Anno 38 - 15 Marzo 2014 - Numero 11
Settimanale indipendente di informazione
euro 0,50
di Francesco Fotia
“Rosse emozioni. L’8... ogni istante della mia vita”: iniziare dai giovani perché la differenza sessuale non sia discriminante DI SUCCESSO IN SUCCESSO
IL FUTURO È ADESSO
Ma quanto piacciono queste pagine “inutili” di Nuccio Ordine!
Editoria e cultura accendono il motore
Al quarto posto in Italia, 60mila copie vendute e tradotto in tutte le lingue
La Calabria, con decine di sigle è fucina di talenti letterari
di Angela Costanzo
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sabato 15 marzo 2014
Violenza di genere Convegno sulle donne all'istituto “Leonardo Da Vinci” di Cosenza: “Che il genere non sia una discriminante, ma un valore aggiunto”
di Francesco Fotia
La battaglia per una completa parità di genere passa da una decisa presa di coscienza delle giovani generazioni. Questo il messaggio che si è voluto inviare agli studenti dell’Istituto “Leonardo Da Vinci” e “Itas Nitti” di Cosenza l’8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna. Ne hanno parlato ai ragazzi professionisti del mondo dell’informazione, della politica e della sanità. Il convegno, dal titolo “Rosse Emozioni. L’8... ogni istante della mia vita”, è stato organizzato dal Circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa”, in collaborazione con l’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza. L’incontro è stato aperto dall’esposizione di alcuni cartelloni contro la violenza di genere e da una breve ma forte performance sul femminicidio, messa in scena dagli studenti stessi. «Aveva detto a tutti che mi avrebbe uccisa - dice la protagonista - e infatti nessuno si è sorpreso quando lo ha fatto. Non si è trattato di un raptus improvviso, come ha scritto qualche giornale».
Cominciamo dai giovani Ha ringraziato gli intervenuti e presentato i relatori Graziella Cammalleri, dirigente scolastico dell’istituto: «Un tempo queste scuole - ha ricordato a proposito della parità di genere - erano separate, ma accomunate dalla valenza femminile di entrambi. Il professionale, in particolare, era la scuola per le giovani di ceto più basso, che non sarebbero andate all’università, e la sua missione era quindi quella di formarle con corsi di avviamento professionale». Nel corso del suo intervento, il dirigente scolastico ha voluto inoltre ricordare Rita Pisano, che per un ventennio, tra gli Anni ‘60 e ‘80, fu alla guida del comune di Pedace. Gregorio Corigliano, presidente del circolo della stampa cosentino, ha parlato agli studenti delle donne nel mondo del giornalismo; in apertura, il giornalista ha tenuto a ringraziare Rosellina Arturi, vicepresidente del circolo e “mente organizzativa” della giornata. Il presidente ha poi citato statistiche riguardanti la presenza delle donne nel mondo dell’informazione, facendo notare quanto sia sostanzialmente paritaria la conduzione di telegiornali e di radio giornali, e quanto la “quota” femminile sia ancora in minoranza per quanto riguarda la “produzione” della notizia, e assolutamente esigua per quanto concerne la direzione delle testate. «Occorre fare luce - ha proseguito - anche su un dato culturalmente inspiegabile: le donne, nel mondo del lavoro in genere, devono essere brave il doppio degli uomini per potere essere considerate valide la metà. Ecco - ha aggiunto - la grande ingiustizia che da ragione al titolo dell’incontro di oggi: essere donne significa dovere lottare di più di un uomo, in ogni ambito della vita». Il presidente ha poi voluto ricordare Maria Rosaria Sessa, la giornalista cosentina vittima di femminicidio, e alla cui memoria è intitolato il circolo della stampa. «Era una professionista eccellente, un esempio per tutti, completamente calata in un mestiere “totalizzante” che prende anima e corpo». Di donne nelle istituzioni ha poi parlato l’assessore alle Politiche giovanili e femminili della Provincia di Cosenza, Maria Francesca Corigliano. «Un tema molto complesso - lo ha definito l’assessore - ma di cui c’è un gran bisogno di approfondimento, perché sono convinta che la sensibilità femminile in politica sia un valore aggiunto di cui oggi le istituzioni avrebbero un gran bisogno. In particolare modo, - ha osservato Corigliano - perché viviamo in un momento di crisi che necessiterebbe il più possibile dell’intervento del settore pubblico. Non serve investire nell’edilizia delle scuole se non diamo dignità all’istituzione in sé proteggendola, perché tra qualche anno di questo passo avremo strutture nuove ma vuote, perché le famiglie non avranno la possibilità neppure di acquistare i libri di testo. Quando Eva
Il convegno dal titolo “Rosse emozioni. L’8... ogni istante della mia vita” è stato organizzato dal Circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa” in collaborazione con l’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza
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Violenza di genere
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3 Catizone era sindaco del Comune di Cosenza, e io vicesindaco, tiene a ricordare Corigliano a proposito delle donne in politica - abbiamo aumentato gli asili pubblici, abbiamo prestato attenzione alle ludoteche, alle case famiglia. Occorre fare investimenti per i progetti giovanili, e per contrastare fenomeni intollerabili come la violenza di genere e la pedofilia». Presente all’incontro anche il Comune di Cosenza, nella persona di Manfredo Piazza, assessore alla Solidarietà e Coesione sociale dell’ente di Palazzo dei Bruzi: «Di fronte queste sagome - ha dichiarato Piazza, riferendosi alle figure di donna simbolo delle vittime di femminicidio calabresi, ideate da Adt Group press e poste ai lati del tavolo dei relatori - non c’è che una parola da dire: vergogna! Gli uomini tutti non possono che indignarsi; occorre uscire dall’indifferenza. È quanto abbiamo preso a cuore anche come amministrazione comunale, attraverso il sostegno ai servizi sociali. Credo - ha affermato Piazza - che c’è bisogno di capire che cos’è che scatena l’aggressività degli uomini per potere prevenire la violenza». La giornata è proseguita poi con la divulgazione degli esiti dei questionari, a cura del centro “Ascolto donna” dell’Asp di Cosenza, consegnati la settimana precedente agli studenti del “Da Vinci”. Il test voleva fare luce su quanto alcuni aspetti della problematica della violenza di genere fossero chiari e percepiti dai giovani. Ebbene, i risultati hanno fatto registrare alcuni interessanti dati, quali l’idea che le violenze di genere più diffuse siano quelle sessuale e psicologica. La parola stalking è conosciuta dagli studenti, ma non tutti sanno che è anche un reato. La strada, la discoteca e la famiglia sono i luoghi in cui si consuma maggiormente la violenza di genere, e la per-
6 L’incontro è stato aperto dalla esposizione di alcuni cartelloni contro la violenza di genere e da una breve ma forte performance sul femminicidio, messa in scena dagli studenti stessi
sona violenta è immaginata come un uomo con problemi di droga, alcool o afflitto da disturbi mentali in genere. Assolutamente predominanti sono state le risposte alle domande “chi è la vittima?” e “che cosa può fare?”; gli studenti pensano che la donna sia una vittima che ha bisogno di assistenza e che debba denunciare alle autorità quanto accaduto. Dal questionario, inoltre, si evince che i giovani pensano che occorrano leggi più severe e che bisogna combattere la violenza di genere attraverso la “lotta all’ignoranza”. Molto originale e istruttiva la parte conclusiva del convegno, che per protagonista ha avuto la dottoressa Patrizia Nicotera e gli studenti. La psichiatra, responsabile del progetto Free-Fly del centro “Ascolto donna”, ha suddiviso il suo intervento in due parti. Ha mostrato ai presenti quattro brevi filmati che hanno avuto per oggetto l’autostima della donna, la figura del branco, il rapporto tra una madre e una figlia vittima di stupro, alcuni dei segnali che una mente disturbata può lanciare, come certe manie di perfezione. Nicotera ha poi invitato diversi alunni a raggiungerla al centro della sala, per discutere con loro delle impressioni scaturite dalla visione dei filmati, per rispondere a dubbi, curiosità, per ascoltare diverse storie: si è discusso dell’importanza di parlare con gli altri di eventuali abusi subiti, del supporto della legge e delle forze dell’ordine, del bisogno di denunciare e formare per sconfiggere la violenza. Obiettivo finale della discussione con i ragazzi del “Leonardo Da Vinci”: capire che solo conoscendo bene le emozioni, che sono il nucleo della vita di ogni individuo, possiamo riuscire a smascherare tutti quei meccanismi che strutturano il processo mentale che porta alla violenza. Uno sforzo culturale che bisogna del supporto e dello stimolo della scuola, della politica, di professionisti che mettano a disposizione delle giovani menti la propria esperienza. Al “Da Vinci” l’esperimento può dirsi sicuramente riuscito.
