Anno 38 - 1 Febbraio 2014 - Numero 5
Settimanale indipendente di informazione
euro 0,50
di Federica Montanelli
Appuntamento con un artista cosentino “masticatore” di rap Kiave non ama definirsi “Prof”, ma il mestiere gli si addice L’INDIFFERENZA CHE DISTRUGGE
CAMBI AL VERTICE
La Storia che si perde in mezzo al mare
Cresciuta a pane e azienda con idee chiare e fresche
indagine di Paolo Parentela
Il sito archeologico di Monasterace è in grave pericolo per le mareggiate
Marella Burza presidente Giovani imprenditori industriali Cosenza
II
sabato 1 febbraio 2014
Banchi senza differenze Si è svolta all’Iiss di Diamante la prima cerimonia di accoglienza per gli studenti iracheni arrivati in Calabria
Pitagora, tutto il “mundus” è paese
Si è svolta all’Iiss di Diamante la prima cerimonia di accoglienza per i quaranta studenti provenienti dal Kurdistan Iracheno, giunti in Calabria, appunto, nella storica città di Diamante, nel quadro del Programma “Pitagora mundus”. Presente all’iniziativa l’assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri e le autorità delle comunità e degli istituti coinvolti. Il Programma “Pitagora mundus”, creato e coordinato in Calabria dall’Iscapi (Istituto calabrese di politiche internazionali), coinvolge Istituti superiori professionali situati presso il territorio regionale e disponibili ad accogliere studenti stranieri ai quali offrire percorsi formativi di 3/5 anni, al termine dei quali si consegue un titolo di studio spendibile nel mercato del lavoro nazionale ed internazionale. Il progetto intende rafforzare lo spirito cooperativo tra le nazioni su più livelli, a partire dalla formazione. I ragazzi sono stati accolti dalla comunità calabrese in un percorso di integrazione scolastica e culturale appositamente progettato per dare un respiro internazionale alle politiche di sviluppo sociale e del territorio.
Il progetto intende rafforzare lo spirito cooperativo tra le Nazioni su più livelli, a partire dalla formazione I ragazzi sono stati accolti dalla comunità calabrese in un percorso di integrazione scolastica e culturale
Il successo di tale collaborazione internazionale è stato possibile grazie all’opera del assessore regionale alla Cultura, Mario Caligiuri, il quale da tempo si è fatto promotore sul territorio del Programma “Pitagora mundus”, insieme al sindaco del Comune di S. Agata d’Esaro, Luca Branda ed al sindaco del Comune di Scigliano, Carlo Arcuri. I quaranta studenti, pernotteranno insieme a Diamante e successivamente saranno suddivisi nei tre Istituti scolastici aderenti: l’Iiss di Diamante, l’Ips di Scigliano e l’Ipsia di S. Agata D’Esaro. I rispettivi dirigenti scolastici Concetta Smeriglio, Fernanda Petrisano, Filomena Lanzone, da tempo impegnati nel rendere possibile la combinazione di tutti gli ingredienti per il successo dell’iniziativa coinvolgendo i corpi docenti delle rispettive scuole. Principale obiettivo del progetto è rendere la Calabria sede di centri di eccellenza in ambito formativo, in modo da avvalorare le Politiche di internazionalizzazione della Regione Calabria, sostenute dal presidente, Giuseppe Scopelliti. La formidabile sinergia creata tra l’Iscapi, l’Ambasciata ed il ministero degli Esteri Iracheno, la Farnesina e gli organi diplomatici competenti hanno reso possibile questo importante evento che vede per la prima volta protagonisti in un progetto di formazione ed integrazione Italia e Iraq, nell’ottica di promuovere e consolidare i valori della cooperazione internazionale. l’Iiss di Diamante
sabato 1 febbraio 2014
La luce sul futuro Il 27 gennaio 1945 l'Armata Rossa, impegnata nell'offensiva verso Berlino varcò i cancelli della fabbrica della morte di Auschwitz
La memoria di ciò che è stato L’Armata Rossa libera il campo di Auschwitz
eco di Pierfrancesco Gr
«La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sómogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera. Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti. Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi. A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi (la strada era più alta del campo) sui loro enormi cavalli, fra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate di vento umido minaccioso di disgelo. Ci pareva, e così era, che il nulla pieno di morte in cui da dieci giorni ci aggiravamo come astri spenti avesse trovato un suo centro solido, un nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo»: in tal foggia, nel suo libro La tregua, Primo Levi racconta la liberazione del campo di Auschwitz, filtrandolo con le sue emozioni, segnate dalla drammatica esperienza colà vissuta. Emozioni che si trasformano in testimonianza e che toccano la sensibilità di chi sa leggerle e viverle, anche e soprattutto nel nostro tempo. Quando quel giorno di gennaio del 1945 l’Armata Rossa, impegnata nell’offensiva verso Berlino, varcò i cancelli della fabbrica della morte di Auschwitz, l’umanità scoprì il volto peggiore del suo essere, quello bestiale e immondo, un buco nero che in poco tempo aveva inghiottito, violentato, annientato milioni di esistenze innocenti, marchiando per sempre a fuoco la pelle di quell’Europa, che, seppur nobilitata e “immunizzata” da una millenaria vocazione di cultura e civiltà, vide annidarsi, crescere e degenerare al suo interno il mostro criminale dell’ideologia nazi-fascista, il male precipuo di un’epoca in cui la luce della ragione umana conobbe la sua notte, precipitando nell’incubo più buio della vicenda esistenziale, quello dell’Olocausto degli ebrei d’Europa, della Shoah, del sacrificio di donne, uomini, bambini indifesi, uccisi e rapiti dal
L’umanità scoprì il suo volto peggiore, il male da non dimenticare, per non farlo tornare
vento, parafrasando la famosa canzone di Francesco Guccini dedicata alla catastrofe dei campi nazisti. Afferentemente a questa complessa e drammatica tematica ogni anno, in occasione del 27 gennaio, giorno designato a promuovere e mantenere salda la memoria sulla Shoah, sentiamo e leggiamo commenti e riflessioni volte a interpretare dal punto di vista storico e sociologico quello che è avvenuto nella prima metà degli Anni ‘40. In tal modo, nel tempo, termini come “Olocausto”, “lager” sono diventati patrimonio conoscitivo comune nella loro piena accezione, non più solo appannaggio di storici e studiosi, contribuendo a sensibilizzare la coscienza e la conoscenza delle donne e degli uomini di oggi sulla grande tragedia del ‘900 e ponendo le basi per una memoria collettiva che, valicando il vincolo, ormai caduco, visti i tanti anni trascorsi dagli avvenimenti predetti, del ricordo individuale, possa assurgere a monito diuturno per le generazioni di domani, perché “è accaduto, quindi potrebbe accadere di nuovo”, come ebbe modo di affermare Primo Levi, rievocando la sua prigionia dietro al filo spinato nazista, vividamente disegnata in tutta la crudezza nel suo capolavoro, Se questo è un uomo: «Voi che vivete sicuri/nelle vostre tiepide case,/voi che trovate tornando a sera/ il cibo caldo e visi amici:/ Considerate se questo è un uomo/che lavora nel fango/che non conosce pace/che lotta per mezzo pane/che muore per un sì o per un no./Considerate se questa è una donna,/senza capelli e senza nome/senza più forza di ricordare/vuoti gli occhi e freddo il grembo/come una rana d’inverno/ Meditate che questo è stato»; parole forti, che urlano il dovere di preservare la memoria, la nostra memoria, da coltivare quotidianamente, senza incertezze e superficialità; quella memoria che costituisce, in proposito, l’antidoto a certe pulsioni facenti, periodicamente, capolino nel turbinoso incedere della contemporaneità, come quelle di cui s’è parlato in questi giorni, riguardo alla disgustosa manifestazione d’intolleranza palesata via posta da ignoti ai danni della comunità ebraica della capitale. Quella memoria che non è un esercizio retorico, bensì un bene assoluto, ideale e reale, con i suoi testimoni e i suoi luoghi; già, i luoghi della memoria, alcuni custoditi anche in Calabria, come il Campo di Ferramonti di Tarsia, il più grande luogo d’internamento fascista, un luogo ove rammentare che il male dell’intolleranza razzista, anche se edulcorato, non è stato qualcosa d’alieno, di lontano da noi, ma è una realtà che ha riguardato tutti, che riguarda tutti e che tutti insieme dobbiamo vincere, superare, in ossequio a quelle norme morali di cui ogni essere umano è insostituibile testimone.
