Mete n. 0

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NR 0 | NOVEMBRE 19

Emozioni fassane, ascese che rimangono nel cuore.

O B I E T T I V I S U C C E S S I DESTINAZIONI

Ho incontrato emozioni, faccia a faccia con il lupo.


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P.I.e C.F. e N.Reg.Impr. RA: 02503580397

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campo base

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Vivere è una distillazione dell’esperienza il più ampia possibile in saggezza. Esiste soltanto una vetta da raggiungere nella vita: aver misurato con la sensibilità ogni cosa umana. Wilhelm von Humboldt

“Il cammino è già la meta”, una contraddizione solo apparente… o un’espressione inflazionata? Nella nostra mentalità, quella occidentale, siamo sospinti, costantemente, a darci degli obiettivi, a fissarci uno scopo, un traguardo da raggiungere, quasi una “ricompensa”, che otteniamo grazie ai nostri sforzi e ai nostri sacrifici. La meta aiuta a rimanere focalizzati e ad oltrepassare le problematiche legate alla preparazione del viaggio. Spesso, però, succede che l’obiettivo catturi tutta la nostra attenzione, che assorba tutta la nostra capacità di concentrazione. In questo modo perdiamo di vista quello che accade nel frattempo, ci perdiamo tutto il bello del percorso, non viviamo il presente. Infatti, darsi una direzione, immaginare un punto di arrivo, è già mettersi in cammino, e così il cammino stesso diventa “la ricompensa”. Il percorso, se vissuto ed amato, ci evita il fallimento (di cui abbiamo timore); e, anche se non si arriva fino al termine, il viaggio è, di per se stesso, destinazione. In definitiva, la meta siamo… noi. L’approccio orientale ci aiuta a chiudere il cerchio. Non c’è un luogo di partenza “negativo” in cui noi ci troviamo, e non c’è un luogo di arrivo “positivo” che dobbiamo raggiungere: ogni istante ha valore in se stesso, la destinazione è la strada. La voglia di “partire” è innata nell’uomo; partire deriva da “pario” (partorisco), e da “parare”

(acquistare, preparare), da cui nasce separare, ovvero allontanare: ripartire e distribuire le parti, separarsi,” staccarsi dal luogo dell’identificazione collettiva per affrontare i rischi e il disagio del viaggio” (De Clementi, Stella). Quindi, partenza come inizio ma anche come fine; la scintilla può scoccare da un progetto, da un’idea, da un racconto; la partenza è l’abbrivio, la sensibilità filtrerà poi ogni passaggio, subentreranno altri stimoli, e nel percorso si cambierà la prospettiva; il contatto profondo con se stessi sarà il vero punto di arrivo. Sappiamo che il raggiungimento del traguardo non implica una felicità duratura, perché la nostra mente è costantemente e naturalmente protesa verso il nuovo. Dunque, cosa deve essere il viaggio? Lasciare la strada battuta ed imboccare un nuovo percorso sconosciuto… crescita, in altre parole. Così, questa rivista nasce da un desiderio antico, pensato non più attuabile perché “in ritardo” sui tempi massimi, e assume, invece, la sua concretezza in un tempo maturo, rivelandosi progetto. Meta. Anche lei. I percorsi saranno rubriche, i passi argomenti, affidati ai racconti o alla trattazione. Ci fermeremo ad ascoltare le esperienze di chi ha dato compimento alle proprie aspirazioni personali e i traguardi non raggiunti che, proprio nel percorso verso la loro conquista, hanno aperto prospettive altrimenti nemmeno immaginate. Gambe in spalla… SILVIA GIRONI


SOMMARIO Numero Zero

01 Ho incontrato emozioni Scoperte.

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Compagni di viaggio

Cambiare vita seguendo la propria passione

Un ponte sospeso

Amazzonia, ecocidio annunciato

Viaggiare in auto.

Andare verso, storie di chi ce l’ha fatta.

Progetti visionari.

Obiettivi ambientali.

pagina 10

pagina 14

pagina 18

pagina 25

COLOPHON DIRETTORE RESPONSABILE

Silvia Gironi CONDIRETTORE

Giuliano Latuga COORDINAMENTO EDITORIALE E GRAFICA

Enrico Cigolla

HANNO COLLABORATO:

PROMOZIONE E PUBBLICITÀ: tel. 0516014990 Emiliano Ardigò LUOGO DI PUBBLICAZIONE: Bologna Fabio Bergamo ANNO: 2019 Mia Canestrini PROPRIETARIO: A.R.E. s.r.l. Massimo Milo DIRETTORE RESPONSABILE: Silvia Gironi Vinicio Paselli CONDIRETTORE: Giuliano Latuga Olga V. Petukhova EDITORE: A.R.E. s.r.l, Via E. Mattei, 48/D, 40138 Bologna METE MAGAZINE Corrado Poli STAMPATO DA: MGP s.r.l., -4Autorizzazione Tribunale di Bologna n. 8523 del 06.08.2019 Francesca Vinai


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Vibrazioni fassane

Argentina, crisi e speranza

Orgoglio italiano

Il tè, un segreto per conoscere la Russia

Passi.

I talenti e i frutti.

Di tappa in tappa.

Altre prospettive.

pagina 28

pagina 34

pagina 37

pagina 40

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SCOPERTE

MASSIMO MILO

PH: MASSIMO MILO

HO INCONTRATO EMOZIONI

Massimo Milo ha passato gran parte della propria vita alla ricerca di un contatto con il mondo dei lupi. Condivide le proprie esperienze in scritti e scatti. METE MAGAZINE

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L’uomo non sa di piÚ degli altri animali; ne sa di meno. Loro sanno quel che devono sapere. Noi, no Fernando Pessoa

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Fu il lupo a presentarmisi, per la prima volta, vent’anni fa. Fu una decisione inaspettata, la sua, al tempo in cui ancora non comprendevo l’importanza di un simile incontro. Apparve in punta di piedi: semplice questione di attimi, una manciata d’insignificanti secondi. Aveva lo sguardo limpido di chi non ha mai vissuto violenza, occhi capaci di penetrare laddove nessun essere umano sarebbe mai potuto arrivare. Portava sui denti i segni della lotta e vestiva il mantello invisibile dei fantasmi, reso spesso dall’inverno imminente. La presenza del lupo aleggia spesso fra i boschi, scorre nella linfa degli alberi, scroscia di roccia in roccia. Non è necessario che egli si mostri. Basta il resto, per sentirlo. Sono sufficienti pochi istanti. Lo furono quella prima volta. Svanito, mi lasciò intontito, frastornato. Veloce, un alito di vento ammaliatore, inconsapevolmente abile nell’emozionare. La macchina fotografica fra le dita, schermo nero: nessuno scatto. Sarebbe stato per la prossima volta. METE MAGAZINE

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alla ricerca di un contatto con il mondo dei lupi Il mio nome è Massimo Milo. Non mi piace presentarmi come un fotografo naturalista, quanto più definirmi per ciò che sono davvero: un amante della natura. La fotografia rappresenta il mezzo attraverso il quale la mia passione può arrivare a voi, una via per esprimere i vent’anni di vita spesi alla ricerca della comprensione del naturale. È il lupo uno dei principali soggetti che si lasciano ritrarre da me; ed è del lupo che voglio provare a raccontarvi la storia. Un racconto per certi versi simile a quello riportato nelle favole eppure diametralmente opposto - per riuscire a comprendere almeno in parte la bellezza e la complessità di questo maestoso animale. METE MAGAZINE

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02 Compagni di viaggio

VIAGGIARE IN AUTO CORRADO POLI PH: PEXELS

In questo articolo tratterò l’aspetto della compagnia per il viaggio. In seguito, parleremo del tipo di auto, del piacere di guidare, dell’itinerario e di altre cose. Ci sono tre tipi principali di compagni con cui condividere un viaggio. La prima e più sublime compagnia è quella di se stessi, cioè viaggiare da soli. La seconda è viaggiare con una persona amata nel momento in cui si è animati dalla passione e dal desiderio di conoscersi. La terza possibilità è viaggiare con una persona la cui compagnia è da tempo conosciuta e i rapporti sedimentati. Tutt’e tre le con-

dizioni hanno aspetti positivi e rendono il viaggio diverso anche se ci si reca negli stessi luoghi. Per i due primi tipi di compagnia, la velocità consigliata è di meno di cinquanta chilometri all’ora, con due eccezioni. La prima: in autostrada, che tuttavia si deve evitare il più possibile. La seconda: quando non si riescono più a sopportare gli insulti di chi segue e la colonna che ti segue si fa imbarazzante. È tassativo scegliere strade secondarie, inoltrarsi in zone non coperte dalla cartografia, lasciarsi sorprendere da itinerari casuali piuttosto che programmarli. Se si viaggia

Viaggiare in auto è un grande piacere. Ma come

a meno di cinquanta all’ora d’estate, ci si accorge presto che il parabrezza non

tutti i piaceri, per assaporarlo nel migliore dei

si sporca di insetti e moscerini. È una

modi richiede una certa competenza.

sorprendere e si scansano in tempo.