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1 Patrizia Nicotera con gli studenti del “Da Vinci” 2 Il tavolo dei relatori 3 I cartelloni contro la violenza di genere
4 Uno dei lavori degli studenti 5 le sagome delle donne vittime di femminicidio in Calabria 6 Graziella Cammalleri e Patrizia Nicotera 7 il pubblico presente
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sabato 15 marzo 2014
Sempre più emergenza
Uscire dall’incubo della paura
Per fermare lo stalking e il femminicidio
Arginare un fenomeno sempre più dilagante quale quello dello stalking e del femminicidio, purtroppo anche nelle zone del nostro territorio, è ormai diventata una necessità fondamentale. È quanto è emerso dal convegno organizzato dall’Associazione culturale MeEduSA di Spezzano Albanese (Cs) e tenutosi presso il Liceo scientifico “V. Bachelet” che ha visto, fra gli illustri ospiti, il comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri, il colonnello Giuseppe Brancati, e la criminologa Roberta Bruzzone. Un vero e proprio seminario di studi su una emergenza che non risulta essere lontana da questa realtà. Il progetto, per tali ragioni, è stato rivolto ai ragazzi delle scuole superiori di Spezzano e Cassano all’Ionio che hanno partecipato ad un concorso sul tema “I giovani, lo stalking e il femminicidio” proponendo dei video che hanno centrato in pieno l’argomento, dimostrando la grande consapevolezza dei giovani sulla triste questione. A vincere sono stati i giovani dello Scientifico arbëresh con il video “Uniti contro il femminicidio”. La giuria che ha valutato i lavori, formata dalla ginecologa Daniela Battafarano (presidente di giuria), dall’ispettore emerito del ministero Iur Francesco Fusca, dal carabiniere Sara Guarino e dall’avvocato Alcide Simonetti, ha così motivato la scelta: «Il lavoro svolto, originale, si è attenuto pienamente al tema del concorso, offrendo uno spaccato realistico sull’argomento trattato. Il cortometraggio ha affrontato, inoltre, esaustivamente le tematiche proposte dal concorso». L’evento, moderato dal giornalista e presidente MeEduSA Emanuele Armentano, che ha introdotto i lavori accendendo un riflettore sui dati raccolti da “Telefono Rosa” nel 2013, che vedono ben 128 donne ammazzate violentemente e spesso per mano dell’uomo che amavano, ha visto i saluti della dirigente scolastica Marietta Iusi, la quale si è detta contenta di ospitare unevento di questa caratura, del sub commissario di Spezzano Albanese (in rappresentanza anche del
Questo il messaggio emerso dal convegno di Spezzano Albanese con la criminologa Roberta Bruzzone e il colonnello Giuseppe Brancati
prefetto di Cosenza), Antonella Vecchio, la quale non ha esitato a condannare tali fenomeni che - ha detto - «sono sempre sotto l’attenzione della Prefettura». Saluti anche dalla promotrice dell’evento, la giovane criminologa Rosita De Pasquale, che ha invitato le donne a non nascondersi più perché «non sono più sole». Spazio quindi agli interventi, aperti dalla consulente in criminologia Catia Gambaro che si è soffermata «sulle persecuzioni, sulle sottili e continue minacce, sul progressivo annientamento prima psicologico e poi fisico» delle vittime, definendole una vera e propria «strage». E alle donne ha detto: «Abbiate sempre rispetto della vostra libertà e prima ancora di cercare amore, amate voi stesse». Il comandante della Compagnia dei carabinieri di San Marco Argentano, capitano Giuseppe Sacco, ha insistito sull’importanza fondamentale della denuncia. A seguire, il comandante provinciale dell’Arma, colonnello Giuseppe Brancati, ha ricordato Fabiana Luzzi e il piccolo Cocò, invitando ad usare il numero verde 1522. Lo stesso, nell’illustrare i passi in avanti compiuti dalla relativa legislazione, ha osservato: «Mi fa piacere che a reagire sia stato lo Stato». Ai maschi ha detto: «Perché accontentarsi di un amore drogato e non di una donna che sappia anche essere un sostegno nei momenti di difficoltà?». Un invito forte accolto con un grande applauso. Così, dopo la premiazione e la visione dei filmati, ha chiuso i lavori la criminologa Roberta Bruzzone che ha fatto una disamina approfondita sul problema, spiegando: «Per fortuna non si usa più l’ignobile definizione di delitto passionale. Chi ricorre a questo tipo di violenze non è il maschio della situazione, ma solo un poveraccio. Uno sfigato». Rompere il muro del silenzio, recuperare una profonda autostima e, soprattutto, convincersi che «l’unicomodo per cambiare un fidanzato violento è quello di cambiare fidanzato» sono stati i messaggi che Bruzzone e anche altri hanno lanciato dal tavolo della presidenza, tutti con lo stesso obiettivo, ossia quello di far arrivare il messaggio il più lontano possibile. associazione culturale MeEduSa
sabato 15 marzo 2014
Un addio in corsia Il dg Florindo Antoniozzi riepiloga i dati del suo mandato. Alla “Mater Domini” due anni di intenso lavoro
Il ruolo fondamentale del medico Da Catanzaro a Vibo: il direttore generale dell’azienda ospedaliere universitaria “Mater Domini”, Florindo Anotoniozzi, lascia la città capoluogo dopo due anni «di intenso e proficuo lavoro». «Ho assecondato con soddisfazione - sottolinea Antoniozzi - la proposta del presidente Scopelliti, che ringrazio per la fiducia, di andare alla direzione generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia, in quanto si poneva una esigenza tecnica in quella Asp e, soprattutto, l’attività svolta alla Mater Domini aveva raggiunto, in soli due anni e nella concreta sostanza, gli obbiettivi del mio mandato. Avevo trovato una azienda con grandi potenziali, ma nella quale ho dovuto iniziare dal bilancio, che era ancora “finanziario”, ed ho terminato con il “piano delle performance” attraverso il quale le attività di tutti possono essere misurate, e quindi “premiate”. Una intensa attività a 360 gradi non sempre semplice, spesso in salita, con qualche errore anche dovuto forse all’entusiasmo di fare ed al tempo a disposizione». «Il rapporto con l’Università - continua il dg - non è stato sempre idilliaco, e ciò è dovuto a più fattori, non ultimo il fatto che le regole è molto più facile non seguirle, soprattutto quando si ha avuto la possibilità di indirizzare in modo diverso tutto ciò che avviene all’interno di una organizzazione. Ma una gran parte assistenziale dell’università ha risposto molto bene alle sollecitazioni al cambiamento, e di questo devo dare atto, ringraziando coloro che hanno interpretato la “mission” dell’azienda e del sottoscritto: è così che da un bilancio 2011 di una precedente gestione in perdita di 12,4 milioni di euro, l’azienda è passata ai 10,5 milioni di euro di perdita nel 2012, il cui bilancio non è stato accolto perchè non coerente ad una previsione “impossibile”, ma fatta sempre dal precedente management nel 2011, ai dati del conto economico del 2013 con una perdita prevista di 2,1 milioni di euro: meno 83% rispetto a quanto ereditato. E questo dato è ancora più interessante se si confronta con il numero delle prestazioni di qualità offerte ai cittadini, aumentate di oltre 20.000 all’anno rispetto al 2011, ed un fatturato cresciuto comunque di un punto percentuale nonostante la modifica nell’appropriatezza dei ricoveri, che i regolamenti hanno modificato in day hospital e day surgery con valorizzazione del rimborso assolutamente ridotto. È stata una esperienza entusiasmante perché ho avuto modo di incontrare, per la maggior parte, persone meravigliose, disponibili che hanno consentito di collaborare tenacemente. Quelli che in generale non sono stati fattivi, o hanno cercato di creare rallentamenti e
Il direttore generale dell’Azienda ospedaliera universitaria di Catanzaro lascia tra i bilanci: «Azienda sanitaria pubblica: è un bene prezioso»
Florindo Antoniozzi
problemi per tanti motivi, vuol dire che non hanno interpretato il concetto di azienda, di una comunità che offre servizi sanitari pubblici alla comunità stessa. «Ritengo che oggi la Mater Domini - conclude il dg - sia una azienda migliore rispetto al 2011, dove le liste d’attesa sono in aumento per la richiesta che aumenta in quanto la sua immagine è cambiata, c’è una consapevolezza del ruolo importante che i medici del servizio sanitario regionale ed i medici universitari possono e devono giocare in favore di una regione, non solo di una città, che necessita di servizi qualificati. Ma tante cose devono essere ancora fatte: il trasferimento delle unità operative dalla Fondazione Campanella che sono in attesa di decreti regionali, la migliore integrazione con il Pugliese Ciaccio, la implementazione di una serie di attività e, non ultima, la riorganizzazione del personale che mi accingevo nel 2014 ad effettuare. Auguro solo all’Azienda un futuro in costante crescita, ricordando a tutti, ma veramente tutti, che una azienda sanitaria pubblica è un bene prezioso nel momento che si evolve nell’offerta e nel miglioramento dei servizi sanitari, e che quindi bisogna sempre vigilare affinché nulla possa invece snaturare tale concetto». V.U.
