian Luigi Capalbo e Salvatore Oliva, allenati da Giuseppe Liguori. I giovanissimi si sono esibiti in una intrigante sfilata di Boy fashion in costume e in abito. Per le esibizioni delle arti marziali abbiamo visto i combattimenti di “difesa personale a mani vuote” degli allievi del maestro Francomano Dommenico, i ragazzi cintura marrone Domenico, Antonio, Marco e cintura nera 2 dan rosa. I karatekiti simulavano delle aggressioni a una ragazza, cintura nera di karate-do. Essi e ci hanno mostrato le diverse mosse per mettere al tappeto l’aggressore. Infine il maestro mostrava come difendersi da tre aggressori effettuando la difesa da pugni, bastone e coltello. Dopo tutte le esibizioni dei suoi allievi provenienti da Franscineto, Castrovillari e Lauropoli di cintura gialla, arancione, blu, verde, marrone, nera, e degli allievi del maestro Antonio Ruscelli, Francomano ci ha rapito l’attenzione con la rottura di diverse tavole di legno di 3 cm ognuna. Ad intrattenere il pubblico è stata anche la danza con le allieve della Muscolino, maestra di zumba e danza moderna. Tanto divertimento in una notte che si è addormentata al sorgere del sole, fra allegria e musica ancora una volta, lo sport ha ravvivato la serata! Aspettiamo di vedere un autunno caldo con palestre attive e pronte ad accogliere nuove leve. Lo sport è di vitale importanza e chi inizia a praticarlo lo dovrà fare fino a tarda età per accogliere la vecchiaia in forma e senza reumatismi. Inoltre chi pratica il karate diventa una persona più saggia e consapevole della propria forza vitale. Hanno partecipato piccoli karatekiti già campioni che si sono conquistati il podio sia a livello regionale sia nazionale.

Le diverse esibizioni sono state presentate da Carmelita Brunetti Ad esibirsi in prestazioni fitness sono stati i ragazzi Alessandro De Leo, Antonio Flocco, Gian Luigi Capalbo e Salvatore Oliva, allenati da Giuseppe Liguori

Il 31 agosto gara ciclistica a Castrovillari

Prima Marathon degli Aragonesi Incontro di presentazione, previsto per l’11 agosto, interverranno il presidente dell’associazione, Atonio Lmonti, il presidente dell’ente Parco nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra, i sindaci di Frascineto, Angelo Catapano e Civita, Alessandro Tocci, e il commissario prefettizio di Castrovillari, Massimo Mariani. La gara interesserà, infatti, i tre comuni. La manifestazione, organizzata sotto l’egida della Fci, la Federazione ciclistica italiana, è una Gran fondo di mountain bike agonistica, competitiva e ciclo sportiva per gli amatori, inserita nel calendario del trofeo dei Parchi naturali 2014 - che raggruppa le regioni Puglia, Campania, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Molise, Sicilia, Lazio - ed è la seconda ed ultima prova valevole per il Challenge Pollino to Pollino. Ai primi 350 iscritti su www.mtbonline.it sarà consegnato un ricco pacco gara con maglietta “Marathon”, integratori alimentari, olio tecnico per manutenzione bici e altri gadget. Le iscrizioni si chiudono online tassativamente per tutti entro le ore 23:59 del 28 agosto 2014 per riaprirsi a Castrovillari sabato 30 agosto 2014. Al momento dell’iscrizione è obbligatoria la scelta del percorso tra: Marathon (agonisti Fci amatori tesserati Fci ed enti Consulta); Gran Fondo (amatori tesserati Fci ed enti Consulta); escursioni (non tesserati). A fine gara ci sarà la premiazione dei vincitori, che riguarderà separatamente il campionato regionale “Marathon MT”B, con assegnazione del titolo di campione e consegna delle maglie; campionato “Pollino to Pollino” con consegna delle maglie ai primi 10 arrivati nelle due gare di S. Costantino Albanese e Castrovillari; campionato nazionale Interforze. www.marathondegliaragonesi.it


sabato 9 agosto 2014

Lontano dalle etichette A Bova inaugurata la mostra di Giovanni Arito “Il coloraio”

