Voce ai giovani

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Anno 38 - 25 Ottobre 2014 - Numero 43

Settimanale indipendente di informazione

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Il 30 ottobre scade il bando per l’istituzione dell’elenco di tutori volontari dei minori della Provincia di Cosenza SEGRETI E DUBBI

NELL’ALTO MEDIOEVO

CULTRA E PRESTIGIO

Alla ricerca di Majorana nel mistero dei misteri

Il monachesimo latino in Calabria

Quei Bronzi visti da vicino...

di Franco Vallone

Don Petru di Briatico e il fisico Ettore erano in realtà la stessa persona?

di Pietro De Leo

Una esperienza non assente al Sud tra VI e X secolo, a dispetto delle fonti

di Maria Malagrinò

L’Aicc visita i guerrieri ancora tutti da scoprire


II

sabato 25 ottobre 2014

Viaggi al cubo Per concludere diversi accordi di partenariato con prestigiose Università e Istituti di ricerca americani Una delegazione dell’Università della Calabria è stata a New York e in Rhode Island per concludere diversi accordi di partenariato con prestigiose Università e Istituti di ricerca americani. La delegazione era composta dal rettore Crisci, dal prorettore e delegato per le Relazioni internazionali D’Ignazio, dalle professoresse Ganeri e Petrusewicz, del dipartimento di Studi umanistici, e da Barbuto, responsabile dell’ufficio Speciale relazioni internazionali. Il rettore ha visitato la Cuny, City University di New York, presentando, insieme a D’Ignazio e a Barbuto, l’Unical a una vasta e attenta platea di studiosi e studenti e apponendo la propria firma all’accordo di cooperazione con l’Università newyorkese. Tale accordo è stato definito dal preside del Calandra Institute del Queens College della Cuny, Anthony Tamburri, di portata storica per il mondo accademico americano, in quanto permette di condurre uno studio congiunto tra esperti americani e dell’Università della Calabria sulla tematica della Diaspora.

Unical protagonista negli States L’accordo siglato dal rettore dell’Unical e dal presidente del Queens college, Felix Matos Rodriguez, consentirà inoltre a studenti calabresi di recarsi presso i diversi College che compongono l’importante ateneo statunitense sin dal prossimo gennaio 2015 e di ospitare studenti di New York nel campus di Arcavacata in diverse Summer Schools, che saranno avviate dalla prossima estate. Alla cerimonia ha partecipato anche il console italiano a New York, Natalia Quintavalle, che ha espresso grande soddisfazione e apprezzamento per il risultato raggiunto e, in particolare, per l’ottimo lavoro svolto dall’Università della Calabria. Dopo la firma dell’accordo si è tenuto un simposio sulla tematica della Diaspora, con gli interventi dei relatori Ganeri e Petrusewicz per l’Università della Calabria e di Gardaphè e Sciorra e Chirico della Cuny. È stato anche avviato il nuovo insegnamento di Letteratura italo-americana presso il dipartimento di Studi umanistici, Cds magistrale in Lingue e Culture straniere moderne, tenuto da Ganeri che vedrà la presenza di visiting professors provenienti dagli Stati Uniti. Si tratta del primo e, al momento, unico corso istituzionale completo dedicato alla cultura e alla letteratura italo-americana in Italia. I giorni seguenti hanno permesso alla delegazione dell’Unical di incontrare i referenti dei diversi College della Cuny, quali l’Hunter e il Baruch, che hanno dimostrato grande interesse a stabilire rapporti di collaborazione con l’ateneo calabrese. Per comprendere l’importanza dell’accordo basti pensare che la Cuny annovera tra i suoi laureati 10 premi Nobel, tra cui il nuovo Premio Nobel in medicina John O’Keefe. Oltre alla Cuny, la delegazione dell’Università della Calabria ha avuto modo di stabilire una partnership, che si concretizzerà nei prossimi mesi, con la Camera di Commercio italo-americana per consentire di far svolgere ai laureati dell’Ateneo dei tirocini formativi presso prestigiose aziende italiane con sede a New York. Il

L’accordo siglato dal rettore e dal presidente del Queens college, Felix Matos Rodriguez consentirà a studenti calabresi di recarsi presso i college che compongono l’importante ateneo statunitense sin dal gennaio 2015

Rettore Crisci ha inoltre discusso la possibilità di aprire una sede di rappresentanza dell’Unical presso la sede della Camera di Commercio, ubicata nella famosa Fifth Avenue, obiettivo strategico per la promozione e visibilità dell’Ateneo calabrese. La visita negli Stati Uniti si è prolungata fino alla University of Rhode Island, con sede a Kingston (RI), ateneo con il quale esistono dei rapporti di collaborazione di ricerca e scambio studenti/Summer Course, che sono stati ulteriormente rafforzati e che vedranno nella prossima primavera la visita nel campus di Arcavacata del presidente dell’Università americana. Grande soddisfazione è stata espressa dal rettore, infine, per l’invito ricevuto dal sindaco di New York, Bill De Blasio, a partecipare al party per il Columbus Day, tenutosi giovedì 10 ottobre presso la famosa residenza Gracie Mansion, sede dei sindaci di New York. L’Università della Calabria ribadisce così la sua vocazione internazionale, dando maggiore impulso ad uno degli obiettivi prioritari posti dal rettore Crisci all’inizio del suo mandato: l’internazionalizzazione del Campus, per far crescere la qualità della ricerca e della didattica, inserendo l’Unical nel network di prestigiose Università e Istituti di ricerca internazionali.


sabato 25 ottobre 2014

Patrimonio culturale di prestigio L'Associazione italiana di cultura classica di Castrovillari in visita ai Bronzi ò di Maria Malagrin

Domenica 5 ottobre una nutrita rappresentanza dell’Associazione italiana di cultura classica, delegazione di Castrovillari, si è recata a Reggio Calabria per visitare il Museo archeologico nazionale, sistemato nell’edificio progettato da Massimo Piacentini e realizzato tra il 1932 e il 1941. Chiuso nel 2009 per restauro, il museo è stato riaperto il 3 agosto 2013. Attualmente è possibile visitare solo alcune stanze, ma il patrimonio culturale in esse conservato è di notevole prestigio.

Visti da vicino... Nella sala della statuaria in marmo e in terracotta vi sono custoditi l’Acrolito di Cirò, l’Acroterio fittile di Locri, il Kouros di Reggio e i Dioscuri. Dell’acrolito, ovvero della statua di legno con testa, mani e piedi di pietra, d’avorio o di marmo, dipinta o dorata, tipico esempio dell’arte greca arcaica, è rimasta solo la testa, leggermente inclinata verso destra, priva di capigliatura, in origine d’oro, e di occhi, le cui iridi dovevano essere verdi, rappresentante Apollo, dio delle arti e della musica, nell’atto di suonare la cetra. Il secondo reperto, raffigurante un giovane su di un carro sorretto da una sfinge, era posto sulla sommità del frontone di un tempio. Del Kouros, invece, sono rilevanti i quattro ordini di riccioli che ne attorniano il viso, colorati di rosso: i greci, infatti, non lasciavano mai il marmo del proprio colore. Infine, le due statue dei Dioscuri, al centro delle quali spicca una Nike, sono state costruite dai Locresi per ringraziare le divinità della vittoria sui Crotoniati. Nella sala dei bronzi, invece, sono esposti i Bronzi di Riace (scoperti il 16 agosto 1972), le due celeberrime “vedette” dell’archeologia; la testa di Basilea e la testa del filosofo: di quest’ultimo è presente solo la riproduzione fotografica perché temporaneamente esposta nel Museo archeologico nazionale di Atene. I bronzi di Riace, nella loro monumentalità e perfezione di dettagli, danno sempre emozioni nuove ed intense, soprattutto dopo l’attento lavoro di restauro eseguito tra il 2009 ed il 2011, che ha previsto anche nuove basi antisismiche, realizzate in marmo di Carrara, per assicurare il massimo isolamento delle statue nei confronti delle sollecitazioni dei terremoti nelle direzioni orizzontali e verticali. Da notare riguardo alla statua più antica, risalente probabilmente al 460 a.C., la grossa fascia poco più in alto delle tempie; essa fa pensare ad una fascia di lana che serviva a proteggere la testa del guerriero dal contatto con l’elmo metallico. Sulla nuca è inoltre visibile una larga base di appoggio, ulteriore segno del paranuca dell’elmo corinzio, collocato in posizione rialzata sulla fronte affinché si vedesse il volto altrimenti coperto. L’effetto realistico dei capelli, fusi uno ad uno, che si intravedono sotto l’elmo, doveva in effetti essere notevole. Le vene dei piedi e delle mani, come la tensione che si sprigiona dal volto dell’eroe, rendono la drammaticità del momento in cui è colto il personaggio. Una particolarità sono i denti: nessuna statua mostra la dentatura. Secondo Paolo Moreno, l’eroe sarebbe uno dei Sette contro Tebe ovvero Tideo che, dopo essere stato ferito a morte dal tebano Menalippo, riuscì a vendicarsi uccidendolo, e, chiesto ai compagni che gli recassero il capo del nemico, cominciò, sebbene moribondo, a roderlo ferocemente. La seconda statua, probabilmente del 430 a.C., rappresenta un anziano. Qui la stabilità dell’elmo “appoggiato” sulla testa è garantita dalla forma innaturalmente allungata della calotta cranica, che però in tal modo tiene saldo l’elmo sulla testa. D’altro canto questa maggiore sicurezza nel fissaggio dell’elmo comporterebbe la perdita del realismo che caratterizza l’altra statua, non potendovi scorgere sotto i capelli. Il sentimento che traspare è la malinconia: ciò farebbe pensare, come ipotizza ancora Moreno, ad Anfiarao, il profeta guerriero che profetizzò la propria morte sotto le mura di Tebe. Da quanto detto, sembra che gli studiosi abbiano ancora molto da approfondire sui due misteriosi guerrieri ritrovati dal sub dilettante romano Stefano Mariottini a 300 metri dalle coste di Riace. È stata un’uscita culturale di notevole spessore, come, del resto, sono tutti gli eventi organizzati dall’Aicc, che da sempre promuove cultura sul territorio e che non poteva non rendere omaggio ai due guerrieri greci provenienti dal mare, simbolo della perfezione e della raffinatezza greca.