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Emisferi da esplorare
Il progresso nella ricerca cerebrale
Nel centro congressi “Beniamino Andreatta” dell'Unical, la fase regionale delle “Olimpiadi delle neuroscienze” L’iniziativa, organizzata in selezioni locali e nazionali (la finale si terrà a Trento), è inserita nel contesto della International brain bee (Ibb), una competizione internazionale nella quale studenti delle scuole superiori competono sul grado di conoscenza nel campo delle neuroscienze. Il vincitore nazionale riceverà una borsa di studio per partecipare alla gara internazionale (agosto 2014, Washington, Usa). Le “Olimpiadi delle neuroscienze” giunte alla quinta edizione, stanno riscuotendo un successo crescente. Alla selezione regionale, coordinata all’UniCal dal professor Giacinto Bagetta, hanno preso parte 15 studenti vincitori delle selezioni scolastiche. Questi i partecipanti: Liceo Scientifico “Fermi” cs: Maria Bruna Arturi, Tiziano Grandinetti, Daniela Nisci, Camilla Longobucco, Marta Abele (coordinatrice prof.ssa Francesca Elia); Liceo Scientifico “Berto” di Vibo valentia: Ginevra Gallone, Martina D’Ambrosio, Daniele Carnovale, Giorgio Marcello, Antonio Malvaso (coordinatrice prof.ssa Maria Concetta Dell Giudice); Liceo scientifico “Lucrezia Della Valle” di Cs: Ludovica Mancuso, Tiziano Grandinetti, Daniela Nisci, Camilla Longobucco, Marta Abele, (coordinatrice prof.ssa Silvana Greco). Alla conclusione delle tre prove previste dalla selezione, è risultato vincitore lo studente del liceo “Berto” Daniele Carnovale che pur arrivando ex aequo con Antonio Malvaso s’è aggiudicato lo spareggio con quest’ultimo vincendo, tra l’altro, il tablet offerto dal Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione dell’Unical. Al terzo posto, sempre del Liceo “Berto”, Giorgio Marcello. «L’iniziativa dimostra l’attenzione crescente verso le neuroscienze- ha spiegato il professor Giacinto Bagetta, responsabile della sezione di Farmacologia preclinica e traslazionale dell’Unical -. Oggi questa materia ha ampliato le conoscenze sul funzionamento cerebrale, sull’origine delle malattie e sulla loro evoluzione grazie ad un sofisticato arsenale di strumenti e di tecniche che permette di applicare le nozioni acquisite e di accelerare il progresso nella ricerca cerebrale. Le neuroscienze sono state, infatti, tra le discipline scientifiche a maggior crescita nell’ultimo decennio. La nostra società - ha spiegato ancora il professor Bagetta - sta invecchiando, mostrando così tutta la sua fragilità in termini di patologie della sfera cognitiva. Pertanto già Horizon 2020, ma anche gli interventi nazionali di finanziamento
«La nostra società ha spiegato il professor Bagetta - sta invecchiando, mostrando così tutta la sua fragilità in termini di patologie della sfera cognitiva»
della ricerca scientifica, attenzionano fortemente l’ambito delle neuroscienze e delle malattie degenerative del sistema nervoso centrale. Per far comprendere l’importanza di questi argomenti basterebbe fare riferimento alla demenza, termine che racchiude una vasta gamma di disordini cognitivi che vanno dall’alzheimer alle demenze vascolari. Patologie, quest’ultime, che rappresentano un problema sociale enorme in termini di richiesta d’assistenza e costi per il servizio sanitario. In tale ambito si stanno facendo passi da gigante per la comprensione delle patologie, tuttavia siamo ancora lontani dall’aver individuato una terapia realmente efficace. Anche per questo motivo il progetto delle Olimpiadi delle Neuroscienze si rivolge ai giovani, ancor prima di entrare all’ università, per motivarli verso ciò che sarà il loro futuro». Il prof. Bagetta, che ha preso parte all’iniziativa assieme al prof. Sebastiano Andò, direttore del Dipartimento di Farmacia e Scienze della salute e della nutrizione, ha posto l’accento anche sulle ricerche che vedono impegnato il Dipartimento di Farmacia e Scienze della salute e della nutrizione dell’Unical. «Studiamo da oltre un ventennio le patologie del sistema nervoso centrale e degli organi di senso, in particolare dell’Ischemia celebrale, del glaucoma e del dolore. Sono ambiti in cui la ricerca, anche all’UniCal, è molto attiva vista la limitata disponibilità di trattamenti farmacologici definitivi. In particolare per l’ischemia celebrale allo stato attuale l’unico intervento terapeutico è rivolto alla cura dello stroke trombotico attraverso la trombolisi che ha efficacia entro le prime 4 ore dall’evento ischemico. In questo ambito stiamo sviluppando nuovi approcci farmacologici con una visione non neuronocentrica, approccio che negli ultimi trenta anni non ha prodotto risultati apprezzabili in termini di dispositivi terapeutici. Siamo poi impegnati nello studio del sistema immune nel processo neurodegenerativo mentre per quanto attiene il glaucoma, l’attenzione è tutta rivolta alla migliore comprensione dei processi degenerativi della retina che prevedano nuovi “target” per lo sviluppo di farmaci efficaci».
Il gruppo dei partecipanti alle Olimpiadi Sopra, i tre vincitori insieme ai docenti
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Sinergia perfetta
L’Unical si rimbocca le maniche
Presentati i risultati della collaborazione con “Italia lavoro” attraverso il progetto Lavoro&Sviluppo 4
Una sinergia efficace. Che ha soddisfatto le aspettative dei soggetti in campo e prodotto positivi risultati, tanto sul piano della collaborazione istituzionale che - ed era l’obiettivo principale da raggiungere - della crescita professionale di giovani laureati. È quanto, in sintesi, può dirsi del Progetto Lavoro&Sviluppo 4, realizzato tra “Italia lavoro” spa, Agenzia tecnica del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, e l’Università della Calabria. Attraverso Lavoro&Sviluppo4, finanziato dal ministero dello Sviluppo economico nell’ambito del Programma operativo nazionale “Ricerca e competitività” 2007-2013 per le regioni dell’Obiettivo convergenza, l’ateneo calabrese ha avuto la possibilità di attivare 40 tirocini di inserimento/reinserimento al lavoro. Un’opportunità sulla quale la più grande università della regione ha deciso di puntare con convinzione, qualificando ulteriormente il nutrito gruppo di aziende, atenei, istituti ed enti pubblici di ricerca che, sia in Calabria che nelle altre regioni dell’Obiettivo convergenza, hanno aderito all’iniziativa. All’interno dell’Università della Calabria, come si diceva, il progetto si è configurato come un’ importante occasione formativa, sia all’interno di alcuni dipartimenti che in strutture e attraverso servizi all’utenza, interni al campus. Il progetto è stato presentato dal rettore dell’Università della Calabria, Gino Mirocle Crisci, e da Francesco De Simone, uno dei referenti del progetto Lavoro&Sviluppo 4 Calabria. Erano presenti anche la delegata del rettore per l’Orientamento, i servizi agli studenti e l’apprendimento permanente, Assunta Bonanno, e la Responsabile dell’Unità operativa complessa orientamento Sonia Gallo. Nel suo intervento il rettore dell’Università della Calabria ha sottolineato l’importanza dell’ esperienza messa in campo tra l’ateneo di Arcavacata e Italia lavoro. «Si tratta», ha detto tra l’altro Crisci, «di una sperimentazione che aiuta a potenziare le competenze e le capacità dei giovani universitari, anche attraverso un’analisi preventiva dei fabbisogni delle organizzazioni produttive presenti sul territorio di riferimento, facilitandone l’inserimento nel mondo del lavoro». Il rettore dell’Unical, infine, ha auspicato che «a quella appena avviata si affianchino presto altre occasioni per lo sviluppo e l’implementazione di politiche attive del lavoro, opportunità» - ha concluso - «di grande importanza sia per i laureati calabresi che per il territorio».
Tramite questa iniziativa l’ateneo calabrese ha avuto la possibilità di attivare 40 tirocini di inserimento al lavoro
Iscrizione anticipata per Economia e Statistica
Meglio prevenire... Il Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza ha promosso l’importante novità contenuta nel Bando di ammissione relativo all’ a.a. 2014-15, prevedendo la modalità di iscrizione anticipata ai Corsi di Laurea in - Economia - Statistica per le aziende e le assicurazioni. L’iscrizione anticipata è una possibilità offerta a coloro che, in possesso di un titolo di studio di scuola media superiore di durata quadriennale o quinquennale ovvero acquisiranno tale titolo nell’anno scolastico 2013-14, conseguiranno una valutazione positiva nel Tolc (Test On Line Cisia), finalizzato all’orientamento e alla valutazione delle capacità iniziali. Il Tolc sarà erogato in tre sessioni (9 e 16 maggio 2014, 09 giugno 2014,17 e 23 luglio 2014) presso i laboratori didattici di Informatica del dipartimento di Economia, Statistica e Finanza dell’Università della Calabria.