Ferma il tempo È stata inaugurata a Palazzo Mesiani “Ferma il tempo”, personale pittorica del reggino Giovanni Arito. 36 opere che ripercorrono con accesi cromatismi e solidità materica la complessiva del mondo contemporaneo e le urgenze del contesto italiano e internazionale. La serie “Nazioni”, “Italia in fuga”, “Il dittatore”, “Donna di mondo”, questi i titoli di alcune delle opere in mostra attraverso le quali Arito lancia una indicazione, una traccia, per guidare lo spettatore nell’interpretazione del suo universo pittorico e indirizzarlo verso una riflessione sulla realtà contemporanea. Lontano dalle etichette e categorizzazioni, alla definizione di artista o pittore Arito sceglie per sé quella di “coloraio”, colui che gioca con i colori per dare forma alla realtà attraverso la sintesi tra gli occhi ingenui ed allegri del bambino e la mente matura e complessa dell’adulto. «Spensieratezza e gioiosità proprie del fanciullo - racconta l’artista - si esprimono con la vivacità dei colori e la semplicità del segno pittorico. La compattezza materica delle opere rimanda invece alla solidità dell’età matura e all’attualità delle tematiche sociali che scuotono il nostro tempo». «Sono molto orgoglioso di ospitare questa mostra - dichiara il sindaco Saverio Casile - e l’artista Giovanni Arito del quale ammiro l’amore e l’emozione di cui i suoi dipinti sono carichi. Con grande gioia, -prosegue insieme all’amministrazione comunale, accogliamo un prezioso artista a Palazzo Mesiani». Presente all’inaugurazione il consigliere provinciale Pierpaolo Zavettieri. «Ammiro - dichiara - l’immensa produzione dell’artista e partecipo alla mostra a livello personale, prima che politico. Questa è una iniziativa - prosegue - che concorre a promuovere il territorio. L’area grecanica, oltre ai beni paesaggistici e culturali insiti nella zona, è dotata di uomini di cultura che ne rappresentano bene l’essenza e la produzione artistica». La mostra sarà visitabile sino all’11 agosto presso Palazzo Mesiani dalle 17:00 alle 21:00.

36 opere che ripercorrono con accesi cromatismi e solidità materica la complessiva del mondo contemporaneo e le urgenze del contesto italiano e internazionale

Anziani in mostra a Jacurso

Custodi della memoria Viaggio attraverso i ricordi Aperta la mostra fotografica realizzata dal Circolo fotografico lametino e ospitata all’interno della sala conferenze del Comune di Jacurso, sita in via Nazionale, al centro del comune. La mostra ha per titolo “Custodi della memoria. Viaggio attraverso i ricordi e la Calabria” e comprende al suo interno 4 sezioni diverse: - Jacurso, storie in un istante, con foto di: Pasqualino Caparello, Paolo Pisani e Giuseppe Torcasio - Lento divenire, con foto di: P. Caparello, Giuseppe Carchedi, Laura Mascaro e P. Pisani - Pietro Statti, meccanico, classe 1928, con foto di Luigi Bonadio - A’maistra, con foto di G. Torcasio La mostra è realizzata in collaborazione con l’agenzia di comunicazione Plane/L’Orsa ed è riconosciuta dalla Federazione italiana associazioni fotografiche. L’apertura al pubblico della mostra è prevista fino al 24 agosto (compresi), in orario serale, dalle ore 21 alle ore 24. Il tema della mostra è quello del ricordo e dell’importanza della memoria. Ne sono protagonisti gli anziani che popolano i nostri paesini, con la loro solitudine, la loro forza, la determinazione e la fatica racchiusa nei loro volti. E ne sono testimoni fondamentali i loro antichi mestieri, spesso ormai dimenticati e catturati negli scatti di questa mostra.

