Voce ai giovani

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Anno 38 - 15 Febbraio 2014 - Numero 7

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

Cosenza ha celebrato la sua Patrona, esempio di vita cristiana per monsignor Nunnari, bussola di verità per Occhiuto LA CALABRIA “BATTE” UN COLPO

IL VIAGGIO ECOLOGICO

Quando grazie alla ricerca il cuore non ha più paura

Arriva il Treno Verde per promuovere e bocciare

Settimana nazionale dedicata alla prevenzione delle malattie cardiache

Una mostra per mobilità sostenibile e cartellino rosso per chi inquina


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sabato 15 febbraio 2014

La Calabria “batte” un colpo Settimana nazionale dedicata alla ricerca e alla prevenzione delle malattie cardiovascolari

Quando il cuore non ha più paura

Il dottor Roberto Caporale

di Francesco Fotia

È incominciata lunedì la ormai tradizionale settimana nazionale dedicata alla ricerca e alla prevenzione delle malattie cardiovascolari organizzata dalla fondazione “Per il tuo cuore”, che da quindici anni opera su iniziativa dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri. Obiettivo di quest’anno è la sensibilizzazione sul tema della morte improvvisa, con particolare riferimento ai giovanissimi sportivi, categoria sensibile e sulla quale si sono accesi con decisione i riflettori dell’opinione pubblica a seguito della scomparsa del calciatore Piermario Morosini. L’avviamento di corsi di formazione, la donazione di defibrillatori e l’istituzione di un Premio di ricerca biennale sono alcuni degli obiettivi annuali di un’associazione che, in media, mette a disposizione della ricerca 500.000 euro annui. «Si tratta di un’importantissima iniziativa a livello nazionale - spiega il dottor Roberto Caporale, cardiologo presso l’ospedale dell’Annunziata di Cosenza e consigliere regionale Anmco - cui hanno aderito la grande maggioranza delle unità cardiologiche nazionali e, ed è un piacere dirlo, calabresi. Ognuno - come previsto dall’Anmco - sta partecipando organizzando eventi, incontri e convegni nella maniera che più, da territorio a territorio, si ritiene opportuno. L’obbiettivo comune finale è ciò che unisce tutti gli associati e i volontari in questo momento: contribuire, sensibilizzando l’opinione pubblica, a sostenere la fondazione. Con i ricavi - prosegue Caporale - è stato previsto l’acquisto di non meno di sessanta defibrillatori da suddividere nelle varie regioni, e di organizzare corsi di formazione per il basic life support (Bls), la pratica che permette un pronto e immediato soccorso per chi dovesse subire un improvviso arresto cardiaco. I corsi attivati saranno destinati agli allenatori e ai membri dello staff delle squadre di calcio delle categorie inferiori, che sono poi quelle più a rischio. Negli anni l’Anmco e “Per il tuo cuore” hanno fatto molto, ma tanto ancora si può dare ed è per questo che invito tutti a sostenere la nostra mission, che quest’anno ha voluto concentrarsi molto sui giovanissimi amanti dello sport, una categoria della quale dobbiamo tutti avere particolare cura».

“Per il tuo cuore” da quindici anni opera su iniziativa della Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri

Probabilmente proprio per avvicinare anche i giovani ai temi che l’Anmco affronta, il testimonial scelto quest’anno dalla fondazione che gestisce la raccolta fondi è Cesare Prandelli, il commissario tecnico della Nazionale di calcio, protagonista, come si è avuto modo di vedere, degli spot radiofonici e televisivi che stanno andando in onda su tutti i principali network in questi giorni. Contribuire alla causa è semplice - come spiega il ct nell’efficace spot sul giusto modulo di gioco; occorre mandare un sms al 45595 per sostenere la ricerca e la prevenzione con il contributo di un euro, oppure telefonare da numero fisso, versando una cifra a scelta di due oppure cinque euro. La settimana del cuore, che ha attraversato anche la festa di San Valentino, si concluderà domani con numerose cerimonie e significativi messaggi che arriveranno anche dai campi di Serie A. I capitani delle squadre che si affronteranno da nord a sud si scambieranno il cuore scaldamani a centrocampo. Il terreno di gioco, inoltre, proprio all’altezza del cerchio di metà campo, sarà coperto con un telone che ricorda il concept della campagna mentre sui maxi schermi andrà in onda lo spot pubblicitario con Prandelli protagonista. Una volta di più i calabresi, che già molto hanno dato in termini di beneficenza, stanno dimostrandosi particolarmente sensibili al tema della solidarietà, e attenti nei confronti di patologie serie che tutti insieme possiamo contribuire a combattere solo attraverso la generosità.

Il volto della campagna Cesare Prandelli


sabato 15 febbraio 2014

Auguri ai cosentini La città ha celebrato la sua Santa patrona. Il discorso integrale in Duomo del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto

La Madonna del Pilerio una guida per la verità Il discorso di Mario Occhiuto in occasione dei festeggiamenti solenni Eccellenza reverendissima carissimo monsignor Salvatore Nunnari, arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano, autorità civili (prefetto Gianfranco Tomao e procuratore della Repubblica Granieri) e autorità militari (questore Anzalone, colonnello dei Carabinieri Brancati, colonnello della Guardia di finanza Colella), caro don Giacomo, rettore della Cattedrale, carissimi concittadini, ci ritroviamo come di consueto e tutti insieme in Cattedrale a celebrare la “nostra” Madonna del Pilerio, la nostra mamma, nel giorno che rappresenta la festa dei cosentini, simbolo di identità e di appartenenza. Nella fede e nelle affinità. Rendere il doveroso omaggio alla Patrona della nostra città, significa rinnovare, per la chiesa e per l’amministrazione comunale, il messaggio di un cammino unitario per quella speranza che, nonostante le gravi difficoltà che viviamo e che ci inducono allo sconforto, va sempre nutrita e alimentata. Papa Francesco nell’Angelus di domenica scorsa ha sottolineato la missione di noi cristiani che è quella di dare la luce al mondo. Il cristiano non può perderla questa luce ma deve essere Lampada Accesa in tutto ciò che è e che fa, nel suo quotidiano: dalla famiglia, al lavoro, per strada con il suo prossimo. Ecco allora che chi svolge un servizio pubblico deve intenderlo, per dirla con il Papa stesso, come «un servizio alla verità, un servizio alla bontà e un servizio alla bellezza». Abbiamo tentato, non senza difficoltà, in questi due anni e mezzo, di metterci al servizio di tutte e tre le qualità enunciate (verità, bontà, bellezza) cercando di mantenerci “lampada accesa” (come dice il Papa) in ogni situazione che si è presentata. Ci siamo presi carico di realizzare progetti e opere che hanno come unico scopo quello di fare di Cosenza una città sempre più accogliente bella e vivibile, dicendo però allo stesso tempo sempre la verità ai cittadini. Si è avviata la raccolta differenziata rimodulando il sistema già esistente per fronteggiare le continue emergenze rifiuti che affliggono la Calabria e la nostra città da decenni, si sta sistemando la rete idrica per portare più acqua nei rubinetti delle case dei cosentini, sono partiti i lavori di efficientamento della pubblica illuminazione, si sta riorganizzando il trasporto pubblico con le circolari veloci e sono riprese le grandi opere pubbliche con il restyling di piazza Bilotti e del centro cittadino. Si stanno riqualificando i marciapiedi e si sta provvedendo alla realizzazione di piste ciclabili e percorsi pedonali per le persone non vedenti. È arrivata finalmente quasi a conclusione l’opera di riorganizzazione dei servizi di manutenzione della città espletati attraverso i lavoratori delle cooperative sociali che, sono convinto, darà più qualità e efficienza ai cittadini e maggiore dignità ai lavoratori impiegati. Per quanto riguarda il centro storico: sono in corso i restauri di importanti edifici pubblici quali il complesso di San Domenico, quello di Sant’Agostino, quello di Palazzo dei Bruzi. È stata potenziata l’illuminazione nelle strade, si stanno completando i lavori del Castello; abbiamo ottenuto i finanziamenti -e presto partiranno i lavori per il quartiere di Santa Lucia, per il museo di Alarico e la riqualificazione dell’area della confluenza dei fiumi, per il restauro dei ponti storici, per la via degli artisti, per il completamento del parco acquatico, e tanti altri ancora. Possiamo intervenire sugli edifici e sugli spazi pubblici, ma non possono essere impiegati fondi pubblici sulle proprietà private. Nel centro storico c’è un problema di accessibilità soprattutto nelle strade interne per come in passato erano concepite, c’è un grave problema strutturale perché gli edifici per

«Rendere il doveroso omaggio alla Patrona della nostra città significa rinnovare per la Chiesa e per l’amministrazione comunale il messaggio di un cammino unitario per quella speranza che va sempre nutrita e alimentata»

la maggior parte sono realizzati con materiali poveri, c’è un problema delle reti, c’è un problema di convogliamento delle acque piovane, c’è un problema per il riscaldamento delle case. Sono state fatte in passato precise scelte strategiche e urbanistiche che hanno spostato l’interesse commerciale verso il nord della città abbandonando al degrado tutta la zona a sud di Cosenza e incentivando così nuova edificazione, anziché le operazioni più difficili di recupero della città antica. Dobbiamo dire queste verità ai cittadini, perché altrimenti si fa solo populismo e demagogia. Non abbiamo bacchette magiche per recuperare in due anni un patrimonio enorme con proprietà frammentate, né le risorse (occorrerebbero miliardi di euro) per espropriare e ristrutturare tutti gli edifici privati. Possiamo però invertire un processo e puntare a creare un’occasione di sviluppo per il futuro. Proprio per questo si opera sul recupero della proprietà pubblica e ci si sforza per incentivare l’interesse dei privati ad investire, riportando la vita e l’attrattività con tante manifestazioni ed eventi, con l’apertura di nuovi negozi, i “Temporary”, con i percorsi turistici di ScopriCosenza e le visite guidate, con il Lungofiume e con le luci artistiche, e ora con la Zona franca urbana e gli sgravi fiscali a chi esercisce attività nel centro storico. E, a breve, saranno estesi i benefici fiscali anche alla residenza nella città antica in modo da attrarre chi vuole venire qui ad abitare, riducendo le tasse comunali. Combattiamo contro il degrado e l’abbandono degli ultimi decenni, contro le cattive abitudini e la mancanza di senso civico diffuso (anche all’interno della macchina amministrativa comunale), contro la prepotenza, contro l’eccessiva burocrazia e purtroppo, in questo particolare periodo, anche e soprattutto contro la grave crisi economica del momento. Ma tutti gli sforzi saranno sempre vani se portati avanti senza le giuste sinergie. Qualsiasi cambiamento, qualsiasi nuovo processo (come per esempio la raccolta differenziata), qualsiasi periodo di transizione, qualsiasi lavoro in corso comporta dei disagi. Questa è una verità, e an-

