Voce ai giovani

Page 1

Anno 37 - 21 Dicembre 2013 - Numero 51

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

di Alessandro Cofone

La Regione approva una legge finalizzata al superamento del precariato ma dimentica i laureati del programma Voucher SOLIDARIETÀ IN CAMPO

SYNOPSIS HISTORIARUM

Al San Vito la partita che vale il sorriso

Miniature in “codice” da una dominazione

di Francesco Fotia

L’ItalianAttori sfida i Medici Cosenza per la “Gianmarco De Maria”

di Vincenzo Segreti

Di Joannes Scylitzes, riscoperto dall’amanteano G.ppe Sconza Testa


II

sabato 21 dicembre 2013

Una rivoluzione in casa Il principio di uguaglianza giuridica, a prescindere dalla loro nascita dentro o fuori il rapporto matrimoniale

Figli questione di parità Il Consiglio dei Ministri, nella seduta dello scorso 13 dicembre, ha approvato il testo del decreto legislativo sulla revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione. L’atto si è tenuto in attuazione della legge Delega 219/2012 che ha affermato il principio di uguaglianza giuridica di tutti i figli, a prescindere dalla loro nascita dentro o fuori il rapporto matrimoniale. L’art. 2 della legge 219, infatti, assegnava al Governo un’apposita delega da esercitare entro l’1 gennaio 2014, al fine di eliminare ogni discriminazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio. «Questa legge - afferma l’avvocatessa Margherita Corriere, presidente regionale dell’associazione Avvocati matrimonialisti italiani - ha finalmente modificato l’assetto giuridico della filiazione sulla base del principio dell’unicità dello stato di figlio, anche adottivo, secondo cui tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, disponendo la sostituzione, nel codice civile e negli altri testi di legge, delle parole figli legittimi e figli naturali con La presidente regionale Ami la parola figli, senza distinzioni di sorta. Come assoMargherita Corriere ciazione siamo soddisfatti e molto felici nel veder finalmente accolte molte di quelle segnalazioni che, negli ultimi anni, abbiamo rappresentato pubblicamente in molti dei convegni organizzati dall’Ami in tutte le regioni d’Italia. Una battaglia di legalità e di cultura verso l’infanzia e l’adolescenza che deve necessariamente proseguire, vista la necessità di migliorare ancora molti degli elementi di diritto che riguardano i bambini che vivono nel nostro Paese». Ricordiamo alcune delle principali e importanti novità portate dal decreto legislativo: sostituzione del concetto di potestà genitoriale con il più ampio e significativo concetto di responsabilità genitoriale; modifiche alla disciplina relativa alle azioni di stato volte ad eliminare ogni residua discriminazione tra figli nati nel matrimonio o fuori da esso; riconoscimento della possibilità per i nonni dei minori, in ipotesi di rottura della coppia, di ricorrere al giudice per vedere riconosciuto il loro diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni; modifica delle disposizioni di diritto internazionale privato con previsione di norme di applicazione necessarie in attuazione del principio dell’unificazione dello stato di figlio; previsione dell’obbligo di ascolto del minore in tutti i procedimenti che lo ri-

«La legge afferma l’avvocatessa Margherita Corriere, presidente regionale associazione Ami - ha finalmente modificato l’assetto giuridico della filiazione secondo cui tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, disponendo la sostituzione delle parole “figli legittimi” e “figli naturali” con la parola “figli”, senza distinzioni»

guardano, salvo che il giudice ritenga l’ascolto in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo. Ma anche modifiche alla disciplina delle successioni con l’estensione dei vincoli di parentela alla filiazione fuori dal matrimonio, oltre a portare a dieci anni il termine di prescrizione per l’accettazione dell’eredità per i figli nati fuori dal matrimonio. Viene, inoltre, prevista l’abolizione del diritto di commutazione in capo ai figli legittimi sino ad ora previsto per l’eredità dei figli naturali. «È certamente un cambiamento importante - ha proseguito l’avvocato Corriere - che mira alla tutela sostanziale del figlio minore, a prescindere da etichette o sovrastrutture varie, poiché questo figlio, sia nato in costanza di matrimonio che fuori dal matrimonio, è un soggetto di diritto, che, come parte più debole, deve essere pienamente tutelato, al fine di favorire la sua crescita psicofisica in maniera equilibrata e armoniosa, accanto a due genitori che, in un ambito di responsabile condivisione del ruolo genitoriale rivestito, abbiano cura e rispetto della personalità in itinere del minore, che ha diritto di mantenere rapporti significativi con i parenti di entrambi i rami genitoriali. Sempre attuale è la massima di Giovenale “maxima debetur puero reverentia” che, tradotta letteralmente, vuol dire “al fanciullo si deve il massimo rispetto”. E rispettare i minori in maniera autentica - conclude la presidente regionale dell’Ami - senza discriminazioni di sorta, significa renderli nella sostanza ed in concreto, sin dalla loro nascita, figli tutti uguali e tutti da considerare soggetti degli stessi diritti imprescindibili, inviolabili, irrinunciabili per la realizzazione libera e ottimale della loro personalità come cittadini di una società solidale e paritaria». Ami Calabria


sabato 21 dicembre 2013

E tutto tace La Regione Calabria approva una legge finalizzata al superamento del precariato ma dimentica i laureati del programma Voucher 2008

Tagliàti fuori! ne di Alessandro Cofo

Martedì 17 dicembre presso Palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale della Calabria, il governatore regionale e l’assessore al Lavoro Nazzareno Salerno hanno presentato in conferenza stampa, la proposta di legge finalizzata a superare il precariato. «Attraverso questa proposta avremo un quadro chiaro del precariato calabrese che è composto, oltre che da lpu e lsu, anche dai lavorati della legge 15/2008, 28/2008 e 8/2010 - ha dichiarato l’assessore Salerno. La legge dà la possibilità agli enti utilizzatori di procedere alla proroga triennale e non più annuale ed apre un percorso di stabilizzazione che prevede per i profili bassi delle procedure veloci». La proposta di legge però non contempla i 375 laureati del programma Stages 2008, meglio conosciuti dal “grande pubblico” come gli stagisti della Regione Calabria che, pur essendo riconosciuti come precariato consolidato dalla Dgr 160/2013, lottano ogni giorno con ritardi, porte sbattute in faccia, scadenze di contratti e mancate promesse. “Arruolati” con bando pubblico che prevedeva una selezione per titoli (conditio sine qua non era il voto di 110/110 a cui si aggiungevano master, dottorati, corsi di lingua ect..) hanno investito cinque anni delle loro vite professionali a servizio degli enti pubblici calabresi. Negli anni si sono distinti per il contributo portato nelle pubbliche amministrazioni locali tanto da meritarsi un contratto di collaborazione prima e un successivo rinnovo poi. Queste occasioni sono sempre state frutto di un continuo dialogo tra loro e le istituzioni competenti. I loro contratti sono scaduti a fine Maggio e nonostante una conferenza stampa del Governatore Scopelliti e un Bando pubblicato in preinformazione, ad oggi tutto tace. Il loro percorso è da sempre stato alquanto singolare, fatto di tanti “passi falsi” e di troppe attese. Eppure molte pubbliche amministrazioni hanno da sempre chiesto al Consiglio Regionale di consentire la prosecuzione dell’esperienza lavorativa di questi ragazzi vista l’impossibilità, al momento, di poter procedere ad indire concorsi pubblici. Il 24 giugno scorso Il Consiglio regionale ha chiesto alla Giunta di trovare una soluzione al “caso stagisti”. Qualche giorno dopo, il 1° luglio, il presidente Scopelliti e l’assessore Salerno in una conferenza stampa hanno presentato la loro “non-soluzione”: un Bando

“Arruolati” con bando pubblico che prevedeva una selezione per titoli, hanno investito cinque anni delle loro vite professionali a servizio degli enti pubblici calabresi, lottano ogni giorno con ritardi, porte sbattute in faccia, scadenze di contratti e mancate promesse

pubblico finanziato con fondi comunitari. I percorsi previsti dal Bando sono: una dote per i giovani professionisti contrattualizzati da enti privati; un incentivo per l’autoimpiego o, “dulcis in fundo”, ritornare ad avere un contratto di formazione con enti pubblici della durata di 6 mesi. Molti sono i limiti del Bando che non prevede una “soluzione definitiva” ma solo un continuo rimandare... per alcuni versi lo stesso Bando rappresenta un “passo indietro”. Si ritorna da precari a stagisti proprio perché la strada più coerente al loro percorso professionale sarebbe infatti restare nelle PA. Questo significherebbe ritornare ad essere tirocinanti e non collaboratori (come previsto dall’ultimo contratto stipulato con gli Enti). Molti gli incontri avuti dai ragazzi con le istituzioni competenti per cercare di limitare e superare le criticità evidenziate. Da luglio il Bando compare in preinformazione ma ancora non è stato pubblicato ufficialmente sul Burc. Nonostante il periodo storico avverso alla crescita professionale di giovani preparati e capaci, “gli stagisti” sono andati avanti convinti che il loro operato all’interno delle amministrazioni pubbliche fosse il biglietto da visita migliore; fermi, da più mesi, non possono continuare ad aspettare invano. Hanno bisogno di capire se questo lungo periodo a servizio della Calabria sia da annoverare sui loro Curricula come l’occasione di una vita o la sconfitta a cui non avrebbero mai pensato di andare incontro. Ora come non mai chiedono a gran voce di esssere inseriti nella proposta di legge per il superamento del precariato nella loro tanto amata Regione.

III


IV

sabato 21 dicembre 2013

Interscambio di studio Impegno di crescita secondo il pensiero del rettore, professor Gino Crisci

Unical internazionale

A proposito dell’internazionalizzazione dell’Unical quale impegno di crescita secondo il pensiero del rettore, professor Gino Crisci, il professor Gabriel Niccoli, docente di Italianistica e Francesistica, presso l’Università Cattolica di Waterloo (Canada), con delega ai Rapporti istituzionali con le università italiane, anche per conto dell’altra Università consorella della stessa città, è giunto in Calabria e in particolare a Grimaldi, suo paese natio, dopo aver svolto a Roma due conferenze sul risorgimento, attraverso il ruolo femminile, per una serie d’incontri con le massime autorità accademiche dell’Università della Calabria, con il supporto dell’associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”. Partendo proprio dalla sede dell’associazione internazionale “Amici dell’Unical”, allocata in piazza Vermicelli, nella struttura del TechNest, il professor Niccoli ha avuto modo di avere un incontro con il prorettore, professor Guerino d’Ignazio, con delega, tra l’altro, ai rapporti internazionali, con il quale si è parlato della necessità di riequilibrare l’accordo con le due Università di Waterloo instaurato nel mese di novembre del 2000, grazie all’impegno del rettore dell’epoca, professor Giovanni Latorre, e che ha consentito, grazie al supporto finanziario della presidenza della Giunta regionale della Calabria, di dare spazio a due progetti di scambi culturali, denominati “Progetto Origine” e “Progetto Calabria”, con il coinvolgimento di tanti studenti dell’Università della Calabria e delle Università canadesi di Waterloo, York e Toronto in un rapporto di interscambio di studio nelle sedi universitarie facenti parte dei due progetti. Per il futuro - si è detto - bisogna prevedere un accordo che vada nella direzione di creare la doppia laurea per gli studenti dell’Università della Calabria e gli studenti delle due Università di Waterloo per estenderli alle altre Università del Canada pensando e Gabriel Niccoli con il rettore Gino Mirocle Crisci Nella foto sopra, fotografato tra D’Ignazio e Gambino

Visita del professor Gabriel Niccoli, docente di Italianistica e Francesistica presso l’Università Cattolica di Waterloo (Canada), con delega ai Rapporti istituzionali con le università italiane

coinvolgendo anche, come in passato, la comunità dei calabro - canadesi e figure significative di successo del mondo della politica, della cultura, dell’economia e delle imprese. Come anche ad esperienze di dottorato e specializzazioni utilizzando leggi e programmi nazionali ed europee. Un felice incontro che ha consentito, presente Silvio Gambino, già preside della facoltà di Scienze politiche, di ricordare il forte legame esistente tra le Università di Waterloo, York e Toronto con l’Università della Calabria ed in particolare con la facoltà di Scienze politiche, che nel mese di novembre 2003 conferì all’allora giudice della Corte Suprema del Canada, Frank Iacobucci, la laurea “honoris causa” ed al quale l’associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria” è in procinto di conferirgli la pergamena di socio onorario. Altrettanto fruttuoso si è presentato l’incontro con il rettore, Gino Mirocle Crisci, che ha mostrato un grosso interesse verso le iniziative da predisporre per il rafforzamento dei rapporti internazionali tra le Università canadesi e l’Università della Calabria, pensando che l’attuale Governatore generale del Canada, David Johnston, sottoscrisse nel 2000, in qualità di presidente dell’Università di Waterloo, con il rettore Giovanni Latorre, l’accordo di collaborazione con l’Università della Calabria, alla presenza del giudice Frank Iacobucci, che ricoprì nel corso degli anni anche l’incarico di preside della facoltà di Giurisprudenza e successivamente di presidente dell’Università di Toronto. Per il professor Niccoli, prima del rientro in Canada, ci sono state delle occasioni per incontrare anche il professor Francesco Altimari, direttore del dipartimento di lingue e scienze dell’educazione, con il quale in passato si sono intrattenuti ottimi scambi culturali con la promozione di seminari linguistici finalizzati alla crescita culturale e formativa degli studenti; nonché Giovanni Latorre, con il quale ci si è intrattenuti su tutto ciò che ha visto l’Università della Calabria e le due Università di Waterloo stringere reciprochi rapporti di interesse didattico e scientifico nell’arco dell’ultimo decennio, ma soprattutto sull’affinità di sentimenti di reciproca stima ed amicizia nata nel mese di novembre del 2000 con la stipula del primo accordo e che potrà certamente continuare negli anni avvenire. Una permanenza, quella del professor Gabriel Niccoli all’interno dell’Università della Calabria, che si è conclusa con la sottoscrizione del modello di adesione all’Associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria” e che potrà essere in futuro uno strumento di stimolo e crescita per comuni interessi sinergici tra le istituzioni universitarie e le comunità calabro-canadese. Franco Bartucci portavoce associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”


sabato 21 dicembre 2013

Scelta d’amore e razionalità Convegno presso il Salone degli Stemmi della Provincia di Cosenza