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Il futuro è adesso Uno sviluppo di cui si è parlato in un convegno a Villa Rendano a Cosenza Occasione anche per festeggiare un importante compleanno
Editoria e cultura accendono il motore o di Angela Costanz
Considerare il libro come fautore di economia e sviluppo può apparire una contraddizione in termini, quasi che l’arte e l’intelletto siano avulsi da una qualsiasi dimensione economica ed utilitaristica. Eppure non è così. Otium e negotium, cultura e affari possono coesistere e convivere fruttuosamente. Anzi, è un connubio auspicabile in una società umanamente migliore, ove coesistano ricchezza e cultura, soldi e libri, idealismo e merce. La Calabria, in tal senso, bisognosa a livello materiale, fanalino di coda nel mondo industriale ed aziendale, è al contrario piena di cultura editoriale, rappresentata da decine di sigle, più o meno inserite nel mercato nazionale e fucine di talenti letterari. Ed ecco allora il senso del convegno “L’editoria come economia e cultura. Omaggio per i 90 anni di Luigi Pellegrini”, tenutosi giorno 6 marzo nell’elegante cornice di Villa Rendano a Cosenza in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Regione Calabria. Occasione, questa, come emerge dal titolo del convegno, per festeggiare un importante compleanno, quello di Luigi Pellegrini, fondatore dell’omonima casa editrice, operatore di cultura sin dagli anni cinquanta e scopritore di tanti studiosi e scrittori che hanno trovato nella Lpe possibilità di esprimersi e di imporsi al grande pubblico. Un uomo che ha accolto saggiamente e generosamente studiosi ed intellettuali di ogni dove, senza lesinare complimenti ma anche rimproveri. Ad accogliere i convenuti è stata Antonietta Cozza, addetto stampa della Casa editrice Pellegrini, che ha rammentato gli esordi della Lpe e l’audacia di Luigi Pellegrini che con la rivista Il Letterato nel 1952 ha dato inizio alla sua avventura editoriale. È stata quindi la volta dei saluti di Francesco Pellegrini, direttore generale della Fondazione “Attilio e Elena Giuliani”, organizzatrice del convegno, con sede appunto nella preziosa dimora posta su Colle Triglio e che si propone come centro di formazione e ricerca, aperto alla progettazione e alla valorizzazione del territorio. A seguire, il saluto di Giuseppe De Rose che ha recato al folto pubblico intervenuto gli omaggi e la stima del Comune di Cosenza per l’iniziativa. Al centro della serata, un interessante dibattito, moderato dal giornalista Rai Gregorio Corigliano, tra Pier Franco Bruni, vicepresidente nazionale Sindacato libero scrittori italiani, Roberto De Gaetano, presidente del corso di laurea in Dams Unical, Giuseppe De Bartolo, già Preside di Facoltà di Economia Unical, Mario Caligiuri, Assessore alla Cultura della Regione Calabria, e Nicola Gratteri, procuratore aggiunto Dda di Reggio Calabria. Quest’ultimo non ha mancato di esprimere la sincera stima alla Lpe, a Walter e a Luigi Pellegrini, per aver costoro accettato di pubblicare il volume scrit-
La Calabria è piena di cultura editoriale rappresentata da decine di sigle, più o meno inserite nel mercato nazionale, e fucine di talenti letterari. Festeggiati anche i 90 anni di Luigi Pellegrini fondatore dell’omonima casa editrice
to a quattro mani con Antonio Nicaso Fratelli di sangue nel 2006, testo caldo, con oltre duecento nomi scottanti del panorama mafioso, testo che tante case editrici avevano rifiutato! Il dibattito, quindi, ha messo in luce il valore e l’impegno dell’editoria in Calabria, la capacità di creare un mercato basato sulla cultura, indispensabile anche per arginare l’illegalità, il malaffare e la violenza, come emerge dalle parole dello stesso Gratteri. Ma dalla discussione è emersa anche la difficoltà che gli editori hanno nel dare quell’impronta aziendale al lavoro e gli sforzi per garantire un’ampia distribuzione del prodotto e creare quindi un circolo virtuoso tra autoreeditore-distributore e lettore. Questo perché manca nella regione un contesto economico e industriale sviluppato tale da supportare lo sviluppo di un’industria della conoscenza. La Lpe, a tal riguardo, non ha mai avuto paura di osare e di investire nei talenti letterari, di guardare oltre la siepe, ponendosi come leader nella regione per la pubblicazione di testi che spaziano dalla narrativa, alla poesia, alla saggistica, alla manualistica, in ambito sia divulgativo che prettamente accademico e universitario. Ed è stato proprio Luigi Pellegrini, con l’aplomb e l’eleganza che lo contraddistinguono, a concludere l’incontro, ringraziando per gli onori di cui è stato tributato e ritenendosi «felice, per aver ottenuto praticamente ogni cosa», dai successi lavorativi alle gioie personali, lui, capostipite di una numerosa famiglia che gli è sempre stata accanto, che lo supporta e che gli riempie le giornate, che nelle figure di Walter e Marta prosegue l’attività editoriale, continuando a guidare la sua «navicella di carta», la Lpe, testimonianza che è possibile investire in Calabria, credere nel libro per renderlo prodotto spendibile ed economicamente valido. Si prenda allora in considerazione questo virtuoso esempio, emblema di una Calabria che non si arrende, di un grano capace di maturare anche sotto la neve, come scrisse tanti anni fa Leonida Repaci, scrittore ed intellettuale del ‘900, amico di Luigi Pellegrini e della casa editrice tutta. Simbolo, come afferma ancora Mario Caligiuri, della Calabria che vogliamo, della Calabria che legge e che studia, che ha il coraggio di parlare all’Italia e che ha fede nell’avvenire: insomma, una bella storia da raccontare.
L’editore Luigi Pellegrini Accanto, Villa Rendano
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sabato 15 marzo 2014
La cultura si fa avanti Varat l-ottava edizione del Premio letterario “Tropea”
Dove i libri fanno a gara Con la pubblicazione del Regolamento 2014 sul sito www.premioletterariotropea.org è partita l’ottava edizione del “Premio Tropea letterario nazionale”, che per il terzo anno si svolge nel contesto del “TropeaFestival Leggere&Scrivere”. Concluso il ciclo dei primi sette anni, l’Associazione culturale “Accademia degli Affaticati”, titolare dell’evento, ha proceduto ad un rinnovamento del Comitato tecnico-scientifico. La presidenza è stata affidata a Gian Arturo Ferrari, presidente del Centro per il Libro e la Promozione della lettura del Consiglio dei ministri. Ferrari succede a Isabella Bossi Fedrigotti, il cui prestigio e il cui rigore hanno assicurato al Premio Tropea, nel breve volgere di sette anni, un successo riconosciuto anche all’estero. Della giuria di esperti fanno parte quest’anno quattro dei soci fondatori dell’Accademia degli Affaticati (col presidente Pasqualino Pandullo, Antonio Pugliese, Pasquale D’Agostino e Giuseppe Meligrana). Gli altri componenti del comitato tecnico-scientifico sono: Gilberto Floriani, direttore del Sistema bibliotecario vibonese; Pierfranco Bruni, scrittore e vice presidente del Sindacato Libero scrittori italiani; Vito Teti, antropologo; Mimmo Gangemi, scrittore; Lionella Morano, presidente della Fondazione “Antonio Liotti”; Piero Violante, scrittore, giornalista. Il nome del dodicesimo componente sarà comunicato a breve. Per l’edizione 2014, il Premio Tropea ritroverà la sua collocazione nel periodo estivo e si svolgerà nelle serate del 26 e 27 luglio presso il Teatro del Porto di Tropea. L’appuntamento per la selezione della terna dei finalisti è fissato per domenica 4 maggio, alle ore 10, presso la Sala del Museo Diocesano di Tropea. A decretare il vincitore assoluto, saranno tutti e 409 i sindaci calabresi, affiancati da una giuria popolare formata, anche, da studenti. Il “Tropea” è il primo Premio letterario ad essere veicolato in formato e-book.