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Auguri ai cosentini

che questa dobbiamo dirla si cittadini. Lo sa bene ad esempio Sua Eccellenza monsignor Nunnari, che in passato con grande lungimiranza ha intrapreso e seguito i lavori di restauro qui in Duomo per il presbiterio nuovo e per la Cappella della Madonna. Opere che a suo tempo comportarono grande fastidio ai presbiteri e agli stessi fedeli, ma che oggi hanno reso questo luogo più bello, più funzionale e più accogliente. Allo stesso modo vi dico che amministrare una città non vuol dire non fare nulla per non scontentare le persone. Al contrario, guidare un processo di trasformazione e gestione della cosa pubblica vuol dire perseguire il bene comune e guardare in prospettiva, avere una visione lungimirante per attivare un cambiamento che solo alla fine potrà mostrare i suoi effetti positivi. Perché l’obiettivo principale di tutti deve essere quello di lasciare la città più bella e ricca di risorse a chi verrà dopo di noi, in condizioni migliori di come l’abbiamo trovata, e in modo che offra più opportunità di lavoro e occupazione alle giovani generazioni. Ecco perché oggi come sindaco voglio cogliere questa occasione per chiamare a raccolta l’intera cittadinanza. Tutti siamo cittadini, tutti sullo stesso piano dei diritti e dei doveri verso il nostro amato territorio. Tutti dobbiamo essere lampade accese. Tutti, dunque, dobbiamo farci motore trainante dello sviluppo, ognuno per la propria parte. Il mio vuole essere un invito, ma anche proprio una richiesta di aiuto, un appello al senso di responsabilità. Un appello rivolto ai cittadini di Cosenza perché si sentano uniti, coesi almeno nel senso di appartenenza ad una comunità, ad una comune identità, all’amore per la propria città. Perché tutti contribuiscano alla soluzione dei problemi, aumentando la propria coscienza civica per mantenere la città più pulita e vivibile, con proposte e azioni concrete, anche con critiche soprattutto se costruttive, e ci aiutino a mettere in risalto le tante cose buone e belle che esistono e che ci sono nelle persone e nei luoghi della città e del centro storico, e non solo quelle negative. Come a volte avviene pure sui media recando danno all’immagine della città patrimonio comune, con la complicità di qualche cosentino che si presta a queste operazioni magari solo al fine di rincorrere un interesse esclusivo di parte. Un sindaco e un’amministrazione possono indirizzare e promuovere il progresso della comunità, ma è il cittadino ad attuare il vero cambiamento. Per troppo tempo la politica è stata come un parolaio che ha dispensato vane illusioni. Oggi, anche a causa del momento che attraversiamo, non può essere più asservita ad operazioni clientelari che negli anni hanno prodotto delusioni per promesse non mantenute e discriminazioni fra chi veniva beneficiato e chi no, e povertà e arretratezza per il territorio. Oggi l’unica forma di Welfare veramente giusto, che si è in grado di concepire e che ci interessa, è offrire delle opportunità a tutti, e nello stesso tempo tendere la mano alle persone effettivamente svantaggiate. Paga molto di più a questo fine, anziché privilegiare pochi eletti, realizzare, ad esempio, la ‘Zona franca urbana’ nel centro storico e dare possibilità di investimento e di crescita economica, o anche istituire un’area simbolica destinata all’iscrizione anagrafica dei cittadini “senza fissa dimora” per favorirne l’inclusione sociale risolvendo problemi legati finanche all’assistenza sanitaria. Sono tre le principali strade da percorrere: 1) Incentivare le “buone pratiche” urbane per quanto riguarda i servizi pubblici. 2) Promuovere e realizzare progetti di sviluppo e di investimento per rendere più ricco il territorio a favore delle prossime generazioni, abbandonando le vecchie logiche clientelari. 3) Costruire azioni di coesione e di rigenerazione sociale in modo che tutti i cittadini siano messi sullo stesso piano in termini di dignità e di diritti, e la comunità diventi più solidale. Detto tutto questo, non ci sottraiamo alle critiche, anzi. Non so se in città si stia facendo molto oppure poco, non sta a me dirlo né giudicarlo, ma so che ci si sta sforzando per operare un cambiamento che va nella direzione di una prospettiva di progresso civile. Come amministrazione non ci sentiamo in guerra con la cittadinanza. Perché lottiamo a favore dei suoi diritti. Ma è necessario, ripeto, che tutti collaborino scuotendo le coscienze. Confidiamo molto anche nei parroci, figure importantissime nella vita della città, e a loro mi rivolgo affinché ci supportino in questo

«Gli attacchi e le difficoltà che incontriamo e che troveremo ancora sul percorso intrapreso, cari concittadini, non ci spaventano A volte ci deprimono un po’ ma poi ci riprendiamo e andiamo avanti»

complicato percorso di crescita, coordinando gli sforzi, compartecipando per divenire costruttori di azioni che ci rendano orgogliosi di essere cosentini. Tutti uguali, Tutti cittadini. Chiediamo l’aiuto della Chiesa cosentina «perché solo se respiriamo la bellezza di Dio e siamo sostenuti dalla sua potenza possiamo portare frutti generosi di opere buone», come ha sottolineato s.e. monsignor Salvatore Nunnari, presidente della Conferenza episcopale calabra nella sua toccante e bellissima omelia pronunciata in occasione dell’importante Consiglio permanente della Cei. È mia intenzione chiedere infatti, con il permesso di Sua Eccellenza, la cortesia di creare un’occasione di incontro con i parroci della città finalizzato ad una riflessione sulle attività avviate dall’amministrazione e ad un’analisi delle problematiche esistenti sul territorio in modo da mettere in campo una comune strategia di azioni per perseguire possibili soluzioni atte a mitigare le tante situazioni di disagio e emarginazione sociale presenti. Gli attacchi e le difficoltà che incontriamo e che troveremo ancora sul percorso intrapreso, cari concittadini, non ci spaventano. A volte ci deprimono un po’ o ci scoraggiano perché siamo solo delle persone, ma poi ci riprendiamo e andiamo avanti. Il nostro comportamento resterà sempre comunque improntato alla massima apertura nei confronti di tutti, alla disponibilità e alla cortesia. La Madonna ci aiuti a mantenere la calma, e ci dia la forza per continuare su questa strada. Viva la Madonna del Pilerio. Auguri a Cosenza e a tutti noi cosentini. Mario Occhiuto sindaco di Cosenza


sabato 15 febbraio 2014

Auguri ai cosentini Omelia di Salvatore Nunnari della celebrazione eucaristica che si è tenuta in Cattedrale Senso religioso da recuperare per i giovani

Testimonianza cristiana fra la gente

per esempio, si svolgono ormai fuori da essa. Mi sembra per ciò provvidenziale l’istituzione degli oratori parrocchiali che in questi ultimi anni ritornano ad essere una proposta seria e concreta, che dove sono sorti continuino a dare buoni frutti.

Eccellenza, carissimi presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, miei cari seminaristi, fratelli e sorelle amati dal Signore, autorità civili e militari. Ringrazio Lei, onorevole signor sindaco, per il dono votivo del cero, segno della filiale devozione di Cosenza alla Celeste Patrona ed anche per il messaggio che da questo vetusto tempio, cuore della nostra città, ha voluto rivolgere a noi tutti figli di questo territorio. Un richiamo forte a tutti e a ciascuno a sentirci responsabili della crescita umana e solidale della nostra città. Accolga il mio incoraggiamento per il suo quotidiano impegno assieme alla sua giunta ma anche il mio doveroso invito nell’individuare e operare alcune scelte indispensabili per dare una svolta alle situazioni della nostra Cosenza, assumendo come metro di valutazione dei programmi, delle scelte e delle azioni, la capacità di rovesciare la piramide, cioè il guardare le cose dal punto di vista di chi sta in basso nella scala sociale. In questo tempo di crisi capisco bene che ciò costituisce passione e tormento per voi amministratori che non avendo sempre i mezzi e gli strumenti necessari per operare, mettete però la buona volontà per non trascurare ciò che è possibile condividendo con i poveri, gli ultimi e gli emarginati vicinanza e solidarietà. Fratelli e sorelle in Cristo, dal discorso del signor sindaco dobbiamo sentirci provocati a vivere la nostra testimonianza cristiana fra la gente «per farci carico di tutti i problemi umani che accompagnano la vita di un popolo, per assicurare il contributo che la chiesa può e deve dare» (C.C.C. 44). Parto da una premessa che assumo da un passo della lettera agli Ebrei: (13, 12 - 13) «Per santificare il Popolo con il suo sangue Cristo patì fuori dalla porta della Città. Usciamo dunque verso di Lui fuori dall’accampamento». Se per attuare la salvezza Cristo ha dovuto patire «fuori le mura della città, per continuare la sua missione evangelizzatrice, la chiesa è chiamata a uscire fuori dall’accampamento». Sta qui il punto di partenza e di fondazione non soltanto sociologica ma teologica, dell’apertura delle nostre parrocchie al territorio. Si corre altrimenti il rischio di trasformarle in “tenda” nella quale ci si rassicura, ma nello stesso tempo ci si rinchiude mentre compito e responsabilità del cristiano è “andare fuori della porta della città” entrando in relazione con gli uomini, la dove concretamente essi si trovano, cioè i luoghi della quotidianità, come ci è stato indicato dal Convegno di Verona. Guardando la realtà odierna delle nostre parrocchie, in particolare qui a Cosenza, non possiamo privilegiare e assolutizzare l’attuale modello. Parlando di parrocchia intendo fare riferimento non tanto a una istituzione giuridica, quanto a una realtà vitale all’interno della quale si possa realmente porre il rapporto tra cristiani e società, al di là di un’azione di pura sacramentalizzazione. Un rapporto problematico è come realizzare l’apertura delle nostre parrocchie al territorio. Ciò non è semplice né facile, intanto perché la parrocchia vive oggi una crisi d’identità, sia per il numero di presbiteri e religiosi, sia per effetto dei mutamenti culturali in atto. Non è difficile cogliere un certo disagio nel suo modo di porsi nei confronti del territorio. È avvertita una marginalità della presenza cristiana e ciò crea un primo aspetto di tale disagio. Ciò che nel passato era apparso centrale, oggi appare periferico, gli stessi presbiteri che erano punto di riferimento della società sono oggi una delle tante presenze, tutto ciò che nella parrocchia trovava un proprio luogo, dallo sport al teatro

Soprattutto il messaggio cristiano, accolto o non accolto, non è più l’unica proposta di senso agli uomini di oggi ma soltanto una delle tante proposte in una società pluralista a più influenze culturali, filosofiche e religiose. C’è il pericolo di difendersi arroccandosi in se stessi. Sentirsi aggrediti e rinserrare le fila, farsi prendere dalla sindrome di considerare amici “chi è dentro” e nemici “chi è fuori”. Per associazioni e movimenti cattolici il pericolo può diventare più grave se dentro questi movimenti ci si considera dei privilegiati rispetto ai cristiani comuni. Ho salutato il questi giorni il nuovo consiglio diocesano di Azione cattolica eletto dall’assemblea dei soci, nominando il nuovo presidente presentatomi in una terna di nomi nella persona del professor Giuseppe Schiumerini. Nella lettera loro inviata ho chiesto «di essere nelle nostre parrocchie una proposta concreta e visibile attraverso il cammino formativo, lo stile di servizio e di testimonianza». È quello che raccomando a tutti gli altri movimenti ecclesiali in comunione piena con il vescovo così come il papa Francesco ha raccomandato nell’incontro del 1° febbraio al cammino neocatecumenale.