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velocità alla quale essi non si lasciano


Viaggiare da soli: l’introspezione Ma veniamo al viaggio in auto da solo: si tratta di un’esperienza di profonda autocoscienza. Uno dei momenti migliori per fare una sana (possibilmente) introspezione. Chiuso nella tua auto segui i ritmi e gli itinerari che desideri. Sei solo leggermente distratto dalla guida e dai paesaggi che ti circondano avvicendandosi continuamente. Li osservi con attenzione e si confondono con i tuoi pensieri. Per il resto pensi a te stesso, alle tue cose, ai tuoi problemi e gioie. Ma il fatto di muoversi continuamente e incontrare situazioni, persone e paesaggi nuovi fa sì che questa introspezione, questo ripiegamento su te stesso non diventi angoscioso e anzi ti possa dare un senso di libertà e leggerezza. Senti la musica che ti piace se vuoi sentirla e la spegni quando ti pare. Ti fermi a ogni bar o ristorante e scambi facilmente chiacchiere con gestori e avventori. Talora riesci persino ad avere qualche interessante conversazione e a fare amicizia con qualcuno. Ma solo se ne hai voglia. Viaggiare da soli può essere anche triste in qualche momento, ma ti offre il sapore dolce della malinconia, non quello drammatico dell’isolamento. Perché nel viaggio da solo… non sei mai solo: oltre a te stesso con cui dialoghi di continuo, anche gli alberi, le strade, le coste e il mare e le montagne e i monumenti ti parlano continuamente e di loro non riesci a liberarti. Diventano i migliori compagni di viaggio. Secluso nell’auto, ti senti protetto da tutto e allo stesso tempo potente, in grado di raggiungere qualsiasi posto, di andare dove vuoi, dove decidi da solo e quando lo vuoi.

L’essere isolati nella propria auto dà a chi viaggia con la persona innamorata il senso di intimità e di essere soli al mondo.

Il viaggio e l’amore: la comunicazione Il secondo tipo di viaggio è quello con la persona amata quando la passione sta nascendo. In questo caso non c’è molta introspezione, ma tanta ed esagerata comunicazione. Sempre viaggiando lentamente nella propria scatola d’acciaio, il paesaggio e gli incontri fortuiti sono lo sfondo al desiderio di conoscersi e stare insieme. Non c’è nulla di meglio che viaggiare insieme in auto quando si è innamorati: ci si bacia quando si desidera senza doversi preoccupare degli altri passeggeri che ci sarebbero su un treno o in un aereo. I tempi sono dettati dal solo desiderio di stare insieme. Ogni cosa che passa come uno sfondo oltre i METE MAGAZINE

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finestrini, per quanto irrilevante, suscita il tentativo di comprendere come la vede l’altro. Attraverso questo sfondo continuamente cangiante, si cerca di scoprire se si condividono gusti ed emozioni del partner. E se c’è passione, si condividono senz’altro. L’essere isolati nella propria auto dà a chi viaggia con la persona innamorata il senso di intimità e di essere soli al mondo. Ma contemporaneamente farne parte a tutti gli effetti perché il mondo esterno lo vedi e l’amore fa sì che tu senti che ti appartiene e che gli appartieni. Monumenti, musei, cattedrali e paesaggi mozzafiato servono solo come spunto per ulteriori emozioni che la bellezza ingigantisce. I piccoli problemi che sempre insorgono in un viaggio, sono trasformati in altre emozioni sempre positive.


L’unico viaggio possibile

è quello dentro di noi; almeno finché non mi riparano l’auto. Leo Ortolani

Il viaggio con l’abituale compagno: la condivisione Ma dopo qualche viaggio, come sempre, la passione cala e, se va bene, si trasforma in una tranquilla coesistenza fatta di comprensione e consueta intimità. Non è una caduta di tono, non un regresso. Tutt’altro! Potrebbe essere un ulteriore miglioramento della propria condizione. Viaggiando in coppia affiatata, si ha l’occasione di visitare luoghi interessanti, di ampliare le proprie conoscenze. Visitare un museo senza preoccuparsi di cosa ne pensa il partner. Si può essere insieme e soli allo stesso tempo, senza preoccuparsi continuamente del part-

ner e allo stesso tempo sapendo che c’è. Si sceglie insieme e con cura l’itinerario, gli alberghi, le cose da vedere. Si ascolta musica insieme, sperando che piaccia a entrambi e, se la coppia è affiatata, quelle musiche ricordano tempi passati e condivisi. Infine, il paesaggio lo si osserva forse con maggiore freddezza di quanto non succeda a chi viaggia da solo, ma senza l’angoscia di non esserne parte. Lo si osserva con meno passione degli innamorati che pensano di essere soli al mondo e sono convinti che il mondo sia stato creato solo per loro, ma lo si gusta per quello che è, con attenzione, seguendo i propri pensieri, senza nemmeno bisogno di comunicarli al partner perché si sa già cosa ne pensa e a cosa sta pensando.

esperto di politiche urbane e ambientali Corrado Poli, già docente di geografia in varie università italiane, europee e americane, è giornalista e scrittore. Si è occupato in particolare di politiche urbane, ambientali e del traffico. Ha, inoltre, pubblicato numerosi racconti e un breve romanzo. METE MAGAZINE

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CAMBIARE VITA SEGUENDO LA PROPRIA PASSIONE METE MAGAZINE

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ANDARE VERSO, STORIE DI CHI CE L’HA FATTA SILVIA GIRONI

Nelle terre ferraresi, terre di acqua e di campi strappati alla palude, chi si allontana dalle più classiche rotte turistiche incontra paesi e cittadine silenziose, quasi un po’ sospesi nel tempo, e antiche dimore principesche, che hanno un nome evocatore non solo di antiche storie di abitare cortigiano, in cui svaghi e piaceri venatori trovavano qui perfetta coniugazione, ma anche di prelibatezze enogastronomiche, di cui l’Emilia Romagna è fuor di dubbio regina. Le Delizie, così si chiamano le residenze degli Estensi nel delta del Po (alcune, tra quelle rimaste, tuttora in buone condizioni e visitabili, come la Delizia del Verginese e del Belriguardo), costruite a partire dalla fine del Trecento fino alla metà del Cinquecento, rivestivano funzioni di tipo economico, politico, di rappresentanza nonché di divertimento. La Locanda del Duomo a Portomaggiore, paese risalente al XII secolo, ricomprende le delizie culinarie e l’ospitalità della migliore tradizione emiliana locale, lì, dove non ti aspetteresti di trovare un posto tanto caratteristico, accogliente, raffinato e discreto, un luogo storico infatti, ricavato dalla ristrutturazione di un

edificio attiguo al Duomo che fu distrutto dai bombardamenti nel corso dell’ultima guerra. Ma quello che abbiamo scoperto, e che ci ha affascinato, è la storia di chi a questo luogo ha ridato vita, infondendovi la propria passione personale ed il talento pur avendo, quasi paradossalmente, speso invece gran parte del proprio percorso lavorativo in un settore davvero dissimile, l’automotive, ed è riuscito, con METE MAGAZINE

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successo, a creare un’autentica oasi di ristorazione ricca di familiarità. Che cosa ha convinto Carles Bergamini, Amministratore Unico della Locanda del Duomo a Portomaggiore, il sorriso accogliente, modi pacati, ad intraprendere questa attività? Glielo abbiamo chiesto a tavola, in un tiepido giorno di ottobre, davanti ad un profumatissimo piatto di tagliolini al tartufo, rigorosamente preparati in casa.