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sabato 1 febbraio 2014
Il futuro fatto dai giovani Riprese le attività nel Centro di formazione professionale della Provincia a Bisignano
I nuovi sbocchi del lavoro
L’assessore Giuseppe Giudiceandrea
Grazie anche alla collaborazione del Comune di Bisignano, sono riprese le attività nel Centro di formazione professionale della Provincia di Cosenza, presso il Palazzo della Curia di Bisignano. L’impegno è dell’assessore alla Formazione professionale della Provincia di Cosenza, Giuseppe Giudiceandrea che, insieme al presidente Oliverio, si è prodigato per far rivivere la scuola di formazione, considerando come quest’ultima, soprattutto in ordine alle attività artigianali e tradizionali, potrà consentire la realizzazione di attività lavorative per i giovani della provincia di Cosenza e non solo. Il primo corso, appena terminato, è quello di Ebanisteria, rivolto a lavoratori in mobilità in deroga. A breve verranno attivati un laboratorio didattico di Liuteria e uno di Ceramica, nell’ambito del progetto della Provincia di Cosenza, promosso dall’assessore alle Attività Economiche e Produttive, Mario Caligiuri denominato Laborobis (due Laboratori-Due Botteghe_Due Comuni: Rogliano e Bisignano), in collaborazione con l’amministrazione comunale di Bisignano, cofinanziato dal Dipartimento della Gioventù della Presidenza del Consiglio dei Ministri in convenzione con l’Upi (Unione delle Province italiane VI edizione del programma azione Province Giovani 2013). Alla fine di febbraio partirà il corso pluriennale di Liuteria, nel rispetto della tradizione dei corsi realizzati nella scuola fino a nove anni or sono, in collaborazione con la Cna di Cosenza. Si tratta di un corso di alta specializzazione e valore che, oltre a formare giovani che vogliono cimentarsi in questa attività, vuole essere il primo passo per riportare nella Scuola di Formazione di Bisignano l’antica tradizione liutaia del grande maestro De Bonis, attraverso i suoi eredi ed ex allievi.
Terminato il corso di Ebanisteria A breve quello di Liuteria e altri laboratori didattici On-line nuovo Cud e 770 semplificato
Conti con un click È on line sul sito dell’Agenzia delle Entrate la bozza del nuovo Cud 2014 e del nuovo 770 Semplificato. Il Cud 2014 è la certificazione unica che attesta i redditi di lavoro dipendente, percepiti nel 2013. Il documento ha una nuova veste grafica, istruzioni più semplici e una copertina con un indice per facilitarne la lettura e la compilazione. Nel file c’è anche una nuova area con la quale il sostituto comunica al dipendente, con rapporto di lavoro a tempo inferiore all’anno solare, di aver applicato le detrazioni per carichi di famiglia solo per il periodo nel quale si è svolto il rapporto di lavoro. L’aliquota per le detrazioni a favore di Onlus passa dal 19% al 24%. Il nuovo modello 770 Semplificato del 2014 ha dei nuovi campi legati alla Comunicazione dati certificazioni lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi. Inoltre il prospetto SS consente di aggiungere le addizionali comunali di compartecipazione all’Irpef applicate sulle somme percepite in relazione all’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche. Per informazioni: Agenzia delle Entrate.
sabato 1 febbraio 2014
L’indifferenza che distrugge Il sito archeologico di Monasterace è in grave pericolo A seguito di alcune mareggiate causate dal maltempo la situazione è peggiorata
Storia in mezzo al mare Il deputato M5S Paolo Parentela, ha visitato il parco archeologico di Monasterace (Rc) insieme ad alcuni attivisti del Movimento Cinque Stelle di diversi meet up calabresi. Nel mese di dicembre, a seguito di alcune mareggiate causate dal maltempo, le condizioni in cui versa l’area avevano portato Parentela ad interrogare il Ministro dei Beni culturali Bray per sollecitare un intervento che potesse salvaguardare il parco archeologico. «L’area archeologica di Monasterace - dichiara Parentela - rappresenta uno dei punti cardine per la storia e l’archeologia calabrese insieme ad altri importanti siti di rilevanza internazionale. Non possiamo permettere che vengano distrutti la storia ed il futuro della Calabria». Qualche mese fa, proprio nel parco archeologico di Monasterace, fu ritrovato l’ormai noto mosaico del drago risalente al IV secolo a.C., che rappresenta il più grande mosaico ellenistico del sud Italia ed è solo l’ultimo degli importantissimi ritrovamenti riportati alla luce dalla campagna di scavo condotta nell’area. «La situazione - continua Parentela - è più grave di quanto immaginassi. Occorre immediatamente smantellare un edificio che so-
Il resoconto del sopralluogo del deputato Paolo Parentela è tragico: «Non si può permettere la distruzione di passato e futuro della Calabria»
vrasta la battigia e che sta crollando, mettendo in pericolo non solo il parco, ma anche i cittadini. Così come non bastano i primi interventi di messa in sicurezza attraverso la barriera in pietra che dovrebbe riparare il parco dalle onde». La situazione è aggravata dalla presenza dei soliti sciacalli, che sarebbero stati visti scavare sul posto per rubare i preziosi reperti contenuti nel parco. Dichiara ancora Parentela: «Mi chiedo cosa abbia intenzione di fare l’assessore regionale Caligiuri, visto che fino ad oggi da parte sua non ho visto il necessario impegno sulla vicenda». La soprintendenza ai beni culturali aveva recentemente lanciato un appello per sbloccare i fondi necessari alla messa in sicurezza del parco archeologico che necessita di interventi urgenti per evitare che scompaia sotto i colpi delle inevitabili future mareggiate. «Il sito archeologico - conclude Parentela - è in grave pericolo. Per questo motivo il Movimento Cinque Stelle continuerà ad interessarsi alla vicenda per spingere l’assessore Caligiuri ed il ministero dei Beni Culturali, fino ad oggi latitanti, a far si che lo stato di oggettivo pericolo dell’area dell’antica Kaulonia non perduri ancora a lungo».