Gravidanza e sclerosi multipla “Donne e Sm” (sclerosi multipla) è stato il titolo di un convegno che si è tenuto il 13 dicembre scorso, presso il Salone degli Stemmi della Provincia di Cosenza, a moderare gli interventi, la già assessora alla solidarietà del Comune di Cosenza, Alessandra De Rosa, che ha aperto il convegno Aism come vicepresidente della sezione cosentina. Sono seguite le relazioni della psicologa e psicoterapeuta Cecilia Gioia, sul tema: la scelta della gravidanza; Sandra Paglionico, neurologa dell’Asp di Cosenza, sul tema: gravidanza e terapia; Anna Domenica Mignuoli, ostetrica dell’Asp di Cosenza, sul tema dell’allattamento; l’avvocata Rossana Rogano, sui diritti nella malattia. La moderatrice ha asserito che è stato per lei un privilegio l’essere nata da una donna affetta dalla Sm e di esserle vissuta accanto. Si è definita figlia della sclerosi multipla, una donna forte, la madre, che ha voluto sposarsi e generare dei figli pur sapendo i problemi che la Sm causa; un grande esempio con il padre che ha voluto affrontare un percorso con questa donna al suo fianco per tutta la vita. Alessandra De Rosa ha detto al nostro giornale, che l’iniziativa parte dall’Aism nazionale come stimolo per le sezioni provinciali e Cosenza essendo la Cosentina ben radicata nel territorio, infatti nasce nel 1988, è molto conosciuta, per il suo impegno, a livello nazionale. «Come figlia della Sm compio i miei diciotto anni nella sezione; per me è un momento importante, già allora agli inizi anni settanta, mia madre era stata messa al corrente di ciò che le sarebbe capitato dei vantaggi e degli svantaggi, e non esistevano le opportunità, che esistono oggi per stare a fianco dell’ammalato si Sm. Sono stata consigliera nazionale per sei anni; partita nel lontano 1996 come segretaria ho mosso i miei primi passi diventando consigliera nazionale l’anno successivo, svolgendo ben due mandati. In Aism posso dire che ho vissuto le tappe significative della mia vita, dalla laurea, al matrimonio, alla nascita delle figlie e poi in ultimo il mio ruolo di assessore alla solidarietà del comune di Cosenza. Mi sento parte integrante della famiglia generata da questa sezione, perché questa è una malattia donna; sono le donne, maggiormente colpite e nel tempo si è abbassata anche l’età media dell’insorgenza della stessa. Malattia fortemente invalidante, colpisce il sistema nervoso centrale, in una fascia di età compresa tra i quindici e i cinquanta anni, e nel pieno della maturazione dei propri progetti vita». Dalla dottoressa Paglionico, una testimonianza di fiducia e del diritto alla maternità: «tutte noi donne abbiamo il desiderio di avere dei figli ad un certo momento della nostra vita. La cosa che mi preme rilevare è che la Sm non deve bloccare questo naturale processo; la malattia deve però portarci alla programmazione della gravidanza, cosa che non ci deve spaventare, perché sono tante le persone che oggi programmano le gravidanze per difficoltà lavorative ed economiche/abitative, quindi anche in questo caso si può fare ma con maggiore orientamento e valutando i singoli casi. Si gestisce con il proprio neurologo pianificando la gravidanza, la malattia è invalidante per alcune persone, ma esistono anche forme più lievi e si può combattere assieme; neurologo e ginecologo devono tenere conto della situazione della persona. Il mio messaggio è di speranza ma il tutto fatto anche con un raziocinio e come lo stesso sottotitolo dell’evento evidenzia (Ruolo di madre: scelta d’amore o razionale) è questo valutare lo stato delle cose e pianificare. È una malattia autoimmune, con una patogenesi multifattoriale; si è evidenziato che ci può essere la predisposizione ereditaria, ma che tuttavia molto è determinato dall’ambiente in cui si vive e non deve spaventare che il nascituro possa riscontrare la stessa patologia, essa è minima c’è solo un 4% in più di rischio rispetto alla norma della popolazione». Con la psicoterapeuta Cecilia Gioia abbiamo affrontato il problema psicologico della malattia e di come si può aiutare a superare quelle naturali paure, che possono interessare le mamme con Sm: «penso che promuovere la gravidanza sia sinonimo di promozione della salute e anche nella Sm lo può essere. Non ci sono indicazioni di

L’iniziativa parte dall’Aism nazionale come stimolo per le sezioni provinciali e quella di Cosenza è ben radicata nel territorio Nasce nel 1988 ed è molto conosciuta per il suo impegno a livello nazionale

I membri Aism e relatori

minima alle mamme che decidono di affrontare questo percorso, dico di assecondare semplicemente il loro corpo e i bisogni dello stesso. È necessaria una rete di sostegno per queste mamme e d’informazioni, che sono assolutamente confortanti in questo caso; sia per la gravidanza come prevenzione e salute lo è anche nella Sm il consiglio rimane identico quello di generare. Poi dobbiamo dire che per ogni gravidanza si deve calcolare l’imprevedibile e non si può assolutamente pensare di poter immaginare i tempi o le ricadute come per la Sm. Noi come associazione “Mammechemamme” promuoviamo l’assistenza alle donne e soprattutto a quelle con Sm; sono dieci anni che mi occupo di procedere in questa direzione, come neuropsicologo e nella riabilitazione cognitiva; ho avuto molte mamme con deficit di attenzione che attraverso la riabilitazione sono riuscite a ripristinare l’attenzione e che sono felici di poter seguire sempre più da vicino i loro bambini». La presidente Aism, A. F. Batta Veltri ci ha raccontato di come si può dare fiducia alle donne, che sono affette da Sm, perché è giusto che vivano la loro vita tranquillamente e con serenità come tutti senza dover fare rinunce. L’avvocata Rogano ha ripercorso la normativa che tutela la donna in gravidanza dicendoci: «Le madri godono di tanti diritti nel periodo di gravidanza, come il concedo di maternità, parentale, i riposi per allattamento e l’aspetto economico di cui possono usufruire le più giovani, che sono l’assegno statale e l’assegno che garantiscono i Comuni di residenza; i diritti sono di tipo previdenziale ed economico e tutte le donne ne possono giovare». Interessante l’intervento in convegno con Anna Domenica Mignuoli, che ha saputo creare un clima di grande comunicazione tra le partecipanti, quasi tutte donne, che sono andate di là della semplice discussione in chiusura di convegno, ma che hanno cercato consigli e con sorpresa, anche tra i relatori, la manifestazione di una maternità, che ancora oggi, per scarsa informazione da parte dei pediatri, stenda a fare comprendere quanto sia importante per la donna e per il neonato; allattare al seno e per lungo tempo un minimo di sei mesi prima dello svezzamento protegge dalle malattie e dalle patologie tumorali del seno. Notizia shock arriva dalla Mignuoli, che ha studiato attentamente quei popoli, che ancora oggi nel bene e nel male, vivono una situazione d’istinto alla maternità e alla sopravvivenza della propria prole. Infatti, si può allattare anche senza avere generato, perché la prolattina è una sostanza, che non dipende dagli ormoni in gravidanza, ma coincide con il modo in cui il bambino incomincia la suzione dal seno materno, cosa che si è osservata in Africa alla morte delle madri, per parto ad esempio, sono le nonne, che allattano i neonati semplicemente attaccandoli al seno e dando inizio al processo di discesa del latte. All’inizio, e ciò vale anche per le mamme che hanno difficoltà, nonostante abbiano generato, si può mettere un sondino in un bicchiere di latte materno ottenuto con il tiralatte e attaccare l’altra estremità al capezzolo: il bambino iniziando la suzione si sentirà gratificato e al tempo stesso stimolerà le ghiandole mammarie per la produzione della prolattina. Allattare giova alla mente della madre e gratifica il neonato, che sente questo bisogno e soprattutto nelle donne con Sm non è assolutamente vietato il tutto a patto che non interferisca con la ripresa terapeutica della cura della malattia, in genere l’interferone che ritarda nei soggetti la ricaduta nella manifestazione patologica. Lucia De Cicco

V


VI

sabato 21 dicembre 2013

Solidarietà in campo Sabato 21 alle 14.30 allo stadio San Vito di Cosenza ItalianAttori e Medici di Cosenza F.C.

di Francesco Fotia

Importante iniziativa benefica quella che si svolge sabato pomeriggio allo Stadio San Vito di Cosenza. A partire dalle 14,30, infatti, Medici Cosenza F.C. e ItalianAttori scendono “in campo per un sorriso”, per sostenere l’associazione Gianmarco De Maria e tutti i bambini in cura presso il reparto di Ematologia pediatrica dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, diretto dal dottor Domenico Sperlì. Una partita che si spera possa fare registrare un notevole afflusso di presenze, non soltanto dalla provincia cosentina, ma dalla Calabria tutta.

La partita che vale il sorriso Ne è sicuro Pasquale Arnone, figura principale per quanto ha riguardato la preparazione dell’evento: «È molto bello che almeno per un pomeriggio, il calcio, amato sport nazionale, sia un veicolo di unione e di gioia collettiva. Uno strumento per unire, in nome di un valore umano nobile come vicinanza a chi ne ha bisogno. Quella di oggi deve essere una grande festa di sport e di solidarietà, stimolata anche dalla possibilità di vedere in pantaloncini e scarpette tanti famosi personaggi che solitamente vediamo soltanto in televisione. L’auspicio è che la Calabria risponda “presente”, anche facilitata dal prezzo popolare del biglietto, con costo unico di soli cinque euro, e sollecitata dal bene che l’associazione beneficiaria, la De Maria, ha già fatto sul territorio, e che siamo sicuri continuerà a fare. Occorre ricordare che questa si spende per assicurare a ogni bambino la più importante delle medicine, la vicinanza e l’affetto dei loro cari. Tra i futuri progetti, inoltre, c’è quello di costruire un nuovo reparto di Pediatria. La nostra è una terra che ha sempre dimostrato di essere sensibile e generosa - prosegue - quando è stato importante esserlo, e dare una mano ad un’associazione che si spende per il sorriso dei piccoli pazienti dell’Annunziata è certamente una di queste occasioni. Mi preme ringraziare alcune persone che mi sono state vicine e hanno contribuito alla realizzazione della manifestazione; - ha proseguito Arnone - Franco De Maria dell’omonima associazione, il dottor Antonio Caputo, capitano, presidente e giocatore della squadra dei medici, tutti i suoi colleghi che hanno aderito con gioia all’iniziativa. E ancora, la giornalista Rosellina Arturi, che con la sua Adt Group Press Editori, ha curato la comunicazione giornalistica e visiva dell’evento; l’avvocato Ugo Scalise, il cui apporto è stato fondamentale per la presenza qui della ItalianAttori. Naturalmente, il mio ringraziamento va anche alle associazioni che ci hanno sostenuto, Libera Diamoci una Mano, l’Albero della Memoria e l’Associazione Nazionale Carabinieri, e a tutte quelle risorse private che hanno voluto aiutarci». Molti sono gli importanti nomi che hanno abbracciato la causa della ItalianAttori e della gara prevista a Cosenza: la madrina della partita, l’attrice Loredana Cannata, presente anche nel corso della conferenza stampa tenuta presso il Royal Hotel. Enzo Decaro, attore della televisione, del teatro, e del cinema, Sebastiano Somma, Marco Risi, regista, sceneggiatore e produttore. E ancora, Giorgio Borghetti, attore tv e doppiatore, tra gli altri, di Chris O’Donnell e Bradley Cooper, Fabrizio Nevola, noto per la serie tv “Distretto di Polizia 10”, e prossimo protagonista di “Squadra Antimafia 6” Jonis Bascir, che interpretava Jonis nella serie “Un medico in famiglia”, Carlo Molfetta, Medaglia d’Oro Olimpica a Londra, con la Nazionale italiana Taekwando e il giovane, promettente, attore Gilles Rocca. Un parterre che abbraccia tutte le età e diversi ambiti del mondo televisivo.

Per sostenere l’associazione “Gianmarco De Maria” e i bambini in cura presso il reparto di Ematologia pediatrica dell’ospedale della Annunziata diretto dal dottor Domenico Sperlì

In Campo per un Sorriso è un evento reso possibile grazie alla sinergia fra privati e pubblico, aziende e il mondo dell’associazionismo: ad accomunarli, la generosità e la voglia di dare una mano. Hanno contribuito la gioielleria Allegrini, l’enosteria “All’uva e un quarto”, la Chianello copiers, “Delizie” di Francesco Presta, l’Accademia New style, Stefano Battaglia di Federitalia & Sbe20Produzioni, l’orafo Michele Affidato, Giulio Art studio, Piero De Vita de “L’albero della memoria”, “La Locanda”, l’orafo Michele Affidato, Just Collection Man, il salumificio San Vincenzo, Caffè Cosenza, Conad - Gruppo Vena, La Coccinella, Just Collection, il Royal hotel, Dok supermercati, il Vanilla Music Addict.


sabato 21 dicembre 2013

Solidarietà in campo

Loredana Cannata Sebastiano Somma

Fabrizio Nevola Carlo Molfetta

Hanno collaborato l’Associazione nazionale dei Carabinieri, Libera Diamoci una Mano e l’Albero della Memoria e gli Sbandieratori di Bisignano, che intratterranno il pubblico prima del fischio d’inizio. È possibile trovare le prevendite del biglietto presso Paolo Trotta group, il Daily bar, InPrimafila, Novelli Vincenzo Rivendita Tabacchi, il Bar Tosti, il bar caffetteria Marilyn, il bar Peccati di Gola e le sedi delle associazioni che hanno sostenuto l’evento. Uno spettacolo di fratellanza e solidarietà, in cui a vincere alla fine saranno stati l’amore e lo sport, un binomio vincente che ci piacerebbe raccontare più spesso.