Per rimanere in equilibrio bisogna continuare a muoversi. Albert Einstein

“Dopo 40 anni di attività nel settore automotive, dove ho maturato un’esperienza ben più che significativa, come consulente finanziario e direttore commerciale di case automobilistiche, che mi ha portato la stima di tanti professionisti, un bel giorno, nel 2003, ho compreso che, restando, non avrei più potuto “fiorire” secondo i miei desideri ed aspettative. La mia più importante priorità è la famiglia, le mie scelte professionali le ho sempre compiute nel rispetto del mio impegno familiare: non ho mai accettato di trascorrere lunghi periodi lontano dalla famiglia che ho voluto, per scelta, costruire. E anche a questa età, di fronte ad un bivio, ho sentito forte l’urgenza di provare ad intraprendere un cammino diverso.” Ha incontrato difficoltà nel lasciare, professionalmente parlando, il mondo automotive per occuparsi di cibo, accoglienza, turismo? “Nel tempo ho raccolto numerosi contatti, persone amiche, conoscenti, residenti e provenienti da altri Comuni, che mi hanno

suggerito l’idea di potere recuperare e riqualificare una struttura fatiscente nel centro storico del mio paese natale in un’ottica di valorizzazione dell’area. La ristrutturazione è stata realizzata con un intervento conservativo, utilizzando e recuperando i materiali originali, ed impiegando, dove necessario, quelli ecologici e naturali. La mia personale passione per la cucina, che ho avuto da sempre, poi, ha reso unica e preziosa l’occasione che mi si è presentata”. Lei dimostra che è possibile reinventarsi ed intraprendere attività diverse tra loro nel corso della propria vita. Qual è, secondo Lei, la chiave vincente per la “riconversione”? “Non sono stato spinto in questa direzione dal desiderio di remunerazione. Se avessi voluto questo, non avrei avviato questa attività qui, in questo luogo; avrei scelto una città come Ferrara o Bologna, sarebbe stato certamente più facile e redditizio. Ho seguito un mio antico desiderio, ci ho creduto, ho impegnato METE MAGAZINE

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La vita è come andare in bicicletta.

tempo e risorse, e non solo: il progetto è volto a promuovere nel territorio questa tipologia di servizi, carente o addirittura mancante.” La differenziazione, una carta vincente… “Certamente, vogliamo offrire e valorizzare servizi e prodotti tipici di qualità nel settore enogastronomico, ristorazione e ricettività alberghiera, dando un tocco di modernità nella gestione del settore di riferimento, con una risposta attenta alle aspettative degli utilizzatori e dei clienti, all’insegna della semplicità, dello stile, del buongusto e della discrezione. La cucina è sempre più di moda, si è alla ricerca costante di piatti innovativi, stravaganti, si sperimentano accostamenti di gusti arditi, o fantasiosi. La nostra cucina è in linea con la tradizione. Le cose semplici, anche in cucina, sono sempre le migliori.” Carles Bergamini ci saluta, il sorriso quieto di chi ha scelto la propria passione.


silvia gironi, seguire le proprie passioni Ideatrice e fondatrice di questa rivista, una passione per la lettura e la scrittura da sempre, da poco ufficialmente giornalista, perdutamente invaghita del mondo, della natura e dei suoi abitanti, tutti.

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il ponte di brooklyn è uno dei più famosi al mondo e uno dei simboli della città di new york

UN PONTE SOSPESO La costruzione del ponte di Brooklyn fu una vera e propria impresa, una bella storia di ingegneri e ingegneria.

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ciò che i sognatori immaginano

PROGETTI VISIONARI FABIO BERGAMO PH: PEXELS

anonimo

I lavori di costruzione del Ponte di Brooklyn prendono avvio il 3 gennaio 1870 e terminano nel mese di aprile del 1883; il ponte viene aperto al transito di veicoli e pedoni giovedì 24 maggio 1883. Il progetto viene realizzato dall’ingegnere tedesco, naturalizzato statunitense, John Augustus Roebling (1806-1869).

Cenni storici

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L’idea di realizzare un ponte che unisse le sponde di Brooklyn e Manhattan venne all’ Ing. Roebling quando, nel 1952, si trovò praticamente bloccato a bordo di un traghetto a causa dell’acqua gelata dell’East River. Diversi anni dopo, precisamente nel METE MAGAZINE

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Il visionario costruisce

1867, deciso a realizzare tale opera, Roebling costituì la società “New York Bridge Company” per dare avvio ai lavori di progettazione del ponte; lui sarebbe stato il capo ingegnere, e soltanto tre mesi dopo il progetto fu pronto per la costruzione di un ponte sospeso, costituito da una campata centrale di ben 486 metri di luce massima, sorretta da due torri laterali in calcare e granito, e 4 grandi cavi di acciaio. Le due campate laterali poggiavano entrambe sui piloni e le spalle erano piazzate sulla terraferma. Nel 1869 l’ingegnere Roebling restò vittima di un incidente: mentre era fermo su una banchina per valutare


Sapevi che vennero utilizzati 21 elefanti per dimostrare quanto fosse sicuro il ponte di Brooklyn?

il posizionamento del pilone della sponda Brooklyn, fu investito da un traghetto, che gli procurò gravi fratture ad un piede. Ricoverato in ospedale, i medici dovettero amputargli le dita del piede rimasto schiacciato nell’impatto; Roebling volle che l’intervento fosse praticato senza il ricorso all’anestesia. A causa di ciò, l’ingegnere si ammalò di tetano e morì il 22 luglio 1869, senza poter vedere realizzato il ponte che aveva progettato. I lavori di realizzazione passarono al figlio Washington, anche lui ingegnere, che iniziò partendo dallo scavo e dalla costruzione delle fondazioni dei piloni.

Tipologia, materiali e dimensioni Il ponte di Brooklyn rientra nella categoria dei ponti sospesi. Le due torri sono alte 84 metri; ogni torre è composta di circa 80.000 tonnellate di granito e calcare. La torre di Brooklyn poggia sulla roccia che si trova ad una profondità di 12 metri, mentre quella sul lato di Manhattan arriva a 22 metri sotto il mare. I 4 cavi di sospensione sono interamente in acciaio galvanizzato con zinco ed ognuno di essi è lungo 1.090 metri, con un diametro di 40 centimetri e 21.000 fili singoli di acciaio. I cavi sono ancorati a delle piastre fissate alle spalle del ponte; tali piastre sono inserite in calotte di granito alte 3 metri. L’impalcato, ossia la struttura dove poggia il piano di transito, è largo 26 metri ed è costituito da travi di acciaio, ognuna di 4 tonnellate, assicurate a cavi di acciaio verticali (tali cavi sono bloccati a cavi diagonali). La lunghezza totale del ponte è di 1.825 metri, l’altezza totale è di 84 metri, la luce massima è di 486 metri e l’altezza della luce è di 41 metri. Il costo dell’opera è stato 15 milioni e mezzo

veduta dall’alto del ponte di brooklyn, sulla destra è visibile il ponte di manhattan

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pedoni e ciclisti transitano sulla corsia centrale rialzata rispetto al piano stradale ai veicoli a motore sono destinate le due strade laterali con tre corsie per ogni senso di marcia

di dollari, richiedendo il lavoro di 600 persone, tra operai e tecnici. Durante gli anni della sua costruzione persero la vita ben 27 persone: diversi operai caddero dal ponte, alcuni furono colpiti nel crollo dei detriti, altri morirono o restarono invalidi a causa di quella che era chiamata la “sindrome del cassone”, una malattia da decompressione che paralizzava gli operai, di cui all’epoca non si conosceva la causa, ed oggi nota come “embolia polmonare”, di cui fu vittima lo stesso Washington Roebling, figlio del designer del ponte.

Curiosità La prima persona a percorrere il ponte da Manhattan a Brooklyn fu Emily Warren Roebling, (moglie di Washington Roebling), che portò con sé un gallo che simboleggiava la vittoria. Si stima che nelle prime 24 ore di apertura il ponte venne attraversato da circa 250.000 persone. Inizialmente per attraversare il ponte (che veniva utilizzato da pedoni e carrozze) era necessario pagare un pedaggio di 5 centesimi di

dollaro. Oggi, ogni giorno, transitano sul ponte più di 120.000 veicoli (automobili, autobus e camion) oltre 4.000 pedoni e 3.000 ciclisti. Il ponte era chiamato inizialmente “New York and Brooklyn Bridge” (Ponte di New York e Brooklyn), poi venne chiamato “East River Bridge” (Ponte sull’East River) per poi prendere, dal 1915, il suo nome definitivo, “Brooklyn Bridge (Ponte di Brooklyn). Esso è stato il primo ponte, al mondo e nella storia dell’ingegneria umana, sostenuto da cavi di acciaio; per questo può essere considerato una autentica invenzione. Sulle due torri del ponte, alte 84 metri, i falchi pellegrini nidificano. Nel corso del Memorial Day, lunedì 28 maggio 1883 (il Memorial Day è il giorno in cui vengono commemorate le vittime di tutte le guerre combattute dagli Stati Uniti, tale ricorrenza si ripete ogni anno, l’ultimo lunedì del mese di maggio), una donna rimase bloccata con un tacco della scarpa nel pavimento in legno della corsia destinata ai pedoni; la donna, in preda al panico, iniziò ad urlare, e la METE MAGAZINE

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gente credette che il ponte stesse per crollare. Si creò un fuggi fuggi generale, e ben 12 persone persero la vita schiacciate dalla folla in fuga, e molte decine rimasero ferite più o meno gravemente. Per superare la paura che il ponte non fosse sicuro, dopo questo fatto, si decise, un anno dopo (il 30 maggio del 1884), di far attraversare il ponte a degli elefanti di proprietà del Circo Barnum e Bailey. Il più grande pesava 7 tonnellate e si chiamava Jumbo. Dopo di lui passarono, in successione, altri 20 elefanti di diverso peso e dimensioni. Il ponte, come videro i cittadini ed i turisti presenti, risultò sicuro. Il progetto originario prevedeva che lo spazio interno alle fondamenta della torre del lato di Brooklyn fosse destinato ad una galleria commerciale, che doveva chiamarsi “Brooklyn Bridge Anchorage”; la cosa non funzionò e lo spazio fu utilizzato per ospitare delle performance artistiche fino a pochi anni fa, ossia fino al 2001, dopodiché, per motivi di sicurezza, l’uso di tale spazio è stato vietato al pubblico. Al di sotto dello spazio destinato alla galleria vi sono dei caveau, cioè delle grandi stanze che, negli anni successivi alla costruzione del ponte, venivano date in locazione come magazzini e depositi. Soltanto nel 2006, in uno dei caveau, presenti all’interno della torre del lato Manhattan, gli operai addetti alla manutenzione hanno scoperto un vero e proprio rifugio, utilizzato durante la Guerra Fredda, nel quale sono state rinvenute attrezzature mediche, coperte e 300.000 confezioni di cracker.