Foto di Pasqualino Caparello

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sabato 9 agosto 2014

Pennelli d’estate Dal 2 al 20 agosto la XV Rassegna d'arte contemporanea “Celico 2014” presso il museo civico annesso alla chiesa di Sant'Antonio

o di Pileria Pellegrin

Cinquantasette gli artisti presenti con le proprie opere, sotto la direzione del maestro Luigi Greco, ideatore, curatore ed organizzatore della rassegna: Vincenzo Allevato, LinaFrancesca Amendola, Caterina Barletta, Andrea Biffi, Grazia Calabrò, Francesca Campana, Luigi Caputo, Raffaela Caruso, Enrico Coppola, Giuseppe Cassavia, Luana Covelli, Giulia De la Via, Durante, Vieytes Edison, Claudio Falvo, Franco Ferraro, Ercolino Ferraina, Rosario Foglia, Vincenzo Formica, Carlo Furgiuele, Tonino Gallo, Eugenio Granata, Luigia Granata, Luigi Greco, Maria Antonietta Gullo, Hevzi Nuhiu, Rosy Imbrogno, Marcello La Neve, Adelaide La Valle, Carmine Le Rose, Rita Mantuano, Nicola Martino, Filippo Mazzei, Anna Maria Mirabelli, Roberto Mendicino, Assunta Mollo, Pierluigi Morimanno, Massimo Nimpo, Antonio Oliva, Lucia Paese, Rosellina Prete, Alain Andè

Anche quest’anno l’esposizione è stata strutturata in due sezioni: una del figurativo, una di sperimentazione formale

Realtà che si scioglie nel colore Rieu, Luigi Rovella, Massimo Ruffolo, Natale Saccoliti, Donatella Salerno, Vito Scrivano, Francesco Speciale, Vittorio Speciale, Emanuele Stagliano, Luminita Tapalaga, Marco Tiano, Aldo Toscano, Antonio Viscardi, Salvino Volpe, Monica Zietarska. L’iniziativa è stata patrocinata dall’amministrazione comunale di Celico presieduta dal sindaco Antonio Falcone. Anche quest’anno l’esposizione è stata strutturata in due sezioni: una del figurativo, una di sperimentazione formale. Nella sezione figurativa diverse le tecniche, le scelte e le implicazioni stilistiche operate tuttavia le opere sono caratterizzate da un’esecuzione particolarmente minuziosa, sottolineata da una nitidezza cromatica che esalta i valori disegnativi e l’esattezza prospettica. La freschezza d’ispirazione che sa percepire nella natura e il sussulto dell’emozione che ne deriva, assicurano al gesto pittorico una pennellata veloce e istintiva, immediata e sicura, tale da definire l’essenza della forma e la qualità del contenuto. I contorni della realtà si sciolgono nel colore per diventare una cosa sola, materia di vita che sembra plasmarsi davanti agli occhi. Il silenzio, il colore, l’emozione, si fondono in una tavolozza morbida, intrisa di luce, capace di teneri accordi come di accensioni improvvise, di tocchi lievi e sfumati o di larghe e corpose spatolate, di tonalità soffuse o di segni sciabolati. Accanto alla bellezza dei paesaggi e alla sincera partecipazione all’umiltà solenne del mondo contadino, si affiancano l’affettuosa suggestione di scorci urbani storici con sottolineatura precisa dei luoghi imprecisati paradossalmente opposta ai nonluoghi attuali - di cui parla Marc Augè -, e completano con la delicata attenzione con cui gli artisti posano lo sguardo sulla figura umana, soprattutto femminile e sui fiori. Fiori gioiosamente sbocciati o appena accennati, ma esuberanti di energia, fragranti di splendore, vibranti di intensità cromatiche incandescenti. Lavori in cui si mescolano caratteri solari e foschi evitando prospettive e altri tropi “accademici” troppo rigidi. La sezione informale e di ricerca sperimentale è caratterizzata da una grafia libera e da una interessante evidenza di collegamenti tra linee e piani di colore: ai rigorosi impianti di geometria classica e volumetrica si integrano viaggi nel relativismo spazio-temporale dell’uomo consapevole delle sue immense capacità espansive, che lotta in una realtà antagonista, dal basso verso l’alto. Tensioni che rappresentano una fase dello sviluppo dell’astrazione classica nel confronto con l’incessante divenire della realtà contemporanea. In una narrazione razionale e costruttiva sul filo di una visione interna del-

