9 minute read
DIGITAL WELLBEING MINIMALISMO DIGITALE: COME VIVERE CONNESSI E FELICI
MINIMALISMO DIGITALE: COME VIVERE CONNESSI E FELICI
DA GOOGLE ALL’HOTEL EREMITO IN UMBRIA, ALLE TERME DI SATURNIA, È SEMPRE PIÙ DIFFUSO IL TREND CHE SPINGE A FAVORIRE IL RECUPERO DEL CONTROLLO DEL NOSTRO TEMPO SGANCIATO DALLA SCHIAVITÙ DELL’’ALWAYS ON’.
DI ALESSIA ZAMPANO
GOOGLE ENVELOPE SI AVVOLGE INTORNO ALLO SMARTPHONE E NE RIDUCE LE FUNZIONI A QUELLE BASILARI.
SI CHIAMA DIGITAL WELLBEING EXPERIMENTS ED È L’INIZIATIVA OPEN SOURCE ATTRAVERSO CUI GOOGLE METTE A DISPOSIZIONE DELLE PERSONE IDEE E STRUMENTI PER IMPARARE A INTEGRARE IN MODO PIÙ SALUTARE LA TECNOLOGIA ALL’INTERNO DELLA VITA QUOTIDIANA. In cosa consiste? Screen Stopwatch, ad esempio, è una app che quantifica le volte in cui sblocchiamo lo smartphone nell’arco di una giornata. Un’altra app, We Flip, permette di disconnettersi dalla tecnologia in gruppo, per passare insieme il tempo offline. Quando tutti sono riuniti, si attiva lo switch e la sessione può cominciare senza distrazioni. La prima persona che sbloccherà il telefono ne decreterà la fine. L’ultima lanciata in ordine di tempo è Envelope, un’app ma non solo. Si tratta, infatti, di una busta – un formato pdf stampabile – che, avvolta intorno allo smartphone, ne riduce le funzioni a quelle basilari, come inviare o ricevere telefonate oppure scattare foto e girare video. L’ispirazione è arrivata constatando che molte persone hanno cominciato a dotarsi di telefoni basic da utilizzare in vacanza o nei weekend per prendersi una pausa dall’always-on. Tutte le app sono scaricabili dal Play Store ed Envelope per ora è supportata solo dai cellulari Google Pixel 3°. Quello che spinge aziende come Google a occuparsi del benessere digitale dei suoi utenti è un sentimento che da qualche anno a questa parte ha cominciato a farsi strada anche tra le persone più giovani, quelle che con la connessione perenne ci sono nate o cresciute. Una delle principali paure contemporanee è, senza dubbio, quella di essere tagliati fuori, Fear of Missing Out o FOMO, come la chiamano con uno dei soliti, efficaci acronimi gli anglofoni: la paura, per capirci, di rimanere senza batteria o senza una connessione wifi. Secondo una ricerca effettuata su 1.000 appartenenti alla Gen Z dal Center for Generation Kinetics nel 2018, il 31% si sente a disagio a stare più di
mezz’ora lontano dal suo smartphone. È pur vero, però, che un po’ alla volta anche la sensazione opposta, Joy of Missing Out o JOMO, sta lentamente ma inesorabilmente prendendo piede. È sempre del 2018 il dato secondo cui la percentuale di Millennial che, anche in vacanza, erano sempre online è passata dal 68 al 38% in un solo anno. L’esempio di Google, oltre a essere un segno di quanto l’azienda sia sempre attenta a monitorare il polso del mercato, rappresenta un’interessante testimonianza del fatto che ad accompagnare gli individui in questo percorso di maggiore consapevolezza nell’uso della tecnologia siano proprio i marchi e le aziende che operano in questo settore. Quella a cui stiamo assistendo, in pratica, è una sorta di presa di coscienza del fatto che la pervasività della tecnologia rischia di distrarci