Sembra che gli studiosi abbiano ancora molto da approfondire sui due misteriosi guerrieri ritrovati dal sub dilettante romano Stefano Mariottini a 300 metri dalle coste di Riace

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sabato 25 ottobre 2014

Segreti e dubbi Pietro Gennaro ed Ettore Majorana erano la stessa persona?

di Franco Vallone

La misteriosa storia di don Petru, comparso a Briatico dal nulla, profondo conoscitore di matematica e fisica

Morì nel sonno asfissiato dalle esalazioni e dai fumi dell’incendio della sua stanza provocato forse dalla pipa o da un lume dimenticato acceso

La storia che vi stiamo per raccontare è di quelle misteriose e affascinanti. Un uomo che abitava a Briatico, arrivato in paese da non si sa dove, potrebbe oggi essere identificato con il grande Ettore Majorana, lo scienziato scomparso misteriosamente da Napoli nel 1938. Ma partiamo da alcuni dati. Si chiamava Pietro Gennaro e a Briatico, sin da subito, diventa don Petru, ‘u zu Petru come lo chiamavano tutti. Un uomo, per come lo descrivono coloro che lo hanno conosciuto, con una grande cultura generale ed una sapienza, in campo matematico, fisico ed astronomico, davvero enorme. Molti ragazzini del paese, in quegli anni, frequentano il misterioso personaggio e notano la sua impressionante capacità di risolvere difficili operazioni matematiche e calcoli complessi. Don Petru viene descritto da tanti come «un personaggio buono, discreto e invisibile», «un vero scienziato, esperto di tutto». Don Petru morirà nella sua umile stanza a seguito dell’incendio del suo letto di cruju sviluppatesi forse a causa della pipa che lui amava fumare o per un lume a petrolio lasciato incautamente acceso.

Il mistero dei misteri Siamo riusciti a recuperare una sua foto, una rarissima, forse unica, fotografia ingiallita dal tempo. Nell’immagine d’epoca che lo ritrae, Pietro Gennaro è seduto di traverso su una sedia impagliata con la sua immancabile pipa in terracotta e cannuccia in bocca. Si nota, nella fotografia, la sua mano destra, il dito mignolo distanziato dal resto delle dita, forse «la cicatrice di una ferita procuratesi cadendo da un carro merci carico di libri sequestrati» - ci raccontano. Ettore Majorana prima di sparire, nel 1938, aveva avuto un incidente con l’auto di suo padre ed era rimasto ferito in modo grave proprio alla mano destra, conservando, per come riportano le cronache dell’epoca, una grossa cicatrice sul dorso della mano. Nelle stessa scheda del Ministero degli Interni, diramata assieme alla foto nel giugno del 1938, si menziona una ricompensa offerta dalla famiglia per il ritrovamento dello scomparso, assieme alla segnalazione di una lunga cicatrice presente sul dorso della mano del ricercato. Ma ritorniamo a Briatico. Oggi la casa dove abitava Pietro Gennaro è stata venduta e successivamente ristrutturata. La traversa dove viveva don Petru è stata a lui intitolata; vi è una targa toponomastica: “Via Pietro Gennaro”. Chiediamo informazioni ai bambini, ragazzi e giovani dell’epoca, oggi adulti e anziani, che incontriamo sul socialnetwork Facebook. Qui ritroviamo, tra gli altri, Pino Prostamo, Giuseppe Conocchiella, Mimmo Prostamo, Antonio Belluscio, Francesca Sergi, Michele Potertì, Tommaso Prostamo, Frate Rokko, Franco Morello, e poi ci sono i figli, i nipoti dei testimoni diretti, memori di racconti orali tramandati dai loro padri e dai loro nonni: Simone Tedesco, Maria Concetta Melluso, Cristiano Santacroce e tanti altri... Lanciamo la provocazione, il confronto ed un dibattito di ricerca sul web: «Don Petru... vi dice nulla? Raccontateci tutto quello che sapete, anche i particolari che a voi sembrano insignificanti». Le risposte non tardano ad arrivare e costruiscono, tutte assieme, un prezioso filo rosso. «Io da bambino andavo a trovarlo spesso ed era felice quando mi vedeva, abitava in una casa nella vineja di fronte a quella di mia zia..., lo ricordo sempre coricato, come coperta aveva un pesante cappottone di colore nero...». Era arrivato a Briatico dal nulla Pietro Gennaro, comparso improvvisamente, «lo ricordo molto anziano, sempre solo, io ero piccolo, non andavo ancora a scuola, forse erano i primi Anni ‘60, era molto debilitato, viveva in questa piccola stanza con una finestrella sul lato sinistro dell’uscio. Mi raccontava tante cose, ma oggi non ricordo cosa, ero troppo piccolo per ricordare ciò che mi raccontava...».


sabato 25 ottobre 2014

Segreti e dubbi

Un fotogramma del film “I ragazzi di via Panisperna”, pellicola che focalizza l’attenzione sul rapporto tra Ettore e il fisico Enrico Fermi

«Quando andavo a trovarlo io mi sedevo accanto al suo letto e lui, con voce stanca raccontava, diceva delle cose, ogni volta mi chiedeva quando sarei tornato a trovarlo. La porta di casa sua era solo appoggiata e poteva entrare chiunque». «Io ricordo che c’era qualcuno che tutti i giorni gli portava da mangiare». «Noi ragazzi, all’uscita di scuola, a volte ci fermavamo davanti alla sua porta per salutarlo, lui era immobile sul letto, mi sembra fumasse una pipa, a don Petru faceva piacere scambiare due chiacchiere con noi, però non ricordo cosa diceva, è passato moltissimo tempo!!». «Una persona di Briatico, oggi scomparsa, mi raccontava delle sue conoscenze di matematica, fisica ed anche astronomia. Dava lezioni a studenti universitari e si confrontava con docenti di matematica e fisica che al suo cospetto rimanevano sbalorditi. Raccontava di aver imparato tutto in un monastero». «Io non l’ho mai conosciuto, ma mio padre e i miei zii dicevano di lui che era un sapiente». «Uomo di cultura semplice ma vasta. Nei suoi racconti riusciva a farci scoprire e sognare posti impensabili. Non ho mai capito se quei posti li avesse visitati realmente o con l’immaginazione. Ci ha lasciati a causa della pessima abitudine di fumare prima di addormentarsi».

A sinistra, Pietro Gennaro Nelle altre foto Ettore Majorana; in particolare in alcuini manifesti in cui viene ricercato dopo la sua scomparsa

«Pietro Gennaro io non l’ho conosciuto ma in molti mi hanno raccontato delle sfide matematiche che ingaggiava con mio papà». «Don Pietro io ho avuto la fortuna di conoscerlo, viveva in solitudine, non aveva nessuno, non so di dov’era. Fumava la pipa ed il toscano, sembra sia proprio questo il motivo per cui la casa è andata in fumo». «Qualche anno fa, interessandomi di misteri vari, mi è venuto in testa proprio lui ed ho fatto un’associazione di personaggi. Un’ipotesi un po fantastica ma ci sta perfettamente col mistero e con gli anni che don Pietro aveva». «Don Pietro, Pietro Gennaro, era molto colto, una volta Santacroce e Caruso, i due amici maestri delle elementari, per metterlo alla prova prepararono un problema matematico molto complesso, lo presentarono a lui e non appena lo lesse, in pochi secondi, diede loro il risultato. Era solito portarsi tutti i pomeriggi dietro Solaro, c’era una stradina di campagna che portava in alto, una località dove c’era una grande pietra che lui utilizzava come poltrona. Don Petru rimaneva li a meditare per qualche ora con la sua inseparabile pipa». «A me, che ero incuriosito dal lume che teneva in un bicchiere sopra una sedia e accanto al suo letto, diede spiegazione di come funzionasse. Avrò avuto 5 o 6 anni, ma lo ricordo ancora adesso». «Purtroppo è stato quel lume, non la pipa, a provocare l’incendio in cui è morto». «Infatti, la pipa era quasi sempre spenta», «sembra di ricordare che fumasse anche il sigaro». Pietro Gennaro era Ettore Majorana? Non si sa, ci sono delle incongruenze riguardo l’età, don Petru è morto nel gennaio del 1968. Majorana era nato in Sicilia nel 1906. Nella foto don Petru dimostra di essere più anziano. Il mistero è destinato a imperversare ancora per molto, anche a Briatico.