Per parrocchia intendo fare riferimento non tanto a una istituzione giuridica, quanto a una realtà vitale all’interno della quale si possa realmente porre il rapporto tra cristiani e società al di là di un’azione di pura sacramentalizzazione

Fratelli e sorelle, sento oggi, nella solennità della celebrazione del patrocinio di Nostra Signora del Pilerio, di dover affidare a Lei questi nostri problemi e la nostra speranza di poter attuare quanto il Signore ci chiede nell’oggi della nostra storia. In questo anno pastorale a Lei dedicato le chiediamo di essere nostra guida e maestra nel nostro impegno a rinnovare il progetto pastorale di presenza sul territorio e di vicinanza agli uomini attuando così l’antico sogno di don Mazzolari: «Nella parrocchia la Chiesa fa casa con l’uomo». È lei che ci da la cifra del suo agire nell’evento dell’Incarnazione quando la Parola di Dio riempie il suo cuore e feconda il suo grembo. Il suo “sì” a Dio, la piena disponibilità al suo progetto, non la distoglie dalla preoccupazione della notizia appena ricevuta che sua cugina Elisabetta «è già al sesto mese della sua gravidanza». La ritroviamo in fretta sulla strada, in cammino, sospinta dall’urgenza dell’amore, «caritas Christi urget nos», direbbe San Paolo, affrontando la difficoltà del cammino, la montagna non fa da barriera al suo proposito. Nulla e nessuno la trattiene: lascia la serenità della povera casa di Nazareth, dove la contemplazione del mistero appena annunciato doveva essere celebrato nel silenzio, c’è un servizio da rendere, un annuncio di gioia da portare, una grazia da comunicare un canto di lode da elevare al Signore per le grandi cose che ha operato. Maria icona della fede diventa per noi la stella dell’evangelizzazione, il segno luminoso della carità. Sulla strada come lei, cari fratelli e sorelle sospinti dall’urgenza dell’amore. La strada, ricordiamocelo, può essere per noi un luogo privilegiato dell’incontro, soprattutto inatteso, con gli uomini della distanza ma non del rifiuto preconcetto. Attendono da noi credenti di sapere che Dio centra nella vita, non è lontano e indifferente, non è nemico oscuro della gioia ma ne è la perenne sorgente, non è concorrente geloso della libertà ma ne è la più sicura garanzia, che Egli è dalla parte dell’uomo e che nulla è più stupefacente di un’esistenza comune e di un cuore semplice che vive con Lui. Ma se Dio c’entra con la vita diciamo allora che ognuno c’entra con la vita degli altri. E questo capovolge i rapporti, il modo di guardarci, di stare insieme, superando ogni forma di intolleranza e permettendo di accogliere fratelli e sorelle che per disperazione approdano sui nostri lidi e sul nostro territorio, col desiderio di trovare una integrazione rispettosa e serena. E questo sarà il modo più bello di onorare e celebrare la madre, di dare un senso vero alla nostra processione e alla nostra festa. Maria cammina con noi, sentendoci figli suoi e fratelli e sorelle in cammino con Lei verso la casa comune del Padre. monsignor Salvatore Nunnari arcivescovo metropolita Diocesi Cosenza-Bisignano

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Il viaggio ecologico

Arriva il Trenoverde Campagna di Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato italiane Città più smart, sostenibili, a misura di cittadino, ma soprattutto libere dallo smog. È la sfida che lancia il Treno verde 2014, la campagna di Legambiente e gruppo Ferrovie dello Stato italiane dedicata al rilevamento dell’inquinamento atmosferico e acustico e pensata per informare, sensibilizzare e promuovere tra i cittadini le buone pratiche per una mobilità sostenibile e per l’abbattimento delle polveri inquinanti. Soprattutto le polveri sottili (Pm10) continuano, infatti, a soffocare i nostri centri urbani rendendo l’aria irrespirabile e mettendo a serio rischio la salute dei cittadini. Nel 2013 su 91 città monitorate da Legambiente, 43 hanno registrato valori di Pm10 superiori ai limiti di legge. Ma anche il 2014 non sembra andare meglio. A soli due mesi dall’inizio dell’anno, in alcune città italiane monitorate da Legambiente si sono già registrati oltre 20 giorni di superamento (sui primi 36 giorni dell’anno) e tra i capoluoghi di regione sono sette le città che hanno superato già per oltre dieci giorni il limite medio giornaliero stabilito dalla legge per il Pm10. Dati che indicano la necessità di imprimere un cambiamento decisivo che metta al centro la rigenerazione e riqualificazione urbana, dove il trasporto urbano non sia più incentrato sull’utilizzo del mezzo privato ma sulla mobilità pubblica sostenibile con mezzi a basso impatto ambientale. Temi che saranno affrontati in questa 26esima edizione dal Treno verde 2014, in partenza dalla capitale. Fino al 27 marzo il convoglio ambientalista farà tappa in 11 città: partirà da Palermo per poi proseguire il suo viaggio a Cosenza, Potenza, Caserta, Roma (Termini), Pescara, Ancona. E ancora a Verona, a Milano, Varese per poi concludere la sua campagna a Torino il 25, 26 e 27 marzo. Durante le tappe il Treno verde, grazie alla mostra interattiva ospitata a bordo delle sue quattro carrozze, incontrerà studenti, cittadini e amministrazioni per promuovere la qualità dei territori, l’innovazione nei centri urbani e l’attenzione negli stili di vita. «Le nostre città devono tornare a respirare, ad essere più verdi, ad avere uno sviluppo in sintonia con l’ambiente, essere a dimensione umana e di bambino. Città che siano fucine di innovazione. Ripensare i centri urbani, migliorare la qualità di vita e dell’aria significa prima di tutto ripartire dal trasporto pubblico, che si conferma essere un passaggio strategico per il cambiamento dei nostri centri urbani. Eppure il nostro Paese fatica ad intraprendere questa importante e necessaria strada: il 2013, sancito dalla comunità europea come “anno dell’aria”, doveva essere l’anno per affrontare seriamente il problema dell’inquinamento atmosferico ma, invece, si è fatto davvero poco. Continuiamo ad accumulare ritardo nella competizione con la qualità della vita delle città europee. È dunque urgente intraprendere azioni efficaci e interventi mirati per risolvere il problema dell’inquinamento atmosferico in tutta la Penisola, destinando più fondi e incentivi al trasporto pubblico locale e all’ammodernamento della rete ferroviaria, invece, che per la realizzazione di faraoniche e talvolta inutili e superflue opere autostradali». «Il nostro sostegno alla campagna del Treno verde diventa ogni anno sempre più convinto - ha dichiarato Mauro Moretti, amministratore delegato del gruppo Fs italiane - perché tutti i dati e i riscontri oggettivi confermano che la ferrovia è sempre più il fulcro irrinunciabile di una mobilità pubblica moderna e sostenibile. Guardiamo, ad esempio, al sistema delle Frecce, alla crescita esponenziale di viaggiatori registrata in pochi anni. Stiamo dimostrando che, laddove ci è data possibilità di esprimere in pieno le nostre capacità e potenzialità, i benefici per l’ambiente, per l’economia e per il turismo, sono incomparabili. Nel 2013 i 42 milioni di passeggeri che hanno preferito le Frecce all’auto privata o all’aereo hanno consentito di abbattere di oltre un milione di tonnellate le emissioni di CO2 nell’ambiente. E l’effetto positivo si dilata nelle città, grazie alle sinergie che stiamo incentivando con mezzi di trasporto privato, condiviso e pubblico a basso impatto ambientale». Compagno di viaggio del Treno verde, come nelle precedenti edizioni, sarà il “Laboratorio mobile Qualità dell’aria” di Italcertifer, che in ogni città rileverà i dati relativi all’inquinamento acustico e alla qualità dell’aria. Oltre ai valori del Pm10, saranno raccolte informazioni sulle concentrazioni nell’aria di benzene, biossido di azo-

Partito il convoglio ambientalista per monitorare inquinamento atmosferico e acustico, promuovere una mobilità sostenibile con una mostra didattica e interattiva all’interno delle quattro carrozze, a Cosenza il 19, 20 e 21 febbraio

to, monossido di carbonio, biossido di zolfo e ozono. E quest’anno verrà monitorato anche il Pm2,5 con l’obiettivo di tenere alta l’attenzione anche sulla frazione di polveri più dannose per la salute e di pretendere che a livello europeo e nazionale siano adottati valori limite più stringenti e maggiormente, idonei a tutelare la salute dei cittadini, fissando valori giornalieri o più a breve termine oltre il valore obiettivo come media annua attualmente vigente. Con l’entrata in vigore del Decreto legislativo 155/2010 le città sono obbligate a monitorare anche la porzione più fine delle polveri, il Pm2,5. Nel 2012, su 63 città monitorate, 17 hanno raggiunto o superato la concentrazione media annua prevista di 25 µg/m3. Cremona in testa con 37 µg/m3, seguita da Monza (34 µg/m3) e Torino (33 µg/m3). Cuore centrale del convoglio ambientalista sarà la mostra didattica e interattiva allestita all’interno delle quattro carrozze, dove è stata realizzata una smart city. La mostra, dedicata alla mobilità, alla vita urbana e al vivere in maniera sostenibile, sarà aperta dalle 8,30 alle 13,30 per le classi prenotate e dalle 16,00 alle 19,00 per il pubblico. L’ingresso è gratuito. La prima carrozza è dedicata al tema della “mobilità sostenibile”: dal trasporto su ferro alla mobilità elettrica, dall’urbanistica all’intermodalità, passando per le zone a traffico limitato, le piste ciclabili e le zone 30 il visitatore farà un percorso che gli permetterà di capire quali scelte devono essere prese dalle città e dai cittadini per dire no allo smog, per aprire le porte alla libertà di muoversi in maniera veloce e a basse emissioni. Alla “città” è dedicata la seconda carrozza all’interno della quale l’allestimento è stato pensato per raccontare un’urbanistica che risponde alle esigenze dei cittadini e dell’ambiente. Energia pulita e integrata, analisi del ciclo di vita, difesa del suolo e prevenzione del rischio idrogeologico e sismico, edifici sicuri ed efficienti. Tema centrale della terza carrozza sono gli “stili di vita”: in questo vagone saranno dati tanti piccoli accorgimenti per essere cittadini attenti e più smart. Ad esempio verrà spiegato come isolare l’abitazione per renderla efficiente, come fare una spesa sostenibile, come tenere sotto controllo i consumi domestici e, soprattutto, come differenziare, riciclare i rifiuti. Infine la quarta carrozza del Treno verde è un vero e proprio “parco urbano”, perché la città secondo Legambiente è più verde e con spazi pubblici attrezzati che consentono di passare il tempo libero


sabato 15 febbraio 2014

Il viaggio ecologico

fronto tra le città perché le Regioni scelgono modalità diverse nella comunicazione dei dati e nel conteggio dei superamenti. La centralina peggiore sicuramente non è indicativa della qualità media dell’aria di tutto il perimetro urbano, ma riporta la situazione più critica di cui gli amministratori locali e gli abitanti devono essere a conoscenza e di cui devono tenere conto.