Enzo Decaro e, sotto, Jonis Bascir

Il logo dell’associazione De Maria

L’obiettivo è di fare registrare un notevole afflusso di presenze, non soltanto dalla provincia cosentina, ma dalla Calabria tutta

VII


VIII

sabato 21 dicembre 2013

Da Cosenza a San Pietro Centocinquanta pellegrini calabresi hanno vissuto un'emozionante esperienza di fede e spiritualità presenziando all'udienza generale di Papa Francesco

Un salvifico viatico alle celebrazioni natalizie di Giuseppe Aprile

«Tra i Dottori della Chiesa, Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo è la più giovane, ma il suo cammino spirituale è così maturo ed ardito, le intuizioni di fede presenti nei suoi scritti sono così vaste e profonde, da meritarle un posto tra i grandi maestri dello spirito»; così si esprimeva nel 1997 Giovanni Paolo II riguardo alla figura di una Santa universalmente venerata e particolarmente cara a chi è toccato dal dono della devozione verso il Carmelo: Santa Teresa di Lisieux è, in effetti, una personalità di immensa rilevanza nel firmamento della spiritualità mariana, la cui luce splende anche a Cosenza, ove esiste una parrocchia ad Ella dedicata ed una nutrita comunità di fedeli alla Sua figura devota, una cui delegazione, composta da centocinquanta pellegrini, la settimana scorsa, ha vissuto un’emozionante esperienza di fede e spiritualità, presenziando all’udienza generale del Santo Padre Francesco in piazza San Pietro, a Roma. Un viaggio, quello dei fedeli cosentini, intrapreso allo scopo di rendere omaggio alla figura della Santa di Lisieux, nota anche come Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, suora carmelitana vissuta, come ebbe modo di spiegare Benedetto XVI nell’aprile del 2011, «in questo mondo solo 24 anni, alla fine del XIX secolo, conducendo una vita molto semplice e nascosta, ma che, dopo la morte e la pubblicazione dei suoi scritti, è diventata una delle sante più conosciute e amate. La piccola Teresa non ha mai smesso di aiutare le anime più semplici, i piccoli, i poveri e i sofferenti che la pregano, ma ha anche illuminato tutta la Chiesa con la sua profonda dottrina spirituale, a tal punto che il Venerabile Papa Giovanni Paolo II, nel 1997, ha voluto darle il titolo di Dottore della Chiesa, in aggiunta a quello di Patrona delle Missioni, già attribuitole da Pio XI nel 1927». Una personalità di statura spirituale monumentale, definita da Wojtyla «esperta della scientia amoris», ovvero di quella scienza, che vede risplendere nell’amore tutta la verità della fede, e che Teresa esprime principalmente nel racconto della sua vita, pubblicato un anno dopo la sua morte sotto il titolo di Storia di un’anima; un libro, questo, la cui genesi va fissata nel periodo tra il 1895 e il 1897, quando, nella Francia della Belle époque e del crescente entusiasmo per i sempre più spettacolari progressi della scienza e della tecnica, la giovane carmelitana, poco più che ventenne, ricevette dalla sua Priora, nel convento di Lisieux, l’ordine di stendere un testo autobiografico, nel quale testimoniare, a futura memoria, il suo specialissimo itinerario spirituale. La giovane seppe tracciare, in tre successivi manoscritti, un vero e proprio trattato sulla fede e sulla speranza cristiana, nella forma di un vivace racconto in prima persona. Una lettura salvifica, «in cui - afferma Marco Russo, giovane cosentino molto vicino alla comunità parrocchiale di Santa Teresa - è agevole scorgere l’invito a spogliarsi da ogni vana critica e superficialità, abbracciando la grandezza dell’essere parte di una comunità capace di affrontare le sfide della società contemporanea sull’esempio della semplicità e della carità cristiana, seguire generosamente quella luce di speranza e amore che attualmente guida il cammino della comunità in cui vivono la loro quotidianità i fedeli che hanno partecipato all’udienza di mercoledì scorso», in occasione della quale, i fedeli hanno presentato a Papa Francesco una corona da porre, al ritorno a Cosenza, sul capo della statua raffigurante Teresa di Lisieux, una figura in merito alla quale risulta opportuno vergare qualche cenno biografico, utile a inquadrarne meglio la straordinaria statura di donna, di suora, di Sposa di Cristo, autentico modello di quella fede «che - evidenzia il già citato Russo - deve condurre

Il Papa tra i fedeli al termine della cerimonia

Un viaggio, quello dei fedeli cosentini, intrapreso allo scopo di rendere omaggio alla figura della Santa di Lisieux, nota anche come Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo

noi tutti ad essere Chiesa, in comunione con chi la guida, ovvero alla consapevolezza di essere corresponsabili della missione di salvezza che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli». Teresa Martin nasce ad Alençon in Francia il 2 gennaio 1873. È battezzata due giorni più tardi nella Chiesa di Notre-Dame, ricevendo i nomi di Maria Francesca Teresa. I suoi genitori sono Louis Martin e Zélie Guérin. Dopo la morte della madre, avvenuta il 28 agosto 1877, Teresa si trasferisce con tutta la famiglia nella città di Lisieux. Verso la fine del 1879 si accosta per la prima volta al sacramento della penitenza. Nel giorno di Pentecoste del 1883 ha la singolare grazia della guarigione da una grave malattia, per l’intercessione di nostra Signora delle Vittorie. Educata dalle Benedettine di Lisieux, riceve la prima comunione l’8 maggio 1884, dopo una intensa preparazione, coronata da una singolare esperienza della grazia dell’unione intima con Cristo. Poche settimane più tardi, il 14 giugno dello stesso anno, riceve il sacramento della cresima, con viva consapevolezza di ciò che comporta il dono dello Spirito Santo nella personale partecipazione alla grazia della Pentecoste. Desiderosa di abbracciare la vita contemplativa, come le sue sorelle Paolina e Maria nel Carmelo di Lisieux, ma impedita per la sua giovane età, durante un pellegrinaggio in Italia, dopo aver visitato la Santa Casa di Loreto e i luoghi della Città Eterna, nell’udienza


sabato 21 dicembre 2013

Da Cosenza a San Pietro Un momento dell’udienza generale del Papa a cui hanno partecipato i fedeli cosentini Sotto, a sinistra, suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo (fotografia originale 1896); a destra, la futura santa Thérèse Martin a tre anni nel luglio 1876

sopportati con pazienza, si intensificano fino a culminare con la morte, nel pomeriggio del 30 settembre del 1897. «Io non muoio, entro nella vita», aveva scritto al suo fratello spirituale missionario don Bellier. Le sue ultime parole «Dio mio, io ti amo» sono il sigillo della sua esistenza, che all’età di 24 anni si spegne sulla terra per entrare, secondo il suo desiderio, in una nuova fase di presenza apostolica in favore delle anime, nella comunione dei Santi, per spargere una pioggia di rose sul mondo.

concessa dal Papa ai fedeli della diocesi di Lisieux, il 20 novembre 1887, con filiale audacia chiede a Leone XIII di poter entrare nel Carmelo all’età di 15 anni. Il 9 aprile del 1888 entra nel Carmelo di Lisieux ove il 10 gennaio dell’anno seguente riceve l’abito dell’Ordine della Vergine ed emette la sua professione religiosa l’8 settembre del 1890, festa della Natività della Vergine Maria. Intraprende nel Carmelo il cammino della perfezione, tracciato dalla Madre Fondatrice, Teresa di Gesù, con autentico fervore e fedeltà, nell’adempimento dei diversi uffici comunitari a lei affidati. Illuminata dalla Parola di Dio, provata in modo particolare dalla malattia del suo amatissimo padre, Louis Martin, che muore il 29 luglio del 1894, si incammina verso la santità, ispirata dalla lettura del Vangelo, insistendo sulla centralità dell’amore. Teresa ci ha lasciato nei suoi manoscritti autobiografici non solo i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza, ma anche il ritratto della sua anima e le sue esperienze più intime. Scopre e comunica alle novizie affidate alla sue cure la piccola via dell’infanzia spirituale; riceve come dono speciale di accompagnare con il sacrificio e la preghiera due “fratelli missionari”. Penetra sempre di più nel mistero della Chiesa e, attirata dall’amore di Cristo, sente crescere in sé la vocazione apostolica e missionaria che la spinge a trascinare tutti con sé, incontro allo Sposo divino. Il 9 giugno del 1895, nella festa della Santissima Trinità, si offre vittima di olocausto all’Amore misericordioso di Dio. Nel frattempo redige il primo manoscritto autobiografico, che consegna a madre Agnese di Gesù nella sua festa, il 21 gennaio 1896. Pochi mesi più tardi, il 3 aprile, durante la notte fra il giovedì ed il venerdì santo, ha una prima manifestazione della malattia che la condurrà alla morte e che Lei accoglie come la misteriosa visita dello Sposo divino. Nello stesso tempo entra nella prova della fede che durerà fino alla sua morte e della quale offrirà una sconvolgente testimonianza nei suoi scritti. Durante il mese di settembre conclude il Manoscritto B, che costituisce una stupenda illustrazione della piena maturità della Santa, specialmente mediante la scoperta della sua vocazione nel cuore della Chiesa. Mentre peggiora la sua salute e continua il tempo della prova, nel mese di giugno inizia il Manoscritto C, dedicato alla madre Maria di Gonzaga; nuove grazie la conducono ad una più alta perfezione ed ella scopre nuove luci sull’estensione del suo messaggio nella Chiesa a vantaggio delle anime che seguiranno la sua via. L’8 luglio 1897 viene trasferita in infermeria. Le sue sorelle ed altre religiose raccolgono le sue parole, mentre i dolori e le prove,

Suora carmelitana vissuta, come ebbe modo di spiegare Benedetto XVI nell’aprile del 2011, «in questo mondo solo 24 anni, alla fine del XIX secolo, conducendo una vita semplice e nascosta, ma che, dopo la morte e la pubblicazione dei suoi scritti, è diventata una delle sante più conosciute e amate»

Fu canonizzata da Pio XI il 17 maggio 1925 e dallo stesso Papa proclamata Patrona universale delle missioni, insieme a San Francesco Saverio, il 14 dicembre 1927. La sua dottrina ed il suo esempio di santità sono stati recepiti da ogni ceto di fedeli di questo secolo con un grande entusiasmo, anche fuori della Chiesa cattolica e del cristianesimo. Molte Conferenze Episcopali in occasione del Centenario della sua morte chiesero al Papa che fosse proclamata Dottore della Chiesa, per la solidità della sua sapienza spirituale, ispirata al Vangelo, per l’originalità delle sue intuizioni teologiche, nelle quali risplende la sua eminente dottrina, per l’universalità della recezione del suo messaggio spirituale accolto in tutto il mondo e diffuso con la traduzione delle sue opere in una cinquantina di lingue diverse. Accogliendo questi desideri, il Santo Padre Giovanni Paolo II volle che fosse studiata la convenienza di dichiarare Teresa di Lisieux Dottore della Chiesa universale dalla competente Congregazione delle Cause dei Santi, con il voto della Congregazione per la Dottrina della Fede per quanto riguarda la sua eminente dottrina. Il 24 agosto 1997, al momento della preghiera dell’Angelus, alla presenza di centinaia di Vescovi e davanti ad una sterminata folla di giovani di tutto l’orbe, radunata a Parigi per la XII Giornata mondiale della Gioventù, Giovanni Paolo II annunziò il suo proposito di proclamare Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto Dottore della Chiesa universale, il 19 ottobre 1997, nella Domenica in cui si celebrava la Giornata Mondiale delle Missioni. In quell’occasione Wojtyla ebbe cura di affermare come Teresa di Lisieux «non solo intuì e descrisse la profonda verità dell’Amore quale centro e cuore della Chiesa, ma la visse intensamente nella sua pur breve esistenza. Proprio questa convergenza tra dottrina ed esperienza concreta, tra verità e vita, tra insegnamento e prassi, risplende con particolare evidenza in questa Santa, rendendola un modello avvincente specialmente per i giovani e per quanti sono alla ricerca del senso autentico da dare all’esistenza. Di fronte al vuoto di tante parole, Teresa indica come alternativa l’unica Parola di salvezza che, compresa e vissuta nel silenzio, diventa sorgente di vita rinnovata. Ad una cultura razionalistica e troppo spesso permeata di materialismo pratico - chiosò Giovanni Paolo II -, ella contrappone con semplicità disarmante la “piccola via” che, rifacendosi all’essenziale delle cose, conduce al segreto di ogni esistenza: la divina Carità che avvolge e permea ogni umana vicenda. In un’epoca, come la nostra, segnata in tanti suoi aspetti dalla cultura dell’effimero e dell’edonismo, questo nuovo Dottore della Chiesa appare dotato di singolare efficacia nell’illuminare la mente ed il cuore di chi è assetato di verità e di amore». Quella verità e quell’amore che oggi, in perfetta corrispondenza con l’insegnamento e l’Opera di Santa Teresa, trovano un vivido testimone in Papa Francesco, il quale, durante l’udienza, ha sviluppato la sua catechesi sulla professione di fede inerente alla “vita eterna”, ponendo, con la sua straordinaria dolcezza, l’accento “sul giudizio finale”, rispetto a cui «non dobbiamo avere paura», e invitando i fedeli presenti a riflettere sulla “realtà” afferente alla misericordia dell’Altissimo; la medesima che allarga “il cuore di un cristiano”, costituendo «un grande motivo di consolazione e fiducia», che i fedeli di Cosenza, rinfrancati nel loro animo, già proteso verso il prossimo Natale, dalle parole e dalla vista di Papa Francesco, porteranno per sempre nel loro cuore.