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sabato 25 ottobre 2014

Tutte le storie portano a Roma Successo nella capitale per l'edizione dell'Associazione italiana di cultura classica (Aicc) di Castrovillari

Il Faust di Goethe parla calabrese sto di Leonardo Di Va

«Sì, io posso dire che solamente a Roma ho sentito che cosa voglia dire essere un uomo. Non sono mai più ritornato ad uno stato d’animo così elevato, né ad una tale felicità di sentire. Confrontando il mio stato d’animo di quando ero in Roma, non sono stato, da allora, mai più felice», così si esprimeva Goethe, il 9 ottobre 1828, all’età di 79 anni compiuti, conversando, a Weimar, con Eckermann (Johann Peter Eckermann, Colloqui con il Goethe, a cura di Giovanni Vittorio Amoretti, Utet, Torino, 1957, p. 540). Goethe aveva amato Roma, la sua storia, i suoi monumenti; a proposito del Colosseo, scrisse: «Quando si contempla una cosa simile, tutto il resto appare un’inezia» (Viaggio in Italia, Mondadori, Milano 2013, traduzione di Emilio Castellani, p. 149). Osservando la pianta di Roma, l’8 aprile 1829, spiegava: «Questa lunga strada, da nord, verso la città, viene dalla Germania e, qui, è Porta del Popolo. In una di queste strade, che si parte dalla porta in direzione della città, ad un incrocio, ho abitato io. A Roma si fa vedere ora un’altra casa dove io avrei dimorato, ma non è quella. Tali cose non hanno importanza e bisogna lasciar libero corso alla tradizione» (Eckermann, Colloqui con il Goethe, cit., p. 629). Nella casa di via del Corso, ove il grande poeta dimorò per diciotto mesi, dal 30 ottobre del 1786 al 23 aprile del 1788, è stato presentato, il 30 settembre, nell’ambito del programma culturale relativo al periodo settembre/dicembre elaborato e svolto dalla Casa di Goethe, il Faust di Goethe, edizione dell’Associazione italiana di cultura classica (Aicc) di Castrovillari, gennaio 2014, pp. 480, euro 12,00, che presenta il testo tedesco con traduzione e commento di Vittorio Santoli e una Prefazione di Fabrizio Cambi. La serata è stata organizzata, in modo impeccabile, da Dorothee Hock, della dirigenza della Casa di Goethe, ed è stata aperta da Maria Gazzetti, Leiterin della Casa, la quale, rivolgendo un conciso ma significativo saluto ai presenti, ha osservato che i volumi che vengono pubblicati, in Italia, su Goethe esprimono interesse e amore tra le due culture europee, italiana e tedesca. Ne è un esempio il Faust edito a Castrovillari dall’Aicc, definito dalla direttrice «bellissimo libro». Importante, si può aggiungere, diffondere, oggi, opere della letteratura tedesca come il Faust, in un periodo in cui, con l’Europa unita, è necessario promuovere l’integrazione della cultura europea, soprattutto in un Paese come il nostro ove il confronto con la Germania cozza contro lo sbarramento dell’ignoranza della lingua tedesca, che grava sul 98% degli Italiani: e il restante 2% ne ha una conoscenza limitata. L’associazione castrovillarese, pertanto, ha fatto una scelta meritoria pubblicando il Faust, un’opera poetica che ponendo la ricerca del bene attraverso la fatica della conoscenza, avulsa dai colori accecanti dell’effimero, stimola l’uomo contemporaneo a riflettere sul senso e sul fine dell’esistenza. Del resto, dell’attualità dell’opera è spia, ad esempio, la versione cinematografica, Faust, realizzata, nel 2010, da Alexander Sokurov, che fa di Faust l’uomo assetato di conoscenza. A parlare della nuova edizione è stato Fabrizio Cambi, ordinario di Lingua e Letteratura tedesca all’Università di Trento, autore di diversi e puntuali saggi sulla Letteratura tedesca dell’età romantica e del ‘900, al riguardo, in particolare, su quella della Rdt. Si può citare il saggio, certo gradito ai classicisti, dedicato a Il mito di Odisseo nella letteratura teatrale della Rdt, ove lo studioso esamina la «letteratura teatrale nella Rdt che attinge alla mitologia classica per rap-

Lineare la traduzione di Vittorio Santoli che col suo commento apre finestre improvvise nell’officina creativa goethiana e spazi ricostruttivi di fonti e confronti mai scontati


sabato 25 ottobre 2014

Tutte le storie portano a Roma

entusiasmo l’autorizzazione formale a comporre un’edizione unitaria, finalmente corredata dell’introduzione, perché uscisse nelle edizioni dell’Associazione italiana di cultura classica di Castrovillari. Grazie ancora alla cura di Bianca Maria Bornmann e di un’altra valente germanista, Barbara Di Noi, è venuto alla luce questo volume. Ma quali sono gli elementi caratterizzanti dell’apparato critico di Santoli? Santoli è stato uno dei primi interpreti della tragedia a contestare alla critica, prevalente fino a qualche decennio fa, mirata a dimostrare a ogni costo la compattezza del carattere del protagonista Faust con l’intenzione di rendere unitaria l’azione e credibile e armonica la favola. Prevale secondo Santoli il principio del conglomerato, dell’assemblaggio nel tempo delle singole scene di un’opera che viene definita una “gran fabbrica” intorno ai due nuclei originari del Faust mago, insofferente del limite, che anela all’infinito, all’unione di micro e macrocosmo, e del Faust sentimentale amante di Gretchen. L’esposizione analitica di Santoli acquista grande respiro interculturale aprendo finestre improvvise nell’officina creativa goethiana e spazi ricostruttivi di fonti e confronti, mai scontati, con risultati a volte più incisivi rispetto a non poca germanistica contemporanea tanto iperspecialistica quanto asettica. Santoli, esaminando la stratigrafia compositiva sia nell’introduzione sia nel commento, fa affiorare le suture o, per usare una parola goethiana, le Verkettungen più o meno solide e credibili di parti anche cronologicamente lontane».

presentare dialetticamente le contraddizioni del presente». Cambi, inoltre, ha tradotto con nitore ed efficacia di Herta Müller, Premio Nobel per la Letteratura 2009, Il re s’inchina e uccide e Il fiore rosso e il bastone. Il professor Cambi ha osservato che «Vittorio Santoli, germanista e comparativista, oggi troppo poco ricordato, vissuto tra il 1901 - era nato a Pistoia - e il 1971, maestro di generazioni di studenti e di docenti futuri e del suo tempo come professore di Lingua e Letteratura tedesca dal 1937 al 1957 all’università di Firenze, si distingue per un originale percorso scientifico e culturale. Fra i suoi molti meriti, che hanno contribuito in modo determinante a rinnovare nella metà del secolo scorso l’impianto metodologico e di prospettiva critica della germanistica italiana, e non solo, meriti che in questa sede posso riassumere solo in minima parte, ricordo la singolare e illuminante Storia della Letteratura tedesca (Sansoni 1965). Autore fin dagli anni Trenta di importanti studi goethiani, Santoli diede alle stampe la traduzione in prosa della Prima parte del Faust nel volume delle Opere del Goethe, edite da Sansoni nel 1970». Bisogna rilevare che tale edizione presenta refusi dai quali è stata emendata l’edizione castrovillarese. Il relatore ha sottolineato il fatto che «sono ormai 25 anni che non esce una nuova traduzione del Faust (fatta eccezione della traduzione di Michele Cometa nel 1999 dell’Urfaust). Un intervallo tanto lungo tra una traduzione e l’altra non si era quasi mai verificato». Poi, ha aggiunto: «La versione prosastica di Santoli, lineare, piana, definibile di ‘servizio alto’, trova ora la sua complementarità in quello che nell’edizione Sansoni mancava, cioè con il commento da lui sviluppato nelle lezioni universitarie fra il 1938 e il 1949 e rimasto per molti anni inedito. Fu merito della germanistica Bianca Maria Bornmann, allevia di Santoli, raccoglierne le parti e curarne la pubblicazione in otto puntate, scena dopo scena, sulla rivista Studi Germanici, edita dall’Istituto italiano di Studi germanici, fra il 1978 e il 2005. Due anni fa, allora come direttore dell’Istituto, diedi con

La direttrice della Casa di Goethe che apre la serata (foto Helene Leoni) A destra, la copertina del libro che riproduce il dottor Faust nello studio (1652-53) acquaforte di Rembrandt A sinistra, Vittorio Santoli (Pistoia 1901 - Firenze 1971) (foto Levi)

Con risultati a volte più incisivi rispetto a non poca germanistica italiana tanto iperspecialistica quanto asettica

Dopo la relazione acuta e articolata del professor Cambi, seguita con attenzione, i due attori, Giovanni Scifoni e Massimiliano Vado, hanno letto alcuni passi dell’opera, offrendo al pubblico la gradevole fruizione, grazie alla loro professionalità, della nitida e godibile traduzione italiana di Santoli: ad esempio, Prologo in cielo.

