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Introduzione Una città buonista

Introduzione

UNA CITTÀ BUONISTA

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Bologna è una città buonista che gronda bonomia da tutti gli artigli. Cominciamo da Edmondo Berselli, con Quel gran pezzo dell’Emilia ha fatto in tempo a raccontare i fulgori della terra rossa e a sentirne, con la testa e il cuore, il mutare. La furbizia è diventata astuzia.

Bologna, capitale ormai involontaria e non riconosciuta, si pasce in una maionese di antiche virtù, nuove capacità e inettitudini. Succede a tutti. L’importante è non chiudere gli occhi alla propria bellezza o brontolare soltanto sul proprio imbruttire. Si cambia. Bologna bella e carogna cerca di narrare come e cosa si è guadagnato e perso. Attraverso fatti e persone. Prendendosi la responsabilità di quel che si dipinge, propone e ripropone. Cronaca più cronaca per tirarne fuori un racconto morale. Contro l’oblio, il silenzio, la prosopopea inconcludente, l’incapacità di concepire la bellezza e costruirla. Alcuni personaggi appaiono più volte, nel tempo e nei luoghi; tantissimi mai. Qualcosa vorrà dire.

“Bologna carogna” era la scritta ribelle che i poveri del contado nel XIX secolo scrivevano di notte sui muri della città. Urlo di rivolta, nel 1964 riapparve come titolo di un libro scritto da Renzo Renzi, uno degli intellettuali più ric-

chi di talento e poveri di presenzialismo nella Bologna della seconda parte del secolo passato. Scrittore, critico cinematografico, prigioniero dei tedeschi in un campo di concentramento, capace di difendere le sue idee sull’arte – scriveva solo di quel che sceglieva lui – e la vita. Finì un mese nel carcere militare di Peschiera per una sceneggiatura.

Bologna carogna di Renzi è uno sberleffo dotto e furioso. Un ghigno in faccia ai poteri. Scommessa pericolosa, visto cosa si intende solitamente per carogna. Rivolta anche linguistica. Il racconto dell’epopea dell’ultimo scudetto del Bologna, lo “scandalo del doping”, la penalizzazione del Bologna in testa alla classifica, la discesa in piazza dei tifosi, la determinazione e la civiltà dei comportamenti, la riabilitazione, la morte del presidente Renato Dall’Ara, la vittoria nello spareggio a Roma contro l’Inter.

Cronache della lotta contro la Lega lombarda era il sottotitolo del libro. La copertina era di Pirro Cuniberti, pittore, grafico dal tratto raffinato che pure riuscì a tramutare due grumi di colore, il rosso e il blu, in uno scudo, un pugno.

A quante letture si aprisse Bologna carogna lo mostra la sua traduzione in francese, La révolte bolonaise de 1964: massification de la culture du football et politisation du supportérisme dans l’Italie des années 1960, curata da Fabien Archambault per “Parlement[s], Revue d’histoire politique”, 2019/1 (n. 29). Il football come cultura di massa e la politicizzazione del tifo.

Nel 2004 il libro di Renzi era stato ripubblicato, nei quarant’anni della vittoria. Come vincere uno scudetto è diventato il sottotitolo. La prefazione è di Antonio Roversi, sociologo, il primo in Italia a occuparsi di calcio con strumenti scientifici, figlio di Roberto, il poeta e libraio amico di Pier

Paolo Pasolini, “il monaco pazzo” di Leonardo Sciascia, di Vittorio Sereni, unico nella letteratura italiana per il suo «tempo dei monti furenti», coraggioso nei suoi pochi sì e i molti no, anche con Lucio Dalla a cui aveva dato i versi di Automobili.

La vita dei libri è il loro rimandare ad altri libri. Passati e futuri. Tutti gli autori citati non ci sono più. Hanno lasciato, insegnato qualcosa a chi è venuto dopo di loro. Per una vita bella, almeno giusta, capaci di essere durissimi, mai carogne concilianti, spesso inascoltati. “Pivatelli insistisci!” si urlava allo stadio.

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