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sabato 1 febbraio 2014
Risorsa ambiente
L’Unesco e i territori Vantaggi, potenzialità e percorsi per il Parco nazionale della Sila Il Parco nazionale della Sila ha sempre considerato l’ambiente una risorsa sia in termini culturali, che sociali ed economici. In questo periodo particolare ed in un contesto caratterizzato da uno stato di ristrettezze economiche e culturali, il Parco nazionale della Sila, sin dal 2010, ha avviato una fase di programmazione e progettazione dello sviluppo del territorio, proponendo la candidatura della propria area protetta, e non solo (48 comuni esterni alla stessa), come “riserva della biosfera”, nel quadro del programma “Man and biosphere” (Mab) dell’Unesco. Tale impostazione ha avuto, a settembre 2013, un primo parere favorevole del Comitato nazionale Mab con la trasmissione da parte del Ministero dell’Ambiente del dossier relativo alla candidatura del Parco al Segretariato del programma Mab dell’Unesco. Tale riconoscimento da parte dell’Unesco rappresenta un ulteriore strumento di riconoscibilità internazionale e si inserisce nelle politiche di tutela e promozione delle aree protette già attive. In quest’ottica la protezione, promozione ambientale e dello sviluppo del territorio assumono un ruolo di grande rilievo che deve essere visto in una prospettiva più ampio, globalizzato, dove il rapporto tra enti territoriali ed Istituzionali diventa essenziale. Il Parco con la sua missione vuole e deve essere un interlocutore privilegiato con cui è necessario intraprendere un percorso di attività condivise al solo fine di agevolare quelle politiche di conservazione e sviluppo territoriale attraverso un processo sinergico con le Istituzioni locali e nella consapevolezza che un tale riconoscimento possa rappresentare il vero volano di sviluppo essenziale per il proprio territorio gestito, per la Calabria e per il nostro Paese. Questo incontro pubblico dal titolo “L’Unesco e i territori: vantaggi, potenzialità e percorsi per il Parco nazionale della Sila” può rappresentare un passo in avanti nel percorso di crescita. PROGRAMMA Coordina: Franco Bartucci Ore 09.30 Registrazione partecipanti Ore 10.00 Introduzione Sonia Ferrari - Presidente Parco nazionale della Sila Ore 10.30 Saluti Mario Occhiuto - Sindaco di Cosenza Mario Oliverio - Presidente della Provincia di Cosenza Wanda Ferro - Commissario straordinario Provincia Catanzaro Stanislao Francesco Zurlo - Presidente Provincia Crotone - Presidente della Comunità del Parco Giuseppe Gentile - Assessore Infrastrutture e Lavori Pubblici - Regione Calabria Giacomo Mancini - Assessore Bilancio e Programmazione - Regione Calabria Michele Trematerra - Assessore Agricoltura e Foreste Regione Calabria Giuseppe Scopelliti - Presidente Giunta Regione Calabria Ore 11.00 Presentazione del Rapporto Michele Laudati - Direttore Parco nazionale della Sila Stefano Banini - Responsabile Divisione Energia ambiente (Dea) Cueim Ore 11.30 Coffe Break Ore 11.40
Interventi: Francesco Pugliano - Assessore Politiche dell’ambiente - Regione Calabria Giovanni Soda - Dirigente Settore Programmazione e Internalizzazione (Provincia di Cosenza) Pietro Raimondo Coordinatore Aggregazione dei borghi del Parco nazionale della Sila Beatrice Valente Sindaco Comune di Spezzano Piccolo Pietro Brandmayr - Professore ordinario di Zoologia Università degli studi della Calabria Gian Battista Vai - Professore ordinario di Geologia Università di Bologna Orazio Ciancio - Presidente Accademia italiana Scienze forestali Ore 13.30 Conclusioni Gino Mirocle Crisci - Magnifico rettore Università degli studi della Calabria
Martedì 4 febbraio presso la Sala stampa dell’Unical
Respiro d’intesa tra Arpacal e Comune di Acri
Pronta una Rete per la qualità dell’aria Entra nella fase di piena operatività l’attività di dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria (Arpacal) per la Rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria, progetto finanziato dall’Europa per mezzo del Por Fesr Calabria 20072013 ed affidato dalla Regione Calabria all’Agenzia ambientale calabrese. Il progetto prevede la strutturazione di una Rete regionale di tutela della qualità dell’aria che, in stretta conformità a quanto previsto dal D.Lgs 155/2010 e dalle linee guida tecniche emanate dal Ministero dell’Ambiente, non interessa solo i più grandi centri urbani regionali (Catanzaro, Crotone, Reggio Calabria, Cosenza e Rende, Vibo Valentia) o zone a specifica pressione di impianti, con significative ricadute ambientali, ma è anche a tutela di zone del territorio, in linea di principio, senza grandi pressioni. Il territorio del Comune di Acri in provincia di Cosenza, peraltro già studiato con campagne di misura stagionali attraverso laboratori mobili di cui l’Arpacal è dotata, sarà adesso monitorato in continuo, per un triennio, da una specifica stazione di background urbano che sarà installata, con una completa dotazione di analizzatori ambientali, nella zona del Belvedere di viale Beato Angelo. Nella sede municipale del Comune di Acri, il sindaco, Nicola Tenuta, presente il vicesindaco ed assessore all’Ambiente, Salvatore Ferraro, ed il direttore scientifico dell’Arpacal, Oscar Ielacqua, hanno formalizzato il protocollo d’intesa che autorizza l’Agenzia ambientale calabrese all’installazione del laboratorio che costituirà uno dei venti nodi regionali per il controllo della qualità dell’aria. Il sindaco di Acri, il vicesindaco e il direttore scientifico Arpacal hanno colto l’occasione per confrontarsi anche su altri temi ambientali, oltre quelli della qualità dell’aria, quali quelli dell’epidemiologia ambientale e per il quale lo stesso Ielacqua ha garantito la massima collaborazione istituzionale all’Ente locale, vista anche l’alta densità demografica della popolazione (oltre i ventimila abitanti) e la vastità del territorio di competenza, che conta numerosissime frazioni. Alla stipula dell’intesa hanno anche assistito per il Comune di Acri Tina Ranaldi e per l’Arpacal il dirigente tecnico Domenico Vottari, responsabile unico del procedimento per il progetto della rete regionale, Claudia Tuoto, direttore dell’esecuzione del contratto di appalto per l’Arpacal, e Marianna Caravita, tecnico del servizio tematico Aria del Dipartimento provinciale di Cosenza.
sabato 1 febbraio 2014
VII
Crescere in musica Appuntamento con un artista cosentino che mastica il rap da sempre: Kiave non ama definirsi "Prof", ma il mestiere gli si addice nelli di Federica Monta
Appuntamento con il rap, con un artista cosentino che il rap lo mastica da sempre: Kiave non ama definirsi “Prof”, ma il mestiere gli si addice. Continua, infatti, il tour per le scuole calabresi in cui è la musica a farla da padrona. Il progetto è ad hoc, “Potere alle parole” e ha preso il via a dicembre 2013 in 5 Istituti Superiori di città del Centro e Sud Italia: Roma, Avellino, Bari, Palermo e Cosenza. Proprio a Cosenza, venerdì, Kiave ha approfondito una nuova “lezione” musicale con gli studenti dell’istituto Istruzione Superiore “Enzo Siciliano”, di Bisignano.
Potere alle parole «L’obiettivo - ha dichiarato il giovane rapper - è quello di destrutturare, attraverso lavoratori educativi, stereotipi e pregiudizi alla base delle discriminazioni per etnia, orientamento sessuale, convinzioni personali, identità e disabilità». Sono otto, nel complesso, gli incontri laboratoriali nei quali sono coinvolti anche altri artisti che, per l’occasione, appunto, diventano docenti: Amir Issaa (direttore artistico del progetto), Gbemon,Mad Buddy, Mistaman. Parola “Kiave” è, dunque, il razzismo e la forma musicale migliore per combatterlo. «Il recupero del rap - prosegue Kiave- serve a leggere meglio la storia. Si impara mentre si dice ciò che si pensa. Si compone, si struttura e si declama come linea quello che, solitamente, si conosce come verso. Si coniuga, in sostanza, poesia ed efficacia comunicativa». I giovani studenti ascoltano, assorbono e imparano da “uno come loro” che canta in un linguaggio vicino alle giovani e giovanissime generazioni. «L’antidoto migliore al razzismo - commenta un allievo - è la parola». «Contestualizzare le parole - aggiunge un altro studente - rientra nella tecnica e nei concetti nodali del laboratorio. Il peso della parola la rende importante e preziosa». «Sono tante le cose su cui soffermarsi - prosegue un altro - e quello che più ci ha arricchito è stato sentire il docente vicino a noi. Uno scambio utile di idee quasi ad apprendere vicendevolmente». Una seconda, intensa fase, li vede coinvolti nella pratica, gelosamente documentata dai fotografi Francesco Milito e Bruno Bartolini. Parole cantate, sperimentate, che cambiano significato a seconda del contesto. E il contesto, si sa, è quello dei “coraggiosi”, di quelli che, come Mirko, parlano della propria “Cusè” contornandola di storia, di realtà sociale e culturale e, spesso, di “dissing”( l’ “insulto” del rap). Con la modestia che lo contraddistingue, Kiave chiarisce le differenze coi fenomeni del momento: «Le nuove generazioni sono pronte, con rabbia, a cambiare le cose in una realtà, quella del sud, difficile e combattuta. È tempo che il rap torni ad essere usato come arma. L’unica forse, che può cambiare le cose». Nel progetto già avviato, non c’è monologo, ma dialogo e confronto coi giovani che comprendono la discriminazione e che con la guida del proprio mito - Kiave - scelgono una strada che va oltre l’apparenza. Insomma, ci sono storie e ci sono mode del momento, le solite meteore che rispondono al mercato, ma che presto tramontano. E poi c’è Kiave, che focalizza la sua attenzione sul potere delle parole, sul ritmo del cuore e sul futuro della nostra generazione.