SIGNORE: Non hai altro da dirmi? Vieni soltanto per accusare? Non c’è mai nulla in terra che ti vada bene? MEFISTOFELE: No, Signore; trovo che in essa tutto va, come sempre, malissimo. Gli uomini nella loro miseria mi fanno pena, sicché non mi sento neanche il coraggio di tormentarli. SIGNORE: Conosci Faust? MEFISTOFELE: Il dottore? SIGNORE: Il mio servo. MEFISTOFELE: Egli vi serve davvero in modo strano! Non beve né mangia, insensato com’è, cosa terrena. La sua inquietudine lo spinge lontano; ed è a metà cosciente della sua pazzia. Reclama dal cielo le più belle stelle, dalla terra ogni supremo piacere, e non c’è cosa vicina o lontana che calmi quel cuore in tempesta. SIGNORE: Anche se egli mi serve confuso, io lo condurrò presto alla chiarezza.

Il pubblico ha palesato apprezzamento per la incisiva comunicazione che gli ha permesso di gustare la bella versione italiana. Erano presenti studentesse e studenti universitari, germanisti, cultori della letteratura tedesca; la giornalista del quotidiano L’Osservatore romano, Silvia Guidi, responsabile del settore cultura: tutti hanno mostrato notevole interesse. Giorgio Manacorda, germanista e poeta, presidente dell’Istituto italiano di Studi germanici, che negli anni Settanta ha insegnato Lingua e Letteratura tedesca nell’Università della Calabria e che, nel 1975, è stato assessore alla Cultura al Comune di Cosenza, ha espresso, alla fine della serata, ai rappresentanti dell’associazione castrovillarese il suo compiacimento per l’accurata edizione.

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sabato 25 ottobre 2014

Nell’Alto Medioevo La penuria delle fonti non permette di delineare contorni sicuri di un'esperienza senz'altro non assente nel Mezzogiorno d'Italia, tra VI e X secolo

Monachesimo latino in Calabria di Pietro De Leo

Nel tentativo di tracciare un profilo del monachesimo latino altomedioevale nel territorio dell’attuale Calabria, - l’antico Brutium si ha subito l’impressione di dover interloquire con un convitato di pietra. La penuria delle fonti, infatti, non permette di delineare contorni sicuri di un’esperienza senz’altro non assente nel Mezzogiorno d’Italia, tra VI e X secolo, in quel mutevolissimo scenario che avrebbe visto sempre più radicarsi il mondo bizantino ed orientale, osteggiato da incursioni e micro-conquiste longobarde, da assalti e insediamenti arabi, ma anche da effimeri sogni di estensione dell’impero franco prima, e di quello ottoniano poi. Lo spostamento dell’asse dei poteri (ecclesiastico e civile) da Roma alla Nuova Roma, comportò non solo la dilatazione dei canoni e dei moduli liturgici, ma anche la divulgazione delle opere dei padri della chiesa e dei monaci orientali, insieme a modelli culturali propri di quella ecumene. Operazione questa che si innestava su un territorio di antiche tradizioni latine e suscitava indubbiamente inevitabili resistenze sia pure in termini assai diversi da quelli registrati nel VI secolo, quando i Goti scesi in Italia erano stati visti da Cassiodoro Senatore come l’occasione di un felice innesto del vecchio e ormai esausto tronco romano con quello goto, giovane ed energico. E richiamando Cassiodoro, il pensiero corre immediatamente al suo Vivarium, quel monastero straordinario che egli fondò tra il 533 e il 540 a Squillace, sua città natale, sul fianco della montagna che domina il mare, dove sorgenti chiare scaturiscono dalla roccia e si diffondono per gli orti ridenti e, più in basso, il fiume Pellene, brulicante di pesci, costeggia il “dominium” prima di gettarsi nel mar Jonio. Qui, in un incantevole scenario, il ministro di Teodorico aveva fatto costruire la casa dei cenobiti, che conserva tuttora il nome Vivarium (“le acque vive”), accanto alla chiesa dedicata a San Gregorio Taumaturgo pose una grande biblioteca, mentre più in alto, invece, nel luogo detto Castellum erano allocate le celle degli anacoreti. Si è a lungo discusso sulla modulazione di tale duplice esperienza monastica (cenobiti-anacoreti), come sulla paternità cassiodorea della Regula magistri, sostenuta da M. Cappuyns, ma osteggiata dalla storiografia benedettina. Vero è che un connotato rimane certo e indiscutibile, quello della condizione elitaria dei cenobiti, che hanno lasciato interessantissime tracce di cultura nei numerosi manoscritti da essi redatti nell’ambito di un circuito culturale che legava il Brutium a Roma e a Ravenna. Quasi nulla sappiamo, invece, degli anacoreti, che dovevano quasi certamente ispirarsi alle vite dei Padri del deserto. L’attività dei monasteri cassiodorei non andò oltre il secolo VII, a causa dell’espandersi della dominazione bizantina. Ma anche prima essa aveva registrato ostacoli e incomprensioni da parte dell’episcopato di Squillace, registrati nell’epistolario di Gregorio Magno, il quale, nell’agosto del 598, era intervenuto intimando al vescovo Giovanni di restituire i beni mal tolti al Vivarium e al Castellense. Nel medesimo epistolario gregoriano sono registrati altri monasteri latini presenti nel Brutium: solo tre, in verità; un po’ pochi, verrebbe da pensare. Ma credo che qui non interessi tanto il numero quanto invece la presenza, giacché - come ben si sa - molto spesso gli interventi autoritativi (sia in sede ecclesiastica che civile) sono determinati da situazioni di particolare difficoltà. I monasteri ricordati da papa Gregorio I si trovavano a Tauriana, Tropea e Reggio: tutti a sud del fiume Savuto, la collaudata demarcazione che ha segnato il confine storico tra il nord e il sud della regione. Essi erano canonicamente soggetti alla guida dei vescovi locali, e modulavano la loro esperienza ascetica con forme analoghe

Scenario che vede sempre più radicarsi il mondo bizantino e orientale osteggiato da incursioni e micro conquiste longobarde da assalti e insediamenti arabi, ma anche da effimeri sogni di estensione dell’Impero franco prima, e di quello ottoniano poi

a quella del Vivarium e quindi con modelli anteriori alla Regula Benedicti. Sappiamo così che il pontefice nel marzo 591 aveva ordinato al diacono Pietro, rectori Siciliae, di raccogliere in un monastero di Messina i monaci di Tauriana (località in provincia di Reggio Calabria, presso l’attuale Palmi), fuggiti in Sicilia con il loro vescovo Paolino in seguito alle incursioni longobarde. Parimenti, nel settembre dello stesso anno, aveva pregato Piero notaio apostolico di soccorrere i monaci di Sant’Arcangelo, presso Tropea, che versavano nell’indigenza per le distruzioni operate dai Longobardi assegnando un pezzo di terra del patrimonium Sancti Petri, vicino al loro monastero. Infine, da una lettera del luglio 595 indirizzata a un tal Giovanni di Reggio abate, apprendiamo che il papa sollecitava la riforma del monastero di Sant’Andrea iuxta Vulcanum, di incerta ubicazione, ma che doveva quasi certamente ricadere nell’ambito della metropolia di Reggio Calabria, dove è accreditato nel X volume dell’Italia pontificia del Kehr. Incerta e oscura rimane l’introduzione del monachesimo benedettino nella regione, che la tradizione erudita locale, raccolta da padre Giovanni Fiore da Cropani nella Calabria illustrata, attribuisce ad un discepolo di san Benedetto, san Placido. Questi nel 536 durante un suo viaggio in Sicilia sarebbe stato accolto a Reggio Calabria dal vescovo Sisinnio, col cui favore avrebbe avviato la prima fondazione nel Brutium. Si tratta di una congettura che non trova riscontri oggettivi, anche se non del tutto stravagante come quella che indica l’introduzione del monachesimo benedettino a Cosenza ad opera dello stesso san Placido, che - come sostiene Davide Andreotti avrebbe aderito alla richiesta del vescovo di edificare un monastero «sul posto dell’antica Rocca Brezzia, ove ora trovasi il monastero delle Cappuccinelle». Dimostratasi inattendibile sul piano storiografico tale congettura, resta, invece, inconfutabile l’esistenza di un monastero benedettino nella città dei Bruzi, documentato per la prima volta con il nome di Santa Maria di Cosenza, in una lettera del 18 aprile 863, con la quale papa Nicolò I (858-867) confermò al monastero di Montecassino quel possedimento. Governava allora l’abbazia fondata da San Benedetto l’abate Bertario (856-883) «uomo di lettere e di scienza - come scrive Gregorio Penco - restauratore del patrimonio cassinese e suo difensore di fronte al pericolo musulmano», in un frangente molto delicato, che registrava una crisi profonda nei domini longobardi di Benevento e di Salerno, dopo l’istituzione del principato di quest’ultima città ad opera di Siconolfo, il quale nell’849 aveva sancito l’erezione di alcuni gastaldati in Calabria, come quelli di Latiniano, Laino, Cassano e Cosenza, in un vasto ambito territoriale che da Salerno scendeva sino a Cetraro e da qui si internava da Malvito fino a Cosenza, risalendo verso Bisignano e Rossano, per poi raggiungere il golfo tarantino e spingersi ad Acerenza, Conza, Montella ed Atripalda al confine del principato di Benevento. Quando sia sorto il suddetto monastero cosentino di Santa Maria è difficile stabilire in base alla documentazione superstite, ma forse non si è lontani dal vero se si pensa che esso possa essere stato fondato tra il 740 e il 761, al tempo del duca Liutprando e del papa S. Zaccaria (741-752), allorché si verificò una consistente espansione monastica nell’ambito del ducato beneventano con la fondazione , soprattutto, di monasteri femminili.


