OMAR SIVORI. L'angelo con la faccia sporca (di Andrea Bosco)

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PREFAZIONE Di Italo Cucci

A

ndrea e io ci siamo persi, negli ultimi anni, dopo aver speso in tivù anche un po’ d’intelligenza oltre le solite chiacchiere. Ma fra antichi viaggiatori rimangono fatali connessioni temporali, come rimembranze che affiorano nelle stagioni più avare di frutti. Premetto che la pandemia e il “tutti in casa” hanno favorito il pensare più che il fare, la riflessione più dell’esibizione, e anch’io non ho potuto fare a meno di rimpiangere i Ritratti del coraggio opponendoli ai miti del Calciobusiness. Non faccio nomi ma sono convinto che i ragazzi d’oggi faticheranno a ricordare, fra venti/trent’anni, i pedatori d’oggi, quasi tutti esotici (cerco parole politicamente corrette) mentre Andrea e io c’imbattiamo, sul Viale del Tramonto, in compagni di strada leggendari, eterni, prima vissuti da ammiratori, poi da cronisti, infine da narratori. Quanti ce ne saranno? Voglio essere generoso: una magnifica dozzina. Fra questi, quell’eterno ragazzo cui chiesi, un giorno, chi fosse il più grande, fra Maradona e Pelé, e mi rispose: «Escludendo me, Diego. E tu?». Per evitare dibattiti risposi: «Di Stefano». E lui per la prima volta tacque. Lui era Omar Sivori, il pilastro della bellezza e allegria del calcio. Già, molti dimenticano che il calcio deve divertire. E quando Omar pazziava e il mister s’adombrava il già

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