Le tappe del Treno Verde 2014 La mostra è aperta dalle 8,30 alle 13,30 per le classi prenotate e dale non solo, respirando aria pulita o coltivando orti, riappropriandosi di tutti quegli spazi verdi spesso lasciati all’incuria e all’abbandono. “Pm10 ti tengo d’occhio”: la classifica di Legambiente dei capoluoghi di provincia che hanno superato la soglia limite di polveri sottili in un anno; il Dlgs 155/2010 prevede un numero massimo di 35 giorni/anno con concentrazioni superiori a 50 µg/m3. Anche per il 2013 delinea un quadro critico per quanto riguarda la qualità dell’aria nei principali centri urbani. Nel redigere questa classifica si è presa come riferimento la centralina peggiore (ovvero che ha registrato il maggior numero di superamenti nel corso dell’anno) presente nella città, a partire dai dati disponibili sui siti delle Regioni, delle Arpa e delle Provincie. È stato scelto questo criterio per il con-

Ufficio stampa Legambiente: 06.86268353-76-99 Ufficio stampa Fs italiane: 06.44105355 - 5929 - 5648 - 6042

le 16,00 alle 19,00 per il pubblico. La domenica (i giorni segnati con l’asterisco) la mostra è visitabile dalle 10,00 alle 13,00. L’ingresso è gratuito. Palermo - 13, 14, 15, 16* febbraio Cosenza stazione FfSs Vaglio Lise - 19, 20, 21 febbraio Potenza - 24, 25, 26 febbraio Caserta - 28, 1, 2* marzo Roma (Termini) - 4, 5, 6 marzo Pescara - 8, 9*, 10 marzo Ancona - 12, 13 marzo Verona (Porta Vescovo) - 15, 16*, 17, 18 marzo Milano (Porta Garibaldi) - 20 marzo Varese - 21, 22, 23* marzo Torino (Porta Nuova) - 25, 26, 27 marzo Il Treno verde è una campagna di Legambiente e Ferrovie dello Stato Italiane, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare. Si ringraziano il Museo “A come Ambiente” di Torino per le installazioni interattive e l’Accademia delle Arti e Nuove tecnologie di Roma (Corso di Interior and Industrial design / AAntFactory) per aver progettato la mostra del Treno Verde 2014.

Pm10, ti tengo d’occhio Capoluogo di Provincia (centralina peggiore) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

Torino (Grassi) Napoli (Ente Ferrovie) Frosinone (scalo) Alessandria (D'Annunzio) Salerno (Scuola Pastena Monte) Benevento (Via Floria) Vercelli (Gastaldi) Trieste (Mezzo Mobile - staz. RFI) Milano (Senato) Brescia (Villaggio Sereno) Parma (Montebello) Asti (Baussano) Verona (Corso Milano) Vicenza (Quartiere Italia) Monza (via Machiavelli) Pavia (Piazza Minerva) Venezia (Via Beccaria) Cremona (P.zza Cadorna) Lodi (Viale Vignati) Treviso (Via Lancieri di Novara) Bergamo (via Garibaldi) Padova (Mandria)

Giorni di superamento nel 2013 126 120 112 92 90 89 86 85 81 80 80 79 79 78 76 76 74 72 72 70 69 69

Capoluogo di Provincia (centralina peggiore) 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34

Rimini (Flaminia) Mantova (Via Ariosto) Rovigo (Centro) Terni (Le Grazie) Novara (Roma) Sondrio (Via Paribelli) Bologna (Porta San Felice) Reggio Emilia (V.le Timavo) Como (V.le Cattaneo) Avellino (Ospedale Moscati) Ferrara (Isonzo) Modena (Giardini) Ravenna (Caorle) Firenze (Mosse) Piacenza (Giordani - Farnese) Biella (Lamarmora) Varese (Via Copelli) Roma (Tiburtina) - (C.so Francia) Lucca (Micheletto) Pescara - (Via Sacco) - (Viale Bovio) Prato (Po - Ferrucci)

Giorni di superamento nel 2013 68 67 65 63 60 59 57 56 52 52 51 51 48 46 43 43 42 41 41 39 37

Fonte: elaborazione Legambiente su dati Arpa o Regioni

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sabato 15 febbraio 2014

Passeggiata nella Storia L’ultima fatica letteraria di Tommaso Cariati nato a Longobucco

Un calabrese alla riscoperta dell’Italia di Franco Tarsitano

Nel romanzo I Fratelli Rupe di Leonida Repaci si trova scritto: «Esser nati in Calabria è un grande privilegio ed anche un grande ostacolo». Certamente, per Tommaso Cariati, l’esser nato in Calabria, precisamente a Longobucco, in provincia di Cosenza, è stato un grande privilegio; ciò, infatti, gli ha permesso innanzi tutto di respirare, fino ad impregnarsene profondamente, quella cultura che fiorì, in una varietà di forme significative, al tempo della colonizzazione greca nell’Italia meridionale; gli ha affinato la sensibilità e la capacità di recepire ed interpretare razionalmente e con disincanto, alla luce delle vicende storiche che hanno segnato la storia della Calabria, ed in genere di tutta l’Italia meridionale, i problemi, soprattutto quelli attuali, che ci attanagliano; gli ha inoculato la consapevolezza che la vera nobiltà e dignità dell’uomo risiede essenzialmente nella sua ferma volontà di scrollarsi di dosso i gravami ed i limiti che sono il retaggio di un maligno processo storico e che coinvolgono inevitabilmente la vita degli individui, per costruirsi e forgiarsi la propria vita con le proprie mani e con la propria fatica sì da assurgere a risultati degni della più alta ammirazione. E questo ha fatto Cariati che, attraverso un percorso personale di molteplici, feconde vive esperienze e di impegno indefesso, ha raggiunto traguardi, non secondari certamente quelli letterari, che gli meritano la stima generale. La sua ultima fatica letteraria, Viaggio nelle regioni d’Italia (Rubbettino editore), è un libro di grande spessore culturale in cui l’autore offre un variegato panorama geografico che si fonde con la storia d’Italia rivisitata, rivissuta e riassunta nei momenti e motivi peculiari che l’hanno improntata. Si sente in esso, oltre che l’attento e poliedrico studioso, soprattutto l’uomo che fa palpitare della sua umanità la pagina descrittiva; il cittadino che, fuori dai banali campanilismi, estende l’amore della sua terra natale a tutta l’Italia, come se essa gli appartenesse nel suo ricco patrimonio naturale, culturale, artistico, umano. Al libro molto conferisce la limpidezza e incisività di scrittura che trovano la piena esplicazione in un linguaggio lineare che agevola l’assimilazione conoscitiva delle tappe di un itinerario (Pino Caminiti l’ha definito, da par suo, un’anabasi, con un termine suggestivo che riecheggia ben altro drammatico tipo di viaggio), che in definitiva si configura come un itinerario spirituale in cui Cariati riversa una cultura rielaborata in maniera del tutto personale sia per il suo profondo sentire; sia per le istanze religiose cui si conforma la sua vita; sia per quelle fondamentali esperienze di studio e di vita che hanno temprato il suo spirito e hanno ampliato gli orizzonti della sua anima; sia per quell’equilibrio interiore che è la cifra evidente della sua personalità e che porta lo stigma di una modestia e umiltà d’atteggiamento che, in tempi di tendenze al facile protagonismo, suona quasi come una nota obsoleta. Equilibrio che si trasfonde e governa un genus scribendi composto e misurato preservandolo da lenocini e sbavature retoriche, soprattutto quando l’autore riassume i suoi pertinenti giudizi in notazioni dalla densità sentenziosa ed epigrammatica che non hanno alcunché di moraleggiante ma che si rapportano a una realtà effettuale che egli coglie, scruta e valuta con sereno e limpido occhio critico. La sua è, insomma, una prosa fluida e scorrevole sulle cui onde viaggiano ed aleggiano memorie ed emozioni, affiorano suggestioni, si disegnano, anche se appena abbozzati, ritratti di figure note e di figure umili e misconosciute, ma non per questo meno vere, che ci richiamano a quella dimensione semplice ed immediata del vivere che è stata ed è di molta gente di Calabria. Le onde lievi e lisce della sua prosa sembrano di tanto in tanto incresparsi all’alitare di considerazioni la cui carica amara l’autore riesce ad imbrigliare dentro di sé proprio per quel senso di misura che gli appartiene e che smorza ogni piglio fortemente risentito e polemico, come quando nelle pagine sulla sua e nostra Calabria, nel far balenare dinanzi ai nostri occhi le desolate immagini di paesi spopolati e abbandonati a causa dell’emigrazione, fissa e riassume i guasti irreparabili di questa

