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Donne e politica Magnifiche. Numeri due

Donne e politica

MAGNIFICHE. NUMERI DUE

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È un primato di Bologna. Un rimpianto. Un avviso alle altre donne. Gli uomini? Ci nascondiamo dietro le quote rosa e simili ipocrisie. Siamo bravissimi nell’elogiarle e farne dei numeri due, forse più brave dei numeri uno. Siamo carogne consapevoli. Non credo ci guadagni nessuno. Fine del pensierino edificante, cominciamo con la festa. No, non delle donne. Di Bologna.

Mirella Bartolotti è stata la prima donna assessore in Italia, nel 1957. Credo adesso si dica assessora. È morta a 84 anni. Suo marito era Roberto Finzi, storico importante come lei, per tutta la vita ha ragionato sul suo essere ebreo, uomo, di sinistra: una pacificazione maschile, politica, intellettuale non l’ha mai trovata, Lo sconcerto del maschio si intitola uno dei suoi ultimi libri. Era riuscito a sopravvivere all’insegnamento sessuale della madre: «Tu, quando ti sei tirato su i pantaloni, sei a posto; sono loro che non te la debbono dare».

Piccolo mondo antico? Persino nel ricordare il centenario di Nilde Iotti qualcuno accennò – con gergo corretto – che la sua carriera politica migliorò dopo la morte di Palmiro Togliatti.

Mirella Bartolotti fu nominata assessora da Giuseppe Dozza. «Un po’ di futuro a Palazzo d’Accursio», scrisse “Noi Donne”. «I bolognesi, dopo aver superato la prima impressione di perplessità, – si rallegrava la rivista dell’Udi, l’Unio-

ne delle Donne Comuniste – hanno accettato il nuovo singolare assessorato comunale, quello ai problemi femminili, convinti che sia un’iniziativa felice e vantaggiosa non solo per le donne, ma per tutta la città.»

“Singolare”, “non solo”, “ma”. Il rapporto fra conquista femminile e concessione maschile è ancora spinoso. Adesso ti scannerebbero, giustamente, e metterebbero la maiuscola su Problemi e forse Donne. Il primo voto femminile in Italia era stato quello del ’46: molti uomini, a sinistra, temevano favorisse la monarchia, come nel ’48 la Dc. Ma non si poteva dire troppo.

Nell’assessorato bolognese appena inventato, primo in Italia, alle competenze sulle donne erano aggiunte assistenza e beneficenza. Visione maschile, la professoressa Bartolotti mise subito in chiaro cosa aveva in testa, «scarsa scolarizzazione e difficoltà di entrata nel mondo del lavoro». Guai di «tutti i cittadini», ma le donne ne erano più colpite. Dozza le aveva affidato «i problemi che complicano la vita delle donne». «Studiare e analizzare.» Lei come “dama di San Vincenzo” rossa era un caratterino.

Sono passati 65 anni… Allora partiti e sindacati avevano la sezione femminile, riconoscimento ma con gerarchia subordinata acclusa. Alle elezioni del ’56 la ragazza di 26 anni aveva preso 123.090 voti. Era nata ad Alfonsine, la mamma era maestra, la nonna faceva la mondina, aveva voluto che le quattro figlie studiassero. Mirella si laurea, lo storico Delio Cantimori, maestro di Zangheri, maestro di Roberto Finzi, la vorrebbe come assistente. Lei ha altre idee. Nel Pci diventa segretaria del Circolo di Cultura, fondato nel 1953, risposta dei comunisti e delle coop rosse all’associazione La Consulta, creata un anno prima da intellettuali laici come Mario Cagli,

nei locali in via Rizzoli, con bar, giornali stranieri, mostre e dibattiti. Succedeva, i muri erano netti.

In quel consiglio comunale di sessanta eletti c’erano sette donne. Magnifiche, scusate il western. Angiola Sbaiz era nella Dc, fu il primo presidente al femminile dell’Ordine degli avvocati. Tutto il consiglio era super, da Giuseppe Dossetti a Renato Zangheri, da Achille Ardigò ad Athos Bellettini. Professori che facevano anche politica. Da ogni barricata realizzarono molto per Bologna. Sono passati 65 anni. Le origini del fascismo della professoressa Bartolotti, passata dopo dieci anni di assessore all’insegnamento, è stato tradotto in un bel po’ di lingue. Come i libri sull’economia agraria e l’antisemitismo del marito.

Nel ’64 un’altra donna – una per volta – si innalza come assessore. Bella anche lei, degli uomini non si dice, chissà se si può. Adriana Lodi è stata operaia e dirigente dei braccianti. Con Guido Fanti, succeduto a Dozza, aprirà nel ’69 i primi asili nido comunali, crea l’assistenza domiciliare per anziani e non autosufficienti. «Importante tassello di un modello di welfare» dirà Flavia Franzoni quando alla “mamma dei nidi” danno la laurea honoris causa. «Nella consapevolezza, fin da allora, che il nido non è solo un servizio finalizzato alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle mamme (oggi diremmo dei genitori), ma anche un servizio educativo.»

Adriana Lodi ha continuato in Parlamento. Il Comune l’ha premiata con il Nettuno d’Oro. Sesta donna in 46 edizioni.

A Bologna, la sinistra ha candidato una donna a sindaco una sola volta, Silvia Bartolini, portandola all’unica sconfitta. Da Sergio Cofferati, al femminile sono solo “le vice”. Mai rimaste al secondo mandato. Come in Regione, con Vasco Errani e Stefano Bonaccini. La destra ha candidato in tutti e due i posti Lucia Borgonzoni. Ha sempre perso.

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