La Tecnica dei cassoni per realizzare le torri del Ponte di Brooklyn

alcuni operai in uno dei cassoni usati per lo scavo delle fondamenta del ponte di brooklyn, molti di essi persero la vita o restarono paralizzati a causa della embolia polmonare.

I cassoni pneumatici, una volta calati sul letto del fiume, consentivano agli operai di scavare la roccia, dove le fondamenta delle due torri venivano ancorate. Furono impiegati più di 100 uomini per lavorare all’interno delle camere pressurizzate. Man mano che lo scavo procedeva, il cassone veniva spostato verso il basso. I lavoratori, dunque, erano obbligati a scendere sempre più giù e, oltre a tollerare le alte temperature dell’ambiente chiuso in cui scavavano, respiravano aria con una pressione maggiore rispetto a quella dell’aria esterna e a quella del livello del mare, causa di embolia polmonare, che provocavano la paralisi e la morte.

Washington Roebling

John Augustus Roebling

un disegno del cassone pneumatico utilizzato nella costruzione del ponte di Brooklyn Emily Warren Roebling

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uno scrittore per salvare la vita Fabio Bergamo (Torino, 1972) è uno scrittore italiano che da anni si dedica allo studio della educazione e la sicurezza stradale, noto per le sue innovative proposte che sono giunte in Commissione Trasporti alla Camera dei Deputati e già apprezzate dal Ministero dei Trasporti, dall’ASAPS, dalla Polizia Stradale, dal Comando Generale dell’ Arma dei Carabinieri e da numerosi altri enti ed associazioni che si interessano di sicurezza stradale e di prevenzione della incidentalità. È appassionato di numerose materie come archeologia, storia dell’auto, storia, filosofia e molte altre. Sito: www.fabiobergamo.it

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Se non si pone fine ai roghi e al diboscamento in corso, il collasso della foresta pluviale potrebbe essere imminente, trasformandola in savana

OBIETTIVI AMBIENTALI

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MIA CANESTRINI PH: PIXABAY

AMAZZONIA ECOCIDIO ANNUNCIATO La parola ecocidio descrive bene il dramma: la crescita demografica inarrestabile della popolazione umana, il consumismo sfrenato, lo sfruttamento dissennato delle risorse non rinnovabili, l’inquinamento e la distruzione degli habitat ne rappresentano solo gli aspetti più macroscopici. Guardando più da vicino, l’opera di distruzione del Pianeta nasconde dettagli agghiaccianti, dei quali spesso non si parla, se non a qualche congresso scientifico. Ma, effettivamente, in pochi sarebbero colpiti da storie come quelle degli Ibis bianchi, che, esposti a dosi crescenti di mercurio, diffuso in natura attraverso l’acqua e in grado di biomagnificare attraverso i microrganismi

Impossibile restare indifferenti ad una delle foreste più famose al mondo che viene disboscata al ritmo di tre campi da calcio al minuto. Disboscata a suon di incendi.

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Secondo l’Istituto nazionale di ricerche spaziali (INPE) al 20 agosto 2019 si sono susseguiti 74155 incendi nell’area della foresta amazzonica.

il presidente bolsonaro durante il suo mandato ha incoraggiato le pratiche di disboscamento a scopi produttivi

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acquatici, gli invertebrati, i pesci e infine i loro predatori, scelgono come partner esemplari maschi, formano coppie dello stesso sesso convinte di portare a compimento una cova in realtà inesistente. O pochi si sorprenderebbero di sapere che pillole anticoncezionali, detersivi, pesticidi e diserbanti interferiscono con il sistema endocrino di moltissimi organismi viventi, modificandone l’assetto ormonale al punto che i maschi di alcune specie di pesci producono più estrogeni che testosterone e producono ovociti invece che spermatozoi, diventando di fatto sterili. Quale sia l’impatto delle stesse sostanze chimiche, magari ingerite attraverso il consumo di pesce, crostacei o molluschi, sulla salute umana è in parte ancora sconosciuto e la risposta potrebbe essere poco piacevole. Gli eventi catastrofici di grande magnitudo, visibili perfino da satellite, fanno invece grande notizia e hanno, se non altro, il merito di portare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’ambiente, sulla sua distruzione e sulle conseguenze non solo per la biodiversità ma anche per l’umanità intera. E’ il caso dell’Amazzonia e della città di San Paolo, avvolta da una nebbia tossica arrivata da centinaia di km di distanza. Difficile notare e ricordare il nome di un uccello acquatico che forma coppie gay a causa del mercurio nelle aree umide del Canada, ma impossibile restare indifferenti ad una delle foreste più famose al mondo che viene disboscata al ritmo di tre campi da calcio al minuto, e viene disboscata a suon di incendi. Questa pratica non è nuova per il Brasile, è economica, rapida e consente ad agricoltori e allevatori di ottenere in breve tempo aree aperte e fertili sulle


cercavo i lupi e ho trovato me stessa Sono nata a Bologna, a due passi da Piazza Maggiore e dalle note di Lucio Dalla, ma ho sempre provato un’attrazione quasi morbosa per la montagna e i suoi abitanti. Passione che ho declinato negli studi di Scienze naturali, specializzandomi poi in Conservazione della biodiversità animale. Il percorso universitario mi ha portata con grande passione a specializzarmi quali produrre soia e carne bovina da esportazione, con l’Italia tra i primi importatori. La carne è uno dei principali prodotti di esportazione brasiliani, e l’Italia è uno dei principali importatori con 30.000 t/anno. L’accordo commerciale UE - Mercosur siglato quest’anno include l’importazione di altre 100.000 t di carne bovina sudamericana all’anno. Come se non bastasse, i bovini italiani spesso sono alimentati con la soia proveniente dal Sud America, la stessa soia coltivata nei terreni sottratti alla foresta amazzonica. Uno studio ha dimostrato che nel periodo 1990-2008 l’EU è stata indirettamente responsabile della distruzione di 9 milioni di ha di foreste nel mondo, a causa del consumo di prodotti come soia, carne e olio di palma. Nel solo 2019 gli incendi appiccati in Amazzonia in nome dello sviluppo economico sono stati oltre 79.000, il doppio dell’anno scorso, e non hanno nulla a che vedere con siccità o fenomeni naturali di autocombustione, rari ma comunque possibili. Se si ragiona in termini di superficie, quest’anno è stato bruciato lo 0,3% della foresta, secondo i dati riportati dal Guardian, una frazione sorprendentemente piccola di un’area grande come l’Unione Europea e la cui scomparsa ha altrettanto sorprendentemente un grande impatto sul pianeta. Sebbene sia irrilevante il contributo che quello 0,3% di foresta dava all’atmosfera in termini di ossigeno, è drammatico il

risultato in termini di contributo al riscaldamento globale. L’anidride carbonica è la causa principale dell’effetto serra nonostante sia presente in atmosfera solo con lo 0,04%. Variazioni anche minime di questa percentuale hanno grande significato in termini di aumento della temperatura media della Terra. Secondo il servizio europeo Copernicus, gli incendi di quest’anno hanno già prodotto 230 milioni di tonnellate di CO2. Se ogni tre anni perdiamo l’1% della foresta amazzonica in pochi decenni potremmo arrivare a percentuali pari al 25% - 40%, con conseguenze importanti sul fronte climatico locale. L’evapotraspirazione forestale contribuisce alla formazione di nebbie, nuvole e di conseguenza influisce sulle precipitazioni. La riduzione della superficie forestale dunque potrebbe influire sul tasso di umidità e contribuire così alla trasformazione dell’Amazzonia in una immensa savana tropicale, con gravi ripercussioni su milioni di persone che dalla foresta traggono acqua e cibo e su milioni di specie animali e vegetali, incluso il 25% delle piante medicinali ad oggi utilizzate. Ma chi c’è dietro questo disastro ambientale annunciato? Il presidente Bolsonaro a quanto pare, che durante il suo mandato ha incoraggiato le pratiche di disboscamento a scopi produttivi, tolto fondi al monitoraggio e alla protezione ambientale (-20% secondo il New York Times) e allentato i controlli sulle illegalità. METE MAGAZINE

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nelle attività di monitoraggio e gestione del lupo, sperimentando tutte le tecniche di studio. Ho lavorato per dieci anni al Parco nazionale dell’Appennino tosco–emiliano e ho dedicato a questa esperienza un libro autobiografico, La ragazza dei lupi, edito da Piemme.