la materia. I gesti creativi, sostanziandosi in opere, divengono tracce esistenziali. I lavori quindi rappresentano tracce di tutta l’iterazione tra realtà, sollecitazione, sensibilità e creatività, che può essere comune a tutti e che l’artista ha saputo esprimere e oggettivare. Ma le opere non solo sono traccia del proprio essere al mondo, che risulta il valore minimo, bensì rimangono come testimonianza dell’essere al mondo in un particolare momento, in una particolare situazione, in un particolare contesto. La pittura è un modo per esprimere emozioni, sensazioni e pensieri attraverso quadri che possono esseri realistici, astratti o “inusuali”. La pittura è libertà: la libertà di far fuoriuscire le proprie idee, imprimendole sulla tela. Un’altra prospettiva non solo artistica ma anche di vita di vedere le cose in una diversa maniera. «L’arte contemporanea non è un labirinto ma una strada con molti sentieri luminosi» afferma Achille Bonito Oliva, ed anche questa XV edizione della Rassegna d’arte contemporanea di Celico offre frammenti di felicità celata o di disperazione e sofferenza silenziosa presenti in tutte le cose. Frammenti da cogliere al volo e da conservare nel cuore come petali di poesia, come messaggi di luce.


sabato 9 agosto 2014

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Pillole di fede «Nel nome di Cristo Re» del senatore Giuseppe Mario Militerni