IX


X

sabato 21 dicembre 2013

Il codice della “Synopsis Historiarum” Di Joannes Scylitzes, riscoperto sul Web dall’amanteano Giuseppe Sconza Testa cultore di memorie patrie ed esperto internauta

Miniature da una dominazione i di Vincenzo Segret

La Synopsis Historiarum dello storico bizantino Joannes Scylitzes “Curopalate” (cosiddetto perché era il maestro di palazzo alla corte di Bisanzio, a cui spettava il comando delle milizie), recentemente rinvenuta sul Web (www.bne.es) dall’amanteano Giuseppe Sconza Testa, cultore di memorie patrie ed esperto internauta, con le sue 574 splendide miniature che illustrano il testo, riapre, per alcuni aspetti, il discorso sulle dominazioni bizantina e saracena della Sicilia, della Calabria e particolarmente sulla città di Amantea. Sin dall’epoca dei normanni, subentrati ai bizantini dopo la resa di Bari (1071), il codice, redatto in Sicilia nel difficile greco medioevale, era fra i manoscritti del convento basiliano di S. Salvatore di Messina, dove nella seconda metà del 1400 fu visionato e apprezzato dall’umanista e grecista Costantino Lascaris di Bisanzio. Il pregevole compendio miniato fu trasferito dal vicerè spagnolo Francesco Paceco della famiglia degli Uzeda, durante il decennio del suo governo (1687-1697), probabilmente da Palermo a Madrid dove è custodito presso la “Biblioteca Nacional de Espana”. Molti secoli sono trascorsi da quando il “Curopalate” scrisse, rivelandosi attendibile cronista, l’istoriata epitome (per alcuni studiosi esisterebbe anche una seconda edizione aggiornata, finora introvabile), prima che venisse recentemente decodificata e tradotta da esperti filologi in spagnolo, francese, tedesco e inglese con articolate introduzioni. Per converso, stranamente non esistono la versione e l’esegesi in italiano. In verità la Synopsis Historiarum non aggiunge novità dal punto di vista storico sull’impero bizantino, né sulla dominazione calabrese, che si alternò con una serie di conquiste e riconquiste con quella musulmana, presente nella regione con gli emirati di Amantea e Tropea sul Tirreno, di Santa Severina sullo Ionio. Una vasta storiografia dal Chronicon Anonimi Salernitani alla Chronaca di Andrea Prete, dalla Storia di Erchemperto alla Storia dei Musulmani in Sicilia di Michele Amari fino alle moderne opere di illustri storici italiani ed esteri ha ampiamente svolto e documentato l’argomento, pur nella approssimazione delle date degli eventi. Fra le città, citate dalla Synopsi, giova soffermarsi su Amantea come esempio eloquente di quella sanguinosa temperie che vide l’avvicendarsi delle dominazioni bizantina ed araba, e lasciò un’indele-

Con le sue 574 splendide miniature che illustrano il testo, riapre, per alcuni aspetti, il discorso sul controllo bizantino e saracenao della Sicilia, della Calabria e in particolare sulla città di Amantea

bile traccia nel dialetto, nella cultura, nell’arte, nell’economia e nel costume delle popolazioni del Mezzogiorno. Studiosi antichi e moderni sostengono che Amantea ebbe tale denominazione, dopo che Narsete, scacciati i goti, aveva instaurato la dominazione bizantina nel Meridione. Così furono eliminati i precedenti toponimi di Clampetia e di Nepetia, attinenti alle civiltà magnogreca e romana. I bizantini trasformarono la città tirrenica in una potente roccaforte (“kàstron”) che, secondo il memorialista amanteano Giuseppe D’Amato (1645-1725), sarebbe stata sede di esarcato e di condottieri come lo “stratìgos” Eustachio. D’allora iniziarono i conflitti fra i greci d’Oriente e gli arabi nel Sud Italia. Nell’846, pur essendo difesa da un presidio militare bizantino, Amantea fu espugnata dai saraceni che la devastarono con stragi efferate, costringendo gli abitanti a rifugiarsi sulle colline circostanti, dove sorsero le borgate (S. Procopio, S. Elia, S. Sospirato, S. Basilio, S. Pietro, S. Barbara, S. Maria, S. Angelo, S. Giorgio), che ancora oggi portano i nomi di quei santi bizantini. Gli arabi denominarono Amantea “Al Manthiah” che divenne emirato e sede delle loro scorrerie, contemporaneamente a Tropea e a Santa Severina. L’emiro Cincimo o Concicimo nell’868 tentò di ampliare il suo possedimento con l’occupazione di Cosenza, ma venne sconfitto e costretto a riparare con i suoi uomini nelle mura di Amantea dalle milizie cristiane di Ludovico II, al comando di Ottone di Bergamo. Nell’885-86, falliti gli assalti dello stratega Stefano Messenzio, avvenne la riconquista della città tirrenica ad opera del generale Niceforo Foca, inviato da Basilio II in sostituzione del precedente condottiero. È il periodo in cui i bizantini elevarono la città a diocesi di rito greco, riordinarono l’amministrazione e l’assetto difensivo del “kàstron”.


sabato 21 dicembre 2013

XI

Il codice della “Synopsis Historiarum”

Il frontespizio di Synopsis Historiarum In basso, la miniatura narrante l’assalto bizantino all’Amantea saracena a confronto con questa a destra, che raffigura la conquista araba di Siracusa

Nel 970 seguì un’ulteriore occupazione musulmana che ancora una volta seminò morte e distruzione in tutta la Calabria. Nel 1025 Oreste l’Eunuco liberò temporaneamente Amantea, ma solo nel 1032 il protospatario Michele scacciò definitivamente i saraceni dalla città. La dominazione bizantina è nota per avere innovato l’amministrazione, trasmesso la lingua greca e nuovi canoni nell’arte e nell’architettura, fatto conoscere il diritto giustinianeo, consolidata la regione cristiana, ma anche per avere indotto il fenomeno del “bizantinismo”, quelle sottigliezze capziose ed ipocrite nell’argomentare e nel discutere, che a volte complicano inutilmente i problemi, riscontrabili nel carattere dei calabresi. In Amantea, a parte alcune supposte emergenze architettoniche di laure e di qualche edificio sacro, il suo influsso si avverte nella toponomastica (Catocastro, Catalimiti, Paraporto, Coreca, Cannavina, Camoli, Isca, etc...) e nel vernacolo (“petrusinu”, il prezzemolo; “curina”, la parte più alta della pianta; “tuma”, un formaggio tipico; “culluri”, l’impasto di farina fritta con zucchero; “catuoio”, il sotterraneo; “cantàru”, il vaso da notte, etc...). In Amantea per mezzo secolo circa, durante la permanenza degli arabi, fu diffusa la religione di Maometto, la lingua e la cultura arabe e, specialmente, nuove tecniche nell’agricoltura e nella pesca. Questi vocaboli ancora si ritrovano con i nomi d’origine nei citati settori produttivi (“cafisu”, contenitore di terracotta; “tumminu”, il tomolo; “zibibbo”, uva bianca; “minaita, sciabica, tartana”, tipi di barca e di reti, etc...) e nel dialetto (“taliari”, spiare; “assammarari”, immergere i panni sporchi nell’acqua; “tamarru”, villano; “sciruppu”, sciroppo; etc...).

Ildi codice miniato della Synopsis Historiarum Joannes Scylitzes di cui non si conosce il nome dell’alluminatore (gli studiosi escludono che sia l’autore Historiae), sotto l’aspetto figurativo per la vivace policromia, il fresco realismo delle raffigurazioni appartiene alla scuola tardo-bizantina delle miniature, che rinasce e riprende vigore, dopo l’iconoclastia dei secoli VIII e IX. Era una scelta culturale in controtendenza dal momento che Roberto il Guiscardo ed i suoi successori istituirono una monarchia oscurantista e liberticida, che sosteneva la supremazia della Chiesa di Roma, affamava il popolo, incentivava il feudalesimo in danno dell’autonomia delle città demaniali e a vantaggio della nobiltà normanna. Come dimostra l’iconografia del vittorioso assedio di Niceforo Foca all’emirato arabo di Amantea, l’episodio acquista una rilevanza notevole per le immagini militaresche fino allora quasi assenti dai codici. Le miniature a colori testimoniano la perizia compositiva degli alluminatori del tempo, che i normanni, i nuovi conquistatori del Mezzogiorno, molto opportunamente accolsero e favorirono, trasferendo ai posteri questa pregevole eredità storico-artistica.

E scopriamo pure perché insaporiamo le pietanze con il “petrusinu”; da dove vengono i “cullurielli”; perché scendiamo nel “catuoio” e la notte usiamo il “cantàru”; perché parliamo di “zibibbo”; perché “taliàmo” se vogliamo spiare; e chi ci ha affibbiato l’appellativo di “tamarru”

Prendendo come esempio la miniatura della riconquista bizantina di Amantea, essa per la potente sintesi descrittiva è utile allo studioso di storia militare perché vi appare la debole struttura difensiva degli assediati (i saraceni sono del tutto inermi), l’efficiente strategia e l’impetuoso assalto degli assedianti e benearmati bizantini, sostenuti da una guarnita retroguardia, pronta ad intervenire. Il miniaturista coglie anche impietosamente la rassegnazione dei musulmani che in un angolo del presidio si arrendono in una caotica ammucchiata di corpi, esponendosi al massacro dei vincitori, i quali successivamente rispediscono i superstiti alle terre d’origine. Lo storico dell’arte non tanto si rende conto dell’architettura militare dell’epoca, appena accennata quanto dell’estrema essenzialità dello stile, della realistica immediatezza espressiva della battaglia, dei brillanti colori; tutti elementi che saranno fondamentali per l’evoluzione della miniatura nell’area mediterranea in direzione dei soggetti profani. D’altronde è noto che in Calabria come in altre regioni del Meridione, prima della Synopsis esistevano soprattutto codici miniati a carattere sacro. Fra essi spicca lo stupendo Codex Purpureus Rossanensis VI- VII sec., oggi nella Cattedrale di Rossano. È uno dei più antichi evangelari greci, che con stile semplice ed attenuato cromatismo (il colore prevalente è il viola), rappresenta nelle scene cristologiche “l’asciuttezza trascendente delle figure sacre” in perfetta antitesi con il codice della Synopsis. Tutte le altre raffigurazioni del manoscritto miniato in oggetto confermano queste nostre annotazioni. Concludendo, è utile soffermarsi brevemente anche sulla miniatura, riguardante l’assalto degli arabi alla roccaforte bizantina di Siracusa (878), è simile a quella di Amantea per la tecnica compositiva, ma diversa nel contenuto per l’inversione dei ruoli. Questa volta a difendersi sono i greci d’Oriente che, inferiori di numero, furono travolti dagli assalitori (i saraceni), riconoscibili per lo scudo circolare e il capo privo di elmo. Rispetto all’eccidio amanteano dei musulmani in questo quadro è ancora più evidenziata la carneficina crudele dei bizantini, i cui corpi mutilati precipitano giù da una torre. Pertanto si legittima l’ipotesi che l’autore parteggiasse per le milizie di Costantinopoli.

***

Recentemente in una seduta de “Lo Scaffale”, il cenacolo amanteano, composto di un ristretto gruppo di intellettuali che si propone di diffondere la cultura locale gli studiosi Sergio Ruggiero, Roberto Musì, Gregorio Carratelli, Giuseppe Marchese, Enrico Giardina e l’autore di questo articolo hanno analizzato alcuni aspetti della Synopsis Historiarum sulla base di copie in alta definizione di frammenti, forniti dal solerte ricercatore Giuseppe Sconza Testa. Al termine di un interessante dibattito si è deciso all’unanimità di venire in possesso dell’intero codice miniato, affiancato da una delle traduzioni esistenti. È un acquisto indispensabile per realizzare la versione italiana del manoscritto, nell’attesa che esperti filologi la realizzino dal greco. Inoltre si è avvertita la necessità di promuovere con il concorso di storici e critici d’arte affermati, evitando deleterie improvvisazioni, di allestire una mostra convegno sulla Synopsis. In tal modo lo Scaffale realizzerebbe l’idea di far conoscere agli studenti delle scuole calabresi e ad un vasto pubblico una pagina di storia e di arte, nota solo agli storici specialisti del settore arabo-bizantino.

Bibliografia 1. M. Amari Storia dei musulmani di Sicilia, Firenze 1854-72, voll. 3. 2. G. B. Moscati Cronaca dei musulmani in Calabria, San Lucido, 1902. 3. G. Gay L’Italia meridionale e l’Impero Bizantino in Calabria dall’avvento di Basilio I alla resa di Bari ai normanni (8671071) Firenze, 1917. 4. R. Mele I musulmani della Calabria, Cosenza, 1979. 5. A. Guillon F. Burgarella V. von Falkenhausen U. Rizzitano V. Fiorani Piacentini S. Tramontana Il Mezzogiorno dai Bizantini a Federico II, Torino, 1983. 6. J. J. Norwich, I normanni nel Sud, Milano, 1988, voll. II.


XII

sabato 21 dicembre 2013

Un prezioso saggio Una prestigiosa ristampa del cosentino Stanislao De Chiara

Dante torna alla luce in Calabria di Pietro De Leo

È tornata finalmente alla luce nella “ Biblioteca classica dantesca” dell’editore bolognese Forni, l’opera Dante e la Calabria del cosentino Stanislao De Chiara (1856-1923), stampata per la prima volta a Cosenza nel 1894. Mentre si realizzava l’Unità d’Italia, senza tuttavia cancellare l’identità regionale, e poi - «in gran parte rifatta e notevolmente accresciuta» nel 1910, ora arricchita dall’introduzione di chi scrive e dalle note di Eugenio De Rose, con la presentazione del presidente dell’Accademia Cosentina Ernesto d’Ippolito. Il prezioso saggio del De Chiara - che nulla ha a che vedere con fantasiosi corollari secondo cui il sommo poeta sarebbe giunto sulla Sila - si articola in sei parti; la prima: Vocaboli col dialetto calabrese; la seconda: I luoghi della Calabria citati da Dante: Crotone, Cosenza e Scilla; la terza: I personaggi calabresi rammentati da Dante; la quarta: Canti della Divina Commedia tradotti in dialetto calabrese; la quinta: Opere dantesche di autori calabresi in ordine alfabetico di autore; la sesta: Notizie su alcuni dantisti calabresi; seguita da tre Documenti: un profilo di Bartolomeo Pignatelli inserito nel Liber praebendarum della Cattedrale di Cosenza compilato nel 1826; una breve nota su fra’ Tommaso de Leontino tratta dalla Biblioteca dei Predicatori; e un regesto dei Registri Angioini (re Carlo I anno 1269).