Concluso il ciclo dei primi sette anni, l’associazione culturale “Accademia degli affaticati”, titolare dell’evento, ha proceduto a un rinnovamento del Comitato tecnico-scientifico
Reading poetico a Castrolibero
L’appello
Versi in maschera
Salviamo la Terra di Paradiso
Si è tenuto, in occasione del Carnevale, il 2 marzo, il reading poetico in allegria del “parlare materno”, presso la sala delle associazioni di Castrolibero, Cosenza alla presenza dei rappresentanti dell’amministrazione comunale di Castrolibero (Gigliotti, Serra, illuminato) che ha divertito quanti erano presenti alla manifestazione, moderata da Lilli Bargone con la collaborazione nell’organizzazione di Romina Bianco, Domenica Biondo e Rita Pangaro, coordinatrice delle performance dei poeti Lucia De Cicco che si è fatta promotrice della consegna delle targhe 1° memorial Ferruccio Greco, noto poeta delle Serre Cosentine, di Cerisano che ha premiato i poeti Ferdinando Vigna e Massimo Cistaro Memorial inserito nel concorso di poesia del settimanale diocesano, Parola di Vita “La poesia voce della fede” e che ha visto gli stessi premiati anche tra i vincitori del concorso con l’assegnazione di attestati firmati dal direttore del Settimanale, don Enzo Gabrieli.
I poeti, che hanno partecipato al reading, invitati dalla Bottega degli Hobbies di Vilma Perrone, sono oltre ai già citati, Angela Gallo, Rosa Leale, Marcello Manna, Carmine Marozzo, Elena Prete, Antonio Strigari, Francesco Tarantino, ospite d’onore il poeta Gaetano Caira, intermezzato dalla musica di Raffaella Scarpelli. Una serata di arte e gastronomia con la partecipazione dei pittori Mimmo Intrieri, Angelo Gnoato, Regina Rocco, Maurizio Savaglia, Patrizia De Bernardo, Francesco Oriele. Patrizia De Bernardo, di Acri, ha frequentato l’Istituto d’arte di Luzzi, Cosenza. La sua prima mostra il 22 dicembre 2013, presso la Comunità Montana. La tecnica usata è olio su tela e con acrilico, una tecnica mista. È anche paesaggista ma predilige i soggetti femminili perché è il simbolo della bellezza assoluta. Già giovanissima inizia con gli schizzi, in seguito studia la tecnica a olio. La sua esperienza conoscere con la possibilità di apprendere attraverso ogni forma di arte.
Nel V Centenario che quest'anno segna il ritorno nelle Serre di Calabria dei Padri Certosini, in quella terra di paradiso - come scrisse San Bruno di Colonia dove poi i suoi discepoli monaci e conversi amavano vivere (e lo fanno ancora) all'ombra e nel profumo di abeti secolari, starebbe per compiersi un immane delitto. Quello che si dice indetto dal Comune che si fregia del nome del Santo che vorrebbe far cassa cancellando storia e memoria demolendoli e vendendoli al migliore offerente. È davvero incredibile! Fermiamo tale scempio! È l'appello che rivolgo ai lettori del settimanale perché aderiscano tutti a tutelare un patrimonio che tutto il mondo ci invidia, inviando il loro appoggio alla testata. Pietro De Leo
sabato 15 marzo 2014
Di successo in successo Ancora al quarto posto in Italia “L'Utilità dell'inutile” del docente di Letteratura italiana all'Unical Nuccio Ordine
Pagine da podio Stabilmente inserito da oltre sei mesi tra i venti titoli di saggistica più letti in Italia, L’Utilità dell’inutile di Nuccio Ordine, docente di Letteratura italiana all’Università della Calabria, domenica 9 marzo ha riconquistato la quarta posizione (raggiunta la prima volta lo scorso novembre), confermandosi tra le iniziative editoriali di maggiore successo proposte dalla Bompiani negli ultimi anni. I numeri che il libro di Nuccio Ordine può vantare sono effettivamente importanti. In Italia il volume è arrivato alla 9 edizione (46.000 copie), con la casa editrice che annuncia come imminente la 10 edizione (51.000). Tuttavia, fin dall’esordio, avvenuto a settembre 2013, L’Utilità dell’inutile si è reso protagonista di un crescendo inarrestabile di attenzioni e di apprezzamenti, sia da parte della critica che dei lettori. Dopo appena due settimane, infatti, il libro ha raggiunto 3 edizioni (15.000 copie), sorprendendo la stessa Bompiani, che pure aveva puntato con convinzione sull’opera del docente calabrese. L’impennata è arrivata dopo il caloroso post di Roberto Saviano su facebook, il 27 ottobre, che sottolineava con forza il valore pedagogico-culturale del saggio, e a seguito della partecipazione di Nuccio Ordine a “Che Tempo che fa” di Fabio Fazio il 28 ottobre. Due momenti mediatici che hanno indubbiamente contribuito a lanciare L’Utilità dell’inutile, fino al quarto posto tra i libri più venduti di saggistica, pubblicata dal quotidiano la Repubblica il 3 novembre 2013. Sempre in classifica tra i primi venti, domenica 9 marzo, come si diceva, sia la Repubblica che l’inserto domenicale La lettura del Corriere della Sera, hanno indicato il libro di Ordine nuovamente al 4° posto; un risultato tutt’altro che scontato per un libro uscito ormai da diversi mesi, ma che evidentemente continua a ricevere l’apprezzamento del pubblico. Notizie non meno significative arrivano anche dalla Spagna e dalla Francia. Nel primo paese, il libro è stato per molte settimane al 1 posto nella saggistica (in lingua catalana) e al 2° posto in lingua castigliana (nel settore Tascabili, dove figurano anche romanzi e best seller di varia natura), mentre l’ultima classifica, diffusa il 21 febbraio scorso dal quotidiano El Mundo, ha visto L’Utilità dell’inutile, nella versione castigliana, ancora al 3° posto nella categoria tascabili. In Francia, invece, è uscita a metà gennaio 2014 la prima edizione accresciuta (dopo le tre edizioni stampate nel corso del 2013), per un totale di quasi 10.000 copie vendute. Ma il successo del libro, come detto, ha ormai una dimensione mondiale. Oltre alle edizioni in francese, catalano e castigliano, infatti, si annunciano anche quelle in cinese semplificato e in cinese tradizionale, in coreano, greco, tedesco, portoghese, galiziano, rumeno e bulgaro. Risultati che il rettore dell’Università della Calabria, Gino Mirocle Crisci, commenta con soddisfazione: «Il libro sta suscitando un entusiasmo incredibile che naturalmente si riflette anche sulla nostra Università, orgogliosa di annoverare tra i suoi docenti il prof. Nuccio Ordine, cui va l’apprezzamento mio e di quanti ogni giorno si adoperano con dedizione e sacrifici per mantenere l’Ateneo di Arcavacata su standard elevati di qualità scientifica e accademica».
Nuccio Ordine A destra, le classifiche redatte da la Repubblica e dal Corriere della sera
Con 60mila copie vendute ormai ha una dimensione mondiale Traduzioni anche in francese, catalano, castigliano, portoghese, greco, rumeno, cinese e coreano
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sabato 15 marzo 2014
Lo dice anche l’arte Terminata a Cosenza la mostra dell'artista di Montevideo, Edison Vieytes
Basta con i rifiuti È terminata nei giorni scorsi la mostra dell’artista di Montevideo, Uruguay, ormai di adozione calabrese da quasi mezzo secolo, Edison Vieytes, tenutasi presso il Sit down - Arte contemporanea 2014 nei giorni scorsi a Cosenza e dal titolo Contaminazione natura, Vieytes si trasferisce a Cosenza nel 1982 e subito s’impone nel panorama artistico locale per la sua impegnata attività pittorica. L’artista che ha ricevuto anche fuori regione importanti premi per la sua arte, come a Firenze, prima edizione Lorenzo de Medici “il Magnifico” conferito dall’associazione Galleria d’arte centro storico, una sua opera ha partecipato a una collettiva di pittura presso la Galleria Thuiller di Parigi, opera esposta durante una sua personale a Venezia presso la Galleria Bonan Studio D’Arte Due. Vive la sua prima adolescenza nella natura incontaminata tra arte e bellezza del territorio di Montevideo, infatti, le opere della sua primissima esperienza artistica riproducono i paesaggi liberi, selvatici e sani della sua terra. Oggi attento, ma non rassegnato all’incuria dell’ambiente, rimane particolarmente impressa una sua opera in cui in un tramonto di bellezza marina, naviga un messaggio di amore in una bottiglia, per porre l’accento su come, a volte, anche dall’amore può nascere, la disattenzione verso il Creato, Infondo anche una bottiglia che contiene un messaggio d’ amore è posta nel luogo sbagliato, e nocivo per l’ambiente. Di lui dice il critico d’arte, Fernanda Stefanelli: «Le sue opere catturano per il particolare linguaggio visivo e sono espressione di una voce interiore e di un talento individuale. L’artista propone in interessanti opere pittoriche immagini surreali ed espressioni figurate che inducono a esplorare diversi livelli di significato e rivelano temi di forte attualità, come quello dell’inquinamento ambientale. Numerose sono anche le tele in cui forte è il richiamo alla natura incontaminata del suo paese di origine, ai colori della sua terra “gaucha” che restituisce in nostalgiche visioni di forte impatto emotivo e valore culturale: cavalli in libertà, “el gaucho” guardiano di bovini, emblema del folklore uruguaiano, simbolo di libertà e amore per la sua terra; e qui mi sovviene una filastrocca della pampas che dice “en la guella del querer - no hay animal que se pierda” “nel sentiero dell’amore - non c’è animale che si perde”. Nei paesaggi en plein air della città che lo ospita, mentre sperimenta l’immediatezza degli effetti luminosi della visione diretta, l’ebbrezza impetuosa del colore e ricorda la forza prorompente impressionista, ci rivela l’intimità, l’incanto, le contraddizioni e le aspirazioni dell’anima del popolo uruguaiano. Molta sua pittura trasuda di una scalpitante liricità di vita vissuta e di accenti e scelte cromatiche che esaltano il tonalismo coloristico. Immagini che ci fanno comprendere il reale dal punto di vista di chi s’interroga sulla bellezza del creato e sul rapporto tra l’uomo contemporaneo e il vivere in armonia con l’ambiente. Le evocazioni realiste incentrate sulla natura incontaminata sono poi il fulcro generatore delle sue ultime opere sul tema “contaminazione natura”: rappresentazioni metaforiche di una realtà vista con l’impegno ideologico di chi fa proprie le problematiche più scottanti del suo tempo. Immagini che mostrano oggetti e situazioni irreali tanto particolari da sconcertare il fruitore. Vieytes ricorre a metafore utilizzando oggetti di uso quotidiano, figurazioni dal messaggio simbolico premonitore di ciò che può ipotizzarsi come estrema conseguenza della contaminazione della natura. Le sue opere pittoriche hanno bisogno di essere contemplate, studiate, capite e l’artista invita a osservarle, ad “ascoltarle” con devozione. La poetica che più gli è propria è quella che va oltre la percezione visiva e vive all’interno di un proprio universo segnico e coloristico. Nei suoi dipinti coniuga una tecnica pittorica precisa, dettagliata con l’innesto di una serie di simboli evocativi, passando attraverso toni impressionisti a una pittura pervasa da un lirismo cromatico divisionista che attraverso piccolissime pennellate rende luminosa tutta la composizione, al fine di rappresentare una natura grandiosa nella sua bellezza incontaminata.