dalle cose che contano veramente e che le persone, ben lungi dal volerci rinunciare, desiderano riuscire a trovare con essa un sano e personale bilanciamento. Ed è proprio questa la direzione in cui il trend del digital detox sta andando, contaminando a poco a poco le diverse esperienze di consumo. Da qualche anno a questa parte l’onda ha cominciato a investire il settore Travel & Leisure. Sono sempre di più, infatti, le strutture alberghiere, anche molto esclusive, nelle quali l’assenza di rete viene considerata un valore aggiunto anziché una pecca, nell’ottica di una ridefinizione del concetto di lusso sempre più identificato dalle persone con valori immateriali quali il silenzio o il tempo, ‘liberato’ dalla schiavitù dell’essere raggiungibili sempre e da chiunque. L’Hotel Eremito, ‘da qualche parte in Umbria’ (come recita l’home page del sito web), è stato uno dei design hotel pionieri della disconnessione. Qui Marcello Murzilli, già fondatore del marchio iconico degli anni Ottanta El Charro, ha recuperato un monastero del ‘300 e l’ha trasformato in una meta di eremitaggio di lusso per chi, da solo o in compagnia, sente il bisogno di staccare dal mondo digitale per riconnettersi con la natura, le persone care, o semplicemente se stesso. Nelle camere, ma sarebbe meglio definirle ‘celluzze’, così come negli spazi comuni, il wifi è assente, i clienti sono invitati a lasciare i loro device alla reception o nelle stanze e a godersi passeggiate nei boschi – l’hotel si affaccia su una valle patrimonio dell’Unesco –, sessioni di yoga, letture mattutine o silent dinner a lume di candela. Sulla stessa scia, chi vuole soggiornare all’Ayana Resort & Spa di Bali, uno fra i più lussuosi dell’Indonesia, deve rinunciare a portare smartphone e/o e-reader a bordo piscina; i dispositivi sono vietati anche nella Spa del Mandarin Oriental di New York dove gli ospiti in vena di disintossicazione possono richiedere una stanza senza connessione. Alle Terme di Saturnia dallo scorso ottobre no wifi fa anche rima con wellness. Qui i professionisti della Beauty Clinic hanno messo a punto un Massaggio Degitalizzante, studiato appositamente per alleviare tensioni e contratture muscolari legate a tutte quelle azioni poco naturali a cui le tecnologie ci costringono, come incastrare il telefono tra orecchio e spalla per parlare senza mani, allungare il braccio fuori dal letto per afferrare lo smartphone (pare che per il 70% delle persone sia il primo gesto della giornata) o semplicemente stare ore seduti davanti allo schermo del PC. Le manipolazioni profonde e mirate del massaggio nelle zone di collo, spalle, braccia e in generale su tutta la muscolatura paravertebrale della colonna riportano la tonicità a SOPRA, HOTEL EREMITO, META DI LUSSO ED EREMITAGGIO, PENSATO PER OSPITARE CHI HA BISOGNO DI STACCARE DAL DIGITALE E IMMERGERSI NELLA NATURA. SOTTO, IL MASSAGGIO DEGITALIZZANTE DI TERME DI SATURNIA PER ALLEVIARE I DOLORI MUSCOLARI DI CHI ASSUME POSIZIONI SBAGLIATE A CAUSA DI UN ECCESSIVO UTILIZZO DEI DISPOSITIVI DIGITALI.
A FIANCO, IL RISTORANTE LUCKY CAT DI LONDRA, PROGETTATO PER SCORAGGIARE LA TENDENZA A CONDIVIDERE CONTINUAMENTE SUI SOCIAL LE FOTO DEI PIATTI.