Arricchita dalla introduzione di chi scrive e dalle note di Eugenio De Rose con la presentazione del presidente della Accademia Cosentina Ernesto d'Ippolito

Pietro De Leo

Il De Chiara aveva inteso così - anche come presidente della Accademia Cosentina dal 1908 - evidenziare il grande interesse degli intellettuali del Mezzogiorno verso l’Alighieri , ricordando che nelle Accademie locali, già prima dell’Unità d’Italia si erano distinti studiosi come Gian Vincenzo Gravina che, a differenza di Sertorio Quattromani «fanatico del Petrarca», aveva approfondito la Divina Commedia, ma anche - sia pur sporadicamente - l’abate Salfi (17591832) in una breve nota edita a Parigi nella Revue encyclopédique e Luigi Settembrini, che aveva vinto la cattedra di eloquenza nel collegio di Catanzaro. Cita inoltre Domenico Mauro, che nel 1840 dette alle stampe le Allegorie e bellezze della Divina Commedia e specialmente Vincenzo Gallo «il chitarraro di Rogliano», uno dei più grandi poeti calabresi il quale iniziò nel Pitagora di Scigliano la traduzione in dialetto calabrese dell’Inferno, mentre Leonardo Antonio Forleo pubblicò alcuni brevi commenti ai diversi canti e Onofrio Simonetti si soffermava su la Filosofia di Dante contenuta nella Divina Commedia, come del resto aveva già fatto, ispirandosi al Paradiso, Giuseppe Compagna nel suo poemetto L’abate Gioacchino. Tutti corregionali, alcuni dei quali - tradizionalisti o progressisti rimarcavano il valore della calabresità: un valore che va sempre tutelato e scoperto soprattutto dalle giovani generazioni. Un bel regalo di Natale che l’editore Forni fa alla nostra regione, a cui ha dedicato numerose famose ristampe come i Privilegi e capitoli della città di Cosenza.


sabato 21 dicembre 2013

Cosentinità messa a nudo Spettacolo teatrale di Nunzio Scalercio 29 e 30 dicembre al teatro dell'Acquario

Lezioni di cosentino Si chiama Lezioni di cosentino, volume 1 lo spettacolo teatrale con cui Nunzio Scalercio chiuderà la stagione 2013 del teatro dell’Acquario di Cosenza. Il 29 e 30 dicembre, alle ore 21:00, sulle tavole dello storico teatro off bruzio, verrà messa a nudo la Cosenza degli ultimi tempi. La satira di Scalercio, sempre attento alla res brutia, prenderà di mira l’essere cosentini oggi. Per Scalercio, non esiste un cosentino “medio”, un soggetto che possa rispecchiare, da solo, tramite media matematica, le tante anime, le sfaccettature, i caratteri, i tic e le nevrosi del cittadino moderno della città di Telesio. Il “cosentino medio”, nell’accezione corrente, è una locuzione usata solitamente con l’intenzione di mettere in evidenza, senza criterio, i difetti del proprio concittadino (facendo attenzione a non annettere in questo calderone disomogeneo, ovviamente, sé stessi). Scalercio è interessato a descrivere la pluralità dei caratteri, i più disparati - dall’intellettuale al meno colto, dallo “scafato” all’ingenuo - dell’homo brutius, attribuendo a ciascuno una propria dignità, la possibilità di andare in scena, l’opportunità di essere “cantato”. E fa ruotare tutto il resto del mondo attorno al capoluogo della Calabria Citra: è possibile che i soggetti della sua narrazione possano non essere necessariamente cosentini (da Obama al Papa, da Armstrong a Sigmund Freud), ma nel momento in cui appaiono nel suo racconto, diventano immediatamente cosentinissimi da generazioni. Capita, quindi, che il calciatore Zinedine Zidane abbia vissuto, da adolescente, nel quartiere dello Spirito Santo, che Michael Jackson abbia frequentato l’asilo alle “Paparelle” e che Ernest Hemingway, spesso e volentieri, avesse frequentato «’na guagliuna ch’era nata ara Massa». Tanti gli ospiti che si alterneranno nelle due serate: John Trumper e Marta Maddalon (professori di Glottologia e Linguistica generale dell’Università della Calabria) scioglieranno molti nostri dubbi linguistici (che significa “rarica di tutumaglio”? “Non chiavarci a na turra” si può dire in televisione? Perché si dice “Ti salutu ped’i ficu”?); l’attrice Francesca Marchese farà rivivere Donnu Pantu, il Dante Alighieri della Calabria, attraverso una particolare interpretazione della “Cazzeide”, accompagnata dai musicisti Leon Pantarei Vulpitta e Checco Pallone. Sono due i duetti previsti da Scalercio: con Rosa Martirano, regina incontrastata del jazz cosentino e con l’attore Lindo Nudo, direttore artistico della compagnia Teatro Rossosimona e della residenza “Un piccolo teatro d’arte per l’area urbana”, assieme al quale interpreterà per la prima volta dal vivo, tra le parodie cult di Spigaweb, la più discussa, quella che ha movimentato in un certo qual modo il dibattito politico cittadino dell’anno che si chiude. Saranno tre le nuove video-parodie (tra cui quella che fa il verso a un notissimo spot con George Clooney, in cui l’autore di Spigaweb si avvale, nel doppiaggio, della collaborazione dell’attrice Rossella Gaudio). “Con Mario”, sarà il pezzo romantico che Nunzio canterà alla chitarra nel tentativo di far commuovere i cosentini presenti in sala. Lezioni di cosentino, volume uno sarà il primo step di un percorso teatrale che tenterà di esplorare, attraverso la lente dell’umorismo, l’universo di caratteri, intenzioni e luoghi dello spirito che afferisce all’essere “cosentino”. Ma il cammino non è dei più facili.

«

E la premessa di Scalercio, al proprio pubblico, è questa: È arrivato il momento di mettere le cose in chiaro, di guardarsi allo specchio e di pagare il conto. E tu non sarai esentato. Non puoi sfuggire.

Per l’autore non esiste un cosentino “medio” che possa rispecchiare, con media matematica, le anime, sfaccettature, caratteri, tic e nevrosi del cittadino moderno della città di Telesio

Ti senti cosentino, hai ostentato i tuoi natali bruzi in lungo e in largo? Hai sempre disdegnato l’oltre-campagnano come provincia dell’Urbe brutia? Hai la foto di Bernardino Telesio fissa sul cruscotto con messaggio “non correre papà”? Essere cosentino per te è sempre stato motivo d’orgoglio? Ok. Ora dovrai fare i conti con la realtà. Capire davvero cosa significa esserlo fino in fondo. Nella buona e nella cattiva sorte.

»

Dall’autore di Spigaweb, Diario Bruzio e Incontri Ravvicinati del Quarto Lotto, il nuovo spettacolo teatrale che sconvolgerà le feste dei cosentini. Perché dopotutto, «Alarico era venutu in Italia pi ti fa u cuappu e tu festeggi le Invasioni cumu si fossa vinutu gisucristu, pruissù!».

XIII


XIV

sabato 21 dicembre 2013

Pillole di fede Poesia, bellezza e musica protagoniste a Castrolibero. Evento voluto da due associazioni del territorio: “Penelope” di Pasquale Filice, Lavinia Popolo e Anna Paola Farinacci e “Bottega degli Hobbies” di Vilma Perrone

Arte per l’Alzheimer di Lucia De Cicco

La prima edizione di “Arte in Bellezza” poesia, bellezza e musica protagoniste di un pomeriggio dicembrino a Castrolibero presso la sala delle Associazioni è stata voluta da due associazioni del territorio: “Penelope” di Pasquale Filice, Lavinia Popolo e Anna Paola Farinacci e “Bottega degli Hobbies” di Vilma Perrone con la sezione poesia coordinata dalla sottoscritta Lucia De Cicco; la stilista Immacolata Alighieri e con il patrocinio del Comune di Castrolibero, era presente il sindaco Giovanni Greco, l’assessore Luca Gigliotti e in chiusura di serata il presidente del consiglio provinciale, Orlandino Greco il tutto coordinato da Amelia Lilli Bargone. Si legge in una nota diramata dall’associazione Penelope: «Si è dimostrato che la sinergia tra associazioni esiste e che con semplicità, senza grandi mezzi e altro si possono realizzare ottimi eventi». Il trucco realizzato durante la serata sulle modelle che hanno sfilato, ma soprattutto in quelle che personificavano la poesia è stato momento donato all’arte in generale, raggruppando in tre fasi importanti, musica, pittura e poesia, o meglio racchiudendo tutto nella parola “poesia”, che crea armonia tra le varie arti. Il trucco realizzato per la poesia era dettato dalla luce della Luna, da sempre fonte d’ispirazione per gli artisti e i poeti in particolare. La sfilata di moda è stata realizzata secondo le note della musica, infatti, gli abiti sono ispirati ai balli, come il tango, valzer e altri; la stilista è ballerina e attinge la sua fonte d’ispirazione direttamente dal suo mondo. Si legge, ancora, in una nota diramata dall’associazione Penelope: «Bello meravigliarsi, emozionarsi in questo periodo nero per l’Italia da tutti i punti di vista e passare una serata senza nessun sentimento negativo, godersi minuto per minuto parole, colori, suoni». I poeti che hanno partecipato: Giuseppe Bennardo, Gaetano Caira, Massimo Cistaro, Filomena Costa, Cecilia Gioia, presidente dell’associazione “Mammachemamme”, Marcello Manna, Paola Miraglia, Antonio Strigari, a Maria De Luca.

Pasquale Filice ci ha parlato dello spirito della serata: «Far arrivare all’amministrazione comunale il messaggio che si possono realizzare tante cose se in sinergia con gli altri»

Abbiamo sentito il responsabile dell’associazione Penelope, Pasquale Filice, che ci ha descritto lo spirito della serata di Bellezza: «Fare arrivare all’amministrazione comunale il messaggio che si può fare e realizzare tante cose se e solo in sinergia con gli altri. L’anima dell’associazione si chiama Tac (Ti amo così) dedicata a mio padre, che era affetto da Alzheimer. Mentre sappiamo bene che la parola tac significa Tomografia assiale computerizzata e cui si sottopongono gli ammalati di questa patologia per riscontrare la stessa. A noi

di Penelope interessa questo discorso di arte in generale, ma anche di manualità che è fondamentale per gli ammalati di Alzheimer. La sinergia, quindi, è importante tra le associazioni e per costruire un qualcosa di duraturo e di vero, l’idea sarebbe di un Caffè Alzheimer (dedicare il Caffè alla memoria di Ignazio Filice) che possa raggruppare arte a favore della conoscenza del problema, perché l’ostacolo più grande è che non c’è informazione attorno alla stessa».

Mani, cuore e cervello impegnati

Così il mio amore per la natura Marcello Manna è un geologo e artista poliedrico, amante dell’arte del legno, della pittura cui abbina la poesia. Essendo libero professionista green può coltivare tanti hobbies tra pittura e poesia e che gli permettono di creare essendo tra virgolette un figlio d’arte. Di famiglia artigiana, il padre era un ebanista, capace di ricostruire un qualsiasi pezzo mancante di un mobile antico si dilettava anche nell’arte del restauro; suo figlio tiene in custodia tutti gli attrezzi paterni e che nel tempo l’hanno portato anche a comprendere lo scolpire il nobile materiale del legno. Marcello ci confida che è un modo per mantenere viva la memoria paterna. Marcello Manna, perché diventi a un certo punto anche poeta? Il tutto nasce dalla mia principale professione, che è l’osservazione del mondo naturale, della persona in tutte le sue varie caratteristi-

Marcello Manna geologo e artista poliedrico, amante del legno, della pittura e dei versi

che e cerco di riassumere tutto ciò che accade e ci accade quotidianamente in versi. Se avessi la possibilità di ripresa e non ci fosse una legge sulla privacy, mi piacerebbe riprendere tutto e avviarmi all’arte della regia. Ritengo di essere una sorta di parafulmine, che secondo la legge di Murphy attrae gli eventi, di certo per i miei studi umanistici sono portato a guardarmi attorno e a riconoscerli. E nell’arte? Credo che non abbia la misura dello spazio o meglio non mi basta-


sabato 21 dicembre 2013

Pillole di fede

Un momento della serata Sotto, a sinistra l’assessore Gigliotti e il sindaco Greco; a destra, la conduttrice con la stilista Alighieri

sì, ci dice: «Abbiamo preso contatti con uno psichiatra di Roma, conferenziere e che esegue tantissime pubblicazioni sull’argomento. Il mio rapporto si è consolidato con i medici di base, poiché sono loro le prime persone che devono essere sensibilizzate. Essendo specializzato in pastorale sanitaria e avendo fatto un corso al riguardo con padre Ugo Maria Brogno all’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, di cui è il cappellano. Da questa esperienza ho ricavato anche una tesi di laurea proprio sulla patologia dell’Alzheimer. Ho potuto fare un corso di danza ebraica con la fortuna di conoscere un rabbino capo donna, un padre Camilliano che è responsabile di una struttura sanitaria. Passando dalla psicologia a come accompagnare alla buona morte un ammalato standogli accanto. Mi ha commosso alla fine del corso l’avere avuto il camice benedetto da nostro presule cosentino, affinché penetrassimo nelle corsie e nessun primario può non acconsentire, siamo accreditati e tutto ciò mi regalato grandi emozioni, perché avvicini la sofferenza e ti forma umanizzandoti, mentre prima scappavo dal dolore». Pasquale Filice ha voluto studiare da vicino il problema e capirlo profondamente. Nel frattempo ha fatto altri corsi uno per Assistenti familiari malattie Alzheimer, perché troppo spesso succede che proprio i familiari danno in mano i propri ammalati a persone incompetenti e di conseguenza le famiglie ne devono essere al corrente. «Con il tempo la mia intenzione è quella di divulgare informazione anche nelle scuole e con una rappresentazione teatrale sia in vernacolo che in lingua, dove si andrà a spiegare in modo ironico/simpatico che cosa può fare un familiare di un ammalato di Alzheimer».

Il racconto di Pasquale Filice ora si fa pieno di commozione, egli ha seguito il padre totalmente da solo e per la durata di lunghi cinque anni e non è facile stare accanto, ci dice, a questi ammalati, ritornano bambini e si deve stare loro sempre dietro attenti a che non combinano cose strane, come mangiare ad esempio la spazzatura; è una malattia che tende alla fine della persona. In Calabria c’è davvero poco se non piccole sperimentazioni ed è co-

no gli spazi. Davanti ad una parete bianca riesco a vedere in dimensione tridimensionale cosa posso creare o meglio ciò che già esiste. In base al committente posso realizzare una qualsiasi opera, ma sempre secondo la mia ispirazione. Sono anche restauratore su commissione e vivo l’arte in modo rilassante non ho mai scelto di svolgerla per enti in particolare, ma solo nel privato mi dedico a questa passione anche perché ho sempre lavorato fuori dalla nostra Regione.

«L’anima dell’associazione si chiama Tac (Ti amo così) dedicata a mio padre, che era affetto da questa tremenda malattia»

«Ritengo di essere una sorta di parafulmine, che secondo la legge di Murphy attrae gli eventi»

Il percorso di Filice inizia con Cittadinanzattiva, allora con sede proprio nel polo sanitario dell’Annunziata e che si occupava, soprattutto, del tribunale dell’ammalato. «Io ritengo che il tribunale dell’ammalato debba muoversi con rapidità, ma purtroppo, a volte, non avviene. Allora abbiamo creato una sezione con avvocati, seri e preparati, che non scendano a compromessi con i medici che sbagliano». Si deve sempre intervenire, per Filice, in modo netto contro chi sbaglia fosse anche un’amministrazione, ma il suo sogno nel cassetto è di realizzare a un grande movimento laico dove coesistano la guida spirituale religiosa e quella laica per accompagnare a un discorso, che ponga il tutto all’attenzione dei vescovi della Calabria e crei la pastorale delle persone separate. «Perché i separati vivono in un limbo vero e proprio, in eterni tormenti anche se partecipano alla vita attiva della Chiesa. Io, infatti, sono stato nella Consulta diocesana giovanile, con capi storici come Franco De Maria, Margherita Manna della Fuci e Maria Intrieri del movimento dei Focolarini. Un movimento, quindi, che accompagni i separati, ma in modo laico e la forza che mi porta ad affermare ciò, proviene proprio dal Santo padre, che sprona i laici a fare di più e assumersi le giuste responsabilità. I battezzati tutti non devono sempre demandare al sacerdote, ma si deve camminare da soli e con le proprie responsabilità con ciò che si può fare».