L’urlo politico di Lucia De Cicco

Incontro presso i giardini della libreria Domus di Cosenza, che ha avuto il sapore della memoria. Tutta incentrata sulla figura del senatore Giuseppe Mario Militerni, di Cetraro dove fece ritorno alla sua morte, avvenuta all’età di cinquantatré anni per arresto cardiaco mentre era intento a lavoro nel suo studio. A parlarne l’editore del testo Demetrio Guzzardi, dal titolo Il messaggio sociale di San Francesco di Paola scritto già molti anni prima della famosa enciclica papale di Paolo VI, dove s’indirizzava il laico a una vita attiva e partecipata alla vita politica, ricalcando quello che era stato il messaggio simbolico dei miracoli francescani nella sua terra natia e d’oltralpe. Il 26 marzo del 1967, domenica di Pasqua, Paolo VI pubblicava la sua enciclica sociale Populorum progressio, che più tardi fu il punto di riferimento di quella più recente di Benedetto XVI, vescovo emerito di Roma, Caritas in Veritate. Infatti, è soprattutto nel capitolo “San Francesco e la giustizia sociale” del testo di Militerni Il messaggio sociale di San Francesco da Paola, che si scorge questa anticipazione sulla globalizzazione dei mercati afferma infatti nel capitolo: “L’industrializzazione del superfluo è a danno del risparmio e degli investimenti per il necessario di tanti fratelli, ancora in attesa di lavoro di pane, di casa e di scuole (...) costruire un mondo in cui ogni uomo senza esclusione di razza, religione, di nazionalità possa vivere una vita pienamente umana”. Il Militerni, che è stato presentato tra gli intermezzi musicali del maestro Francesco Laino, le letture di Vichy Macrì e di Carmelo Giordano del gruppo teatrale DiciasetteBì, è un politico, che ha militato nelle file della Dc (partito Democrazia cristiana), cresciuto nelle file dell’Azione cattolica, di cui divenne anche responsabile Diocesano, non si sottrasse mai al suo impegno sociale, ma finiva ogni comizio al grido di «Viva Cristo Re». In uno dei suoi comizi, prova ne è una foto dell’epoca, campeggia su un lato del palco la scritta “Viva Gesù Cristo divino lavoratore”. Non mancarono come prevedibile, anche le critiche dell’ opposizione davanti a questo suo modo di fare, che oggi molti definiscono da santo, tra i suoi più aspri oppositori un gesuita che lasciò l’ordine per aderire al pensiero Marxista. Eppure, Militerni, conoscitore profondo del messaggio conciliare, ha sempre sottolineato l’importanza della testimonianza come forte valore cristologico-rivelativo nell’apostolato. Essa rivela Cristo e gli apostoli ed è Rivelazione nella tradizione ecclesiale. Militerni visse tutto ciò che nel tempo andò scomparendo lentamente, secondo il pensiero del teologo francese Louis Bouyer, che affermava: «Il cattolico militante negli anni trenta e quaranta del Novecento si proponeva la conquista. Dopo la guerra ha ripiegato sulla testimonianza. Con i preti operai ha tentato la presenza. Dopo il Concilio ha scoperto il dialogo. Poi, ha cominciato a dire che voleva limitarsi a far compagnia. E adesso teorizza la necessità dell’assenza. Così il cerchio si è chiuso finendo nel nulla». A Militerni si deve la costruzione del porto di Cetraro. Infatti, Militerni dinamico presidente della deputazione provinciale di Cosenza nel 1950, fece una dettagliata relazione dell’importantissima pratica per cui la deputazione provinciale deliberava all’unanimità il chiedere al Ministro dei Lavori pubblici l’urgente costruzione del porto tirrenico nella rada di Cetraro, a carico dello Stato l’esecuzione dell’intera opera. Nel 1958 ancora giovanissimo Militerni diventa Senatore della Repubblica, all’età di quarantaquattro anni, e con risultati eccellenti ben 46mila 221 voti. Fece della sua vita un’innegabile missione. Un incontro quello di Cosenza che ha registrato la presenza del nipote di Giuseppe Militerni, l’avvocato Luciano Militerni, che ci ha narrato dell’uomo Giuseppe Militerni, attraverso una lettera, che è stata inserita nel manuale sulla figura di Militerni, così ci riferisce: «La mia emozione su mio zio è la parola che ho sempre ascoltato in seno alla famiglia. Una figura mitica che ha sempre guidato le sorti della stessa, lasciandoci un’eredità cattolica. Il giorno in cui morì era Pasqua e anche il mio compleanno; avevo soli tredici anni e mi sono nutrito della parola dello zio da quel momento in poi, perché (lo dice commosso) era una figura di grande riferimento. Mio

Incontro a Cosenza sulla figura del senatore morto a 53 anni per arresto cardiaco, cresciuto nelle file dell’Azione cattolica, di cui divenne anche responsabile diocesano Non si sottrasse mai al suo impegno sociale e finiva ogni comizio al grido di «Viva Cristo Re»