Un talento cosentino... Mirko Filice, cosentino di origine, inizia a scoprire ed amare l’hip hop sin da giovanissimo, ed altrettanto presto comincia ad impegnarsi per far sì che questo diventi la traiettoria alla guida della sua vita. I suoi primi lavori vedono la luce nel 2000 con lo pseudonimo di Kiave. Velocemente si afferma come eccellente freestyler. L’improvvisazione è uno dei punti cardine della sua carriera artistica. La discografia da solista prende l’avvio nel 2005 con Dietro le 5 tracce, per continuare con Digli di no e 7 Respiri nel 2007, Infinite possibilità, Il tempo necessario e Fuori da ogni spazio ed ogni tempo del 2011.
Il rapper Kiave nel corso di una sua lezione
Per le scuole calabresi musica in cattedra Un progetto che ha preso il via a dicembre in 5 istituti superiori di città del Centro e Sud Italia: Roma, Avellino, Bari, Palermo e Cosenza
Il Rap di Kiave è intelligente, fuori dai soliti canoni del genere che spesso cercano di scimmiottare il trend americano. La sua musica, infatti, oltre che ai più talentuosi artisti del Rap statunitense, è ispirata in larga parte dai grandi poeti della musica italiana -De Andrè, Gaber, Tenco- i quali sono stati un tassello fondamentale della sua formazione umana e musicale. Il Rap lo porta a suonare diffusamente in giro per l’Italia all’interno di locali, centri sociali e piazze collezionando una media di 60 date all’anno.?? Inoltre Kiave è impegnato nel sociale con diverse attività con lo scopo di portare la sua musica dove c’è una maggiore necessità, spiegando i suoi testi ed il suo pensiero con live e discussioni con i ragazzi e proponendo una visione dell’Hip Hop che si rifà alle origini, dove la cultura e l’arte assumono il ruolo di antidoto alla violenza, strumenti destinati ad incanalare tutte le energie negative verso la creatività e la competizione artistica, quindi in totale positività. Il 2012 vede Mirko Kiave tra i campioni delle battle di freestyle di Mtv Spit.
VIII
sabato 1 febbraio 2014
Comicità da applausi A Catanzaro l’ultimo spettacolo della rassegna teatrale
Se è comico Ridiamo...ci il teatro Prodotta da “Edizione straordinaria S. C.” e messa in scena dalla “Compagnia del Teatro di M?” al Teatro “Il Minore” presso il Centro per i giovani
Si è chiusa con la doppia replica la rassegna di teatro comico “Ridiamo...ci il teatro”, prodotta da Edizione straordinaria S. C. e messa in scena dalla “Compagnia del Teatro di Mü” al Teatro “Il Minore”, presso il “Centro per i giovani” di via Fontana Vecchia. Ancora una volta il successo è stato confermato dai numeri e dal gradimento del pubblico, che in realtà ha accompagnato tutti gli appuntamenti della rassegna, facendo del Teatro “Il Minore” un luogo che comincia a ritagliarsi uno spazio importante nella geografia degli eventi culturali in città. «Era la prima delle nostre scommesse», spiega il direttore tecnico del Minore Franco Corapi, «dare una risposta alla sindrome del dissesto e della chiusura che affligge le istituzioni e i luoghi culturali del capoluogo, partendo dal basso e costruendo un teatro dove non c’era, autofinanziato e messo a disposizione degli operatori e degli spettatori, all’interno di una struttura che peraltro è già uno dei pochissimi autentici poli d’attrazione della nostra città. Non possiamo non ringraziare per questo il Centro calabrese di solidarietà e gli assessorati alle Politiche giovanili e alla Cultura». Mü. Come era il sottotitolo semiserio - è stato il marchio di fabbrica dell’intera rassegna - del terzo e conclusivo appuntamento, un’evocazione astratta che si è rivelata la traccia narrativa dello spettacolo. Nella partitura dinamica e contaminata, stili e generi si sono succeduti lungo un percorso che aveva fermate prestabilite, costruite attorno alle icone della mamma, del mercato, e della malattia. Satira e prosa, musica e cabaret, autori classici e contemporanei - col consueto omaggio a Campanile, nume tutelare dell’intera rassegna hanno illuminato in modo esilarante vizi e virtù del mondo odierno. Trascinante il finale, con un gioiellino di Courteline messo in scena dal direttore artistico Salvatore Emilio Corea come l’ultimo dei malintesi. Sulla scena il talento degli allievi della Scuola di teatro “Enzo Corea”, i giovanissimi Jasmine Cesareo, Vittorio Zofrea, Viviana Datola, Roberta Guzzo, Alessia Mazza, Mariapaola e Simona Cuteri, Fiammetta Silipo, Silvia Sestito, Claudia Iannì, Letizia Pullano, Noemi Critelli, Chiara Troiano, Cristina Pappaterra, Letizia Ferragina, Lucrezia Petitto, capitanate dalle splendide “conduttrici” Annalisa Lamanna e Mia Carmen Talarico; gli allievi più grandi, convincenti e smaliziati, Dario Costa, Valentina Rames, Marianna Greco. E infine la “Compagnia del Teatro di Mü”, con Gianpaolo Negro, Massimiliano Rogato, Marcello Barillà, Francesca La Grotteria, Patrizia Costantino, Mario Canino, Emanuela Gemelli e Pasquale Rogato. «Anche questa è una nostra scommessa», commenta il regista Salvatore Emilio Corea «sulla quale abbiamo puntato fin dall’inizio con l’aiuto-regista Giuseppe Boccalone e l’autore Franco Corapi, cercando la maturazione degli allievi e la crescita costante dei più esperti nella fusione delle loro potenzialità recitative, un meccanismo virtuoso che solo il palcoscenico sa creare, coniugando la libertà espressiva col rigore della disciplina attoriale». Non resta dunque che attendere le prossime produzioni del Teatro “Il Minore”, che già tra qualche settimana proporrà un allestimento d’autore, mettendo in scena “Emigranti” di S. Mro ek, e nei prossimi mesi continuerà con un cartellone ricco di appuntamenti.
sabato 1 febbraio 2014
Il prestito è ormai un sogno La restrizione del credito alle famiglie e alle imprese sta penalizzando oltremodo l'economia reale E si scommette sempre meno...
Mezzogiorno? Rien ne va plus di Francesco Fotia
La restrizione del credito alle famiglie e alle imprese, a corollario della crisi economica che dura ormai da più di cinque anni, sta penalizzando oltremodo l’economia reale nel Mezzogiorno. Valga un dato per tutti: ad esempio, nella sola Calabria, nel 2012, i prestiti delle banche ai propri clienti sono diminuiti del 1,9% rispetto alla già bassa media nazionale, con picchi di contrazione del 3,3% da parte delle prime 5 grandi banche italiane. Questi e altri preoccupanti dati sono stati analizzati e discussi, martedì scorso, in occasione della riunione della Segreteria del Comitato Interregionale “Calabria-Basilicata” di Unità Sindacale (Unisin), sigla nata nel 2011 dalla confluenza di Silcea e Falcri, due fra le più longeve del settore bancario. Presenti all’incontro i componenti della Segreteria: Stefano Ferrari (Banco di Napoli Cosenza - Gruppo Intesa San Paolo), Ottone Bruno (Gruppo Unicredit Catanzaro), Pasquale Petrillo (Banca Carime Matera - Gruppo Ubi Banca), Carmine Spadafora (Banca Carime Cosenza - Gruppo Ubi Banca), e il segretario responsabile Gianfranco Suriano. «Recentemente - ha spiegato lo stesso Suriano, già vice segretario generale di unità sindacale del Gruppo Ubi Banca, - anche Bankitalia ha dato l’allarme sull’impietoso peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie italiane. Il dato che ci preoccupa ulteriormente però è proprio quello riguardante, nello specifico, il Meridione. Qui la situazione per molte famiglie raggiunge il carattere di “povertà estrema”; nel Sud - fa osservare Suriano - nel 2012 si sono tristemente collocate sotto questa voce addirittura il 30% delle famiglie. Una tendenza che lascia perplessi, ancor di più se si pensa che le stesse istituzioni finanziarie che non supportano più le imprese e i cittadini del mezzogiorno, utilizzano il risparmio degli stessi, investendo in operazioni finanziarie “di corto respiro”, spesso finalizzate alla creazione di ricchezza solo per pochi». Tutta colpa dell’austerity? Solo in parte. A tal proposito occorre forse ricordare che appena due anni fa, la Bce ha immesso nel circuito bancario europeo quasi 500 miliardi di euro in prestiti alle banche al vantaggioso tasso dell’1%, da restituire in tre anni. Di questo cospicuo intervento si sono avvantaggiati diversi istituti di credito italiani, per un
Un dato per tutti: nella sola Calabria nel 2012 i prestiti delle banche ai propri clienti sono diminuiti del 1,9% rispetto alla già bassa media nazionale
ammontare di circa 40,4 miliardi. La misura non è servita ad evitare la stretta delle politiche creditizie degli istituti che, spiega ancora Suriano, «hanno colpito con pesanti tagli anche per quanto riguarda i lavoratori del settore. Una politica di contenimento dei costi che ha portato alla chiusura di sportelli e filiali, e riduzione del personale: scelte che hanno prodotto solo disservizi alla clientela». Ma cosa è possibile fare per tentare di invertire una tendenza che ormai da troppo tempo attanaglia particolarmente il Sud? «Come Comitato Unisin Calabria e Basilicata desideriamo metterci a disposizione di tutti coloro i quali hanno a cuore lo sviluppo delle regioni meridionali - ha spiegato il segretario responsabile. Ci rivolgiamo quindi alle Associazioni di categoria calabresi e lucane, a tutte le parti sociali e a chi presta il suo servizio per i cittadini in completa buona fede, per cooperare al fine di cambiare rotta, di compiere azioni concrete che diano fattiva speranza di crescita per le famiglie e le imprese della nostra terra. Auspichiamo inoltre - ha continuato - che a livello territoriale e nazionale i banchieri italiani tornino a fare ciò che ha fatto delle banche, in passato, un caposaldo per la crescita del Paese. Dobbiamo rilevare che questo ruolo, con le difficoltà del caso, è spesso svolto dalle piccole banche di credito cooperativo. Non è più accettabile uno snaturamento così ampio delle finalità degli istituti di credito, un tempo presenti al fianco dei territori, ricevendone il giusto premio, delle famiglie e delle imprese. È necessario un drastico cambiamento - ha concluso Suriano - che riporti le grandi banche sui binari dell’etica e della morale che avevano reso possibile, non troppo tempo fa, la creazione di posti di lavoro e la crescita in tanti dei settori produttivi italiani».