L’artista Edison Vieytes al lavoro A bordo pagina una delle sue opere più importanti
Vieytes si trasferisce nella città dei Bruzi nel 1982 e subito s’impone nel panorama artistico locale per la sua impegnata attività pittorica L’artista ha uno sguardo attento e non rassegnato all’incuria dell’ambiente
Mentre con lo specchio della metafora ci fa riflettere sull’attualità del momento rappresentato, animato dal forte sentimento di denuncia ambientale, riverbera senza sforzo la complessità della vita moderna, con le sue ambiguità e contraddizioni. Lo scopo dell’artista è anche quello di trovare nuove espressioni figurate che meglio esprimano le problematiche della vita reale, in modo da scuotere l’osservatore sempre con nuovi innesti metaforici e che concorrano a creare nuove raffigurazioni sulla tela: un’ampolla di vetro, una bottiglia che galleggia nel mare o bloccata nella coltre di neve, nell’arida zolla si rivelano una salvezza o una prigione quando la mano dell’uomo continua a riversarvi rifiuti. A parlare di realismo, d’impressionismo e ancora di surrealismo per tentare di qualificare il linguaggio pittorico e stilistico di Edyson Vieytes si rischia di pronunciarsi sulla sua pittura in modo generico. Abbiamo di fronte un pittore che sa trasformare immagini nostalgiche in un linguaggio visivo contemporaneo mentre ci propone una rappresentazione ricca di spunti contenutistici basata sul vero oggettivo e nello stesso tempo surreale metaforico. Edyson Vieytes ci dice che è proprio su questo filo sottile tra realismo e surrealismo metaforico che cammina il suo pensiero di artista contemporaneo. Non c’è dubbio che il tema sull’inquinamento ambientale a livello iconografico, compositivo e stilistico connota la sua produzione e, non trovando giusta sistemazione in alcuna corrente innanzi citata, designa l’artista ideatore di un personale linguaggio pittorico». Lo abbiamo incontrato per sentire dalle sue parole come nasce la sua ispirazione: «I soggetti che maggiormente mi ispirano in questo momento sono quelli della natura deturpata, le bottiglie e i contenitori sparsi per essa, ma anche in altra opera ripropongo la scena di una creatura, che è sollevata su una natura altamente contaminata dalle radiazioni. Amo molto i simbolismi che, posso dire, racchiudono messaggi diretti all’osservatore. La cosa che maggiormente voglio trasmettere consiste nel fatto che tutti noi non facciamo nulla per evitare di deturpare l’ambiente e a volte immettiamo sostanze, che vanno direttamente a danneggiarlo. Anche, a volte, il riciclo del materiale che si fa in molte case di molti comuni non serve a nulla se poi tutto il materiale è confluito in un solo luogo». L’ispirazione dell’artista nasce dal paesaggio attorno a sé, pittura impressionista e contemporanea tende al surrealismo. Da trent’anni che dipinge, oggi, sente la necessità di dare un senso più profondo ai suoi soggetti, che siano anche impegno sociale. Fin da ragazzino amava molto il disegno, ma alla pittura si accosta solo in età più adulta ai venti anni, appassionato di arte a tutto tondo era anche un musicista, la pittura era uno stimolo innato in lui che svolgeva senza pensare, così ci dice Vieytes, ma a un certo punto si accorge che studiare e approfondire ciò che forse era stata fin da giovanissimo, anche se inconsapevole, la sua vera natura; così incomincia a frequentare una scuola per disegno pubblicitario, e fu lì che incontrò uno dei più grandi acquarellisti contemporanei, Guarino, le cui opere sembravano delle splendide fotografie, l’arte dell’acquarello ci dice infatti, il pittore Edison, è tra le tecniche più difficili, una pennellata sbagliata e la tela va buttata, fu suo professore e in Vieytes aveva per primo notato un talento innato, che con lo studio divenne più consapevole. Lucia De Cicco
sabato 15 marzo 2014
Pillole di fede La vita coraggiosa di Don Giussani
Oltre le apparenze L’autore Alberto Savorana A centro pagina la copertina del libro
di Lucia De Cicco
Presentato il 6 marzo presso l’auditorio Guarasci del liceo classico B. Telesio il libro Vita di don Giussani edito Rizzoli, di Alberto Savorana. A parlarne con l’autore, il magistrato Biagio Politano, il giornalista Piero Sansonetti, che l’ha intervistato, ponendo una serie di domande, che poi attraversano il dubbio umano dell’esistenza di Dio della presenza dello Spirito Santo in laici, atei e praticanti; l’incontro è stato moderato dal giornalista, Pasqualino Pandullo; ha introdotto Carlo Trentacapilli, di Comunione e liberazione; era presente anche l’arcivescovo di Cosenza, Salvatore Nunnari. Un testo, quello di Savorana, dedicato a Julian Carron, oggi guida del movimento nazionale di Cl, con Francesca, Pietro, Giovanni, Maddalena a Caterina. «La gioia più grande della vita dell’uomo è sentire Gesù vivo nelle carni del proprio pensiero e del proprio cuore. Il resto è veloce illusione o sterco». Con queste parole, che don Giussani esprime in una lettera indirizzata a un amico, racconta l’autore, potrebbe essere racchiusa tutta la vita di don Giussani, che visse alla luce anche della figura paolina, quando affermò nelle sue lettere: «Tutto ormai io reputo una perdita davanti alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in Lui» (Fil. 3,8-9). Il giornalista Sansonetti nella serie di domande/dubbio all’autore che poi si sono rivelate essere le domande che attraversano la vita di don Giussani, ci ha confermato essere in realtà una sola la questione: “Come la vita dell’essere umano si rapporta all’intero Universo e di come questo approccio può essere differente tra credenti e atei?”. È affrontato, nel testo, il tema del rapporto tra ragione e realtà ed essendo la realtà più vasta della ragione essa risulta essere rattrappita se s’identifica con la misura del reale. Nel suo esporre, Piero Sansonetti ha spaziato dall’autorità ecclesiale alla forza sessantottina del movimento di Cl di andare controcorrente e del rifiuto del pensiero unico, il mettere in discussione ciò che non si può mettere in discussione. Nulla in un Paese è più dannoso del pensiero obbligatorio, afferma Sansonetti; mentre Cl pone valori e non moderazione, essi si riveleranno negli anni in cui nacque Cl. Una grande avventura, la definisce Sansonetti, quella di Cl che ha accompagnato il movimento nel suo essere anticonformista che lo avvicina ai laici con la capacità di mettere in discussione tutto con la sua grande apertura mentale. Le domande-chiave poste in finale d’intervento dal giornalista sono state rivolte al valore della fede: “essa può interessare di là delle figure come Cristo o Giussani un mondo laico?. E ai cattolici può interessare un confronto di un mondo che non ha la fede, la rispetta, ma non vi aderisce e che vive nella sicurezza della morte?”. L’intervento di monsignore Nunnari si è concentrato sulla figura di Lugi Giussani, che era importante per una Chiesa che potesse dialogare con il mondo e in un periodo di grande chiusura della stessa. Ad Alberto Savorana, l’autore, le conclusioni: «Don Giussani non ha avuto paura del mondo e non ha avuto neppure il disprezzo del mondo; e standogli accanto non ho avuto mai la percezione di un uomo impaurito dal mondo moderno. Egli è figlio della modernità e durante il suo percorso di studio trova in Leopardi il suo accompagnatore, il pessimista cosmico, ateo, compagno di giovinezza e di tutto il suo itinerario religioso», così esordisce l’autore all’inizio del suo appassionato intervento. Ha aggiunto che trovandoci di fronte a
Presentato presso l’auditorium “Guarasci” del liceo classico B. Telesio il libro “Vita di don Giussani” edito Rizzoli, di Alberto Savorana