EMILIANO ARDIGÒ PH: ENRICO CIGOLLA

VIBRAZIONI FASSANE

Che cos’è un passo?

È il possibile di fronte al tutto Gianmaria Polidoro

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PASSI


Emiliano Ardigò, nato a Castiglione d’Adda il 25 2 1963. Appassionato dalla bellezza della natura e dell’arte, malato di montagna, amante del trekking e delle arrampicate, ha un debole per la Val di Fassa. Il suo luogo del cuore è il lago Antermoia. Alpinista e scrittore (ma operaio metalmeccanico specializzato alla General Ricambi SpA,), ha registrato il blog: emilianodeisogni.

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Spesso mi si chiede il perché del mio salire, cosa regala alla mia anima assetata di bellezza l’arrivo in cima ad una montagna. Personalmente credo che ognuno dovrebbe provare cosa vuol dire cominciare a sognare un lembo di terra , spesso piccolissimo, magari con dirupi spaventosi tutto intorno, probabilmente flagellato da venti furiosi nei giorni di tempesta , con le linee dell’orizzonte che sfuggono verso il basso, ma con un cielo così vicino da poter quasi baciare le nuvole, forse anche per poter dare un senso più vero alla vita. Io credo che il momento in cui si posano i piedi su una cima, dopo aver faticato molto, sudato da impazzire, imprecato poco, sia uno degli attimi in cui il cuore e l’anima viaggiano all’unisono, completandosi. In un mondo dove quasi mai si riesce a vedere il frutto finale della fatica, del proprio lavoro, iniziare e completare una salita è , per me, un modo di toccare con mano le mie capacità . Un famoso alpinista chiamava gli innamorati della montagna “Conquistatori dell’inutile” ; probabilmente aveva mille ragioni, non serve a nessuno questo sognare e salire montagne, ma sono convinto che nella vita mica si debba per forza fare tutte cose utili; anche amare, spesso, se non si è corrisposti, può sembrare inutile, ma l’amore provato, vissuto e messo anche in pratica non è mai uno spreco di tempo. Mi è capitato, su alcune cime, nelle tante salite che ho affrontato, di avere un moto di commozione. Su qualcuna addirittura fino alle lacrime, non saprei neanche spiegare il perché. Forse il panorama, gli amici e l’atmosfera; e poi, immaginare la necessità, in ultimo, di girare le spalle alla cima e di scendere METE MAGAZINE

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verso valle, tornando alla vita normale, spesso noiosa, con poche emozioni. Una delle soddisfazioni più belle è per me quando porto in cima una persona per la prima volta, e nei suoi occhi vedo la bellezza di cui è impregnata anche la mia vita: inseguire sogni , cime; un idealista che cerca l’oro, come gli gnomi, dove nasce l’arcobaleno, senza trovarlo mai. Una delle prime cose che faccio quando raggiungo una cima è appartarmi e condividere quegli attimi, nel pensiero, con le persone che, amandomi, hanno camminato con me, non sui sentieri, ma nella vita , e che sono altrove, partite troppo presto, lassù, mi piace pensarle accanto a me come quando, magari, e anche senza magari, erano preoccupate per questa mia passione del salire. Ora, raggiungere la cima è un momento stupendo, ma la cosa importante, nel cammino, è mettersi davvero in viaggio, vivere le debolezze della fatica del camminare, vincerle e, se tutto va bene, coronarle con quell’attimo davvero fuggente ed indimenticabile (spesso paragono la riuscita di una salita ad un orgasmo, sempre diverso ma sempre degno di essere vissuto). Uno dei miei ricordi più belli, fra i tanti, è quello delle parole di una ragazza, appena scesa con me da una cima sopra un bellissimo lago; si camminava tranquilli, e io le feci notare la croce di vetta che, ore prima, lei aveva abbracciato; mi rispose: “impossibile”! Questa risposta dà senso a molti sacrifici, a molte delusioni, a tutta la fatica che, spesso, accompagna una passione così bella e così emotivamente premiante. Vale sempre la pena di provarci. Buona montagna e buona cima.


un sogno che si realizza, dai racconti alla realtà

In genere, quando mi viene chiesto un parere sull’escursione all’Antermoia, io consiglio, per la prima volta, di salirci dalla val Duron perché, anche se non da sottovalutare, io la ritengo forse quella più alla portata di chiunque abbia un minimo di allenamento. Io, invece come prima volta, ho scelto un itinerario bellissimo, tosto ma di grande soddisfazione: ci sono arrivato dalla valle Udai, partendo da Mazzin e, credimi, ho ancora ricordi vivissimi ed emozionanti di quella splendida avventura, da solo e pieno di curiosità. Perché l’Antermoia lo sognavo fin da bambino. Da Meida, dopo colazione, parto, già con gli scarponi calzati, nonostante l’asfalto del Lungo Avisio, tanto sarà un attimo ad arrivare a Mazzin per immergermi in una valle tra le meno frequentate della zona. Credo che, come la val Grepa o la val Jumela, la valle Udai sia il luogo che in estate vede meno visitatori ed è davvero un peccato perché i luoghi sono quasi magici. A proposito di magico, anche il lungo Avisio quanto a bellezza non scherza, basta guardare oltre la propria testa e molti picchi dolomitici si mostrano in sfumature molteplici.

l’acqua si libera in un tuffo mozzafiato

Arrivato a Mazzin, inizio il bellissimo sentiero che entra nel lussureggiante bosco che, come al solito, fa da splendida cornice, a mò di collier a rocce da sogno. All’inizio il fiato si fa grosso, ma la solitudine del luogo e la sua bellezza compensano la fatica e le incertezze che mi colgono ad ogni escursione, fino a quando il passo prende davvero una forma regolare e la mente può vagare, insieme agli occhi, su meraviglie piccole e grandi che solo in montagna si possono cogliere…o forse, credo, anche da soli, quando le parole non permettono distrazione ai pensieri. Arrivo alla cascata che, con un tuffo altissimo, mi dicono scenda direttamente dal lago e mi vengono in mente le parole del cercatore di minerali Rizzi, di Vigo, che mi aveva consigliato di scendere in una grotta vicino al luogo in cui cade l’acqua per trovare cristalli di pirite; però sono solo, mi basterebbe una scivolata o un sasso caduto e potrei farmi male, quindi proseguo. Oggi la mia meta è un’altra.

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mi fermo un attimo a rimirare questo dipinto naturale

Ad un certo punto, il bosco finisce e mi trovo davanti ad una grotta bellissima, credo attrezzata per arrampicare visto i rinvii che pendono dal tetto, ma da qui il sentiero diventa verde, supera prati, e s’impenna notevolmente. I muscoli però sono già caldi, la rotta è fatta; anche questo sentiero è caratteristico, perché costeggia, fino a traversarlo, un torrentello che, con salti e cascatelle, porta a valle un po’ di acqua, che non so dove arrivi, ma che porta al cuore, col suo rumore continuo e mai fragoroso, veri fremiti di gioia. Inutile dire che qui i fiori si sprecano… insomma, come in un quadro di un grande pittore, sembra una gara per suscitare meraviglia. Io credo di avere un grosso difetto quando vado in montagna da solo: cammino troppo forte e infatti, all’improvviso, mi trovo sull’altipiano di Camelot, dove mi si aprono davanti agli occhi scenari che è poco chiamare meravigliosi.

oltre il bosco verdi prati e rododendri ancora in fiore

Mi incammino verso passo Dona, accompagnato dal fischio delle marmotte e mi trovo davanti due sacerdoti che celebrano Messa in questo splendido scenario. Penso che siano pochi i posti più belli di questo dove dare lode a Dio, per la Sua bontà e per la bellezza della Sua Creazione. Arrivo all’inizio del sentiero per il passo e sulla destra noto passo Ciaregole, il sentiero che proviene dal Micheluzzi in val Duron; mi prefiggo di scendere da lì finita l’escursione. Poi andrà diversamente, però ti devo confessare un piccolo sogno che devo ancora realizzare. Da passo Ciaregole, parte una bellissima cresta, con roccia ed erba, che divide la val Dona dalla val Duron e finisce proprio sopra Fontanazzo con una croce sopra una cimetta veramente esposta, quasi a vegliare su tutta la val di Fassa alta fino a Canaze: non è difficile ma da solo, ormai sono vecchio e stanco, mi fido poco. Prima o poi lo troverò un amico e questa cimetta sarà nostra.