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sabato 1 febbraio 2014
Idee chiare e fresche Cambio al vertice del Gruppo Giovani imprenditori degli Industriali cosentini
Cresciuta a pane e azienda Cambio al vertice del Gruppo Giovani imprenditori degli Industriali cosentini. A Paolo Filice, che ha guidato il gruppo dal dicembre 2010 è subentrata Marella Burza, eletta presidente del Gruppo Giovani imprenditori di Confindustria Cosenza, uno dei più numerosi nel Sud d’Italia. Cosentina, 33 anni, Marella Burza si forma in città e frequenta l’Università Luiss-Guido Carli di Roma per approfondire gli studi in Economia e Legislazione per l’impresa. Dirige insieme ai due fratelli l’azienda di famiglia: il gruppo Costruzioni Burza, protagonista da oltre 60 anni del settore edilizio locale, dapprima in ambito pubblico e privato, ed oggi esclusivamente in ambito commerciale e residenziale. «Essendo cresciuta in azienda - ha dichiarato la presidente Burza sono molto interessata alle dinamiche del settore e, in generale, a quelle economiche. Nel mio comparto credo che i temi del futuro siano l’efficienza energetica e la tecnologica applicata all’edilizia per soddisfare le esigenze del comfort, ma per tutti gli ambiti ritengo che l’internazionalizzazione e l’innovazione rappresentino il valore aggiunto per la nostra economia». L’Assemblea del movimento degli under 40 degli Industriali cosentini è iniziata con il discorso di commiato di Paolo Filice che ha ringraziato i colleghi per la vicinanza assicurata durante il mandato e per aver contribuito a realizzare un programma di attività «intenso, sfidante, che mi ha aiutato a crescere come persona e come imprenditore. Sono felice di aver potuto fare tante esperienze e di essermi arricchito attraverso un confronto costante con i colleghi del territorio e di tutto il sistema Confindustria». L’Assemblea ha provveduto ad eleggere anche i consiglieri: Maurizio
Sopra Il Consiglio direttivo Paolo Filice del Gruppo e Marella Burza Giovani industriali
Eletta presidente Marella Burza «Essendo cresciuta in azienda sono molto interessata alle dinamiche del settore e, in generale, a quelle economiche»
Acri, Luigi Angotti, Maurizio Caligiuri, Filomena Citrigno, Andrea Magarò, Michele Mirabelli, Giovanni Moranelli, Fulvio Morrone, Maria Eniva Mungo, Francesco Oranges, Giorgio Pucci, Roberto Rugna, Aldo Nereo Salerno, Daniele Smurra e Francesco Tallarico. Il neo Consiglio Direttivo sarà composto, quindi, dalla Presidente, dai Consiglieri, dal Past Presidente Filice e da Vincenzo Lapietra, Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori Edili. La presidente Marella Burza inizia l’esperienza attiva nel gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Cosenza nel 2008, ricoprendo il ruolo di Responsabile della Commissione economia, di Membro della Commissione Energia, Ambiente e Infrastrutture, componente del Consiglio Direttivo e del Consiglio direttivo dei giovani Ance. «Mai come in questo periodo di profonda crisi economica e sociale - ha concluso Marella Burza - si avverte la necessità di fare fronte comune ed unire le esperienze e le competenze per cercare risposte concrete alla situazione di incertezza che viviamo. Desideriamo essere attori partecipi sul mercato economico, fucina di idee e soluzioni, portatori sani di visioni e progetti futuri, contraddistinti da quell’ottimismo che sempre ci ha animato e sempre ci animerà come giovani e come imprenditori». Sono intervenuti il presidente della sezione Agroalimentare Fortunato Amarelli, alla guida del Gruppo Giovani fino a 4 anni fa, gli associati Andrea Magarò, Roberto Rugna, Vincenzo Lapietra, Antonella Bracone. Un ringraziamento per il lavoro svolto dal presidente uscente Paolo Filice e l’augurio per impegno concreto ed efficace alla neo presidente Marella Burza ed al Consiglio direttivo eletto è stato espresso dal presidente di Confindustria Cosenza Natale Mazzuca e dal direttore Rosario Branda, segretario del Gruppo Giovani.
sabato 1 febbraio 2014
Buona e salutare Nell’International Journal of Nanomedicine pubblicata la ricerca del Cera-Arpacal
La liquirizia conquista tutti Per venti studenti dell’Agrario di Belvedere
A scuola di peperoncino
C’è anche il Centro di epidemiologia ambientale regionale dell’Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria) nell’importante ricerca medico-tossicologica sulle proprietà farmacologiche della liquirizia, che la prestigiosa rivista scientifica International journal of nanomedicine ha recentemente pubblicato. Tra le indagini che hanno conquistato la pubblicazione della rivista, infatti, compare anche il lavoro svolto da Michelangelo Iannone, dirigente nel centro di eccellenza dell’Arpacal, diretto da Francesco Nicolace; l’articolo è consultabile online anche sul sito web dell’Agenzia ambientale calabrese, all’indirizzo www.arpacal.it. Ad essere attestati con rigorosi metodi scientifici sono, dunque, i poteri antinfiammatori e antidolorifici della molecola di monoammonium glycyrrhizinate contenuta nell’estratto di liquirizia. La ricerca, che ha visto il Cera collaborare con l’Università “La Sapienza” di Roma, la “D’Annunzio” di Chieti e la “Magna Graecia” di Catanzaro, nonché con l’Istituto superiore di sanità e lo statunitense “Methodist hospital research institute” di Houston, in Texas, apre le porte a nuovi utilizzi in campo farmaceutico. «La nostra ricerca ha voluto dimostrare come l’estratto di liquirizia - ha dichiarato Iannone - sia efficace nei trattamenti di casi come dermatiti, eczema e psoriasi rispetto a terapie basate sui corticostiroidi, e non ha alcuna tossicità». La molecola contenuta nell’estratto di liquerizia può essere utilizzata per “costruire” dei veri e propri “veicoli farmacologici” in grado di esaltare le proprietà antinfiammatorie e antidolorifiche ed aumentarne l’efficacia, a tutto vantaggio della salute. L’evidenza scientifica sulle proprietà farmacologiche e terapeutiche della radice masticata fin dai tempi antichi in Calabria, è pubblicata dalla rivista americana nella formula “open access”, ossia completamente accessibile al pubblico proprio per dare la più ampia rilevanza internazionale ai risultati ottenuti.