un ateo, si può anche leggergli un’intera biblioteca in cui si afferma l’esistenza di Dio e riuscirne anche a fornire la prova di ciò, ma lui rimarrà senza la fede. Eppure don Giussani non ha fatto altro che porre l’accento sul cuore dell’uomo: esso è identico in ogni essere vivente ed è così, afferma Savorana, che il giovane prete Giussani, nel 1954, insegnando in un liceo, comincia a interessare agli studenti nella sua figura, molti dei quali del cristianesimo non sapevano nulla, ma in ognuno di loro c’era quel cuore umano che come in tutti si pone delle domande e cerca la felicità. In fondo, aggiunge Savorana, non è ciò che ha fatto anche Cristo con l’adultera? Ed ecco allora che c’è un qualcosa di più profondo, il valore personale è oltre, a volte, anche della stessa cattiveria. Per Giussani l’avere incontrato Cristo non era avere chiuso una partita; egli aderisce alla realtà in ogni circostanza. Anche nel momento della sua malattia, che poi lo porterà alla morte, scorge la bellezza delle giornate di sofferenza, perché non belle in quanto tali, ma belle in quanto vere. L’esperienza per Giussani non è solo fare delle cose, ma trovare in essa qualcosa di più grande e verificare se ciò che si è provato corrisponda al bisogno profondo che è dentro di noi. Questa esperienza, dice Savorana, diventa occasione di dialogo per Giussani e il dialogo è relazione, il rapporto tra due esseri comunicanti, che è alla base della verità cristiana. La verità cristiana è basata su ciò, un’esperienza con un’altra esperienza, che fa crescere in quanto reciproca ricchezza e consiste nella scoperta dell’altro e della sua libertà. Abbiamo incontrato Alberto Savorana alla fine della presentazione del libro. Giornalista professionista dal 1987, ha lavorato presso RaiUsa a New York. Ora è responsabile dell’ufficio stampa e pubbliche relazioni di Cl e delle attività editoriali. Ha collaborato con don Giussani alla realizzazione della collana Bur “I libri dello Spirito cristiano”. Qual è il ricordo che conserva della collaborazione con don Giussani? L’ho incontrato negli anni dell’Università, ero già aderente a Comunione e liberazione. Diventammo amici, anzi fu di più, un padre; la mia vita è molto legata a don Giussani, ché mi ha aiutato a capire molto di più non solo del privato, ma anche nel lavoro. La fiducia per lui non era un qualcosa, che veniva aggiunto alla vita dall’esterno, ma era la modalità più umana di vivere la stessa. Il modo con cui affrontare le emergenze del vivere in ogni situazione dalla vita quotidiana al lavoro, alla situazione della malattia. Papa Francesco sembra vivere il quotidiano con la stessa verità e adesione totale alla realtà di don Giussani! Si trova d’accordo con quest’affermazione? Ci sono aspetti di grande vicinanza, entrambe sono figure afferrate da Cristo, un dato di gande evidenza. Cristo essendo il centro della loro vita, gli ha consentito di essere aperti verso tutto e tutti. Mettendo in discussione pregiudizi e preconcetti e sacrificando la loro vita solo aderendo a ciò, rinunciando alla pretesa di affermazione di sé. La pretesa del mondo di resistere all’accoglienza della fede e il suo abbandono alla moda del tempo... È la pretesa dell’uomo moderno di essere misura di tutta la realtà. In don Giussani ha trovato una risposta non di rifiuto, ma di accettazione del limite del mondo che ha aiutato giovani e adulti a riprendere possesso di se stessi, rendendosi conto che l’uomo è molto di più dell’immagine che ci si è costruiti. L’uomo è in ricerca, nulla gli potrà impedire di cercare una risposta alle sue domande, origine della libertà che don Giussani ha testimoniato e che Papa Francesco suggerisce ogni volta che si muove e parla. La libertà, che non è assenza di legami e certezze bensì la testimonianza di un uomo che ha un’unica certezza, che ha un solo padrone (Cristo) a differenza di altri che per non avere un solo padrone sono schiavi di tutti.
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sabato 15 marzo 2014
Il racconto Il maestro Severino e la figlia Giovanna
Tradizioni di Calabria di Giuseppe Aprile
Il maestro Severino non aveva alcuna voglia di cimentarsi con un discorso che riguardasse la condizione delle tradizioni popolari di questa terra di Calabria. Eppure quando si parla di questo argomento scatta come una molla ed attacca subito. Qualche volta non si sente perfettamente in forma e non ha grande voglia di conversare. Ma questi argomenti sono pane quotidiano per i suoi denti e gli basta un minimo di insistenza che parla e non si ferma più. Il luogo del nostro incontro è sempre lo studio dentro il quale frequentano gli appassionati della musica, fanno le prove tanti suoi amici che portano da casa i loro strumenti musicali, la figlia Giovanna insegna canto e strumenti vari (chitarra, piano, basso) per tanti allievi che sono il meglio che nasce dalle attività educative e formative in fatto di musica pere questa zona dalle grandi tradizioni popolari e folckoriche. In una delle vie centrali di Reggio, in questo studio, si danno appuntamento gli appassionati della musica ed apprendono lezioni, si fanno una propria esperienza sotto guida, si esercitano in suoni e roba da pentagrammi, passano un tempo meraviglioso per sviluppare la loro capacità creativa e imparare al meglio uno strumento musicale. Severino attacca, una volta sensibilizzato in questo giorno difficile, e parla di tutte le sue esperienze in qualità di unico reggino che ha una conoscenza quasi completa in materia di attività quotidiana e tradizionale relativamente a quella che è una delle grandezze mai abbondantemente sfruttate della città di Reggio Calabria e che riguarda, appunto, la creatività popolare che da una parte ha prodotto diversissime testimonianze di cantanti, autori e gruppi folk e dall’altra ha dato luogo alla composizione di diversi gruppi orchestrali che sono andati e vanno per la maggiore in tante parti d’Italia ed all’estero dove vengono chiamati proprio perché originali, frutto di una tradizione che viene da lontano, espressione genuina dell’anima popolare. Il professore Grio, un ottimo medico che opera in ospedale vicino ospedale, è un appassionato di violino e non manca mai da questo studio quando la professione di medico gli lascia le ore libere. Dice: «Il violino è la mia seconda passione, dopo la professione. Anzi, è la prima perché di fronte al violino lascerei anche la professione, in certi momenti, viene in secondo ordine. Facendo il medico, in ospedale, sicuramente utilizzo anche la mia creatività. Non tralascio nulla e mi dedico con grande volontà. Quella del medico è una professione che ho scelto e mi porterò sempre nella vita. Il violino, la frequentazione dello studio del maestro Severino, rilassa, mi restituisce carica dopo ore interminabili in sala operatoria con ammalati di tutte le specie che hanno tanto bisogno di attenzione, di cure, di tagli, di cuciture, di infinita attenzione e dedizione. Ma io penso che ognuno di noi faccia bene la propria professione, qualunque sia, a condizione che mantenga integra la propria personalità, indipendentemente dal mestiere o dall’arte che svolge, se mantiene equilibrio, sorriso, benevolenza, condizione fisica ideale, tranquillità; se vive soddisfatto e lieto della propria giornata. A ma il violino da tanto e diventa sempre più un elemento di equilibrio e di tranquillità. Opero meglio, se mi sento tranquillo e realizzato». Anche la moglie di Grio frequenta lo studio e fa scuola con Giovanna, sicuramente la migliore cantante di Reggio Calabria. Giovanna ride sempre quando fa scuola, è sempre gioiosa, contenta. Basta che apra la bocca che di essa si capisce che è una grande cantante, nata per cantare, per insegnare canto. Ed ha tantissimi allievi ed allieve. La sua voce è argentea, con tonalità da autentica cantante lirica, tanto che canta le più impegnative canzoni napoletane che richiedono altezza di voce, tonalità di massima acutezza, esprime con tranquillità quella che comunemente è considerata la nota più impegnativa e che viene chiamata il “do di petto”. Dalla scuola di Giovanna e Antonio Severino nascono fiori di cantanti e suonatori di chitarra. Il luogo di questi importanti artisti reggini è molto frequentato e tutta Reggio ha poche altre possibilità di esperienza nel campo artistico e della composizione musicale.