Le sculture lignee in memoria di tuo padre hanno precisi soggetti? Ovunque io mi trovi per casa paterna trovo le tracce delle sue mani e delle sue opere; egli ha fatto davvero di tutto ed è fonte di ispirazione per me. Utilizzo materiali naturali, anche un ciocco di legno di “collodiana” memoria mi corre in aiuto. Oltre al legno abbino alle opere altri materiali naturali come la pietra senza disturbare molto l’ambiente, sono sempre per la tutela di ciò che vive nella natura e porto via solo ciò che naturalmente cade e si distacca da essa. E veniamo dunque al dissesto idrogeologico. Le tue impressioni ed eventuali suggerimenti... La natura si sta riprendendo ciò che era suo poiché l’uomo non ha fatto altro che violentarla non entrando in merito alle politiche, che sono state adottate per la sua tutela; c’è stato un irrazionale uso del territorio e non è pensabile che i temporali, che si succedono, naturalmente possono causare anche dei morti, questo è dovuto al fatto che l’uomo ha costruito male. Una volta che si è costruito vanno utilizzate tutte le accortezze metodologiche, in modo antisismico e si deve provvedere alla manutenzione delle opere realizzate e ciò può avvenire solo se le Amministrazioni comunali ricorreranno ai tecnici del settore che conosce il territorio, senza praticare ribassi sull’opera che andranno a realizzare e dopo anche sulla progettazione, ciò chiaramente è il danno maggiore poiché influisce negativamente sulla qualità delle opere realizzate. LdC.

XV


XVI

sabato 21 dicembre 2013

A suon di operette Presentato a Villa Rendano di Cosenza il volume di Luisa Longobucco docente, musicologa, pianista e giornalista di Bisignano

Il paese dei campanelli Luisa Longobucco, docente, musicologa, pianista e giornalista di Bisignano, è un’attenta studiosa e ricercatrice della musica e della letteratura del periodo verista, si è occupata in modo particolare delle tematiche leoncavalliane ed ha pubblicato i volumi Leoncavallo Pianista; Lenocavallo Sconosciuto; I Pagliacci di Leoncavallo. Ha studiato presso il conservatorio “S. Giacomantonio” di Cosenza ed ha svolto attività concertistica. Idonea all’insegnamento di Storia della musica per la Scuola di didattica della musica al conservatorio “G. Ghedini “ di Cuneo, è stata cultore della materia in Musicologia 1 presso l’Università della Calabria, facoltà di Lettere e Filosofia. In qualità di pubblicista ha collaborato con diversi periodici e con Il Quotidiano. In questi ultimi anni ha approfondito gli studi sull’operetta ed in particolare ha curato la produzione di Carlo Lombardo, autore di operette e de Il Paese dei Campanelli che costituisce l’argomento centrale del volume che è stato presentato. Alla cerimonia di presentazione, organizzata con il contributo dalla fondazione “Attilio ed Elena Giulian”; della Fidapa - Bpw Italy e da Luigi Pellegrino Editore, sono intervenuti Silvana Gallucci, presidente Fidapa sezione di Cosenza; Egidio Pozzi, docente di Teoria e Analisi della musica - Unical; Luisa Longobucco, autrice del volume e Antonietta Cozza, ufficio stampa Lpe. A conclusione tutti gli invitati presenti, hanno avuto la possibilità di ammirare, attraverso un video, alcune scene della celebre operetta

L’autrice è stata cultore della materia musiclae presso l’Università della Calabria, facoltà di Lettere e Filosofia

Mario Guido

Dalla Russia una cruda realtà

Generazione giovani La vita di quelli che hanno venti anni in Russia viene descritta e raccontata, in questo libro, con cruda gaiezza e con dovizia di particolari, spesso inquietanti, da Irina Denezkina, anch’ella ventenne, facendoci scoprire una generazione che prima di lei non aveva voce. È un racconto che esprime il degrado giovanile, in uno spazio e in un tempo in cui risulta difficile e confuso appropriarsi di certezze e di valori, scivolando, fra mille indugi, in un disagio contagioso che spinge verso atteggiamenti insulsi, laceranti, urticanti e masochistici. Le generazioni dei giovani sono alla ricerca spasmodica di prendere coscienza della realtà. I giovani così diversi, eppure così simili tra di loro ovunque, sembrano voler sfuggire a loro stessi e a ogni tentativo di esplorazione. Amore, musica, droga, sesso, esami e un sacco di botte. E la guerra in Cecenia che, come ogni guerra, turba la coscienza dei giovani. La Denezkina, con un linguaggio fresco e tagliente, scrive le storie dei suoi coetanei, con stucchevole spudoratezza, con un piglio tra il gergale e l’osceno, ed un’innocenza venata di nichilismo. I sogni, se riescono a farne, sono i sogni di giovani disperati, sospesi nell’incubo di un tempo intriso di “sfasciume”, con la Cecenia in sottofondo - che produce invalidi di mente e di corpo -, ma anche avviluppato in un mare di note che, fra sesso e amore, ne scandiscono il ritmo. La patina che ovatta il vissuto sembra essere l’indifferenza che immortala, con sadica innocenza, figure di ragazze con la sensibilità raffinata delle eroine di Tolstoj che rimangono, tuttavia, rozze ragazze di una malfamata periferia russa. La loro sfida costante è l’essere spericolate, quasi incoscienti, senza remore. I personaggi tutti non sono più bambini ma ancora neppure adulti per cui, in quella fascia di insondabile incertezza, ne combinano ancora di tutti i colori, ubriachi di vita e di vodka ed inneggianti, impavidi e irrefrenabili, all’insegna del menefreghismo più incauto. Dammi! Song for Lovers - di Irina Denezkina Ed. Einaudi - pag. 205 - euro 12,80 Giusy Cuceli

I versi di Carlo Cipparrone

L’eterno disagio esistenziale Carlo Cipparrone, poeta estremamente ermetico, come si può constare, esprime il disagio esistenziale, che però esiste da sempre, sin dalla nascita del mondo. La Bibbia ce lo conferma, più umanamente, affinché gli uomini possano mitigare tale malattia che, metaforicamente, significa la lotta comune per la sopravvivenza. Carlo Cipparrone, manifesta perciò, tale situazione che generalmente coinvolge l’umanità. Una poesia, la sua, colma di significati. La sua sofferenza è, in sostanza, la sofferenza del genere umano, la sofferenza per la lotta comune, soprattutto se la sensibilità spinge a tale riflessione. La sua poesia è, quindi, un grido soffuso, una sofferenza celata che , però, a stento si manifesta nella sua poesia, come un grido, un ammonimento a sperare, a trasmettere il dolore, la sofferenza nascosta che percorre le tappe di una sua tendenza, di un suo percorso, è il percorso di tutti i poeti ermetici: basta pensare a Ungaretti, Quasimodo e Montale, che in verità hanno espresso tale disagio, la sofferenza intima che, però, altri celano. Carlo Cipparrone è quindi un poeta ermetico e, come tale, sa esprimere tale disagio, tale sofferenza. Le sue poesie sono un grido, una esternazione naturale che, in arte, rappresenta una trama, un ricamo, che coinvolge particolarmente gli animi sensibili, che in verità, sono i poeti. Anche in pittura tale disagio è rappresentato nelle tele di Leonardo, di Raffaello, di Tiziano, fino al più moderno, che è il pittore di Taverna: Mattia Preti, detto “il Cavalier calabrese”, nella sua intensa vita, a tratti rocambolesca, che non poté mai dimenticare la sua generosa e bella terra. Carlo Cipparrone, quindi, porta in sostanza i colori, i paesaggi, la gente della sua infanzia, indelebilmente legato alla sua città, che è Cosenza, alla quale metaforicamente egli invierà queste poesie, in cui bellezza e prestigio meritano di essere lette e analizzate. Pino Veltri


sabato 21 dicembre 2013

Sentirsi al sicuro Oltre la storica sede nazionale di Milano, la struttura organizzativa territoriale “Cesare Pozzo” comprende più di 90 sedi in tutta Italia, di cui 19 sono sedi regionali

Assistenza e trasparenza

le cooperative di consumo e alle scuole per l’avviamento professionale. Il primo maggio del 1877 nasceva a Milano la Società di mutuo soccorso tra i macchinisti e fuochisti delle Ferrovie dell’Alta Italia, raccogliendo iscrizioni tra soggetti che lavoravano in diverse città del Nord del nostro Paese. Per la prima volta una mutua nasceva con una connotazione geografica che usciva dagli ambiti cittadini. Curiosa la scelta della data di fondazione, che avrebbe precorso di dodici anni l’istituzione del primo maggio come Festa dei lavoratori, a ricordo dei cinque operai americani uccisi mentre scioperavano per la conquista delle otto ore giornaliere di lavoro. Da originaria associazione di categoria, “Cesare Pozzo” ha progressivamente allargato il suo tessuto sociale, aprendosi prima a tutti i ferrovieri, poi ai lavoratori dei trasporti, e infine a tutti i cittadini, prendendo il nome di uno dei primi presidenti dell’associazione, “Cesare Pozzo” (Serravalle Scrivia 1853 - Udine 1898), che seppe distinguersi per le sue capacità intellettuali e organizzative, oltre che per la sua sensibilità ai problemi sociali dell’epoca.

La Società nazionale di mutuo soccorso “Cesare Pozzo”, con i suoi 86.000 soci e con l’esperienza accumulata in oltre 131 anni di attività, è la più grande tra le associazioni italiane che operano nel campo della mutualità integrativa sanitaria. Comprendendo anche i familiari dei soci il sodalizio assiste complessivamente oltre 250.000 persone in tutta Italia. La sua sede storica è a Milano ed è presente in tutte le regioni italiane con 19 sedi regionali e numerosi altri sportelli in varie località italiane. Questa struttura capillare premette di avere un rapporto quasi diretto e personale con i nostri soci. Aperta a tutti, solida ed affidabile, gestisce con efficienza e trasparenza i contributi versati dai soci. “CesarePozzo” non ha fini di lucro: grazie alla stabilità economica raggiunta può offrire, a costi molto vantaggiosi, una vasta gamma di soluzioni, servizi e forme di assistenza in grado di alleggerire il peso delle spese sanitarie di tutta la famiglia. Tutti possono aderire indipendentemente dalle condizioni professionali, sociali e di salute. “CesarePozzo” gestisce inoltre fondi sanitari integrativi e coperture collettive aziendali originati da contratti collettivi, accordi o regolarmente aziendali ai sensi dell’art. 51 Tuir PR 917/86.

La nostra filosofia Alla base dell’attività della Società vi è il concetto di mutuo soc-

corso, inteso come l’azione di reciproco aiuto: il soccorrersi e l’assistersi a vicenda. Il principio ispiratore del mutuo soccorso è quello della ripartizione del bisogno all’interno di un gruppo di persone autorganizzate: l’assistenza a ogni singolo socio è erogata grazie all’utilizzo di parte delle quote versate da tutti. Così facendo i fondi conferiti dai soci vanno a dotare la Società dei mezzi necessari per l’erogazione dei sussidi a coloro che versano in stato di bisogno. Le società di mutuo soccorso sono regolamentate dalla legge 3818 del 1886, una norma rimasta immutata da oltre 120 anni. Si discute, quindi, da tempo, sulla necessità di aggiornare la legislazione di riferimento con nuove norme più corrispondenti alla attuale realtà mutualistica e al ruolo che le società di mutuo soccorso intendono svolgere nella società odierna. La mutualità integrativa volontaria, tuttavia, è in grado di offrire una adeguata risposta agli articolati bisogni sanitari come quelli emergenti o legati alle nuove professioni, svolgendo contemporaneamente una funzione di coesione sociale e di responsabilizzazione degli associati anche in termini finanziari.

Scopi sociali Il principio ispiratore della Mutualità è quello della ripartizione del rischio: l’assistenza a ogni singolo socio è erogata grazie all’utilizzo di parte delle quote versate da tutti. Così facendo i fondi raccolti presso i soci vengono redistribuiti con l’erogazione di sussidi. Alla base della società vi è il concetto di mutualità, inteso come l’azione di reciproco aiuto: il soccorrersi e l’assistersi a vicenda. Le sue finalità non lucrative e la continua ricerca di servizi di qualità, sempre più rispondenti ai bisogni emergenti dalle trasformazioni sociali ed economiche di questi anni, consentono a CesarePozzo di proporre soluzioni adeguate e non onerose sia ai singoli soggetti, sia alla collettività.

La storia e il nome Le società di mutuo soccorso si sono sviluppate in Italia nell’Ottocento per supplire alla carenza di un sistema sociale incapace di rispondere concretamente ai gravi disagi creati dalla disoccupazione, dalle cattive condizioni di lavoro, e, in alcuni casi, dall’indigenza. Sono le prime forme di auto-organizzazione sociale che evolvendosi diedero vita alle casse di prevenzione e assistenza, al-

Organizzazione Oltre la storica sede nazionale di Milano, la struttura organizzativa

La Società nazionale di mutuo soccorso con i suoi 86.000 soci e con l’esperienza accumulata in oltre 131 anni di attività, è la più grande tra le associazioni italiane che operano nel campo della mutualità integrativa sanitaria

territoriale di “Cesare Pozzo” comprende più di 90 sedi in tutta Italia, di cui 19 sono sedi regionali. In ogni regione, i soci eleggono il Consiglio regionale composto dal presidente, dal responsabile dell’offerta mutualistica e dall’amministratore. Uno di questi ultimi assume anche le funzioni di vice presidente. Le strutture territoriali sono costituite dalle sedi regionali, dai presìdi e dagli sportelli solidali in relazione al numero dei soci che assistono, garantendo l’assistenza in quasi tutte le province italiane. Questa capillare struttura ci permette di avere un rapporto diretto e personale con i nostri soci. L’organizzazione dell’intera società, infatti, ruota intorno al socio e alle sue esigenze. Ciò per sottolineare ancora di più il processo democratico che è alla base di ogni attività del nostro sodalizio e fa sentire il socio al centro di una grande famiglia.