Ad essere attestati con rigorosi metodi scientifici sono dunque i poteri antinfiammatori e antidolorifici della molecola di “monoammonium glycyrrhizinate” contenuta nell’estratto di liquirizia
Saranno 20 gli studenti tra cui alcuni diversamente abili, della terza e quarta classe dell’Istituto tecnico Agrario di Belvedere Marittimo (Cs), a prendere parte all’innovativo progetto dall’accattivante nome “Il peperoncino: il nostro futuro piccante”. Il percorso formativo e lavorativo è stato selezionato in base al bando emesso dall’ufficio scolastico della Regione Calabria al fine di promuovere la realizzazione di progetti innovativi di “Alternanza scuola-lavoro”. L’Agrario di Belvedere che è annesso all’Istituto di Istruzione superiore “Silvio Lopiano” di Cetraro, guidato dalla dirigente Maria Grazia Cianciulli, si è impegnato fortemente nel progetto che ha tra i principali obiettivi formativi l’apprendimento delle tecniche di coltivazione, cura, produzione e trasformazione della pianta d’eccellenza della costa tirrenica calabrese: il peperoncino. Nell’ambito dello stesso progetto, inoltre saranno fornite competenze sulla cultura d’impresa, infatti, il progetto mira a trasmettere gli strumenti per la costituzione di una cooperativa di tipo B che preveda il coinvolgimento di soggetti svantaggiati. L’intervento formativo, curato dai professori Vincenzo Carrozzino e Francesca Volpintesta, segue i modelli organizzativi di integrazione tra percorso formativo e mondo del lavoro, anche attraverso la metodologia della “bottega scuola” e “scuola-impresa” per favorire la collaborazione con le associazioni di categoria e soggetti rappresentativi del mondo del lavoro operanti sul territorio calabrese. Sono, infatti, partners del progetto: la Coldiretti Calabria e realtà importanti del territorio quali l’Accademia nazionale del peperoncino e le aziende “Miceli” e “I Magnifici del Mezzogiorno” con il supporto di “LP1 brevetti - Innovazione” di Cosenza. I progetti di alternanza scuola-lavoro rappresentano oggi la frontiera della didattica innovativa, uno stile di insegnamento e di apprendimento che ha la finalità di valorizzare, come momenti interdipendenti di formazione lo studio e la pratica lavorativa, rendendo così possibile un’integrazione efficace tra le acquisizioni maturate in entrambi i contesti dagli studenti. Le azioni mirate a materie d’interesse sul territorio di riferimento favoriscono così l’orientamento dopo il diploma e agevolano l’inserimento nella realtà produttiva locale.
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Il racconto Il bello della vita era quello che si passava in paese. "A vagabondare" come dicevano i nostri genitori
Mi rincresceva andare in campagna di Giuseppe Aprile
Stavo bene quando la campagna non la pensavo nemmeno. Il bello della vita era quello che si passava in paese. “A vagabondare” come dicevano i nostri genitori. Per me era assai bello e identificavo la campagna come luogo di fatica e sapevo che i genitori ci andavano proprio per lavorare, dissodare le terra, zapparla, sudare, sporcarsi le mani, farci tanta produzione, soddisfare i bisogni della famiglia. Quando penso, oggi, alla passione che nutro per la terra ed il lavoro dei campi, mi domando come mai una volta ero così contrariato al solo pensiero che il paese era il luogo del riposo e la campagna quello della fatica senza sosta. Tutti i ragazzi del paese stavano meglio tra le case dell’abitato, nella piazza, in mezzo alle strade, nei luoghi del divertimento, di svago. Fuori paese ci andavano i genitori che erano interessati a produrre tutto sulla terra da lavorare. I genitori volevano bene ai propri figli ed alla famiglia e i sacrifici che dovevano fare per procurare tutto quel che ci voleva per portarla avanti, non erano sacrifici. Erano un naturale modo per fare il proprio dovere. Da piccoli non si capisce molto la differenza tra il lavoro per amore e quello per fatica. Si pensava solo che il lavoro costava sacrifici e il riposo era un premio giusto per tutti. Mia madre era più propensa a lasciarmi a casa, con mia sorella che, invece, al contrario di me preferiva seguire i nostri genitori nella vita di campagna. Quando si andava per la raccolta delle olive, mio padre anticipava: «Ma Peparello viene? Non credo. A parte il fatto che con quello che fa, preferisco che staia a casa; almeno non fa perdere tempo a noi altri che un profitto, sulla terra, lo facciamo sempre». Ad un certo anno si era già certi delle mie predilezioni. Il paese era il luogo dei divertimenti, dello stare con i compagni di gioco, dello stare lontani dal sacrificio e dal lavoro, magari in tempo di pioggia e di bufera. Nel paese venivano portati ad esempio di bravi ragazzi, volenterosi, i figli dei campagnoli che non volevano tanto stare in paese: Loro stavano meglio in campagna, in mezzo agli alberi, con zappa a falce tra le mani, ed anche la scure. Tutto ciò che serviva per un qualsiasi lavoro di campagna, era per loro meglio di qualsiasi arnese di gioco. Per loro era il lavoro il vero gioco. Il più riconosciuto come bravo lavoratore, che sentiva il peso della famiglia, che non voleva perdere nemmeno un minimo del tempo che per lui doveva essere dedicato a produrre qualcosa per la vita, era Ntoni di cugino Capogreco. Anche suo fratello Gaetano amava il lavoro e si recava quasi tutti i giorni nella sua campagna che si chiamava Moravito sapendo che lì, una qualche cosa da fare ci sarebbe stata e, volendo, nessun minuto della vita sarebbe andato sprecato. E diceva: «In campagna ci vivo e mi sento soddisfatto. Sto sempre con a disposizione tutti gli arnesi del lavoro di campagna. Zappa, scure, pala, falce, roncola, pertica, e forfica, non mancavano mai. Erano sempre a portata di mano. Nella casetta dove ci riparavamo dalle intemperie e dal sole alto, o per riposare un minimo indispensabile, quando la fatica era diventata assai rilevante, tenevamo tutto quanto era utile al lavoro dell’orto o per la cura degli alberi grandi o per qualsiasi servizio nel nostro appezzamento di terreno. Io so fare tutto in campagna. Non mi è mai mancata la volontà, ho sempre amato il lavoro, non mi sono mai tirato indietro. So che c’è gente che non la mangia, la fatica. Ma è gente che un giorno o l’altro si pentirà. Verrà per tutti il giorno che si capiranno le vere utilità della vita e si capirà che tutto serve tranne che l’ozio e il risposo totale che è la grande passione di tanti ragazzi che non sanno come si mangia, come si costruisce il bene, come si può ottenere tutto dalla fatica e del sudore della propria fonte. Non tutti sanno che ogni bene viene dalla terra e che senza di questi la gente soffrirebbe assai. Io non ho grande educazione di scuola, ma ho quella di campagna dove mi sono cresciuto e dove ho trascorso e mi auguro di trascorrere il massimo del mio tempo. Sia io che mio fratello Ntoni
Tutti i ragazzi del paese stavano meglio tra le case dell’abitato, nella piazza, in mezzo alle strade, nei luoghi del divertimento, di svago