“Viaggio nelle regioni d’Italia” (Rubbettino editore) è un libro di grande spessore culturale in cui l’autore con sorprendente competenza offre un variegato panorama geografico che si fonde armonicamente con la Storia d’Italia

piaga in una climax che risuona di accenti inquietanti proprio per la valenza semantica dei termini utilizzati: «l’emigrazione ha scerpato, sradicato, snaturato»; e, ancor subito dopo, nel richiamarsi a quanto scrive sulle esperienze degli emigrati Vincenzo Bonazza (appartato intellettuale fagnanese ma di forte tempra morale e cultore ed esponente di rilievo di una letteratura in dialetto che gli ha meritato l’attenzione di W. Pedullà), sottolinea, con profondo acume sociologico, come «la lingua in terra d’emigrazione sia il primo indicatore dello smottamento personale e sociale» e, cosa ancor più amara e preoccupante, come «questa lingua disgregata segnali una pericolosa disgregazione dell’anima dell’emigrante». Nel variegato canovaccio del suo viaggio l’autore, con sapiente dosaggio, intesse molteplici fili di riferimenti e richiami ad autori che popolano il mondo della letteratura, e non solo quello, frutto di letture meditate che spaziano in ogni dove e che non hanno certamente funzione di orpelli esornativi ma valgono a suffragare con la loro autorevolezza quanto all’autore preme ribadire. Non so fino a che punto Tommaso Cariati possa condividere il giudizio di Claudio Magris, il più mitteleuropeo dei nostri scrittori, autore di Danubio e microcosmi, a mio giudizio, due capolavori del genere “odoporeutico”: «Viaggiare è una perdente guerriglia contro l’oblio, un cammino di retroguardia». Cariati sa, e ce lo trasmette con le sue pagine percorse da mille emozioni, che il suo viaggiare non è un’operazione perdente contro l’oblio, perché egli è fortemente animato dalla speranza-certezza di contribuire a tener desta col suo pregevole lavoro la memoria di questa nostra Italia che si meritò pure l’appellativo di “giardino dell’Impero” per il suo caleidoscopio di bellezze palesi e segrete; sa pure che il suo è un cammino di retroguardia, a patto che il termine “retroguardia” connoti e riassorba in sé qualità come l’attenzione, la circospezione, la ponderatezza, la lentezza di passo propria di chi procede tutto osservando, tutto annotando, tutto depositando negli abitacoli dell’anima e della memoria. Il libro di Cariati è insomma un viatico da raccomandare soprattutto a chi vuole conoscere Tommaso Cariati nella sua dimensione di “uomo integrale”, come l’ha giudicato Pino Caminiti con aderenza al vero; è da raccomandare altresì a chi in esso vuole trovare inverato un giudizio di Leonardo Sciascia (un autore che Cariati mostra di ben conoscere e prediligere), secondo cui un libro può assolvere diverse funzioni: può servire a mantenere in equilibrio un tavolino traballante, può essere usato come arma di getto contro chi ti viene a distrarre molestamente dai propri studi ecc. Ma se lo apri e lo leggi, tutto un universo si dispiega e si spalanca in esso. È quanto avviene appunto con Viaggio nelle regione d’Italia di Tommaso Cariati.


sabato 15 febbraio 2014

In questo delicato settore Arriva un brevetto dall'Università della Calabria per stabilire la qualità dell'olio d'oliva

Per gli imbroglioni non fila più liscio... Tempi duri per imbroglioni e arruffoni, avvezzi alle speculazioni e indifferenti alle conseguenze che il loro modo di fare può avere sulla salute dei cittadini. Una tecnica innovativa, messa a punto nei laboratori di Chimica dell’Università della Calabria, d’ora in avanti consentirà infatti di stabilire con precisione assoluta la freschezza dell’olio d’oliva. Senza più ombre o dubbi di sorta in questo delicato settore merceologico. È l’importante risultato al quale sono giunti i ricercatori Giuseppina De Luca e Loredana Maiuolo, insieme al professor Giovanni Sindona, direttore del dipartimento di Chimica di Arcavacata, che hanno depositato un brevetto, basato sulla metodologia della risonanza magnetica. Si tratta di una novità assoluta nel panorama delle attività e delle iniziative, non solo di tipo scientifico, finalizzate ad assicurare la migliore qualità di prodotti, come appunto l’olio d’oliva, che hanno un larghissimo uso quotidiano. E che ogni giorno riguardano milioni di persone, con ripercussioni significative non solo sulle loro buone abitudini culinarie ma, come si diceva, sulla loro stessa salute. Nota per le sue mirabili applicazioni nella diagnostica medica, la risonanza magnetica si è rivelata uno strumento fondamentale di indagine a livello molecolare. Introdotta in Calabria dal compianto proessor Pietro Bucci, indimenticato docente di Chimica e rettore dell’Unical, è stata portata avanti dalla sua scuola, rappresentata in questo brevetto da Giuseppina De Luca, mentre Loredana Maiuolo ha fornito gli strumenti chimici per funzionalizzare opportunamente le molecole, contenute nell’olio e sottoposte ad esame. Il brevetto in questione interpreta in maniera efficace e puntuale un disciplinare relativo all’alta qualità dell’olio extra vergine d’oliva, contenuto nel decreto ministeriale del novembre 2012, che definisce l’indice di invecchiamento di un olio in funzione del rapporto 1,2-, 1,3-gliceridi che può variare dal un minimo del 70%, per oli prodotti nel periodo novembre-marzo, al 50% per quelli prodotti nel periodo agosto-ottobre. È appena il caso di ricordare che l’unità di ricerca dell’Unical aveva già da tempo pubblicato su riviste internazionali un criterio per tracciare l’origine del prodotto basata sulla identificazione e dosaggio di quei microelementi presenti nell’olio che lo riconducono alla terra dove è coltivato. Questo significa che è possibile fornire un servizio a quei produttori onesti che al di la di ogni dubbio, e non facendo riferimento ad aleatorie prove organolettiche, vogliono certificata in maniera scientificamente valida l’origine del loro prodotto. Quest’ ultima metodologia è legata all’impiego della spettrometria di massa, un fiore all’occhiello del dipartimento di chimica e tecnologie chimiche. La stessa metodologia, opportunamente implementata, è ormai di routine impiegata per la certificazione dell’olio extra vergine d’oliva secondo le nuove direttive europee. Grazie ad essa, infatti, è possibile determinare con notevole precisione il contenuto degli antiossidanti e degli antiinfiammatori presenti nell’olio, che rappresentano marcatori della qualità e della salubrità del prodotto. Infine, utilizzando metodi che fanno parte del bagaglio culturale dei chimici a livello internazionale, è possibile descrivere la tipologia e la quantità relativa di trigliceridi contenuti nell’olio, non già quella di nessun valore dietetico e salutistico legata alla determinazione dei singoli acidi grassi. Metodologie peraltro ampiamente collaudate dall’ateneo di Arcavacata anche oltre i confini nazionali, come conferma, tra l’altro, la permanenza, su invito, del professor Marcello Longeri nell’università cinese di Nankino per insegnare risonanza magnetica. Un apporto scientifico basato sulle applicazioni chimico-farmaceutiche, agroalimentari e biomediche e sull’attività scientifica prodotta dal dipartimento di Chimica dell’Unical in questo settore. Un importante risultato, dunque, il brevetto che De Luca, Maiuolo e Sindona, destinato a incidere profondamente su un settore che troppo spesso ha attirato le critiche degli osservatori e, non di meno, dei media.

Tecnica innovativa messa a punto nei laboratori di Chimica dell’Unical che consentirà di stabilire la freschezza dell’olio d’oliva. Senza più ombre o dubbi di sorta Le firme sono di De Luca, Maiuolo e Sindona

Non poteva esserci migliore risposta, a questo proposito, alle vignette pubblicate il 25 gennaio scorso da Nicholas Blechman sul New York Times, a corredo dell’articolo intitolato “Extra virgin suicide” - cioè l’adulterazione dell’olio extravergine italiano - che hanno fortemente danneggiato l’immagine dell’olio d’oliva italiano a livello mondiale. Ma un significativo segnale è auspicabile venga dato anche alla realtà italiana, che vede nei supermercati la vendita di oli extravergini, inseriti nelle catene di distribuzione da grandi aziende, a meno di 3 euro al chilo! È da augurarsi anche una diversa reazione dei produttori calabresi, anche se è riscontrabile un notevole fermento specialmente tra le piccole e medie aziende del settore che hanno espresso la volontà di collaborare con l’Università della Calabria per produrre oli di qualità certificati secondo le nuove normative europei. Operazione, va ricordato, nella quale il laboratorio Quasiora, del dipartimento di Chimica dell’Unical - istituito su fondi europei dalla regione Calabria, con il contributo scientifico ed economico di diverse istituzioni di ricerca tra le quali lo stesso ateneo di Arcavacata - è leader nel mondo. La risposta da dare a Nicholas Blechman, dunque, non è quella di continuare a costruire cattedrali nel deserto affidando a operatori con scarsa cultura scientifica la soluzione dei problemi. Ma è quella, a livello regionale, di incentivare nuove iniziative volte a ridare fiducia ai nostri produttori ed a livello nazionale di convincere il legislatore, che esce malconcio dai commenti del giornalista del New York Times, ad instaurare rapporti di vicinanza con la scienza e modificare in termini moderni sia i disciplinari che le direttive da utilizzare, in questo caso nella produzione di olio di qualità, per far uscire le aziende italiane dal buio dove si sono cacciate.

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sabato 15 febbraio 2014

Sorrisi e mugugni Fantomatica lista civica “21 luglio” scende in campo nel centro tirrenico «Un pericoloso e becero scherzo» di Francesco Fotia

Curioso episodio quello accaduto ad Amantea, sulla costa tirrenica cosentina, lo scorso 8 febbraio. I cittadini del comune, in estate tra i più frequentati della zona, uscendo presto di casa al mattino per recarsi sul posto di lavoro o per portare i propri figli a scuola, hanno trovato una sorpresa particolare ad attenderli nelle vicinanze di molte edicole locali. Una locandina, apposta di fianco quelle che riportavano le prime pagine dei maggiori quotidiani locali, diceva: “Speciale elezioni Amantea, anche la lista 21 luglio scende in campo. Finalmente è l’ora della svolta”. Il titolo era pubblicato sotto il nome dell’inesistente testata Tribuna Sud Quotidiano d’informazione alternativa. E se a primo impatto l’inganno può essere sfuggito a qualcuno, c’è chi non ha impiegato troppo tempo a capire di trovarsi di fronte ad una inconsueta presa in giro. Sì perché ad Amantea il 21 luglio è il cosiddetto “jùornu di’ ciuoti”, il giorno dei pazzi, un tempo giornata goliardica che qualcuno, in paese, amava festeggiare.