Tre manifestazioni in Calabria

Premi in arrivo Sabato 21 e lunedì 23 dicembre la scrivente società consegnerà in Calabria 215 premi allo studio ai soci ed ai loro familiari che hanno terminato con merito un ciclo scolastico (elementare, medio, superiore e universitario) con tre manifestazioni diventate importanti appuntamenti annuali per il bilancio dell’attività della mutua. Le cerimonie di consegna dei premi si terranno rispettivamente a: REGGIO CALABRIA, sabato 21 dicembre, ore 16.00 Èhotel - via Giunchi, 6 COSENZA, lunedì 23 dicembre, ore 10,00. Sala congressi F.d.C. - contrada Vagliolise, snc CATANZARO, lunedì 23 dicembre, ore 16,00. Sala congressi Cral A.M.C. - via Magna Grecia, snc Santa Maria di Catanzaro Alla manifestazione di Reggio Calabria parteciperanno: - Eduardo Lamberti-Castronuovo assessore Provincia di Reggio Calabria con delega a: Politiche e Pianificazione Culturale - Beni Culturali Difesa della Legalità - Giuseppe Giordano consigliere regionale. Il presidente regionale “Cesare Pozzo” Santo Russo

XVII


XVIII

sabato 21 dicembre 2013

Il bisogno di credere e investire Csd, la Compagnia del Sud per il Sud, ha incontrato i cittadini cosentini

Il Mezzogiorno è assicurato di Francesco Fotia

Società assicurativa che nasce per riappropriarsi delle risorse del territorio

Incontro pubblico per raccontare ad amici, addetti ai lavori e futuri soci un sogno: il proprio, che giorno dopo giorno sta prendendo concretamente forma. Il luogo è stato la Italiana Hotels di Cosenza, il progetto è quello della Cds - Compagnia del Sud, costituenda società assicurativa. Ad accogliere i numerosi intervenuti c’erano anche l’attuale Miss Calabria, Alessia Siclari, e Andrea Tacconi, figlio di Stefano, famoso ex portiere della Juventus, e calciatore in erba, in procinto, pare, di firmare con l’Inter. Insieme a loro, il presidente Franco Ferro, e il vicepresidente Ermanno Reda. «Il progetto - ha spiegato il presidente - nasce dalla constatazione che non esistevano, prima di noi, compagnia assicurative con sedi nel Mezzogiorno, così che tutte le risorse del territorio sono state dirottate verso altri lidi. Siamo qui oggi - ha proseguito - per spiegare a tutti qual è il nostro progetto, la nostra visione di una società che investe nel Mezzogiorno, creando anche possibilità occupazionali in un periodo di crisi nera. Per farlo, naturalmente, serve sinergia: persone che come noi credano nel mondo assicurativo, ma anche nella necessità di essere trasparenti ed equi. In una parola: affidabili. Il tipo di società cooperativa, ad azionariato diffuso, è stato pensato proprio per permettere la partecipazione di diverse rappresentanze di tutto il tessuto sociale. Inoltre, così facendo, abbiamo pensato di garantirci, e di garantire ai soci, la più ampia autonomia rispetto a condizionamenti esterni di ogni sorta. La nostra speranza - ha concluso Ferro - è che questo tipo di progetto possa essere da esempio per tanti altri nel prossimo futuro, perché c’è bisogno di credere e investire nel Sud per venire fuori dalla crisi». Una proposta che, a giudicare dall’alternarsi di donne e uomini nella sala appositamente prenotata per l’intera giornata dello scorso venerdì, ha destato sicuramente curiosità. «Ci piacerebbe coinvolgere un buon numero di professionisti - ha raccontato Ermanno Reda, impegnato nel campo assicurativo da quaranta anni - imprenditori, e soci in genere, del sud che hanno voglia di credere nella crescita economica del sud. Costruire insieme un progetto le cui basi sono già state gettate, e sono ben solide: solidarietà e mutualità fra i soci, voglia di coniugare etica e sviluppo. Le azioni che mettiamo a disposizione hanno un costo veramente esiguo, sia per persone che per enti, nonostante nella nostra società siano già presenti due grosse banche. Da oggi l’obiettivo a breve termine è quello di permettere alla società di chiedere l’autorizzazione ad operare, cioè raggiungere il capitale minimo previsto dalla normativa Ivass. Questo andrà avanti fino al 31 dicembre del prossimo anno. Dopo di che ci sarà una proroga di altri sei mesi, ma il nostro sogno è quello di farcela già nelle settimane a venire. I vantaggi per chi vorrà unirsi a noi - ha continuato - sono diversi: riparto degli utili naturalmente, sconti sulle tariffe della società, consistenti abbastanza da permettere in breve tempo di recuperare buona parte dell’investimento, e la possibilità di partecipare ai concorsi indetti dalla Cds per l’assunzione di personale indipendente. Inoltre, l’accesso a convenzioni e l’opportunità di accedere a eventuali borse di studio istituite dalla compagnia. Ricevere gratuitamente le nostre pubblicazioni e riviste, e avere un canale d’accesso preferenziale per quanto concerne possibili domande di consulenza e incarichi professionali. Naturalmente però, è nostro compito, e lo osserviamo con cu-

Ad accogliere i numerosi intervenuti c’erano anche l’attuale Miss Calabria Alessia Siclari e Andrea Tacconi, figlio di Stefano, famoso ex portiere della Juventus e calciatore in erba in procinto, pare, di firmare con l’Inter

ra e rigore, selezionare solo e soltanto quei soci sui quali vi sono accertate garanzie di correttezza e trasparenza, che sono poi le basi morali del nostro progetto. Insieme ai miei figli - ha concluso - gestisco un’azienda di mediazione assicurativa, e lavoriamo nell’intero territorio nazionale. Ogni giorno raccolgo necessità assicurative di molti clienti e per questi elaboriamo soluzioni ad hoc. Sono sicuro di non sbagliarmi se dico che veramente questo nostro progetto assicurativo potrebbe apportare grandi vantaggi per l’intero territorio. In Italia, nel meridione in


sabato 21 dicembre 2013

Il bisogno di credere e investire

particolare, abbiamo bisogno di ottimismo, di credere in un futuro migliore perché solo credendoci, mattone dopo mattone, riusciremo a trovare la luce in fondo a questo tunnel nel quale ci siamo cacciati da qualche anno». Per associarsi alla compagnia, che ha la sede di rappresentanza a Montalto Uffugo, basterà sottoscrivere la quota minima di 10 azioni; la documentazione è disponibile sul sito della società: www.cdsscpa.it.

Nella foto grande, alcuni presenti alla Italiana Hotels Sotto, Ermanno Reda e Franco Ferro

Qui sopra, andando verso l’alto: il vicepresidente discute con futuri soci? Ermanno Reda, Alessia Siclari, Andrea Tacconi e una socia; il presidente Ferro e la Miss Calabria

XIX


XX

sabato 21 dicembre 2013

Sos giovani Popolazione in calo in Calabria, aumentano gli “over 65”

Regione in “grigio”

Dal 2002 al 2012 in Calabria la popolazione è diminuita del 2,5% raggiungendo i 1.958.418 residenti, mentre gli “over 65” sono aumentati del 9,3% rispetto al 2002: la categoria “senior”, di quasi 354mila abitanti, rappresenta il 18,1% rispetto al totale della popolazione calabrese (+2%; nel 2002 era il 16,1%). La crescita e la maggiore incidenza degli over 65 sulla popolazione, rispetto al 2002, sono quindi gli aspetti più significativi evidenziati dall’analisi. La classifica delle province della regione con l’incidenza più alta di over 65 sulla popolazione locale vede nell’ordine Cosenza con il 18,4% di anziani (131.218), Vibo Valentia con il 18,3% (29.859), Reggio Calabria con il 18,1% (99.652) e’ alla pari con Catanzaro (64.961), chiude Crotone con il 16,4% (27.966). Queste le prime evidenze che Exposanità (Bologna 21-24 Maggio 2014) ha tratto dalla rielaborazione degli ultimi dati Istat sulla popolazione della Calabria per fornire indicazioni importanti sul tema della terza età. Dati questi che avranno sicuramente una significativa ricaduta sul nostro tessuto sociale e che impongono una riorganizzazione dell’intero sistema sanitario. La terza età resta un tema complesso che richiede una collaborazione sinergica tra gli enti, istituzioni pubbliche e realtà private che si occupano a diverso titolo di attività assistenziali. A questo proposito Exposanità ha costituito un tavolo di confronto al quale sono stati invitati: Ansdipp, Associazione nazionale manager del sociale e del socio sanitario; Uneba, Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale; Legacoop; Confocooperative; Anaste, Associazione nazionale strutture per la terza età; Aiop, Associazione italiana spedalità privata e Anoss, Associazione nazionale operatori sociali e sociosanitari. Agli incontri seguiranno due importanti appuntamenti previsti a maggio nell’ambito della manifestazione: uno aperto al pubblico per presentare le best practices in tema di gestione ed organizzazione di servizi per la terza; l’altro a porte chiuse alla presenza dei più autorevoli esponenti del sistema sanitario italiano per pianificare strategie e valutare soluzioni possibili.

La classifica delle province della regione con l’incidenza più alta di anziani sulla popolazione locale vede nell’ordine Cosenza con il 18,4%, Vibo Valentia con il 18,3%, Reggio con il 18,1% alla pari con Catanzaro (64.961); chiude Crotone con il 16,4%

Se nel 2040 la popolazione over 65 raggiungerà in Italia il 35% del totale, si preannuncia una sfida per la sanità e i suoi operatori che dovranno rispondere a nuovi bisogni sanitari a fronte di un numero di risorse limitate. La problematica dell’assistenza all’anziano non trova però il suo fondamento solo sulla difficile reperibilità di risorse economiche, ma anche sulla necessità di mettere in rete dei servizi sociali in grado di erogare assistenza domiciliare e tutelare. L’una finalizzata al mantenimento dell’anziano nel proprio ambiente di vita, l’altra invece, ad appannaggio del servizio socio-sanitario volta a rispondere ai bisogni multipli delle persone che vivono una temporanea o permanente situazione di non autosufficienza. «Formare nuove professionalità sanitarie e promuovere un aggiornamento del comparto diventa prioritario - commenta Marilena Pavarelli project manager Exposanità - Ecco perchè, per quanto riguarda la terza età, nell’ambito di Exposanità approfondiremo l’argomento con una sezione convegnistica e una espositiva puntando sulla formazione di tutti i soggetti coinvolti nel percorso assistenziale: dalle figure dirigenziali alle professioni sanitarie che operano all’interno di residenze per anziani, che si occupano di assistenza domiciliare, che seguono il paziente geriatrico in ospedali ed ambulatori». «In Calabria la domanda di servizi dedicati alla terza età è destinata a crescere e, di conseguenza, è probabile aumenterà anche la richiesta di professionisti qualificati e competenti su tutti gli aspetti della materia - commenta Marilena Pavarelli project manager di Exposanità - Secondo gli ultimi dati emessi dalla Comunità europea infatti l’invecchiamento della popolazione è stato tra i fattori che hanno portato il settore sanitario europeo ad assumere quasi un milione di persone nel corso del 2012». Un trend, quello rilevato in sede europea, che risulta interessante per la Calabria dove, tra il 2002 e il 2012 il rapporto degli over 65 sul totale della popolazione della regione è cresciuto del 2%, e dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 53,4% tra i più giovani.


sabato 21 dicembre 2013

Piange il portafogli Natale in crisi profonda, badget della spesa sotto 100 euro

Conta il pensiero... La speranza è tutta concentrata nella settimana di Natale, non tanto per invertire un trend che è fortemente negativo ma, quanto meno, per “ridurre lo sfascio”. Ma il budget messo a disposizione per le spese di questo periodo si è assottigliato notevolmente e, secondo uno studio di Confcommercio, non supera i 100 euro per oltre il 60 per cento dei calabresi. Se le festività natalizie, dunque, sono sempre state una boccata d’ossigeno per tanti settori dell’economia, quest’anno in Calabria sono diventate l’ultima spiaggia. Una sorta di tentativo estremo, per molte attività commerciali di non affondare. L’analisi, preoccupata ed a tratti quasi disperata, arriva dal presidente regionale della Confesercenti, Antonino Marciano’. «La situazione è pessima», ha esordito il responsabile dell’associazione di categoria commentando all’Agi le prospettive di vendita per questo periodo di feste. «Vogliamo attendere i risultati della settimana di Natale prima di dare un giudizio definitivo - ha detto Marcianò - quando speriamo possa esserci una impennata dei consumi che almeno possa ridurre lo sfascio. La verità è che più che la crisi dei consumi c’è l’impossibilità dei consumi, perché non ci sono più risorse. Prima le famiglie riducevano l’importo medio dello scontrino, oggi si guarda al numero dei prodotti e si penalizza fortemente la qualità». Da Confesercenti arriva anche un allarme legato all’aspetto psicologico della crisi: «C’è un contesto che non spinge ai consumi, perchè le incertezze occupazioni e quelle legate alla crisi portano le famiglie a non spendere in ogni caso. A questo - ha spiegato il presidente - si aggiunge che proprio i giorni che precedono il Natale i cittadini sono tartassati da tributi e tasse, aumentando la preoccupazione e le difficoltà». C’è, però, il tentativo di infondere coraggio: «Lo stiamo dicendo con forza ai nostri associati - afferma Marciano’ - che occorre guardare avanti con coraggio, perchè deve esserci una via di uscita. Un auspicio positivo, vista l’evoluzione degli ultimi tempi che però deve tramutare le parole in fatti. Per questo aspettiamo di vedere gli effetti della Legge di stabilità, che non devono essere solo economici ma anche di serenità. Occorre una iniezione di fiducia, a partire dalle banche, perché ormai abbiamo sperimentato tutte le possibili soluzioni». Il contesto che emerge in Calabria, secondo le varie associazioni di categoria, e’ complesso per tutti i settori. A soffrire di più è l’abbigliamento, con una media di un -25 per cento, seguita dall’alimentare con un -10 per cento, ma ad evidenziare una crisi galoppante c’è il settore delle tecnologie che fino ad oggi ha retto tutti gli urti e che ora segna per la prima volta una flessione. Ci sono poi realtà in cui l’allarme è ancora più forte, con la Confcommercio di Reggio Calabria che segnala addirittura un -40 per cento di media e una preoccupazione molto elevata per quelle attività commerciali che, davanti ad una conferma di questo trend, non avrebbero altra soluzione che abbassare le saracinesche. Vitaliano Castagna, responsabile indagini e studi per Confcommercio Catanzaro, evidenzia che nel «territorio regionale, si evince come ben il 61,5% dei consumatori stanzierà un budget inferiore ai 100 euro, il 38,5% tra i 100 ed i 300 euro. Coloro che più degli altri hanno ridotto il budget per gli acquisti per i regali di Natale sono risultati in prevalenza i consumatori più giovani (fino a 34 anni, causa problemi di lavoro) e quelli più avanti negli anni (oltre 64 anni, causa disponibilità economica), i centri più grandi rispetto a quelli di più piccole dimensioni, che più di altre parti del nostro territorio tendono a concentrare i tratti più evidenti della crisi in atto». La tendenza, dunque, secondo Confcommercio, è quella di spendere poco e solo per cose utili: «Tre calabresi su quattro - sottolinea l’associazione di categoria - faranno regali “gastronomici” seguiti da giocattoli e giochi per bambini (61%); bene anche libri, smartphone e prodotti per la cura della persona, in aumento rispetto al 2012; mentre articoli di abbigliamento, calzature e vino, ma anche regali più importanti, come elettrodomestici e viaggi, saranno, invece, meno presenti quest’anno sotto l’albero; quasi 8 calabresi su 10 sono intenzionati a spendere complessivamente meno rispetto allo scorso Natale e aumentano gli acquisti di importi minimi; i propri familiari restano i principali destinatari dei regali (56%), seguono i parenti (50%), ma sono tanti anche coloro che acquisteranno il regalo per se’ (42,8%)».