padre aveva una vera devozione per lui. Ricordo che quando tornava dal Senato c’era la gita in campagna che lui adorava e con la mia sorella gemella, che eravamo i più piccoli della famiglia, eravamo contenti di essere suoi ospiti. Affascinati dalla prima auto, che lo zio possedeva con l’autista che lo andava a prendere alla stazione di Paola e con ansia aspettavamo il suo arrivo. Perché c’era la campagna da vivere con le mucche da mungere, una grande festa che lo portava lontano dalla vita politica, anzi vi era il divieto assoluto in casa di parlarne». Ed ecco la lettera, che il nipote Luciano Militerni ha lasciato che si trascrivesse nel testo, presentato a fianco di quello del Senatore sul messaggio politico della vita di San Francesco da Paola dal titolo: Il senatore Giuseppe Mario Militerni, cetrarese, cattolico, politico lungimirante entrambe edizioni Progetto 2000. «Nato santo. Riflettere, interrogarsi, predisporsi a intercettare i tratti di questo grande uomo, in un tempo di ripulsa diffusa alla vita, alla politica, con i suoi partiti ridotti a vuoti simulacri, è assai consolante. Dal privilegiato osservatorio, come membro della sua famiglia, mi sono alimentato nella sua visione dell’esistenza in ogni sfaccettatura siccome tesa essenzialmente nel porre argini alle correnti di odio per ricomporre unità, condivisione e pace. Una delle sue più significative pubblicazioni - Il messaggio sociale di San Francesco di Paola- del 1966 (...) compendia e offre a tutti noi, travagliati da rimpianti e scoramenti, da ansie e da certezza del Luciano Militerni quotidiano, Sopra, da sinistra i due lettori: al centro Guzzardi editore; conferendo a sinistra don Ennio Stamile Cetraro perenne alimento al nostro comune pensare e divenire. (...). La quotidiana lettura dell’Imitazioni di Cristo, costruiva il contrappunto armonico del suo animo in uno con l’esigenza di meditativo raccoglimento (...) Preghiera e penitenza cui aggiungeva i valori cristiani della vita, come segno della presenza del Salvatore nella comunità e una costante invocazione alla Vergine Deipara. (...). La coltivazione della terra e l’autentica passione per gli animali, i quali fruivano del medicaio erbatico che la terra stessa-prodiga- germogliava, era per lui energia viva, forza dinamica e immanente delle sue regole di vita, prima del prematuro viaggio nella Città celeste. Questa è l’immagine... silenziosa, pacata che conservo di zio Peppino ma, ancora oggi, è parimenti una presenza rumorosa che ha sempre guidato la mia personale storia e di quelli che lo hanno amato».


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sabato 9 agosto 2014

Narrativa Semplicemente caratteri

Storie di tutti i giorni di Giuseppe Aprile

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Leggeva sempre. Camminava con un libro sottobraccio in ogni momento. Gli chiesi il perché. Rispose: «Nella vita occorre dimostrare di essere, più che essere. Non mi stacco mai dal libro. Voglio apparire intellettuale. Così tutti mi rispettano di più».

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Stava spesso con le gambe a cavallo. Suo padre: «È la sua vita. Non gli piace il lavoro. Non ricorda che io, suo padre, ho trascorso la vita a lavorare tra i binari della ferrovia, con il caldo e con il freddo, con mani le agghiacciate dal gelo o con la testa sotto il sole cocente. Per campare la mia famiglia, lui compreso».

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Gli fece l’ennesimo favore. Per l’ennesima volta, alla notizia di un risultato positivo, gli fece un’ulteriore richiesta. Chiedeva sempre, non lo ringraziava mai. Era ingorda.

319

Fece del balcone un giardino pieno di piante di peperoncini. Con peperoncini di tutti i colori e di tutte le specie. Sua moglie era abituata ai fiori ed alle piante ornamentali. Si convinse, infine, che le piante di peperoncino avevano due effetti. Erano belle a vedersi ed i fiori venivano sostituiti, appunto, da meravigliosi peperoncini di mille proporzioni, mille colori e molto duraturi.

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Dalla mia finestra godo sempre della visione dell’Etna, il più grande vulcano emerso d’Europa. Maestoso. A cono rovesciato. Con un solo difetto. Appare solo quando il cielo è nitido, è sgombro di nubi ed è sereno; e l’apparizione è chiara per tutte le stagioni e per tutto il giorno.

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Lo zappatore non godeva di grande rispetto. Lui diceva: «Tutto il bene viene dalla terra. Gli altri devono capire me e la mia vita. Quando capiranno, potranno menare vanto. Prima no».

