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Autosole Vittorio Gassman dei caselli

Autosole

VITTORIO GASSMAN DEI CASELLI

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Un’autostrada è anche una storia di amore. Di uomini, lavoro, spiritualità, carne. E di morte. È asfalto che cambia esistenze. Il mondo. L’Autostrada del Sole, caselli, tratti, nascite, crescite, inaugurazioni a partire dall’ottobre 1964, è per Bologna un percorso epocale. «Io oso formulare questo auspicio, – predicava l’ingegner Guido Lambertini – che il progresso sociale si adegui sempre e dovunque al progresso tecnico e civile, che non siano mitizzati i vantaggi materiali e non sia trasfigurato il vero significato materiale della vita.» Un inno religioso, una preghiera davanti ai piloni dei cavalcavia e alla Chiesa dell’Autostrada, prima di Firenze, dove gli automobilisti si fermavano d’obbligo, il toscano Giovanni Michelucci la progettò e il bolognese Lambertini la eresse. Stile brutalista.

Amor sacro e amor profano. L’autostrada migliorò la vita di Gianni Martini, celebrato come la Freccia dei Due Mari, riusciva a frequentare signore in vacanza a Forte dei Marmi e a Riccione. Senza soluzione di continuità. Giusto scendendo dalla macchina. Brooom, al volante, una visita e di nuovo via. Vittorio Gassman dei caselli. Anni virtuosi sulle strade ordinarie da Riccione alla Versilia e viceversa. Con perno Bologna. Poi ecco l’Autosole, ridusse di molto i tempi. Fu cuccagna quando arrivò anche l’A14, ma Martini

non era più Lupo Ezechiele. Lo ricordano con una rotonda a San Lazzaro: agli svincoli per autostrada e tangenziale. Monumento rotante a uno che fu costruttore, imprenditore, presidente dell’Automobile Club e dell’Autodromo di Imola. Fascinoso, denti splendenti non solo negli affari.

L’anello di asfalto non unì le classi, le divise per cilindrate. Modernizzazione di quel tempo. «L’Autostrada del Sole – scrisse “l’Unità” – rischia di trasformarsi in un elemento disorganizzatore di tante comunità locali, arrecando alla collettività danni forse più ingenti degli stessi benefici.» Renzo Imbeni, decenni dopo, non voleva allargare la tangenziale per la stessa visione, a chi proponeva di raddoppiare l’Autosole rispondeva con un poetico: «Cosa cambia un’ora?». Elogio delle lentezze, non però banali, di un modo di vivere alternativo. Rimane nelle lotte dei comitati sugli allargamenti, le Varianti. Nelle balbuzie degli amministratori stritolati fra le comunità che temono di essere stravolte, sommerse ancor più da auto e inquinamento, è “il nuovo che avanza”. Terribile comunque. Nel 2016, dopo 34 anni dai primi progetti, fu aperta la Variante di Valico fra Bologna e Firenze: 58 chilometri, 23 viadotti, 22 gallerie, “fornitore d’eccellenza” il Gruppo Maccaferri.

Bologna con l’Autosole si innalzò al centro di tutti i collegamenti, ferroviari e stradali. Storie imprenditoriali corsero sull’asfalto. Guido Lambertini studiava di notte e di giorno faceva il fattorino in banca, si è laureato, ha fatto impresa e posto il suo nome in vari lotti del percorso, verso Firenze, Capua, Incisa. Nei piloni c’è l’anima dell’ingegnere. Giorgio Vacchi con l’Ages Strade faceva i fondi stradali sotto il piano viabile. I suoi parenti sono quelli dell’Ima. Enzo Mantovani era la fantasia: il trampolino per i salti a

Cortina, la cupola del Palazzo dello Sport e il sottopasso di via Rizzoli a Bologna, il campo da golf, la Lamborghini bianca con cui andava da Zanarini e sulle autostrade che aveva creato. Ma anche in Curia: è suo il seminario regionale, poi ceduto all’Istituto Rizzoli. Le vocazioni cambiano.

Nel 1964 nacque il Saie, il Salone Internazionale dell’Industrializzazione Edilizia. Una svolta decisiva, una conquista potente per il decollo della Fiera di Bologna. La strada dritta è il filmato Rai dedicato ai 40 anni dell’Autosole. A presentarlo tornò in città la direttrice del settore fiction, Eleonora “Tinny” Andreatta. Figlia di Nino, padre della scuola economica di Bologna, famoso per la genialità e le distrazioni, con pipa accesa nella tasca. Dicono abbia dimenticato la moglie a una stazione di servizio dell’autostrada. Miti. La signora Giana raccontava che, di ritorno da Modena in una serata con un tempo da lupi, la loro macchina si fermò. «Finita la benzina. Nino non l’aveva fatta. Dopo un po’ si scaricò anche la batteria. Restammo al buio e al freddo, io ero vestita da primavera. Ero furiosa, lui mi diceva: “Dai, è romantico, noi due soli”. Ci salvò la polizia stradale che dopo un tempo lunghissimo ci tolse dai guai.»

«L’Autosole fu un intervento mai visto dal punto di vista geologico e geotecnico. – dice Luciano Richetti, che sull’opera ha scritto un libro – Il progetto definitivo si costruiva durante il percorso.» I lavoratori cantavano: «Sono stati quei minatori/minatori di galleria/han tradito la figlia mia/l’han lasciata nel disonor».

Storia di colossi che non ci sono più. La chiesa di San Giovanni Battista, voluta da Lambertini, è dedicata ai Caduti dell’Autostrada. «Almeno 160 vite, stima realizzata per difetto», conteggia la storia ufficiale. Il tratto più sanguino-

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