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da ogni cima si può godere di un panorama unico, vale la pena scalarle tutte

Spinto dall’entusiasmo, in un attimo supero passo Dona e, visto che sono ancora fresco e ci ho messo molto meno dei tempi indicati, salgo anche la vicinissima, forse insignificante ma per me bella, cima Mantel dalla quale c’è una vista magnifica sui gruppi lontani, Odle, Pale, Monzoni, e su cime che prima o poi dovrò salire, cima Uomo e molte altre ognuna più bella dell’altra. Probabilmente è sciocco salire anche su piccole cime, però qualcuno che mi conosce dice che sono bulimico di cime…probabilmente ha ragione.

un itinerario impegnativo ma davvero incredibile

Dal passo Dona scendo velocemente al rifugio costeggiando bellissime e verticali pareti. All’arrivo mi viene un colpo, il lago non c’è, possibile che abbia sbagliato? Il rifugio è giusto, si sarà mica prosciugato? Chiedo stupidamente ad un escursionista e lui mi rassicura, il lago c’è, è solo dietro un piccolo promontorio che lo nasconde dal rifugio… infatti lo trovo e non ci metto parole, solo alcune foto per farti capire l’emozione…

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Mangio un panino con vista lago con la schiena appoggiata a mò di poltrona su di un masso, con gli occhi in cerca di visioni e sfumature sempre nuove, prendo un caffè al rifugio. Credo sia importante ricordare che i rifugisti sono presidi di umanità in montagna e spesso il loro contributo è essenziale. Mi appresto a scendere, però non lo faccio dalla val Duron, voglio una ciliegina sulla torta, salgo a passo Antermoia e scendo al rifugio Principe, al Vajolet e Gardeccia, poi sempre a piedi ritorno a Meida.

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06 Argentina, crisi e speranza I TALENTI E I FRUTTI VINICIO PASELLI PH: PEXELS Alla fine del XIX° secolo l’Argentina visse l’introduzione di tecniche agricole moderne ed entrò nel mercato globale, esportando materie prime ed importando manufatti. Giungevano investimenti soprattutto dal Regno Unito per lo sviluppo ferroviario e portuale, giungevano immigrati da Europa e Stati Uniti, soprattutto nelle pampas occidentali, e l’economia raggiunse un notevole splendore fra il 1880 e il 1929. Vi erano tuttavia forti disuguaglianze sociali e regionali. Nel 1929 il governo radicale di Yrigoyen non riuscì a rispondere alla crisi economica e vi furono gravi disordini politico-sociali, seguiti dal colpo di Stato del 1930, che precedette una serie di colpi di Stato e di governi militari fino al 1983. Nel 1933 l’Argentina firmò un patto con l’Inghilterra per esportare carne e in cambio cedette le strutture ferroviarie. Nel 1942-1943 l’Argentina iniziò a sostituire

Non puoi fare una buona economia con una cattiva etica Ezra Pound

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L’inverno argentino è stato caldissimo. Il paese ha danzato sull’orlo del fallimento economico quando, il 30 agosto, ha dichiarato che avrebbe cercato di estendere la scadenza di alcuni suoi debiti esterni. le importazioni, soprattutto quelle provenienti dall’Europa, e successivamente vennero vendute materie prime alla Germania, ma solo temporaneamente, perché nel 1945 l’Argentina le dichiarò guerra, verso la fine della Seconda Guerra Mondiale. Sotto la guida di Juan Domingo Peròn (1946-1952), soprattutto inizialmente, l’Argentina divenne creditrice delle nazioni più importanti, grazie all’esportazione di grano e di carne, ma dovette subire il default del Regno Unito sui propri crediti, che furono trasformati in acquisizione di imprese di servizi pubblici a capitale britannico. La sostituzione delle importazioni dai paesi in guerra sostenne l’economia, il governo ampliò i diritti sociali, come i periodi di vacanza, elaborò piani abitativi e investimenti in salute ed educazione. Furono nazionalizzate le ferrovie britanniche e applicate delle donazioni forzose da parte delle imprese. Il governo elargiva somme ai lavoratori, ma evitò di espandere la produzione: questo portò a difficoltà nell’esportazione di prodotti agricoli in Europa, quando gli Stati Uniti lanciarono il Piano Marshall e destinarono le eccedenze agricole all’Europa, espellendo dal mercato i concorrenti argentini. Dal 1950 un nuovo ministro dell’Economia tagliò la spesa pubblica, in un contesto di economia in frenata. Peròn fu costretto a chiedere un

cresce l’emergenza alimentare e il governo ha varato una legge per porvi rimedio

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prestito alla Banca Mondiale e a siglare accordi di sfruttamento petrolifero con le compagnie nordamericane, seguì il golpe militare nel 1955 e il suo esilio in Spagna. Fra il ’55 e il ’76 vi furono una serie di golpe militari, fu un periodo di grave instabilità sociale, soprattutto dalla seconda metà degli Anni Sessanta. Nel ’72 Peròn tornò nel paese e vinse le elezioni, ma morì l’anno successivo. Il 15 Giugno del 1964 era stato fissato per legge un salario minimo ed era stato fissato un tetto ai prezzi del paniere familiare, inoltre furono stabiliti livelli minimi di pensione e indennità. Il 15 Novembre del 1963 erano state ritirate le concessioni petrolifere perché contrarie agli interessi nazionali, secondo la propaganda. Dal 1964 fu condotto un piano per l’alfabetizzazione, che produsse discreti risultati. Sempre sotto il governo Illia furono fissati dei prezzi per i medicinali, fu limitata la capacità delle imprese di pagare l’estero per cessione di diritti economici o per acquisto di rifornimenti. Una legge del ’65 obbligò le imprese a presentare una analisi dei costi e a formalizzare i contratti esistenti mediante dichiarazione giurata. Il governo Illia era riuscito a ridurre il debito pubblico, la disoccupazione e ad aumentare i salari orari, aveva posto un controllo più efficace sulle imprese pubbliche e fatto balzare


l’economia nel ’64 e nel ’65. Inoltre era diminuito il debito estero. Seguirono vari golpe militari con un breve ritorno del peronismo. La sconfitta nelle Isole Falkland-Malvinas contro il Regno Unito generò numerosi morti e vi furono sospensioni dei diritti umani con la scomparsa fra i 15000 e i 30000 detenuti sotto la dittatura militare. Solo nel 1989 e nel 1999 vi fu un ritorno alla democrazia. Furono anni di grande miseria per la popolazione, con la povertà che superò il 56% nel 2002 e la disoccupazione al 31%.

In Argentina nel primo semestre di quest’anno l’indice di povertà ha raggiunto il 35,4% della popolazione, dal 27,3% di un anno fa, con un indice di indigenza balzato al 7,7% dal 4,9% di fine 2017. Di conseguenza, su una popolazione di circa 45 milioni di abitanti, ci sono 15,9 milioni di poveri, di cui 3,4 milioni di indigenti. Fra le cause principali, la caduta del Pil reale del 2,5% nell’ultimo anno, la disoccupazione salita al 10,6% e soprattutto l’inflazione al 55,8%. La situazione è talmente grave che, dopo le elezioni, si ipotizza una ristrutturazione del debito

opinioni su economia e politica Vinicio Paselli, 27 anni, laureato in Economia e Finanza all’Università di Bologna. Appassionato e curioso, scrive di economia politica e finanza sul suo blog ecovinpas.blogspot.com.

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pubblico, sia con il FMI, sia con i creditori privati. Il debito estero pesa sempre di più a causa del deprezzamento del peso argentino, che appare inarrestabile. La politica fiscale continua a essere troppo espansiva, infuocando l’inflazione, che continua a mordere il tenore di vita dei ceti popolari e il potere d’acquisto dei risparmi. La banca centrale monetizza il debito del governo, mancando completamente l’obiettivo del controllo dei prezzi. Naturalmente sono stati introdotti controlli ai movimenti dei capitali per impedire a residenti e imprese di accumulare Dollari e alle elezioni rischia di vincere un peronista, di fatto incoraggiando le aspettative negative dei mercati in merito alla quantità infinita di moneta che rischia di essere messa in circolazione. Come se non bastasse, il Dollaro si rafforza anche rispetto ad altre valute, complicando lo scenario per l’importazione di beni energetici e alimentando ulteriormente la crescita dei prezzi delle importazioni. 1 Dollaro vale quasi 58 pesos argentini; a inizio 2017 ne valeva meno di 16. Parte della responsabilità è di Macri, che ha aumentato il debito in Dollari approfittando di un clima più disteso sui mercati, anziché contenere il deficit pubblico. Purtroppo l’alternativa a lui è ancora peggiore dal punto di vista del consolidamento fiscale. L’Argentina ha il problema dei deficit gemelli, ossia deficit delle partite correnti (di cui è parte significativa il deficit commerciale) e deficit pubblico, pertanto è sottoposta al rischio di fughe di capitali. Una valuta più stabile, supportata dall’indipendenza della banca centrale, è cruciale per attrarre investimenti stranieri in Argentina, al momento scoraggiati dalla elevata inflazione e dal costante deprezzamento valutario, che erode il valore degli utili se convertiti in valuta estera. Sono auspicabili interventi dal punto di vista della concorrenza nel mercato, per modernizzare l’economia. Il ritorno del peronismo lascia presagire aumenti salariali ingiustificati e consistenti e un forte aumento del deficit pubblico, già alto.


d’Italia tutto da esplorare, la Valdera.