La lista dei “ciùoti” di Amantea La trovata però non ha lasciato indifferente diversi cittadini di Amantea, così come non pochi uomini delle istituzioni locali. Fra questi, Gianfranco Suriano, consigliere comunale e portavoce dell’Udc di Amantea, che ha prodotto esposto alla Procura della Repubblica in merito all’accaduto. «Lo scherzo, - ha osservato Suriano - sebbene all’apparenza innocuo, è in realtà di pessimo gusto, e lesivo della reputazione di Amantea; questo per diverse ragioni. Danneggia infatti il diritto dei cittadini tutti ad avere una corretta e trasparente informazione, un elemento imprescindibile nella società contemporanea, anche per il raccordo fra istituzioni e cittadini, per essere così bassamente svalutata. Lede, inoltre, l’immagine degli amministratori locali, dei partiti politici, dei movimenti, di tutti quei cittadini che si interessano della “cosa pubblica”, lavorando a fianco alle istituzioni, e contribuendo ad animare, in modo sano, il dibattito politico, con le proprie proposte e le proprie idee. Negli scorsi anni - ha proseguito il consigliere - la nostra cittadina ha subìto già dei duri colpi: penso alla questione della nave dei veleni e all’inquinamento del fiume Oliva; penso, ancora, allo scioglimento, a mio avviso ingiusto, del Consiglio comunale. Il messaggio che un fatto del genere vuol fare passare è che è possibile tentare di distruggere il lavoro di quanti sono impegnati a costruire una proposta politica e amministrativa sostenibile per la città, quindi per il bene comune. È ingiusto - ha proseguito - che la rispettabilità di una cittadina fatta di donne e di uomini laboriosi, con forte coscienza civica, venga messa in di-

Uno scorcio di Amantea Sopra la falsa locandina comparsa nelle vicinanze delle edicole

Il consigliere comunale Gianfranco Suriano mette in guardia da derive disfattiste In quella data infatti si “celebra” il goliardico “giorno dei pazzi”...

scussione da una evidente minoranza. Il dibattito politico ed amministrativo ad Amantea non può essere ridotto a barzelletta. Si tratta, invece, di programmare seri interventi per lo sviluppo del comprensorio tutto, specie in una fase di recessione economica, di crisi occupazionale e, purtroppo, anche valoriale, come già molti osservatori della politica e della società hanno avuto modo di affermare a livello nazionale. Credo - ha chiosato Suriano - che se il fatto fosse ascrivibile a una stupida trovata sarebbe certamente condannabile, ma che sarebbe ben più grave se opera di persone che orbitano attorno al mondo della politica, perché le lotte non si fanno con la codardia di anonime provocazioni, ma mettendoci la faccia. Auspico che, in ogni caso, i fautori di questo atto irresponsabile e becero prendano coscienza del grave errore fatto e che capiscano che gesti simili possono anche essere l’apripista ad altri di portata ben peggiore di cui nessuno, presumo, voglia farsi responsabile».


sabato 15 febbraio 2014

A Cosenza un ponte verso il domani Una cassaforte nella quale la storia splende di luce e di ricordi dandole gloria Uomini e avvenimenti che onorano il passato quale presupposto per l'avvenire

Le “parole” nella toponomastica rotariana Forse è nel vero quella scuola di pensiero che considera la toponomastica come la cassaforte di una città. È una cassaforte nella quale la storia splende di luce e di ricordi dandole gloria. Uomini e avvenimenti che onorano il passato quale presupposto per l’avvenire. Quindi un ponte verso il domani. A Cosenza la toponomastica affida a Telesio e a Sertorio Quattromani, ad Alarico ed a Carlo V, a Campanella e a Federico II, alla Accademia e alle iniziative culturali del domani il compito di attualizzare la storia. Ieri e oggi: Misasi e Fera, Mazzini e Garibaldi, Dante e Petrarca, e Carducci. E la fede: lo Spirito Santo e gli Ebrei del Cafarone e il sacrificio dei Valdesi. Che è come dire la storia della città e quella in cui la città è cresciuta e ispirandosi pensa di crescere ulteriormente. E Paul Harris? Da Corso Mazzini a Via XXIV Maggio, una bretella in pieno centro è dedicata a Paul Harris. Ma chi è Paul Harris? Lo ha chiesto l’altra mattina un turista a un cosentino. E questi non ha risposto. La domanda ha fatto il giro dei bar e dei caffè ed è uno di questi caffè, il Renzelli di Corso Telesio, che ha trovato risposta. L’ha data un frequentatore che ben volentieri ha svelato il mistero. Al turista che chiedeva notizie su Paul Harris ha risposto l’autore di una dotta biografia di questo avvocato di Chicago che all’inizio del secolo scorso ha fondato il Rotary. È stato lo scrittore Coriolano Martirano che ha risposto alla domanda del turista dicendo che «Paul Harris nel 1905 ha fondato il Rotary». La seconda domanda è immediata: Ma cosa è il Rotary? «Il Rotary - è pronto Martirano - è una associazione di persone di buona volontà che si impegnano a divulgare e a rendere operativo il principio ineluttabile del miglioramento civile della società» dice Martirano che conosce bene il Rotary per frequentarlo da quasi mezzo secolo ricoprendovi un ruolo di particolare importanza non solo quale socio del club di Cosenza nel quale è stato presidente ma anche quale governatore del 210° Distretto comprendente Basilicata, Calabria, Campania e Puglia che è come dire il Regno di Napoli. «Bene ha fatto la Commissione toponomastica a intitolare una strada centrale della città a Paul Harris. Questo giovane avvocato fondando il Rotary che allo stato delle cose è presente in tutti i cinque Continenti, ha dato vita ad una istituzione i cui membri volontaria-

A Telesio e a Sertorio Quattromani, ad Alarico e a Carlo V, a Campanella e a Federico II, all’Accademia e alle iniziative culturali del domani il compito di attualizzare la storia Ieri ed oggi: Misasi e Fera, Mazzini e Garibaldi, Dante e Petrarca e Carducci

mente e senza l’ombra del guadagno mettono a disposizione della società la loro esperienza, la loro intelligenza, la loro cultura e quel che conta di più la loro fraternità cristiana che pone a fondamento della vita la umana collaborazione, tutto l’impegno e tutta la loro volontà». Quindi una istituzione benefica? «Se per beneficenza si intende elemosina, assolutamente no. Se invece per beneficenza si intende, come il Rotary intende, il miglioramento funzionale delle istituzioni attraverso l’assunzione di responsabilità da parte delle umane strutture deputate dalla normativa a soddisfare le esigenze generali, assolutamente sì». Che tradotto in termini pratici vuol dire? «Vuol dire - risponde Martirano che ha scritto un prezioso saggio letterario dal significativo titolo Filosofia rotariana - una cosa ben diversa. E qui mi viene in aiuto una metafora che è questa. In un luogo pubblico o in una chiesa o altrove è appeso un quadro. Una bella opera. Però deturpata dal tempo e dalla incuria che è come dire una opera d’arte che attende d’essere riportata allo splendore del passato. La beneficenza pecuniaria che fa? Bandisce una questua. Si raccolgono i soldi e si dà incarico per il restauro. A questa politica il Rotary dice assolutamente no. E si impegna a dire che la sua istituzione è stata fondata e opera per evitare la facilità di aprire il portafoglio e invece di istillare nella coscienza di chi è preposto alla salvaguardi dell’opera d’arte di agire secondo coscienza. La soluzione al problema è senza dubbio molto difficile. Perché è facile finanziare la costruzione di un pozzo che dia l’acqua agli assetati africani, mentre è difficile far notare alla coscienza di chi è preposto al governo di rispondere positivamente alla necessità dell’acqua per chi ha sete». Allora secondo questa filosofia niente raccolta di fondi per aiutare i terremotati, per scavare pozzi, per curare meglio i bambini? «La raccolta di fondi mortifica la dignità umana. Comunque a tal ufficio rispondono altre istituzioni. Il Rotary risponde con più parole e meno atti, quando le parole sono lo stimolo alla assunzione di responsabilità ed i fatti sono dei versamenti bancari che oltretutto rendono meno pesante il peso fiscale».

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sabato 15 febbraio 2014

Il racconto Nessuno la contrasta in modo adeguato; la politica su essa ha sempre costruito e continua a costruire interessi che sono diventati molto spesso comuni

di Giuseppe Aprile

Perché hanno lasciato che crescesse e che invadesse Australia, America, Nord Italia? Non è vero che sono fenomeni che hanno tutte le società Noi siamo produttori ed esportatori!

Il mio amico Natino Aloi, un uomo che ha passato la propria vita mietendo successi a non finire nella sua voglia di fare il rappresentante di una sua fetta di popolo nelle istituzioni (consiglio provinciale e comunale, parlamento, governo), ora scrive, molto più di prima, come giornalista e come scrittore. Da giornalista affronta temi di attualità continuamente e dice la sua con competenza. Come scrittore ha pubblicato un grande racconto dal titolo Santa Caterina, il mio rione ed altro di recente affermazione. Ha, per me, un limite nell’essere sempre stato un uomo di massima destra. Ma va capito che se non fosse stato per questa sua vocazione, il successo avuto i tante elezioni, fino a rinunciare a concorrere per la elezione di sindaco del suo paese sol perché ha ritenuto la proposta di candidatura una esigenza più del suo partito, molto meno o per niente per la sua persona (c’era in campo altra forza politica che si presentava molto più sicuramente vincente). Ora dirige un giornale e continua, nella sua età avanzata - ha i suoi settantacinque anni (non sembra ma è purtroppo così) sulla gobba - e con periodicità esemplare distribuisce gratuitamente il suo periodico di scrittura per tutta la città. «I soldi non mi interessano» dice, «per questo giornale. Mi interessa che la gente legga ed esprima considerazioni per le mie riflessioni che ritengo politiche e sociali». «Anche qui» aggiunge, «mai per mio interesse anche se non nascondo mai la mia passione per lo scrivere e fare i miei soliti impegnativi comizi politici, ma perché considero che il non leggere libri e giornali, non amare la lettura significa non capire che lo stato di ignoranza aumenta e il cittadino mantiene una condizione sulla quale i furbi e i disonesti ci fabbricano interessi e malgoverno. Ci sono questioni sociali che sono di responsabilità nazionale e generale. Ci sono, però tanti, che se la popolazione fosse più attenta e più colta, non ci sarebbero. Voglio precisare» dice ancora con insistenza, «che il popolo non è estraneo ai suoi problemi ed ai governi da cui viene governato. Non dico che ogni popolo ha il governo che si merita, ma sicuramente spesso si sceglie talmente male che poi i governanti non sono all’altezza del loro compito istituzionale e si tende a dire che non se la possono prendere con alcuno». Natino Aloi, persona sicuramente garbata ed educata ai migliori comportamenti sociali, meritevole del consenso che presso persone della sua indole - di destra, voglio dire - ha saputo costruire e curare, mi ha indotto a fare la seguente nota narrativa. Uno scritto che non è giornalistico perché ha la pretesa di andare oltre la quotidianità e lo scritto per un fatto in se stesso, e nello stesso tempo vuole affrontare il tema in questione in termini di assoluta diagnosi per un valore decisamente che una diagnosi ha come fatto storico, sociale, capace di fare i conti con il meglio della conoscenza. Per questo anche chiamo in causa altri riferimenti che consentono di non fermarci ai connotati che sono usualmente compito e fine di uno scritto giornalistico e nello stesso tempo non lasciano l’argomento alla mercè della quodidianità e delle banalità vigenti. Dissi subito a Natino Aloi che avrei scritto prima che pensassi un minimo all’articolo che aveva scritto.Che comunque avrei scritto perché sicuramente avrei tratto la conclusione che questo immenso fenomeno della delinquenza mafiosa, in mano a tanti politici, tutti compresi e nessuno escluso (è ripetizione?, ben venga!) è diventato una moda con due scopi centrali. Il primo che ne parlano tutti, maggiormente i responsabili del degrado sociale dentro cui la mafia ha potuto trovare il mercato di crescita, di consumo e di espansione e che sono tutti politici e solo politici. Poi perché è registrato che i più colpevoli sono coloro che parlano per primi quando si tratta di poter cogliere l’occasione per evidenziare la loro estraneità o ci si possa accreditare come persone perbene, civili, antingradgieta.

Cose nostre...