abbiamo una vita di lavoro e di aiuto verso i nostri genitori. Siamo orgogliosi di fare quanto facciamo e la sera possiamo andare a letto contenti e tranquilli per non esserci mai risparmiati rispetto a quanto saremmo stati in grado fare per fare la nostra parte». Quando penso alla mia vita e rifaccio a mente la sua evoluzione, mi rendo conto che il gusto per il fare una qualunque cosa è conseguenza di tanti momenti e di tante fasi della vita stessa. La stessa età determina tanta voglio o meno di lavorare, tanta tendenza a non disperdere il proprio tempo in cose fatue e attività senza valore di fondo. Oggi amo di più la terra, mi sono ad essa appassionato. Non è più il luogo della fatica e del lavoro massacrante. A parte che ho un altro concetto del lavoro. Se uno lavora pensando alla sua utilità ed a quanto consente di ricavare, si rende conto che il lavoro è piacevole, utile, cosa da fare senza mai tirarsi indietro. Se non ha la coscienza del suo valore, allora è chiaro che piace di meno e lo si scansa con facilità. Mia madre era una persona che badava solamente al suo lavoro e ad accudire alla famiglia totalmente. Le piaceva anche conversare con le amiche ed amava sempre le conversazioni anche di sera tardi. A sera non pensava mai a ritirarsi a vita privata. Le piaceva parlare del più e del meno e soprattutto evocava gesta e fatti dei tanti che in paese vivevano. Non aveva esempi da portare avanti. Per lei la vita aveva una sua logica naturale e si doveva sviluppare secondo abitudini e fari la cui portata era sempre un fatto decisamente naturale. Un giorno mi disse che tanta gente si pone i problema del bello e del brutto, di ciò che piace e ciò che si odia. Si mise a discutere delle abitudini della gente, dei ragazzi, dei figli cioè. E volle arrivare e
sabato 1 febbraio 2014
Il racconto
al dato che uno quando si poneva tanti problemi di fronte al da farsi, dimostrava poca voglia di fare ed andava in cerca di scuse per perdere tempo ritrovandosi, alla fine, con le mani in mano; senza profitto, vale a dire. L’uomo o fa o trova mille scuse per altro. Mastro Peppino Berlingeri, i sarto del paese, quello che lavorava di più e meglio ed aveva una clientela illimitata, diceva che quando si lavora non si parla, che uno o ama il parlare o il fare, che tanti non parlano e fanno e tanti ancora parlano e non fanno. «Non mi è mai capitata una persona che parlasse e facesse nello stesso tempo!» mi disse una volta. Era molto portato come esempio di uomo di antica fattura da povero. Di quelli che avevano ereditato solo il corpo e un po’ di mente che era testimonianza delle antiche credenze della gente del luogo dove era nato e tendeva a crescere. Berlingeri aveva tre figli: Cecè, Mimmo e Teresa. Cecè amava la musica. Tutta la famiglia aveva una provenienza portigliolese. A Portigliola c’era una caterva di amanti della musica tanto da influenzare anche i santileriesi di questa passione. Più di una famiglia di Santilario, proveniente da Portigliola, continuava la passione per la musica. Si ricorda attiva sia la famiglia Berlingeri, sia la famiglia Longo. Nella famiglia Berlingeri era noto il padre anche come suonatore di banda. Suonava la tromba; la cosiddetta cornetta. L’eredità del padre la prese il figlio Cecè che quasi tutti i giorni passava dalla casa alla sartoria del padre, che erano una di fronte all’altra; si metteva di fronte allo specchio dell’armadio e si metteva a suonare per diverse ore del giorno. Suonava in continuazione e imitava le belle canzoni di Sanremo, le canzoni di Giorgio Consolini e quelle di Claudio Villa. La strada, che si chiamava strada nuova e che co-
Il paese era il luogo dei divertimenti, dello stare con i compagni di gioco, dello stare lontani dal sacrificio e dal lavoro, magari in tempo di pioggia e di bufera
stituiva il Corso Garibaldi, la più importante vai del paese, era piena delle musiche di Cecè che faceva dilettare tanti amanti della musica; allora che non c’erano le musicassette ed un disco se lo sentivi una volta, non lo sentivi dieci. Mastro Peppino Berlingeri, uomo onesto e grande lavoratore, che non toglieva mai gli occhi dal suo lavoro, dal suo ago e dalla sua macchinetta da cucire , aveva poche parole da offrire anche se la sua mente era evidentemente colta, seriamente devota alle cose giuste ed oneste ed i suoi figli crescevano educati, bravi senza riserva alcuna, dediti all’attività del loro genitore e della mamma Annuzza che era davvero quello che oggi si dice “regina della casa”.Una volta il compito della donna era determinante ai fini del buon andamento della famiglia. Si diceva “La femmina fa la casa” e tutti acconsentivano., Non c’era una casa giusta, valida dove non c’era una donna che davvero aveva dedicato la propria vita per essa. I figli crescevano attaccanti ai genitori in modo totale ed eguale, ma per la madre avevano sempre una speciale venerazione. Nella famiglia di Mastro Peppino Berlingeri, questa condizione era particolarmente sentita. Tra i componenti della famiglia non c’era mai alcun dissidio. Si diceva “dove sputa l’uno, lecca l’altro”. A significare che una persona era legata all’altra e tutti si volevano un bene infinito. Un’altra bella famiglia era quella di Ntoni Mittica, il collega di lavoro di mio padre.
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Pillole di fede Il nuovo direttore della Caritas diocesana della Curia di Cosenza è don Bruno Di Domenico
pe Caritas, dove ci sono tre laici che lavorano insieme con noi e aiutano nella gestione della stessa struttura Caritas diocesana. La vicedirettrice Rosalba Rosa e con Pino Fabiano nello specifico responsabile dell’aria del Welfare progettazione, stiamo mettendo già in campo alcune strategie se così le si può chiamare, attraverso un Fondo anticrisi a sostegno delle famiglie nelle varie foranie. Cercando nei prossimi giorni di eseguire una formazione per costituire, in esse, un gruppo di gestione del fondo anticrisi, dove sosterremo attraverso l’accompagnamento anche di tipo economico per quelle famiglie, che si rivolgeranno alle Caritas delle diverse parrocchie. Possiamo parlare di prima attenzione. Quale territorio delle foranie riserva maggiore preoccupazione al momento? Il lavoro è tanto e dappertutto perché purtroppo in molte parrocchie non è ancora presente la Caritas. Manca in molte di esse una prima attenzione e accoglienza, oltre che di ascolto dei bisogni. A macchia di leopardo il problema è presente in parecchie aree della nostra Arcidiocesi.
Accoglienza prima di tutto di Lucia De Cicco
Don Bruno Di Domenico
Il nuovo direttore della Caritas diocesana della Curia di Cosenza è don Bruno Di Domenico, parroco della comunità di Santa Caterina V. M. e nominato dall’arcivescovo Salvatore Nunnari. Le opere da don Bruno compiute nella cittadina di Paola sono molto importanti e tutti hanno accolto con benevola approvazione questa nomina che forse non era del tutto inaspettata. Tre anni fa ha, di fatto, con i suoi collaboratori realizzato una Mensa Solidale nella città di Paola e che offre accoglienza quotidiana ai bisognosi. Sette giorni su sette di volontariato e partecipazione dei sostenitori nella somministrazione dei pasti quotidiani ai più poveri. La sua missione opera a servizio dei più poveri e nella città della Carità del Santo patrono di Calabria San Francesco da Paola.