Una delle grandezze mai abbondantemente sfruttate della città di Reggio Calabria riguarda la creatività popolare
Gino è un altro cantante impegnato e, pur in età sicuramente molto avanzata, ha riscoperto la sua passione per il canto. Mi dice: «Quando ero giovane cantavo. Poi ho smesso, col passare degli anni e il moltiplicarsi delle attività e dei doveri famigliari, ho avuto ben altri compiti da svolgere ed altre ragioni per impegnare le mie ore quotidiane. Ho fatto un ottimo lavoro per vivere e mantenere la mia famiglia e rispetto al cantare posso dire che ho avuto molte distrazioni. Ma ora, diciamo nella vecchiaia, frequentando il maestro Severino, m’è tornata la passione di quando avevo giovinezza e tranquillità e spensieratezza. La chitarra si Severino ti fa cantare senza volerlo. La tua voce, con essa trova l’accordo adeguato e non ti fa mi faticare per cominciare una canzone. Io tralascio qualsiasi cosa per venire qui, passare le mie ore con gli altri che suonano, cantano, compongono una orchestra che continuamente viene utilizzata in diverse piazze ed in tanti locali per allietare serate ed accompagnare gente in voga di divertimento. Facciamo diverse serate e siamo anche apprezzati moltissimo. Peccato che in questo nostro ambiente non c’è l’attenzione che avrebbe dovuto esserci da parte delle autorità locali che trascurano, quando proprio non stanno fuori del tutto, ogni forma di attività che riguarda il folklore e le attività sociali. Diciamo che anche qui il pubblico viene trascurato ed i nostri politici esprimono il difetto del disinteresse». Severino afferma: «Dalle nostre parti c’è una delle più intense attività tradizionali di folklore. Qui vicino c’è Cardeto che vanta il più antico gruppo folck della nostra zona. È un gruppo fatto da un uomo con una folta barba a coprire gran parte della sua faccia». Lo chiamavano anche “barbozza” appositamente. Era l’amico fedele che guidava il gruppo, dopo averlo inventato, con maestria inimitabile e animava tutte le piazze dei paesi circostanti. Andavano anche fuori della Calabria, negli altri paesi del Nord ed anche all’estero. Anzi, all’estero era conosciuto con “il gruppo reggino”. Nei paesi d’Aspromonte era conosciuto come nessun altro e tutto lo amavano, volevano sentirlo, aspettavano la festa del Santo patrono per godersi la serata con il gruppo dell’amico Fedele che lo curava, lo preparava, ci lavorava un anno intero, giorno dopo giorno, per portarlo a migliori condizioni in modo da non avere mai critiche ed avere sempre applausi.
sabato 15 marzo 2014
Il racconto to e la curiosità prende il sopravvento sui valori. Chiamano e pagano abbondantemente i forestieri e lasciano da parte i locali che non hanno santi in paradiso. “La roba di altri è sempre meglio” dice un antico proverbio calabrese. Di questo passo è meglio cambiare mestiere o tentare fortuna nelle città del Nord. Èquello che quasi tendo a fare». Gruppo impegnato è pure quello di Natino Rappocciolo “I calabreselli” che si esibisce anche all’estero. Poi c’è Micu u Pulici che canta e fa spettacolo per far ridere e allietare anche con barzellette e scene proprie ricavate da sue personali combinazioni. Altri gruppi che vanno per la maggiore ce ne sono in abbondanza, ma meritano ttti una trattazione in partitore, Cosa che ci riserviamo di fare assieme al maestro Severino che sa “tutto di tutti” e ci può dare indicazioni per una storia completa delle tradizioni folck di questa terra che non riesce a sfondare nel turismo, nell’arte, nelle tradizioni, Si potrebbe dire “tanta abbondanza, tanta passione ma poco successo e poca utilizzazione”. Tutta la gente del popolo ama il folklore ed è orgogliosa delle sue tradizioni locali. Non c’è persona che non parli bene di esso, non c’è persona che non sappia i nomi degli artisti impegnati o che durante le feste non gradisca l’esibizione. Poi, però, quando arriva il personaggio della TV è un’altra cosa. Tutti pensano al miracolo, scambiano il nazionale come privilegio sul locale. «E si sbaglia» come dice il nostro amico Severino. «I nostri valori non sono inferiori a quelli degli altri. Io - continua - non invidio nessuno. Ho cinquecento composizioni di cui sono autore per le parole e per le musiche. Solo che devo dire di non avere come affermarle. La televisione è lontana da noi, ha i suoi mercati, le sue pubblicità. Sta a Roma e di noi non s’è mai curata e mai si curerà. La televisione ha impressione, sembra che chi va in televisione è un dio e chi sta a rompersi le ossa lavorando e sacrificandosi, creando, debba restare fuori gioco. Qui da noi ci sono grandi cantanti, belle composizioni, canzoni di rilievo non meno belle di quelle che cantano in televisioni e nessuno ci bada, tutti io nazionali ci snobbano. Restiamo sempre legati alla nostra passione che è il nostro denaro, il nostro sostegno, la nostra unica risorsa su cui puntare senza mai stanchezza».
I complessi più consistenti su Reggio sono quelli di Enzo La Face che impegna tutta la famiglia in modo meraviglioso e molto impegnativo. Enzo, Pina. Adele e Bartolo La face sono sempre in attività. Notevoli sono le loro voci. Pina è conosciuta come una delle migliori cantanti folk di questa terra. Forse, come cantante folk, è la più dedita, la più conosciuta, la più devota. Tutti la apprezzano e tutti la richiedono sui palchi delle piazza. Adele si dedica pure a canzoni nazionali. Non è specifica solo per il folk per come qualcuno gli ha consigliato sempre perché sfruttasse senza limiti la sua fortissima e intonata voce. Dice: «La mia attività risente dell’ambiente. Siamo in una realtà assai trascurata, dove si fanno tante parole e si concretizza poco. I soldi li spendono per cantati di grido , milioni a non finire e noi restiamo senza lavoro. Abbiamo le doti, la passione, ci mettiamo tutto quanto serve per raggiungere risultati importanti, ma poi basta un nome che la televisione ti ha pubblicizza-
Cantanti, autori, gruppi folk e orchestrali ne sono testimonianza
Si aggiunge a noi Giovanna Severino che ha finito le sue ore di lezione e ci dice: «Vedete io sono legata alla mia terra. Le ragioni che mi hanno portato sin da piccole, nella e con la mia famiglia, ad amare la musica ad imparare quello che ho imparato, sono intoccabili. Resto sempre qui e fare il mio possibile lavoro. Non mi faccio tirare dal successo pratico. Mi interessa il successo artistico. Invece mio fratello Domenico ha abbandonato ogni incertezza e s’è buttato su Roma dove ha lavorato ed ha costruito una vita di successo artistico. Va in Cina, in Francia, in Africa. È collegato con importanti personaggi della televisione e fa la sua vita sfruttando il sapere che inizialmente gli è derivato dalla vita famigliare, con mio padre sempre alla guida. Oggi va da solo. Io continuo la mia passione per in canto, sviluppo la mia attività creativa e lascio al tempo, senza alcuna forzatura, il mio avvenire di artista. Quello che faccio mi soddisfa e continuo a scoprire talenti, cercare sempre più amatori dello strumento musicale ed amanti del canto perché quello che conta non è il successo, ma la concretezza delle cose. Il successo non migliora nessuno. Il lavoro sicuramente si e la capacità e la forza creativa restano la base per ogni attività educativa, formativa, artistica».
La proposta culturale di Giuseppe Giacomoantonio
Personaggi calabresi del passato che ritornano Nel quadro delle iniziative promosse dall’Associazione culturale Le Muse arte sui personaggi calabresi del passato che ritornano a noi, sabato 15 marzo alle ore 17.00 nell’aula Magna del Conservatorio di musica “Stanislao Giacomantonio”, in via Portapiana, Emilio Tarditi relazionerà sul tema: La proposta culturale del musicista Giuseppe Giacomantonio. Seguirà un momento musicale a cura del Conservatorio S. Giacomantonio. Esibizione di Roberto Nadiani, tenore, Anna Cirullo, soprano e Marco Mandoliti, pianoforte. Introdurranno la direttrice del Conservatorio di musica, maestro Antonella Calvelli e la presidente dell’associazione Le Muse Arte, dottoressa Myriam Peluso. Per questo evento sono state realizzate due opere pittoriche dall’artista albanese Emin Shaqja che saranno a disposizione del pubblico. il presidente dell’associazione, Myriam Peluso
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