sabato 25 ottobre 2014

Il sipario non deve calare Allarme sulla chiusura del teatro Siracusa di Reggio Calabria

La tragedia va in scena Cominciano a circolare voci allarmanti di chiusura e di cambio di destinazione d’uso dello storico teatro Siracusa di Reggio Calabria. Un fast food o un supermercato? Sarebbe una disfatta per la città dopo la chiusura dei cinema Moderno, Orchidea e Margherita. Uno spazio vitale per le compagnie locali e il pubblico giovanile, per il quale occorrerà che la nuova amministrazione civica, nell’ambito della realizzazione di una rete integrata di tutte le strutture culturali cittadine, si faccia carico di intervenire per inserire lo storico teatro in una rete dei poli culturali cittadini,anche con la partecipazione di privati. L’esistenza di un recente decreto di vincolo del palazzo e del teatro Siracusa (n. 16 del 12/02/2013), ai sensi dell’art. 20 del Codice dei Beni culturali non consente, fortunatamente, che l’immobile possa essere «adibito ad usi non compatibili con il suo carattere storicoartistico oppure tali da recare pregiudizio alla sua conservazione». Le norme di protezione dei beni culturali questa volta hanno agito per tempo ma la città e le sue associazioni culturali dovranno comunque vigilare per non essere depauperate di uno spazio qualificato che, seppure di proprietà privata, ha ormai assunto una valenza di servizio pubblico. Il teatro Siracusa dopo il restauro è stato gestito fino al 2009 dall’Ardis (Agenzia regionale per il diritto allo studio) per conto dell’Università Mediterranea, con una programmazione di stagioni di prosa, musica jazz e retrospettive cinematografiche di qualità, molto apprezzata dagli studenti universitari e da tutto il pubblico reggino. Di grande successo le consuete rassegne universitarie sperimentali di Mediterranea Teatro - Laboratorio “Le Nozze”, dirette dal compianto Renato Nicolini e da Marilù Prati. Dal 2010 la conduzione è passata alla Regione Calabria, che, tramite Bando emanato in data 16/3/2011 lo ha affidato lo stesso anno alla associazione temporanea di scopo (Ats) costituita dalla fondazione “Horcynus Orca” (capofila), l’Università Mediterranea e Alta Marea scs con una aggiudicazione che potrebbe essere prorogata fino al 2017. Ma pare che la Società affidataria non intenda rinnovare l’impegno oltre la stagione appena conclusa. Il Cinema teatro “Siracusa” con annesso il Gran caffè “Siracusa”, è stato progettato nel 1921 in stile liberty dagli ingegneri Barbaro e Canova, impreziosito all’interno da alcuni bassorilievi dello scultore reggino Ezio Roscitano, attivo a Parigi. All’incrocio tra il corso Garibaldi e la via 2 settembre si apriva, ad angolo tondo, una porta girevole che consentiva l’ingresso al caffè, da dove si poteva accedere al Politeama, che si affaccia sul corso con diversi ingressi. Prospiciente il Politeama, proprio dove oggi sorge la Cassa di risparmio, era stato realizzato un piccolo chalet, con il palchetto della musica che conferiva un aspetto suggestivo al giardinetto lussureggiante. Sul Corso, una ringhiera in ferro ornata di fiori, piuttosto bassa e munita di cancello, delimitava il marciapiedi dove tanta gente aveva l’abitudine di sostare per ascoltare la musica. I tavolini del Caffè-cinema Siracusa erano sempre occupati da personaggi in vista e bohémiens che frequentavano i tradizionali veglioni di Carnevale e di San Silvestro, celebrazioni di ricorrenze fasciste, conferenze di illustri personaggi della cultura del tempo e famose compagnie teatrali e artisti che calcavano le sue scene, tra cui Angelo Musco, Ruggero Ruggeri, Macario e Wanda Osiris. Inaugurato il 22 dicembre 1922 con la messa in scena dell’ Otello, dopo i fasti dei primi decenni era divenuto, negli Anni ‘80 uno squallido cinema a luci rosse mal frequentato. Per riportare decoro alla antica struttura,dopo alcune trattative del rettore dell’Università Mediterranea Quistelli con la proprietà, si addivenne, alla fine degli Anni ‘80, al restauro conservativo con progetto dell’architetto Enrico Valeriani, allora docente della Facoltà di Architettura e con la consulenza storico artistica della professoressa Marisa Cagliostro. Il restauro consentì di riscoprire e valorizzare i bassorilievi nascosti dell’artista Ezio Roscitano, stucchi e ferri battuti di grande gusto e di riportarlo addirittura a sostituire per diversi anni la programmazione del Cilea sottoposto a lunghi restauri.

«Sarebbe una disfatta per la città dopo la chiusura dei cinema Moderno, Orchidea e Margherita Uno spazio vitale per le compagnie locali e il pubblico giovanile per il quale occorrerà che la nuova amministrazione civica si faccia carico di intervenire»

Bedoya espone a “Le Muse” di Cosenza

Il mondo attraverso i miti L’associazione culturale “Le Muse arte” in collaborazione con la galleria “Le Muse” di Cosenza presenta la personale dell’artista Peruviano Vidal Bedoya. Lo stesso ha più volte esposto in Europa, presente in Italia per la terza volta. Molto noto in Perù ha esposto presso musei e presso spazi culturali. Attraverso le sue opere magistralmente realizzate promuove la sua terra e nel contempo tenta di avvicinare i mondi attraverso lo studio dei miti antichi e nuovi. Le sue opere di grande impatto coloristico e di ottima fattura artistica colpiscono emotivamente i visitatori. La mostra è patrocinata dalla presidenza del Consiglio Roma I Centro, dall’ambasciata del Perù a Roma, dalla presidenza della Giunta regionale della Regione Calabria, dall’associazione Apurimac onlus, dalla Ubi Banca Carime. Nel corso della serata è stato donato un quadro di Vidal Bedoya all’associazione Apurimac al fine di contribuire a finanziare i progetti di sviluppo in ambito educativo e sanitario che porta avanti in Perù. L’inaugurazione è stata presso la sala espositiva del Municipio I di Roma via della Greca n°5. L’esposizione delle opere terminerà il 4 novembre.

Myriam Peluso - Presidente “Le Muse arte” associazione culturale Ulysses

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sabato 25 ottobre 2014

I cultori del bello Passione per l’arte e la moda nel centro di Cosenza

Maison Capalbo, la donna sicura di sé Maison Capalbo o Mc brand è oggi nella bellissima struttura firmata “Remigio”, festeggiata insieme ad amici, clienti, cultori del bello con una inaugurazione all’insegna del sorriso e dell’allegria. Pina, Emanuela e Giuseppe hanno salutato mercoledì 22 ottobre la loro storica struttura di via degli Alimena a Cosenza non senza tristezza ma nello stesso tempo felici di affrontare questa nuova avventura commerciale in una strada importante, come quella dedicata a Gregorio Caloprese, filosofo, medico e matematico italiano. La famiglia Capalbo è un team affiatato. Se dovessimo descrivere Pina, Emanuela, Giuseppe, senza alcun dubbio diremmo che sono appassionati del loro lavoro, che insieme formano una cascata di entusiasmo, affettuosità, allegria e che ogni giorno, selezionano e valorizzano quello che verrà offerto al pubblico, con amore e dedizione. Possiamo sintetizzare così i magnifici tre: Pina la number one, Emanuela la poliedrica, Giuseppe o... J’ Latinos l’eclettico. Una manifestazione dove non è stato dimenticato il momento sociale. Infatti hanno partecipato i rappresentanti di Action Day adozione a distanza perché Pina è sempre più convinta che insieme si può dare solidarietà e aiuto.