Illustrazione di Gava (tratta da www.gavavenezia.it)

Natino Aloi non mi risulta nemmeno politico, in questo senso. Ha una sua teoria da uomo, da persona estranea al fenomeno da lui mai usato elettoralmente. Ma sa bene che sono davvero pochi coloro che hanno meriti importanti e determinanti in quella che viene oggi definita lotta alla mafia e politica diversa. Ho letto il pezzo in questione e non si sono trovato sorprese. Ogni volta che mi trovo alo cospetto di questo argomento, penso allo scrittore Mario La Cava che scrisse un suo “pezzo” -tra la narrazione e la riflessione giornalistica dal titolo Come ti fabbrico il mafioso. La Cava ha scritto prima che questo orrendo fenomeno della società meridionale (siciliana, campana, calabrese, sarda e pugliese - in Basilicata è piccolo perché piccolina è la regione e gli interessi che in essa si sono mossi o si muovono -, diventasse allargato a macchia d’olio nel mondo ed ora in tante regioni italiane. La politica poteva e non ha fatto; anzi di esso si è servito per organizzare il suo elettorato, per favorire le forze governative e gestori del potere. In verità, sia sul tema della ndrangheta, che su quello della Mafia che si discosta relativamente come l’altro che si discosta anche molto relativamente dagli altri, come dalla camorra e dalla “sacra corona unita”, tutti parlano e nessuno dice la verità. Il fine del parlare, dicevo, quasi mai è dettato dalla coscienza del suo valore, dei suoi significati, della sua conseguenza. Chi parla, parla per fini suoi e solo lontanamente implica un interesse a risanare la società da questo cancro che ha sconfitto ogni forma di democrazia e di civiltà, a protezione solo dei potenti di turno e per allontanare il popolo vero sempre più dal potere e da ogni forma di ragione.


sabato 15 febbraio 2014

Il racconto

lo. Restano fuori pista i politici responsabili, i capi bastone che, come dice l’ottimo Ciccio della Cresima, «anche in carcere stanno a comandare e a decidere chi deve morire e chi deve campare, chi deve vincere e chi deve perdere». Mico dei Peti grida: «Il fenomeno della mafia è oggi tutto economia, criminalità, armi, droga, politica, comando». E finisce con: «Poveri noi contadini che subiamo, che non siamo padroni nemmeno della nostra zappa, dei nostri arnesi di lavoro». E Ntoni da Timpa: «Le nostre arance, i nostri limoni, tutti i prezzi nel campo degli agrumi, sul mercato vengono determinati dal potere dei mafiosi. Sono loro che ti costringono a vendere a chi vogliono e come credono, sono loro che tengono per ogni zona un loro rappresentante che definisce il tutto facendo morire di fame noi produttori e ingigantendo sono i loro mediatori. Non si accordino che nessuno più coltiva aranceti, nemmeno uliveti visto che anche l’olio al produttore costa cento e questi deve vendere del dieci». Ciccio Costarino: «Oggi dicono che la mafia è invincibile. Ma perché non hanno provveduto prima? Perché hanno lasciato che crescesse e che invadesse Australia, America, il Nord Italia? Non è vero che sono fenomeni che hanno tutte le società. Sono cose nostre di cui noi siamo produttori ed esportatori!». Vicia Attisa aggiunge: «Quelli che dicono che tutto è mafia, sanno che non è vero e che parlano solo per coprire i responsabili, i manovratori, coloro che con la mafia mangiano e vivono e tengono lo stato fuori gioco e lo costringono a fare i loro interessi. Perché non fanno leggi forti, invincibili? È la legge che deve diventare strumento per difendere la serietà e la giustezza della gente».

Il mio pensiero rivolto al grande scrittore Mario La Cava, cui furono sempre quasi del tutto estranei le ragioni della politica vigente sui fenomeni negativi di parte della società, è rimasto intatto e pressante nel suo valore come riferimento eclatante nel fenomeno. La mafia non è sconfitta, nessuno la contrasta il modo adeguato, la politica su essa ha sempre costruito e continua a costruire interessi che sono diventati molto spesso comuni. Io do i voti a te, ti garantisco che si tiene lontano l’intelligenza e il potere popolare della gente, ti garantisco che è una questione tra di noi e dobbiamo dividere, spartire, definire assieme i proventi. Così i lavori pubblici, edili in primo piano, gli appalti pubblici, il controllo del mercato sia del consumo che della produzione e come fatto commerciale, sono diventati il centro del mondo sociale, come la banca in economia, come il potere pubblico in assoluto sulla volontà e sui gusti della cittadinanza e la qualità della loro vita. Fa riferimento Aloi al valore della cultura come strumento di crescita della società, ma io vedrei maggiormente il fenomeno come centrale sia nell’esaminarlo, sia nella individuazione di esso come cuore dell’economia, cuore dello stato, potenza armata per far fuori i cittadini dalla politica che è diventata ulteriormente fatto privato e antistato. Non ha senso invocare l’impegno, pur presente abbondantemente, degli organi dello Stato quando, di fatto, muoiono solo i protagonisti della presenza della criminalità - i pro ed i contro - . C’è uno scontro in atto tra stato ed antistato. Ma lo stato che ha il potere e i dovere di abbattere la criminalità, resta il meno danneggiati, di fatto. Muoiono carabinieri, poliziotti, mafiosi, criminali di secondo livel-

Le nostre arance, i nostri limoni, tutti i prezzi nel campo degli agrumi, sul mercato vengono determinati dal potere dei mafiosi

Un discorso molto lungo lo fa Mico Criaco che si ritiene anche esperto in materia. Dice: «Una volta la mafia non c’era. Non è vero che c’è stata sempre e che sempre ci sarà. C’è fino a quando lo stato non la distrugge. Per ora ha fatto solo chiacchiere. Ha fatto finta. C’è fino a quando non fa come ha fatto con il terrorismo e con i sequestri di persona. Oggi nessuno sequestra più e nemmeno terrorismo si vede in giro. Sanno quanto costa fare l’una o l’altra cosa. C’è una ragione troppo chiara per la eliminazione di questi due gravi fenomeni. Con i sequestri veniva colpita a ricchezza dei proprietari e di chi aveva soldi all’infinito. Con il terrorismo era in pericolo lo stesso stato. Ed allora pronto quanto era necessario che vincere la partita. È nella politica che la mafia s’è alleata con gli interessi di tutti e fa quello che vuole. Abbiamo una classe politica minima, di persone prive di cultura e di valori personali. Un grande parlamento, un organo capace di fare leggi, di impedire la libertà a chi della libertà fa scempio a favore dei suoi interessi, avrebbe sconfitto la mafia, senza tante chiacchiere e senza tanto uso di forze dello stato che di fatto non sono sempre tali. Mario La Cava cosa sosteneva? Non è come testimonianza di cosa e come avrebbe dovuto agire lo stato. È che lo scritto è di tempi in cui ancora non devastava la mafia. Come non era devastante a S. Luca. Sia Corrado Alvaro che Mario La Cava, ma anche Francesco Perri, sono testimonianza di attività di scrittura e di riflessione di valore assoluto in una società libera e che aveva una sua dinamica su cui non facevano illazioni stupide e non si intessevano lodi e disprezzi a buon mercato. Oggi è un’altra cosa. Oggi non puoi dire e se dici paghi. Chi non paga non ha detto». «Nessuno sfugge alle regole della delinquenza» dice Ntoni da Stefana. «Con la mafia non si scherza e laddove c’è gente che parla, il discorso ha un suo limite. Sempre. Peppe Starter dice che è proprio cos’ì. La mafia è protetta ed ha oramai preso piede fino al punto che anche la brava gente della politica non ha molto da fare per sconfiggerla». Natino Aloi sa bene il livello di gravità che ha raggiunto la mafia e sa pure di essere tra gli esclusi dal potere proprio perché quelli che la pensavano al contrario, erano gli utili da sostenere perché funzionali al potere criminale. Sa pure, come lo sanno tutti, che in questo Paese senza carceri adeguati e sufficienti, senza leggi giuste ma con una miriade di leggi stupide e fatte per inflazionare il corso della giustizia che serve e l’applicazione delle leggi che difendono gli onesti ed i giusti, che vede rinviati tutti i processi per politici e amministratori che dovrebbero avere un giudizio immediato per evitare di avere “Pezzi da 90” del dubbio atroce che si accanisce sulla gente delle certezze immacolate, tutto si fa tranne che il necessario e tanto di onesto e di giusto. Dice, infine, ze Micuzzo: «Fare troppo è il metodo per non fare bene il necessario. La malapianta è oramai invadente e fa disperdere tutto quanto c’è di buono in questo mondo».

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sabato 15 febbraio 2014

Interpreti di vita Uno dei protagonisti della fortunata miniserie televisiva, diretta da Giacomo Campiotti, Moisè Curia

Un calabrese con i “Braccialetti rossi” di Lucia De Cicco

Abbiamo raggiunto uno dei protagonisti di Braccialetti rossi, fortunata miniserie televisiva, diretta da Giacomo Campiotti, Moisè Curia, che ha fatto il suo ingresso nella fiction Tv a partire dalla terza puntata che va in onda ogni domenica in prima serata su Rai1. La storia è ambientata in un ospedale, dove un gruppo di ragazzi, che sono in degenza per varie patologie che vanno dal tumore, alle patologie cardiache, al coma per trauma, ai disturbi dell’alimentazione come l’anoressia e la bulimia, interagisce inevitabilmente, a volte scontrandosi, vivendo la loro vita da ammalato, ma con un nuovo slancio che è dato da un braccialetto, un braccialetto di gomma che qui assume il colore rosso, il rosso che negli ospedali è un codice di emergenza, ma anche il colore della passione e del cuore del sangue e della voglia quindi di lottare. Moisè Curia è un attore di Rossano; la sua prima esperienza teatrale nasce proprio nella sua città. Al nostro settimanale un’intervista all’indomani della sua performance televisiva del 9 febbraio scorso. Moisè, qual è stata la tua prima esperienza di attore? A quindici anni sfociò in me la voglia di intraprendere questa strada, mi misi subito alla ricerca di un buon corso teatrale che mi desse una base per entrare in un’accademia. M’imbattei nella “Bottega di Arti Giovani” della regista Imma Guarasci e diretto da Carlo Fanelli. Iscritto al corso cominciai davvero un’intensa esperienza, che si è protratta per un paio di anni, al termine del quale noi, gruppo di attori, abbiamo redatto un testo con il quale andammo in scena sempre in un teatro della città di Rossano. Nello stesso anno partecipai ai provini per un cortometraggio e lo vinsi. Finito gli studi di liceo partii a Roma cercando di entrare nelle varie Accademie d’arte. Entrai al Pro-Sperimentale e all’Eutheca (European union Academy of Theatre and Cinema), accademia di arte drammatica e per la durata di anni, ottenuto il diploma, da quest’anno, frequento il Centro Sperimentale di Cinematografia. Corredato il mio studio da esperienze lavorative. Arriva Braccialetti rossi... Un’opportunità che mi è arrivata da uno spettacolo in teatro, Tradimenti di Arold Pinter, regia di Giancarlo Fares, in occasione del quale incontrai un agente importante, Daniele Orazi, che dirige l’agenzia “Officine artistiche”. Mi vide nello spettacolo e mi chiese di entrare nella sua agenzia. Da qui il provino per un film che si titola, Non è mai troppo tardi, sempre per la Tv e che andrà in onda il 24 e il 25 febbraio sempre su Rai 1. Sotto la regia di Giacomo Campiotti, insieme a Claudia Santamaria nel ruolo del protagonista. Da quest’esperienza nasce Braccialetti rossi, arrivato perché Giacomo Campiotti mi ha voluto nel film. Tre giorni fa ho terminato, invece, un film per il cinema con Sergio Castellitto e Rocco Papaleo, di Daniele Ciprì dal titolo La Buca, di prossima uscita, in attesa che concorra a Venezia e a Cannes; della produzione “Passione film” e distribuito da Cinecittà Luce, in collaborazione di Rai Cinema. Un progetto interessante in cui interpreto uno dei protagonisti all’età di venticinque anni. L’esperienza in Braccialetti rossi cosa ti ha dato? Un certo fermento e riscontro lo si prevedeva, ma il successo che in realtà sta riscuotendo non lo avevamo previsto. Abbiamo lavorato intensamente sui personaggi. Come si può vedere è un film abbastanza difficile, in cui ognuno di noi ha fatto un suo percorso di ricerca. Io, nel film sono un paraplegico, ho