La Toscana più schiva si nasconde in uno spaccato

07 ORGOGLIO ARTIGIANO

DI TAPPA IN TAPPA FRANCESCA VINAI PH: TAKEANYWAY

Ai margini dei classici itinerari turistici,

tutta curve tra ulivi, cipressi e schiere

una microregione incastonata tra Pisa,

arruffate di canne. Entrando nel borgo,

Livorno e Firenze regala natura, gusti

l’asfalto lascia il passo al lastricato e le

della tradizione e borghi autentici, è

ombre si infittiscono tra le case.

la Valdera, uno spaccato di autentica

Mi fermo in cima al borgo, accanto ad

Toscana.

imponenti mura in mattoni.

Come Lari, che raggiungo in e-bike

Sono quelle che sorreggono il castello

da Casciana Terme, su per una strada

dei Vicari, palazzo di origine medievale

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Valdera. Passione per il buon vivere nel cuore della Toscana.

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Quando il tempo si arresta, diventa luogo Chawki Abdelamir

giornalista, viaggiatrice e creativa

Francesca Vinai ha lanciato nel 2017 Takeanyway, blog di parole e immagini in cui racconta esperienze, incontri ed emozioni in giro per il mondo. Nel 2018 Takeanyway è stato premiato da Momondo come miglior travel blog italiano per stile e qualità di scrittura. Sito web: takeanyway.com, Facebook e Instagram: takeanyway.

la cui visita, resa interattiva dalle recenti tecnologie installate, si rivela ricca di sorprese per tutta la famiglia. Dal castello lo sguardo spazia a 360 gradi sopra i tetti rossi di Lari e le colline della Valdera, da Palaia a Pontedera fino a Pisa; avvisto persino la torre pendente di piazza dei Miracoli, pianticella tenace contro il vento sferzante. Lo spazio cittadino si muove tutt’intorno al castello, stretto tra case e botteghe di orgoglio artigiano. Ad esempio, c’è il pastificio della famiglia Martelli. Incredibile ma vero: un pastificio immerso nel nucleo cittadino anziché relegato ad un’area artigianale o

industriale in periferia. Nel cuore di Lari, ne assorbe l’energia millenaria e vibra con lui dal 1926. Nei locali del pastificio Martelli scopro la tenacia di una famiglia di pastai che, in un anno, produce quanto un pastificio industriale fa in poche ore. Scopro il rispetto per la materia prima rigorosamente italiana e i benefici di una lavorazione lenta. Scopro la dedizione del signor Dino – garbo ingentilito di rughe – mentre si aggira tra i macchinari e controlla la trafilatura al bronzo degli spaghetti, che conserveranno il tipico archetto, segno distintivo di artigianalità. Altra fucina di prelibatezze a Lari è la METE MAGAZINE

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macelleria Ceccotti, la cui piccola vetrina nei meandri del borgo cela una bottega stracolma di salumi lavorati con cura. Lo avverto dalla passione con cui, tra la pietra e i mattoni ruvidi degli ambienti sotterranei della macelleria, Simone racconta una filiera cortissima e la tradizionale lavorazione di prosciutto, salame con finocchio e salsiccia di cinghiale. Nella fresca penombra, ammiro i prosciutti lasciati appesi a riposare oltre un anno con aglio, pepe e sale di Volterra, protetti tra le possenti mura castellane. Un abbraccio di buon cibo e antico sapere sulle colline toscane.


IL TÈ, UN SEGRETO PER CONOSCERE LA RUSSIA Molti pensano che, se si viaggia in Russia, il miglior modo per fare nuove belle amicizie e avvicinare “la misteriosa anima russa” sia bere vodka. Sì, la vodka fa parte del turismo gastronomico, ma non è così importante. La vera bevanda “cult”, la chiave segreta che apre le porte a un mondo sconosciuto e alla quotidianità russa è una tazza di tè. In effetti, non proprio una, ma tante, tante tazze di tè.

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altre prospettive olga v. petukhova

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di solito il tè va alla fine del pasto; è servito con miele, zucchero e dolci

Anche se il caffè e il tè hanno entrambi origini orientali, il caffè è diventato un simbolo della cultura occidentale, la cui parola chiave è “azione”, nel tè si manifesta l’Oriente meditativo. La tazza di tè non vi butta subito nel mare dell’attività, come fa il caffè. Al contrario, i piccoli lenti sorsi vi aiutano a guardare dentro voi stessi e capire meglio i vostri desideri. Lo yoga, le lezioni di meditazione, sempre più popolari in Occidente, sono sostituiti dai russi con tazze di tè, bevute senza fretta da soli. Invece, bere il tè con altri è come partecipare al rito dell’aperitivo italiano: è un ottimo mezzo per fare conoscenze e capire la Russia “non da turisti”. Non preoccupatevi: se avete almeno un amico russo, una tazza di tè vi verrà proposta! Il tè è un “must”, uno standard dell’ospitalità russa.

per la varietà di tè sul mercato la russia è al primo posto nel mondo

Anche nei negozi modesti troverete dai 10 ai 20 tipi di tè, gran parte dei quali in foglie. Nei supermercati più grandi, invece, si può trovare un tè di ottima qualità, paragonabile a quella delle migliori erboristerie italiane, ma più conveniente. E, nei negozi specializzati, troverete fino a 300 variazioni di tè raccolte a mano in tutto il mondo.

sentirmi a casa quando sono all’estero George Bernard Shaw

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Non mi piace


il tè è come un cristallo nelle cui sfaccettature si riflette tutta la russia

Bere tè in questo modo fa sentire parte della civiltà russa e apprezzare la bellezza di tanti oggetti: samovar, teiere e tazze di porcellana imperiale, porta-bicchieri artistici. Fa immaginare l’atmosfera delle serate aristocratiche e borghesi descritte nei romanzi dell’Ottocento, oppure la quotidianità delle cucine sovietiche che di fatto erano un club russo informale, dove si parlava di tutto. Era l’atmosfera nella quale ci si corteggiava, ci si innamorava, si parlava di politica, si confessavano crimini, si cercava di risolvere problemi di ogni genere, si avevano lunghissime conversazioni sul significato della vita e dell’organizzazione dell’Universo, ma anche i soliti pettegolezzi.

consulente e docente di lingua e cultura russa

Olga V. Petukhova, PhD in culturologia (Cultural Studies), San Pietroburgo, autrice di vari articoli accademici sulla cultura mondiale contemporanea, con approccio sinergetico. Già professoressa associata in varie università russe, dal 2010 vive a Milano ed è cittadina italiana. Fondatrice e direttrice del progetto Cultura Italia-Russia dal giugno 2014.

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ULTIMO CHILOMETRO

Risparmiare sull’auto aziendale? Oggi si può! ROI è l’acronimo di “Return on Investment”, in italiano il “ritorno sull’investimento”. Viene utilizzato quale indice che identifica la redditività del capitale investito. Serve per capire quanto il capitale investito in campagne pubblicitarie produce in termini di reddito.

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Quando si fa pubblicità la domanda

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quanto sarà a rendita.

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Calcolo del ROI:

Che soddisfazione creare nei nostri clienti e nei loro commercialisti un sentimento di gratitudine.

La formula per calcolare il ROI è la seguente:

ROI = Utile derivato / Capitale investito % Per utile derivato si intende il reddito totale dell’operazione meno il capitale investito. Per avere il ROI di una campagna pubblicitaria in cui sono stati investiti 200 Euro e fatturati 300 Euro possiamo fare il seguente calcolo: ROI = (300-200) / 200 = 0,50 = 50% Questo indica che la campagna ha prodotto per ogni Euro investito un guadagno pari a 0,5 Euro (1,5 Euro di reddito).

Si deduce che più alto è il ROI più la campagna è positiva per l’azienda che investe. Ogni 100 Euro che investo ottengo un ritorno di 50 Euro. Questo esempio viene riportato dai maggiori esperti della materia per indicare che un ROI positivo e, in questo caso, al 50%, è un grosso risultato per chi ha effettuato quell’investimento. Più investi e più guadagni: è automatico.