La speranza è tutta concentrata nella settimana di Natale non tanto per invertire un trend che è fortemente negativo ma, quanto meno, per “ridurre lo sfascio”

A Catanzaro premio per la più originale

La vetrina più bella del reame

La Proloco città di Catanzaro, per questo Natale 2013, ha istituito un premio da consegnare, a metà gennaio, per la vetrina che meglio ha saputo rappresentare il Natale. «In un momento di crisi e di consumi ridotti - ha detto il presidente della Proloco Filippo Capellupo - siamo convinti che la creatività e la capacità di offrire nella maniera giusta dei prodotti che comunque facciano sentire il Natale, sia il modo migliore non per nascondere problemi che pure esistono, ma in qualche modo per alleviare le difficoltà in cui molte famiglie versano. Vestire a festa le proprie vetrine è in parte un segno di attenzione alla città e al clima che, pur nelle difficili contingenze, si crea in questo periodo. Ecco perché, dal centro ai quartieri, la Proloco girerà raccogliendo foto, e scegliendo, alla fine delle feste la vetrina che sarà risultata la più originale e ben fatta».

XXI


XXII

sabato 21 dicembre 2013

Il racconto Quando non si hanno veri problemi e tutto poggia sui genitori che provvedono a tutto e non ti fanno mancare niente, è ovvio che la vita sia bella

Le due età di Giuseppe Aprile

Quando non si hanno veri problemi e tutto poggia sul pensiero e sulla vita dei genitori che provvedono a tutto, senza che tu sappia niente, e non ti fanno mancare niente, è ovvio e facile che la vita sia bella e sarà per sempre ricordata come tale, per tutto il resto della tua vita.. E, da adulti, quando i problemi si presenteranno chiaramente e richiederanno il tuo diretto impegno, avranno i loro spazi le ragioni del fastidio e del dolore e tutto diventerà diverso. Il rimpianto per la vita passata non significa che prima era più bello e migliore da vivere. Appariva così. Significa che prima i problemi non ti assalivano, non ti appartenevano perché non li vivevi, non li vedevi, non erano di tua pertinenza. E vivevi aspettando prima, per mesi, e cantando poi, per tanti anni ancora, le canzoni di SanRemo e le altre canzoni che la radio trasmetteva, giocavi a dama, a scacchi, al campanaro, alla mazza con il sorcio, portando di corsa in giro un cerchione di bicicletta e guidandolo con un bastoncino - lo sterzo per la direzione che la strada ti consentiva e a te piaceva. Bastava essere ubbidienti ai genitori, che ogni tanto si avvalevano della tua sveltezza e della tua dinamicità fisica, per farti fare qualche servizio in favore della famiglia, quale poteva essere l’andare alla bottega per degli acquisti o favorire il mangiare per il pollame, per il maiale o per qualche pulitura o altro genere di messa a punto di luoghi frequentati e utilizzati per comodità famigliare. Il tempo lo avevi per le tue conversazioni con amici, per i tuoi giochi d’infanzia, per la tua vita spensierata da giovane non ancora introdotto nella vita con i suoi caratteri ed i suoi labirinti. Oggi tutti pensano alla fanciullezza ed alla giovinezza come all’età felice. In effetti era così, ma proprio perché la vita non ti apparteneva ancora. La prima fase della vita è come se fossi in attesa del domani, di quando avresti potuto e dovuto assumere gli impegni perché la vita sarebbe diventata davvero tua. Trovi tanta gente, ora, che parla della sua giovinezza come di quando la vita era un’altra cosa: più bella, piacevole, fatta di meraviglie. Vero è che godevi dei prati in fiore, degli alberi sia quando l’autunno li spogliava, e lasciava i rami al vento e senza alcuna foglia, sia quando venivano coperti dai fiocchi della candida neve che ogni tanto cadeva d’inverno e li presentava come stupende braccia rivolte al cielo. Bastava una qualunque espressione della natura, ed in qualsiasi stagione, perché trovassi motivo di gioia e di felicità, di contentezza e di godimento. Erbe che si ergevano lungo la via, rigagnoli di acqua per le strade acciottolate, tetti grondanti come miriade di canali che facevano cadere l’acqua portata dalla pioggia, strade argentate di pietre e selciati vari, fiori che crescevano con mille colori, nei giardini, sui sentieri, nelle siepi e nei prati verdi e percorsi spesso da greggi, contadini e contadine che lavoravano intonando canzoni delle tradizioni di campagna e tanto popolari. Tutto era bello, sicuramente. Sembrava che la natura fosse solo il trionfo dei tuoi gusti e al servizio dei tuoi godimenti. Nella prima fase della vita c’era una grande e incantata divisione del mondo. Quella conosciuta dentro cui si svolgeva la vita dei figli, della giovinezza e quella reale che non poteva nasconderti le attività di sacrificio dei più anziani ma non era da te vissuta completamente, fino alla coscienza della sua dimensione. Ti pareva che tutto fosse come quello che tu facevi. I genitori non ti facevano mai pesare il sacrificio della vita vera anche perché puntavano ad un avvenire meno di sacrificio per tutti i propri figli. Ogni cosa era stupenda, brillante, meravigliosa, gioiosa. I colori dei fiori rendevano la natura assai incantevole. Tutto ondeggiava tra mille colori. Il verde dell’erba fresca e degli alberi pieni di rami adornati di fogliame e percorsi da uccelli svolazzanti tra l’uno e l’altro e l’azzurro del cielo che si perdeva come immensa volta che non aveva confini. Ricordo il giallo del grano che, messe le sue spighe, era passato dal verde della prima fase, al colore della maturazione e fino alla mietitura e poi alla trebbiatura. Non dimentico il verde delle foglie grandi del fico, dei suoi frutti che dentro diventavano, una volta sbucciati, rossastri, il verde ancora dei rami di gelso, del pero, delle maestose e gigantesche querce, delle verdure che venivano coltivate nel-

Da adulti, quando i problemi si presenteranno chiaramente e richiederanno il tuo diretto impegno, avrà spazio il dolore

l’orto dove appariva chiaramente la mano del contadino che quotidianamente accudiva alla sua sistematicità. Il verde della lattuga, dei piselli, delle favi di prima mano, dell’erba sulla, delle siepi dentro cui nidificavano passeri, beccafichi, pettirossi e si annidavano a frotta i fringuelli. Ondeggiava, al minimo apparire del vento, la distesa verde degli agrumeti che per alcuni mesi sembravano infiorati di rosso e di giallo. Era il rosso delle arance e dei mandarini ed il giallo del limone e del cedro. Gli acquaioli curavano le vie della mastra che s’incuneava tra gli orti e faceva irrigare le fertili terre dove cresceva l’orto e il frutteto composto da meli, peri, fichi, nespoli, prugne, viti. E dentro ad essi, qua e là, distese stupende di cavoli, scarole, finocchi, carciofi, zucche, melanzane, peperoni, cetrioli. Apparivano le delimitazioni delle varie coltivazioni fatte di solchi e terra fresca zappata dalla mano instancabile del contadino che vagava dentro pronto ad intervenire per tagliare erba selvatica, zappare per impedire la crescita di erbaccia che contrastava con le piante che curava in quanto produttive di quanto poi si consumava a tavola, dove tutti ci ritrovavamo contenti e felici per mangiare e goderci il rito del mezzogiorno in famiglia. Sui solchi solevano crescere il pomodoro, i fagioli, qualche altra pianta rara che il contadino sperimentava di anno in anno, tra cui, è bello ricordare, il melone verde e quello giallo, l’anguria, qualche rara pianta di annona che cresce, invece, in grande abbondanza in altre zone di terra, soprattutto nelle terre africane, assieme alla palma con i suoi datteri ed altri frutti che, portati da noi, li definiscono tropicali. Non mancano contadini arditi che tentano di arricchire le nostre campagne con frutti che solitamente crescono a meraviglia in terre più soleggiate e più ricche di sole rovente, come le terre dell’Africa. Noi ragazzi non avevamo quasi mai ragione di vedere le difficoltà e le tragedie della vita. Ci pensavano, a lasciarci contenti e gioiosi, i nostri genitori e gli anziani tutti che sembravano devoti a proteggere la contentezza giovanile nascondendo il brutto della vita. Ogni tanto, però, compariva qualche uomo che, invece, sosteneva che fosse giusto far vedere la vita, così com’è, ai ragazzi perché dovevano


sabato 21 dicembre 2013

Il racconto

imparare sin da piccoli che nel mondo non è tutto rose e fiori. Dovevano abituarsi ad ogni evenienza e, siccome la vita è più sacrificio e difficoltà, dovevano subito scoprire i mali, viverli, imparare che essi fanno parte della vita e a nulla vale nasconderli. Personalmente tuttora conservo alcuni miei libri delle scuole elementari e rileggo pagine che allora leggevo. Particolarmente conservo due libri di lettura con dentro descrizioni di cose che nell’arco dell’anno rappresentavano significati precisi di quella che sarebbe stata la vita futura. Questi libri li tengo sempre a portata di mano e sempre vi trovo novità nel senso che tante righe mi dicono cose che sembrano nuove, tanto mi provocano piacere e commozione. Mi piace rivedere le loro illustrazioni, rileggere le belle poesie di Leopardi, di Tommaso Giusti, Ada Negri, ed altri ancora. Molte venivano pubblicate senza nome dell’autore. Belli sono pure i racconti che rileggo e mi appaiono come fossero nuovi, letti per la prima volta. Mi rendo conto che averli utilizzati al tempo in cui tutto era “rose e fiori” come si dice volendo riferire il tempo della prima infanzia e della giovinezza, significa che mi hanno lasciato una qualche cosa di divino, di immenso, che penetra nelle mie vene per accumularsi come animo vero fatto di sensibilità, immagine, mistero. A parte, ovviamente, che, come ho più volte sostenuto, la contraddizione tra il tempo che le istituzioni identificano come momento per determinati studi e determinate letture, e quello che realmente e maggiormente ci fa gustare, capire, acquisire di più è il tempo naturale della nostra ricerca e della spontaneità del nostro lavoro di approfondimento e di conoscenza. Leggere Dante Alighieri secondo l’imposizione della scuola, ossia quando si frequentano i primi anni del Magistrale o del Liceo, è poca cosa rispetto all’età più adulta per capire di più, per non leggere senza risultato e senza costrutto. Perché ci risulta tanto felice la prima età della nostra vita? I motivi li sto evidenziando, ma ce ne sono altri ancora che meritano rilievo.

Prima i problemi non ti assalivano, non ti appartenevano perché non li vivevi, non li vedevi, non erano di tua pertinenza

Non si pensa mai alla morte, siamo convinti di dover vivere sempre e che non arriverà mai la fine di nostri giorni. La salute è di ferro nella maggior parte dei casi. Le energie sono piene e vigorose e tutti pensiamo all’oggi, all’immediato, e tutto vediamo nel tempo e nello spazio della nostra quotidianità. C’è anche che la nostra cultura è ancora agli albori del suo nascere e del suo formarsi. Una volta, quando frequentavo la redazioni dei giornali che ha sempre costituito un mio pensiero permanente e irrinunciabile, quello che considero il migliore giornalista della mia vita, il grande Titta Foti che dirigeva il Gazzettino dell’Jonio, uno dei primi miei giornali dove avevo avuto modo di tentare i primi approcci con il giornalismo, trovando che non capivo il perchè era sempre nervoso, incazzato, mi ha spiegato una cosa che mi è rimasta impressa come insegnamento. Mi ha detto che a volte è preferibile essere ignoranti nella vita. Perché l’essere troppo intelligenti, ti porta a capire di più, a capire gli esseri umani e a trovarti di fronte a ragioni che solo difficilmente possono essere interpretate come cose sopportabili, normali. «Più capisci e peggio è» deduceva e lo diceva con molta passione a me che andavo per imparare, fare la mia esperienza. Ora mi sento in grado di trarre alcune conseguenze. Il tuo rapporto con la natura dipende dalle scelte che fai, dalle tue pretese, da come ti rapporti con essa. Una medesima cosa può avere diversi significati con persone di diversa indole e diversa esperienza. Nulla è categoricamente eguale per tutti e guai se non si sanno fare i distinguo del caso ogni volta che si vuole raggiungere l’origine del filo, quando si vuole sapere inizio e fine di una ragione. La felicità a volte è anche figlia di una specie di rinuncia al sapere quotidiano. Sto anch’io arrivando alla conclusione che il ritorno fisico alla vita rurale è salutare per me che quasi non sopporto più certe angherie della vita. Soprattutto non sopporto più le vergogne della politica che domina la scena di questo nostro paese e il volto dei suoi esponenti che vedo molto chiaramente dediti alla sola conservazione del proprio posto di comando e di governo. Ma è cosa di altri ragionamenti specifici e più profondi.

XXIII



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.