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Aveva un’idea tutta sua de La Città del Sole di Tommaso Campanella, il grande filosofo di Stilo che è tra i più significativi della storia letteraria e filosofica. Pensava che l’opera fosse di altro mondo. Che non potesse trovarsi tra le composizioni prodotte da un essere umano. Pensava alla personalità mitica di Campanella e che lo stesso monumento nella piazza di Stilo - che conosceva - fosse la traduzione in essere umano di uno la cui figura fosse celestiale, forse. L’idea che aveva di Tommaso Campanella, ma di solito di tutti i grandissimi del passato, lo portava a pensare a uno scritto inarrivabile dalla sua mente. Non aveva mai pensato che La città del sole potesse essere una cosa reale, immaginabile dalla mente umana, in modo che gli studiosi la capissero studiandola e interpretandola. Eppure si trattava di un’opera che ipotizzava un tipo di società da realizzare. Un sogno - sì, magari sogno - ma umano, praticabile, comprensibile, da capire e figurarselo come società applicabile. Pensava che si trattasse di opera celestiale, di un essere altrettanto di alta levatura, da rendere socialmente difficile immaginare altro che un modo irrealizzabile sulla umana terra. Quando poi, col passare degli anni e cresciuto, colto, più vicino alla sapienza letteraria ed alla conoscenza, quando tutte le letture apparivano nella loro di-

Leggeva sempre Camminava con un libro sottobraccio in ogni momento... Chiedeva sempre, non lo ringraziava mai. Era ingorda...

mensione realistica e umana, gli rimase un’idea dell’opera, come cosa che fosse il segno inarrivabile di un senso di società che sarebbe stata utile solo a pensare ad una immaginazione surreale, senza applicabilità. Rimase questo il senso de La Città del Sole di Tommaso Campanella, che solo il sapere lo portava a idealizzare la presenza di un essere davvero vissuto e oggetto delle traversie che lo avevano reso famoso.

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Corrado Alvaro gli appariva umano, ma comunque irraggiungibile come espressione artistica e letteraria. Perchè tanta differenza tra lui e il resto dei cittadini del suo paese?

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Peppino Atti sapeva mille racconti. Io non capivo se li aveva inventati, creati o imparati una volta per sempre nel corso della vita, avendo una memoria di ferro, per ricordarli anche nella vecchiaia come sempre. Quanto sarebbe stato bello saperli tutti! Mi rimasero nel cuore e quando egli morì ebbi un grande dispiacere; pensai pure a cosa mi ero perso, dopo avere amato il suo dire, tanto da stare con lui per tante volte ad ascoltarlo. Non immaginavo che un giorno l’avrei perso per sempre.


sabato 9 agosto 2014

Narrativa

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Qual è il potere della poesia? Costituire una delle pietre miliari su cui l’uomo procede andando avanti.

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Oggi è caduto di stile e di contenuti il giornalismo. Non è più una luce. È più volte uno strano strumento di degrado, di privilegi, di orientamenti all’indietro. Non è uno sterzo di guida, è un forare di gomma o un qualunque altro guasto di macchina.

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Che non ci siano più i mandorli del veterinario Speziali, sotto l’orto ad adornare il creato, è normale. Tutto invecchia e tutto muore a distanza dalla nascita. Dispiacerebbe la perdita dell’amore utile a comprenderli, a goderseli, a renderli tanto belli ad ornamento della nostra visione.