Di Rossano, la sua prima esperienza teatrale nasce proprio nella città Intervista all’indomani della sua performance televisiva del 9 febbraio scorso

lavorato per tre mesi in una clinica di riabilitazione sul problema, per abituarmi a camminare sulla sedia a rotelle e farla diventare una parte di me, del mio corpo, perché per gli ammalati veri lo è. Lo studio sulla malattia mi ha portato a gestire il personaggio in questo suo essere atrofizzato completamente negli arti inferiori. Un trampolino di lancio per tutti noi attori, quindi, che di certo non avevamo pensato al successo che sta riscuotendo, anche se avevamo pensato a una reazione positiva del pubblico, poiché il lavoro che è stato fatto è stato duro, e almeno per me ho cercato di dare con il mio personaggio una dignità a quelle persone che affrontano il problema malattia. Quest’esperienza come l’hai vissuta? Ho passato in questa clinica tre mesi della mia estate, chiedendo alla produzione di darmi una sedia a rotelle. L’impatto non è stato dei migliori all’inizio, perché avere una persona che soffre di quella malattia di fronte e tu che in un certo senso lo devi imitare, anzi di più, devi entrare nella persona, fino ad esserlo il più possibile, certo richiede un bel lavoro. Tre mesi in cui in sostanza mi sono legato alla sedia e vivevo sulla essa anche a casa continuavo a vivere questa dimensione non staccando mai la spina dalla paralisi. Ruggero, il nome del mio personaggio, è ancorato alla sua sedia, non vi finisce come gli altri, non è mai stato un ragazzo che ha vissuto una vita prima in piedi, ma ha sempre camminato sulla sua sedia a rotelle stabilendo un rapporto diverso dagli altri pazienti, che al contrario di Ruggero, ci sono finiti in altro momento. Le sue gambe sono la sedia a rotelle stessa. Moisè, hai un bel ruolo, quello del duro... Sono il “cattivo” dei braccialetti rossi, un personaggio il mio che ha tutto un percorso alle spalle non facile e che si porta dietro dall’infanzia. Lasciato dalla famiglia, vive l’ospedale come il suo mondo e anche il suo modo di approcciarsi all’altro è sempre quello della lotta, dello scontro, mentre, in realtà, lui piange ed è triste nei momenti da solo. I pochi amici che ha in realtà non sono veri amici, lo rispettano solo perché lui è il leader. Nell’interpretazione del ruolo ho cercato di dare una dignità alle persone che vivono la loro condizione di perenne immobilizzazione sulla sedia, e calandosi totalmente nel ruolo, completamente si deve tralasciare una parte di sé per


sabato 15 febbraio 2014

Interpreti di vita

Un ricordo da maestro: Imma Guarasci Moisè è sempre stato un ragazzo determinato... Una buona “capa tosta calabrese”! Cosi ci dice la sua prima insegnante di recitazione Imma Guarasci: «Ricordo il giorno in cui mi ha contattata per iscriversi alla “Bottega di arti giovani”, scuola di teatro da me diretta e promossa dall’Associazione Maschera e Volto di Rossano col patrocinio dell’UNICAL, del Comune di Rossano, della Provincia di Cosenza e della Regione Calabria. Moisè si è sempre distinto come allievo modello, ha sempre cercato di migliorarsi, di accrescere le proprie conoscenze attraverso la lettura, la visione di film e spettacoli che potessero iniziarlo al mondo attoriale. Ha continuato con me la sua formazione, anche oltre gli appuntamenti della “Bottega”, raggiungendomi di martedì e giovedì a Cosenza, dove mi ero trasferita da qualche anno, per prepararsi a entrare in una scuola di teatro. I genitori lo accompagnavano ovunque io andassi a fare spettacoli e richiedessi la presenza o il suo intervento artistico in qualità di allievo attore, e si fidavano completamente dei miei consigli. Moisè ha debuttato nel 2009 a Rossano, presso il settecentesco teatro Amantea Paolella, con la compagnia “Maschera e Volto” in Futurismoritifù, saggio-spettacolo finale della “Bottega di arti giovani”, omaggio al Futurismo; poi ha interpretato il ruolo di un soldato ne I Soldati di Skanderbeg, altra produzione di “Maschera e Volto”. Ha poi preso parte, come protagonista, al cortometraggio Blur di Francesco Madeo, alla cui realizzazione la compagnia “Maschera e Volto” ha collaborato e dato supporto. Tutto ciò che è venuto dopo, la sua formazione a Roma presso l’Eutheca, i film di cui sarà protagonista e la fiction Braccialetti Rossi, è l’inizio di una lunga strada che ha intrapreso, percorrendo da solo la via del successo. Ma, sono convinta, che lui sa che io sarò sempre al suo fianco! Lo scorso anno Moisè mi ha chiesto di curare la regia di un suo spettacolo teatrale, progetto che non sono riuscita ancora a intraprendere ma che, a breve, mi auguro di portare a termine. Sono sempre stata convinta che il ruolo di un buon maestro non è quello di essere l’artefice del successo di un allievo, ma lo strumento attraverso il quale esso stesso lo raggiunge, per mezzo una crescita costante che deriva dai tuoi insegnamenti. Pertanto, desidero essere “attore non protagonista” in questi suoi meritati successi e continuare a essere per lui Il suo terzo occhio critico, l’insegnante, che gli ha passato la staffetta, affinché, possa dare sempre il meglio di sé senza pretendere di essere arrivato al traguardo, errore inconcepibile per un attore. Con tutto l’affetto e la condivisione, auguro a Moisè Curia tante gare, tanti traguardi, tanti successi».

rivestire i panni di quella persona che è Ruggero, cercando di viverla e non per finta. Com’è cambiato il rapporto con la tua città, Rossano? La mia città mi è stata tanto vicina, sostenendomi. I miei genitori vivono a Rossano e appena possibile ci ritorno con grande gioia, mi piace stare tra la gente e non vedo un distacco tra attore e persona, amo la gente nella normalità del mio essere. Tengo anche molto precisare che a volte è un luogo comune credere che le famiglie siano contro quando i figli rincorrono sogni così grandi come l’attore, la mia mi è stata tanto vicino e mi ha aiutato ad andare avanti lasciandomi la libertà di scegliere ciò che volevo fare, se non fosse stato per mia madre e mio padre forse non avrei continuato su questa strada. Sei un credente? Sono un cattolico e mi piace tanto la figura di padre Pio. Ho visitato i suoi luoghi e ho letto al riguardo. Appena mi è possibile frequento la chiesa nelle domeniche. Questo santo mi piace perché persona umile dedita agli altri, ha dato tanto al prossimo e lo vedo vicino al mio sentire personale. C’è una sorta di devozione verso di lui di là del Credo cattolico, ma come persona, l’uomo, e per ciò che ha rappresentato. Una figura di attore e regista che ami particolarmente? Mi piace tanto cambiare essere totalmente un altro da ciò che sono io e quindi anche gli attori e i registi che sanno impersonare ciò mi attraggono. Come regista, un mito, per me è Clint Eastwood, a mio pare il più grande del cinema contemporaneo.

“8&9” e “V. Tieri” in una commedia in vernacolo

Uniti dal Teatro

L’auspicata fusione tra le due realtà dell’area urbana CoriglianoRossano passa anche e soprattutto attraverso l’eccellenza dell’espressione culturale ed artistica delle due città. È così che, nel mentre si discute della possibilità di costituire un comune unico, irrompe sulla scena una nuova opera teatrale che mira a squarciare definitivamente il leggendario “lenzuolo” che da sempre divide le due Città. “Timp russ a Russan e mulicatini a Crojiani ovvero Le campane del Patire” è il titolo dell’esilarante commedia nata dall’unione dell’estro artistico della pluripremiata compagnia teatrale “Otto&Nove GranTeatro” e della storica compagnia coriglianese “Vincenzo Tieri”, che andrà in scena venerdì 21 e sabato 22 febbraio, alle ore 21.00, al teatro Metropol di Corigliano. Una commedia originale sviluppata fondendo due testi in vernacolo, uno rossanese di Gianpiero Garofalo ed uno in coriglianese di Atc Tieri, che racconta una storia che si snoda tra pregiudizi e campanilismo per poi concludersi con un finale inaspettato, attraverso il quale trasmettere l’importante messaggio che non bisogna temere il diverso, ma interagire con il resto del mondo, anche quello più prossimo, che a volte sembra lontano, per arricchirsi intellettualmente. Sono passati due anni dalla prima bozza del progetto - dichiara Garofalo - che ha sicuramente l’ambizione di divertire, ma anche di indurre alla riflessione. Sono soddisfatto del lavoro che siamo riusciti a svolgere, lavorando su due testi differenti, in vernacolo, dai quali ne abbiamo creato uno del tutto nuovo ed originale, dando vita ad una storia che nasconde l’alchimia vincente delle due compagnie: portare in scena - conclude - rappresentazioni comiche, quindi allegre ed ironiche ma con una morale forte che ci spinge a sperare in un futuro migliore. I protagonisti, sul palcoscenico, saranno gli attori della nota compagnia teatrale “Otto&Nove GranTeatro” di Rossano e della storica compagnia coriglianese Vincenzo Tieri, che porta il nome del padre del famosissimo attore Aroldo ed è stata a lui intitolata per volere dell’attore stesso. Nei prossimi giorni si terrà la conferenza stampa di presentazione della commedia brillante in due atti, per la quale l’attesa è già grande. © fonte Cmp agency Rossano

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