livello ottimale, riattivando e stimolando i centri nervosi nonché riossigenando i tessuti eliminando le tossine in eccesso. Seguendo l’esempio di alcuni caffè di New York, e degli Stati Uniti in generale, che hanno cominciato ad adottare una politica anti-net all’interno dei loro spazi già in tempi non sospetti a favore di un’esperienza sensorialmente e relazionalmente più appagante, anche il mondo della ristorazione sta muovendo passi in questo senso, nell’intento di riportare l’attenzione delle persone sul qui e ora senza l’urgenza di documentare sui social l’ultima scoperta gastronomica. La tecnica del behavioural nudge è la più utilizzata e consiste nel dare un piccolo incentivo, una spintarella, per abdicare, almeno per il tempo di un pasto, alla tentazione digitale. Chi resiste, ad esempio, viene ricompensato con un dessert gratuito nei locali americani della catena belga Le Pain Quotidien, mentre a Beirut il ristorante Bedivere Eatery and Tavern applica uno sconto del 10% a chi lascia il telefonino in custodia alla cassa. Un’idea simile già nel 2017 è stata al centro della campagna di sensibilizzazione Phone Off messa a punto da McDonald’s a Singapore, dove la catena di fast food aveva posizionato all’ingresso dei locali degli speciali armadietti dotati di chiavi in cui i clienti potevano temporaneamente rinchiudere il cellulare e concentrarsi su cibo, divertimento e comunicazione. In particolare, quella contro la mania del food porn (le fotografie dei piatti ossessivamente condivise sui social, principalmente Instagram) è una battaglia che sta a cuore a molti chef e ristoratori che cercano di scoraggiare quest’abitudine all’interno dei loro locali anche se in evidente controtendenza. Oggi, infatti, il design e l’arredo di bar, bistrot e ristoranti viene studiato per essere il più ‘instagramabile’ possibile, a suon di wallpaper dai colori pastello e superfici dalle fantasie geometriche e dall’estetica acchiappascatti. Eppure qualcosa sta cambiando e alcuni locali di recente apertura sono, invece, deliberatamente progettati in un’ottica anti-Instagram. Lucky Cat, il nuovo ristorante di Gordon Ramsay aperto a Londra a giugno dello scorso anno, si di
A FIANCO, IL RISTORANTE E BAR MARCUS DEL FOUR SEASON DI MONTREAL, IN CUI L’AMBIENTE È PROGETTATO PER FAVORIRE LE RELAZIONI INTIME TRA GLI OSPITI E FARLI VIVERE NEL QUI E ORA.
stingue, ad esempio, per i colori scuri dei suoi arredi e le luci soffuse che creano un’atmosfera poco adatta a essere fotografata. Lo studio Afroditi Krassa, autore del progetto, ha intenzionalmente utilizzato materiali classici e poco appariscenti per disincentivare le persone a condividerne le immagini su Instagram, pur di non farlo diventare l’ennesimo locale ultra-fotogenico ma deludente quando lo si visita dal vivo. Gli architetti hanno, quindi, privilegiato gli elementi tattili rispetto a quelli visuali e puntato sulla ricchezza delle texture piuttosto che sull’utilizzo di grafiche accattivanti, dando vita a un design stratificato, i cui dettagli si rivelano e apprezzano visita dopo visita. In-situ e non dallo schermo di uno smartphone. La stessa filosofia è stata applicata al design sensuale di Marcus, il restaurant & bar del Four Season di Montreal, inaugurato la primavera scorsa. Qui, infatti, l’ambiente è stato studiato per favorire le interazioni intime tra le persone e vivere ‘nel momento’, come affermano i designer dell’Atelier Zébulon Perron che l’hanno realizzato. Insomma, il messaggio che si vuole lanciare è di andare oltre le esperienze preconfezionate a uso e consumo dei social e incoraggiare le persone a godere di esperienze autentiche e non vissute attraverso le lenti di un telefono, a beneficio di sensi e socializzazione. Di una cosa possiamo essere certi, però: la tecnologia è qui per restare e pensare di staccare completamente la spina è a dir poco irrealistico. E allora, in estrema sintesi, cosa possiamo fare affinché non prenda il sopravvento alienandoci dalle nostre stesse vite? Secondo Cal Newport, professore di computer science e saggista, autore di Digital Minimalism (Roi Edizioni, 2019), possiamo tornare ad avere il pieno controllo del nostro tempo ed emanciparci dai nostri dispositivi digitali decidendo senza condizionamenti quali sono le attività che realmente hanno valore per noi e ci rendono felici. Conversare con calma e tranquillità senza lanciare sguardi furtivi al cellulare, perdersi nella lettura di un buon libro o di una corsa mattutina, rimanere informati ma non sopraffatti dalle news, insomma non sperimentare FOMO alcuna. È questo il minimalismo digitale. Condividendo il suo percorso e qualche regola di buon senso, Cal spiega come adottarlo per fare un passo indietro e ripensare il nostro rapporto con la tecnologia in maniera attiva e soprattutto vantaggiosa per noi. MK
IL LIBRO MINIMALISMO DIGITALE DI CAL NEWPORT PROMUOVE IL RECUPERO DEL PIENO CONTROLLO DEL NOSTRO TEMPO E L’EMANCIPAZIONE DAI DISPOSITIVI DIGITALI.