I magnifici tre: Pina la number one, Emanuela la poliedrica, Giuseppe o... J’ Latinos l’eclettico

I Capalbo Qui a sinistra, Pina tra due modelle

La festa inaugurante ha avuto una regia d’eccezione L’inaugurazione della nuova sede di Mc (Maison Capalbo) è stata un successo senza se e senza ma. Molte le presenze che hanno accompagnato Pina, Manuela e Giuseppe in questa bellissima inaugurazione fatta di semplicità, sorrisi, divertimento. Manuela Capalbo ha messo a disposizione della festa la sua formazione di regista e ha trasformato tutto in un set dove sono state girate molte scene. Non mancava nulla. La gente, la sfilata, le vetrine viventi, lo spettacolo, la solidarietà, il buffet, la musica, ma sopra tutto spiccava il calore umano che Pina, Manuela e Giuseppe hanno espresso. Il tema della serata: “Le donne di James Bond”. Non bisogna essere né inglesi né appassionati di film d’azione per amarlo. A far aumentare L’eleganza e il fascino dell’agente 007 contribuiscono una serie di accessori e di comportamenti che lo rendono unico come i gemelli, gli orologi, le auto di lusso, le sue frasi famose, le sue Bond girls. Donne bellissime ma soprattutto elegantissime. Mc ha ricreato un’atmosfera e un look da Bond Girl. Maison Capalbo è riuscita a ricreare, per una sera, l’immagine di una donna sicura di sé, determinata e ovviamente sexy. I colori utilizzati dalla Maison sono stati tanti: nero, bianco, oro, senza dubbio una scelta vincente, seguito dal rosso fuoco. Immancabili i tacchi a spillo, armi non sempre solo di seduzione. Al calar della notte, nella Maison Capalbo le aspi-

La danza del ventre Sotto, James Bond con una modella

ranti Bond Girl hanno dato spazio ad un sofisticato smokey eyes per conquistare al primo sguardo. Spendide le “rosse” di Lv Parrucchieri che hanno prestato la loro preziosa e professionale opera. La sfilata è stata realizzata con donne della “porta accanto” che hanno in comune il dono della bellezza o una fotogenia non comune e che hanno messo a disposizione la loro immagine per divertimento come Cattolica Morelli che di professione è poliziotta locale e Luana Anni ‘60 che è una donna interessante trainate da una professionista e grande top model Marizella Aiello. Non di meno gli uomini. James Bond impersonato da un bellissimo e misterioso “fanciullo” e Federico Lopes funzionario Family Banker Meiolanum. Infine il ballo. Carlos El Tio e Lorenzo De Marco hanno aggiunto quel tocco o tacco di latino... che mancava. Unico lo spettacolo. Affidato all’associazione Amer


sabato 25 ottobre 2014

I cultori del bello Il brand Maison Capalbo

Le vetrine “vive” di seduzione Manichini così belli non se n’erano mai visti in città. Ecco per una sera le vetrine viventi dove hanno spiccato bellissime ragazze e sensuali uomini. La fantasia non è mancata e ha trasformato, per un giorno, le vetrine in piccoli camei da osservare.

“la danza del ventre” dove Barbara Carbone e Carmela Le Piane hanno creato un sussulto ai maschietti presenti. Finalmente un sussulto piacevole che di questi tempi non è poco.

La donna musa ispiratrice del passato che fa risplendere il presente firmata Mc

Maison Capalbo sarà il new retrò vintage da Napoli in giù Il fascino che contraddistingue un capo vintage non è descrivibile con delle semplici espressioni. Bisogna scomodare definizioni che vanno aldilà del bello, del ben fatto, dell’irrinunciabile. La Maison Capalbo avendo passione per le cose fatte bene, per i capi e gli accessori che invecchiando acquistano bellezza, diventando preziosi testimoni di sapienza e tradizione hanno deciso di avviare il vintage new retrò che diventa unico da Napoli in giù. Quello che ispira i cultori del capo vintage è un vero e proprio turbinio di sensazioni ed emozioni. Crediamo fermamente che la diffusione del capo vintage retrò o seconda mano contribuisca dunque alla diffusione della cultura e non solo: acquistando un capo retrò vintage aiuti la natura poiché ricicli un capo usato evitando sprechi.

La sfilata

Per creare il nuovo bisogna sempre lasciarsi ispirare dal passato, rubarne il successo, i colori, i tagli. Questa è la donna a cui Maison Capalbo si ispira. Lo stile bon ton e retrò chic sarà il loro imperativo. Un’icona di donna elegante e senza tempo che vuole sentirsi affascinante e di classe come una diva del cinema! Icona per eccellenza dello stile chic bonton. Essere donna infatti, è proprio una faticaccia! Bisogna essere belle e sempre “in ordine”. Quello che veramente ci aiuta ad affermarci nel mondo, - afferma con convinzione Manuela Capalbo - è la femminilità. Essere femminili è uno stile di vita di fatto. La donna che noi vogliamo vestire - sussurra Pina - deve essere energicamente sensuale. Nella storia abbiamo esempi di grandissimi donne intelligenti e dal carattere forte e determinato che sono state l’esempio della femminilità. Il modo di vestire - conclude Giuseppe - non è la sola cosa che rende le donne femminili al resto del mondo, ma ricopre un ruolo importante.

Maison Capalbo e la rimessa a modello con il “su misura” Benedetto Talarico è il professionista scelto dalla Mc per la rimessa a modello, riportare a nuova vita il cosiddetto “vintage”, gli abiti di una certa qualità che ognuno di noi ha negli armadi, si può infatti vestire in modo non omologato, evitando cioè di comperare solo nelle catene fashion, con i tesori scovati nei bauli di casa o facendo fare il “su misura”.

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La ricerca deve andare avanti Donare un respiro a chi è affetto da fibrosi cistica, lo si può fare in questi giorni

Petali di solidarietà Donare un respiro a chi è affetto da fibrosi cistica, lo si può fare in questi giorni. Per sostenere la ricerca che ha portato l’aspettativa media di vita fino ai 40 anni e oltre, si possono acquistare i ciclamini nelle piazze e nei negozi del Catanzarese che hanno aderito all’iniziativa (offerta minima 10 euro). Per tutto il mese di ottobre, infatti, i volontari della delegazione di Soverato della Fondazione per la Ricerca sulla fibrosi cistica - onlus, allestiscono stand per la vendita delle piante. In occasione della XII Settimana nazionale per la ricerca sulla fibrosi cistica, i volontari scendono di nuovo in piazza per raccogliere fondi. Il ricavato delle vendite sarà totalmente devoluto alla Fondazione per la Ricerca sulla fibrosi cistica - onlus per contribuire al progetto di ricerca 17/2013 che la Delegazione di Soverato si è impegnata a finanziare. Fino al 26 ottobre, inoltre, al numero 45502 si possono inviare uno o più sms, del valore di 2 euro da tutti gli operatori di telefonia mobile e del valore di 2 euro o 5 euro da telefono fisso. Il ricavato finanzierà dei progetti di ricerca. La fibrosi cistica colpisce un neonato su 2.500: ogni settimana quattro bambini si scoprono essere affetti da questa malattia per la quale non esiste una cura definitiva. La loro vita sarà segnata da difficoltà a respirare, continui ricoveri in ospedale, aerosol, fisioterapia respiratoria quotidiana, pillole ingerite per digerire: la ricerca è importante per migliorare la qualità e le aspettative di vita e trovare una cura definitiva. Negli anni Sessanta i bambini non superavano l’infanzia, oggi i bambini affetti dalla fibrosi cistica hanno un’aspettativa media di vita intorno ai 40 anni: la ricerca deve andare avanti. Per info: www.fibrosicisticaricerca.it Per contattare la Delegazione di Soverato: ffcsoverato@libero.it

Fino al 26 ottobre al 45502 si possono inviare uno o più sms del valore di 2 euro

Si possono acquistare i ciclamini in piazze e negozi del Catanzarese che hanno aderito all’iniziativa A ottobre, infatti, i volontari della delegazione di Soverato della Fondazione per la Ricerca sulla fibrosi cistica saranno presenti con stand per la vendita delle piante


sabato 25 ottobre 2014

Garante dell’infanzia Il 30 ottobre scade il bando per l’istituzione dell’elenco di tutori volontari dei minori della Provincia di Cosenza

Una piccola grande mano Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria e il Comune di Cosenza attivano un percorso formativo rivolto ai cittadini di Cosenza e provincia per l’istituzione di un elenco di tutori legali volontari al quale potrà attingere il giudice competente per la nomina di tutori. Obiettivo dell’iniziativa è selezionare e formare persone disponibili ad assumere la tutela legale di un bambino o di un adolescente, i cui genitori siano decaduti o non siano nella condizione di esercitare la responsabilità genitoriale. Il precorso formativo ha la funzione di assicurare la consulenza e il sostegno ai tutori dopo l’iscrizione nell’elenco, garantendo loro un costante aggiornamento. La nomina a tutore di un minore non dà alcun diritto a compensi di sorta, così come disposto dall’art. 379 comma 1 del Codice civile. Il bando, che scadrà il 30 ottobre 2014, è consultabile sui siti www.garanteinfanziacalabria.it e www.comune.cosenza.gov.it. Potrà presentare domanda di ammissione al corso di formazione: chi ha compiuto il 25° anno di età; chi è in possesso del diploma di scuola secondaria superiore di 2°grado; chi ha cittadinanza italiana; chi è residente e domiciliato nella provincia di Cosenza; chi è nel pieno godimento dei diritti civili e politici; chi non ha precedenti penali a carico; chi non si trova in uno degli impedimenti previsti dall’art. 350 C.C.; chi è in possesso dei requisiti di cui all’art. 348, comma 4 C.C. «Il tutore è una persona motivata e sensibile - dichiara Marilina Intrieri - attenta alla cultura dei diritti dei minori che assume la rappresentanza legale del minore che sia privo dei genitori (orfano, minore dichiarato adottabile, figlio di ignoti, ndr) o nel caso in cui i genitori non possano esercitare, anche temporaneamente la responsabilità genitoriale per decisione dell’Autorità giudiziaria o perché lontani (minori stranieri non accompagnati). Teniamo alla promozione di questa figura perché il tutore svolge tutte quelle funzioni e quei compiti che normalmente sono assolti dai genitori». L’importanza del tutore è rappresentato dal ruolo che egli interpreta di fronte alle istituzioni, in quanto è la voce consapevole nelle vicende che riguardano il minore affidato. «Sarà il tutore - aggiunge l’avvocato Manfredo Piazza, assessore al ramo del Comune di Cosenza - che curerà i rapporti con le istituzioni educative, sociali, giudiziarie e sanitarie e che dovrà assicurarsi che i soggetti coinvolti nella promozione del benessere del minore svolgano pienamente le funzioni di competenza, verificando che il minore sia seguito, educato e ascoltato». La figura del tutore, in un’ottica puerocentrica del diritto minorile sempre più child friendly, risponde a una nuova sensibilità di protezione dell’infanzia. Egli, non è più solo una mera figura burocratica, ma realizza un interesse di “cura” del minore poiché accanto ai compiti di rappresentanza e gestione del patrimonio può costituire un efficace strumento di protezione e tutela dei minori in difficoltà, una figura “amicale”, anche di indirizzo educativo, che affianca il minore. La nomina del tutore spetta al Giudice tutelare presso i Tribunali ordinari e al Tribunale per i minorenni. Il volontario che dà la propria adesione viene preliminarmente formato con appositi corsi circa il ruolo, le responsabilità e le funzioni che dovrà rappresentare. Quanti parteciperanno al bando e avranno dimostrato di possedere i requisiti richiesti saranno am-