Una nomina questa, don Bruno, che forse non arriva del tutto inaspettata? Inaspettata non del tutto, perché lavoravo già in Caritas come vicedirettore con il già direttore che mi ha preceduto don Antonio Morcavallo, il quale passando alla fondazione antiusura come presidente, si è dovuto provvedere alla direzione della Caritas diocesana. Certamente l’Arcivescovo non aveva nessun obbligo nella nomina, ma ha ritenuto ed io di questo lo ringrazio di porre in me la sua fiducia di continuità ed è arrivata poi questa nomina. Quali saranno le prime difficoltà che si troverà ad affrontare nel portare avanti il lavoro fatto a oggi? C’è già una progettazione che abbiamo stabilito all’inizio dell’anno pastorale nel settembre 2013 e che porteremo avanti con l’equi-
Le opere da lui compiute nella città di Paola sono molto importanti e tutti hanno accolto con benevola approvazione questa nomina che forse non era del tutto inaspettata
Caritas e Banco alimentare come affrontare la situazione dei tagli europei? Colgo l’occasione e ci tengo a dire che il Banco Alimentare non si può associare alla Caritas, perché non sono la stessa identica cosa. Il Banco alimentare opera attraverso una sua rete e struttura e, a volte, capita che in alcune parrocchie si pensi vi sia la presenza di una Caritas, solo perché si ha la distribuzione del Banco alimentare, ma di per sé ciò è un errore perché il Banco nella sua azione va a distribuire un qualcosa che riceve, mentre l’attività caritativa di una parrocchia non può essere solo finalizzata a ciò, ma prevede un ascolto e un accompagnamento, che non sempre si può risolvere con il pagamento delle bollette e la busta degli alimenti, che viene dato. È importante una rete per la Caritas, che non continuerà solo con il Banco alimentare, ma con le tante associazioni, che sono sparse nel territorio e che lavorano a servizio dell’uomo e delle fragilità delle varie realtà umane e sono di ispirazione cristiana. Collaboriamo anche con il Banco alimentare, dunque, cui auguriamo di continuare a svolgere il proprio servizio e che i tagli non lo costringano a una riduzione drastica dell’attività o addirittura a una chiusura. Si parla, sempre più delle nuove povertà. Quelle che dovrebbero riguardare le aere dell’ascolto e dell’accoglienza della persona... Nella Diocesi abbiamo un centro di ascolto il Samaritano, che vuole essere un modo che vada incontro alla fragilità dell’individuo e dell’uomo, che vive un periodo di difficoltà economica. L’ascolto attento è la prima azione e poi passiamo agli interventi a sostegno economico della persona e/o della famiglia che arriva. Soprattutto, il farli sentire ascoltati e accolti è il punto da cui partire, perché non sempre ciò avviene in altri ambiti. Così come, lo dobbiamo dire, c’è la mancanza di servizi sociali nei diversi comuni e ciò crea un vuoto, che diventa dramma per tante persone. L’attività con i Migranti, un’esperienza che lascia una traccia positiva di don Bruno? Proprio nei giorni scorsi abbiamo celebrato la centesima Giornata mondiale del Migrante e del rifugiato. Certo che è una situazione difficile in cui andare a operare. Nella nostra diocesi non è un vasto fenomeno come per altre aree geografiche della stessa Calabria e dell’intera Italia, tuttavia dobbiamo prestare un’attenzione maggiore sia come mondo ecclesiale, ma anche le Istituzioni. Costruire una rete con la Migrantes nazionale, direttore monsignore Perego, che sta cercando attraverso una “guerra culturale” di abbattere alcune barriere, passando da una politica d’assistenza che pensiamo di dover dare a una politica di attenzione, rispetto e di apertura, perché spesso i migranti che arrivano in mezzo a noi sono portatori di grande cultura e spiritualità e possono darci tanto. Una foto, che gira in internet, la ritrae con Papa Francesco. Ci racconta di questo incontro? È stata una grazia poterlo incontrare sul sagrato di San Pietro in Roma. Sentirlo un poco nostro, poterlo toccare e parlare come se fosse quasi una persona di famiglia. Mi è stata concessa la possibilità di potergli dire poche parole. Gli ho detto che provenivo dalla Calabria, questa terra un poco martoriata e gli ho chiesto una preghiera particolare per la nostra regione. Un incontro molto emozionante e spero possa presto fare visita alla nostra terra e chissà alla città del nostro patrono, San Francesco.
sabato 1 febbraio 2014
Obiettivo: tutela dei diritti Inaugurazione a Cosenza dell’associazione socio-culturale “K-ILoe”
La forza della speranza L’associazione socio culturale “K-ILoe, la forza della speranza”, nasce da un’intuizione della sua promotrice in collaborazione di altre sette donne quasi tutte avvocato e in seguito ad un fatto personale della responsabile Enrica Nicoletti. È stata inaugurata lo scorso 18 dicembre nella sala Quintieri conosciuta anche come sala del Ridotto del Teatro Rendano e con un concerto tenuto dalla stessa Enrica Nicoletti, soprano leggero, arricchito dai contributi al piano del maestro Andrea Bosa, che ha conseguito il secondo livello nello studio del pianoforte con la menzione di onore e il massimo dei voti e insieme con la Nicoletti forma il duo Euterpe. Declamazione dell’attore e musicista Francesco Bossio sui componimenti di Ada Celico “Le spose di Barba blu” che ha riscosso grande successo di pubblico in sala che era numerosissimo e dai momenti di ballo della scuola Calabria Tango di Ciccio Aiello. Si è esibito anche il duo Andrea La Neve al sax e il suo compagno Antonio Spaccarotella, un fisarmonicista, ha chiuso la serata la protagonista Enrica Nicoletti. Perché la professoressa Enrica Nicoletti sceglie di formare un’associazione che contrasti la violenza alle donne? Perché dopo la mia esperienza personale ho voluto formare quest’associazione per poter dire alle donne che una luce di speranza può essere donata. Devo dire il messaggio è diretto a tutti non solo a donne ma anche a uomini, agli anziani e ai bambini e a tutte quelle persone che subiscono vessazioni e per fare capire loro che sollevarsi si può.
Composta da 7 donne, responsabile Enrica Nicoletti Associazione che nasce per combattere la violenza sulle donne
In concreto l’associazione ha quali obiettivi principali? Innanzitutto la tutela dei diritti e poi anche lo studio e l’aiuto che possono derivare dalla conoscenza delle malattie; nel sociale favorire le conoscenze mediche, supportando nella famiglia gli utenti attraverso i convegni. Parlare di malattie semisconosciute o rare, mostrando eventuali cause, riconoscere i segni e i comportamenti adatti da adottare in caso di necessità. Per quanto riguarda l’arte non vogliamo limitarci alla musica, ma anche aprire alla pittura alla scultura e alla letteratura, la diffusione di testi che maggiormente aiutano quelle persone che non sanno cosa fare per stare bene e solo attraverso l’arte è possibile trovare quella serenità interiore che è importante. Chi collabora con lei affinché l’aiuto possa avere più braccia e ascolto? Sono contenta perché al mio fianco ho delle valide collaboratrici, l’avvocato Donatella Longo, Mara Romano altro avvocato, che ha presentato la serata con la vice presidente dell’associazione che è Monica Nicoletti, l’avvocato Liliana Aucello, Emilia Naccarato anche lei avvocato e la professoressa Daniela Rizzuti, la commercialista Renata Carrieri. Tutte persone che incontrandoci si sono messe subito all’opera in collaborazione e vedere che cosa poter fare con la nuova realtà. L’associazione che abbiamo in mente deve essere totalmente al servizio della gente, in onestà e trasparenza in tutto, perché deve essere seria negli scopi da perseguire e che possa dare agli altri più che ricevere. Perché dopo l’esperienza negativa, che ho vissuto, oggi, mi sento una persona diversa, nella vita vedo cose che prima era impossibile per me scorgere.
Perché proprio sceglie come nome K-ILoe? È un termine che deriva dal greco ed è legato al verde alla natura, significa proprio germoglio. In senso metaforico significa Rinascita. La visione dell’intera associazione è di vedere in questo cammino una missione di accoglienza verso tutti quelli che a noi si rivolgeranno e sostenere e accompagnarli in un percorso appunto di rinascita. Il logo dell’associazione sono tante mani che si sovrappongono protese verso l’alto danno proprio il senso della forza della speranza. K-ILoe è ciò una speranza, ma anche quelle mani, che cercano aiuto. Promuovere la solidarietà, che tuttavia deve sempre essere accompagnata da un grande rispetto, dalla libertà individuale. Perché solo così si può essere solidali con gli altri e avere un grande rispetto per tutti. Perché avete scelto la strada della cultura per parlare di violenza contro le donne? Sono sempre più convinta che la cultura sia importante ma non strettamente vista dalla produzione letteraria ma in senso lato. La cultura è l’insieme di vari strumenti, che noi tutti dovremmo imparare a elaborare sempre di più per le nostre condizioni di vita. Il nostro scopo è di promuovere il miglioramen-
to della qualità della stessa. Tuttavia abbiamo previsto anche l’ascolto attraverso le strutture e i centri di base, un appoggio da parte dei servizi che sono già nel territorio. Credo che rivolgersi e chiedere aiuto e poi non trovare nulla che lo possa fare nel territorio e vedere che associazioni s con loro possono sparire anche chi ha riposto in loro fiducia.
Francesco Bossio durante lo spettacolo Sopra, i membri dell’associazione K-ILoe, con la presidente Nicoletti al centro
La passione per la musica quando nasce? All’età già dei cinque anni, poi l’ho coltivata nel tempo e oggi insegno nelle scuole d’indirizzo strumentale pianoforte e mi sono perfezionata fuori dalla nostra regione. La musica penso che sia parte di ognuno di noi, e credo che tutti dovrebbero imparare uno strumento musicale, perché nobilita l’animo. Ogni momento della mia vita che ha avuto sofferenza e dolore l’ho colmato con la musica. Lucia De Cicco
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