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FOCUS: NUOVE TECNOLOGIE MI RIFACCIO LA FACCIA

Nuove tecnologie

RICCARDO ROSSIELLO GIORNALISTA SPECIALIZZATO IN HIGH TECH, COLLABORA CON ISTITUTI DI RICERCA E RIVISTE DI SETTORE DEDICATE ALLA TELEVISIONE DIGITALE E ALLE NUOVE TECNOLOGIE APPLICATE AL MULTIMEDIA.

MI RIFACCIO LA FACCIA!

I PROGRAMMI DI REFACEAI – APP NATE PER DIVERTIRE APPASSIONATI DI VIDEOGIOCHI E FREQUENTATORI DI VIDEOCHAT – POSSONO ESSERE UTILIZZATI PER METTERE IN RETE DEEPFAKE DIFFICILI DA SMASCHERARE, CHE VIOLANO LA PRIVACY DI UTENTI FAMOSI E MENO FAMOSI; OPPURE, TUTTO AL CONTRARIO, PER TUTELARLI.

I NUOVI PROGRAMMI DI REFACEAI POSSONO ULTILIZZARE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER CREARE DEI DEEPFAKE.

In una puntata del vecchio telefilm del Tenente Colombo, ritrasmesso di recente dalla Rai, l’assassino si procurava un alibi, apparentemente di ferro, facendosi fotografare da un autovelox nell’ora del delitto. Alla fine però Colombo scopriva il trucco – in macchina era una complice con una foto dell’assassino sul viso, usata come una maschera – : l’immagine, essendo piatta, non generava le ombre caratteristiche di un viso vero. Oggi, grazie alle nuove tecnologie e alla potenza di calcolo dei computer di nuova generazione, non solo si potrebbe generare una maschera tridimensionale con una stampante 3D, assai più difficile da individuare, ma addirittura girare dei video sostituendo lineamenti e movenze con quelle di Leonardo DiCaprio o dell’ex Presidente degli Stati Uniti d’America, Barak Obama. Una nuova frontiera dell’high tech, ma anche un micidiale propellente per le dilaganti fake news. Le prime notizie ufficiali risalgono al 2017, quando i ricercatori dell’Università di Washington annunciarono di aver intrapreso un programma per insegnare a un computer come campionare i movimenti della bocca osservando esclusivamente dei video online. Poi allo stesso volto venivano fatte pronunciare delle frasi da file audio rimontati ad hoc. Il risultato era molto realistico, ma il fine era comunque solo quello di rendere più divertenti videogiochi e videochat. Oggi con i programmi di RefaceAI, come Doublicat, si può utilizzare l’intelligenza artificiale per creare dei deepfake con il proprio volto. L’uso pratico è molto intuitivo: basta scattare un selfie e scegliere l’immagine in movimento (Gif) del personaggio in cui ci si vuole trasformare e il gioco è fatto. Ovviamente si può fare anche il contrario, e cioè diventare protagonisti di film o video famosi sostituendo il proprio viso a quello di altrettanti personaggi. NeoCortext, la software house che ha progettato questa app, assicura che i dati biometrici acquisiti non finiranno in un database e che anzi i selfie verranno cancellati immediatamente. Chi garantisce però che non siano gli stessi utenti a utilizzare l’applicazione per creare dei deepfake da disseminare in Rete? E allora, sono già scattate le contromisure. Amazon, Facebook e Microsoft hanno messo insieme una ‘Deepfake Detection Challenge’ – una sorta di lega anti deepfake – mentre Google ha condiviso un database contenente diversi filmati manipolati allo scopo di allenare i meccanismi di riconoscimento a smascherare i video contraffatti. C’è infine una startup israeliana, D-Id, che ha addirittura pensato di utilizzare i deepfake per... difendere la privacy! Video, deep learning e intelligenza artificiale, in altre parole, utilizzati insieme per creare un avatar di se stessi con i giusti attributi (gesti, genere, età ecc.), ma fattezze lievemente diverse. Una soluzione pensata non solo per l’utente finale, che vuole apparire, senza... apparire; ma per camuffare, ad esempio, persone riprese incidentalmente in un video (e quindi evitare di dovergli chiedere il consenso, come previsto dalla legge sulla privacy). Oppure per procedere liberamente, attraverso i comportamenti, all’analisi in tempo reale della clientela di un negozio per finalità di marketing o commerciali. La ‘smart anonymization’, così si chiama la tecnologia, serve appunto a oscurare l’identità delle persone nei video senza perdere al tempo stesso informazioni importanti. Non tutti però pensano che possa essere la panacea assoluta e che non esistano delle controindicazioni. Britt Paris, ricercatrice della Rutgers University, l’ha catalogato come l’ennesimo ‘esempio di ulteriore invasione della datificazione nella vita quotidiana’.

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