Obiettivo dell’iniziativa è selezionare e formare persone disponibili ad assumere la tutela legale di bambini o adolescenti i cui genitori siano decaduti o non siano nella condizione di esercitare la responsabilità genitoriale

Il garante per l'Infanzia Marilina Intrieri

messi a frequentare un corso di formazione della durata di 24 ore, al termine del quale verrà rilasciato un attestato di frequenza che costituisce uno dei requisiti validi per essere inseriti nell’Elenco regionale dei tutori legali volontari. L’inserimento nell’elenco è subordinato al superamento di un colloquio, che terrà un’apposita commissione presieduta dalla Garante, sugli argomenti trattati durante il corso. La domanda di partecipazione potrà essere inviata a mezzo mail, in alternativa all’indirizzo indicato nel bando, all’indirizzo: garanteinfanziaeadolescenza@consrc.it.

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Lì, dove in pochi agiscono Importante convegno presso la Casa delle Culture di Cosenza

Disabilità in rete, strategie per il territorio Presso la sala conferenze, della Casa delle Culture di Cosenza, importante convegno dal titolo “Disabilità in rete. Esperienze risorse e strategie attraverso l’associazionismo territoriale”. Era presente Manfredo Piazza, assessore alla Solidarietà e alla Coesione sociale del Comune di Cosenza. Ha introdotto i lavori Leonardo De Marco, presidente del Movimento cristiano lavoratori e Teresa Casacchia, presidente Associazione nutrizione umana. Sono seguiti gli interventi di Giampaolo De Luca, sulla nuova disabilità nell’obesità, gli eccessi alimentari nel bambino; prevenzione negli ambienti di lavoro di Mario Marino; dal lutto alla consapevolezza di Francesca Cozza; Tina Spizzirri Marzo ha parlato della Sintesi progettuale della diversabilità familiare; Marina del Sordo sul Diritto allo studio degli alunni ospedalizzati; Roberto Ceravolo su Risorse attive delle associazioni sul territorio; Monica Zinno sulla Convenzione Onu, ma anche sulla difficoltà, in un dibattito con l’assessore Piazza, del dover creare una sorta di consorzio delle associazioni e delle difficoltà del fare rete; Giuseppina Carbone, problematiche del bambino nel disturbo del linguaggio; Stefano Muraca, lo Sport come prevenzione; Gessica Fabiano, educazione e prevenzione; Antonio Biamonte, Diritto alla salute e diritto allo studio; Tonia Forte, Il Ponte tra l’utenza e la sanità; Salvatore Fiore, Percorsi e strategie; le conclusioni sono state affidate a Vincenzo Massara, presidente nazionale Mcl. Le varie difficoltà sul posto di lavoro, la scorretta alimentazione delle opulenti società, che sta andando a creare nuove patologie assimilabili alla disabilità e poi la necessità di creare una rete stabile di associazioni del settore. Evento voluto da Mcl e da Nutrizione umana con il patrocinio della città di Cosenza, della Provincia, il tribunale per la tutela dei diritti del cittadino e del malato (Agev), Ipaea (insieme per ascoltare e ascoltarci), fis dir (Federazione Italiana sport disabilità intellettiva relazionale). Abbiamo sentito Leonardo De Marco, presidente provinciale del Movimento cristiano lavoratori, che nasce nel 1972, con identità ecclesiastica e richiama la dottrina sociale della Chiesa seguendone il percorso cattolico: «Il convegno è il continuo di un precedente che avevamo intrapreso già dalla primavera scorsa, questo dell’autunno lo abbiamo pensato più rappresentativo possibile delle realtà associative del territorio, affinché da questo convegno si possa uscire con una voce più forte e dare tutela al mondo della disabilità». Monica Zinno, della “Associazione, infanzia e adolescenza G. Rodari” di Cosenza, ha ribadito l’importanza di fare rete tra le varie realtà associative del territorio per dare voce allo stesso e incidere politicamente. La Convenzione Onu per i diritti dei disabili è stata largamente percepita dalla Provincia di Cosenza: ciò offre, afferma Zinno, un modo per intervenire nelle varie tematiche. Punto fondamentale di una proposta di cui da sempre la “Rodari” si è fatta promotrice, è quella di costruire una banca dati per i bambini disabili dallo zero ai sei anni, perché l’Istat non offre dati. Nel momento in cui si mette in rete una associazione, aggiunge Zinno, l’Ufficio regionale scolastico e le varie altre realtà territoriali, le istituzioni amministrative si rendano disponibili per dare quel supporto necessario al bambino in età scolare, facendo fronte al dovere di poter attrezzare adeguatamente sia l’aula sia i mezzi di trasporto scolastici, senza che si debba combattere quotidianamente per garantire al bambino con disabilità il diritto allo studio. L’assessore Piazza parla di un distretto comunale, che possa essere comune a tutte le amministrazioni, ragionando in termini di Comune capofila, rivendicando che le risorse nei vari comuni siano destinate all’uso appropriato, con la conseguente valorizzazione delle istituzioni pubbliche e organismi privati. Aggiunge ancora Piazza: la cooperazione sociale almeno per Cosenza copre una spesa di sei milioni di euro all’anno per le cooperative per pulizia e manutenzione, mentre ci sono categorie come assistenti sociali e psicologi di cui le varie istituzioni e realtà sociali hanno estremo bisogno che non sono prese in considerazione; Piazza ne sottolinea la follia. Per Monica Zinno, andrebbe rivista una legge sul volontariato, sui Piani di zona, mai attuati, mentre in altre Regioni d’Italia sono diventati importanti punti di riferimento. La rete si è costituita per l’attuazione di questi importanti presìdi. La rete, dice ancora la Zinno, è rimasta solo virtuale perché i tavoli istituzionali non sono stati mai

Il problema ruota sempre attorno alle barriere architettoniche, alla difficoltà di trovare mansioni adatte per il disabile, il problema culturale ed etico di un ambiente favorevole e in questo momento storico anche il problema economico