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Nella mia stanza più frequentata, è tutto un panorama di pareti pieni di quadri fatti da bravi pittori, quelli che conosciuto e dei quali mi sono occupato nel corso della mia vita di giornalista e scrittore. Vedo sempre appiccicati alle pareti ritagli di giornali che riportano miei scritti, foto illustrative e poi tanti contenitori di libri pieni zeppi. Dispiace molto per quelli che non ho avuto la fortuna di leggere con la dovuta attenzione. Ho letto qua e là, secondo il mio tempo ed i miei gusti. Avrei voluto avere di più, di tutto; non per egoistica voglia di avere, ma perché costituiscono, quelli che ho e quelli che sogno sempre, un mondo dentro il quale imparare, aumentare la mia conoscenza, rinvigorire la mia mente di novità e di approfondimenti. È un mio mondo di cui ho investito tutti i componenti della mia famiglia. Vado però fiero che tutti dimostrano una loro personalità e lo stesso amore per imparare, per realizzare al meglio la propria vita.

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Bianca non manca mai di nulla. È il punto di riferimento per tutta la famiglia, per ogni cosa, per suo marito e per i suoi figli; per tutti coloro che hanno avuto modo di rapportarsi con lei, nei giochi, nel lavoro comune, nel vivere sociale. In tutto.

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E pensare che, anche dopo la morte degli esseri umani, la terra resta sostanzialmente così com’è. Per secoli ancora. Tranne piccole parziali modifiche dovute alle problematiche atmosferiche e del tempo. Passano le generazioni ma l’essere umano ed animale resta con le proprie essenzialità, e sempre eguale, sfidando anche le modifiche nel corso dei secoli. Per esempio, non ci sono più i dinosauri.

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Il pensiero umano si arricchisce. Si tratta di capire quello che mai si era capito e che altri avevano detto. C’è anche di non detto. Che gli artisti faranno conoscere nel corso dei secoli. È questa la sapienza. È questo altro ciò a cui si aspira.

Fece del balcone un giardino pieno di piante di peperoncini Con peperoncini di tutti i colori e di tutte le specie...

Ho pubblicato un libro di caratteri, aforismi, minitesti, con il titolo La corriera non faceva mai tardi... Come spesso avviene, l’occasione di pubblicare un libro difficilmente coincide con l’essere preparati a tanto. Ci sono sempre problemi di essere lesti a farlo, individuare i testi da inserire, avere facilità e capacità di usare il pc dentro cui penso di avere tutti i miei scritti. Per questo, non avendo avuto idea di quanto con gli scritti che avevo individuato, dopo un uso superficiale del mio computer che mi aveva reso difficile scrutare per gli anni passati assai lontani, constatato che le pagine sarebbero state meno del previsto, ho inserito alcuni racconti. Non ho mai accettato l’idea di pubblicare altro che i miei caratteri. Ho aggiunto cinque racconti. Lo stesso titolo era quello del migliore dei racconti inseriti. Il libro aveva assunto un’altra fisionomia. Non più un libro di caratteri, dei miei caratteri fin’ora composti, e l’editore frettoloso ha pubblicato. Questa impazienza, mista ad insoddisfazione, l’ho combattuta decidendo di lasciare il vecchio libro e farne un altro per soli caratteri, con il titolo, appunto, di Caratteri.

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Anche io ho una visione eccessivamente mitica dei grandi del passato. Di tutti i grandi. In musica, poesia, pittura, scultura, scrittura varia. Trovo strano che uno come me ora scrive come scrivevano loro. Non so, ovviamente, con quanti e altri meriti, ma rendendomi oramai conto che ho scritto tanto, e sicuramente bene, che devo ritenermi in adeguata continuazione con la loro opera. Questo non mi porta ad immaginarmi grande, ma ad avere capito meglio che tutti siamo sulla terra, e con piedi a terra. Ne deriva una conoscenza più vera dell’arte e della grandezza. Capisco meglio che la vera grandezza è l’umiltà. Sono i diversi compiti di ognuno di noi in una umanità che comunque richiede sempre maggiori impegni e saprà sempre di più. Serve sempre passione nel lavoro. Il contadino ha nella sua irrinunciabile zappa, la sua penna. Anche lui è grande. Più di quanto si possa credere. Chi lavora e produce è grande ed umile. Chi si stanca o non si cimenta con la produzione è inutile; solo ingombrante. continua...

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