E’ necessario porsi la domanda nel modo corretto: non bisogna chiedersi quanto si può investire in marketing, ma quanto rende quell’investimento attraverso il calcolo del ROI. Se il rendimento è negativo è meglio non investire nemmeno un Euro mentre, in caso contrario, più Euro si investono e più rendono. Quindi :

Se ho un reddito totale di 300 e l’investimento è di 100 il ROI sarà: ROI = [(300-100) /100] % = 200% In pratica, ogni 100 Euro che investo triplico la resa del mio investimento. E’ un risultato stratosferico, paragonato anche ad aziende come Apple (32% nell’ultimo anno) e Nike (22% nell’ultimo anno), ma è quello che succede ad un cliente medio quando investe in beni mobili con Formula 200xCento.com.

“Un sentimento positivo che ci rende felici ed aperti alla vita, ecco cos’è la gratitudine”. Un sentimento di profonda riconoscenza nei confronti di qualcuno che è stato gentile con noi, uno stato d’animo che ci spinge ad offrire qualcosa in cambio del favore ricevuto.

“Più esprimiamo apertamente la nostra riconoscenza, più profondo è il nostro benessere” Il ritorno sull’investimento(ROI) con la Formula 200xCento.com è più alto di quello ottenibile con il regime forfettario previsto per le auto aziendali, in quanto l’investimento richiesto è inferiore, grazie al pacchetto di servizi di marketing aziendale che porta all’intera deducibilità dell’imponibile e della detraibilità dell’IVA, anche considerando il costo di riscatto dell’auto ottenuta in uso gratuito per l’intera durata del contratto dei servizi, e pari solo al 20% del valore dell’auto IVA inclusa. Il ROI si calcola con il rapporto fra la differenza del fatturato rispetto al capitale investito e il capitale investito stesso.

Come tutti sanno, con il regime forfettario per le auto aziendali si ottiene solo una detrazione dell’IVA al 40% e una deduzione dell’imponibile pari al 20% e per un massimo di 18.075 €, pertanto il capitale investito richiesto è di gran lunga superiore rispetto alla Formula 200xCento. Abbiamo calcolato, in un caso rappresentativo che analizzeremo dopo, un ROI del 215% con la Formula 200xCento.com, basato sul fatturato richiesto per avere un ROI pari a zero nel caso di investimento in regime forfettario come previsto di un’autovettura aziendale. Chiaramente, essendoci un investimento iniziale richiesto inferiore, al netto dei rispettivi risparmi fiscali, il ROI diventa molto elevato con la Formula 200xCento. METE MAGAZINE

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Formula 200xCento.com fornisce

I servizi pubblicitari hanno una

servizi pubblicitarie del valore

deducibilità maggiore, il risparmio

dell’auto presa in comodato.

fiscale porta ad un grande risparmio.

Per fare un esempio, con un contratto Formula 200xCento.com, che prevede la fornitura di servizi di pari valore di un’Alfa Romeo Stelvio, l’importo del contratto dei servizi pubblicitari è pari a 39.100 € più IVA, il valore dell’auto, ovviamente, in comodato gratuito, è di 39.100 € più IVA con diritto di riscatto, che costa il 20% a fine contratto.

Il risparmio fiscale stimato, tenendo sempre l’aliquota al 50% su 39.100 € di imponibile deducibile che è pari a 19.550 € e il credito d’imposta pari al 50% del 75% che è di 14.662,50 € , risulta diminuito, ed è di 13.476,80 € ; con lo stesso fatturato (42.454,50 €) otteniamo un ROI del 215%: (42.454,5013.476,80)/13.476,80 x 100 = 215%.

Nel regime forfettario per le auto aziendali è richiesto un investimento di partenza, al netto dei modesti risparmi fiscali, pari a 42.454,50 €, quindi dovrò fatturare almeno 42.454,50 € per avere un ROI almeno pari a zero.

Formula 200xCento.com non è solo questo fondamentale punto di partenza, è molto di più.

Infatti, sommando all’imponibile l’IVA ottengo 47.702 €, cui devo sottrarre il 40% dell’IVA, cioè 3.440 € che è il 40% di 8.602 (IVA), dopodiché devo sottrarre il risparmio fiscale sull’imponibile, che è 1.807,50 € perché nel regime forfettario posso dedurre al massimo il 20% di 18.075 €, col risultato di un risparmio fiscale pari a 1.807,50 € ipotizzando un’aliquota al 50%; il risultato è appunto 42.454,50 € di investimento iniziale richiesto, per cui sarà necessario ottenere un fatturato almeno pari a tale cifra per ottenere un ROI almeno pari a 0 (ZERO)%.

Potrai contare, tramite le nostre campagne su misura per la tua impresa, su un incremento di nuovi lead che potranno produrre un ROI ancora superiore a seguito dell’incremento del fatturato.

Con la Formula 200xCento.com ho un costo aggiuntivo per il riscatto di 8.588,80 € (20% del valore auto IVA compresa), ma in questo caso, trattandosi di fatture totalmente deducibili e detraibili per pubblicità, posso invece detrarre interamente 8.602 € di IVA.

METE MAGAZINE

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Ecco un esempio concreto per il contratto di una Alfa Romeo Stelvio 2,2 Turbodiesel 160CV AT& RWD Business Piano servizi concessi per la durata del contratto:

Alfa Romeo Stelvio 2.2 Turbodiesel 160 CV AT8 RWD Business

• • •

Listino auto così configurata: € 39.100 + IVA 22% chiavi in mano

fornitura dei servizi aziendali di formazione, servizi di comunicazione veicolazione d’immagine del brand e di promozione, per avere più clienti ed ottenere un ROI 200%.

Durata del contratto: 24 mesi – Contratto Partner Doppio Risparmio 24 mesi Tipo del contratto: Partner Elenco riepilogativo servizi e relativo importo complessivo pattuito: • • • •

“IM ISO Motori” ½ pagina per uscita, valore € 1.800 + IVA x 20 = 36.000 + IVA, Spazio pubblicitario su nostro sito www. businesscar.it, 2^ pagina banner valore € 850 + IVA/anno x 2 = 1.700 + IVA, Progetto e realizzazione di WeSL (Web Strategy Lab), piano di promozione on line su siti al fine di acquisire lead e su social network 300 nuovi contatti garantiti interessati dipende dall’attività), € 3.000 x studio promo più € 5 + IVA per contatto € 3.000 + (5X300) = 4.500 + IVA.

Totale: 42.200,00 € + IVA A fronte della fornitura di questo pacchetto servizi, certi di offrire il miglior servizio per le PMI, siamo disposti ad inserire in uso gratuito il seguente veicolo con opzione di acquisto a parametro ribassato e con le modalità di pagamento che seguono. Pacchetto scontato a: 39.100,00 € + IVA

Caratteristiche auto offerta in comodato gratuito: • • • • •

Alfa Romeo Stelvio 2.2 Turbodiesel 160 CV AT8 RWD Business, su questa operazione Formula 200xCento.com Doppio Risparmio con comodato gratuito di questa auto, acconto 7.820 Euro + IVA, 24 rate da 1.385 Euro + IVA o 36 da 951 Euro + IVA Riscatto finale e deposito cauzionale 7.820 Euro + IVA

Le fatture vengono emesse per la fornitura di un pacchetto di servizi aziendali e promozionali e sono: detraibili al 100% e deducibili al 100% + 75% di credito di imposta incrementale. Quanto mi costa al netto dei risparmi fiscali? Acquisto per contanti: IVA 40% di 8.602 = 3.441 euro Imponibile: 20% di 18.075 con aliquota complessiva al 50% = 1.808 euro Totale risparmio: 5.249 euro che rispetto a 47.702 euro è pari all’11%

Acquisto con 200xCento: • •

IVA 100% di 8.602 = 8.602 euro Imponibile 100% di 39.100 + 75% di 39.100 come credito imposta con aliquota complessiva al 50% = 34.213 euro

Totale risparmio = 42.815 euro che rispetto a 47.702 euro è pari al 90% È gratis la gestione delle spese di carburante e manutenzione con la nostra card “Clinica dell’auto”.

Anche le spese di gestione, carburanti compresi, sono deducibili e detraibili al 100%.

Senza meta, libere riflessioni Machiavelli diceva... il fine giustifica i mezzi... ma ciò che “giustifica” è il movente che sta tra il fine e il mezzo usato per raggiungerlo. Il movente inteso come motivazione (la molla) che spinge a fare. FABIO BERGAMO METE MAGAZINE - 46 -


ASSISTENZA E CONSULENZA PER LE ARTI GRAFICHE Nuova Tesea opera da anni nel settore delle Arti Grafiche, avvalendosi dell’esperienza dei tecnici che la compongono, con un know-how costruito attraverso le numerose installazioni e gli interventi su periferiche e software dedicati al colore, vero punto di forza della società, forniamo assistenza a 360 gradi a tutte quelle aziende al cui interno vengono realizzati prodotti con l’utilizzo di hardware e software dedicati.

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