realizzati in modo effettivo. Anche il fatto di partecipare a progetti che hanno scadenze, costituisce per la Zinno un disvalore non solo per l’associazione, ma anche per l’utenza. Auspica, la Zinno, anche una divisione tra assessorato alle Politiche sociali e un assessorato alle Politiche sanitarie, due mondi, che comunque sono scissi e che solo così si potrà, in futuro, conferire reale valore alle politiche per il sociale. Interessante l’intervento della dirigente scolastica Marina del Sordo, che ha parlato della necessità della scolarizzazione dell’alunno di lunga degenza ospedaliera. Il reparto che ospita la scuola è il reparto di pediatria e a seguire tutti gli altri reparti dove il giovane è degente. È necessario, dice la Del Sordo, fare rete tra famiglia, scuola, ospedale e territorio. Tutti quelli che circondano il bambino ospedalizzato devono comprendere che cosa succede o può accadere nel bambino nella formazione personale. Il sistema deve essere ben saldo e coeso, perché si hanno molti ragazzi anche di altre regioni. Com’è fatto un sistema educativo in un ospedale? L’accoglienza deve essere fondamentale, un docente deve avere una grande emotività in qualsiasi ambiente, e mettere in atto strategie didattiche che siano attraenti per l’alunno per poter motivare l’alunno con i quali si lavora. L’alunno ospedalizzato ha sentimenti maggiori che lo attraversano, quindi la didattica deve essere breve ma che dia anche una possibilità di accoglienza maggiore e il farsi carico dell’alunno. I supporti pedagogici: creare un primo approccio, che non deve andare oltre la privacy, rispettando sempre la sfera privata del bambino, che in prima istanza si potrebbe anche rifiutare di vivere una scuola nell’ambiente ospedaliero. Si deve entrare, dice la Del Sordo, quindi con delicatezza e convincere della bontà della lezione in ospedale, che restituisca dignità al diritto allo studio, alla salute e alla vita e poter ritrovare un qualcosa di riconosciuto, come la scuola, ciò potrebbe allievare le tensioni personali e familiari, che percepiscono una continuità delle attività didattico-educative del proprio figlio. L’alimentazione, invece, dovuta all’eccesso di cibo va affrontata, dalle parole del dr De Luca, assieme alla collaborazione della famiglia. È sconsigliata in età pediatrica la dieta ipocalorica, la divisione delle calorie deve rispettare sempre la giusta ripartizione tra carboidrati, proteine e lipidi nella percentuale adatta all’età pediatrica, unico modo che garantisca una nutrizione adeguata e dividerla in cinque pasti al giorno, preferendo la colazione abbondante almeno il 25% della quantità calorica giornaliera. Si deve abbinare una vita adeguata motoria e si deve considerare in disabilità quella fascia di giovani, che prevedono una massa di grasso superiore all’altezza e che addirittura può essere causa di un blocco della stessa. Il bambino obeso produce dei costi sociali per le complicanze cui andrà incontro nel futuro, sono di tipo cardiovascolare, endocrine, ipertensione, ipoglicemia per poi nel tempo arrivare all’infarto etc. Soprattutto a esserne colpiti sono il Sud d’Italia e il sesso femminile, non si tratta di una disfunzione ormonale né di un fattore ereditario genetico, sono rispettivamente nel 2% dei casi e nel 3% la seconda. La gran parte dell’obesità è dovuta all’errata alimentazione, alla sedentarietà e all’ambiente, sostanzialmente il nostro Dna è rimasto uguale a quello dell’uomo delle caverne. Nei fattori ambientali troviamo le cattive abitudini alimentari fuori e in casa: la colazione è quasi assente, l’attività motoria è ridotta e nelle uscite c’è una meccanizzazione del movimento. Lucia De Cicco


sabato 25 ottobre 2014

Nel segno della tradizione A San Marco Argentano una serie di stand che hanno spaziato dalle bontà culinarie, all'artigianato, alla musica

Sapori d’autunno David Formoso e Raffaella Scarpelli

È San Marco Argentano che ha dato inizio alla prima edizione di Sapori d’autunno nelle giornate dal 17 al 19 settembre. Una serie di stand, con bontà culinarie provenienti non solo dal territorio, ma anche da Santa Maria del Cedro, e da fuori regione con l’arte del miele, la Basilicata e con alti prodotti della zona dell’Alto Tirreno cosentino; i funghi provenienti dalla Sila, la pregiata bigiotteria lavorata da artigiani del napoletano; mobiletti dei sogni per le bambole destinati a bambine, di falegnami ed ebanisti del luogo e tantissime leccornie, liquori/crema della tradizione non solo Calabra, confetti farciti con i sapori dell’autunno, la castagna, il cedro, l’arancia. Nella prima serata del 17 si è dato spazio al folklore locale, e un continuo di giro tra gli stand da parte di una Tv locale dal titolo “Rubriche Tv locali”. La seconda serata è stata di alto spessore musicale, a ridosso della chiesa storica della città, San Marco nella normanna piazza principale, con lo sguardo alla Torre del secolo XI e sul lato la Fontana di Santo Marco. La cittadina è affascinante per la struttura antica tra archi e atri di molti palazzi risalenti all’epoca feudale, gli spazi dove immaginare eventi culturali, percorrono il mio camminare tra memorie cavalleresche e il passaggio del santo Marco di cui si costudiscono reliquie nella Cattedrale maggiore. Percorrendo a piedi in una atmosfera antica e di fresco autunno appena accennato, il centro storico, che si presenta con l’originaria struttura feudale, lungo il percorso che unisce il Duomo e la torre normanna. La parte occidentale, più antica e popolata è nascosta alla vista; l’altra, più esposta e più prossima alla torre, coincide con l’antico quartiere ebraico della Giudeca. Lo storico Adolfo La Valle, sulla base di documenti conservati nel convento della Riforma, afferma che gli ebrei erano in San Marco assai potenti: avevano un quartiere segregato, che anche oggi si chiama la Giudeca, una piccola Sinagoga, il traffico della seta e dei grani, il monopolio della piazza e dei mercati, speciose tintorie. Ci sarebbe ancora tanto da dire su questo suggestivo centro tra il feuda-

Nella prima serata si è dato spazio al folklore locale La seconda è stata di alto spessore musicale a ridosso della chiesa storica della città

le, il normanno e il religioso fino alla modernità, ma ci concentriamo sull’ arte pregiata della musica d’autore che spaziando nei vari generi della musica italiana, a quella sud-americana con le note del basso e della chitarra classica di David Formoso e la voce di Raffaella Scarpelli. David Formoso è una persona che ha scelto la strada del viaggio e per tantissimi anni fuori dalla nostra regione, facendo tante esperienze positive in campo artistico e dopo gli studi nell’Italia settentrionale conoscendo tante persone, che hanno segnato positivamente la sua vita e che gli hanno lasciato tanto, per quanto riguarda le radio e il mondo dello spettacolo in generale, conduce alcune attività televisive sulla rete Rttml canale 115 del digitale terrestre e Mediasud, oltre ad essere un conduttore di serate estive sulla costa tirrenica e nei vari concorsi, che le amministrazioni comunali e privati gestiscono per il divertimento dei vacanzieri e di chi ha velleità artistiche. Inoltre svolge servizi per tg in giro per la Calabria. Raffaella Scarpelli ha fatto la presentazione del suo primo cd a Roma con un buon riscontro nella città. Tanta gavetta con lo scopo, di entrare nell’anima delle persone con emozioni dell’anima, in quest’occasione con brani di autore. Raffaella è anche cantautrice, fin da piccola scrive testi in rima poetica, che diventano canzoni, è al suo secondo cd e chissà presto il suo nuovo terzo cd. La terza serata è stata dedicata ai giochi popolari per bambini e il loro intrattenimento e con l’accompagnamento musicale in fisarmonica, girando per gli stand con le “Rubriche tv locali”. L’evento è stato promosso dall’amministrazione comunale di San Marco Argentano, sindaco Virginia Mariotti e promosso dal vicesindaco, già sindaco, Giuseppe Mollo e con sponsor di Fagnano Castello: Pic fashion, L’arte della carne, Leo & Lety, Paolo Design. Altro partner Rete impresa per il sociale, in collaborazione di Pizzeria del corso. Lucia De Cicco

Con la poetica di Anna Lauria

Dulcedine societatis “Dulcedine societatis” di Rende, associazione culturale, ogni settimana offre un appuntamento culturale. Ultimo appuntamento dei giorni scorsi, moderato e con intervista della giornalista Manuela Fragale è stato dedicato alla poetessa per amore, scelta e passione, Anna Lauria di Corigliano Calabro, e di origine rossanese. Che ha tenuto a ribadire di come importante sia affermarsi nel mondo anche semplicemente con la propria creatività, che come disse qualcuno non darà grandi risorse economiche, ma riempie le giornate di serenità e nel caso della Lauria di vera sacrosanta poetica. La sublime poesia raccontata dall’autrice, Anna Lauria, è stata accompagnata dalla musica di Simone Stellato, allievo dell’accademia di musica, “Cantica” di Montalto Uffugo, al pianoforte e alla fisarmonica. Per Anna Lauria il senso della poesia è da scoprire ancora, il problema per lei sta nel fatto che l’Italia sia un paese, che investe pochissimo sulla cultura, rispetto a molte altre Nazioni d’Europa. La Germania, da cui provengono i più grandi filosofi del mondo, ad esempio, produce molta cultura. Manca per noi invece, a sentire la poetessa, la cultura della poesia. Anche la scuola con il suo chiedere d’imparare a memoria la poesia non fa altro che uccidere la poesia, trasmettendola in un modo didattico, che destabilizza la bellezza implicita all’approccio. Conoscere gli strumenti è importante, ma è l’estro che sfida il giovane alla creazione della poesia. La metrica è importante, ma in un secondo mo-

mento, dopo che il gioco poetico ha tolto fuori il talento che è innato in alcuni, ma che può destare interesse in altri. Per creare poesia, afferma la Lauria, è necessario il silenzio e la semplicità del vivere quotidiano e dell’esistenza. Anna Lauria ha condotto, su Cometa Radio, una trasmissione dedicata alla poesia, dando voce a una selezione di poeti e di loro poesie. Poeti e poesia: per Anna Lauria si deve dare sempre uno sguardo al passato, ma con un piede nel presente, guardando ai contemporanei. La poesia deve passare, per la Lauria, da un momento d’introspezione a un momento più alto quando si decide di pubblicare dei libri: dalla poesia si passa alAnna Lauria la poetica, o meglio alla “po-etica”, cioè alla trasmissione dei valori universali, riconcepiti in un nuovo umanesimo. Le parole, che andrebbero eliminate dai nostri vocabolari, esistono, ma molte andrebbero reinserite, cioè la gentilezza, il garbo, educazione. Ldc

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